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Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese Gazzetta ufficiale n. L 250 del 19/09/1985 pag. 0002 - 0007 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 11 pag. 0227 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 11 pag. 0227 edizione speciale spagnola: capitolo 11 tomo 22 pag. 0159 edizione speciale portoghese: capitolo 11 tomo 22 pag. 0159 *****ACCORDO di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE, PRENDENDO ATTO con soddisfazione dello sviluppo dei rapporti amichevoli tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese, RITENENDO che l'attuazione dell'accordo commerciale tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese, firmato il 3 aprile 1978, abbia dato risultati soddisfacenti, ANIMATI dalla volontà comune di instaurare una nuova fase nei loro rapporti commerciali ed economici, DESIDEROSI, sulla base dell'uguaglianza e dei vantaggi reciproci, di intensificare e di diversificare i loro scambi commerciali e di sviluppare attivamente una cooperazione economica e tecnica conforme ai rispettivi interessi, HANNO DECISO DI CONCLUDERE IL PRESENTE ACCORDO CONTENENTE LE SEGUENTI DISPOSIZIONI: Articolo 1 Le due parti contraenti cercheranno, nel contesto delle rispettive leggi e regolamentazioni in vigore, conformemente ai principi di eguaglianza e di reciproco vantaggio: - di promuovere e di intensificare i loro scambi commerciali, - di favorire una continua espansione della cooperazione economica. CAPITOLO I Cooperazione commerciale Articolo 2 Le due parti contraenti ribadiscono la loro volontà: a) di prendere tutte le misure opportune per creare condizioni favorevoli ai loro scambi commerciali; b) di adoperarsi con la massima sollecitudine per migliorare la struttura degli scambi commerciali per pervenire ad una più vasta diversificazione degli stessi; c) di esaminare, ciascuna per proprio conto e con uno spirito positivo, le proposte formulate dall'altra parte contraente, in particolare in sede di commissione mista, allo scopo di agevolare i loro scambi commerciali. Articolo 3 1. Le due parti contraenti si concedono nei loro rapporti commerciali il trattamento della nazione più favorita per quanto concerne: a) i dazi doganali e le imposizioni di qualsiasi natura applicati all'importazione, all'esportazione, alla riesportazione o al transito dei prodotti, ivi comprese le modalità di riscossione di tali dazi e imposizioni; b) le normative, le procedure e le formalità in materia di sdoganamento, transito, deposito in magazzino e trasbordo dei prodotti importati o esportati; c) le tasse e altre imposizioni interne che colpiscono direttamente o indirettamente i prodotti e servizi importati od esportati; d) le formalità amministrative per il rilascio delle licenze d'importazione o di esportazione. 2. Il paragrafo 1 non si applica quando si tratta: a) di vantaggi concessi da una delle parti contraenti agli stati che fanno parte con la stessa di un'unione doganale o di una zona di libero scambio; b) di vantaggi accordati da una delle parti contraenti ai paesi limitrofi per facilitare il commercio di frontiera; c) di misure che possano essere attuate da una o dall'altra parte contraente per far fronte agli obblighi inerenti agli accordi internazionali sui prodotti di base. Articolo 4 Le due parti contraenti faranno ogni sforzo per agevolare l'espansione armoniosa dei reciproci scambi commerciali e per contribuire secondo i rispettivi mezzi ad equilibrarli. Qualora si manifestasse uno squilibrio evidente, il problema deve formare oggetto di un esame in sede di commissione mista per raccomandare le misure necessarie al miglioramento della situazione. Articolo 5 1. La Repubblica popolare cinese prenderà favorevolmente in considerazione le importazioni provenienti dalla Comunità economica europea. A tal fine, le competenti autorità cinesi provvederanno affinché gli esportatori della Comunità abbiano la possibilità di partecipare pienamente alle occasioni di commercio con la Cina. 2. La Comunità economica europea tenderà verso una sempre maggiore liberalizzazione delle importazioni in provenienza dalla Repubblica popolare cinese. A tal fine essa si adopererà per prendere progressivamente misure volte ad estendere l'elenco dei prodotti la cui importazione in provenienza dalla Cina è liberalizzata e ad aumentare il volume dei contingenti. Le modalità di applicazione verranno esaminate nel quadro della commissione mista. Articolo 6 1. Le due parti contraenti sono tenute a scambiare informazioni sui problemi che potrebbero manifestarsi nei loro scambi commerciali e ad avviare, con l'intento di promuovere gli scambi commerciali, consultazioni amichevoli volte alla ricerca di una soluzione di detti problemi reciprocamente soddisfacente. Ciascuna delle due parti contraenti si asterrà dall'attuare misure prima delle consultazioni. 2. Se tuttavia, eccezionalmente, la situazione non consente alcun indugio, ogni parte contraente può prendere misure, ma prima deve cercare, per quanto possibile, di procedere ad una consultazione amichevole. 3. Nell'adottare le misure menzionate al paragrafo 2, ogni parte contraente cercherà di non compromettere gli obiettivi generali del presente accordo. Articolo 7 Le due parti contraenti si impegnano a promuovere le visite di persone, gruppi e delegazioni degli ambienti economici, commerciali e industriali, a facilitare gli scambi e i contatti industriali e tecnici a carattere commerciale, a favorire l'organizzazione reciproca delle fiere e delle esposizioni, nonché la prestazione dei servizi ad esse inerenti. Esse devono concedersi per quanto possibile le agevolazioni concernenti le attività summenzionate. Articolo 8 Lo scambio di merci e la prestazione di servizi tra le due parti contraenti si svolgeranno secondo i prezzi e le tariffe conformi ai mercati. Articolo 9 Le parti contraenti convengono che i pagamenti delle transazioni si effettuino, conformemente alle rispettive leggi e regolamentazioni in vigore, nelle monete degli stati membri della Comunità, in renminbi oppure in qualsiasi moneta convertibile accettata dalle due parti interessate alle transazioni. CAPITOLO II Cooperazione economica Articolo 10 Nell'ambito delle rispettive competenze e in particolare con l'intento di favorire lo sviluppo dell'industria e dell'agricoltura nella Comunità economica europea e nella Repubblica popolare cinese, diversificare i rapporti economici, incoraggiare il progresso scientifico e tecnico, aprire nuove fonti di approvvigionamento e nuovi mercati, contribuire allo sviluppo delle loro economie e al miglioramento del loro tenore di vita, le parti contraenti convengono di sviluppare la cooperazione economica in tutti i settori definiti di comune accordo, in particolare: - industria e miniere, - agricoltura e settore agro-industriale, - scienze e tecnologia, - energia, - trasporti e comunicazioni, - protezione dell'ambiente, - cooperazione nei paesi terzi. Articolo 11 In funzione dei rispettivi bisogni e compatibilmente con i propri mezzi d'azione le parti contraenti favoriranno la cooperazione industriale e tecnica nei suoi vari aspetti, a vantaggio dei relativi organismi o imprese. Per realizzare gli obiettivi del presente accordo, le due parti contraenti si adopereranno per agevolare e promuovere, tra l'altro: - la coproduzione e le imprese comuni; - lo sfruttamento in comune; - il trasferimento di tecnologia; - la cooperazione tra istituzioni finanziarie; - le visite, i contatti e le attività di promozione per la cooperazione tra persone, delegazioni e organismi economici; - l'organizazione di seminari e simposi; - i servizi di consultazione; - l'assistenza tecnica, compresa quella destinata alla formazione del personale; - lo scambio continuo di informazioni e opinioni inerenti alla cooperazione commerciale ed economica. Articolo 12 1. Per realizzare gli obiettivi del presente accordo, nel contesto delle rispettive leggi, regolamentazioni e politiche, le due parti contraenti convengono di promuovere e incrementare gli investimenti di reciproco interesse. 2. Le parti cercheranno inoltre di migliorare l'attuale clima favorevole agli investimenti, soprattutto incoraggiando l'estensione, da parte degli stati membri della Comunità economica europea e della Repubblica popolare cinese, degli accordi in materia di promozione e protezione degli investimenti in base a principi di equità e reciprocità. Articolo 13 Dato il diverso livello di sviluppo delle due parti contraenti, la Comunità economica europea è disposta, nell'ambito della sua azione di aiuto allo sviluppo a continuare gli interventi a favore dello sviluppo cinese, compatibilmente con le proprie disponibilità e normative. Essa si conferma disposta ad aumentare e diversificare questi interventi. Articolo 14 Salve restando le disposizioni applicabili in materia dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo, come qualsiasi azione intrapresa nell'ambito dello stesso, lasciano inalterata la capacità degli stati membri delle Comunità di intraprendere azioni bilaterali con la Repubblica popolare cinese nel settore della cooperazione economica e di concludere eventuali nuovi accordi di cooperazione economica con la Repubblica popolare cinese. CAPITOLO III Commissione mista Articolo 15 1. Nell'ambito del presente accordo di cooperazione commerciale ed economica le due parti contraenti istituiscono una commissione mista composta da rappresentanti della Comunità economica europea e da rappresentanti della Repubblica popolare cinese. 2. La commissione mista è incaricata: - di sorvegliare e di esaminare il funzionamento del presente accordo e di passare in rassegna le varie azioni di cooperazione realizzate; - di esaminare tutte le questioni che potrebbero sorgere nel corso dell'applicazione del presente accordo; - di esaminare i problemi che possono costituire un ostacolo allo sviluppo della cooperazione commerciale ed economica tra le due parti contraenti; - di studiare i mezzi e le nuove possibilità di sviluppo della cooperazione commerciale ed economica; - di formulare raccomandazioni che possano contribuire alla realizzazione degli obiettivi del presente accordo nei settori di comune interesse. 3. La commissione mista si riunisce una volta all'anno, alternativamente a Bruxelles e a Beijing. Possono essere convocate di comune accordo riunioni straordinarie, su richiesta di una delle due parti contraenti. La presidenza della commissione mista viene esercitata a turno da una delle due parti contraenti. Qualora le due parti lo ritengano necessario, la commissione mista può istituire gruppi di lavoro incaricati di assisterla nei suoi compiti. CAPITOLO IV Disposizioni finali Articolo 16 Per quanto riguarda la Comunità economica europea, il presente accordo si applica ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso indicate. Articolo 17 Il presente accordo sostituisce l'accordo commerciale tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese del 3 aprile 1978, entrato in vigore il 1o giugno dello stesso anno. Articolo 18 Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data alla quale le due parti contraenti si notificano l'avvenuto espletamento delle procedure giuridiche necessarie a tal fine. Esso è concluso per un periodo di cinque anni. L'accordo viene tacitamente rinnovato da un anno all'altro se nessuna delle due parti contraenti ne notifica per iscritto la denuncia all'altra parte, sei mesi prima della sua scadenza. Possono tuttavia essere apportate modifiche di comune accordo tra le due parti contraenti, per tener conto di nuove situazioni.
Rapporti dell’UE con la Cina QUAL È LO SCOPO DEI DOCUMENTI? Pongono le basi per il partenariato strategico UE-Cina, che si è sviluppato dalla cooperazione commerciale ed economica fino a comprendere gli affari esteri e questioni relative alla sicurezza, oltre ad affrontare sfide internazionali quali i cambiamenti climatici e la governance economica mondiale. PUNTI CHIAVE L’agenda strategica UE-Cina fino al 2020 è il documento guida per i rapporti fra le due parti. È suddivisa in quattro categorie principali: Pace e sicurezza: l’Unione europea (UE) e la Cina sostengono la cooperazione rafforzata e hanno consolidato i dialoghi sulle questioni di sicurezza internazionale e regionale con implicazioni mondiali. Prosperità : l’UE e la Cina si concentrano su iniziative chiave, quali: scambi e investimenti più aperti; scambi di informazioni industriali; cooperazione nella ricerca agricola; ulteriore cooperazione nello sviluppo dei trasporti e delle infrastrutture. Sviluppo sostenibile: l’UE e la Cina si concentrano sulla loro responsabilità congiunta rispetto ai progressi nello sviluppo mondiale attraverso la cooperazione nei settori di: scienza, tecnologia e innovazione; energia; urbanizzazione sostenibile; cambiamenti climatici e tutela dell’ambiente; conoscenze in ambito marino; politiche regionali e pubbliche. Scambi interpersonali: insieme, l’UE e la Cina rappresentano oltre un quarto della popolazione mondiale, perciò espandere i contatti fra le persone da entrambe le parti è importante per migliorare una comprensione comune. Di conseguenza, vi è particolare attenzione ai dialoghi sulla cultura, l’istruzione e i giovani. L’UE e la Cina sono impegnate in oltre 60 dialoghi regolari in importanti settori di politica estera, nonché su tematiche tecniche quali la politica industriale, l’istruzione, le dogane, l’energia nucleare e la tutela dei consumatori. Nuovo approccio La strategia e la politica per l’impegno dell’UE con la Cina nei prossimi cinque anni si basano su: una comunicazione congiunta del 2016 dell’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea dal titolo «Elementi per una nuova strategia dell’UE per la Cina» Conclusioni del Consiglio su una strategia dell’UE per la Cina adottate a luglio 2016. Insieme, tali strumenti mirano a: far sentire una voce forte, chiara e unica dell’UE nel suo approccio con la Cina, che promuova la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale; la promozione degli scambi e degli investimenti attraverso la conclusione di un accordo globale sugli investimenti. Ciò dovrebbe creare condizioni di parità e aprire opportunità di mercato sia per l’UE che per la Cina, conducendo auspicabilmente, quando le condizioni saranno favorevoli, ad ambizioni commerciali più ampie, quali un accordo di libero scambio come prospettiva a lungo termine. L’UE prevede inoltre di concludere un accordo sulle indicazioni geografiche basato sul più elevato livello internazionale di protezione; di accrescere la cooperazione di principio, concreta e pragmatica fra le politiche estere e di sicurezza cinese e dell’UE. Entrambe le parti lavoreranno insieme a più stretto contatto, sia a livello bilaterale sia nelle organizzazioni multilaterali come l’ONU, per affrontare questioni globali come la migrazione, l’assistenza allo sviluppo e la lotta ai cambiamenti climatici. CONTESTO Le relazioni diplomatiche fra l’UE (allora CEE) e la Cina sono state avviate nel 1975. Da allora, il partenariato si è evoluto per affrontare un’ampia gamma di sfide globali che vanno dalla non proliferazione delle armi di distruzione di massa alla situazione della sicurezza in Asia, dal riscaldamento globale alla lotta contro la migrazione illegale e la tratta di esseri umani. Come partner strategici, la cooperazione fra UE e Cina su questioni internazionali e regionali cruciali sta aumentando e le due parti condividono la responsabilità di promuovere la pace, la prosperità e lo sviluppo sostenibile a vantaggio di tutti. L’UE è il maggiore partner commerciale della Cina, mentre la Cina è il secondo maggiore partner commerciale dell’Unione. Le relazioni di scambio e investimento fra le due rappresentano un’importante fonte di benessere, posti di lavoro, sviluppo e innovazione per entrambe. Per ulteriori informazioni, consultare: «Cina e UE» sul sito Internet del servizio europeo per l’azione esterna. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CEE) n. 2616/85 del Consiglio, del 16 settembre 1985, relativo alla conclusione dell’accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 1) Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 2-7) Agenda strategica per la cooperazione UE-Cina fino al 2020 Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio — Elementi per una nuova strategia dell’UE sulla Cina [JOIN(2016) 30 final del 22.6.2016] Strategia dell’UE sulla Cina — Conclusioni del Consiglio (Bruxelles, 18.7.2016)
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REGOLAMENTO (UE) N. 284/2011 DELLA COMMISSIONE del 22 marzo 2011 che stabilisce condizioni particolari e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse provenienti LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti ed alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 48, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) La direttiva 2002/72/CE della Commissione (2) fissa disposizioni specifiche riguardanti i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, ivi comprese prescrizioni relative alla loro composizione, nonché restrizioni e specifiche per le sostanze che possono essere utilizzate nella loro fabbricazione. (2) Tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi di cui all’articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), sono state ricevute varie notifiche e allerte riguardanti materiali in contatto con gli alimenti importati nell’Unione dalla Repubblica popolare cinese (di seguito «Cina») e dalla regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese (di seguito «Hong Kong»), che rilasciano nei prodotti alimentari o nei loro simulanti quantità di sostanze chimiche non conformi alla legislazione dell’Unione. (3) Le notifiche e le allerte riguardano principalmente utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina che non sono conformi ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche primarie e di formaldeide nei prodotti alimentari, figuranti rispettivamente nell’allegato V, parte A, e nell’allegato II, sezione A, della direttiva 2002/72/CE. (4) Le amine aromatiche primarie sono una famiglia di composti, alcuni dei quali sono cancerogeni e altri sono sospetti cancerogeni. Le amine aromatiche primarie possono presentarsi in materiali destinati a entrare in contatto con prodotti alimentari per effetto della presenza di impurità o di prodotti di degradazione. (5) Sono stati segnalati casi di utensili per cucina in poliammide originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che rilasciano nei prodotti alimentari amine aromatiche primarie in quantità elevate. (6) La direttiva 2002/72/CE autorizza l’utilizzo della formaldeide nella fabbricazione di materie plastiche, a condizione che tali materie plastiche non rilascino nei prodotti alimentari più di 15 mg/kg di formaldeide (limite di migrazione specifica espresso come somma di formaldeide ed esamentilentetrammina). (7) Sono stati segnalati casi di utensili per cucina in melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che rilasciano nei prodotti alimentari formaldeide in quantità superiori a quelle autorizzate. (8) Negli ultimi anni, per migliorare la conoscenza dei requisiti stabiliti dalla legislazione dell’Unione per i materiali in contatto con gli alimenti importati nell’Unione, la Commissione ha preso varie iniziative, tra cui sessioni di formazione per le autorità di controllo cinesi e l’industria interessata. (9) Nonostante queste iniziative, le missioni effettuate in Cina e a Hong Kong dall’Ufficio alimentare e veterinario nel 2009 hanno permesso di constatare gravi carenze nel sistema di controllo ufficiale per quanto riguarda le materie plastiche in contatto con gli alimenti destinate a essere importate nell’Unione e grandi quantità di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che sono stati controllati non rispondono ancora ai requisiti stabiliti dalla legislazione dell’Unione. (10) Il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) contiene disposizioni specifiche riguardanti i materiali e gli oggetti destinati ad entrare in contatto, direttamente o indirettamente, con gli alimenti e stabilisce alcuni requisiti generali e particolari a cui questi materiali e oggetti devono conformarsi. A norma dell’articolo 24 del suddetto regolamento, gli Stati membri effettuano controlli ufficiali per garantire l’osservanza del regolamento conformemente alle pertinenti disposizioni della normativa dell’Unione relativa ai controlli ufficiali dei prodotti alimentari e dei mangimi. Tali disposizioni sono contenute nel regolamento (CE) n. 882/2004. (11) In particolare, l’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 882/2004 dispone che, se la normativa dell’Unione non prevede le condizioni e le procedure dettagliate da rispettare all’atto di importare merci da paesi terzi, esse sono stabilite, se necessario, dalla Commissione. (12) L’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 882/2004 prevede la possibilità di imporre condizioni speciali di importazione per particolari prodotti provenienti da certi paesi terzi, tenendo conto dei rischi associati a tali prodotti. (13) Per ridurre al minimo i rischi sanitari che possono derivare dagli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, ogni partita di questi prodotti deve essere accompagnata da una documentazione appropriata, comprendente i risultati di analisi da cui risulti che la partita è conforme ai requisiti relativi al rilascio rispettivamente di amine aromatiche policicliche e di formaldeide, stabiliti dalla direttiva 2002/72/CE. (14) Per garantire un’organizzazione più efficiente dei controlli degli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, gli importatori o i loro rappresentanti devono notificare preventivamente l’arrivo e il contenuto delle partite. Inoltre, gli Stati membri devono avere la possibilità di designare punti di ingresso specifici attraverso i quali le partite di questi articoli possono essere introdotte nell’Unione. Queste informazioni devono essere accessibili al pubblico. (15) Per garantire l’uniformità al livello dell’Unione dei controlli sugli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, è necessario stabilire nel presente regolamento la procedura da seguire per i controlli ufficiali, come definiti all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 882/2004. Tali controlli devono consistere in controlli documentali, controlli di identità e controlli fisici. (16) Se nel corso dei controlli fisici è constatata una non conformità, gli Stati membri devono immediatamente informare la Commissione tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi. (17) Gli Stati membri devono avere la possibilità, in casi specifici, di autorizzare l’inoltro dal punto di ingresso di partite di utensili di cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, a condizione che siano adottate disposizioni, d’intesa con l’autorità competente del luogo di destinazione, atte a garantire la tracciabilità delle partite in attesa dei risultati dei controlli fisici, per consentire all’autorità competente di gestire in modo efficace ed efficiente la procedura di importazione di queste partite. (18) L’immissione in libera pratica di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong deve avvenire soltanto dopo che sono stati ultimati tutti i controlli e i risultati sono stati resi noti. A questo scopo, prima che le merci possano essere immesse in libera pratica, i risultati dei controlli devono essere messi a disposizione delle autorità doganali. (19) È necessario istituire una procedura per la registrazione delle informazioni ottenute per mezzo di questi controlli. Tali informazioni devono essere regolarmente comunicate alla Commissione. (20) Le disposizioni del presente regolamento devono essere periodicamente riesaminate, tenendo conto delle informazioni ricevute degli Stati membri. (21) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce condizioni specifiche e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese (di seguito «Cina») e della regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese (di seguito «Hong Kong») o da esse provenienti. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: a) utensili per cucina in plastica, oggetti di materie plastiche come definiti all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2002/72/CE e classificati sotto il codice NC ex 3924 10 00; b) partita, una quantità di utensili per cucina in plastica a base di poliammide o di melammina oggetto dello stesso documento o degli stessi documenti, trasportata con lo stesso mezzo di trasporto e proveniente dallo stesso paese terzo; c) autorità competenti, le autorità competenti designate a norma dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 882/2004; d) punto di ingresso, il punto di ingresso nell’Unione di una partita; e) controllo documentale, la verifica dei documenti di cui all’articolo 3 del presente regolamento; f) controllo di identità, la verifica, mediante ispezione visiva, della concordanza tra i documenti che accompagnano la partita e il contenuto della partita stessa; g) controllo fisico, il prelievo di campioni da sottoporre ad analisi e prove di laboratorio e qualsiasi altro controllo necessario per verificare la conformità ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche policicliche e di formaldeide stabiliti dalla direttiva 2002/72/CE. Articolo 3 Condizioni di importazione 1. Gli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong sono importati negli Stati membri soltanto se l’importatore presenta all’autorità competente, per ogni partita, una dichiarazione, debitamente compilata, attestante la sua conformità ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche primarie e di formaldeide indicati rispettivamente nell’allegato V, parte A e nell’allegato II, sezione A, della direttiva 2002/72/CE. 2. Un modello della dichiarazione di cui al paragrafo 1 è riportato nell’allegato del presente regolamento. La dichiarazione è redatta nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro nel quale la partita è importata. 3. La dichiarazione di cui al paragrafo 1 è accompagnata da un rapporto di laboratorio che contiene: a) per quanto riguarda gli utensili per cucina in poliammide, risultati di analisi che dimostrano che essi non rilasciano amine aromatiche primarie in quantità rilevabili in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari. Il limite di rilevazione è riferito alla somma delle amine aromatiche primarie. Ai fini dell’analisi, il limite di rilevazione per le amine aromatiche primarie è fissato a 0,01 mg/kg di prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari; b) per quanto riguarda gli utensili per cucina in melammina, risultati di analisi che dimostrano che essi non rilasciano formaldeide in quantità superiore a 15 mg/kg di prodotti alimentari. 4. L’autorità competente indica nella dichiarazione riportata nell’allegato del presente regolamento se le merci possono o no essere immesse in libera pratica, secondo che siano o no conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 2002/72/CE, di cui al paragrafo 1. Articolo 4 Notifica preliminare delle partite Gli importatori o i loro rappresentanti notificano all’autorità competente del punto di ingresso, con almeno due giorni lavorativi di anticipo, la data e l’ora previste dell’arrivo delle partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong. Articolo 5 Notifica del punto di ingresso Se gli Stati membri decidono di designare punti di ingresso specifici per le partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, pubblicano su Internet un elenco aggiornato di tali punti e comunicano l’indirizzo Internet alla Commissione. La Commissione pubblica nel suo sito web, per informazione, i link verso gli elenchi nazionali dei punti di ingresso specifici. Articolo 6 Controlli al punto di ingresso 1. L’autorità competente effettua al punto di ingresso: a) controlli documentali su tutte le partite entro due giorni lavorativi dal loro arrivo; b) controlli di identità e fisici, tra cui analisi di laboratorio sul 10 % delle partite, eseguiti in modo da non permettere agli importatori o ai loro rappresentanti di prevedere quale particolare partita sarà sottoposta a tali controlli; i risultati dei controlli fisici devono essere resi noti non appena tecnicamente possibile. 2. Se l’analisi di laboratorio di cui al paragrafo 1, lettera b), accerta una non conformità, le autorità competenti comunicano immediatamente i risultati alla Commissione tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi di cui all’articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002. Articolo 7 Inoltro delle partite L’autorità competente del punto di ingresso può autorizzare l’inoltro delle partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, in attesa dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b). Se l’autorità competente concede l’autorizzazione di cui al primo comma, informa l’autorità competente del luogo di destinazione e fornisce una copia della dichiarazione riportata nell’allegato, debitamente completata come previsto all’articolo 3, e dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), non appena essi sono disponibili. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché le partite restino sotto il controllo costante delle autorità competenti e non possano in alcun modo essere manomesse in attesa dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b). Articolo 8 Immissione in libera pratica L’immissione in libera pratica degli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong è subordinata alla presentazione alle autorità doganali della dichiarazione riportata nell’allegato, debitamente completata come previsto all’articolo 3. Articolo 9 Trasmissione di un rapporto alla Commissione 1. Quando sono effettuati i controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, le autorità competenti registrano le seguenti informazioni: a) i dati relativi a ogni partita controllata, in particolare: i) dimensione (numero di articoli); ii) paese d’origine; b) il numero di partite da cui sono stati prelevati e analizzati campioni; c) i risultati dei controlli di cui all’articolo 6. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un rapporto trimestrale contenente le informazioni di cui al paragrafo 1 entro il mese seguente ciascun trimestre. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento si applica a decorrere dal 1o luglio 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 22 marzo 2011. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. (2) GU L 220 del 15.8.2002, pag. 18. (3) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. (4) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4. ALLEGATO Dichiarazione da fornire per ogni partita di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originaria della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse proveniente
Importazione di utensili da cucina in plastica dalla Cina QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso fissa condizioni specifiche e procedure per l’importazione nell’UE di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Cina o di Hong Kong. PUNTI CHIAVE Condizioni di importazioneL'autorità competente al primo punto di ingresso nell’UE dovrà eseguire controlli documentali su tutte le partite e controlli di identità e controlli fisici sul 10 % delle partite. Solo allora le merci possono essere immesse sul mercato.Per dimostrare la conformità e facilitare le procedure di controllo, l’importatore deve fornire all’autorità competente una dichiarazione per ogni partita. Ciò attesta che la partita soddisfa i requisiti relativi al rilascio di composti organici amine aromatiche primarie e di formaldeide. La dichiarazione è accompagnata da un rapporto di laboratorio che dimostra: che gli utensili per cucina in poliammide non rilasciano amine aromatiche primarie in quantità rilevabili in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari (il limite di rilevazione è fissato a 0,01 mg/kg);che gli utensili per cucina in melammina non rilasciano formaldeide in quantità superiore a 15 mg/kg in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari.L'autorità completa i controlli fisici non appena ciò sia tecnicamente fattibile; da quel momento è consentito il trasporto ma solo in determinate condizioni.L’autorità competente indica nella dichiarazione se le merci possono o no essere immesse in libera pratica nell’UE.Se l’analisi di laboratorio accerta una non conformità con le condizioni per l’importazione, la Commissione europea deve essere immediatamente informata tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi.Agli utensili da cucina si applica anche il regolamento (UE) n. 10/2011.NotificaGli importatori devono notificare all’autorità competente del punto di ingresso, con almeno due giorni lavorativi di anticipo, la data e l’ora previste dell’arrivo delle loro partite.Se uno Stato membro designa punti di ingresso specifici, pubblica su Internet un elenco aggiornato di tali punti e comunica l’indirizzo Internet alla Commissione.La Commissione pubblica nel suo sito web, per informazione, i link verso gli elenchi nazionali dei punti di ingresso.Trasmissione dei rapportiLe autorità competenti registrano le seguenti informazioni: il paese di origine della partita,il numero di articoli di ogni partita,il numero di partite controllate,i risultati dei controlli eseguiti.Un rapporto contenente queste informazioni viene trasmesso trimestralmente alla Commissione. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 1 luglio 2011. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Materiale a contatto con gli alimenti — Legislazione (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 284/2011 della Commissione, del 22 marzo 2011, che stabilisce condizioni particolari e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse provenienti (GU L 77, 23.3.2011, pagg. 25-29). DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1-142). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 10/2011 della Commissione, del 14 gennaio 2011, riguardante i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 12, 15.1.2011, pagg. 1-89). Le successive modifiche Regolamento (CE) n. 10/2011 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE. Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU L 165, 30.4.2004, pagg. 1-141). Testo ripubblicato nella rettifica (GU L 191, 28.5.2004, pagg. 1-52). Si veda la versione consolidata. Linee guida dell'UE per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della cina e Hong Kong Linee guida tecniche riguardanti gli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina e il campionamento e i metodi di analisi
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Regolamento (CE) n. 2679/98 del Consiglio del 7 dicembre 1998 sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri Gazzetta ufficiale n. L 337 del 12/12/1998 pag. 0008 - 0009 REGOLAMENTO (CE) N. 2679/98 DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1998 sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),(1) considerando che, a norma dell'articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale, in particolare, è assicurata la libera circolazione delle merci secondo gli articoli da 30 a 36 del trattato;(2) considerando che talune violazioni di tale principio, come i casi in cui la libera circolazione delle merci è ostacolata da azioni di privati in un determinato Stato membro, possono perturbare gravemente il corretto funzionamento del mercato interno e causare danni gravi ai privati lesi da tali azioni;(3) considerando che, per garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dal trattato e, in particolare, per assicurare il corretto funzionamento del mercato interno, gli Stati membri dovrebbero, da un lato, evitare di adottare atti o comportamenti tali da costituire un ostacolo agli scambi e, dall'altro, prendere qualsiasi provvedimento necessario e proporzionato al fine di facilitare la libera circolazione delle merci nel loro territorio;(4) considerando che tali provvedimenti non devono pregiudicare l'esercizio dei diritti fondamentali, compreso il diritto o la libertà di sciopero;(5) considerando che il presente regolamento non impedisce alcuna azione che in taluni casi può rendersi necessaria a livello comunitario per far fronte a problemi di funzionamento del mercato interno, tenendo conto, se del caso, dell'applicazione del presente regolamento;(6) considerando che gli Stati membri hanno competenza esclusiva per quanto riguarda il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna, nonché nel determinare quali siano e se e quando vadano adottate le misure necessarie e proporzionate al fini di facilitare la libera circolazione delle merci nel loro territorio in una determinata situazione;(7) considerando che gli Stati membri e la Commissione dovrebbero scambiare in modo rapido ed adeguato le informazioni sugli ostacoli alla libera circolazione delle merci;(8) considerando che uno Stato membro nel cui territorio si producono ostacoli alla libera circolazione delle merci dovrebbe adottare tutte le misure necessarie e proporzionate per ristabilire al più presto la libera circolazione delle merci nel suo territorio al fine di evitare il rischio che la perturbazione o i danni di cui sopra persistano, si estendano o si aggravino e che si interrompano così i flussi di scambio e le relazioni contrattuali sulle quali sono basati; che tale Stato membro dovrebbe informare la Commissione e, se richiesto, gli altri Stati membri delle misure che ha adottato o intende adottare per raggiungere tale obiettivo;(9) considerando che la Commissione, adempiendo all'obbligo impostole dalle disposizioni del trattato, dovrebbe notificare allo Stato membro interessato che, a suo parere, è stata commessa una violazione, e che lo Stato membro dovrebbe rispondere a tale notifica;(10) considerando che per l'adozione del presente regolamento il trattato non prevede poteri d'azione diversi da quelli di cui al suo articolo 235,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Ai fini del presente regolamento:1) con il termine «ostacolo» si intende un ostacolo alla libera circolazione delle merci negli Stati membri attribuibile ad uno Stato membro, sia esso dovuto ad un'azione o ad un'inazione di quest'ultimo, che può costituire una violazione degli articoli da 30 a 36 del trattato e che;a) induce una grave perturbazione della libera circolazione delle merci impedendone, ritardandone o deviandone l'importazione, l'esportazione o il transito attraverso uno Stato membro, materialmente o in altro modo,b) causa grave pregiudizio ai privati lesi ec) esige un'azione immediata al fine di evitare la persistenza, l'estensione o l'aggravamento della perturbazione o del pregiudizio sopra indicati;2) il termine «inazione» riguarda il caso in cui le autorità competenti di uno Stato membro, in presenza di un ostacolo causato da azioni compiute da privati, si astengono dall'adottare tutte le misure necessarie e proporzionate nell'ambito delle loro competenze, al fine di rimuovere l'ostacolo e assicurare la libera circolazione delle merci nel loro territorio.Articolo 2 Il presente regolamento non può essere interpretato in modo tale da pregiudicare in qualsiasi modo l'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri, compreso il diritto o la libertà di sciopero. Tali diritti possono includere il diritto o la libertà di adottare altre azioni contemplate dagli specifici sistemi che regolano le relazioni industriali negli Stati membri.Articolo 3 1. Quando si produce o si teme un ostacoloa) qualsiasi Stato membro (sia esso o meno lo Stato membro interessato) in possesso di informazioni pertinenti le trasmette immediatamente alla Commissione eb) la Commissione trasmette immediatamente agli Stati membri tali informazioni e ogni altra informazione, di qualsiasi fonte, da essa considerata pertinente.2. Lo Stato membro interessato risponde al più presto alle richieste di informazioni della Commissione e degli altri Stati membri in merito alla natura dell'ostacolo o al pericolo che esso si produca e comunica quale tipo di azione ha adottato o intende adottare. Le informazioni scambiate tra Stati membri sono altresì trasmesse alla Commissione.Articolo 4 1. Quando si produce un ostacolo, fatto salvo l'articolo 2, lo Stato membro interessato:a) adotta tutte le misure necessarie e proporzionate in modo da assicurare la libera circolazione delle merci nel territorio dello Stato membro conformemente al trattato eb) informa la Commissione in merito alle azioni che le sue autorità hanno adottato o intendono adottare.2. La Commissione, trasmette immediatamente agli Stati membri le informazioni ricevute ai sensi del paragrafo 1, lettera b).Articolo 5 1. La Commissione, qualora ritenga che in uno Stato membro si stia producendo un ostacolo, notifica allo Stato membro interessato le ragioni che l'hanno indotta a trarre tale conclusione e chiede allo Stato membro di adottare tutte le misure necessarie e proporzionate per rimuovere l'ostacolo entro un termine da essa stabilito in funzione dell'urgenza.2. Nel raggiungere la sua conclusione la Commissione tiene conto dell'articolo 2.3. La Commissione può pubblicare nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il testo della notifica inviata allo Stato membro interessato e trasmette immediatamente il testo a qualsiasi parte che ne faccia richiesta.4. Entro cinque giorni lavorativi dalla ricezione del testo, lo Stato membro:- informa la Commissione dei provvedimenti che ha adottato o che intende adottare a norma del paragrafo 1, oppure- comunica una conclusione motivata che esponga le ragioni per cui non esistono ostacoli che violano gli articoli da 30 a 36 del trattato.5. Eccezionalmente la Commissione può accordare una proroga del termine di cui al paragrafo 4, qualora lo Stato membro ne faccia richiesta con domanda motivata e le ragioni da esso addotte appaiano tali da giustificare la proroga.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteJ. FARNLEITNER(1) GU C 10 del 15. 1. 1998, pag. 14.(2) GU C 359 del 23. 11. 1998.(3) GU C 214 del 10. 7. 1998, pag. 90.
Ostacoli agli scambi: meccanismo di intervento rapido QUAL È LO SCOPO DEL PRESENTE REGOLAMENTO? Stabilisce norme che contribuiscono a garantire la libera circolazione delle merci e a impedire ostacoli materiali agli scambi (ad esempio blocchi alle frontiere, manifestazioni e scioperi o attacchi ad automezzi pesanti), consentendo la condivisione delle informazioni su tali ostacoli fra tutti i paesi dell’Unione europea (UE). PUNTI CHIAVE Questo regolamento non è destinato a essere interpretato in alcuna maniera che limiti i diritti fondamentali nei paesi dell’UE (ad esempio il diritto di sciopero). Quando si produce o si teme un ostacolo materiale allo scambio, qualsiasi paese dell’UE in possesso di informazioni pertinenti deve trasmetterle immediatamente alla Commissione europea. A questo punto, la Commissione trasmette immediatamente ai paesi dell’UE tali informazioni e ogni altra informazione da essa considerata pertinente. Il paese dell’UE in cui ha luogo l’ostacolo deve rispondere al più presto alle richieste di informazioni della Commissione e degli altri paesi dell’UE in merito alla natura dell’ostacolo e all’azione che ha adottato o che intende adottare. Tutte le informazioni scambiate tra i paesi dell’UE devono essere trasmesse anche alla Commissione. Quando si produce un ostacolo, il paese dell’UE interessato deve adottare tutte le misure necessarie e proporzionate affinché la libera circolazione delle merci sia ripristinata e informare la Commissione in merito alle proprie azioni. La Commissione, qualora ritenga che si stia producendo un ostacolo, notifica al paese dell’UE interessato le ragioni che l’hanno indotta a trarre tale conclusione e chiede a tale paese dell’UE di adottare tutte le misure necessarie e proporzionate per rimuovere il suddetto ostacolo. Il paese dell’UE ha quindi cinque giorni per informare la Commissione dei provvedimenti che ha adottato o che intende adottare o per proporzionare una risposta motivata che esponga le ragioni per cui non c’è la necessità di intraprendere alcuna misura. I paesi dell’UE che non rispondono entro il termine prestabilito dalla Commissione possono essere rimessi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 1o gennaio 1999. CONTESTO Una libera circolazione delle merci rapida ed efficiente è un principio fondamentale dell’UE. Quando degli ostacoli si interpongono a tale libera circolazione delle merci, possono originarsi gravi perdite economiche, il che è ciò che il meccanismo di intervento rapido mira a impedire. Il presente regolamento si basa sull’articolo 268 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e si applica a ostacoli alla libera circolazione delle merci evidenti, inequivocabili e ingiustificati, originati dall’azione o dall’inazione da parte di un paese dell’UE. Per ulteriori informazioni, consultare: «Ostacoli materiali agli scambi» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2679/98 del Consiglio, del 7 dicembre 1998, sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri (GU L 337 del 12.12.1998, pagg. 8-9)
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DECISIONE 2014/486/PESC DEL CONSIGLIO del 22 luglio 2014 relativa alla missione consultiva dell'Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, l'articolo 42, paragrafo 4, e l'articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 14 aprile 2014 il Consiglio ha manifestato la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, sostegno della polizia e stato di diritto, nonché ad elaborare un quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina, che esamini tutte le opzioni, anche attraverso un'eventuale missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). (2) L'8 maggio 2014 il ministro degli esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale esprime interesse per lo schieramento di una missione in ambito PSDC in Ucraina. (3) Il 12 maggio 2014 il Consiglio ha ribadito la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, ha salutato con favore il quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina e ha affidato al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) il compito di preparare un concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale missione civile in ambito PSDC. Ha inoltre sottolineato l'importanza del coordinamento e della complementarità con l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e altri soggetti internazionali. (4) Il 23 giugno 2014 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale azione della PSDC a sostegno delle riforme del settore della sicurezza civile. (5) L'11 luglio 2014, il ministro degli Esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'AR nella quale accetta lo schieramento di una missione in ambito CSDP. (6) L'EUAM Ucraina sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione fissati all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L'Unione conduce una missione consultiva per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) per assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, compresa polizia e stato di diritto. Articolo 2 Mandato 1. A sostegno degli impegni assunti dall'Ucraina per le riforme del settore della sicurezza, la missione civile in ambito PSDC senza compiti esecutivi offre ai competenti organi ucraini tutoraggio e consulenza per elaborare rinnovate strategie in materia di sicurezza e mettere quindi in atto opportuni sforzi di riforma globali e coerenti, al fine di: — creare un quadro concettuale per la pianificazione e l'attuazione di riforme che porti a servizi di sicurezza sostenibili in grado di garantire lo stato di diritto, in modo tale da contribuire a rafforzarne la legittimità e accrescere la fiducia dell'opinione pubblica, nel pieno rispetto dei diritti umani e coerentemente con il processo di riforma costituzionale, — riorganizzare e ristrutturare i servizi di sicurezza in modo da ripristinare il controllo e la responsabilità su di essi. Al fine di raggiungere i suoi obiettivi, l'EUAM Ucraina opera secondo i parametri definiti nel concetto di gestione della crisi (CMC) approvato dal Consiglio il 23 giugno 2014 e nei documenti del piano operativo. 2. Nell'ambito del proprio mandato iniziale la missione presta assistenza nel processo operativo della riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la rapida preparazione e attuazione delle misure di riforma. Articolo 3 Catena di comando e struttura 1. L'EUAM Ucraina dispone di una catena di comando unificata per le operazioni di gestione della crisi. 2. Il comando dell'EUAM Ucraina è situato a Kiev. 3. L'EUAM Ucraina è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione. Articolo 4 Pianificazione e avvio dell'EUAM Ucraina 1. La missione è avviata con decisione del Consiglio alla data raccomandata dal comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina, non appena quest'ultima avrà raggiunto la sua capacità operativa iniziale. 2. Il nucleo avanzato dell'EUAM Ucraina ha il compito di preparare l'installazione della missione dal punto di vista logistico, infrastrutturale e della sicurezza, nonché fornire gli elementi necessari alla preparazione dei documenti del piano operativo e della seconda scheda finanziaria. Articolo 5 Comandante civile dell'operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina. La CPCC è messa a disposizione del comandante civile dell'operazione per la pianificazione e la condotta dell'EUAM Ucraina. 2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'AR, esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina. 3. Il comandante civile dell'operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio attraverso l'AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine conformemente alla normativa nazionale, o all'istituzione dell'Unione interessata o al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo del loro personale. 6. Il comandante civile dell'operazione ha la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'Unione sia correttamente assolto. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina a livello di teatro delle operazioni. Il capomissione risponde direttamente al comandante civile dell'operazione e agisce conformemente alle istruzioni impartite da quest'ultimo. 2. Il capomissione rappresenta l'EUAM Ucraina per quanto di sua competenza. Il capomissione può delegare compiti di gestione riguardanti il personale e le questioni finanziarie a membri del personale dell'EUAM Ucraina, sotto la sua responsabilità generale. 3. Il capomissione esercita la responsabilità amministrativa e logistica dell'EUAM Ucraina, anche per quanto riguarda i mezzi, le risorse e le informazioni messi a disposizione della missione. 4. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall'istituzione dell'Unione interessata o dal SEAE. Articolo 7 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell'AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EUAM Ucraina. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell'articolo 38, terzo comma del TUE. Tale autorizzazione include in particolare la facoltà di nominare un capomissione, su proposta dell'AR, e modificare il concetto delle operazioni (CONOPS) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell'EUAM Ucraina restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell'operazione e dal capomissione sulle questioni che rientrano nelle loro rispettive aree di competenza. Articolo 8 Personale 1. Il personale dell'EUAM Ucraina è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell'Unione o dal SEAE. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere. 2. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 3. L'EUAM Ucraina può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 4. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra l'EUAM Ucraina e i membri del personale interessati. Articolo 9 Status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale Lo status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EUAM Ucraina, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell'articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l'autonomia decisionale dell'Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all'EUAM Ucraina, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l'assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dall'Ucraina, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi correnti della missione EUAM Ucraina. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all'EUAM Ucraina hanno diritti ed obblighi identici a quelli degli Stati membri, in termini di gestione quotidiana della missione EUAM Ucraina. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di un accordo concluso a norma dell'articolo 37 del TUE. Se l'Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo ad operazioni dell'Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EUAM Ucraina. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell'EUAM Ucraina a norma dell'articolo 5. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'EUAM Ucraina e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'EUAM Ucraina, in linea con la politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V del TUE. 3. Il capomissione è assistito da un responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto funzionale con il SEAE. 4. In materia di sicurezza il personale dell'EUAM Ucraina riceve una formazione obbligatoria adeguata al livello di rischio valutato nella zona di schieramento. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento nel teatro delle operazioni, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate UE conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (1). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l'EUAM Ucraina. Articolo 13 Disposizioni giuridiche L'EUAM Ucraina ha la capacità di procurarsi servizi e forniture, stipulare contratti e concludere accordi amministrativi, assumere personale, detenere conti bancari, acquisire beni e disporne nonché liquidare il suo passivo e stare in giudizio, nella misura necessaria per l'attuazione della presente decisione. Articolo 14 Disposizioni finanziarie 1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse all'EUAM Ucraina fino al 30 novembre 2014 è pari a 2 680 000 EUR. L'importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite in conformità alle procedure e alle regole applicabili al bilancio generale dell'Unione. La partecipazione di persone fisiche e giuridiche all'aggiudicazione di contratti d'appalto da parte dell'EUAM Ucraina è aperta senza limitazioni. Inoltre, non si applica alcuna regola di origine per i beni acquistati dall'EUAM Ucraina. Con l'approvazione della Commissione la missione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, lo Stato ospitante, gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di attrezzature, servizi e locali all'EUAM Ucraina. 3. L'EUAM Ucraina è responsabile dell'esecuzione del bilancio della missione. A tal fine la missione EUAM Ucraina firma un accordo con la Commissione. 4. Fatte salve le disposizioni sullo status dell'EUAM Ucraina e del suo personale, l'EUAM Ucraina è competente per eventuali richieste di indennizzo e obblighi derivanti dall'attuazione del mandato, fatta eccezione per eventuali richieste di indennizzo in relazione a una colpa grave del capomissione, di cui quest'ultimo si assume la responsabilità. 5. L'attuazione delle disposizioni finanziarie non pregiudica la catena di comando di cui agli articoli 4, 5 e 6 e i requisiti operativi dell'EUAM Ucraina, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle sue squadre. 6. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data della firma dell'accordo di cui al paragrafo 3. Articolo 15 Cellula di progetto 1. L'EUAM Ucraina dispone di una cellula di progetto per individuare e attuare i progetti. Ove opportuno, l'EUAM Ucraina agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all'EUAM Ucraina e a sostegno dei suoi obiettivi. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'EUAM Ucraina è autorizzata a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l'attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell'EUAM Ucraina, se il progetto è: — è previsto nella scheda finanziaria della presente decisione, o — è integrato nel corso del mandato mediante una modifica di tale scheda finanziaria su richiesta del capomissione. L'EUAM Ucraina conclude un accordo con tali Stati, riguardante in particolare le modalità specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a sua disposizione da tali Stati. Né l'Unione né l'AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a disposizione da tali Stati. 3. I contributi finanziari alla cellula di progetto da parte di Stati terzi sono soggetti ad accettazione da parte del CPS. Articolo 16 Coerenza della risposta e del coordinamento dell'Unione 1. L'AR garantisce la coerenza nell'attuazione della presente decisione con l'azione esterna dell'Unione nel suo complesso. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione in Ucraina al fine di garantire la coerenza dell'azione dell'Unione in Ucraina. Senza interferire nella catena di comando, il capo delegazione a Kiev impartisce al capo della missione EUAM Ucraina direttive politiche di livello locale. Se necessario, il capo della missione EUAM Ucraina e il capo delegazione a Kiev procedono a consultazioni. 3. È instaurata una cooperazione tra l'EUAM Ucraina e la missione dell'UE di assistenza alle frontiere per i valichi Moldova/Ucraina (EUBAM Moldova/Ucraina). 4. Inoltre, è opportuno ricercare una cooperazione sistematica, un coordinamento e una complementarietà con le attività di altri partner internazionali, in particolare con l'OSCE, al fine di garantire un'azione efficace. Articolo 17 Comunicazione di informazioni 1. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell'EUAM Ucraina, informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative specifiche ed immediate, l'AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l'AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all'EUAM Ucraina, coperti dall'obbligo del segreto professionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 del regolamento interno del Consiglio (2). 4. L'AR può delegare tali autorizzazioni, nonché la competenza a concludere le disposizioni di cui al paragrafo 2, a funzionari del SEAE, al comandante civile dell'operazione e/o al capomissione conformemente all'allegato VI, sezione VII della decisione 2013/488/UE. Articolo 18 Revisione strategica Il mandato iniziale dell'EUAM Ucraina ha una durata di due anni. Una revisione strategica è effettuata un anno dopo l'avvio della missione. Articolo 19 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione. Essa si applica per un periodo di 24 mesi a decorrere dalla data di avvio dell'EUAM Ucraina. Fatto a Bruxelles, il 22 luglio 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio del 1o dicembre 2009 relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Autorizza una missione consultiva dell’UE per assistere l’Ucraina nella riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la polizia e lo stato di diritto. PUNTI CHIAVE Mandato L’EUAM Ucraina è una missione civile di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) che offre tutoraggio e consulenza agli organi ucraini competenti al fine di:fornire consulenza strategica sulla riforma del settore della sicurezza civile per sviluppare strategie nel settore della sicurezza civile; sostenere l’attuazione delle riforme con consulenze pratiche, formazione e progetti; fornire cooperazione e coordinamento per assicurare che gli sforzi di riforma siano concertati con gli attori ucraini e internazionali.Priorità L’EUAM ha 5 priorità:gestione delle risorse umane; indagine giudiziaria; ordine pubblico; polizia di prossimità; chiarimento delle competenze.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante dell’operazione civile (CivOpCdr). Egli:comanda e controlla la missione sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza;riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è:responsabile dell’EUAM Ucraina in loco e ne esercita il comando e il controllo;direttamente responsabile nei confronti del COC e agisce secondo le sue istruzioni;si coordina con la delegazione dell’UE in Ucraina per garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Ucraina. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 1° dicembre 2014. La validità della decisione è stata estesa fino al 31 maggio 2024. CONTESTO EUAM Ucraina (Servizio europeo per l’azione esterna) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2014/486/PESC del Consiglio, del 22 luglio 2014, relativa alla missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (GU L 217 del 23.7.2014, pag. 42). Le successive modifiche alla decisione 2014/486/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione (PESC) 2019/992 del comitato politico e di sicurezza, del 4 giugno 2019, relativa alla nomina del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM Ucraina/1/2019) (GU L 160 del 18.6.2019, pag. 24). Decisione (PESC) 2018/1662 del comitato politico e di sicurezza, del 25 ottobre 2018, che proroga il mandato del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM UCRAINA/1/2018) (GU L 278 dell’ 8.11.2018, pag. 18).
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Direttiva 89/384/CEE del Consiglio, del 20 giugno 1989, che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all'allegato A della direttiva 85/397/CEE Gazzetta ufficiale n. L 181 del 28/06/1989 pag. 0050 - 0050 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 29 pag. 0189 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 29 pag. 0189 *****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 20 giugno 1989 che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all'allegato A della direttiva 85/397/CEE (89/384/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 85/397/CEE del Consiglio, del 5 agosto 1985, concernente i problemi sanitari e di polizia sanitaria negli scambi intracomunitari di latte trattato termicamente (1), modificata dal regolamento (CEE) n. 3768/85 (2), e in particolare l'articolo 11, paragrafo 6, vista la proposta della Commissione, considerando che la direttiva 85/397/CEE indica nell'allegato A, capitolo VI, punto D, le norme da rispettare per l'ammissione del latte crudo nell'azienda di trattamento o nel centro di raccolta o di normalizzazione; considerando che, per tener conto delle differenze di raccolta, è necessario precisare a quale stadio può essere effettuato il controllo del punto di refrigerazione in modo che a questa esigenza venga ottemperato uniformemente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Gli Stati membri provvedono a che il controllo del punto di refrigerazione del latte crudo di cui al capitolo VI, punto D dell'allegato A della direttiva 85/397/CEE sia effettuato secondo le seguenti modalità: 1) Il latte crudo di ciascuna azienda produttrice deve essere sottoposto a controllo regolare mediante prelievi effettuati per sondaggio. In caso di fornitura diretta del latte da una sola azienda produttrice allo stabilimento di trattamento i prelievi vanno effettuati sia durante l'operazione di raccolta del latte presso l'azienda, purché siano prese precauzioni per impedire frodi durante il trasporto, sia prima dello scarico presso lo stabilimento di trattamento quando il latte è fornito direttamente dal conduttore dell'azienda. Qualora i risultati di un controllo inducano l'autorità competente a sospettare l'aggiunta di acqua al latte, essa preleva presso l'azienda un campione ufficiale. Un campione ufficiale è un campione rappresentativo del latte di una mungitura mattutina o serale totalmente controllata, iniziata non meno di 11 e non più di 13 ore dopo la mungitura precedente. In caso di forniture provenienti da più aziende produttrici i prelievi possono essere effettuati soltanto al momento dell'ammissione del latte crudo nello stabilimento di trattamento o presso il centro di raccolta o di normalizzazione, purché sia comunque effettuato nelle aziende un controllo mediante prelievo di campioni. Qulora dai controlli effettuati risulti un superamento della norma di cui al punto D del capitolo VI dell'allegato A della direttiva 85/397/CEE, vengono effettuati prelievi in tutte le aziende presso le quali è stata fatta la raccolta del latte crudo in questione. Se necessario, l'autorità competente effettua prelievi di campioni ufficiali ai sensi del punto 1), terzo comma. 2) Se i risultati del controllo eliminano il sospetto di aggiunta di acqua il latte crudo può essere utilizzato per la produzione di latte trattato termicamente. Articolo 2 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o luglio 1990. Articolo 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 20 giugno 1989. Per il Consiglio Il Presidente C. ROMERO HERRERA (1) GU n. L 226 del 24. 8. 1985, pag. 13. (2) GU n. L 362 del 31. 12. 1985, pag. 8.
Criteri igienici per il latte crudo e trattato termicamente SINTESI L’Unione europea (UE) stabilisce criteri igienici per il latte trattato termicamente (latte pastorizzato, UHT o sterilizzato) per gli scambi intra-UE. CHE COSA FANNO I PRESENTI ATTI? Direttiva 89/384/CEE La direttiva descrive le procedure per il controllo del punto di refrigerazione del latte crudo consegnato alle aziende di trattamento o ai centri di raccolta o di normalizzazione. Il latte crudo di ciascuna azienda produttrice deve essere sottoposto a controllo regolare mediante prelievi effettuati per sondaggio. Qualora i risultati del controllo provino che non vi è stata l’aggiunta di acqua, il latte crudo può essere usato per produrre latte trattato termicamente. In caso contrario, devono essere svolti ulteriori controlli e, qualora i sospetti vengano confermati, il latte non deve essere immesso sul mercato. Decisione 92/608/CEE Questa decisione stabilisce i metodi di analisi e di prova del latte trattato termicamente destinato al consumo umano. Descrive l’applicazione dei metodi di riferimento di analisi e di prova, la fissazione di criteri di attendibilità e la raccolta dei campioni. I metodi di analisi e di prova per il latte trattato termicamente destinato al consumo umano diretto consistono nel determinare: — la materia secca, — il tenore di materia grassa, — il tenore di materia secca non grassa (ovvero lattosio, proteine, minerali, acidi ed enzimi), — il tenore di azoto totale, — il tenore proteico, — la massa volumica del prodotto. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I PRESENTI ATTI? Direttiva 89/384/CEE del Consiglio: a decorrere dal 26 giugno 1989. Decisione 92/608/CEE del Consiglio: a decorrere dal 31 dicembre 1992. ATTI Direttiva 89/384/CEE del Consiglio, del 20 giugno 1989, che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all’allegato A della direttiva 85/397/CEE (GU L 181 del 28.6.1989, pag. 50) Decisione 92/608/CEE del Consiglio, del 14 novembre 1992, che stabilisce metodi di analisi e di prova del latte trattato termicamente, destinato al consumo umano diretto (GU L 407 del 31.12.1992, pagg. 29-46) ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (GU L 139 del 30.4.2004, pagg. 55-205) Le modifiche e le correzioni successive al regolamento (CE) n. 853/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. Regolamento (CE) n. 1664/2006 della Commissione, del 6 novembre 2006, che modifica il regolamento (CE) n. 2074/2005 per quanto riguarda le misure di attuazione per taluni prodotti di origine animale destinati al consumo umano e che abroga talune misure di attuazione (GU L 320 del 18.11.2006, pagg. 13-45)
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Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate Gazzetta ufficiale n. L 285 del 29/12/1971 pag. 0046 - 0048 edizione speciale finlandese: capitolo 8 tomo 1 pag. 0043 edizione speciale danese: serie I capitolo 1971(III) pag. 0896 edizione speciale svedese/ capitolo 8 tomo 1 pag. 0043 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1971(III) pag. 1032 edizione speciale greca: capitolo 08 tomo 1 pag. 0088 edizione speciale spagnola: capitolo 08 tomo 2 pag. 0014 edizione speciale portoghese: capitolo 08 tomo 2 pag. 0014 REGOLAMENTO (CEE) N. 2821/71 DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1971 relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 87, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale, considerando che la dichiarazione di inapplicabilità delle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, del trattato può, conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 dello stesso articolo, riguardare categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfino alle condizioni richieste da tali disposizioni; considerando che le modalità di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, devono essere stabilite con regolamento basato sull'articolo 87; considerando che la creazione di un mercato comune esige l'adattamento delle imprese alle condizioni di tale mercato ampliato e che la cooperazione delle imprese può costituire un mezzo adeguato per conseguire tale scopo; considerando che gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate in materia di cooperazione tra imprese, che permettono a queste di lavorare più razionalmente e di adattare la loro produttività e la loro competitività al mercato ampliato, possono, se rientrano nel divieto dell'articolo 85, paragrafo 1, esserne esentati a certe condizioni ; che la necessità di tale misura si impone particolarmente per gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate che riguardano l'applicazione di norme e di tipi, la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di procedimenti fino allo stadio dell'applicazione industriale e l'utilizzazione dei relativi risultati, nonché la specializzazione; considerando che è opportuno porre la Commissione in grado di dichiarare mediante regolamento inapplicabili le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, a talune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate, per facilitare alle imprese una cooperazione economicamente auspicabile e senza inconvenienti sotto l'aspetto della politica della concorrenza; considerando che occorre precisare le condizioni in cui la Commissione potrà esercitare tale potere, in collegamento stretto e costante con le autorità competenti degli Stati membri; considerando che, in virtù dell'articolo 6 del regolamento n. 17 (1), la Commissione può disporre che una decisione adottata ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato si applichi con effetto retroattivo ; che conviene che la Commissione possa adottare tale decisione anche in un regolamento; considerando che in virtù dell'articolo 7 del regolamento n. 17 possono essere sottratti al divieto, mediante decisione della Commissione, gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate, specie se essi sono modificati in modo da soddisfare alle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 ; che è opportuno che la Commissione possa accordare lo stesso beneficio, mediante regolamento, a tali accordi, decisioni e pratiche concordate qualora siano modificati in modo da rientrare in una categoria definita mediante regolamento di esecuzione; considerando che non è escluso che in un caso specifico le condizioni enumerate all'articolo 85 paragrafo 3, non siano riunite ; che la Commissione deve avere la facoltà di regolare tale caso in applicazione del regolamento n. 17 con decisione avente effetto futuro, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Fatta salva l'applicazione del regolamento n. 17, la Commissione può dichiarare, mediante regolamento ed in conformità all'articolo 85, paragrafo 3, del trattato, che l'articolo 85, paragrafo 1, non è applicabile a categorie di accordi tra imprese, di decisioni di associazioni di imprese e di pratiche concordate che hanno come oggetto: a) l'applicazione di norme e di tipi; b) la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di processi fino allo stadio dell'applicazione industriale, nonché l'utilizzazione dei relativi risultati, (1)GU n. 13 del 21.2.1962, pag. 204/62. comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà industriale e alle cognizioni tecniche segrete; c) la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per la sua realizzazione. 2. Il regolamento deve comprendere una definizione delle categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate ai quali si applica e precisare in particolare: a) le restrizioni o le clausole che possono o che non possono figurare negli accordi, decisioni e pratiche concordate; b) le clausole che devono figurare negli accordi, decisioni e pratiche concordate o le altre condizioni che devono essere soddisfatte. Articolo 2 1. Un regolamento emanato in virtù dell'articolo 1 è adottato per una durata limitata. 2. Può essere abrogato o modificato, quando le circostanze si sono modificate relativamente ad un elemento che è stato essenziale per la sua adozione ; in tal caso, è previsto un periodo di adattamento per gli accordi, decisioni e pratiche concordate contemplati dal regolamento anteriore. Articolo 3 Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può applicarsi con effetto retroattivo agli accordi, decisioni e pratiche concordate che, al momento dell'entrata in vigore del regolamento, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17. Articolo 4 1. Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può disporre che il divieto di cui all'articolo 85, paragrafo 1 del trattato non si applica, per il periodo in esso stabilito, agli accordi, decisioni e pratiche concordate esistenti alla data del 13 marzo 1962 e che non soddisfano alle condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3: - se sono modificati entro sei mesi dall'entrata in vigore del regolamento in modo da soddisfare a dette condizioni secondo le disposizioni del regolamento stesso e - se le modifiche sono portate a conoscenza della Commissione nel termine fissato dal regolamento. 2. Il paragrafo 1 è applicabile agli accordi, decisioni e pratiche concordate che dovevano essere notificati anteriormente al 1º febbraio 1963, conformemente all'articolo 5 del regolamento n. 17, solo se la notificazione è stata effettuata prima di tale data. 3. Il beneficio delle disposizioni adottate a norma del paragrafo 1 non può essere invocato nelle vertenze pendenti alla data dell'entrata in vigore di un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1, né può essere invocato per motivare una domanda di risarcimento di danni nei confronti di terzi. Articolo 5 Quando la Commissione intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto, per consentire a tutte le persone ed organizzazioni interessate di comunicarle le loro osservazioni entro il termine da essa fissato, che non può essere inferiore ad un mese. Articolo 6 1. La Commissione consulta il Comitato consultivo in materia d'intese e di posizioni dominanti: a) prima di pubblicare un progetto di regolamento, b) prima di adottare un regolamento. 2. I paragrafi 5 e 6 dell'articolo 10 del regolamento n. 17, relativi alla consultazione del Comitato consultivo, sono applicabili, in quanto compatibili, restando inteso che le riunioni comuni con la Commissione avranno luogo al più presto un mese dopo l'invio della convocazione. Articolo 7 Se la Commissione costata d'ufficio o su richiesta di uno Stato membro o di persone fisiche o giuridiche che fanno valere un interesse che, in un caso determinato, accordi, decisioni o pratiche concordate previsti in un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste dall'articolo 85, paragrafo 3, del trattato, essa può, revocando il beneficio dell'applicazione di tale regolamento, prendere una decisione in conformità degli articoli 6 e 8 del regolamento n. 17 senza che sia richiesta la notificazione di cui all'articolo 4, paragrafo 1 del regolamento n. 17. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 1971. Per il Consiglio Il Presidente M. PEDINI
Concorrenza: esenzione di taluni accordi fra società concorrenti SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? La Commissione europea può concedere delle esenzioni a titolo individuale a determinati accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfano le condizioni d'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE) (attuale articolo 101, par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)). Può altresì concedere, mediante regolamento, delle esenzioni per categoria. Il presente regolamento abilita la Commissione a concedere l'esenzione a taluni accordi, decisioni e pratiche concordate mediante un'esenzione per categoria. Campo d'applicazione Il presente regolamento abilita la Commissione ad applicare, mediante regolamento, l'articolo 101, paragrafo 3, del TFUE, a taluni accordi, decisioni e pratiche concordate che hanno per oggetto: la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di processi, nonché l'utilizzazione dei relativi risultati, comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà industriale e alle cognizioni tecniche segrete; la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per la sua realizzazione. Condizioni dei regolamenti d'esenzione I regolamenti di esenzione adottati dalla Commissione devono rispettare una serie di condizioni. Devono: contenere una definizione delle categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate ai quali si applicano e precisare le restrizioni, le clausole e le altre condizioni che vi possono figurare; essere applicabili per una durata limitata. Possono però essere abrogati o modificati; applicarsi con effetto retroattivo agli accordi che, al momento della loro entrata in vigore, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17 (CEE), che è stato sostituito dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio. Tuttavia non si applicano agli accordi esistenti alla data del 13 marzo 1962 né a quelli che avrebbero dovuto essere notificati entro il 1o febbraio 1963. I regolamenti così definiti devono rispettare la seguente procedura di approvazione : la proposta di regolamento deve essere pubblicata, per consentire a tutte le persone ed organizzazioni interessate di comunicare alla Commissione le loro osservazioni; la Commissione consulta il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti prima di pubblicare un progetto di regolamento o di adottare un regolamento; se la Commissione constata d'ufficio o su richiesta di un paese dell’Unione europea (UE) o di persone fisiche o giuridiche che, in un caso determinato, accordi, decisioni o pratiche concordate previsti in un regolamento così definito hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste dall'articolo 101, paragrafo 3, essa può prendere una decisione revocando il beneficio dell'applicazione di tale regolamento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è entrato in vigore il 18 gennaio 1972. Nel caso dei paesi candidati all'adesione, il presente regolamento entra in vigore alla data dell'adesione del paese all’UE. ATTO Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, par. 3 del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche consolidate (GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46–48). Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 2821/71 sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha solo un scopo documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1–25). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 83/182/CEE del Consiglio del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all'interno della Comunità in materia d'importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto Gazzetta ufficiale n. L 105 del 23/04/1983 pag. 0059 - 0063 edizione speciale finlandese: capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale spagnola: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156 edizione speciale svedese/ capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale portoghese: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all ' interno della Comunità in materia d ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ( 83/182/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 99 , vista la proposta della Commissione ( 1 ) , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che i regimi fiscali applicati all ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ad uso privato o professionale sono di ostacolo alla libera circolazione dei residenti comunitari all ' interno della Comunità ; considerando che la soppressione degli ostacoli risultanti da questi regime fiscali è particolarmente necessaria ai fini della costituzione di un mercato economico che presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno ; considerando che in taluni casi è necessario poter stabilire con certezza la qualità di residente di uno Stato membro ; considerando che è sembrato opportuno , in un primo tempo , limitare il campo di applicazione della presente direttiva , per taluni mezzi di trasporto , a quelli che sono stati acquistati o importati alle condizioni generali d ' imposizione del mercato interno di uno Stato membro , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 Campo di applicazione 1 . Alle condizioni stabilite in appresso , gli Stati membri accordano , all ' atto dell ' importazione temporanea in provenienza da uno Stato membro di autoveicoli a motore - compresi i rimorchi - , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo , velocipedi e cavalli da sella , una franchigia : - dalle imprese sulla cifra d ' affari , dalle accise e da ogni altra imposta sui consumi , - dalle tasse che figurano in allegato alla presente direttiva . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 si applica del pari ai normali pezzi di ricambio , accessori e attrezzature importati con i mezzi di trasporto . 3 . Dalla franchigia di cui al paragrafo 1 sono esclusi i veicoli commerciali . 4 . a ) Il campo di applicazione della presente direttiva non comprende l ' importazione temporanea di veicoli di turismo , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo e velocipedi per uso privato , non acquistati nù importati alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro e/o ai quali sia concesso , a titolo dell ' esportazione , un esonero o un rimborso di imposte sulla cifra d ' affari , accise o qualsiasi altra imposta di consumo . Per l ' applicazione della presente direttiva , sono considerati rispondenti alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui all ' articolo 15 , punto 10 , della direttiva 77/388/CEE ( 4 ) ; tuttavia gli Stati membri possono ritenere non rispondenti a tali condizioni i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui al terzo trattino di detto punto . b ) Il Consiglio , che delibera all ' unanimità su proposta della Commissione , adotterà entro e non oltre il 31 dicembre 1985 le norme comunitarie per la concessione della franchigia ai mezzi di trasporto di cui alla lettera a ) , primo comma , tenendo conto della necessità di evitare doppie imposizioni e di garantire la tassazione normale e completa dei mezzi di trasporto per uno privato . Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intendono per : a ) « veicoli commerciali » , i veicoli stradali che , per il loro tipo di costruzione e l ' attrezzatura , sono atti e destinati al trasporto con o senza compenso : - di oltre nove persone , compreso il conducente , - di merci , nonchù i veicoli stradali per uso speciale diverso dal trasporto propriamente detto ; b ) « veicoli da turismo » , i veicoli stradali , compreso l ' eventuale rimorchio , diversi da quelli di cui alla lettera a ) ; c ) « uso professionale » di un mezzo di trasporto , l ' utilizzazione di tale mezzo di trasporto per l ' esercizio diretto di una attività retribuita o avente scopo di lucro ; d ) « uso privato » , ogni altro uso . Articolo 3 Importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto per uso privato È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 , per una durata continua o non continua non superiore a sei mesi per ogni periodo di dodici mesi , all ' atto dell ' importazione temporanea dei veicoli da turismo , delle roulottes da campeggio , delle imbarcazioni da diporto , degli aerei da turismo e dei velocipedi , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa i suddetti beni deve : aa ) avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) utilizzare i suddetti mezzi di trasporto per uso privato ; b ) i mezzi di trasporto non possono essere nù ceduti nù noleggiati nello Stato membro di importazione temporanea , nù prestati a residenti di questo Stato . Tuttavia , i veicoli da turismo appartenenti a un ' impresa di noleggio con sede sociale nella Comunità possono essere ridati a noleggio a un non residente , per essere riesportati , se si trovano nel paese in seguito all ' esecuzione di un contratto di noleggio che ha avuto termine in detto paese . Essi possono altresì essere riportati nello Stato membro in cui è iniziato il noleggio da un dipendente dell ' impresa di noleggio , anche se quest ' ultimo risiede nello Stato membro di importazione temporanea . Articolo 4 Importazione temporanea di veicoli da turismo per uso professionale 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 in caso di importazione di veicoli da turismo adibiti ad uso professionale , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa il veicolo da turismo : aa ) deve avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) non può utilizzare il veicolo all ' interno dello Stato membro d ' importazione temporanea per il trasporto di persone dietro remunerazione o altri vantaggi materiali , nù per il trasporto industriale o commerciale di merci con o senza remunerazione ; b ) il veicolo da turismo non può essere ceduto , noleggiato o prestato nello Stato membro d ' importazione temporanea ; c ) il veicolo da turismo deve essere stato acquistato , o importato , alle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno dello Stato membro in cui l ' utente risiede normalmente e non deve beneficiare , a titolo dell ' esportazione , di alcuna esenzione o di alcun rimborso di importe sulla cifra di affari , di accise o di altre importe sui consumi . Tale condizioni si presume osservata quando il veicolo è munito di una targa di immatricolazione di serie normale nello Stato membro d ' immatricolazione , esclusa ogni targa provvisoria . Tuttavia , per i veicoli da turismo immatricolati in uno Stato membro in cui il rilascio delle targhe di immatricolazione di serie normale non dipende dall ' osservanza delle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno , gli utenti devono provare con qualsiasi mezzo il pagamento delle imposte sui consumi . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 avrà una durata continua o non continua - di sette mesi per ogni periodo di dodici mesi , in caso di importazione di un veicolo da turismo effettuata dai rappresentanti di commercio di cui all ' articolo 3 della direttiva 64/224/CEE ( 5 ) ; - di sei mesi , per ogni periodo di dodici mesi , in tutti gli altri casi . Articolo 5 Casi particolari di importazione temporanea di veicoli da turismo 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 all ' atto dell ' importazione temporanea di veicoli da turismo , nei seguenti casi : a ) in caso di utilizzazione di un veicolo da turismo immatricolato nel paese di normale residenza dell ' utente per il precorso effettuato regolarmente nel territorio di un altro Stato membro per recarsi dalla propria residenza al luogo di lavoro dell ' impresa e ritornare . Tale franchigia non è soggetta a nessun limite di durata ; b ) in caso di utilizzazione da parte di uno studente di un veicolo da turismo immatricolato nello Stato membri in cui egli risiede normalmente , nel territorio dello Stato membro in cui lo studente soggiorna all ' unico scopo di proseguirvi gli studi . 2 . La concessione delle franchigie di cui al paragrafo 1 è subordinata unicamente al rispetto delle condizioni previste dall ' articolo 4 , paragrafo 1 , lettere a ) , b ) e c ) . Articolo 6 Franchigia all ' importazione temporanea di cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 per una durata di tre mesi , in ogni Stato membro , all ' atto dell ' importazione temporanea di cavalli da sella alle seguenti condizioni : a ) i cavalli da sella devono entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea allo scopo e/o nel corso di gite effettuate dai loro cavalieri . Gli Stati membri possono escludere dalla franchigia le importazioni di cavalli collocati a bordo di mezzi di trasporto , effettuate dai loro residenti ; b ) la franchigia deve essere richiesta al più tardi al momento dell ' entrata nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea . Se la franchigia è richiesta prima dell ' importazione temporanea , il cavaliere può essere dispensato dall ' obbligo di entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea attraverso un posto di frontiera ; c ) i cavalli da sella non possono essere noleggiati nù prestati nù ceduti ad un terzo nello Stato membro d ' importazione temporanea , nù utilizzati per fini diversi dalla gita . Articolo 7 Norme generali per la determinazione della residenza 1 . Ai fini dell ' applicazione della presente direttiva , si intende per « residenza normale » il luogo in cui una persona dimora abitualmente , ossia durante almeno 185 giorni all ' anno , a motivo di legami personali e professionali oppure , nel caso di una persona senza legami professionali , a motivo di legami personali che rivelano l ' esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita . Tuttavia , nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri , si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali , purchù tale persona vi ritorni regolarmente . Questa condizione non è richiesta allorchù la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l ' esecuzione di una missione di durata determinata . La frequenza di un ' università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale . 2 . I privati forniscono le prove del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi , in particolare con la carta d ' identità , o mediante qualsiasi altro documento valido . Qualora la autorità competenti dello Stato membro d ' importazione abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 od anche ai fini di taluni controlli specifici , dette autorità possono chiedere qualsiasi elemento d ' informazione o prove supplementari . Articolo 8 Norme complementari per la determinazione della residenza in caso di uso professionale di un veicolo da turismo Nei casi eccezionali in cui , malgrado le ulteriori informazioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 3 , fornite all ' autorità competente dello Stato membro di importazione , sussistono ancora seri dubbi , l ' importazione temporanea di un veicolo da turismo per uso professionali può essere sottoposta al versamento di una cauzione . Tuttavia , se l ' utente del veicolo fornisce la prova che ha la normale residenza in un altro Stato membro , l ' autorità dello Stato membro di importazione temporanea ha l ' obbligo di rimborsare la cauzione entro due mesi a decorrere dalla presentazione della suddetta prova . Articolo 9 Regimi speciali 1 . Gli Stati membri hanno facoltà di mantenere in vigore e/o di prevedere regimi più favorevoli di quelli contemplati dalla presente direttiva . Essi hanno in particolare facoltà di permettere , su richiesta dell ' importazione , l ' importazione temporanea per periodo più lunghi di quelli di cui all ' articolo 3 e all ' articolo 4 , paragrafo 2 . In quest ' ultimo caso , gli Stati membri possono riscuotere le tasse elencate nell ' allegato della presente direttiva per i periodi superiori a quelli previsti dalla presente direttiva . Gli Stati membri possono consentire di noleggiare a un residente dello Stato membro d ' importazione i veicoli da turismo di cui all ' articolo 3 , lettera b ) , seconda frase , per essere riesportati . 2 . In nessun caso , gli Stati membri possono applicare , in virtù della presente direttiva , franchigie fiscali all ' interno della Comunità meno favorevoli di quelle che concederebbero ai mezzi di trasporto proveniente da un paese terzo . 3 . Per quanto riguarda la residenza normale , il Regno di Danimarca è autorizzato a mantenere le sue norme vigenti in base alle quali si presume che ogni persona , anche se studente , nel caso dell ' articolo 5 , paragrafo 1 , lettera b ) , abbia la propria residenza normale in Danimarca se vi rimane almeno un anno o 365 giorni in un periodo di ventiquattro mesi . Tuttavia , per evitare una doppia imposizione : - quando l ' applicazione di dette norme porti a ritenere che una persona abbia due residenze , la residenza normale di questa persona è situata nel luogo in cui dimorano il suo coniuge e i suoi figli ; - nei casi analoghi il Regno di Danimarca si concerta con l ' altro Stato membro interessato per stabilire quale delle due residenze deve essere presa in considerazione per l ' imposizione . Prima dello scadere di un periodo di tre anni , il Consiglio , in base a una relazione della Commissione , procederà a un riesame della deroga prevista dal presente paragrafo e , se necessario , adotterà le misure necessarie per assicurarne la soppressione , su proposta della Commissione sulla base dell ' articolo 99 del trattato . 4 . Gli Stati membri notificano alla Commissione i regimi di cui al paragrafo 1 al momento in cui adempiono agli obblighi di cui all ' articolo 10 . La Commissione comunica successivamente tali regimi agli altri Stati membri . Articolo 10 Disposizioni finali 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1984 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Quando l ' applicazione pratica delle disposizioni della presente direttiva pone difficoltà , le autorità competenti degli Stati membri interessati adottano di comune accordo le decisioni necessarie , tenendo conto in particolare delle convenzioni e delle direttive comunitarie in materia di reciproca assistenza . 3 . Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva . 4 . La Commissione , previa consultazione degli Stati membri , presenta ogni due anni al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sull ' applicazione della presente direttiva negli Stati membri , segnatamente per quanto riguarda la nozione di « residenza normale » , e propone se del caso le disposizioni comunitarie necessarie per giungere all ' instaurazione di un sistema uniforme in tutti gli Stati membri . Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addì 18 marzo 1983 . Per il Consiglio Il Presidente J . ERTL ( 1 ) GU n . C 267 del 21 . 11 . 1975 , pag . 8 . ( 2 ) GU n . C 53 dell ' 8 . 3 . 1976 , pag . 37 . ( 3 ) GU n . C 131 del 12 . 6 . 1976 , pag . 50 . ( 4 ) GU n . L 145 del 13 . 6 . 1977 , pag . 1 . ( 5 ) GU n . 56 del 4 . 4 . 1964 , pag . 869/64 . ALLEGATO Elenco delle tasse di cui all ' articolo 1 , paragrafo 1 , secondo trattino BELGIO : Il presente testo è disponibile in francese e olandese DANIMARCA : Il presente testo è disponibile in danese olandese REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA : Il presente testo è disponibile in tedesco GRECIA : Il presente testo è disponibile in greco FRANCIA : Il presente testo è disponibile in francese IRLANDA : Il presente testo è disponibile in inglese ITALIA : - Tassa sulla circolazione degli autoveicoli ( TU delle leggi sulle tasse automobilistiche approvato con DPR n . 39 del 5 febbraio 1953 e successive modificazioni ) LUSSEMBURGO : Il presente testo è disponibile in francese PAESI BASSI : Il presente testo è disponibile in olandese REGNO UNITO : Il presente testo è disponibile in inglese
Franchigie fiscali: importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a eliminare le barriere fiscali all’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto all’interno dell’UE attraverso l’armonizzazione dei regimi fiscali nazionali. PUNTI CHIAVE La direttiva accorda una franchigia dalle imposte sulla cifra d’affari, dalle accise, da ogni altra imposta sui consumi e dalle tasse che figurano in allegato alla direttiva all’atto dell’importazione temporanea in provenienza da un altro paese dell’UE di:vari mezzi di trasporto acquistati o importati alle condizioni generali di imposizione in vigore nel mercato interno di un paese dell’UE:autoveicoli a motore (compresi i rimorchi),roulottes da campeggio,imbarcazioni da diporto,aerei da turismo,bicicli,tricicli,cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo, normali pezzi di ricambio, accessori e attrezzature importati con tali mezzi di trasporto. Come norma generale, è concessa una franchigia all’atto dell’importazione temporanea di tali mezzi di trasporto per uso privato, purché il privato che li importa abbia la sua normale residenza in un paese diverso da quello dell’importazione, per una durata di almeno sei mesi per ogni periodo di dodici mesi. I veicoli commerciali (veicoli destinati al trasporto di merci e di oltre nove passeggeri) sono esclusi dalla franchigia. I mezzi di trasporto non possono essere né ceduti, né noleggiati, né prestati nel paese dell’UE di importazione temporanea. In casi eccezionali, l’importazione temporanea di un’autovettura per uso professionale può essere sottoposta al versamento di una cauzione. Vi sono norme specifiche per determinati casi di importazione temporanea di autovetture, che riguardano i privati che lavorano o studiano in un paese dell’UE diverso da quello della loro normale residenza. I paesi dell’UE hanno facoltà di mantenere in vigore o di prevedere regimi di franchigia più favorevoli di quelli contemplati dalla direttiva. La direttiva è stata aggiornata più volte per tener conto dell’allargamento e includere un maggior numero di paesi. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 31 marzo 1983 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 83/182/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 59-63) Modifiche successive alla direttiva 83/182/CEE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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32014D0075
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DECISIONE 2014/75/PESC DEL CONSIGLIO del 10 febbraio 2014 sull’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28 e l’articolo 31, paragrafo 1, vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 20 luglio 2001 il Consiglio ha adottato l’azione comune 2001/554/PESC (1). (2) L’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza («l’Istituto») dovrebbe assistere l’Unione europea e i suoi Stati membri nell’attuazione della politica estera e di sicurezza comune (PESC), compresa la politica di difesa e di sicurezza comune (PSDC), nonché altre azioni esterne dell’Unione, sotto la supervisione politica del Consiglio e il controllo operativo dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). (3) L’Istituto dovrebbe avere personalità giuridica e operare in completa indipendenza intellettuale, fatte salve le responsabilità del Consiglio e dell’AR. (4) Il 20 settembre 2011 l’AR ha presentato, a norma dell’articolo 19 dell’azione comune 2001/554/PESC, una relazione al Consiglio sul riesame del funzionamento dell’Istituto. Il 1o febbraio 2012 il comitato politico e di sicurezza ha preso atto della relazione e ha raccomandato al Consiglio di modificare l’azione comune 2001/554/PESC. (5) È opportuno, per motivi di certezza del diritto, consolidare le modifiche precedenti e quelle aggiuntive proposte in un’unica nuova decisione e abrogare l’azione comune 2001/554/PESC, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Continuità e ubicazione 1. L’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza, istituito dall’azione comune 2001/554/PESC («l’Istituto»), continua a svolgere le proprie attività conformemente alla presente decisione. 2. Tutti i diritti e gli obblighi esistenti e tutte le norme adottate nell’ambito dell’azione comune 2001/554/PESC rimangono inalterati. In particolare, rimangono validi tutti i contratti di lavoro esistenti e tutti i diritti che ne discendono. 3. L’istituto ha sede a Parigi. Al fine di agevolare l’organizzazione di attività a Bruxelles, l’Istituto un ufficio di collegamento in loco. L’Istituto ha un’organizzazione flessibile e rivolge particolare attenzione alla qualità e all’efficienza, anche riguardo ai livelli di organico. Articolo 2 Funzioni e compiti 1. L’Istituto, in stretta collaborazione con gli Stati membri, contribuisce allo sviluppo della riflessione strategica dell’UE in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) e di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), compresi la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della pace, nonché in materia di altra azione esterna dell’Unione, con l’obiettivo di rafforzare la capacità di analisi, di previsione e di collegamento in rete dell’UE nell’azione esterna. 2. Le attività dell’Istituto vertono sullo svolgimento di analisi orientate alle politiche, sull’informazione, sulla divulgazione e sul dibattito, sull’organizzazione di eventi e seminari di collegamento in rete e sulla raccolta di pertinente documentazione per i funzionari e gli esperti dell’Unione e degli Stati membri. 3. L’Istituto promuove altresì contatti con il mondo accademico, con i gruppi di riflessione e con pertinenti attori della società civile in tutto il continente europeo, nella comunità atlantica e nella comunità internazionale in genere, fungendo da interfaccia tra le istituzioni dell’Unione e l’ambito degli esperti esterni, compresi gli attori nel settore della sicurezza. Articolo 3 Supervisione politica e direzione operativa 1. Il comitato politico e di sicurezza (CPS), sotto la responsabilità del Consiglio, assicura la supervisione politica delle attività dell’Istituto. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), conformemente alle responsabilità dell’AR per la PESC e, in particolare, per la PSDC, assicura la direzione operativa all’Istituto. 2. Questa supervisione politica e direzione operativa sono esercitate senza interferire con l’indipendenza intellettuale e l’autonomia operativa di cui gode l’Istituto stesso nello svolgimento della propria missione e dei propri compiti. Articolo 4 Personalità giuridica L’Istituto ha la personalità giuridica necessaria a svolgere le sue funzioni e a raggiungere i suoi obiettivi. Esso può in particolare stipulare contratti, acquistare o alienare beni mobili e immobili e stare in giudizio. L’Istituto è un organismo senza scopo di lucro. Gli Stati membri adottano, ove necessario, misure per attribuire all’Istituto la capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle rispettive legislazioni nazionali. Articolo 5 Consiglio di amministrazione 1. L’Istituto ha un consiglio di amministrazione che approva il suo programma di lavoro annuale e a lungo termine, nonché il bilancio appropriato. Il consiglio di amministrazione costituisce un centro di discussione per i punti connessi alle funzioni, ai compiti, al funzionamento e al personale dell’Istituto. 2. Il consiglio di amministrazione è presieduto dall’AR o da un suo rappresentante. Il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) svolge le funzioni di segretariato del comitato. 3. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante designato da ciascuno Stato membro. Ogni membro del consiglio di amministrazione può essere rappresentato o accompagnato da un supplente. La Commissione, che partecipa ai lavori del consiglio di amministrazione, designa altresì un rappresentante. 4. Il direttore dell’Istituto o il rappresentante del direttore assiste di norma alle riunioni del consiglio di amministrazione. Possono inoltre assistervi il direttore generale dello Stato maggiore e il presidente del Comitato militare o i loro rappresentanti. 5. Le decisioni del consiglio di amministrazione sono adottate mediante votazione dai rappresentanti degli Stati membri a maggioranza qualificata e ai voti è attribuita la ponderazione ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 4 e 5, del trattato sull’Unione europea (TUE), fatto salvo l’articolo 11, paragrafi 2 e 3, della presente decisione. Il consiglio di amministrazione adotta il suo regolamento interno. 6. Il consiglio di amministrazione può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti per trattare temi o problemi specifici nell’ambito della sua responsabilità generale e sotto la sua supervisione. La decisione di creare tali gruppi di lavoro o comitati ne precisa il mandato, la composizione e la durata. 7. Il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente almeno due volte l’anno. Esso è convocato su richiesta di almeno un terzo dei suoi membri. Articolo 6 Direttore 1. Il consiglio di amministrazione nomina il direttore dell’Istituto tra i cittadini degli Stati membri, dietro raccomandazione dell’AR. Il direttore è nominato per un periodo di tre anni, periodo che può essere prorogato di due anni. 2. I candidati per il posto di direttore dovrebbero essere soggetti dotati di riconosciuta competenza ed esperienza consolidata in materia di relazioni esterne, politica di sicurezza e diplomazia, e nella ricerca in tali materie. Gli Stati membri sottopongono candidature all’AR, che ne informa il consiglio di amministrazione. La procedura di preselezione è organizzata sotto la responsabilità dell’AR. La commissione di preselezione è composta da tre rappresentanti del SEAE e da tre rappresentanti degli Stati membri tra il trio di presidenza ed è presieduta dall’AR o dal rappresentante dell’AR. Sulla base dei risultati della preselezione, l’AR deve fornire al consiglio di amministrazione una raccomandazione con un elenco ristretto di almeno tre candidati, redatto in ordine di preferenza dalla commissione di preselezione. 3. Il direttore assicura la rappresentanza giuridica dell’Istituto. 4. Il direttore è responsabile dell’assunzione del resto del personale dell’Istituto. I membri del consiglio di amministrazione sono informati in anticipo della nomina di analisti. 5. Previa approvazione del consiglio di amministrazione e tenendo conto delle implicazioni finanziarie in seguito all’adozione del bilancio annuale dell’Istituto, il direttore può nominare un vicedirettore. Il vicedirettore è nominato per un periodo massimo di tre anni, che può essere prorogato un’unica volta per due anni. 6. Il direttore assicura l’esecuzione delle funzioni e dei compiti dell’Istituto conformemente all’articolo 2. Il direttore garantisce l’elevato grado di competenza e professionalità dell’Istituto, nonché assicura l’efficacia e l’efficienza nello svolgimento delle attività dell’Istituto. Il direttore è inoltre responsabile: a) dell’elaborazione del programma di lavoro annuale dell’Istituto e della relazione annuale sulle attività dell’Istituto; b) della preparazione delle attività del consiglio di amministrazione; c) dell’amministrazione corrente dell’Istituto; d) di tutte le questioni relative al personale; e) della preparazione dello stato delle entrate e delle spese e dell’esecuzione del bilancio dell’Istituto, f) dell’informazione del CPS sul programma di lavoro annuale, g) dei contatti e della stretta collaborazione con le istituzioni dell’Unione, nazionali e internazionali in campi correlati. Il direttore, previa consultazione del consiglio di amministrazione, dovrebbe inoltre esplorare le possibilità di contributi aggiuntivi al bilancio dell’Istituto. 7. Nell’ambito del programma di lavoro e del bilancio concordati dell’Istituto, il direttore è abilitato a concludere contratti, assumere il personale approvato nel bilancio e effettuare ogni spesa necessaria al funzionamento dell’Istituto. 8. Il direttore predispone una relazione annuale sulle attività dell’Istituto entro il 31 marzo dell’anno successivo. La relazione annuale è trasmessa al consiglio di amministrazione e, tramite l’AR, al Consiglio, il quale la trasmette al Parlamento europeo, alla Commissione e agli Stati membri. 9. Il direttore risponde della sua gestione al consiglio di amministrazione. Articolo 7 Personale 1. Il personale dell’Istituto, composto di analisti e di personale amministrativo, ha lo status di agente contrattuale ed è reclutato tra i cittadini degli Stati membri. Gli analisti dell’Istituto sono assunti in base a meriti intellettuali, esperienza e competenza pertinenti alla missione e ai compiti dell’Istituto di cui all’articolo 2, e mediante una procedura di concorso equa e trasparente. Le norme relative al personale dell’Istituto sono adottate dal Consiglio su raccomandazione del direttore. 2. I ricercatori e i tirocinanti possono essere assunti su una base ad hoc e di breve durata. Con l’accordo del direttore e dopo aver informato il consiglio di amministrazione, i ricercatori possono essere distaccati presso l’Istituto per un periodo determinato, in posti all’interno della struttura organizzativa dell’Istituto o per compiti e progetti specifici pertinenti alla missione dell’Istituto e ai compiti di cui all’articolo 2. I membri del personale possono essere distaccati per un posto all’esterno dell’Istituto, per un periodo determinato, nell’interesse del servizio, conformemente allo statuto del personale dell’Istituto. Le disposizioni relative al distacco sono adottate dal consiglio di amministrazione su proposta del direttore. Articolo 8 Indipendenza e autonomia Nello svolgimento delle attività dell’Istituto, il direttore e gli analisti dispongono dell’indipendenza intellettuale e dell’autonomia operativa necessarie. Articolo 9 Programma di lavoro 1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il direttore elabora un progetto di programma di lavoro annuale per l’anno successivo, corredato di prospettive indicative a lungo termine per gli anni successivi e lo presenta al consiglio di amministrazione per l’approvazione. 2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il programma di lavoro annuale. Articolo 10 Bilancio 1. Tutte le voci di entrata e di spesa dell’Istituto sono indicate in stime da elaborare per ciascun esercizio finanziario, che corrisponde all’anno civile, e sono illustrate nel bilancio dell’Istituto, che include un elenco del personale. 2. Le entrate e le spese contenute nel bilancio dell’Istituto sono in pareggio. 3. Le entrate dell’Istituto consistono in contributi degli Stati membri in base al criterio del prodotto nazionale lordo (PNL). Su proposta del direttore e previa approvazione del consiglio di amministrazione, contributi aggiuntivi per progetti specifici pertinenti alla missione dell’Istituto e ai compiti di cui all’articolo 2 possono essere accettati da altre fonti, in particolare dai singoli Stati membri o dalle istituzioni dell’Unione. Articolo 11 Procedura di bilancio 1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il direttore presenta al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio annuale per l’Istituto comprendente le spese amministrative, le spese operative e una previsione di entrate, tra cui i contributi aggiuntivi per i progetti specifici di cui all’articolo 10, paragrafo 3. 2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il bilancio annuale dell’Istituto all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri. 3. In caso di circostanze inevitabili, eccezionali o impreviste il direttore può proporre al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio rettificativo. Il consiglio di amministrazione, tenendo debitamente conto dell’urgenza, approva il bilancio rettificativo all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri. 4. Entro il 31 marzo di ogni anno, il direttore sottopone al Consiglio e al consiglio di amministrazione i conti dettagliati di tutte le entrate e le spese dell’esercizio finanziario precedente, nonché una relazione sulle attività dell’Istituto. 5. Il consiglio di amministrazione dà scarico al direttore per l’esecuzione del bilancio dell’Istituto. Articolo 12 Norme finanziarie Previo assenso del Consiglio, il consiglio di amministrazione elabora, su proposta del direttore, norme finanziarie dettagliate che precisano in particolare la procedura da seguire per l’elaborazione, l’esecuzione e il controllo del bilancio dell’Istituto. Articolo 13 Privilegi e immunità 1. I privilegi e le immunità del direttore e dei membri del personale dell’Istituto sono previsti nella decisione dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 15 ottobre 2001, sui privilegi e sulle immunità accordati all’Istituto per gli studi sulla sicurezza e al centro satellitare dell’Unione europea nonché ai loro organi e al loro personale. In attesa dell’entrata in vigore di tale decisione, lo Stato ospitante può concedere al direttore e al personale dell’Istituto i privilegi e le immunità previsti nella stessa. 2. I privilegi e le immunità dell’Istituto sono previsti nel protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Articolo 14 Responsabilità giuridica 1. La responsabilità contrattuale dell’Istituto è disciplinata dalla legge applicabile al contratto in questione. 2. La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a giudicare in virtù di eventuali clausole compromissorie contenute nei contratti stipulati dall’Istituto. 3. La responsabilità personale degli agenti nei confronti dell’Istituto è disciplinata dalle pertinenti disposizioni applicabili al personale dell’Istituto. Articolo 15 Accesso ai documenti Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta le norme relative all’accesso del pubblico ai documenti dell’Istituto, tenendo conto dei principi e dei limiti stabiliti nel regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Articolo 16 Protezione di informazioni classificate UE L’Istituto applica la decisione 2013/488/UE del Consiglio (3). Articolo 17 Cooperazione con gli Stati membri, le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione Per svolgere le funzioni e i compiti di cui all’articolo 2, l’Istituto coopera strettamente con gli Stati membri e con il SEAE. Se necessario, l’Istituto stabilisce altresì relazioni di lavoro con le istituzioni dell’Unione, nonché con i pertinenti organi e agenzie dell’Unione, compresa l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD), al fine di scambiare conoscenze specialistiche e consulenza nei settori di reciproco interesse. L’Istituto può anche intraprendere progetti comuni con le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione. Articolo 18 Protezione dei dati Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta norme di esecuzione concernenti il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Articolo 19 Relazione Entro il 31 luglio 2016, l’AR presenta al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente decisione corredata, se necessario, di raccomandazioni adeguate. Articolo 20 Abrogazione L’azione comune 2001/554/PESC è abrogata. Articolo 21 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Fatto a Bruxelles, il 10 febbraio 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Azione comune 2001/554/PESC del Consiglio, del 20 luglio 2001, relativa alla creazione di un Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza (GU L 200 del 25.7.2001, pag. 1). (2) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). (3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (4) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza L'Istituto dell'Unione europea (UE) per gli studi sulla sicurezza fornisce ricerche e analisi su questioni internazionali per aiutare l'UE a sviluppare la sua politica estera e di sicurezza. ATTO Decisione 2014/75/PESC del Consiglio, del 10 febbraio 2014, sull'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza. SINTESI Grazie a questa decisione del Consiglio, l'UE ha deciso di continuare a delineare le competenze dell'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza (IUESS) onde fornire ricerche e analisi su questioni internazionali per la politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell'UE. L'Istituto è stato originariamente fondato nel gennaio 2002. Ha sede a Parigi e ha un ufficio di collegamento a Bruxelles. Attraverso la ricerca e l'analisi, l'Istituto contribuisce al processo decisionale europeo nel settore della PESC. In particolare, conduce analisi e fornisce un centro di discussione sulla strategia esterna dell'UE in settori che comprendono la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della pace. Le sue attività comprendono l'organizzazione di eventi e seminari di collegamento e la raccolta di informazioni pertinenti per i funzionari e gli esperti dell’UE. Inoltre funge da interfaccia tra le istituzioni dell'UE e l'ambito degli esperti esterni, compresi gli attori nel settore della sicurezza. L'Istituto è amministrato da un Consiglio di amministrazione e da un direttore: Il consiglio di amministrazione: la principale responsabilità del consiglio di amministrazione è approvare il programma di lavoro annuale e a lungo termine dell’Istituto, nonché il bilancio appropriato. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio deve approvare il programma di lavoro annuale dell'Istituto. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro e da un rappresentante della Commissione. Si riunisce almeno due volte l'anno ed è presieduto dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il Direttore generale dello Stato maggiore dell'UE può partecipare alle riunioni del consiglio. Il consiglio può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti per affrontare temi specifici. Il direttore: il direttore è nominato dal Consiglio su raccomandazione dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per un periodo di 3 anni, con una possibile proroga di 2 anni. Il direttore è responsabile tra le altre cose dell'amministrazione corrente dell'Istituto, dell'elaborazione del programma di lavoro annuale dell'Istituto e della relazione annuale e della preparazione dei lavori del consiglio. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Decisione 2014/75/PESC del Consiglio 10.2.2014 - GU L 41 del 12.2.2014
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31995R2988
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Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Gazzetta ufficiale n. L 312 del 23/12/1995 pag. 0001 - 0004 REGOLAMENTO (CE, EURATOM) N. 2988/95 DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 1995 relativo alla tutela degli interessi finanziari delle ComunitàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando che all'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee, finanziato con risorse proprie, provvede la Commissione nei limiti degli stanziamenti concessi e in conformità dei principi di una buona gestione finanziaria; che, per assolvere tale compito, la Commissione coopera strettamente con gli Stati membri; considerando che oltre la metà delle spese della Comunità è versata ai destinatari tramite gli Stati membri; considerando che le modalità di tale gestione decentrata e di sistemi di controllo sono regolate da disposizioni dettagliate diverse a seconda delle politiche comunitarie in questione; che occorre tuttavia combattere in tutti i settori contro le lesioni agli interessi finanziari delle Comunità; considerando che l'efficacia di tale lotta contro gli atti lesivi degli interessi finanziari delle Comunità richiede la predisposizione di un contesto giuridico comune a tutti i settori contemplati dalle politiche comunitarie; considerando che le condotte che danno luogo a irregolarità nonché le misure e sanzioni amministrative relative sono previste in normative settoriali conformi al presente regolamento; considerando che le condotte di cui sopra comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee; considerando che le sanzioni amministrative comunitarie debbono assicurare un'adeguata tutela di tali interessi; che occorre stabilire regole generali da applicarsi a tali sanzioni; considerando che il diritto comunitario prevede sanzioni amministrative comunitarie nel quadro della politica agricola comune; che tali sanzioni dovranno anche essere previste in altri campi; considerando che le misure e sanzioni comunitarie adottate nel quadro della realizzazione degli obiettivi della politica agricola comune costituiscono parte integrante dei regimi di aiuto; che esse hanno una finalità propria la quale lascia impregiudicata, sul piano del diritto penale, la valutazione da parte delle autorità competenti degli Stati membri della condotta degli operatori economici interessati; che la loro efficacia deve essere garantita dall'applicazione immediata della norma comunitaria nonché dalla piena applicazione di tutte le misure comunitarie, giacché l'adozione di misure conservative non abbia consentito di conseguire tale obiettivo; considerando che, in virtù dell'esigenza generale di equità e del principio di proporzionalità, nonché alla luce del principio « ne bis in idem » occorre prevedere, nel rispetto dell'« acquis » comunitario e delle disposizioni previste dalle normative comunitarie specifiche esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, adeguate disposizioni per evitare il cumulo delle sanzioni pecuniarie comunitarie e delle sanzioni penali nazionali irrogate per gli stessi fatti alla stessa persona; considerando che, ai fini dell'applicazione del presente regolamento, un procedimento penale può essere considerato concluso qualora l'autorità nazionale competente e l'interessato abbiano concluso una transazione; considerando che il presente regolamento si applica lasciando impregiudicata l'applicazione del diritto penale degli Stati membri; considerando che il diritto comunitario obbliga la Commissione e gli Stati membri di vigilare acché le risorse di bilancio delle Comunità siano utilizzate ai fini previsti; che è opportuno prevedere regole comuni che si applichino in via complementare rispetto alla normativa vigente; considerando che i trattati non prevedono poteri specifici necessari ai fini dell'adozione di disposizioni materiali di portata orizzontale relative ai controlli, alle misure e alle sanzioni al fine di assicurare la tutela degli interessi finanziari delle Comunità; che pertanto occorre far ricorso all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA; considerando che le disposizioni generali aggiuntive relative ai controlli e alle verifiche in loco saranno adottate successivamente, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: TITOLO I Principi generali Articolo 1 1. Ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee è adottata una normativa generale relativa a dei controlli omogenei e a delle misure e sanzioni amministrative riguardanti irregolarità relative al diritto comunitario. 2. Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un'azione o un'omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. Articolo 2 1. I controlli e le misure e sanzioni amministrative sono istituiti solo qualora risultino necessari per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario. Essi devono avere carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo per assicurare un'adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità. 2. Nessuna sanzione amministrativa può essere irrogata se non è stata prevista da un atto comunitario precedente all'irregolarità. In caso di successiva modifica delle disposizioni relative a sanzioni amministrative contenute in una normativa comunitaria si applicano retroattivamente le disposizioni meno rigorose. 3. Le disposizioni del diritto comunitario determinano la natura e la portata delle misure e sanzioni amministrative necessarie alla corretta applicazione della normativa considerata, in funzione della natura e della gravità dell'irregolarità, del beneficio concesso o del vantaggio ricevuto e del grado di responsabilità. 4. Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, le procedure relative all'applicazione dei controlli, delle misure e sanzioni comunitari sono disciplinate dal diritto degli Stati membri. Articolo 3 1. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall'esecuzione dell'irregolarità di cui all'articolo 1, paragrafo 1. Tuttavia, le normative settoriali possono prevedere un termine inferiore e comunque non inferiore a tre anni. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l'irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. La prescrizione delle azioni giudiziarie è interrotta per effetto di qualsiasi atto dell'autorità competente, portato a conoscenza della persona interessata, che abbia natura istruttoria o che sia volto a perseguire l'irregolarità. Il termine di prescrizione decorre nuovamente dal momento di ciascuna interruzione. Tuttavia, la prescrizione è acquisita al più tardi il giorno in cui sia giunto a scadenza un termine pari al doppio del termine di prescrizione senza che l'autorità competente abbia irrogato una sanzione, fatti salvi i casi in cui la procedura amministrativa sia stata sospesa a norma dell'articolo 6, paragrafo 1. 2. Il termine di esecuzione della decisione che irroga sanzioni amministrative è di tre anni. Esso decorre dal giorno in cui la decisione diventa definitiva. I casi di interruzione e di sospensione sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni di diritto nazionale. 3. Gli Stati membri mantengono la possibilità di applicare un termine più lungo di quello previsto rispettivamente al paragrafo 1 e al paragrafo 2. TITOLO II Misure e sanzioni amministrative Articolo 4 1. Ogni irregolarità comporta, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto: - mediante l'obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percetti; - mediante la perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. 2. L'applicazione delle misure di cui al paragrafo 1 è limitata alla revoca del vantaggio indebitamente ottenuto aumentato, se ciò è previsto, di interessi che possono essere stabiliti in maniera forfettaria. 3. Gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto comunitario applicabile nella fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso. 4. Le misure previste dal presente articolo non sono considerate sanzioni. Articolo 5 1. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare le seguenti sanzioni amministrative: a) il pagamento di una sanzione amministrativa; b) il versamento di un importo superiore alle somme indebitamente percette o eluse aumentato, se del caso, di interessi; tale importo complementare, determinato in base a una percentuale da stabilire nelle pertinenti normative, non può superare il livello assolutamente necessario a conferirgli carattere dissuasivo; c) la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso dalla normativa comunitaria anche se l'operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; d) l'esclusione o la revoca dell'attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell'irregolarità; e) la revoca temporanea di un'autorizzazione o di un riconoscimento necessari per poter beneficiare di un regime di aiuti comunitari; f) la perdita di una garanzia o cauzione costituita ai fini dell'osservanza delle condizioni previste da una normativa o la ricostituzione dell'importo di una garanzia indebitamente liberata; g) altre sanzioni, di carattere esclusivamente economico, aventi natura e portata equivalenti, contemplate dalle normative settoriali adottate dal Consiglio in funzione delle necessità proprie del settore di cui trattasi e nel rispetto delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione del Consiglio. 2. Fatte salve le disposizioni delle normative settoriali vigenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, le altre irregolarità possono unicamente dar luogo alle sanzioni non assimilabili ad una sanzione penale previste al paragrafo 1, purché tali sanzioni siano indispensabili per la corretta applicazione della normativa. Articolo 6 1. Fatte salve le misure e sanzioni amministrative comunitarie adottate sulla base dei regolamenti settoriali esistenti all'entrata in vigore del presente regolamento, l'imposizione delle sanzioni pecuniarie, quali le sanzioni amministrative, può essere sospesa con decisione dell'autorità competente qualora sia stato avviato, per gli stessi fatti, un procedimento penale contro la persona interessata. La sospensione del procedimento amministrativo sospende il termine di prescrizione di cui all'articolo 3. 2. Se il procedimento penale non è proseguito, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso. 3. Allorché il procedimento penale è concluso, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso purché ciò non sia contrario ai principi generali del diritto. 4. Allorché il procedimento amministrativo è ripreso, l'autorità amministrativa provvede affinché sia irrogata una sanzione almeno equivalente a quella prevista dalla normativa comunitaria, potendo tener conto di qualsiasi sanzione irrogata dall'autorità penale per gli stessi fatti alla stessa persona. 5. Le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 4 non si applicano alle sanzioni pecuniarie che costituiscono parte integrante dei regimi di sostegno finanziario e possono essere applicate indipendentemente ad eventuali sanzioni penali se, e nella misura in cui, non sono assimilabili a tali sanzioni. Articolo 7 Le misure e sanzioni amministrative comunitarie possono applicarsi agli operatori economici di cui all'articolo 1, ossia alle persone fisiche o giuridiche, nonché agli altri organismi cui il diritto nazionale riconosce capacità giuridica, che abbiano commesso l'irregolarità. Possono parimenti applicarsi alle persone che hanno partecipato all'esecuzione dell'irregolarità, nonché a quelle tenute a rispondere della medesima o a evitare che sia commessa. TITOLO III Controlli Articolo 8 1. Gli Stati membri adottano, secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, le misure necessarie per assicurare la regolarità e l'effettività delle operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari delle Comunità. 2. Le misure di controllo sono adeguate alle specificità di ciascun settore e sono proporzionate agli obiettivi perseguiti. Esse tengono conto delle prassi e delle strutture amministrative esistenti negli Stati membri e sono stabilite in modo tale da non dar luogo a vincoli economici e a costi amministrativi eccessivi. La natura e la frequenza dei controlli e delle verifiche in loco che gli Stati membri debbono eseguire, nonché le relative modalità della loro esecuzione sono stabilite, se del caso, dalle normative settoriali, al fine di garantire l'applicazione uniforme ed efficace delle normative in questione e, in particolare, di prevenire ed individuare le irregolarità. 3. Le normative settoriali contengono le disposizioni necessarie per assicurare un controllo equivalente mediante il ravvicinamento delle procedure e dei metodi di controllo. Articolo 9 1. Fatti salvi i controlli eseguiti dagli Stati membri secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali e fatti salvi i controlli eseguiti dalle istituzioni comunitarie secondo le disposizioni del trattato CE, in particolare l'articolo 188 C, la Commissione fa eseguire, sotto la propria responsabilità, la verifica: a) della conformità delle pratiche amministrative con le norme comunitarie; b) dell'esistenza dei documenti giustificativi necessari e della loro concordanza con le entrate e le spese delle Comunità di cui all'articolo 1; c) delle condizioni in cui sono eseguite e verificate tali operazioni finanziarie. 2. Inoltre, essa può effettuare controlli e verifiche sul posto alle condizioni previste dalle normative settoriali. Prima di effettuare i controlli e le verifiche, secondo la normativa in vigore, la Commissione ne informa lo Stato membro interessato in modo da ottenere tutta l'assistenza necessaria. Articolo 10 Saranno successivamente adottate disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco secondo le procedure di cui all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 1995. Per il Consiglio Il Presidente J. BORRELL FONTELLES
Lotta contro la frode: controlli nei paesi dellUnione europea I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*. ATTO Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee SINTESI I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*. CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO? — Mira a combattere le frodi contro gli interessi finanziari dell’Unione europea (il bilancio dell’UE - denaro dei contribuenti). — Stabilisce un insieme comune di norme giuridiche per tutti i settori contemplati dalle politiche dell’UE. — In particolare, prevede controlli, misure e sanzioni amministrative nel caso in cui le regole di finanziamento UE non siano rispettate. PUNTI CHIAVE Più della metà della spesa dell’UE è corrisposta ai beneficiari attraverso i governi e le agenzie dei paesi dell’UE. Sia questo sistema di gestione decentrata che il monitoraggio dell’utilizzo della spesa sono regolati da norme dettagliate che variano a seconda del settore interessato. I paesi dell’UE devono adottare le misure necessarie per garantire che le operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari dell’Unione europea siano corrette e regolari. Le misure in materia di controlli devono essere proporzionate agli obiettivi perseguiti in modo da non comportare eccessivi vincoli economici o costi amministrativi. Devono anche tener conto delle prassi e delle strutture amministrative presenti nei paesi dell’UE. La Commissione europea è responsabile di verificare che: — le pratiche amministrative siano conformi alle norme UE; — siano presenti i documenti giustificativi necessari e che coincidano con le entrate e le spese dell’Unione europea; — le operazioni finanziarie siano eseguite e verificate in circostanze appropriate. Inoltre, ai sensi del regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96, la Commissione europea potrà effettuare controlli e verifiche sul posto. Revoca del vantaggio indebitamente ottenuto In generale, se viene rilevata un’irregolarità, il vantaggio indebitamente ottenuto deve essere rimborsato e una quota di accompagnamento di interessi potrebbe essere calcolata su base forfettaria. Il provvedimento di revoca del vantaggio può consistere: — nell’obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percepiti; — nella perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare sanzioni amministrative, come ad esempio: — il pagamento di una sanzione amministrativa; — il pagamento di una somma aggiuntiva; tuttavia, questo non deve superare un livello che è strettamente necessario a conferirgli un carattere dissuasivo; — la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso, anche se l’operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; o l’esclusione o la revoca dell’attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell’irregolarità; — altre sanzioni di carattere esclusivamente economico previste dal diritto comunitario. Principi generali I controlli amministrativi, le misure e le sanzioni devono essere — efficaci, — proporzionati, — dissuasivi. Devono tener conto della natura e della gravità dell’irregolarità, del beneficio concesso o ricevuto e del grado di responsabilità. Una sanzione amministrativa può essere irrogata solo se, prima dell’irregolarità, un atto o una legge dell’UE l’ha specificatamente autorizzata. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall’esecuzione dell’irregolarità. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l’irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. TERMINI CHIAVE * Irregolarità : qualsiasi atto o omissione da parte di un destinatario del finanziamento UE, che si traduce in un pregiudizio al bilancio generale dell’Unione europea, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 26.12.1995 - GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1-4 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2-5)
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ACCORDO QUADRO tra l'Unione europea e il Kosovo (*1) sui principi generali della partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione L'UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «Unione», da una parte, e il KOSOVO (*1), dall'altra, in seguito denominati «parti contraenti», considerando quanto segue: (1) Il 14 dicembre 2007 il Consiglio europeo ha sottolineato che l'Unione è pronta a svolgere un ruolo di primo piano nel rafforzare la stabilità della regione, ha dichiarato la disponibilità dell'Unione ad assistere il Kosovo nel cammino verso una stabilità sostenibile e ha confermato che l'Unione intende contribuire allo sviluppo economico e politico attraverso una chiara prospettiva europea, in linea con la prospettiva europea della regione. (2) Il 7 dicembre 2009 il Consiglio ha accolto con favore la comunicazione della Commissione europea del 14 ottobre 2009 intitolata «Realizzare la prospettiva europea del Kosovo» e ha invitato quest'ultima a prendere le misure necessarie per sostenere i progressi del Kosovo verso l'Unione, in linea con la prospettiva europea della regione. Esso ha attribuito importanza alle misure relative al commercio e ai visti e ha incoraggiato la Commissione europea a consentire al Kosovo di partecipare ai programmi dell'Unione, integrando il Kosovo nel sistema di sorveglianza economica e di bilancio, attivando la seconda componente dello strumento di assistenza preadesione e consolidando il dialogo nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione. (3) Il 14 dicembre 2010 il Consiglio ha dichiarato di attendere con interesse una proposta della Commissione europea che consenta la partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione. La Commissione europea ha presentato tale proposta nel marzo 2011. (4) Il 5 dicembre 2011 il Consiglio ha confermato il proprio impegno a trovare un accordo sulla partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione, ferme restando le posizioni degli Stati membri sullo status. (5) Il 22 ottobre 2012 il Consiglio ha autorizzato la Commissione europea ad avviare negoziati a nome dell'Unione su un accordo quadro con il Kosovo riguardo alla sua partecipazione ai programmi dell'Unione. (6) Il Kosovo ha espresso il desiderio di partecipare a una serie di programmi dell'Unione. (7) L'articolo 212 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea fa riferimento ad azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi diversi dai paesi in via di sviluppo. (8) Le modalità e le condizioni specifiche, compreso il relativo contributo finanziario, della partecipazione del Kosovo a ciascun programma specifico dell'Unione dovrebbero essere stabilite nell'ambito di un accordo tra la Commissione europea, che agisce a nome dell'Unione, e le autorità del Kosovo. (9) La firma e la conclusione del presente accordo non pregiudicano la posizione degli Stati membri sullo status del Kosovo, posizione che ciascuno di essi deciderà conformemente alla rispettiva prassi nazionale e al diritto internazionale. Nessuna parola, formulazione o definizione utilizzata nel presente accordo, compreso il suo allegato, o nei programmi dell'Unione costituisce un riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente da parte dell'Unione, né costituisce un riconoscimento del Kosovo come tale da parte dei singoli Stati membri che non abbiano proceduto in tal senso, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Il Kosovo è ammesso a partecipare ai seguenti programmi dell'Unione: a) a quegli attuali programmi dell'Unione elencati nell'allegato, e ai programmi che vi succederanno, che saranno aperti alla partecipazione del Kosovo, una volta entrato in vigore il presente accordo; b) ai programmi dell'Unione che saranno istituiti o prorogati dopo la firma del presente accordo che contengono una clausola di apertura relativa alla partecipazione del Kosovo. Il Kosovo può partecipare ai programmi dell'Unione conformemente ai suoi impegni di adottare e applicare norme nei settori pertinenti al programma in questione e con i progressi compiuti a tale riguardo. Articolo 2 Il Kosovo fornisce un contributo finanziario al bilancio generale dell'Unione europea in proporzione ai programmi specifici dell'Unione cui partecipa. Articolo 3 I rappresentanti del Kosovo possono partecipare, in veste di osservatori e per i punti che riguardano il Kosovo, ai comitati di gestione responsabili del controllo dei programmi dell'Unione ai quali il Kosovo contribuisce finanziariamente. Articolo 4 Alle iniziative e ai progetti presentati dai partecipanti del Kosovo si applicano, per quanto possibile, le stesse condizioni, norme e procedure applicate agli Stati membri per i programmi dell'Unione in questione. Articolo 5 Le modalità e le condizioni specifiche relative alla partecipazione del Kosovo a ciascun programma specifico dell'Unione, in particolare il contributo finanziario da versare, saranno stabilite nell'ambito di un accordo tra la Commissione europea, che agisce a nome dell'Unione, e le autorità del Kosovo. Gli accordi di questo tipo sono considerati parte integrante del presente accordo. Qualora il Kosovo chieda l'assistenza preadesione dell'Unione sulla base del regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio (1) o a norma di qualsiasi regolamento analogo che possa essere adottato in futuro e che preveda l'assistenza esterna dell'Unione al Kosovo, le condizioni che disciplinano l'impiego dell'assistenza dell'Unione da parte del Kosovo sono stabilite nel quadro di una convenzione di finanziamento. Articolo 6 Ogni accordo di cui all'articolo 5, primo comma, stabilisce che, conformemente al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), il controllo finanziario o le verifiche contabili devono essere effettuati dalla Commissione europea, dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e dalla Corte dei conti, direttamente o sotto la loro autorità. Sono adottate disposizioni dettagliate in materia di controllo finanziario e verifiche contabili, misure amministrative, sanzioni e recupero che permettano di conferire alla Commissione europea, all'OLAF e alla Corte dei conti poteri equivalenti a quelli di cui dispongono nei confronti di beneficiari o contraenti stabiliti nell'Unione. Articolo 7 Il presente accordo si applica per un periodo indeterminato. Il presente accordo può essere denunciato da ciascuna delle parti contraenti mediante un preavviso di sei mesi notificato per iscritto. Articolo 8 Le parti contraenti possono rivedere il presente accordo per la prima volta entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore e, successivamente, ogni tre anni, in base all'esperienza acquisita attraverso la partecipazione del Kosovo a uno o più programmi dell'Unione. Articolo 9 Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio del Kosovo. Articolo 10 Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le parti contraenti si sono notificate reciprocamente l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure necessarie per la sua entrata in vigore. Articolo 11 Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese, albanese e serba, tutti i testi facenti ugualmente fede. Съставено в Брюксел на двадесет и пети ноември през две хиляди и шестнадесета година. Hecho en Bruselas, el veinticinco de noviembre de dos mil dieciséis. V Bruselu dne dvacátého pátého listopadu dva tisíce šestnáct. Udfærdiget i Bruxelles den femogtyvende november to tusind og seksten. Geschehen zu Brüssel am fünfundzwanzigsten November zweitausendsechzehn. Kahe tuhande kuueteistkümnenda aasta novembrikuu kahekümne viiendal päeval Brüsselis. Έγινε στις Βρυξέλλες, στις είκοσι πέντε Νοεμβρίου δύο χιλιάδες δεκαέξι. Done at Brussels on the twenty fifth day of November in the year two thousand and sixteen. Fait à Bruxelles, le vingt cinq novembre deux mille seize. Sastavljeno u Bruxellesu dvadeset petog studenoga godine dvije tisuće šesnaeste. Fatto a Bruxelles, addì venticinque novembre duemilasedici. Briselē, divi tūkstoši sešpadsmitā gada divdesmit piektajā novembrī. Priimta du tūkstančiai šešioliktų metų lapkričio dvidešimt penktą dieną Briuselyje. Kelt Brüsszelben, a kétezer-tizenhatodik év november havának huszonötödik napján. Magħmul fi Brussell, fil-ħamsa u għoxrin jum ta‘ Novembru fis-sena elfejn u sittax. Gedaan te Brussel, vijfentwintig november tweeduizend zestien. Sporządzono w Brukseli dnia dwudziestego piątego listopada roku dwa tysiące szesnastego. Feito em Bruxelas, em vinte e cinco de novembro de dois mil e dezasseis. Întocmit la Bruxelles la douăzeci și cinci noiembrie două mii șaisprezece. V Bruseli dvadsiateho piateho novembra dvetisícšestnásť. V Bruslju, dne petindvajsetega novembra leta dva tisoč šestnajst. Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäviidentenä päivänä marraskuuta vuonna kaksituhattakuusitoista. Som skedde i Bryssel den tjugofemte november år tjugohundrasexton. Në Bruksel, më njëzet e pesë nëntor të vitit dy mijë e gjashtëmbëdhjetë. U Briselu, dvadeset petog novembra godine dve hiljade šesnaeste. За Европейския съюз Рог la Unión Europea Za Evropskou unii For Den Europæiske Union Für die Europäische Union Euroopa Liidu nimel Για την Ευρωπαϊκή Ένωση For the European Union Pour l'Union européenne Za Europsku uniju Per l'Unione europea Eiropas Savienības vārdā – Europos Sąjungos vardu Az Európai Unió részéről Għall-Unjoni Ewropea Voor de Europese Unie W imieniu Unii Europejskiej Pela União Europeia Pentru Uniunea Europeană Za Európsku úniu Za Evropsko unijo Euroopan unionin puolesta För Europeiska unionen Për Bashkimin Evropian Za Evropsku uniju За Косово Por Kosovo Za Kosovo For Kosovo Für den Kosovo Kosovo nimel Για το Κοσσυφοπέδιο For Kosovo Pour le Kosovo Za Kosovo Per il Kosovo Kosovas vārdā – Kosovo vardu Koszovó részéről Għall-Kosovo Voor Kosovo W imieniu Kosowa Pelo Kosovo Pentru Kosovo Za Kosovo Za Kosovo Kosovon puolesta För Kosovo Për Kosovën Za Kosovo (*1) Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell'UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. (1) Regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU UE L 210 del 31.7.2006, pag. 82). (2) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU UE L 298 del 26.10.2012, pag. 1). ALLEGATO ELENCO DEGLI ATTUALI PROGRAMMI DELL'UNIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 1 — Fiscalis 2020 (1) — Dogana 2020 (2) — Hercule III (3) — Giustizia (4) — Programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza (5) — Europa per i cittadini (6) — Meccanismo di protezione civile (7) — Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (ISA2) (8) — COSME (9) — Programma per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI) (10) — Erasmus+ (11) — Europa creativa (12) — Orizzonte 2020 (13) — Programma «Salute per la crescita» (14) — Programma per la tutela dei consumatori (15) — LIFE (16) — Copernicus (17) (1) Regolamento (UE) n. 1286/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione inteso a migliorare il funzionamento dei sistemi di imposizione nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Fiscalis 2020) e che abroga la decisione n. 1482/2007/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 25). (2) Regolamento (UE) n. 1294/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione doganale nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Dogana 2020) e abroga la decisione n. 624/2007/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 209). (3) Regolamento (UE) n. 250/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, che istituisce un programma per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea (programma Hercule III) e che abroga la decisione n. 804/2004/CE (GU UE L 84 del 20.3.2014, pag. 6). (4) Regolamento (UE) n. 1382/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che istituisce un programma Giustizia per il periodo 2014-2020 (GU UE L 354 del 28.12.2013, pag. 73). (5) Regolamento (UE) n. 1381/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che istituisce un programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il periodo 2014-2020 (GU UE L 354 del 28.12.2013, pag. 62). (6) Regolamento (UE) n. 390/2014 del Consiglio, del 14 aprile 2014, che istituisce il programma «L'Europa per i cittadini» per il periodo 2014-2020 (GU UE L 115 del 17.4.2014, pag. 3). (7) Decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 924). (8) Decisione (UE) 2015/2240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, che istituisce un programma sulle soluzioni di interoperabilità e quadri comuni per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (programma ISA2) come mezzo per modernizzare il settore pubblico (GU UE L 318 del 4.12.2015, pag. 1). (9) Regolamento (UE) n. 1287/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME) (2014 — 2020) e abroga la decisione n. 1639/2006/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 33). (10) Regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo a un programma dell'Unione europea per l'occupazione e l'innovazione sociale («EaSI») e recante modifica della decisione n. 283/2010/UE che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l'occupazione e l'inclusione sociale (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 238). (11) Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 50). (12) Regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma Europa creativa (2014-2020) e che abroga le decisioni n. 1718/2006/CE, n. 1855/2006/CE e n. 1041/2009/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 221). (13) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014 — 2020) — Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 104). (14) Regolamento (UE) n. 282/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, sulla istituzione del terzo programma d'azione dell'Unione in materia di salute (2014-2020) e che abroga la decisione n. 1350/2007/CE (GU UE L 86 del 21.3.2014, pag. 1). (15) Regolamento (UE) n. 254/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativo a un programma pluriennale per la tutela dei consumatori per il periodo 2014-2020 e che abroga la decisione n. 1926/2006/CE (GU UE L 84 del 20.3.2014, pag. 42). (16) Regolamento (UE) n. 1293/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, sull'istituzione di un programma per l'ambiente e l'azione per il clima (LIFE) e che abroga il regolamento (CE) n. 614/2007 (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 185). (17) Regolamento (UE) n. 377/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, che istituisce il programma Copernicus e che abroga il regolamento (UE) n. 911/2010 (GU UE L 122, del 24.4.2014, pag. 44).
*Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizi sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. ai programmi dell’UE Partecipazione del Kosovo* ai programmi dell’UE QUAL È LO SCOPO DI QUESTO ACCORDO? Esso ammette il Kosovo a partecipare a programmi selezionati dell’UE e stabilisce le condizioni di tale partecipazione, quali l’integrazione all’interno del quadro di sorveglianza economica e di bilancio, e l’obbligo di soddisfare norme e di fornire gli opportuni contributi finanziari. PUNTI CHIAVE Nel 2007 il Consiglio europeo sottolineava che l’UE fosse pronta a svolgere un ruolo di primo piano nel rafforzamento della stabilità nella regione dei Balcani occidentali e dichiarò di essere disposto ad assistere il Kosovo sulla via della stabilità sostenibile. L’UE ha ribadito di essere pronta a favorire lo sviluppo economico e politico attraverso una chiara prospettiva europea, mentre il Kosovo ha espresso il desiderio di partecipare a una serie di programmi dell’UE. Questo quadro rende il Kosovo ammissibile alla partecipazione a determinati progetti dell’UE, come parte dell’attivazione della seconda fase dello strumento di assistenza preadesione (IPA II) e del rafforzamento del processo avviato dall’accordo di stabilizzazione e di associazione con il Kosovo, entrato in vigore il 1° aprile 2016. I punti principali dell’accordo quadro sono i seguenti.Il Kosovo è ammesso a partecipare a una serie di programmi dell’UE, elencati di seguito, nonché a ogni nuovo programma che preveda specificamente la partecipazione del Kosovo. La partecipazione dipende dall’impegno e dai progressi del Kosovo nell’applicazione delle norme nelle aree pertinenti. Il Kosovo contribuirà finanziariamente al bilancio generale dell’UE in proporzione ai programmi specifici cui parteciperà. I rappresentanti del Kosovo possono partecipare in qualità di osservatori, laddove il Kosovo sia coinvolto, nei comitati di gestione che monitorano i programmi ai quali il Kosovo contribuisce finanziariamente. I progetti e le iniziative presentate dai partecipanti del Kosovo sono soggetti alle stesse condizioni applicate per i paesi dell’UE. I termini della partecipazione del Kosovo a ciascun programma dell’UE, in particolare per quanto concerne il contributo finanziario, saranno definiti dalla Commissione europea insieme alle autorità del Kosovo. Ogni accordo stipulerà, in conformità al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, che il controllo finanziario o le verifiche contabili avvengano sotto l’autorità della Commissione, dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e della Corte dei conti europea, i quali avranno poteri equivalenti a quelli di cui godono nell’UE in merito a controllo finanziario e verifica dei conti, atti amministrativi, sanzioni penali e recupero; Se il Kosovo richiede l’assistenza preadesione dell’UE nell’ambito dell’IPA II, le condizioni saranno determinate in un accordo di finanziamento. L’accordo si applica ai territori nei quali è in vigore il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alle condizioni ivi stabilite, e al territorio del Kosovo. Esso si applica per un periodo indeterminato, ma può essere terminato da entrambe le parti con preavviso di sei mesi. Deve essere rivisto ogni tre anni in base all’esperienza della partecipazione del Kosovo ai programmi dell’UE. Programmi dell’UE che consentono la partecipazione del Kosovo al momento della firma dell’accordoFiscalis 2020 Dogana 2020 Hercule III Giustizia Programma diritti, uguaglianza e cittadinanza L’Europa per i cittadini Meccanismo di protezione civile Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (ISA2) COSME Programma per l’occupazione e la politica sociale (EaSI) Erasmus+ Europa creativa Orizzonte 2020 Programma Salute per la crescita Programma per la tutela dei consumatori LIFE Copernicus A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? È in vigore dal 1o agosto 2017. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Kosovo (Commissione europea) Il Kosovo e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Accordo quadro tra Unione europea e Kosovo* sui principi generali della partecipazione del Kosovo ai programmi dell’Unione (GU L 195 del 27.7.2017, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da un lato, e il Kosovo*, dall’altro (GU L 71 del 16.3.2016, pag. 3). Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11). *Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizi sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
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31998L0006
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Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori Gazzetta ufficiale n. L 080 del 18/03/1998 pag. 0027 - 0031 DIRETTIVA 98/6/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 129 A, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 9 dicembre 1997,(1) considerando che un funzionamento trasparente del mercato e un'informazione corretta favoriscono la tutela dei consumatori e una sana concorrenza tra le imprese e i prodotti;(2) considerando la necessità di garantire ai consumatori un alto livello di protezione e l'obbligo per la Comunità di contribuirvi mediante azioni specifiche che forniscano sostegno ed integrino la politica perseguita dagli Stati membri ai fini di un'informazione precisa, trasparente e univoca dei consumatori in merito ai prezzi dei prodotti loro offerti;(3) considerando che la risoluzione del Consiglio del 14 aprile 1975 riguardante un programma preliminare della Comunità economica europea per una politica di protezione e informazione del consumatore (4) e la risoluzione del Consiglio del 19 maggio 1981 riguardante un secondo programma della Comunità economica europea per una politica di protezione e di informazione del consumatore (5) hanno previsto l'elaborazione di principi comuni relativi all'indicazione dei prezzi;(4) considerando che tali principi sono stati fissati dalla direttiva 79/581/CEE (6) riguardante l'indicazione dei prezzi di taluni prodotti alimentari e dalla direttiva 88/314/CEE (7) riguardante l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari;(5) considerando che il nesso tra l'indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti ed il loro preconfezionamento in quantità prestabile corrispondenti ai valori di gamme approvate a livello comunitario si è rivelato troppo complesso da applicare; che occorre quindi abbandonare tale nesso a favore di un nuovo meccanismo semplificato e nell'interesse dei consumatori, senza che ciò modifichi il dispositivo relativo alla standardizzazione delle confezioni;(6) considerando che l'obbligo di indicare il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura contribuisce in modo notevole al miglioramento dell'informazione dei consumatori, in quanto offre nel modo più semplice ai consumatori possibilità ottimali di valutare e di raffrontare il prezzo dei prodotti e quindi permette loro di procedere a scelte consapevoli in base a raffronti semplici;(7) considerando che deve dunque sussistere un obbligo generale di indicare contemporaneamente il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura per tutti i prodotti, fatti salvi quelli commercializzati sfusi, per i quali il prezzo di vendita non può essere fissato prima che il consumatore abbia indicato la quantità di prodotto richiesta;(8) considerando che è necessario tener conto del fatto che taluni prodotti vengono abitualmente venduti in quantità differenti da un chilogrammo, un litro, un metro, un metro quadrato o un metro cubo e che è quindi opportuno che gli Stati membri possano autorizzare il riferimento del prezzo per unità di misura ad una singola unità di quantità diversa, tenuto conto della natura del prodotto e delle quantità in cui esso è abitualmente venduto nello Stato membro in questione;(9) considerando che, in determinate circostanze, l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura può comportare un onore eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto e che occorre pertanto che gli Stati membri siano autorizzati a non rispettare tale obbligo durante un adeguato periodo transitorio;(10) considerando che occorre mantenere anche la possibilità per gli Stati membri di esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per cui tale indicazione non sarebbe utile o potrebbe dar luogo a confusioni, ad esempio quando l'indicazione di una quantità non è pertinente ai fini del raffronto dei prezzi o quando prodotti diversi vengono commercializzati in una stessa confezione;(11) considerando che gli Stati membri, allo scopo di agevolare l'applicazione del sistema in questione, hanno, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, la facoltà di redigere un elenco di prodotti o di categorie di prodotti che rimangono soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura;(12) considerando che una normativa comunitaria permette di assicurare un'informazione omogenea e trasparente a profitto dell'insieme dei consumatori nel quadro del mercato interno; che il nuovo approccio semplificato è nel contempo sufficiente e necessario per raggiungere tale obiettivo;(13) considerando che gli Stati membri devono vigilare sull'efficacia del sistema; che la trasparenza del sistema dovrebbe essere mantenuta anche al momento dell'introduzione dell'euro; che a detto scopo andrebbe limitato il numero massimo dei prezzi da indicare;(14) considerando che occorre prestare particolare attenzione ai piccoli esercizi al minuto; che a tale scopo la Commissione, nella sua relazione sull'applicazione della direttiva da presentare al più tardi entro tre anni dalla data indicata all'articolo 11, paragrafo 1, dovrebbe tenere particolarmente conto delle esperienze fatte dai piccoli dettaglianti nell'applicazione della direttiva, tra l'altro per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e l'introduzione della moneta unica; che tale relazione, tenuto conto del periodo transitorio indicato all'articolo 6, dovrebbe essere corredata da una proposta,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva ha lo scopo di prevedere l'indicazione del prezzo di vendita e del prezzo per unità di misura dei prodotti offerti dai commercianti ai consumatori al fine di migliorare l'informazione dei consumatori e di agevolare il raffronto dei prezzi.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) prezzo di vendita: il prezzo finale valido per una unità del prodotto o per una determinata quantità del prodotto, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta;b) prezzo per unità di misura: il prezzo finale, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta, valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per una singola unità di quantità diversa, se essa è impiegata generalmente e abitualmente nello Stato membro interessato per la commercializzazione di prodotti specifici;c) prodotto commercializzato sfuso: un prodotto che non costituisce oggetto di alcuna confezione preliminare ed è misurato in presenza del consumatore;d) commerciante: qualsiasi persona fisica o giuridica che vende o mette in commercio prodotti che rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale;e) consumatore: qualsiasi persona fisica che acquista un prodotto destinandolo a scopi che non rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale.Articolo 3 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura sono indicati per tutti i prodotti di cui all'articolo 1, fatte salve, per l'indicazione del prezzo per unità di misura, le disposizioni dell'articolo 5. Il prezzo per unità di misura non dev'essere indicato quando è identico al prezzo di vendita.2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 1:- ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizi,- alle vendite all'asta, nonché alle vendite di oggetti d'arte e di antiquariato.3. Per i prodotti commercializzati sfusi deve essere indicato soltanto il prezzo per unità di misura.4. La pubblicità che menziona il prezzo di vendita dei prodotti di cui all'articolo 1 indica anche il prezzo per unità di misura, fatto salvo l'articolo 5.Articolo 4 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere non equivoci, agevolmente identificabili e facilmente leggibili. Gli Stati membri possono prevedere che il numero massimo di prezzi da indicare sia limitato.2. Il prezzo per unità di misura si riferisce a una quantità dichiarata conformemente alle disposizioni nazionali e comunitarie.Qualora disposizioni nazionali o comunitarie richiedessero l'indicazione del peso netto e del peso netto sgocciolato per taluni prodotti preconfezionati, è sufficiente indicare il prezzo per unità di misura del peso netto sgocciolato.Articolo 5 1. Gli Stati membri possono esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per i quali tale indicazione non risulti utile a motivo della loro natura o della loro destinazione, o sia di natura tale da dar luogo a confusioni.2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 gli Stati membri possono, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, stabilire un elenco dei prodotti o delle categorie di prodotti che restano soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura.Articolo 6 Qualora l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura rappresenti un onere eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto a motivo del numero di prodotti offerti in vendita, della superficie di vendita, delle caratteristiche del luogo di vendita, delle condizioni specifiche di vendita per cui il prodotto non sia direttamente accessibile al consumatore o di talune forme di esercizio, come particolari tipi di esercizio ambulante, gli Stati membri possono prevedere, per un periodo transitorio a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, che l'obbligo di indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti diversi dai prodotti commercializzati sfusi venduti in tali esercizi non si applichi, fatto salvo l'articolo 12.Articolo 7 Gli Stati membri adottano le misure appropriate per informare ogni persona interessata in ordine alla normativa nazionale che recepisce la presente direttiva.Articolo 8 Gli Stati membri determinano il regime di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Tali sanzioni debbono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9 1. Il periodo di transizione di nove anni di cui all'articolo 1 della direttiva 95/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 novembre 1995, che modifica la direttiva 79/581/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti alimentari ai fini della protezione dei consumatori e la direttiva 88/314/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari ai fini della protezione dei consumatori (8) è prorogato fino alla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.2. Le direttive 79/581/CEE e 88/314/CEE sono abrogate a partire dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.Articolo 10 La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano disposizioni più favorevoli in materia di informazione dei consumatori e confronto dei prezzi, fatti salvi gli obblighi imposti loro dal trattato.Articolo 11 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 18 marzo 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate sono applicabili a partire da tale data.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono accompagnate da tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore coperto dalla presente direttiva.3. Gli Stati membri notificano il regime di sanzioni di cui all'articolo 8, nonché qualsiasi modifica successiva.Articolo 12 Entro e non oltre tre anni a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione globale sull'applicazione della presente direttiva, in particolare dell'articolo 6, accompagnata da una proposta.Il Parlamento europeo e il Consiglio riesaminano, su tale base, le disposizioni di cui all'articolo 6 e agiscono, a norma del trattato, entro tre anni dalla presentazione da parte della Commissione della proposta di cui al primo comma.Articolo 13 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 febbraio 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteJ. CUNNINGHAM(1) GU C 260 del 5. 10. 1995, pag. 5 eGU C 249 del 27. 8. 1996, pag. 2.(2) GU C 82 del 19. 3. 1996, pag. 32.(3) Parere del Parlamento europeo del 18 aprile 1996 (GU C 141 del 13. 5. 1996, pag. 191). Posizione comune del Consiglio del 27 settembre 1996 (GU C 333 del 7. 11. 1996, pag. 7) e decisione del Parlamento europeo del 18 febbraio 1997 (GU C 85 del 17. 3. 1997, pag. 26). Decisione del Parlamento europeo del 16 dicembre 1997 e decisione del Consiglio del 18 dicembre 1997.(4) GU C 92 del 25. 4. 1975, pag. 1.(5) GU C 133 del 3. 6. 1981, pag. 1.(6) GU L 158 del 26. 6. 1979, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(7) GU L 142 del 9. 6. 1988, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(8) GU L 299 del 12. 12. 1995, pag. 11.Dichiarazione della Commissione Articolo 2, lettera b)La Commissione ritiene che l'espressione «valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per un'altra quantità unitaria» di cui all'articolo 2, lettera b) si applichi altresì ai prodotti commercializzati al pezzo o all'unità.Dichiarazione della Commissione Articolo 12, paragrafo 1La Commissione ritiene che l'articolo 12, paragrafo 1 della direttiva non possa essere interpretato come suscettibile di mettere in discussione il suo diritto d'iniziativa.
Indicazioni dei prezzi sui prodotti di consumo QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La direttiva 98/6/CE prevede che il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura di tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori siano chiaramente indicati al fine di migliorare le informazioni in possesso dei consumatori e consentire comparazioni di prezzo. Ha abrogato le direttive 79/581/CEE (prezzo dei generi alimentari) e 88/314/CEE (prezzo dei prodotti non alimentari) con decorrenza dal 18 marzo 2000. La direttiva 98/6/CE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161 per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione europea relative alla protezione dei consumatori. PUNTI CHIAVE Direttiva 98/6/CEIl prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere indicati per tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori in maniera non ambigua, facilmente riconoscibile e chiaramente leggibile; ovvero, il prezzo finale deve essere comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto e di ogni altro tipo di tassa. Qualora il prezzo per unità di misura sia identico a quello di vendita, non deve essere indicato. Tuttavia, gli Stati membri dell’Unione possono decidere di non applicare tali norme:ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizio;alle vendite all’asta e alle vendite di oggetti d’arte e antichi. Per i prodotti commercializzati sfusi, va indicato soltanto il prezzo per unità di misura. Ogni pubblicità menzionante il prezzo di vendita deve indicare altresì il prezzo per unità di misura. Gli Stati membri possono:esentare dall’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti se una tale indicazione risulterebbe inutile o tale da creare confusione;redigere un elenco di prodotti non alimentari a cui si applica comunque l’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura nel caso di tale esenzione. La direttiva prevedeva un periodo transitorio durante il quale le piccole attività commerciali non erano obbligate a indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti non commercializzati sfusi. Gli Stati membri devono:adottare misure adeguate per informare tutte le persone interessate quando tale legislazione sarà integrata nel diritto nazionale;stabilire e fornire informazioni sul regime delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle leggi nazionali adottate per l’applicazione della presente direttiva.Direttiva (UE) 2019/2161La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 introduce un nuovo articolo nella direttiva 98/6/CE sulle informazioni ai consumatori riguardanti le riduzioni di prezzo. Ogni annuncio di riduzione di un prezzo deve indicare chiaramente il prezzo applicato precedentemente dal professionista (prezzo precedente). Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso applicato dal professionista durante un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni prima dell’applicazione della riduzione del prezzo. La modifica prevede opzioni normative per gli Stati membri per quanto riguarda i beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, in particolare i prodotti alimentari, i beni che sono in vendita da meno di 30 giorni e i beni soggetti a continue riduzioni di prezzo. L’attuale obbligo per gli Stati membri di introdurre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle norme nazionali sull’indicazione dei prezzi è stato integrato con un elenco di criteri per l’imposizione di sanzioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DIRETTIVE? La direttiva 98/6/CE doveva entrare in vigore negli Stati membri entro il 18 marzo 2000. La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 doveva diventare legge negli Stati membri entro il 28 novembre 2021. Gli Stati membri sono tenuti ad applicare le norme della direttiva a partire dal 28 maggio 2022. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva sull’indicazione dei prezzi (Commissione europea). Orientamenti sull’interpretazione e sull’applicazione dell’articolo 6a della direttiva 98/6/CE. Scheda informativa — New Deal:quali benefici per il consumatore? (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27). Direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU L 328 del 18.12.2019, pag. 7). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n. 2006/2004 (GU L 345 del 27.12.2017, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) 2017/2394 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Un «New Deal» per i consumatori [COM(2018) 183 final dell’11.4.2018].
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Direttiva 2001/111/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 010 del 12/01/2002 pag. 0053 - 0057 Direttiva 2001/111/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da tali direttive devono conformarsi, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 73/437/CEE del Consiglio, dell'11 dicembre 1973, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che talune disparità tra le legislazioni nazionali relative a determinati tipi di zucchero potevano creare condizioni di concorrenza sleale, con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore, e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) Con la direttiva 73/437/CEE si è mirato a fissare definizioni e norme comuni per le caratteristiche di fabbricazione, il confezionamento e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(4) La Commissione prevede di proporre quanto prima e, in ogni caso, entro il 1o luglio 2000, l'inserimento nella direttiva 80/232/CEE del Consiglio, del 15 gennaio 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla gamma di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati(5) di una gamma di pesi nominali dei prodotti definiti dalla presente direttiva.(5) È opportuno procedere alla sostituzione della direttiva 73/437/CEE al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di fabbricazione e commercializzazione di alcuni tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana e, inoltre, al fine di adeguarla alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari e, in particolare, a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti e agli altri additivi autorizzati, ai solventi di estrazione e ai metodi di analisi.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. la presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato.Essa non si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato, qualora si tratti di zucchero impalpabile, zucchero candito e di zucchero in pani.Articolo 2La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato, in base alle seguenti condizioni e deroghe:1) Fatto salvo il punto 5, le denominazioni di cui alla parte A dell'allegato sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli.La denominazione di cui alla parte A, punto 2, dell'allegato può essere altresì utilizzata per designare il prodotto di cui alla parte A, punto 3, dello stesso.Tuttavia:- i prodotti definiti nella parte A dell'allegato possono recare, oltre alla denominazione obbligatoria, specificazioni abituali esistenti nei vari Stati membri,- queste denominazioni possono anche essere utilizzate in denominazioni elaborate per designare, conformemente all'uso, altri prodotti,a condizione che le stesse non siano tali da indurre in errore il consumatore.2) Per i prodotti preimballati di peso inferiore a 20 g, non occorre indicare il peso netto nell'etichettatura.3) L'etichettatura indica i contenuti di sostanza secca e di zucchero invertito per lo zucchero liquido, lo zucchero liquido invertito e lo sciroppo di zucchero invertito.4) L'etichettatura reca l'aggettivo "cristallizzato" per lo sciroppo di zucchero invertito che contiene cristalli nella soluzione.5) Qualora i prodotti di cui ai punti 7 e 8 dell'allegato, parte A, contengano fruttosio in quantità superiore al 5 % in rapporto alla sostanza secca, nel rispetto della loro denominazione e in quanto ingredienti, essi sono etichettati rispettivamente come "sciroppo di glucosio-fruttosio" o "sciroppo di fruttosio-glucosio", e "sciroppo disidratato di glucosio-fruttosio" o "sciroppo disidratato di fruttosio-glucosio" a seconda che prevalga la componente glucosio o fruttosio.Articolo 3Per i prodotti di cui alla presente direttiva, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 4Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 5, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 51. La Commissione è assistita da un comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(8).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 6La direttiva 73/437/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 7Gli Stati membri mettono in vigore entro il 12 luglio 2003 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per conformarsi alla presente direttiva e ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui alla parte A dell'allegato, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 12 luglio 2004.Tuttavia l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ma etichettati entro il 12 luglio 2004, in conformità della direttiva 73/437/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 8La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 6.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 90.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 356 del 27.12.1973, pag. 71. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985.(5) GU L 51 del 25.2.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell'11.7.1987, pag. 48).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 184 del 7.7.1999, pag. 23.(8) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATOA. DENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Zucchero di fabbricaIl saccarosio depurato e cristallizzato, di qualità sana, leale e mercantile, rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>2. Zucchero o zucchero biancoIl saccarosio depurato e cristallizzato, di qualità sana, leale e mercantile, rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>3. Zucchero raffinato o zucchero bianco raffinatoIl prodotto rispondente alle caratteristiche di cui al punto 2, lettere a), b) e c) e il cui numero totale di punti, determinato conformemente alle disposizioni della parte B, non supera 8 né:- 4, per il tipo di colore- 6, per il contenuto di ceneri- 3, per la colorazione della soluzione.4. Zucchero liquido(1)La soluzione acquosa di saccarosio rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>5. Zucchero liquido invertito(2)La soluzione acquosa di saccarosio parzialmente invertito mediante idrolisi, nella quale la proporzione di zucchero invertito non è preponderante e che risponde alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>6. Sciroppo di zucchero invertito(3)La soluzione acquosa, eventualmente cristallizzata, di saccarosio parzialmente invertito mediante idrolisi, nella quale il tenore di zucchero invertito (quoziente del fruttosio per il destrosio: 1+/-0,1) deve essere superiore al 50 % in peso in rapporto alla sostanza secca e che soddisfa inoltre i requisiti di cui al punto 5, lettere a) e c).7. Sciroppo di glucosioLa soluzione acquosa depurata e concentrata di saccaridi alimentari, ottenuta da amido/fecola e/o da inulina e che risponde alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>8. Sciroppo di glucosio disidratatoLo sciroppo di glucosio parzialmente essiccato con un tenore minimo di sostanza secca del 93 % in peso e che soddisfa i requisiti di cui al punto 7, lettere b) e c).9. Destrosio o destrosio monoidratoIl D-glucosio depurato e cristallizzato contenente una molecola d'acqua di cristallizzazione e rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>10. Destrosio o destrosio anidroD-glucosio depurato e cristallizzato non contenente acqua di cristallizzazione, con un tenore minimo di sostanza secca del 98 % in peso e che soddisfa i requisiti di cui al punto 9, lettere a) e c).11. FruttosioD-fruttosio depurato e cristallizzato rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>B. METODO DI DETERMINAZIONE DEL TIPO DI COLORE, DEL CONTENUTO DI CENERI CONDUTTIMETRICHE E DELLA COLORAZIONE DELLA SOLUZIONE DELLO ZUCCHERO (BIANCO) E DELLO ZUCCHERO (BIANCO) RAFFINATO DEFINITI NELLA PARTE A, PUNTI 2 E 3Un "punto" corrisponde:a) per quanto riguarda il tipo di colore, a 0,5 unità determinate secondo il metodo dell'Istituto per la tecnologia agraria e l'industria saccarifera di Braunschweig, di cui al capitolo A, punto 2, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69 della Commissione, del 1o luglio 1969, relativo ai metodi di determinazione di qualità applicabili allo zucchero acquistato dagli organismi d'intervento(4);b) per quanto riguarda il contenuto di ceneri, allo 0,0018 % determinato secondo il metodo dell'International Commission for Uniform Methods of Sugar Analyses (ICUMSA), di cui al capitolo A, punto 1, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69;c) per quanto riguarda la colorazione della soluzione, a 7,5 unità determinate secondo il metodo ICUMSA di cui al capitolo A, punto 3, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69.(1) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(2) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(3) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(4) GU L 163 dell'1.7.1969, pag. 1.
Zuccheri L’Unione europea (UE) fissa norme comuni per taluni zuccheri destinati all’alimentazione umana, nel rispetto della legislazione generale applicabile ai prodotti alimentari. Tali norme riguardano la composizione, le denominazioni di vendita, l’etichettatura e la presentazione. ATTO Direttiva 2001/111/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a determinati tipi di zucchero destinati all’alimentazione umana. SINTESI La direttiva 2001/111/CE migliora l’etichettatura di taluni zuccheri alimentari per informare meglio i consumatori ed evitare di indurli in errore sui prodotti che essi acquistano. La direttiva si applica ferme restando le disposizioni generali relative all’etichettatura dei prodotti alimentari. Gli zuccheri La direttiva 2001/111/CE definisce undici varietà di zuccheri: zucchero di fabbrica, zucchero (zucchero bianco), zucchero raffinato (zucchero bianco raffinato), zucchero liquido, zucchero liquido invertito, sciroppo di zucchero invertito, sciroppo di glucosio, sciroppo di glucosio disidratato, destrosio monoidrato, destrosio (destrosio anidro) e fruttosio. Per ciascuna varietà corrispondono diverse caratteristiche di composizione e norme relative al confezionamento e all’etichettatura. L’etichettatura La direttiva 2001/111/CE fissa alcune disposizioni specifiche per i prodotti preimballati di peso inferiore a 20 grammi, per lo zucchero liquido, per lo sciroppo di zucchero invertito contenente cristalli nonché per alcuni prodotti che contengono più del 5% di fruttosio. Il peso netto dei prodotti preimballati di peso inferiore a 20 grammi non deve figurare sull’etichetta. Per contro, l’etichetta dello zucchero liquido invertito e dello sciroppo di zucchero invertito deve menzionare il tenore di sostanza secca e di zucchero invertito. Inoltre, l’etichetta dello sciroppo di zucchero invertito contenente cristalli deve recare l’aggettivo cristallizzato. Infine, gli sciroppi di glucosio (ivi inclusi gli sciroppi di glucosio disidratato) che contengono più del 5% di fruttosio (sostanza secca) devono recare la dicitura sciroppo di glucosio-fruttosio o sciroppo di fruttosio-glucosio e sciroppo disidratato di glucosio-fruttosio o sciroppo disidratato di fruttosio-glucosio, a seconda che prevalga la componente glucosio o fruttosio. Per i prodotti di cui alla presente direttiva, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva. Contesto Questa direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tenere conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da tali direttive devono conformarsi, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/111/CE 12.1.2002 11.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euro Gazzetta ufficiale n. L 139 del 11/05/1998 pag. 0001 - 0005 REGOLAMENTO (CE) N. 974/98 DEL CONSIGLIO del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere dell'Istituto monetario europeo (2),visto il parere del Parlamento europeo (3),(1) considerando che il presente regolamento definisce le norme applicabili in materia monetaria negli Stati membri che hanno adottato l'euro; che il regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (4), ha già fissato le norme concernenti la continuità dei contratti, la sostituzione dei riferimenti all'ECU negli strumenti giuridici mediante riferimenti all'euro ed infine l'arrotondamento degli importi; che l'introduzione dell'euro riguarda le operazioni quotidiane di tutta la popolazione degli Stati membri partecipanti; che, per assicurare un passaggio equilibrato, in particolare per i consumatori, occorrerebbe prendere in esame disposizioni diverse da quelle contenute nel presente regolamento e nel regolamento (CE) n. 1103/97;(2) considerando che nella riunione del Consiglio europeo tenutasi a Madrid il 15 e il 16 dicembre 1995 è stato deciso che l'espressione «ECU» utilizzata nel trattato per indicare l'unità monetaria europea è un'espressione generica; che i governi dei quindici Stati membri hanno convenuto che questa decisione costituisce l'interpretazione concordata e definitiva delle disposizioni pertinenti del trattato; che la denominazione della moneta europea sarà «euro»; che l'euro in quanto moneta degli Stati membri partecipanti sarà diviso in cento unità divisionali denominate «cent»; che la scelta del nome «cent» non esclude l'utilizzo delle varianti linguistiche di tale termine in uso comune negli Stati membri; che il Consiglio europeo ha inoltre convenuto che la denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, tenuto conto dell'esistenza di alfabeti diversi;(3) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase del trattato, oltre all'adozione dei tassi di conversione, il Consiglio adotta anche le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro;(4) considerando che ogniqualvolta uno Stato membro divenga, a norma dell'articolo 109 K, paragrafo 2 del trattato, uno Stato membro partecipante, il Consiglio, in forza dell'articolo 109 L, paragrafo 5 del trattato, adotta le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro come moneta unica nello Stato membro interessato;(5) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, alla data di inizio della terza fase il Consiglio adotta i tassi di conversione ai quali le monete degli Stati membri partecipanti sono irrevocabilmente vincolate e il tasso irrevocabilmente fissato al quale l'euro viene a sostituirsi a queste valute;(6) considerando che le disposizioni normative vanno interpretate tenendo conto dell'assenza di rischi di cambio tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali o tra le varie unità monetarie nazionali;(7) considerando che il termine «contratto» utilizzato nella definizione degli strumenti giuridici comprende tutti i tipi di contratto, indipendentemente dalle modalità della loro stipulazione;(8) considerando che, al fine di preparare un'agevole transizione verso l'euro, occorre prevedere un periodo transitorio tra la sostituzione dell'euro alle monete degli Stati membri partecipanti e l'introduzione delle banconote e delle monete metalliche in euro; che durante tale periodo le unità monetarie nazionali saranno definite come suddivisioni dell'euro; che risulta pertanto stabilita un'equivalenza giuridica tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali;(9) considerando che, a norma dell'articolo 109 G del trattato e del regolamento (CE) n. 1103/97, dal 1° gennaio 1999 l'euro sostituirà l'ECU come unità di conto delle istituzioni delle Comunità europee; che l'euro dovrebbe essere inoltre l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle banche centrali degli Stati membri partecipanti; che, secondo le conclusioni di Madrid, le operazioni di politica monetaria saranno effettuate in euro dal Sistema europeo di banche centrali (SEBC); che ciò non impedisce alle banche centrali nazionali di tenere conti nelle rispettive unità monetarie nazionali durante il periodo transitorio, in particolare per il loro personale e per le pubbliche amministrazioni;(10) considerando che, durante il periodo transitorio, ciascuno Stato membro partecipante può consentire l'impiego generalizzato dell'unità euro nel suo territorio;(11) considerando che durante il periodo transitorio suddetto i contratti, le normative nazionali e gli altri strumenti giuridici possono essere validamente espressi in unità euro o nelle unità monetarie nazionali; che, durante lo stesso periodo, nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe pregiudicare la validità di qualsiasi riferimento a unità monetarie nazionali in uno strumento giuridico;(12) considerando che, salvo patto contrario, nell'esecuzione di tutti gli atti sanciti da uno strumento giuridico gli operatori economici devono rispettare la denominazione ivi prevista;(13) considerando che l'unità euro e l'unità monetaria nazionale sono unità della stessa moneta; che dovrebbe essere garantita la possibilità, all'interno degli Stati membri partecipanti, di effettuare i pagamenti tramite accredito di un conto nell'unità euro ovvero nelle rispettive unità monetarie nazionali; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto dovrebbero applicarsi anche ai pagamenti transfrontalieri denominati nell'unità euro o nell'unità monetaria nazionale del conto del creditore; che è necessario garantire il buon funzionamento dei sistemi di pagamento con disposizioni sull'accredito di conti tramite strumenti di pagamento accreditati mediante detti sistemi; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non dovrebbero comportare per gli intermediari finanziari l'obbligo di rendere disponibili altre possibilità di pagamento ovvero prodotti denominati in qualsiasi particolare unità dell'euro; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non impediscono agli intermediari finanziari di coordinare, durante il periodo transitorio, l'introduzione di possibilità di pagamento denominate in unità euro basate su un'infrastruttura tecnica comune;(14) considerando che, in base alle conclusioni del Consiglio europeo di Madrid, a decorrere dal 1° gennaio 1999 il nuovo debito pubblico negoziabile sarà emesso dagli Stati membri partecipanti in unità euro; che è opportuno consentire agli emittenti del debito di ridenominare il debito in essere in unità euro; che le disposizioni in materia di ridenominazione dovrebbero essere tali da poter essere applicate anche nelle giurisdizioni di paesi terzi; che gli emittenti dovrebbero essere in grado di ridenominare il debito in essere ove esso sia denominato nell'unità monetaria nazionale di uno Stato membro che ha ridenominato, in tutto o in parte, il debito in essere della sua pubblica amministrazione; che tali disposizioni non riguardano l'introduzione di misure supplementari intese a modificare i termini del debito in essere per alterarne, fra l'altro, l'importo nominale, essendo queste materie soggette alle pertinenti norme del diritto nazionale; che è opportuno consentire agli Stati membri di adottare gli opportuni provvedimenti per modificare l'unità di calcolo utilizzata per le procedure operative dei mercati organizzati;(15) considerando che potrebbero inoltre essere necessarie ulteriori iniziative a livello comunitario per chiarire l'effetto dell'introduzione dell'euro sull'applicazione delle disposizioni comunitarie vigenti, con particolare riguardo al netting, alla compensazione e all'utilizzo di tecniche aventi effetti simili;(16) considerando che l'obbligo d'impiego dell'unità euro può essere imposto soltanto in base alla normativa comunitaria; che per le operazioni con il settore pubblico gli Stati membri partecipanti possono consentire l'utilizzazione dell'unità euro; che, conformemente allo scenario di riferimento deciso dal Consiglio europeo di Madrid, la normativa comunitaria che stabilisce il calendario per la generalizzazione dell'impiego dell'unità euro potrebbe lasciare un margine di manovra ai singoli Stati membri;(17) considerando che, a norma dell'articolo 105 A del trattato, il Consiglio può adottare misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche;(18) considerando che occorre tutelare adeguatamente le banconote e le monete metalliche contro la contraffazione;(19) considerando che le banconote e le monete metalliche denominate nelle unità monetarie nazionali cessano di avere corso legale al più tardi sei mesi dopo la fine del periodo transitorio; che le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d'interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari;(20) considerando che, dopo la fine del periodo transitorio, i riferimenti presenti negli strumenti giuridici in vigore alla fine di tale periodo devono intendersi come riferimenti all'unità euro sulla base dei rispettivi tassi di conversione; che pertanto non è necessaria, per ottenere tale risultato, una ridenominazione materiale degli strumenti giuridici in vigore; che le regole di arrotondamento stabilite dal regolamento (CE) n. 1103/97 si applicano anche alle conversioni effettuate alla fine del periodo transitorio o successivamente ad esso; che comunque per motivi di chiarezza può essere opportuno procedere alla ridenominazione materiale il più presto possibile;(21) considerando che il protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord stabilisce al punto 2 che, inter alia, il punto 5 del protocollo stesso produce effetto se il Regno Unito notifica al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il 30 ottobre 1997 il Regno Unito ha comunicato al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il punto 5 stabilisce, inter alia, che l'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato non si applica al Regno Unito;(22) considerando che, nel riferirsi al punto 1 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, questa ha comunicato, nell'ambito della decisione di Edimburgo del 12 dicembre 1992, che non parteciperà alla terza fase; che pertanto, ai sensi del punto 2 del suddetto protocollo, alla Danimarca si applicano tutti gli articoli e tutte le disposizioni del trattato e dello Statuto del SEBC che fanno riferimento ad una deroga;(23) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, la moneta unica sarà introdotta esclusivamente negli Stati membri che non sono oggetto di una deroga;(24) considerando che, pertanto, il presente regolamento si applica a norma dell'articolo 189 del trattato, fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:PARTE I DEFINIZIONI Articolo 1 Ai fini del presente regolamento, si intende per:- «Stati membri partecipanti»: Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia;- «strumenti giuridici»: disposizioni normative, atti amministrativi, decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti di pagamento diversi dalle banconote e dalle monete metalliche ed altri strumenti aventi efficacia giuridica;- «tasso di conversione»: il tasso di conversione irrevocabilmente fissato, adottato dal Consiglio per la moneta di ciascuno Stato membro partecipante a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase del trattato;- «unità euro»: l'unità monetaria di cui all'articolo 2, seconda frase;- «unità monetarie nazionali»: le unità delle monete degli Stati membri partecipanti, così come definite il giorno precedente l'inizio della terza fase dell'Unione economica e monetaria;- «periodo transitorio»: il periodo di tempo che inizia il 1° gennaio 1999 e termina il 31 dicembre 2001;- «ridenominare»: modificare l'unità nella quale è espresso l'importo di un debito in essere da un'unità monetaria nazionale all'unità euro, come definito all'articolo 2; l'atto della ridenominazione lascia tuttavia inalterato ogni altro termine del debito, essendo questa una materia soggetta alle pertinenti norme del diritto nazionale.PARTE II SOSTITUZIONE DELL'EURO ALLE MONETE DEGLI STATI MEMBRI PARTECIPANTI Articolo 2 A decorrere dal 1° gennaio 1999, la moneta degli Stati membri partecipanti è l'euro. L'unità monetaria è un euro. Un euro è diviso in cento cent.Articolo 3 L'euro sostituisce, al tasso di conversione, la moneta di ciascuno Stato membro partecipante.Articolo 4 L'euro è l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle Banche centrali degli Stati membri partecipanti.PARTE III DISPOSIZIONI TRANSITORIE Articolo 5 Gli articoli 6, 7, 8 e 9 si applicano durante il periodo transitorio.Articolo 6 1. L'euro è altresì diviso nelle unità monetarie nazionali in base ai tassi di conversione. Ogni divisione delle monete nazionali in unità divisionali viene mantenuta. Subordinatamente alle disposizioni del presente regolamento, continua ad applicarsi la normativa degli Stati membri in materia monetaria.2. Ove uno strumento giuridico faccia riferimento ad un'unità monetaria nazionale, tale riferimento ha il medesimo valore di un riferimento all'unità euro in base ai tassi di conversione.Articolo 7 La sostituzione dell'euro alla moneta di ciascuno Stato membro partecipante non ha di per sé l'effetto di alterare la denominazione degli strumenti giuridici in vigore alla data di tale sostituzione.Articolo 8 1. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego di un'unità monetaria nazionale o che siano in essa denominati sono compiuti in tale unità monetaria nazionale. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego dell'unità euro o che siano in essa denominati vengono compiuti in unità euro.2. Le disposizioni del precedente paragrafo 1 si applicano salvo accordo diverso tra le parti.3. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, qualsiasi importo denominato in unità euro o nell'unità monetaria nazionale di un dato Stato membro partecipante e pagabile in detto Stato membro mediante accredito sul conto del creditore può essere versato dal debitore indifferentemente in unità euro o nell'unità monetaria nazionale in questione. Detto importo deve essere accreditato sul conto del creditore nell'unità monetaria in cui è denominato il conto medesimo; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.4. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, ciascuno Stato membro partecipante può adottare i provvedimenti necessari al fine di:- ridenominare in unità euro il debito in essere emesso dalla sua pubblica amministrazione, come definito nel sistema europeo di conti integrati, denominato in unità monetaria nazionale ed emesso a norma del diritto nazionale. Qualora uno Stato membro adotti una siffatta misura, gli emittenti possono ridenominare in unità euro il debito denominato nell'unità monetaria nazionale dello Stato membro in questione, salvo ove la ridenominazione sia espressamente esclusa dai termini del contratto; la presente disposizione si applica al debito emesso dall'amministrazione pubblica di uno Stato membro nonché alle obbligazioni e alle altre forme di debito mobiliarizzato negoziabile sui mercati finanziari ed agli strumenti del mercato monetario emessi da altri debitori;- consentire:a) ai mercati per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione degli strumenti elencati nella sezione B dell'allegato della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (5), nonché delle merci, eb) ai sistemi per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione dei pagamentidi cambiare l'unità di conto utilizzata per le loro procedure operative da un'unità monetaria nazionale all'unità euro.5. Gli Stati membri partecipanti possono adottare disposizioni diverse da quelle del precedente paragrafo 4, che impongano l'impiego di unità euro, solo secondo un calendario stabilito dalla normativa comunitaria.6. Le norme nazionali degli Stati membri partecipanti che consentono o impongono il netting, la compensazione o l'utilizzo di tecniche aventi effetti simili si applicano alle obbligazioni pecuniarie indipendentemente dal fatto che siano denominate in unità euro o in unità monetarie nazionali; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.Articolo 9 Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali del giorno precedente l'entrata in vigore del presente regolamento.PARTE IV BANCONOTE E MONETE METALLICHE IN EURO Articolo 10 A decorrere dal 1° gennaio 2002 la BCE e le Banche centrali degli Stati membri partecipanti immettono in circolazione banconote denominate in euro. Fatto salvo l'articolo 15, dette banconote denominate in euro sono le uniche banconote aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti.Articolo 11 A decorrere dal 1° gennaio 2002 gli Stati membri partecipanti coniano monete metalliche denominate in euro o in cent, conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche che il Consiglio può stabilire a norma dell'articolo 105 A, paragrafo 2, seconda frase del trattato. Fatto salvo l'articolo 15, dette monete metalliche sono le uniche monete metalliche aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti. Ad eccezione dell'autorità emittente e delle persone specificamente designate dalla normativa nazionale dello Stato membro emittente, nessuno è obbligato ad accettare più di cinquanta monete metalliche in un singolo pagamento.Articolo 12 Gli Stati membri partecipanti assicurano sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche.PARTE V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 13 Gli articoli 14, 15 e 16 si applicano dopo lo scadere del periodo transitorio.Articolo 14 I riferimenti alle unità monetarie nazionali presenti negli strumenti giuridici in vigore al termine del periodo transitorio vengono intesi come riferimenti all'unità euro, da calcolarsi in base ai rispettivi tassi di conversione. Si applicano le regole di arrotondamento definite nel regolamento (CE) n. 1103/97.Articolo 15 1. Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali per sei mesi al massimo dopo la fine del periodo transitorio; tale lasso di tempo può essere abbreviato da una norma nazionale.2. Per un periodo non superiore a sei mesi dopo la fine del periodo transitorio, ogni Stato membro partecipante può stabilire norme per l'impiego delle banconote e delle monete metalliche denominate nella propria unità monetaria nazionale, a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, e adottare qualsiasi misura necessaria ad agevolare il loro ritiro.Articolo 16 Conformemente alla normativa o agli usi degli Stati membri partecipanti, i rispettivi organismi responsabili dell'emissione di banconote e del conio di monete continuano a scambiare contro euro, al tasso di conversione, le banconote e le monete precedentemente emesse e coniate.PARTE VI ENTRATA IN VIGORE Articolo 17 Il presente regolamento entra in vigore il 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, a norma del trattato e fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1.Fatto a Bruxelles, addí 3 maggio 1998Per il ConsiglioIl PresidenteG. BROWN(1) GU C 369 del 7. 12. 1996, pag. 10.(2) GU C 205 del 5. 7. 1997, pag. 18.(3) GU C 380 del 16. 12. 1996, pag. 50.(4) GU L 162 del 19. 6. 1997, pag. 1.(5) GU L 141 dell'11. 6. 1993, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 95/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 168 del 18. 7. 1995, pag. 7)
L’adozione dell’euro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E DELL’ARTICOLO 140 DEL TFUE? Il regolamento definisce i requisiti monetari legali che i paesi dell’Unione europea (UE) che hanno adottato l’euro devono rispettare. Definisce le diverse fasi che portano all’introduzione dell’euro. L’articolo 140 del TFUE stabilisce i criteri per l’adesione all’unione economica e monetaria e per l’adozione dell’euro. Prevede una verifica regolare dei progressi rispetto a tali requisiti compiuti dai paesi al di fuori dell’area dell’euro. PUNTI CHIAVE Il regolamento sull’adozione dell’euro:contiene i dettagli sulle date per l’introduzione della moneta unica, per la sostituzione del contante e per il ritiro della valuta nazionale, relativamente a ciascun paese di adozione dell’euro;conferma che la moneta unica è l’euro, che è diviso in 100 centesimi e sostituisce la valuta nazionale dei paesi partecipanti al tasso di conversione concordato;offre alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali dei paesi partecipanti all’euro il potere esclusivo di mettere in circolazione banconote in euro;consente alle banconote e monete nazionali di avere corso legale fino al giorno prima della data di adozione dell’euro;stabilisce i termini di eventuali periodi di abbandono graduale per le valute nazionali, una possibilità che nessun paese membro ha sfruttato;dichiara che le banconote e le monete nazionali continuano ad avere corso legale nei loro rispettivi paesi fino a sei mesi successivi alle rispettive date di sostituzione del contante;osserva che le banconote e le monete in euro sono le uniche ad avere corso legale nei paesi dell’area dell’euro dopo le rispettive date di sostituzione;autorizza i paesi dell’euro ad applicare adeguate sanzioni in caso di contraffazioni o falsificazioni di banconote e monete. Per adottare l’euro, i paesi devono soddisfare le seguenti quattro condizioni economiche e finanziarie, note come criteri di convergenza, come riportate all’articolo 140 del TFUE e nel protocollo n. 13 del TFUE:stabilità dei prezzi: mantenere per un anno un tasso di inflazione che non ecceda l’1,5% di quello dei tre paesi che hanno i tassi nazionali più bassi dell’area dell’euro;finanze pubbliche: garantire che siano sane e sostenibili, limitando il disavanzo e il debito nazionale affinché non eccedano rispettivamente il 3% e il 60% del prodotto interno lordo nazionale;stabilità del tasso di cambio: evitare fluttuazioni valutarie eccessive per almeno due anni, partecipando al meccanismo di cambio, che disciplina i tassi di cambio dei paesi dell’area dell’euro e dei paesi non euro;convergenza dei tassi d’interesse: avere un tasso di interesse a lungo termine che non ecceda di due punti percentuali quelli dei tre paesi dell’area dell’euro che hanno conseguito i migliori risultati. La Commissione europea ha contribuito a preparare l’arrivo dell’euro con una campagna di informazione ad ampio raggio, diretta a:le imprese che avrebbero utilizzato l’euro nelle transazioni a partire dal 1 gennaio 2002;il grande pubblico, che si sarebbe dovuto adattare alle nuove monete e banconote e ai prezzi e valori che esse esprimono;i gruppi con esigenze specifiche come quelli socialmente o economicamente isolati, con disabilità fisiche o non in grado di leggere o scrivere;i bambini che sarebbero cresciuti con la nuova moneta e avrebbero potuto contribuire a renderla familiare ai loro genitori e familiari più anziani. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1 gennaio 1999. CONTESTO Il 2019 segna il 20° anniversario dell’introduzione dell’euro. Il 1 gennaio 1999, 11 paesi dell’UE hanno fissato i propri tassi di cambio, hanno adottato una politica monetaria condivisa e hanno varato l’euro come nuova valuta comune sui mercati finanziari mondiali. L’euro, oggi, è la valuta di diciannove paesi dell’UE. Per maggiori informazioni, consultare:l’adozione dell’euro: principi, procedure e criteri (banca centrale europea) L’euro (Commissione europea) I vent’anni dell’euro (Europa). DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 974/98 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche dell’Unione e azioni interne — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 5 — Disposizioni transitorie — Articolo 140 (ex articoli 121, paragrafo 1, 122, paragrafo 2, seconda frase, e 123, paragrafo 5, del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 108). DOCUMENTO COLLEGATO Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo n. 13 sui criteri di convergenza (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 281).
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32019D0407
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DECISIONE (UE) 2019/407 DEL CONSIGLIO del 4 marzo 2019 relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 43, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a) v), vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L'Unione ha competenza esclusiva nel quadro della politica comune della pesca per l'adozione di misure di conservazione delle risorse biologiche marine, nonché, a tal riguardo, per la conclusione di accordi con altri paesi e con organizzazioni internazionali. (2) A norma della decisione 98/392/CE del Consiglio (2) e della decisione 98/414/CE (3) del Consiglio, l'Unione è parte contraente della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 («la convenzione») e dell'accordo ai fini dell'applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori («accordo sugli stock ittici»). Sia la convenzione sia l'accordo sugli stock ittici fanno obbligo a tutti gli Stati di collaborare ai fini della conservazione e della gestione delle risorse biologiche marine. L'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale («accordo») adempie a tale obbligo. (3) Ai sensi del regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), l'Unione conduce le relazioni esterne in materia di pesca conformemente ai suoi obblighi internazionali e ai suoi obiettivi strategici, nonché agli obiettivi e ai principi di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento, al fine di assicurare lo sfruttamento e la gestione sostenibili e la conservazione delle risorse biologiche marine e dell'ambiente marino. L'accordo è coerente con tali obiettivi. (4) Il 31 marzo 2016 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati a nome dell'Unione per la conclusione di un accordo internazionale volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale. Il 30 novembre 2017 i suddetti negoziati si sono conclusi positivamente. Conformemente alla decisione del Consiglio (UE) 2018/1257 (5), l'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale è stato firmato il 3 ottobre 2018, fatta salva la sua conclusione in una data successiva. (5) Diventare parte dell'accordo promuoverà la coerenza dell'approccio dell'Unione alla conservazione di tutti gli oceani e rinforzerà il suo impegno a favore della conservazione a lungo termine e dello sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine a livello globale ed è pertanto nell'interesse dell'Unione. (6) È opportuno approvare l'accordo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale («accordo») è approvato a nome dell'Unione. Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione. Articolo 2 Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a depositare, a nome dell'Unione, gli strumenti di approvazione di cui all'articolo 15 dell'accordo. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2019 Per il Consiglio Il presidente A. ANTON (1) Approvazione del 12 febbraio 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (2) Decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, e dell'accordo del 28 luglio 1994 relativo all'attuazione della parte XI della convenzione (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 1). (3) Decisione 98/414/CE del Consiglio, dell'8 giugno 1998, relativa alla ratifica, da parte della Comunità europea, dell'accordo ai fini dell'applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori (GU L 189 del 3.7.1998, pag. 14). (4) Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22). (5) Decisione (UE) 2018/1257 del Consiglio, del 18 settembre 2018, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 238 del 21.9.2018, pag. 1).
Accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo è volto a impedire la pesca commerciale non regolamentata nella parte di acque d’altura (acque che non si trovano sotto la giurisdizione di alcun paese) del Mar Glaciale Artico centrale tramite l’attuazione di misure precauzionali di conservazione e gestione. La decisione conclude l’accordo a nome dell’Unione europea. PUNTI CHIAVE L’Artico copre la zona intorno al Polo Nord. Comprende il Mar Glaciale Artico e i territori di otto paesi artici: Canada, Danimarca (incluse Groenlandia e le Isole Fær Øer), Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti. L’accordo è stato firmato da Canada, Cina, Danimarca (per conto delle Isole Fær Øer e della Groenlandia), Unione europea, Islanda, Giappone, Corea del Sud, Norvegia, Russia e Stati Uniti. L’accordo è precauzionale: fino a poco tempo fa, il ghiaccio copriva la parte di acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale per tutto l’anno, rendendo impossibile la pesca in tali acque. Tuttavia, il riscaldamento globale ha ridotto notevolmente l’estensione del ghiaccio e ciò potrebbe in futuro aprire tale zona alla pesca. L’accordo si basa sui principi stabiliti nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, nell’accordo per l’attuazione della convenzione delle Nazioni Unite riguardante la conservazione e la gestione degli stock ittici transzonali e delle specie altamente migratorie e nel codice di condotta per la pesca responsabile del 1995.Ambito di applicazioneL’accordo riguarda pesci, molluschi e crostacei, fatta eccezione per quelli appartenenti a specie sedentarie così come definite nella convenzione ONU sul diritto del mare. Le parti concordano di non intraprendere attività di pesca commerciale nella parte di acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale per un periodo iniziale di 16 anni successivo all’entrata in vigore dell’accordo. Tale periodo può essere esteso automaticamente ogni cinque anni, a meno che una parte presenti un’obiezione.Programma comune di ricerca scientifica e monitoraggio L’accordo istituirà un programma comune di ricerca scientifica e monitoraggio volto a migliorare la comprensione degli ecosistemi del Mar Glaciale Artico centrale e, in particolare, a stabilire se in tale zona potrebbero esistere stock ittici atti a essere catturati in modo sostenibile. Misure di conservazione e gestione Le parti possono autorizzare le imbarcazioni registrate nel loro paese a svolgere attività di pesca commerciale solo se rispettano:le misure di conservazione e gestione per la gestione sostenibile degli stock ittici riconosciute a livello internazionale e adottate da una o più organizzazioni o intese regionali o subregionali di gestione della pesca; oppure le misure provvisorie di conservazione e gestione che possono essere definite dalle parti.Revisione e ulteriore attuazioneAlmeno ogni due anni avrà luogo una revisione dell’accordo e delle informazioni scientifiche raccolte attraverso il programma comune. Entro tre anni dall’entrata in vigore dell’accordo saranno stabilite le misure di conservazione e gestione per la pesca sperimentale nella zona. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo entrerà in vigore una volta che tutti i dieci firmatari lo ratificheranno. La decisione è entrata in vigore il 18 marzo 2019. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 73 del 15.3.2019, pag. 3). Decisione (UE) 2019/407 del Consiglio, del 4 marzo 2019, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 73 del 15.3.2019, pag. 1).
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Direttiva 95/50/CE del Consiglio, del 6 ottobre 1995, sull'adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose Gazzetta ufficiale n. L 249 del 17/10/1995 pag. 0035 - 0040 DIRETTIVA 95/50/CE DEL CONSIGLIO del 6 ottobre 1995 sull'adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericoloseIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 75, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando in conformità alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3), considerando che la Comunità ha adottato una serie di misure destinate ad istituire un mercato interno che comporta la creazione di uno spazio senza frontiere e che garantisce la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, secondo le disposizioni del trattato; considerando che i controlli sui trasporti su strada di merci pericolose si svolgono secondo le disposizioni del regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo all'eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (4), e del regolamento (CEE) n. 3912/92 del Consiglio, del 17 dicembre 1992, relativo ai controlli effettuati all'interno della Comunità nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili per quanto riguarda i mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese terzo (5); considerando che il 21 novembre 1994 il Consiglio ha adottato la direttiva 94/55/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada (6), e che occorre, pertanto, armonizzare procedure di controllo relative a tali trasporti nonché le definizioni rispettive per rendere più efficace la verifica dell'osservanza delle norme di sicurezza stabilite dalla direttiva; considerando che gli Stati membri dovrebbero assicurare un sufficiente livello di controlli eseguiti su tutto il loro territorio pur evitando, nella misura del possibile, di moltiplicare oltremisura i controlli sui veicoli che ne sono oggetto; considerando che, alla luce del principio della sussidiarietà, appare necessaria un'azione della Comunità per migliorare il livello di sicurezza del trasporto di merci pericolose; considerando che è opportuno effettuare i controlli utilizzando una lista di elementi comuni, applicabile a questi trasporti in tutta la Comunità; considerando, inoltre, che occore stabilire una lista di infrazioni che siano ritenute da tutti gli Stati membri sufficientemente gravi da comportare, a carico dei veicoli che le avranno commesse, l'applicazione di misure adeguate alle circostanze o agli imperativi della sicurezza, compreso, se del caso, il rifiuto di far entrare tali veicoli nella Comunità; considerando che, per migliorare l'osservanza delle norme di sicurezza del trasporto su strada di merci pericolose, occorre prevedere controlli nelle imprese a titolo preventivo ovvero qualora siano state constatate, su strada, infrazioni gravi alla legislazione sul trasporto di merci pericolose; considerando che i controlli in questione devono estendersi a tutti i trasporti su strada di merci pericolose effettuati in tutto o in parte sul territorio degli Stati membri, indipendentemente dal luogo di provenienza o di destinazione della merce o dal paese di immatricolazione del veicolo; considerando che, in caso di infrazioni gravi o ripetute, può essere richiesto alle autorità competenti dello Stato membro di immatricolazione del mezzo o di stabilimento dell'impresa che siano adottate delle misure adeguate o che lo Stato membro richiedente sia informato sull'esito dato alla richiesta; considerando che è opportuno sorvegliare l'applicazione della presente direttiva sulla base di una relazione che sarà presentata dalla Commissione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva si applica ai controlli che gli Stati membri esercitano sui trasporti su strada di merci pericolose effettuati per mezzo di veicoli che circolano nel loro territorio o che vi entrano in provenienza da un paese terzo. Essa non si applica ai trasporti di merci pericolose effettuati da veicoli che appartengono alle forze armate o che si trovano sotto la responsabilità di queste ultime. 2. Tuttavia, le disposizioni della presente direttiva, non pregiudicano minimamente il diritto degli Stati membri di controllare, nel rispetto del diritto comunitario, i trasporti nazionali e internazionali di merci pericolose effettuati nel loro territorio da veicoli non contemplati nella presente direttiva. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intendono per: - « veicolo »: qualsiasi veicolo a motore, completo o incompleto, destinato a circolare su strada, provvisto di almeno quattro ruote e avente una velocità massima per costruzione superiore a 25 km/h, nonché rimorchi, eccettuati i veicoli che si muovono su rotaie, i trattori agricoli e forestali e qualsiasi macchina mobile; - « merci pericolose »: le merci pericolose definite tali dalla direttiva 94/55/CE; - « trasporto »: qualsiasi operazione di trasporto su strada effettuata interamente o parzialmente da un veicolo, sulle pubbliche vie situate nel territorio di uno Stato membro, comprese le attività di carico e di scarico contemplate dalla direttiva 94/55/CE fatta salva la disciplina prevista dalle legislazioni degli Stati membri in merito alla responsabilità derivante da tali operazioni; - « imprese »: qualsiasi persona fisica o giuridica con o senza scopo di lucro, qualsiasi associazione o gruppo di persone senza personalità giuridica, con o senza scopo di lucro, nonché qualsiasi organismo di rilevanza pubblica, avente personalità giuridica propria, sia che ovvero dipendente da un'autorità avante tale personalità, che trasportano, caricano, scaricano o fanno trasportare merci pericolose, nonché quelle che immagazzinano temporaneamente, raccolgono, condizionano o ricevono tali merci nel corso di un'operazione di trasporto e che sono situate sul territorio della Comunità; - « controllo »: qualsiasi controllo, ispezione, verifica o formalità espletato dalle autorità competenti per ragioni di sicurezza inerenti al trasporto di merci pericolose. Articolo 3 1. Gli Stati membri si accertano che una proporzione rappresentativa dei trasporti su strada di merci pericolose sia sottoposta ai controlli previsti dalla presente direttiva per verificare la conformità dei medesimi alla legislazione in materia di trasporto su strada di merci pericolose. 2. Detti controlli sono effettuati nel territorio di uno Stato membro in conformità all'articolo 3 del regolamento (CEE) n. 4060/89 e all'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 3912/92. Articolo 4 1. Per effettuare i controlli previsti nella presente direttiva gli Stati membri utilizzano la lista di controllo di cui all'allegato I. Un esemplare di tale lista o un documento che attesta l'esecuzione del controllo, compilato dall'autorità che ha eseguito il controllo, dev'essere consegnato al conducente del veicolo ed essere esibito a richiesta per semplificare o per evitare, nella misura del possibile, ulteriori controlli. Il presente paragrafo lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di effettuare appositi interventi specifici di controllo. 2. I controlli sono effettuati a campione e coprono nella misura del possibile un'ampia parte della rete stradale. 3. I luoghi scelti per questi controlli devono consentire di mettere in regola i veicoli per i quali si accerta un'infrazione o, qualora l'autorità che esegue il controllo lo reputi opportuno, di immobilizzarli sul luogo o in un luogo appositamente scelto da detta autorità senza mettere in pericolo la sicurezza. 4. Ove necessario, e a condizione che ciò non costituisca un pericolo per la sicurezza, possono essere prelevati campioni dei prodotti trasportati per farli esaminare da laboratori riconosciuti dall'autorità competente. 5. I controlli non devono superare una durata ragionevole. Articolo 5 Fatte salve altre eventuali sanzioni che potrebbero essere applicate, qualora una o più infrazioni elencate segnatamente all'allegato II, siano state constatate nel corso di trasporto su strada di merci pericolose elencate segnatamente all'allegato II, i veicoli in questione possono essere immobilizzati - sul posto o in luogo appositament scelto a tale scopo dalle autorità competenti per il controllo - e obbligati a mettersi in regola prima di proseguire il viaggio, oppure possono costituire oggetto di altre misure adeguate alle circostanze o agli imperativi della sicurezza, compreso, se del caso, il rifiuto di far entrare tali veicoli nella Comunità. Articolo 6 1. Si possono eseguire controlli anche nei locali delle imprese, a scopo preventivo a quando siano state constatate su strada infrazioni che compromettano la sicurezza del trasporto di merci pericolose. 2. Tali controlli devono mirare a garantire che le condizioni di sicurezza in cui si effettuano i trasporti su strada di merci pericolose siano conformi alla legislazione applicabile in materia. Qualora siano state constatate una o più infrazioni tra quelle che figurano segnatamente all'allegato II in materia di trasporti su strada di merci pericolose, i trasporti in questione devono essere messi in regola prima di lasciare l'impresa; in caso contrario saranno oggetto di altre misure adeguate. Articolo 7 1. Gli Stati membri si promettono reciproca assistenza per la proficua applicazione della presente direttiva. 2. Le infrazioni gravi o ripetute che compromettono la sicurezza del trasporto di merci pericolose, commesse da un veicolo o da un'impresa non residente, devono essere segnalate alle autorità competenti dello Stato membro in cui il veicolo è stato immatricolato o in cui è stabilita l'impresa. Le autorità competenti dello Stato membro in cui è stata constatata un'infrazione grave o ripetuta possono chiedere alle autorità competenti dello Stato membro in cui il veicolo è stato immatricolato o in cui è stabilita l'impresa che siano adottate delle misure adeguate a carico del contravventore o dei contravventori. Queste ultime comunicano alle autorità competenti dello Stato membro in cui sono state constatate le infrazioni le misure eventualmente adottate nei confronti del vettore o dell'impresa. Articolo 8 Se, in occasione del controllo su strada di un veicolo immatricolato in un altro Stato membro, le constatazioni effettuate fanno presumere che siano state commesse infrazioni gravi o ripetute non rilevabili durante il controllo per mancanza degli elementi necessari, le autorità competenti degli Stati membri interessati si promettono reciproca assistenza per chiarire la situazione. Nel caso in cui lo Stato membro competente proceda, a tal fine, ad un controllo nell'impresa, i risultati di tale controllo saranno resi noti all'altro Stato membro interessato. Articolo 9 1. Per ogni anno solare, e entro dodici mesi dal termine di quest'ultimo, ogni Stato membro trasmette alla Commissione, conformemente al modello di cui all'allegato III, una relazione sull'applicazione della presente direttiva comprendente le seguenti indicazioni: - se possibile il volume censito o stimato di trasporti di merci pericolose su strada (in tonnellate trasportate o in tonnellate/chilometro), - il numero di controlli effettuati, - il numero di veicoli controllati, secondo l'immatricolazione (veicoli immatricolati nel territorio nazionale, di altri Stati membri o di paesi terzi), - il numero di infrazioni constatate e il tipo di infrazione, - il numero e il tipo di sanzioni comminate. 2. Per la prima volta nel 1999 e successivamente almeno ogni tre anni, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva da parte degli Stati membri, in conformità alle informazioni di cui al paragrafo 1. Articolo 10 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1997 e ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 6 ottobre 1995. Per il Consiglio Il Presidente J. BORRELL FONTELLES ALLEGATO I >INIZIO DI UN GRAFICO>LISTA DI CONTROLLO 1. Luogo di controllo 2. Data 3. Ora 4. Distintivo di nazionalità e n. di immatricolazione 5. Distintivo di nazionalità e n. di immatricolazione del rimorchio/semirimorchio 6. Tipo di veicolo autocarro autocarro con rimorchio autoarticolato a pianale 7. Impresa che effettua il trasporto, indirizzo 8. Nazionalità 9. Conducente 10. Trasportatore 11. Mittente, indirizzo, luogo di carico (1) 12. Destinatario, indirizzo, luogo di scarico (1) 13. Massa lorda per unità di trasporto 14. Limite quantità marginale della voce 10 011 superato sì no 15. Effettuato mediante: cisterna fissa cisterna amovibile container-cisterna batteria di recipienti alla rinfusa container colli Documento/i di bordo 16. Documento/i di trasporto/d'accompagnamento controllato constatata infrazione non ricorre 17. Disposizioni scritte controllato constatata infrazione non ricorre 18. Accordo bilaterale/multilaterale/autorizzazione nazionale controllato constatata infrazione non ricorre 19. Certificato di omologazione dei veicoli controllato constatata infrazione non ricorre 20. Certificato di formazione del conducente controllato constatata infrazione non ricorre Circolazione del veicolo 21. Merce autorizzata per il trasporto controllato constatata infrazione non ricorre 22. Trasporto alla rinfusa controllato constatata infrazione non ricorre 23. Trasporto in cisterna controllato constatata infrazione non ricorre 24. Trasporto in container controllato constatata infrazione non ricorre 25. Merce autorizzata per tipo di veicolo controllato constatata infrazione non ricorre 26. Divieto di carico misto controllato constatata infrazione non ricorre 27. Manipolazione e sistemazione (2) controllato constatata infrazione non ricorre 28. Fuga di materie o danneggiamento dei colli (2) controllato constatata infrazione non ricorre 29. Numero ONU/Etichettatura dei colli/codice di imballaggio ONU (1) (2) controllato constatata infrazione non ricorre 30. Segnaletica del veicolo e/o del container controllato constatata infrazione non ricorre 31. Etichetta/e di pericolo trasporto cisterna o alla rinfusa controllato constatata infrazione non ricorre Equipaggiamento del veicolo 32. Cassa di attrezzi per le riparazioni di emergenza controllato constatata infrazione non ricorre 33. Almeno un cuneo per veicolo controllato constatata infrazione non ricorre 34. Due fari di color arancione controllato constatata infrazione non ricorre 35. Estintore(i) controllato constatata infrazione non ricorre 36. Equipaggiamento di protezione del conducente controllato constatata infrazione non ricorre 37. Varie/osservazioni 38. Autorità che ha effettuato il controllo >FINE DI UN GRAFICO> ALLEGATO II INFRAZIONI Ai sensi della presente direttiva sono considerati come infrazione, in particolare, i seguenti casi: 1) merce non autorizzata al trasporto; 2) mancanza della dichiarazione del mittente sulla conformità della materia e dell'imballaggio per il trasporto; 3) veicoli che presentano, al controllo, fughe di materie pericolose dovute alla mancanza di tenuta stagna delle cisterne o degli imballaggi; 4) veicoli sprovvisti del certificato di omologazione o provvisti di certificato non regolamentare; 5) veicoli sprovvisti di pannelli arancione adeguati o dotati di pannelli arancione non regolamentari; 6) veicoli senza disposizioni di sicurezza o con disposizioni di sicurezza inadeguate; 7) veicolo o imballaggio inadeguato; 8) conducente senza certificato regolamentare di formazione professionale per il trasporto su strada di merci pericolose; 9) veicoli sprovvisti di estintori; 10) veicoli o colli sprovvisti di etichette regolamentari indicanti il pericolo; 11) veicoli sprovvisti di documenti di trasporto/accompagnamento o diciture relative alle merci pericolose trasportate non regolamentari; 12) veicoli sprovvisti di accordo bilaterale/multilaterale o accordo non regolamentare; 13) eccessivo riempimento della cisterna. ALLEGATO III MODELLO DI FORMULARIO NORMALIZZATO PER LA STESURA DELLA RELAZIONE DESTINATA ALLA COMMISSIONE E RELATIVA ALLE INFRAZIONI E SANZIONI >INIZIO DI UN GRAFICO>Stato: Anno: .................... Controlli effettuati su strada Veicoli immatricolati nel territorio (1) nazionale di altri Stati membri dell'UE di paesi terzi numero totale Numero dei veicoli controllati Numero di infrazioni constatate per tipo di infrazione Numero e tipo di sanzioni comminate (1) Ai fini del presente allegato il paese di immatricolazione è quello della motrice. >FINE DI UN GRAFICO>
Controllo dei trasporti su strada di merci pericolose QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Introduce un sistema uniforme a livello UE di controlli a campione dei veicoli che trasportano merci pericolose su strada per garantire elevati livelli di sicurezza. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica ai controlli che i paesi dell’UE esercitano sui trasporti su strada di merci pericolose effettuati su veicoli che circolano nel loro territorio o che vi entrano in provenienza da un paese extra UE. Essa non si applica ai trasporti di merci pericolose effettuati da veicoli che si trovano sotto la responsabilità delle forze armate. Tali controlli vengono effettuati nel territorio di un paese dell’UE, purché essi non siano eseguiti come controlli di frontiera alle frontiere interne dell’UE, ma come parte di normali controlli non discriminatori. La direttiva ha tre allegati:Allegato I — la lista di controllo che deve essere compilata durante un’ispezione;Allegato II — un elenco e una categorizzazione delle infrazioni (ad esempio, la categoria I comprende il trasporto di merci non autorizzate al trasporto, la mancanza di una dichiarazione del mittente sulla conformità della materia e dell’imballaggio per il trasporto alla legislazione sui trasporti, veicolo o imballaggio inadeguato ecc.);Allegato III — modello di formulario normalizzato per la stesura della relazione che il paese dell’UE deve inviare alla Commissione europea in merito alle infrazioni e alle sanzioni registrate a livello nazionale. I controlli devono:comprendere almeno gli elementi che figurano nella lista di controllo dell’allegato I;essere effettuati in luoghi diversi, in qualsiasi momento della giornata; ecoprire una una parte sufficientemente estesa della rete stradale in modo da rendere difficilmente evitabili i posti di controllo. Le autorità dei paesi dell’UE possono bloccare le spedizioni non conformi. Possono obbligare il vettore a metterle in regola prima di proseguire il viaggio oppure possono assoggettarle ad altre misure adeguate alle circostanze o agli imperativi della sicurezza. Ciò può includere, se del caso, il rifiuto di far entrare tali veicoli nell’UE. Si possono eseguire controlli anche nei locali delle imprese. I paesi dell’UE si promettono reciproca assistenza per la proficua applicazione della presente direttiva (segnalazione di infrazioni al paese in cui è immatricolato il veicolo, scambio di informazioni, ecc.). Per ogni anno solare, ogni paese dell’UE deve trasmettere alla Commissione una relazione sull’applicazione della direttiva, comprendente le indicazioni elencate nella direttiva, come ad esempio:il volume stimato di trasporti di merci pericolose su strada (in tonnellate trasportate o in tonnellate/chilometro);il numero di controlli effettuati e il numero di veicoli controllati, secondo l’immatricolazione (veicoli immatricolati nel territorio nazionale, di altri paesi dell’UE o di paesi extra–UE);il numero e il tipo di infrazioni constatate;il tipo e il numero di sanzioni comminate. Ogni tre anni, la Commissione deve trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva da parte dei paesi dell’UE. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore dal 17 ottobre 1995 e doveva diventare legge nei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1997. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Merci pericolose (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 95/50/EC del Consiglio, del 6 ottobre 1995, sull’adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose (GU L 249 del 17.10.1995, pag. 35). Le modifiche successive alla direttiva 95/50/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, sull’applicazione da parte dei paesi dell’UE della direttiva 95/50/CE del Consiglio sull’adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose [COM(2017) 112 def. del 6.3.2017]. Direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (GU L 260 del 30.9.2008, pag. 13). Si veda la versione consolidata.
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Azione comune del Consiglio, del 12 luglio 2002, sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC Gazzetta ufficiale n. L 191 del 19/07/2002 pag. 0001 - 0004 Azione comune del Consigliodel 12 luglio 2002sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC(2002/589/PESC)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 14,considerando quanto segue:(1) Il 17 dicembre 1998 il Consiglio ha adottato l'azione comune 1999/34/PESC sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere(1).(2) Nella relazione del gruppo di esperti governativi sulle armi leggere si riconosce che le munizioni costituiscono motivo di preoccupazione nei conflitti in cui si fa ricorso ad armi portatili e armi leggere.(3) Una nuova azione comune dovrebbe essere adottata per comprendere, se del caso, le munizioni delle armi portatili e delle armi leggere e l'azione comune 1999/34/PESC dovrebbe di conseguenza essere abrogata,HA ADOTTATO LA SEGUENTE AZIONE COMUNE:Articolo 11. La presente azione comune è volta:- a contrastare l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e a contribuire a porvi termine,- a contribuire a ridurre le accumulazioni esistenti di siffatte armi e delle relative munizioni a livelli compatibili con le legittime esigenze di sicurezza dei paesi e- a contribuire a risolvere i problemi provocati da tali accumuli.2. La presente azione comune contiene i seguenti elementi:- raggiungimento di un consenso sui principi e sulle misure di cui al titolo I,- apporto di un contributo articolato come indicato al titolo II.3. La presente azione comune si applica alle armi elencate in allegato.TITOLO IPrincipi inerenti agli aspetti della prevenzione e della reazioneArticolo 2L'Unione intensifica il suo impegno per raggiungere un consenso, nelle competenti sedi regionali e internazionali (quali le Nazioni Unite e l'OSCE), e fra gli Stati interessati, sui principi e sulle misure stabiliti all'articolo 3 e su quelli stabiliti agli articoli 4 e 5 quale base per approcci regionali e apportatori di progressivi contributi al problema e, se opportuno, per strumenti globali internazionali in materia di armi leggere.Articolo 3Nel perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1 l'Unione europea mira al raggiungimento di un consenso nell'ambito delle competenti sedi internazionali, e se del caso in un contesto regionale, per l'attuazione dei seguenti principi e misure volti a prevenire l'ulteriore accumulazione destabilizzante di armi leggere:a) impegno di tutti i paesi a importare o a detenere armi leggere soltanto per legittime esigenze di sicurezza a un livello commisurato alle stesse nonché alle esigenze legittime di autodifesa, inclusa la capacità di partecipare alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite;b) impegno dei paesi esportatori a fornire armi leggere soltanto a governi (direttamente o attraverso organi muniti di regolare licenza autorizzati all'approvvigionamento di armi a loro nome), conformemente ai pertinenti criteri internazionali e regionali in materia di restrizioni alle esportazioni di armi come previsto in particolare nel codice di condotta dell'Unione europea, compresi i certificati ufficiali di utilizzazione finale, o se del caso altre informazioni pertinenti circa tale utilizzazione finale;c) impegno di tutti i paesi a produrre armi leggere soltanto ai fini di cui alla lettera a) o per le esportazioni di cui alla lettera b);d) ai fini di controllo, creazione e aggiornamento di inventari nazionali, conservati dalle autorità del paese, di armi legalmente detenute, nonché adozione di una legislazione nazionale restrittiva sulle armi leggere, che contempli sanzioni penali e un controllo amministrativo efficace;e) adozione di misure miranti a rafforzare la fiducia, comprese misure di promozione di una maggiore trasparenza e apertura, mediante registri nazionali sulle armi leggere e scambi periodici delle informazioni disponibili su esportazioni, importazioni, produzione e detenzione di armi leggere, e sulla legislazione nazionale in materia di armi nonché mediante consultazioni fra le parti interessate sulle informazioni scambiate;f) impegno a contrastare il traffico illecito di armi leggere attraverso l'attuazione di controlli nazionali efficaci, quali meccanismi efficienti alle frontiere e doganali, cooperazione regionale e internazionale e potenziamento dello scambio di informazioni;g) impegno ad affrontare e sconfiggere la "cultura della violenza" rafforzando il coinvolgimento dell'opinione pubblica attraverso l'istruzione e programmi di sensibilizzazione.Articolo 4Nel perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1, l'impegno dell'Unione è volto al raggiungimento di un consenso nell'ambito delle competenti sedi internazionali, e se del caso in un contesto regionale, per l'attuazione dei seguenti principi e misure volti a ridurre l'attuale accumulazione di armi leggere e delle relative munizioni:a) adeguata assistenza ai paesi che chiedono sostegno ai fini del controllo o dell'eliminazione dell'eccedenza di armi leggere e delle relative munizioni nel loro territorio, in particolare qualora ciò possa contribuire a prevenire conflitti armati oppure in caso di situazioni post-belliche;b) promozione di misure miranti a rafforzare la fiducia e incentivi volti ad incoraggiare la consegna volontaria delle armi leggere e delle relative munizioni eccedenti o detenute illegalmente, la smobilitazione dei combattenti e la loro successiva reintegrazione e reinserimento, misure idonee a garantire il rispetto degli accordi di pace e sul controllo degli armamenti sotto una sorveglianza congiunta o di una parte terza, il rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto umanitario, la salvaguardia dello Stato di diritto, in particolare per quanto riguarda l'incolumità degli ex combattenti e il condono dei reati connessi alla detenzione di armi leggere, nonché progetti di sviluppo incentrati sulle singole comunità ed altri incentivi economici e sociali;c) soppressione effettiva delle eccedenze di armi leggere, compresi l'immagazzinamento in condizioni sicure nonché la distruzione rapida ed effettiva di tali armi e delle relative munizioni, di preferenza sotto la supervisione internazionale;d) fornitura di assistenza attraverso organizzazioni internazionali, programmi e agenzie appropriati nonché accordi regionali.Articolo 5Nel contesto della composizione dei conflitti armati, gli Stati membri promuoveranno ove opportuno:a) l'inclusione, negli accordi di pace fra le parti in conflitto, nei mandati delle operazioni di sostegno della pace o di altre missioni a sostegno della composizione pacifica dei conflitti, di disposizioni relative alla smobilitazione, all'eliminazione delle eccedenze di armi e delle relative munizioni e all'integrazione degli ex combattenti;b) l'esame della possibilità di prevedere misure che garantiscano la soppressione, nel contesto della smobilitazione, delle armi leggere e delle relative munizioni da parte del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite qualora il paese o le parti coinvolte non fossero in grado di ottemperare agli obblighi in materia.TITOLO IIContributo dell'Unione alle azioni specificheArticolo 61. L'Unione fornisce assistenza finanziaria e tecnica ai programmi e progetti che contribuiscono in modo diretto e tangibile all'attuazione dei principi e delle misure di cui al titolo I, inclusi i pertinenti programmi o progetti delle Nazioni Unite, del comitato internazionale della Croce Rossa, di altre organizzazioni internazionali e accordi regionali e di ONG. Tali progetti possono comprendere, fra l'altro, la raccolta di armi, la riforma del settore della sicurezza e programmi di smobilitazione e reinserimento nonché programmi specifici di assistenza alle vittime.2. Nel fornire tale assistenza l'Unione tiene conto, in particolare, dell'impegno, da parte dei beneficiari, di conformarsi ai principi di cui all'articolo 3; del loro rispetto dei diritti umani; della loro osservanza del diritto internazionale umanitario e della salvaguardia dello stato di diritto; nonché della loro ottemperanza agli obblighi internazionali assunti, in particolare per quanto concerne i vigenti trattati di pace e accordi internazionali in materia di controllo delle armi.Articolo 71. Il Consiglio decide circa:- l'assegnazione del contributo finanziario e tecnico di cui all'articolo 6,- le priorità per l'uso di tali fondi,- le condizioni per l'attuazione di azioni specifiche dell'Unione, compresa la possibilità di designare, in taluni casi, una persona responsabile dell'attuazione.2. Il Consiglio decide sul merito, sui meccanismi e sul finanziamento di siffatti progetti caso per caso e sulla base di progetti concreti e accompagnati da un'adeguata stima dei costi, lasciando impregiudicati i contributi bilaterali degli Stati membri e l'azione della Comunità europea.3. Nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 18, paragrafo 2, del trattato, la presidenza:- garantisce i collegamenti con le Nazioni Unite e con le altre pertinenti organizzazioni coinvolte,- stabilisce, con gli accordi regionali e i paesi terzi, i contatti necessari per l'attuazione delle azioni specifiche dell'Unione.Essa informa il Consiglio.Articolo 8Il Consiglio prende atto che la Commissione intende orientare la sua azione verso la realizzazione degli obiettivi e delle priorità della presente azione comune, se del caso con pertinenti misure comunitarie.Articolo 91. Il Consiglio e la Commissione sono responsabili della coerenza delle attività dell'Unione nel settore delle armi leggere, in particolare per quanto concerne le politiche di sviluppo dell'Unione. A tal fine gli Stati membri e la Commissione presentano agli organi competenti del Consiglio tutte le informazioni pertinenti. Il Consiglio e la Commissione garantiscono l'attuazione delle rispettive azioni, conformemente alle rispettive competenze.2. Gli Stati membri si adoperano altresì per aumentare l'efficacia delle loro azioni nazionali nel settore delle armi leggere. Nella misura del possibile le azioni adottate ai sensi dell'articolo 6 sono coordinate con quelle degli Stati membri e della Comunità europea.Articolo 10L'azione comune 1999/34/PESC è abrogata.Articolo 11Il Consiglio esamina ogni anno le azioni adottate nel quadro della presente azione comune.Articolo 12La presente azione comune entra in vigore il giorno della sua adozione.Articolo 13La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Fatto a Bruxelles, addì 12 luglio 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Pedersen(1) GU L 9 del 15.1.1999, pag. 1.ALLEGATOL'azione comune si applica alle seguenti categorie di armi, lasciando impregiudicata un'eventuale futura definizione, convenuta a livello internazionale, di armi portatili e di armi leggere. Dette categorie potranno essere ulteriormente chiarite e rivedute alla luce di siffatta eventuale futura definizione convenuta a livello internazionale.a) Armi portatili e accessori appositamente progettate per impiego militare:- mitragliatrici (comprese le mitragliatrici pesanti),- pistole mitragliatrici, compresi i moschetti mitragliatori,- fucili automatici,- fucili semiautomatici, se sviluppati e/o presentati quali modelli per le forze armate,- silenziatori.b) Armi leggere portatili di tipo individuale o collettivo:- cannoni (compresi i cannoni automatici), obici e mortai di calibro inferiore a 100 mm,- lanciabombe,- armi anticarro, lanciatori senza rinculo (razzi lanciati con dispositivi da spalla),- missili anticarro e lanciatori,- missili contraerei/sistemi di difesa antiaerea portatili (MANPAD).
Combattere l’accumulazione delle armi leggere e di piccolo calibro QUAL È LO SCOPO DELLA STRATEGIA? Prevede un piano d’azione per combattere la minaccia associata all’accumulazione e al traffico illegali delle armi leggere e di piccolo calibro (SALW)* e relative munizioni, approfittando dell’ampio ventaglio di meccanismi a disposizione dell’UE. PUNTI CHIAVE La strategia contro le SALW riunisce le capacità civili e militari dei paesi dell’UE, gli strumenti della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e l’azione della polizia, delle dogane e della magistratura all’interno dell’UE per il perseguimento dei suoi obiettivi. Per elaborare meccanismi internazionali, regionali e nazionali serve un multilateralismo efficace. A livello internazionale, si attribuisce la priorità all’attuazione del programma d’azione delle Nazioni Unite sulle SALW; alla tracciabilità delle SALW attraverso un meccanismo mondiale di segnalazione (iTrace II) e alla ratifica del protocollo contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco, loro parti e componenti e munizioni. L’UE cercherà altresì di persuadere i paesi extra-UE esportatori di SALW ad aderire a quanto sopra. A livello regionale, l’UE offre sostegno finanziario ai programmi concreti intesi a contrastare le minacce alla sicurezza connesse alle SALW illegali in Libia, Europa sud-orientale e nell’ambito dell’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Fa progredire la strategia anche lo strumento che contribuisce alla stabilità e alla pace, che aiuta a prevenire e rispondere alle crisi, in modo da creare un ambiente sicuro e stabile in tutto il mondo. Il Consiglio dell’Unione europea monitora ininterrottamente l’attuazione della strategia dell’UE contro le SALW. Ogni sei mesi, il servizio europeo per l’azione esterna presenta una relazione sui progressi compiuti al Consiglio per ottenerne l’approvazione. CONTESTO Le conseguenze dell’eccessiva accumulazione e della diffusione incontrollata delle SALW sono al centro di quattro delle cinque sfide (il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata) individuate nella strategia di sicurezza europea. Per ulteriori informazioni, consultare: «La lotta all’eccessiva accumulazione e al traffico illecito delle SALW e delle relative munizioni» sul sito Internet del servizio europeo per l’azione esterna. * TERMINI CHIAVE Armi leggere e di piccolo calibro (SALW): Qualsiasi arma letale portatile individuale. Le armi di piccolo calibro includono pistole, fucili da caccia, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere. Le armi leggere includono mitragliatrici pesanti, lanciagranate e cannoni anticarro. DOCUMENTO PRINCIPALE Strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti delle SALW e relative munizioni, Bruxelles, 13 gennaio 2006. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 1-10). Decisione (PESC) del Consiglio 2015/1908, del 22 ottobre 2015, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») (GU L 278 del 23.10.2015, pag. 15-25).
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98/500/CE: Decisione della Commissione del 20 maggio 1998 che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo [notificata con il numero C(1998) 2334] (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 225 del 12/08/1998 pag. 0027 - 0028 DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 20 maggio 1998 che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo [notificata con il numero C(1998) 2334] (Testo rilevante ai fini del SEE) (98/500/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,considerando che l'articolo 118 B del trattato stabilisce che la Commissione si sforzi di sviluppare a livello europeo un dialogo tra le parti sociali il quale possa sfociare, se le parti lo ritengono opportuno, in relazioni convenzionali;considerando che il punto 12 della Carta comunitaria dei Diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce che i datori di lavoro e le organizzazioni dei datori di lavoro da un lato e le organizzazioni dei lavoratori dall'altro devono avere il diritto, alle condizioni previste dalle legislazioni e dalle prassi nazionali, di negoziare e concludere contratti collettivi e che il dialogo che deve instaurarsi tra le parti sociali a livello europeo può giungere, se essi lo ritengono auspicabile, a rapporti contrattuali, soprattutto su scala interprofessionale e settoriale;considerando che, in risposta alla sua comunicazione del 18 settembre 1996, relativa allo sviluppo del dialogo sociale a livello comunitario (1), la Commissione ha ricevuto un forte appoggio da tutte le parti coinvolte nella sua proposta di rafforzare il dialogo sociale settoriale;considerando che il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 18 luglio 1997 (2), in risposta alla suddetta comunicazione della Commissione, ha chiesto che venga attribuita un'importanza specifica al dialogo sociale settoriale, poiché è nell'ambito del dialogo sociale che si può meglio valutare l'impatto della regolamentazione e/o deregolamentazione sull'occupazione nei vari settori economici;considerando che il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 29 gennaio 1997 (3) in risposta alla stessa comunicazione della Commissione, ha dichiarato che il dialogo settoriale deve essere efficace, efficiente e correttamente gestito;considerando che la situazione nei vari Stati membri dimostra chiaramente la necessità che i datori di lavoro ed i lavoratori partecipino attivamente alle discussioni relative al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nei rispettivi settori; considerando che il migliore strumento per garantire tale partecipazione è un comitato di dialogo settoriale collegato con la Commissione, che costituisca a livello comunitario un'istanza rappresentativa degli interessi socioeconomici coinvolti;considerando che la Commissione deve sforzarsi di garantire che la composizione e le attività dei comitati di dialogo settoriale contribuiscano alla promozione dell'eguaglianza tra le donne e gli uomini;considerando che i comitati paritari esistenti devono essere sostituiti dai comitati di dialogo settoriale; che deve pertanto procedersi all'abrogazione delle decisioni istitutive dei comitati paritari,DECIDE:Articolo 1 Con la presente decisione sono istituiti i comitati di dialogo settoriale (in prosieguo: «i comitati») nei settori in cui le parti sociali presentino richiesta congiunta di partecipare ad un dialogo a livello europeo, ed in cui le organizzazioni che rappresentano le due parti sociali dei settori interessati siano in possesso dei seguenti requisiti:a) siano collegate a specifici settori o categorie e dispongano di un'organizzazione a livello europeo;b) siano composte da organizzazioni che, a loro volta, formino parte integrante e riconosciuta delle strutture delle parti sociali degli Stati membri, siano abilitate a negoziare accordi e siano rappresentative in più Stati membri;c) dispongano di strutture adeguate a garantire la loro effettiva partecipazione all'attività dei comitati.Articolo 2 Nel settore di attività per il quale sono stati creati, i comitati:a) dovranno essere consultati sui progressi a livello comunitario che abbiano implicazioni sociali, eb) dovranno sviluppare e promuovere il dialogo sociale a livello settoriale.Articolo 3 Alle riunioni di ciascun comitato sono ammessi a partecipare complessivamente al massimo 40 rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati, con un numero pari di rappresentanti per ciascuna delegazione.Articolo 4 La Commissione invita a partecipare alle riunioni dei comitati i rappresentanti proposti dalle organizzazioni delle parti sociali che abbiano presentato la richiesta di cui all'articolo 1.Articolo 5 1. Ciascun comitato stabilirà, di concerto con la Commissione, il proprio regolamento di procedura.2. I comitati sono presieduti da un rappresentante della delegazione dei datori di lavoro o della delegazione dei lavoratori o, su loro richiesta congiunta, da un rappresentante della Commissione.3. I comitati si riuniscono almeno una volta all'anno. Le spese di soggiorno e di viaggio sono rimborsate ad un massimo di 30 rappresentanti delle parti sociali partecipanti alle riunioni di un comitato.4. La Commissione esamina regolarmente, in consultazione con le parti sociali, il funzionamento dei comitati e lo svolgimento delle loro attività nei vari settori.Articolo 6 Se la Commissione informa un comitato del carattere confidenziale di un tema in discussione, i membri del comitato sono obbligati, salvo il disposto dell'articolo 214 del trattato, a mantenere il segreto su qualunque informazione acquisita durante le riunioni del comitato o del suo segretariato.Articolo 7 1. I comitati di dialogo settoriale sostituiscono i seguenti comitati paritari:a) comitato paritetico per i trasporti marittimi istituito con decisione 87/467/CEE della Commissione (4);b) comitato paritetico dell'aviazione civile istituito con decisione 90/449/CEE della Commissione (5);c) comitato paritetico per la navigazione interna istituito con decisione 80/991/CEE della Commissione (6);d) comitato paritetico dei trasporti stradali istituito con decisione 85/516/CEE della Commissione (7);e) comitato paritetico delle ferrovie istituito con decisione 85/13/CEE della Commissione (8);f) comitato paritetico delle telecomunicazioni istituito con decisione 90/450/CEE della Commissione (9);g) comitato paritetico per i problemi sociali dei salariati agricoli istituito con decisione 74/442/CEE della Commissione (10);h) comitato paritetico per i problemi sociali nella pesca marittima istituito con decisione 74/441/CEE della Commissione (11);i) comitato paritetico delle poste istituito con decisione 94/595/CE della Commissione (12).I comitati istituiti da tali decisioni restano in funzione sino all'entrata in funzione dei comitati settoriali istituiti dalla presente decisione, ovvero, al più tardi, fino al 31 dicembre 1998.2. Alle condizioni stabilite dall'articolo 1, i comitati di dialogo settoriale sostituiscono anche altri gruppi di lavoro informali per il cui mezzo la Commissione ha sino ad ora promosso il dialogo sociale in alcuni settori non compresi nell'ambito di applicazione delle decisioni della Commissione istitutive di comitati paritari.3. Le decisioni di cui alle lettere da a) ad i) del paragrafo 1 sono abrogate con effetto dal 1° gennaio 1999.Fatto a Bruxelles, il 20 maggio 1998.Per la CommissionePádraig FLYNNMembro della Commissione(1) COM(96) 448 def.(2) GU C 286 del 22. 9. 1997, pag. 338.(3) GU C 89 del 19. 3. 1997, pag. 27.(4) GU L 253 del 4. 9. 1987, pag. 20.(5) GU L 230 del 24. 8. 1990, pag. 22.(6) GU L 297 del 6. 11. 1980, pag. 28.(7) GU L 317 del 28. 11. 1985, pag. 33.(8) GU L 8 del 10. 1. 1985, pag. 26.(9) GU L 230 del 24. 8. 1990, pag. 25.(10) GU L 243 del 5. 9. 1974, pag. 22.(11) GU L 243 del 5. 9. 1974, pag. 19.(12) GU L 225 del 31. 8. 1994, pag. 31.
Dialogo sociale settoriale SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE? Fornisce la base per la creazione di comitati di dialogo sociale settoriale nelle diverse aree di attività dell’UE in cui i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori (le cosiddette «parti sociali») possono incontrarsi per discutere di sviluppi politici. Tali comitati sono una caratteristica del più ampio dialogo sociale europeo*, elemento essenziale del modello sociale e della governance dell’Unione europea (UE). PUNTI CHIAVE I comitati di dialogo settoriale sono stati creati nei settori in cui le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro hanno congiuntamente espresso l’esigenza di partecipare ad un dialogo a livello europeo. Essi devono: essere collegati a specifici settori economici, come quello bancario o dell’agricoltura; essere composti da organizzazioni riconosciute come parti sociali nazionali; essere abilitati a negoziare accordi; rappresentare le parti sociali di diversi paesi dell’UE; disporre di strutture e risorse per partecipare efficacemente ai lavori a livello comunitario. Ciascun comitato: viene consultato in merito ai progressi dell’UE che hanno implicazioni sociali nella sua area; sviluppa e promuove il dialogo sociale di sua competenza; ha un numero massimo di 66 membri, con un numero uguale di rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori; stabilisce, congiuntamente alla Commissione europea, il proprio regolamento di procedura; si riunisce almeno una volta all’anno; è presieduto da un rappresentante dei datori di lavoro o dei lavoratori o da un funzionario della Commissione; esamina regolarmente, con la Commissione, le proprie attività. I comitati di dialogo settoriale sostituiscono le precedenti forme di cooperazione settoriale tra le parti sociali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a decorrere dal 20 maggio 1998. CONTESTO L’articolo 152 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea conferma l’impegno dell’UE a sostenere il dialogo sociale europeo e riconosce l’autonomia delle parti sociali europee. Dal 1998, la Commissione ha creato più di 40 comitati di dialogo sociale settoriale, che coinvolgono circa 150 milioni di lavoratori nell’UE in settori come i trasporti, l’agricoltura, l’edilizia, il commercio, i servizi pubblici, la costruzione di macchine e di attrezzature, alberghi e ristoranti, le banche. Il dialogo ha portato ad accordi su circa 900 testi di varia natura giuridica. Per maggiori informazioni, si consulti la pagina «Dialogo sociale settoriale» sul sito Internet della Commissione europea. TERMINE CHIAVE * Dialogo sociale europeo: discussioni, consultazioni, trattative e azioni congiunte tra le parti sociali (datori di lavoro e lavoratori). ATTO Decisione 98/500/CE della Commissione, del 20 maggio 1998, che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 27-28) Le modifiche successive alla decisione 98/500/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Documento di lavoro dei servizi della Commissione sul funzionamento e sul potenziale del dialogo sociale settoriale a livello europeo, SEC(2010) 964 def. del 22.7.2010
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DECISIONE 2008/852/GAI DEL CONSIGLIO del 24 ottobre 2008 relativa a una rete di punti di contatto contro la corruzione IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 30, paragrafo 1, l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l’iniziativa della Repubblica federale di Germania (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) L’articolo 29 del trattato stabilisce che l’obiettivo dell’Unione di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia dev’essere perseguito prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, ivi comprese la corruzione e la frode. (2) La strategia dell’Unione europea per l’inizio del nuovo millennio sulla prevenzione e il controllo della criminalità organizzata sottolinea la necessità di sviluppare una politica globale dell’UE contro la corruzione. (3) Nella risoluzione del 14 aprile 2005 relativa ad una politica globale dell’UE contro la corruzione, che rinvia alla comunicazione della Commissione, presentata il 28 maggio 2003, al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale su una politica globale dell’UE contro la corruzione, il Consiglio riafferma l’importanza del ruolo e dell’opera degli Stati membri nell’elaborazione di una politica anticorruzione globale e sfaccettata sia nel settore pubblico sia nel settore privato, in collaborazione con tutti i pertinenti attori, tanto della società civile quanto del mondo imprenditoriale. (4) Il Consiglio europeo ha accolto con favore lo sviluppo, nel programma dell’Aja (3) (punto 2.7), di un concetto strategico contro la criminalità organizzata transfrontaliera e la corruzione a livello di UE e ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di approfondire tale concetto e di renderlo operativo. (5) I capi e i principali esponenti degli organi di polizia degli Stati membri addetti alla vigilanza e al controllo, nonché i capi e i principali esponenti delle agenzie per la lotta contro la corruzione dotati di un ampio mandato si sono riuniti nel novembre 2004 a Vienna in occasione della conferenza dell’AGIS sul rafforzamento della cooperazione operativa nella lotta contro la corruzione nell’Unione europea. Hanno sottolineato l’importanza di rafforzare ulteriormente la loro cooperazione attraverso, fra l’altro, riunioni annuali e si sono espressi positivamente sull’idea di una rete europea per la lotta anticorruzione fondata sulle strutture esistenti. Sulla scia della conferenza di Vienna questi partner europei contro la corruzione (EPAC) si sono riuniti a Budapest nel novembre 2006 per la sesta riunione annuale, nel corso della quale hanno confermato, con una stragrande maggioranza, il proprio impegno a sostenere l’iniziativa volta a istituire una rete più formale per la lotta contro la corruzione. (6) Al fine di rafforzare le strutture esistenti, le autorità e le agenzie che faranno parte della rete europea per la lotta contro la corruzione potrebbero includere le organizzazioni che sono membri dell’EPAC. (7) Il rafforzamento della cooperazione internazionale è generalmente (4) considerato una questione fondamentale della lotta contro la corruzione. La lotta contro tutte le forme di corruzione dovrebbe essere migliorata cooperando efficacemente, individuando occasioni, condividendo buone prassi e sviluppando elevati standard professionali. L’istituzione di una rete per la lotta contro la corruzione a livello di UE costituisce un notevole contributo al miglioramento di tale cooperazione, DECIDE: Articolo 1 Oggetto Al fine di migliorare la cooperazione tra le autorità e le agenzie per prevenire e reprimere la corruzione in Europa è istituita una rete di punti di contatto degli Stati membri dell’Unione europea (in prosieguo denominata la «rete»). La Commissione europea, l’Europol e l’Eurojust sono pienamente associati alle attività di detta rete. Articolo 2 Composizione della rete La rete è composta dalle autorità e agenzie degli Stati membri dell’Unione europea incaricate di prevenire e reprimere la corruzione. I membri sono designati dagli Stati membri. Gli Stati membri designano almeno una e al massimo tre organizzazioni. La Commissione europea designa i suoi rappresentanti. Nell’ambito delle rispettive competenze, l’Europol e l’Eurojust possono partecipare alle attività della rete. Articolo 3 Compiti della rete 1. La rete svolge in particolare i seguenti compiti: 1) rappresenta un forum per lo scambio di informazioni in tutta l’UE su misure efficaci ed esperienze nella prevenzione e nella repressione della corruzione; 2) agevola la creazione e il mantenimento attivo di contatti tra i suoi membri. A tali fini, in particolare, è tenuto aggiornato un elenco di punti di contatto ed è reso operativo un sito web. 2. Per l’espletamento dei loro compiti i membri della rete si riuniscono non meno di una volta l’anno. Articolo 4 Ambito di applicazione La cooperazione di polizia e giudiziaria tra gli Stati membri è disciplinata dalle pertinenti norme. L’istituzione della rete non pregiudica tali norme e non pregiudica il ruolo del CEPOL. Articolo 5 Organizzazione della rete 1. La rete si organizza, basandosi sulla collaborazione informale esistente tra gli EPAC. 2. Gli Stati membri e la Commissione europea sostengono tutte le spese dei membri o dei rappresentanti da essi designati. Si applica la stessa regola all’Europol e all’Eurojust. Articolo 6 Entrata in vigore La presente decisione ha effetto il giorno successivo alla data di adozione. Fatto a Lussemburgo, addì 24 ottobre 2008. Per il Consiglio La presidente M. ALLIOT-MARIE (1) GU C 173 del 26.7.2007, pag. 3. (2) Parere del 5 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Programma dell’Aia: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea (GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1). (4) Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale con risoluzione 58/4 del 31 ottobre 2003.
Rete europea di punti di contatto contro la corruzione (EACN) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Stabilisce una rete di punti di contatto contro la corruzione attraverso tutta l'Unione europea (UE), basandosi sulla collaborazione esistente tra i partner europei contro la corruzione (EPAC). PUNTI CHIAVE La presente decisione istituisce una rete di punti di contatto dei paesi dell'UE per prevenire o reprimere la corruzione. Il suo scopo è migliorare la cooperazione fra queste autorità per contrastare la corruzione a livello dell'UE. La rete è composta dalle autorità e agenzie pertinenti dei paesi dell'UE. Ciascun paese designa come membri della rete almeno una e al massimo tre organizzazioni. Anche l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) è un membro. La Commissione europea partecipa alle attività della rete e designa i suoi rappresentanti. In modo analogo, Europol ed Eurojust possono partecipare alla rete. Un elenco di punti di contatto aggiornato è disponibile sul sito Internet EPAC-EACN. La rete svolge in particolare i seguenti compiti: rappresenta un forum per lo scambio di buone prassi ed esperienze nella prevenzione e nella repressione della corruzione; agevola la creazione e il mantenimento attivo di contatti tra i suoi membri. Inoltre, per l’espletamento dei suoi compiti la rete si riunisce non meno di una volta l’anno. L’istituzione della rete non pregiudica le norme che disciplinano la cooperazione di polizia e giudiziaria fra i paesi dell'UE, né pregiudica il ruolo dell’Accademia europea di polizia. La rete si organizza, basandosi sulla collaborazione informale esistente tra i partner europei contro la corruzione (EPAC). Ciascun paese dell'UE, la Commissione, Europol ed Eurojust sostengono tutte le spese relative alla rete. CONTESTO Nel novembre 2004, in occasione della conferenza dell’AGIS sul rafforzamento della cooperazione operativa nella lotta contro la corruzione nell’Unione europea, gli EPAC hanno sostenuto l’iniziativa volta a istituire una rete europea contro la corruzione a livello dell'UE. Essi hanno confermato il loro impegno in tale iniziativa nel novembre 2006, nel corso della loro riunione annuale. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2008/852/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa a una rete di punti di contatto contro la corruzione (GU L 301 del 12.11.2008, pag. 38–39)
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Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) Gazzetta ufficiale n. L 151 del 18/06/1999 pag. 0021 - 0026 ACCORDOdi cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina)LA COMUNITÀ EUROPEA E HONG KONG (CINA)(1) (in seguito denominate "parti contraenti"),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina), e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe le parti contraenti, allo sviluppo armonioso di detti legami;CONVINTE che, per conseguire tale obiettivo, occorra impegnarsi a sviluppare la cooperazione doganale;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraentri, e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità amministrative competenti renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali a cui le parti contraenti hanno già aderito e che hanno già applicato, nonché dalla raccomandazione del Consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:a) "normativa doganale", qualsiasi disposizione legale o regolamentare o altro strumento giurdidicamente vincolante adottato dalla Comunità europea o da Hong Kong (Cina) che disciplini l'importazione, l'esportazione, il transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altro regime o procedura doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative;b) "autorità doganale", nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, ad Hong Kong (Cina), il Servizio dogane e accise;c) "autorità richiedente", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che presenta una domanda di assistenza in base al presente accordo;d) "autorità interpellata", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che riceve una richiesta di assistenza in base al presente accordo;e) "dati di carattere personale", tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) "operazione contraria alla normativa doganale", qualsiasi violazione o tentativo di violazione della normativa doganale;g) "persona", persona fisica o giuridica.Articolo 2Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall'altro, ad Hong Kong (Cina).Articolo 3Sviluppi futuriLa parti contraenti possono, di comune intesa, ampliare il presente accordo per potenziare e integrare la cooperazione doganale, ai sensi delle rispettive normative doganali, mediante accordi su settori o temi specifici.Articolo 4Portata della cooperazione1. Le autorità doganali si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale e, in particolare, si adoperano a cooperare per:a) stabilire e mantenere canali di comunicazione tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni;b) agevolare un coordinamento efficace tra le rispettive autorità doganali;c) occuparsi di qualsiasi questione amministrativa collegata al presente accordo che possa richiedere, in determinate circostanze, la loro azione comune.2. Ai sensi del presente accordo, la cooperazione doganale riguarda tutti gli aspetti relativi all'applicazione della normativa doganale.Articolo 5Portata dell'assistenza1. Le parti contraenti si prestano reciproca assistenza, nei settori di loro competenza e compatibilmente con le risorse disponibili e secondo le modalità e alle condizioni specificate nel presente accordo, per garantire la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare per prevenire, individuare e perseguire le operazioni contrarie alla normativa doganale.2. L'assistenza nel settore doganale prevista dal presente accordo viene prestata da ogni autorità doganale e amministrativa delle parti contraenti competente per l'applicazione del presente accordo. Essa non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale e non si applica alle informazioni ottenute in virtù delle facoltà esercitate a richiesta dell'autorità giudiziaria.3. L'assistenza in materia di riscossione di diritti, tasse o contravvenzioni non rientra nel presente accordo.Articolo 6Obblighi imposti da altri accordi1. Tenendo conto delle competenze rispettive della Comunità europea e degli Stati membri, le disposizioni del presente accordo:a) non pregiudicano gli obblighi delle parti contraenti derivanti da altri accordi o convenzioni internazionali;b) vanno considerate un complemento agli accordi di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potranno essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina);c) non pregiudicano le disposizioni comunitarie in materia di comunicazione tra i servizi competenti della Commissione e le autorità doganali degli Stati membri di qualsiasi informazione ottenuta ai sensi del presente accordo che possa essere di interesse comunitario.2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle dgli accordi bilaterali di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina), qualora le disposizioni di questi ultimi risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.3. Per quanto riguarda le questioni relative all'applicabilità del presente accordo, le parti contraenti si consultano per trovare una soluzione nell'ambito del comitato misto di cooperazione doganale istituito a norma dell'articolo 21 del presente accordo.TITOLO IICOOPERAZIONE DOGANALEArticolo 7Cooperazione in materia di procedure doganaliLe parti contraenti dichiarano il proprio impegno ad agevolare la legittima circolazione delle merci e si scambiano informazioni e consulenze su misure volte a migliorare le tecniche e le procedure doganali, nonché su sistemi informatizzati, al fine di conseguire tale obiettivo ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 8Assistenza tecnica1. Le autorità doganali possono prestarsi assistenza tecnica e procedere a scambi di personale quando ciò risulti reciprocamente vantaggioso, e compatibilmente con le risorse disponibili, per favorire una migliore comprensione delle rispettive tecniche e procedure doganali e dei relativi sistemi informatizzati.2. Esse possono altresì scambiarsi, all'occorrenza, informazioni in materia di assistenza tecnica prestata ad altre amministrazioni doganali.Articolo 9Discussioni in sede di organizzazioni internazionaliLe autorità doganali si adoperano per sviluppare e potenziare la cooperazione in settori di interesse comune per agevolare le discussioni in campo doganale nell'ambito di organizzazioni internazionali quali il Consiglio di cooperazione doganale.TITOLO IIIASSISTENZA AMMINISTRATIVA RECIPROCAArticolo 10Assistenza a richiesta1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata fornisce a detta autorità qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata, comprese le informazioni riguardanti le azioni accertate o programmate che violino o possano violare detta normativa.2. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica a quest'ultima:a) se le merci esprotate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse;b) se le merci nel territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente esportate dal territorio dell'altra parte, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle merci.3. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta le misure necessarie, nell'ambito delle sue disposizioni legali o regolamentari o di altri strumenti giuridicamente vincolanti, per assicurare che sia esercitata una sorveglianza:a) sulle persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che compiano o abbiano compiuto operazioni contrarie alla normativa doganale;b) sui luoghi in cui sono costituiti o possono essere costituiti depositi di merci a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che dette merci siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;c) sulle merci trasportate o che possono essere trasportate a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;d) sui mezzi di trasporto che sono o che possono essere utilizzati a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinati ad essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 11Assistenza spontaneaLe parti contraenti si assistono reciprocamente, di propria iniziativa e conformemente alle loro disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare fornendo le informazioni ottenute riguardanti:a) azioni che sono o che sembrano loro essere operazioni contrarie alla normativa doganale e che possono interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare operazioni contrarie alla normativa doganale;c) merci note per essere oggetto di operazioni contrarie alla normativa doganale;d) persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla normativa doganale;e) mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 12Consegna, Notifica1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta, conformemente alle disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, tutte le misure necesarie per:a) consegnare tutti i documenti di tipo amministrativo ob) notificare tutte le decisioni,provenienti dall'autorità richiedente e rientranti nell'ambito di applicazione del presente accordo, ad un destinatario residente o stabilito nella giurisdizione dell'autorità richiedente.2. Le domande di consegna di documenti o di notifica di decisioni devono essere presentate per iscritto nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti da consegnare ai sensi del paragrafo 1.Articolo 13Forma e contenuto delle domande di assistenza1. Le domande formulate ai sensi del presente accordo sono presentate per iscritto. Esse vengono corredate dei documenti ritenuti utili per la loro evasione. Qualora l'urgenza della situazione lo esiga, possono essere accettate anche domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 devono contenere le seguenti informazioni:a) autorità richiedente;b) misura richiesta;c) oggetto e motivo della domanda;d) disposizioni legali e regolamentari e altri strumenti giuridicamente vincolanti in causa;e) ragguagli il più possibile precisi ed esaurienti sulle persone oggetto d'indagine;f) esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate.3. Le domande sono presentate nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti di cui è corredata la domanda di cui al paragrafo 1.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali di cui sopra, possono esserne richiesti la correzione o il completamento; nel frattempo possono essere disposte misure cautelative.Articolo 14Espletamento delle domande1. Per evadere le domande di assistenza l'autorità interpellata procede, nell'ambito delle sue competenze e compatibilmente con le risorse disponibili, come se agisse per proprio conto o a richiesta di altre autorità della stessa parte contraente, fornendo informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini e precedendo o facendo procedere alle indagini appropriate. La presente disposizione si applica anche alle altre autorità alle quali la domanda è stata indirizzata dall'autorità interpellata in virtù del presente accordo qualora questa non possa agire direttamente.2. Le domande di assistenza sono evase conformemente alle disposizioni legali o regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, essere presenti e ottenere negli uffici dell'autorità interpellata o di qualsiasi altra autorità interessata a norma del paragrafo 1 informazioni sulle azioni che costituiscono o che possono costituire operazioni contrarie alla normativa doganale, che occorrano all'autorità richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, possono essere presenti alle indagini su casi specifici condotte nella giurisdizione di quest'ultima.5. Qualora la richiesta non possa essere soddisfatta, il fatto viene tempestivamente notificato all'autorità richiedente, unitamente alle motivazioni ed a qualsiasi altra informazione che l'autorità interpellata ritiene possa essere utile all'autorità richiedente.Articolo 15Forma in cui devono essere comunicate le informazioni1. L'autorità interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità richiedente per iscritto unitamente a documenti, copie autenticate o altro materiale pertinente.2. Tale informazione può essere computerizzata.3. Gli originali delle pratiche e dei documenti sono trasmessi solo su richiesta qualora siano insufficienti le copie autenticate. Gli originali sono resi appena possibile. I diritti dell'autorità interpellata o di eventuali terzi in merito a tali originali rimangono inalterati.Articolo 16Deroghe all'obbligo di prestare assistenza1. L'assistenza può essere rifiutata o essere subordinata all'assolvimento di talune condizioni o esigenze qualora una parte ritenga che l'assistenza a titolo del presente accordo:a) possa pregiudicare gli interessi vitali di Hong Kong (Cina) o di uno Stato membro tenuto a prestare assistenza ai sensi del presente accordo, ob) possa pregiudicare l'ordine pubblico, la sicurezza o altri principi fondamentali, in particolare nei casi di cui all'articolo 17, paragrafo 2, oc) violi un segreto industriale, commerciale o d'ufficio.2. L'assistenza può essere rinviata dall'autorità interpellata qualora interferisca in un'indagine, in un'azione giudiziaria o in un procedimento in corso. In tal caso l'autorità interpellata consulta l'autorità richiedente per stabilire se l'assistenza possa essere fornita secondo le modalità o alle condizioni che l'autorità interpellata può esigere.3. Se l'autorità richiedente domanda un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesta, lo fa presente nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità interpellata decidere il seguito da dare a tale domanda.4. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la decisione dell'autorità interpellata e le relative motivazioni devono essere comunicate senza indugio all'autorità richiedente.Articolo 17Scambi di informazioni e riservatezza1. Tutte le informazioni comunicate, sotto qualsiasi forma, ai sensi del presente accordo sono di carattere riservato o soggette a determinate restrizioni, a seconda delle norme applicabili da ciascuna parte contraente. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e beneficiano della tutela accordata a similari informazioni ai sensi delle rispettive leggi della parte contraente che le ha ricevute e delle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le autorità comunitarie.2. I dati di carattere personale possono essere scambiati solo se la parte contraente cui potrebbero essere destinati s'impegna a tutelarli in modo almeno equivalente a quello applicabile al caso specifico nella parte contraente che li può fornire. La parte contraente che potrebbe fornire informazioni, non stipula condizioni più onerose di quelle ad essa applicabili nella sua giurisdizione.Le parti contraenti si comunicano le informazioni relative alle norme in esse applicabili, comprese eventualmente le disposizioni legali vigenti negli Stati membri della Comunità.3. L'utilizzazione, nell'ambito di azioni giudiziarie o amministrative promosse in seguito all'accertamento di operazioni contrarie alla normativa doganale, di informazioni ottenute in virtù del presente accordo è considerata conforme ai fini del presente accordo. Pertanto, le parti contraenti, nei documenti probatori, nelle relazioni e testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi ad un tribunale, possono utilizzare le informazioni ottenute e i documenti consultati ai sensi delle disposizioni del presente accordo. L'autorità competente che ha fornito dette informazioni o dato accesso ai documenti viene informata di tale uso.4. Le informazioni ottenute sono utilizzate solo ai fini del presente accordo. Una parte contraente che voglia utilizzare tali informazioni per altri fini deve ottenere l'accordo scritto preliminare dell'autorità che le ha fornite. Tale utilizzazione è quindi soggetta a tutte le restrizioni imposte da detta autorità.5. Le disposizioni pratiche per l'attuazione del presente articolo vengono stabilite dal comitato misto di cooperazione doganale istituito ai sensi dell'articolo 21.Articolo 18Periti e testimoniUn funzionario dell'autorità interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di perito o testimone dinanzi ad un'autorità nella giurisdizione dell'altra parte contraente in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possano occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere precisato davanti a quale autorità, su quale argomento e a quale titolo il funzionario sarà ascoltato.Articolo 19Spese di assistenzaLe parti contraenti rinunciano reciprocamente ad ogni pretesa concernente il rimborso delle spese sostenute in virtù del presente accordo escluse, se del caso, le spese per periti e testimoni e quelle per interpreti e traduttori che non dipendano da pubblici servizi.TITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 20Attuazione1. L'attuazione del presente accordo è affidata, da un lato, ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee ed eventualmente alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, dall'altro, al servizio dogane e accise di Hong Kong (Cina). Essi decidono in merito a tutte le misure e disposizioni pratiche necessarie per l'applicazione tenendo conto delle norme vigenti in particolare in materia di protezione dei dati. Essi possono proporre agli organi competenti le modifiche che a loro parere andrebbero apportate al presente accordo.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle disposizioni di attuazione dettagliate adottate ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 21Comitato misto di cooperazione doganale1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e di Hong Kong (Cina). Il comitato si riunisce nel luogo, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso provvede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale ai sensi del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le misure future e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 22Entrata in vigore e durata1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo, mediante notifica scritta all'altra parte. La denuncia entra in vigore tre mesi dopo la data della notifica. Le richieste di assistenza ricevute prima della denuncia dell'accordo vengono evase ai sensi delle disposizioni del medesimo.Articolo 23Testi facenti fedeIl presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Hong Kong, Cina, addì tredici maggio millenovecentonovantanove.Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_1999151IT.002601.EPS">Per Hong Kong (Cina)>PIC FILE= "L_1999151IT.002602.EPS">(1) Ai sensi dell'aticolo 151 della legge fondamentale della regione ad amministrazione speciale Hong Kong della Repubblica popolare cinese.
Accordo con Hong Kong sulla cooperazione e assistenza reciproca in materia doganale QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo mira a migliorare la cooperazione tra le autorità amministrative responsabili dell’applicazione della normativa doganale*. Oltre a prevedere diverse tipologie di cooperazione, contiene articoli finalizzati a sviluppare e migliorare ulteriormente la cooperazione doganale mediante accordi su questioni specifiche. La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Cooperazione doganale Le parti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale:promuovendo un coordinamento e canali di comunicazione efficaci tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni; favorendo la circolazione delle merci; scambiando le informazioni e le competenze necessarie per migliorare le procedure doganali; prestandosi reciprocamente assistenza tecnica; scambiandosi il personale, quando ciò rappresenta un vantaggio per entrambe le parti. Assistenza amministrativa reciproca Sono due le tipologie di assistenza amministrativa reciproca:assistenza a richiesta: l’ autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare azioni accertate o programmate che possano violare detta normativa oppure anche la regolarità delle procedure di esportazione e importazione tra i due paesi. L’accordo comprende inoltre una sorveglianza speciale in tutti i casi sospetti, applicabile ad ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale.assistenza spontanea: le parti possono assistersi reciprocamente, di propria iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale e in particolare se ricevono informazioni che potrebbero interessare l’altra parte. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza Le richieste devono essere presentate per iscritto, ad eccezione dei casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto. Le richieste devono contenere:i dati dell’autorità richiedente; la misura richiesta; l’oggetto e il motivo della richiesta; la normativa in causa; le persone fisiche o giuridiche interessate; un’esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate. La parte interpellata può rifiutarsi di ottemperare a una richiesta nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. È possibile una deroga all’obbligo di fornire assistenza qualora tale assistenza violi un segreto professionale, commerciale o industriale. L’accordo contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela.L’accordo prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che provvede al buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE È entrato in vigore il 1° giugno 1999. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Cooperazione doganale tra UE e Hong Kong (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Normativa doganale: include qualsiasi disposizione legale o regolamentare ovvero qualsiasi altro strumento giuridico vincolante adottato dall’UE e da Hong Kong che disciplini l’importazione, esportazione e transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 1999/400/CE del Consiglio, dell’11 maggio 1999, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 20). Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 21).
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32006D0495
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DECISIONE DEL CONSIGLIO dell'11 luglio 2006 a norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato CE per l’adozione da parte della Slovenia della moneta unica il 1o gennaio 2007 (2006/495/CE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 122, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, vista la relazione della Commissione (1), vista la relazione della Banca centrale europea (2), visto il parere del Parlamento europeo (3), viste le deliberazioni del Consiglio, riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo, considerando quanto segue: (1) La terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) è iniziata il 1o gennaio 1999. Il Consiglio, riunito a Bruxelles il 3 maggio 1998 nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha deciso che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, il Portogallo, l'Austria e la Finlandia soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1o gennaio 1999 (4). (2) Il 19 giugno 2000 il Consiglio ha deciso che la Grecia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2001 (6). (3) A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord del trattato, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intende passare alla terza fase dell'UEM il 1o gennaio 1999. Tale notifica non è stata revocata. A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative alla Danimarca del trattato e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato e di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intende partecipare alla terza fase dell'UEM. La Danimarca non ha chiesto la messa in atto della procedura di cui all'articolo 122, paragrafo 2, del trattato. (4) A norma della decisione 98/317/CE la Svezia beneficia di una deroga ai sensi dell'articolo 122 del trattato. Conformemente all’articolo 4 dell'atto di adesione del 2003 (7), la Repubblica ceca, l'Estonia, Cipro, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria, Malta, la Polonia, la Slovenia e la Slovacchia sono Stati membri con deroga ai sensi dell'articolo 122 del trattato. (5) La Banca centrale europea (BCE) è stata istituita il 1o luglio 1998. Il sistema monetario europeo è stato sostituito da un meccanismo di cambio, la cui istituzione è stata decisa con risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997 sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'unione economica e monetaria (8). Le procedure operative del meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (ERM2) sono state stabilite nell'accordo del 1o settembre 1998 tra la BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'unione economica e monetaria (9). (6) La procedura per l'abolizione della deroga degli Stati membri che ne sono soggetti è stabilita nell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato, ai sensi del quale, almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la BCE riferiscono al Consiglio conformemente alla procedura di cui all'articolo 121, paragrafo 1, del trattato. Il 2 marzo 2006 la Slovenia ha chiesto ufficialmente la valutazione sulla convergenza. (7) La legislazione nazionale degli Stati membri, inclusi gli statuti delle banche centrali nazionali, deve essere adattata, per quanto necessario, per garantire la compatibilità con gli articoli 108 e 109 del trattato e lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in prosieguo «Statuto del SEBC». Le relazioni della Commissione e della BCE forniscono una valutazione dettagliata della compatibilità della legislazione della Slovenia con gli articoli 108 e 109 del trattato e lo statuto del SEBC. (8) A norma dell'articolo 1 del protocollo sui criteri di convergenza di cui all'articolo 121 del trattato, il criterio relativo alla stabilità dei prezzi di cui all'articolo 121, paragrafo 1, primo trattino del trattato significa che uno Stato membro presenta un andamento dei prezzi sostenibile e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della stabilità dei prezzi l'inflazione si misura mediante indici dei prezzi al consumo armonizzati (IPCA) definiti nel regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio (10). Per valutare la stabilità dei prezzi, l'inflazione di uno Stato membro è stata misurata in base alla variazione percentuale della media aritmetica degli indici di dodici mesi rispetto alla media aritmetica degli indici dei dodici mesi precedenti. Nel periodo di dodici mesi fino al marzo 2006, i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi sono stati la Svezia, la Finlandia e la Polonia, con tassi di inflazione, rispettivamente, dello 0,9 %, dell’1 % e dell’1,5 %. Nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorato di 1,5 punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento nel periodo di dodici conclusosi nel marzo 2006 è pari al 2,6 %. (9) A norma dell'articolo 2 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all'articolo 121, paragrafo 1, secondo trattino del trattato significa che al momento della valutazione da parte del Consiglio lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio a norma dell'articolo 104, paragrafo 6, del trattato circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo. (10) A norma dell'articolo 3 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo di cui all'articolo 121, paragrafo 1, terzo trattino del trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell'esame. In particolare, e per lo stesso periodo, lo Stato membro non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro. Dal 1o gennaio 1999 il nuovo meccanismo di cambio (ERM2) fornisce il quadro di riferimento per la valutazione del rispetto del criterio relativo al tasso di cambio. Nel valutare il rispetto di questo criterio nelle loro relazioni la Commissione e la BCE hanno preso in esame il periodo di due anni avente termine nell’aprile 2006. (11) A norma dell'articolo 4 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse di cui all'articolo 121, paragrafo 1, quarto trattino del trattato, significa che il tasso medio d'interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro, osservato nell'arco di un anno prima dell'esame, non ha ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della convergenza dei tassi d'interesse sono stati utilizzati tassi d'interesse comparabili delle obbligazioni di riferimento a 10 anni emesse dallo Stato. Per valutare il rispetto del criterio della convergenza dei tassi d'interesse, nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come la media aritmetica semplice dei tassi d'interesse nominali dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorata di due punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento nel periodo di dodici mesi fino al marzo 2006 è pari al 5,9 %. (12) A norma dell'articolo 5 del protocollo sui criteri di convergenza, i dati statistici da usare per l'attuale valutazione del rispetto dei criteri di convergenza sono forniti dalla Commissione. La Commissione ha fornito dati per l'elaborazione della presente decisione. I dati di bilancio sono stati forniti dalla Commissione in base alle cifre comunicate dagli Stati membri entro il 1o aprile 2006, ai sensi del regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (11). (13) Sulla base delle relazioni presentate dalla Commissione e dalla BCE sui progressi compiuti dalla Slovenia nell'adempimento dei suoi obblighi relativi alla realizzazione dell'Unione economica e monetaria, la Commissione può concludere che: la legislazione nazionale slovena, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; per quanto riguarda il rispetto da parte della Slovenia dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 121, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato: — il tasso medio di inflazione in Slovenia nei dodici mesi fino al marzo 2006 è stato del 2,3 %, ossia inferiore al valore di riferimento, ed è probabile che questa tendenza proseguirà nei mesi a venire, — la Slovenia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo, — la Slovenia fa parte del nuovo meccanismo di cambio (ERM2) dal 28 giugno 2004; nel periodo di due anni avente termine nell’aprile 2006 il tolar sloveno (SIT) non ha conosciuto gravi tensioni e la Slovenia non ha svalutato di propria iniziativa il tasso centrale bilaterale del SIT nei confronti dell'euro, — nei dodici mesi fino al marzo 2006 il tasso medio di interesse a lungo termine in Slovenia è stato del 3,8 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Slovenia ha realizzato un alto grado di convergenza sostenibile in relazione a tutti i criteri. Di conseguenza la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. (14) A norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, deve decidere quali Stati membri con deroga soddisfino le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica e abolisce le deroghe degli Stati membri in questione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 La Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. La deroga nei confronti della Slovenia, di cui all’articolo 4 dell’atto di adesione del 2003, è abrogata con decorrenza 1o gennaio 2007. Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Articolo 3 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 11 luglio 2006. Per il Consiglio Il presidente E. HEINÄLUOMA (1) Relazione adottata il 16 maggio 2006. (2) Relazione adottata il 15 maggio 2006. (3) Parere reso il 15 giugno 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) Decisione 98/317/CE del Consiglio, del 3 maggio 1998 a norma dell'articolo 121, paragrafo 4 () del trattato (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 30). (5) NOTA: il titolo della decisione 98/317/CE è stato adattato per tener conto della rinumerazione degli articoli del trattato che istituisce la Comunità europea, conformemente all'articolo 12 del trattato di Amsterdam; il riferimento originale era all'articolo 109j, paragrafo 4 del trattato. (6) Decisione 2000/427/CE del Consiglio, del 19 giugno 2000 a norma dell'articolo 122, paragrafo 2 del trattato per l'adozione da parte della Grecia della moneta unica il 1o gennaio 2001 (GU L 167 del 7.7.2000, pag. 19). (7) GU L 236 del 23.9.2003, pag. 33. (8) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5. (9) GU C 345 del 13.11.1998, pag. 6. Accordo modificato dall’accordo del 14 settembre 2000 (GU C 362 del 16.12.2000, pag. 11). (10) Regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1). Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (11) GU L 332 del 31.12.1993, pag. 7. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2103/2005 (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 1).
Adesione della Slovenia all'euro (2007) Il Consiglio dell'Unione europea (UE) constata che la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro a decorrere dal 1° gennaio 2007. La Slovenia è il primo fra i dieci Stati diventati membri dell'Unione europea (UE), il 1° maggio 2004, ad introdurre la moneta unica. ATTO Decisione del Consiglio, dell'11 luglio 2006, a norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato CE per l'adozione da parte della Slovenia della moneta unica il 1° gennaio 2007 [Gazzetta ufficiale L 195 del 15.07.2006]. SINTESI Con la presente decisione il Consiglio dà il via libera all'introduzione dell'euro in Slovenia il 1° gennaio 2007. Il Consiglio constata che il paese soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro, cioè i criteri di convergenza. Soddisfare i criteri di convergenza Il 2 marzo 2006 la Slovenia chiede ufficialmente che si proceda ad una valutazione di convergenza. La Commissione europea conclude che: la legislazione nazionale della Slovenia, compreso lo statuto della sua Banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato che istituisce la Comunità europea e con lo statuto del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC); il tasso medio d'inflazione della Slovenia durante l'anno terminatosi nel marzo 2006 è stato pari al 2,3 %, cioè un livello inferiore al valore di riferimento, e dovrebbe mantenersi al di sotto di questo livello nel corso dei mesi futuri; la Slovenia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo; il paese partecipa dal 28 giugno 2004 al meccanismo di cambio europeo (ERM II) ed il tolar sloveno non è stato soggetto ad alcuna tensione grave; il tasso d'interesse a lungo termine si è attestato in media al 3,8 %, ovvero ad un livello inferiore al valore di riferimento. La Commissione europea constata che la Slovenia ha realizzato un grado elevato di convergenza duratura sotto il profilo dei criteri di convergenza. Il paese soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. Adottare la moneta unica Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, constata con la presente decisione che la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. La deroga nei confronti di questo paese di cui all'articolo 4 (EN) [PDF] dell'atto di adesione del 2003 è abrogata a partire dal 1° gennaio 2007. Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2006/495/CE 15.07.2006 - GU C 195 del 15.07.2006 See also Per informazioni complementari, consultare i seguenti siti Internet: le facce nazionali delle monete in euro slovene (sito Internet della Banca centrale europea); Introduzione riuscita dell'euro in Slovenia (esdeenfr) Opinioni pubbliche: l'introduzione dell'euro in Slovenia e nei nuovi Stati membri (EN); Commissione europea, Direzione generale per gli affari economici e monetari: l'euro (EN).
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 22 dicembre 2004 relativa alla lotta contro la criminalità connessa con veicoli e avente implicazioni transfrontaliere (2004/919/CE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettera a) e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l'iniziativa del Regno dei Paesi Bassi, visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Si stima che annualmente siano commessi 1,2 milioni di furti di autovetture negli Stati membri dell'Unione europea. (2) Tali furti comportano un danno considerevole, valutabile in almeno 15 miliardi di EUR l'anno. (3) Gran parte di tali veicoli, secondo le stime il 30-40 %, vengono rubati dalla criminalità organizzata, che li modifica e li esporta verso altri Stati all'interno e all'esterno dell'Unione europea. (4) Oltre ad un danno materiale, ne deriva anche un grave danno per il senso di giustizia e di sicurezza dei cittadini. La criminalità connessa con i veicoli può accompagnarsi a forme gravi di violenza. (5) Ciò rende più difficile il raggiungimento dell'obiettivo, previsto dall'articolo 29 del trattato, di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. (6) Il Consiglio ha adottato la risoluzione del 27 maggio 1999, sulla lotta contro la criminalità organizzata internazionale con interventi estesi a determinate rotte (1). (7) La criminalità connessa con i veicoli può inoltre avere collegamenti, a livello internazionale, con altre forme di criminalità quali il traffico di stupefacenti o di armi e la tratta degli esseri umani. (8) La lotta alla criminalità connessa con i veicoli è di competenza delle autorità degli Stati membri incaricate dell'applicazione della legge. Al fine di affrontare gli aspetti transfrontalieri di questa forma di criminalità è tuttavia necessario e opportuno pervenire ad un approccio comune nel cui ambito — se possibile e necessario — gli Stati membri dovrebbero cooperare con le autorità incaricate dell'applicazione della legge degli Stati membri. (9) Rivestono particolare importanza la cooperazione tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge e gli uffici della motorizzazione nonché la comunicazione di informazioni alle parti interessate. (10) Anche la cooperazione con l'Europol è importante, visto che quest'ultima è in grado di fornire analisi e relazioni in materia. (11) L'Accademia europea di polizia offre ai servizi di polizia degli Stati membri, nel quadro della rete elettronica europea di formazione della polizia (European Police Learning Network — EPLN), una funzione di libreria riguardante la criminalità connessa con i veicoli per accedere a informazioni e a conoscenze specialistiche. L'EPLN offre inoltre la possibilità di scambiare conoscenze ed esperienze attraverso la funzione di discussione. (12) L'aumento del numero di Stati membri aderenti al trattato relativo a un sistema europeo d'informazione sui veicoli e le patenti di guida (EUCARIS) del 29 giugno 2000 rafforzerà la lotta contro la criminalità connessa con i veicoli. (13) Dovrà essere adottata una serie di misure specifiche per poter lottare efficacemente contro la criminalità connessa con i veicoli avente dimensione internazionale, DECIDE: Articolo 1 Definizione Ai fini dell'applicazione della presente decisione si intende per: 1) «veicolo»: qualsiasi veicolo a motore, rimorchio e roulotte quali definiti nelle disposizioni relative al sistema d'informazione Schengen (SIS). 2) «autorità nazionali competenti»: qualsiasi autorità nazionale designata dallo Stato membro ai fini della presente decisione che può includere, se del caso, la polizia, i servizi doganali, le guardie di frontiera e le autorità giudiziarie. Articolo 2 Obiettivo 1. Obiettivo della presente decisione è realizzare una migliore cooperazione all'interno dell'Unione europea finalizzata alla prevenzione e alla lotta contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli. 2. Particolare attenzione è prestata al collegamento tra il furto di veicoli e il loro commercio illecito, da un lato, e forme di criminalità organizzata quali il traffico di stupefacenti, di armi e la tratta degli esseri umani, dall'altro. Articolo 3 Cooperazione tra le autorità nazionali competenti 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie, conformemente alla legislazione nazionale, per rafforzare la cooperazione reciproca tra le autorità nazionali competenti, al fine di combattere contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli, tra l'altro attraverso accordi di cooperazione. 2. Particolare attenzione è prestata alla cooperazione con riferimento al controllo delle esportazioni, tenuto conto delle rispettive competenze degli Stati membri. Articolo 4 Cooperazione tra le autorità competenti e il settore privato 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per organizzare consultazioni periodiche, se del caso, tra le autorità nazionali competenti, conformemente alla legislazione nazionale, alle quali possono partecipare rappresentanti del settore privato (quali i gestori di registri privati di veicoli scomparsi, il settore assicurativo e quello automobilistico) al fine di coordinare le informazioni e le attività di ciascuno in questo settore. 2. Gli Stati membri agevolano, conformemente alla legislazione nazionale, le procedure da seguire per il rapido rimpatrio di un veicolo dissequestrato dalle autorità nazionali competenti. Articolo 5 Punti di contatto in materia di criminalità connessa con i veicoli 1. Entro il 30 marzo 2005, gli Stati membri designano, all'interno delle autorità incaricate dell'applicazione della legge, un punto di contatto responsabile della lotta contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli. 2. Gli Stati membri autorizzano i punti di contatto a scambiare esperienze, conoscenze specialistiche ed informazioni generali e tecniche sulla criminalità connessa con i veicoli, in base alla legislazione applicabile in vigore. Lo scambio di informazioni si estende ai metodi e alle migliori pratiche in materia di prevenzione della criminalità connessa con i veicoli. Tali scambi non comprendono lo scambio di dati a carattere personale. 3. Le informazioni riguardanti i punti di contatto nazionali designati, comprese le successive modifiche, sono comunicate al Segretariato generale del Consiglio che le pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 6 Segnalazione di veicoli rubati e di carte di circolazione 1. Le autorità competenti degli Stati membri provvedono, ogni qualvolta sia stato denunciato il furto di un veicolo, a inserire immediatamente una segnalazione per il veicolo in questione nel SIS conformemente alla legislazione nazionale e, se possibile, nell'apposita base dati relativa ai veicoli rubati dell'Interpol. 2. Lo Stato membro che ha effettuato la segnalazione nell'archivio di ricerca procede immediatamente, conformemente alla legislazione nazionale, al ritiro di detta segnalazione non appena viene meno il motivo della medesima. 3. Le autorità competenti degli Stati membri provvedono, in seguito alla denuncia di furto di carte di circolazione, a segnalarlo immediatamente nel SIS, conformemente alla legislazione nazionale. Articolo 7 Immatricolazione 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le sue autorità competenti adottino le misure necessarie per prevenire l'uso fraudolento e il furto di documenti di immatricolazione di veicoli. 2. Gli uffici nazionali della motorizzazione sono informati dalle autorità incaricate dell'applicazione della legge del fatto che un veicolo in fase di immatricolazione risulta rubato. L'accesso a tal fine alla base dati ha luogo nel debito rispetto del diritto comunitario. Articolo 8 Prevenzione dell'uso fraudolento di carte di circolazione 1. Al fine di prevenire l'uso fraudolento di carte di circolazione, ciascuno Stato membro provvede affinché, conformemente alla legislazione nazionale, le autorità competenti adottino le misure necessarie per ritirare la carta di circolazione del proprietario o del possessore del veicolo dopo che quest'ultimo ha subito gravi danni in seguito ad una collisione (perdita totale). 2. Si procede inoltre al ritiro, conformemente alla legislazione nazionale se nel corso di un controllo da parte dell'autorità incaricata dell'applicazione della legge sorge il sospetto che siano state alterate le caratteristiche d'identità del veicolo, quale il numero d'identificazione del veicolo. 3. La carta di circolazione è restituita solo previo controllo e verifica positiva dell'identità del veicolo e conformemente alla legislazione nazionale. Articolo 9 Europol Ciascuno Stato membro provvede affinché le autorità incaricate dell'applicazione della legge informano l'Europol, ove necessario, sui responsabili di atti di criminalità connessa con i veicoli, nell'ambito del mandato e della missione di Europol. Articolo 10 Formazione e sviluppo di competenze specialistiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli istituti nazionali responsabili della formazione delle pertinenti autorità incaricate dell'applicazione della legge promuovano nel loro piano di studi se del caso in collaborazione con l'Accademia europea di polizia, la formazione specialistica nel settore della prevenzione e dell'investigazione dei furti di veicoli. L'Europol può contribuire a tale formazione nell'ambito della sua sfera di competenze. Articolo 11 Riunione dei punti di contatto e relazione annuale al Consiglio I punti di contatto competenti per la criminalità connessa con i veicoli si riuniscono almeno una volta all'anno sotto la presidenza dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. L'Europol è invitata a partecipare a tali riunioni. La presidenza presenta al Consiglio una relazione sui progressi compiuti riguardo alla pertinente cooperazione pratica tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge. Articolo 12 Clausola di riesame Il Consiglio riesamina l'attuazione della presente decisione il 30 dicembre 2007 Articolo 13 Presa di effetto La presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Per gli Stati membri in cui le disposizioni dell'acquis di Schengen relative al SIS non siano ancora entrate in vigore, gli obblighi derivanti dalla presente decisione connessi con il SIS hanno effetto alla data in cui tali disposizioni saranno applicate, come specificato nella decisione del Consiglio adottata a tal fine in conformità delle procedure applicabili. Fatto a Bruxelles, addì 22 dicembre 2004. Per il Consiglio Il presidente C. VEERMAN (1) GU C 162 del 9.6.1999, pag. 1.
Lotta contro la criminalità transfrontaliera connessa ai veicoli QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa istituisce un approccio comune per combattere la criminalità connessa con i veicoli che coinvolge più Stati membri. Punta a migliorare la cooperazione tra gli Stati membri e le loro rispettive autorità nazionali competenti. PUNTI CHIAVE La decisione richiede agli Stati membri di:rafforzare la cooperazione reciproca tra le autorità nazionali competenti; agevolare le procedure da seguire per il rapido rimpatrio di un veicolo dissequestrato dalle autorità nazionali competenti; designare un punto di contatto responsabile della lotta contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli; e, ogni qualvolta sia stato denunciato il furto di un veicolo, entrare nell’area della banca dati del sistema di informazione Schengen (SIS) che contiene le informazioni sull’immatricolazione del veicolo e, se possibile, nell’apposita base dati relativa ai veicoli rubati dell’Interpol. La decisione tiene conto del significativo collegamento tra la criminalità connessa con i veicoli e altre forme di criminalità organizzata, quali il traffico di stupefacenti o di armi e la tratta degli esseri umani. Cooperazione I paesi dell’UE sono tenuti ad adottare le misure necessarie a realizzare una migliore cooperazione:tra le autorità nazionali competenti, al fine di combattere contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli; tra le autorità competenti e i rappresentanti del settore privato (quali i gestori di registri privati di veicoli scomparsi, il settore assicurativo e quello automobilistico) al fine di coordinare le informazioni e le attività di ciascuno in questo settore. gli Stati membri sono inoltre tenuti a prestare particolare attenzione al controllo delle esportazioni e ad agevolare il rapido rimpatrio dei veicoli dissequestrati. Scambio di informazioniGli Stati membri sono tenuti a designare punti di contatto nazionali per lo scambio di informazioni sulla criminalità connessa con i veicoli — ciò ha portato alla creazione di un rete di punti di contatto nazionali (CARPOL). Lo scambio di informazioni si estende ai metodi e alle migliori pratiche in materia di prevenzione della criminalità connessa con i veicoli, ma esclude lo scambio di dati personali. Dovrebbero essere inseriti regolarmente nel SIS avvisi di segnalazione per il furto di veicoli e dei certificati di immatricolazione e, se possibile, nella base dati relativa ai veicoli rubati dell’Interpol. Le autorità nazionali competenti provvedono a tenere informato Europol sugli autori dei reati connessi con i veicoli. Certificati di immatricolazione del veicolo Gli Stati membri sono tenuti a prevenire l’uso fraudolento e il furto di documenti di immatricolazione di veicoli. Pertanto, le autorità competenti devono:informare gli uffici nazionali della motorizzazione del fatto che un veicolo in fase di immatricolazione risulta rubato; ritirano la carta di circolazione se un veicolo ha subito gravi danni (perdita totale). Il Consiglio raccomanda inoltre che:venga eseguito un controllo del certificato di immatricolazione in caso di dubbi sull’identificazione del veicolo; le pertinenti autorità incaricate dell’applicazione della legge ricevano una formazione specialistica dall’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto nel settore della prevenzione e dell’investigazione dei furti di veicoli. ValutazioneLa decisione è stata riesaminata due volte nel 2008 e nel 2016. Il riesame più recente ha rilevato che CARPOL ha aggiunto professionalità e rafforzato la rete dei punti di contatto nazionali e che a lungo termine è necessario mantenere CARPOL. Una valutazione completa della politica della sicurezza dell’UE del 2017 ha rilevato che gli obiettivi e i meccanismi stabiliti nella decisione soddisfano ancora le esigenze attuali. La valutazione rileva inoltre che Europol sostiene attivamente CARPOL, organizzando riunioni e sostenendo squadre investigative comuni sul furto di auto di lusso o sul traffico di stupefacenti. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata dal 30 dicembre 2004. CONTESTO Sistema informativo europeo sulle patenti di guida e sui veicoli (Eucaris). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2004/919/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2004, relativa alla lotta contro la criminalità connessa con veicoli e avente implicazioni transfrontaliere (GU L 389 del 30.12.2004, pag. 28). DOCUMENTO CORRELATO Documento di lavoro dei servizi della Commissione valutazione globale della politica della sicurezza — Accompagna il documento di Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio — Nona relazione sui progressi verso un’autentica ed efficace Unione per la sicurezza [SWD(2017) 278 final del 26.7.2017].
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32013L0054
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DIRETTIVA 2013/54/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 2013 relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 100, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) L’intervento dell’Unione nel settore dei trasporti marittimi è finalizzato, fra l’altro, a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi, la protezione e la sicurezza in mare degli stessi, e a prevenire l’inquinamento causato da incidenti marittimi. (2) L’Unione è consapevole che gran parte degli incidenti in mare sono direttamente causati da fattori umani, in particolare la stanchezza. (3) Uno dei principali obiettivi della politica di sicurezza marittima dell’Unione è quello di eliminare le navi non conformi alle norme. (4) Il 23 febbraio 2006 l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha adottato la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 (CLM 2006) al fine di creare un unico strumento coerente e aggiornato che incorporasse anche i principi fondamentali di altre convenzioni internazionali sul lavoro. (5) Conformemente al suo articolo VIII, la CLM 2006 entrerà in vigore dodici mesi dopo la data di registrazione delle ratifiche di almeno trenta membri dell’OIL rappresentanti un totale pari al 33 % della stazza lorda della flotta mercantile mondiale. Poiché tale condizione è stata soddisfatta il 20 agosto 2012, la CLM 2006 è, di conseguenza, entrata in vigore il 20 agosto 2013. (6) La decisione 2007/431/CE del Consiglio (3) ha autorizzato gli Stati membri a ratificare la CLM 2006 e gli Stati membri sono invitati a ratificarla il prima possibile. (7) La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio, e creare condizioni di parità. (8) Varie parti della CLM 2006 sono state inserite in diversi strumenti dell’Unione per quanto riguarda sia gli obblighi dello Stato di bandiera sia gli obblighi dello Stato di approdo. Scopo della presente direttiva è introdurre talune disposizioni in materia di conformità e applicazione previste al titolo 5 della CLM 2006 che si riferiscono a quelle parti della CLM 2006 per le quali non sono ancora state adottate le necessarie disposizioni in materia di conformità e applicazione. Tali parti corrispondono agli elementi figuranti nell’allegato della direttiva 2009/13/CE del Consiglio (4). (9) La direttiva 2009/13/CE dà attuazione all’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 («accordo»), ad essa allegato. La presente direttiva fa salva la direttiva 2009/13/CE e dovrebbe pertanto garantire l’osservanza delle disposizioni più favorevoli del diritto dell’Unione, conformemente a tale direttiva. (10) Anche se la direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) disciplina le responsabilità dello Stato di bandiera incorporando nel diritto dell’Unione il sistema volontario di audit degli Stati membri dell’IMO e introducendo la certificazione di qualità delle autorità marittime nazionali, una direttiva separata relativa alle norme sul lavoro marittimo sarebbe più appropriata e in grado di riflettere con maggiore chiarezza le diverse finalità e procedure, senza arrecare pregiudizio alla direttiva 2009/21/CE. (11) La direttiva 2009/21/CE si applica alle convenzioni IMO. In ogni caso, gli Stati membri potrebbero sviluppare, attuare e mantenere un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione marittima in quanto Stato di bandiera che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva. (12) Gli Stati membri dovrebbero garantire che le navi battenti la loro bandiera adempiano efficacemente ai loro obblighi quali Stati di bandiera in relazione all’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. Nell’istituire un sistema efficace di meccanismi di controllo, comprese ispezioni, uno Stato membro potrebbe, ove opportuno, concedere autorizzazioni ad istituzioni pubbliche o ad altre organizzazioni ai sensi della regola 5.1.2 della CLM 2006, nel rispetto delle condizioni ivi stabilite. (13) L’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), stabilisce che il mandato dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima comprende, tra i compiti fondamentali, quello di collaborare con gli Stati membri e di fornire, su loro richiesta, le opportune informazioni al fine di sostenere il controllo degli organismi riconosciuti che operano per conto degli Stati membri, fatti salvi i diritti e gli obblighi dello Stato di bandiera. (14) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’intervento, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (15) L’applicazione della presente direttiva non dovrebbe in alcun caso comportare una riduzione del livello di tutela di cui godono attualmente i marittimi in virtù del diritto dell’Unione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce norme intese ad assicurare che gli Stati membri adempiano efficacemente ai loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. La presente direttiva fa salve le direttive 2009/13/CE e 2009/21/CE ed eventuali norme più rigorose ivi stabilite in materia di condizioni di vita e di lavoro dei marittimi. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applica la seguente definizione in aggiunta alle pertinenti definizioni che figurano nell’allegato della direttiva 2009/13/CE: «parti pertinenti della CLM 2006»: le parti della CLM 2006 il cui contenuto è considerato corrispondente alle disposizioni di cui all’allegato della direttiva 2009/13/CE. Articolo 3 Controllo della conformità 1. Gli Stati membri garantiscono che siano istituiti efficaci e idonei meccanismi di attuazione e di controllo, comprese ispezioni da effettuare con la frequenza stabilita nella CLM 2006, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006. 2. Riguardo alle navi la cui stazza lorda è inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali, gli Stati membri possono decidere, in consultazione con le organizzazioni degli armatori e dei marittimi interessate, di adattare i meccanismi di controllo, comprese le ispezioni, al fine di tenere conto delle condizioni specifiche relative a tali navi, a norma dell’articolo II, paragrafo 6, della CLM 2006. 3. Nell’adempimento dei loro obblighi ai sensi del presente articolo, gli Stati membri possono, se del caso, autorizzare istituzioni pubbliche o altri organismi, compresi quelli di un altro Stato membro, se quest’ultimo acconsente, che riconoscono possedere le capacità, le competenze e l’indipendenza sufficienti a svolgere ispezioni. In ogni caso, uno Stato membro conserva la piena responsabilità dell’ispezione delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi a bordo delle navi battenti la bandiera di tale Stato membro. Questa disposizione fa salva la direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7). 4. Gli Stati membri definiscono chiari obiettivi e norme a disciplina della gestione dei loro sistemi ispettivi, nonché adeguate procedure generali che consentono loro di determinare in che misura detti obiettivi e norme sono stati realizzati. 5. Ciascuno Stato membro provvede affinché i marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la bandiera di tale Stato membro abbiano accesso a una copia dell’accordo. L’accesso può essere fornito per via elettronica. Articolo 4 Personale responsabile del controllo di conformità 1. Gli Stati membri assicurano che il personale, compreso il personale delle istituzioni o altri organismi («organismi riconosciuti» ai sensi della CLM 2006), autorizzato ad effettuare le ispezioni di cui all’articolo 3, paragrafo 3, e incaricato di verificare la corretta attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006, disponga della formazione, della competenza, del mandato, della piena autorità giuridica, della posizione e dell’indipendenza necessari o auspicabili per consentirgli di effettuare la verifica e di garantire la conformità a tali parti. Conformemente alla CLM 2006, gli ispettori sono autorizzati, se del caso, ad adottare provvedimenti allo scopo di vietare alla nave di lasciare il porto fino a quando non siano state adottate le misure necessarie. 2. Tutte le autorizzazioni rilasciate relativamente alle ispezioni conferiscono all’organismo riconosciuto, come minimo, il potere di esigere la correzione delle carenze da esso riscontrate nelle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi e ad effettuare le relative ispezioni su richiesta dello Stato di approdo. 3. Ciascuno Stato membro predispone: a) un sistema atto a garantire l’adeguatezza del lavoro svolto dagli organismi riconosciuti, che comprende la fornitura di informazioni sull’insieme delle disposizioni applicabili della legislazione nazionale e degli strumenti internazionali pertinenti; e b) le procedure di comunicazione con tali organismi e il controllo del loro operato. 4. Ciascuno Stato membro fornisce all’Ufficio internazionale del lavoro l’elenco degli organismi riconosciuti autorizzati a svolgere attività per suo conto e provvede a tenere aggiornato tale elenco. L’elenco specifica i compiti che gli organismi riconosciuti sono autorizzati a svolgere. Articolo 5 Procedure relative ai reclami a bordo, trattamento dei reclami e misure correttive 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le proprie disposizioni legislative o regolamentari prevedano idonee procedure di reclamo a bordo. 2. Se uno Stato membro riceve un reclamo che non considera manifestamente infondato o ottiene le prove che una nave battente la sua bandiera non si conforma alle prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006 o che le relative misure di attuazione presentano gravi carenze, tale Stato adotta le misure necessarie per indagare sulla questione e accertarsi che siano presi provvedimenti atti a rimediare alle carenze constatate. 3. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza considera riservata la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo concernente un pericolo o una carenza con riguardo alle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi o una violazione delle norme e regolamentazioni e non fornisce alcuna indicazione all’armatore, al suo rappresentante o all’operatore della nave sul fatto che è stata effettuata un’ispezione a seguito di tale rimostranza o reclamo. Articolo 6 Relazioni 1. La Commissione tratta anche questioni rientranti nell’ambito di applicazione della presente direttiva nelle relazioni che deve presentare a norma dell’articolo 9 della direttiva 2009/21/CE. 2. Entro il 31 dicembre 2018, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione e sull’applicazione della regola 5.3 della CLM 2006 relativa alle responsabilità del fornitore di manodopera. Se del caso, la relazione può contenere proposte di misure volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro nel settore marittimo. Articolo 7 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 marzo 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente V. LEŠKEVIČIUS (1) GU C 299 del 4.10.2012, pag. 153. (2) Posizione del Parlamento europeo dell’8 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013. (3) Decisione 2007/431/CE del Consiglio, del 7 giugno 2007, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comunità europea, la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 63). (4) Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30). (5) Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 132). (6) Regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima (GU L 208 del 5.8.2002, pag. 1). (7) Direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 47). Dichiarazione della Commissione «La Commissione ritiene che il titolo della direttiva non rifletta in modo appropriato il campo di applicazione della stessa.»
Conformità e applicazione della convenzione sul lavoro marittimo da parte dei paesi dell’UE La presente direttiva dell’Unione europea (UE) definisce le responsabilità degli Stati di bandiera (paesi in cui le navi sono registrate) in merito all’applicazione della Convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006 stipulata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). ATTO Direttiva 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione. SINTESI La direttiva mira a garantire che i paesi dell’UE rispettino i loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’esecuzione, da parte delle navi battenti la loro bandiera, delle parti pertinenti della direttiva 2009/13/CE che ha incorporato nel diritto unionale una parte importante della CLM 2006. La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio. Essa mira inoltre a limitare il dumping sociale, al fine di garantire una concorrenza leale per gli armatori che rispettano i diritti dei marittimi. I punti principali della nuova direttiva sono: 1. Controllo della conformità I paesi dell’UE devono istituire meccanismi di attuazione e di controllo efficaci e idonei, comprese ispezioni da effettuare con specifica frequenza, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni della CLM 2006. Questi meccanismi possono essere adattati per tener conto delle condizioni specifiche relative alle navi con stazza lorda inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali. Pur rimanendo pienamente responsabili dell’ispezione, i paesi dell’UE possono autorizzare le organizzazioni con competenze specifiche nel settore (organizzazioni riconosciute) a realizzare tali ispezioni. 2. Ispettori Il personale autorizzato a effettuare le ispezioni e incaricato di verificare la corretta attuazione deve possedere le necessarie competenze professionali e indipendenza. Se non sono rispettate le norme CLM 2006, gli ispettori possono vietare alle navi di lasciare il porto fino a quando non siano prese le azioni necessarie. 3. Procedure relative ai reclami Ogni paese dell’UE deve garantire che siano predisposte idonee procedure di reclamo a bordo. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza deve considerare la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo come riservata. Le responsabilità degli Stati di approdo per l’applicazione della CLM 2006 sono disciplinate dalla direttiva 2013/38/UE adottata nel 2013. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2013/54/UE 30.12.2013 31.3.2015 GU L 329 del 10.12.2013, pagg. 1-4 ATTI COLLEGATI Direttiva 2009/13/CE del Consiglio recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE [Gazzetta ufficiale L 124 del 20.5.2009]. Direttiva 2013/38/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU L 218 del 14.8.2013).
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Direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell'8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 262 del 14/10/2003 pag. 0022 - 0026 Direttiva 2003/94/CE della Commissionedell'8 ottobre 2003che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione(Testo rilevante ai fini del SEE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(1), modificata da ultimo dalla direttiva 2003/63/CE(2), in particolare l'articolo 47,considerando quanto segue:(1) Tutti i medicinali per uso umano fabbricati o importati nella Comunità, compresi i medicinali destinati all'esportazione, devono essere prodotti conformemente ai principi e alle linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione.(2) Tali principi e linee direttrici sono stabiliti nella direttiva 91/356/CEE della Commissione, del 13 giugno 1991, che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali per uso umano(3).(3) L'articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2001/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali a uso umano(4), prescrive che siano elaborate, secondo le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione, indicazioni dettagliate sugli elementi di cui tener conto nel valutare i medicinali in fase di sperimentazione prodotti per il rilascio dei lotti nella Comunità.(4) È perciò necessario ampliare e adeguare le norme della direttiva 91/356/CEE per comprendervi le buone prassi di fabbricazione dei medicinali in fase di sperimentazione.(5) Poiché occorre modificare la maggior parte delle disposizioni della direttiva 91/356/CEE, a fini di chiarezza l'intera direttiva deve essere sostituita.(6) Per garantire la conformità ai principi e alle linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione, è necessario stabilire norme dettagliate riguardanti le ispezioni delle autorità competenti e una serie di obblighi del fabbricante.(7) Tutti i fabbricanti devono sottoporre le operazioni di fabbricazione a un'efficace sistema di gestione della qualità; ciò richiede l'adozione di un sistema di garanzia della qualità farmaceutica.(8) È necessario stabilire principi e linee direttrici di buone prassi di fabbricazione anche per quanto riguarda gestione della qualità, personale, siti e impianti, documentazione, produzione, controllo di qualità, subappalto, reclami, richiami del prodotto e autoispezione.(9) Per tutelare le persone addette agli esperimenti clinici e garantire la possibilità di risalire all'origine dei medicinali in fase di sperimentazione, sono necessarie norme specifiche sull'etichettatura di tali prodotti.(10) I provvedimenti di cui alla presente direttiva sono conformi al parere del comitato permanente sui medicinali a uso umano, di cui all'articolo 121 della direttiva 2001/83/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Campo d'applicazioneLa presente direttiva fissa i principi e le linee direttrici relative alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali per uso umano la cui fabbricazione è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 40 della direttiva 2001/83/CE e dei medicinali per uso umano in fase di sperimentazione la cui fabbricazione è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 13 della direttiva 2001/20/CE.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni:1) "Medicinale", qualsiasi prodotto rispondente alla definizione di cui all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2001/83/CE.2) "Medicinale in fase di sperimentazione", qualsiasi prodotto rispondente alla definizione dell'articolo 2, lettera d), della direttiva 2001/20/CE.3) "Fabbricante", qualunque persona impegnata in attività per le quali è necessaria l'autorizzazione di cui all'articolo 40, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2001/83/CE, o di cui all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2001/20/CE.4) "Persona qualificata", la persona di cui all'articolo 48 della direttiva 2001/83/CE o di cui all'articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE.5) "Garanzia della qualità farmaceutica", la somma di tutte le precauzioni messe in atto per garantire che i medicinali o i medicinali in fase di sperimentazione abbiano la qualità richiesta per l'uso cui sono destinati.6) "Buone prassi di fabbricazione", la parte di garanzia della qualità che assicura che i medicinali siano prodotti e controllati secondo norme di qualità adeguate all'uso cui sono destinati.7) "Mascheramento", oscuramento intenzionale dell'identità di un medicinale in fase di sperimentazione secondo le istruzioni del garante.8) "Smascheramento", rivelazione dell'identità di un prodotto mascherato.Articolo 3Ispezioni1. Mediante le reiterate ispezioni, di cui all'articolo 111, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE e di cui all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2001/20/CE, gli Stati membri fanno sì che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici delle buoni prassi di fabbricazione fissate dalla presente direttiva. Gli Stati membri tengono altresì conto della compilazione delle procedure comunitarie sulle ispezioni e lo scambio di informazioni pubblicata dalla Commissione.2. Per interpretare i principi e linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione, i fabbricanti e le autorità competenti tengono conto delle linee direttrici dettagliate di cui all'articolo 47, secondo comma, della direttiva 2001/83/CE, pubblicate dalla Commissione nella "Guida alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali e dei medicinali in fase di sperimentazione".Articolo 4Conformità alle buone prassi di fabbricazione1. Il fabbricante fa sì che le operazioni di fabbricazione siano conformi alle buone prassi di fabbricazione e all'autorizzazione di fabbricazione. Questa disposizione si applica anche ai medicinali destinati esclusivamente all'esportazione.2. Per i medicinali e i medicinali in fase di sperimentazione importati da paesi terzi, l'importatore garantisce che essi rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nella Comunità.L'importatore di medicinali garantisce inoltre che tali medicinali siano prodotti da fabbricanti debitamente autorizzati allo scopo. L'importatore di medicinali in fase di sperimentazione garantisce che tali medicinali siano prodotti da fabbricanti notificati alle autorità competenti e da queste abilitati allo scopo.Articolo 5Conformità all'autorizzazione all'immissione in commercio1. Il fabbricante si accerta che tutte le operazioni di fabbricazione dei medicinali soggetti a un'autorizzazione di immissione in commercio siano eseguite in conformità alle informazioni fornite nella relativa domanda di autorizzazione approvata dalle competenti autorità.Per i medicinali in fase di sperimentazione, il fabbricante si accerta che tutte le operazioni di fabbricazione rispondano alle informazioni fornite dal garante ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE e accettate dalle competenti autorità.2. Il fabbricante riesamina a intervalli regolari i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso tecnico e scientifico e dello sviluppo dei medicinali in fase di sperimentazione.Quando sia necessario una modifica del fascicolo di autorizzazione all'immissione in commercio o della domanda di cui all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE, la richiesta di modifica va presentata alle competenti autorità.Articolo 6Sistema di garanzia della qualitàIl fabbricante istituisce e mette in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l'attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti ai vari dipartimenti.Articolo 7Personale1. In ogni sito produttivo, il fabbricante dispone di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l'obiettivo di garantire la qualità farmaceutica.2. I compiti del personale direttivo e di controllo, compresa la persona qualificata responsabile dell'applicazione della messa in opera delle buone prassi di fabbricazione sono definite in appositi mansionari. I rapporti gerarchici sono definiti in un organigramma. Organigrammi e mansionari sono approvati ai sensi delle procedure interne del fabbricante.3. Al personale di cui al paragrafo 2 è conferita l'autorità necessaria per il corretto esercizio delle sue funzioni.4. Il personale riceve una formazione iniziale e permanente, di cui è verificata l'efficacia, vertente in particolare sulla teoria e la pratica della nozione di garanzia della qualità e delle buone prassi di fabbricazione ed eventualmente su specifici requisiti della fabbricazione dei medicinali in fase di sperimentazione.5. Sono organizzati e seguiti corsi di igiene adeguati alle attività da svolgere. Essi riguardano soprattutto la salute, l'igiene e l'abbigliamento del personale.Articolo 8Stabilimenti e impianti1. L'ubicazione, la progettazione, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione degli stabilimenti e degli impianti di produzione sono adeguate alle attività da svolgervi.2. Gli stabilimenti e gli impianti di produzione sono disposti, progettati e fatti funzionare in modo da minimizzare rischi di errore e da permettere pulizia e manutenzione efficaci onde evitare contaminazioni, contaminazioni incrociate e, in genere, effetti deleteri sulla qualità del prodotto.3. Gli stabilimenti e gli impianti da usare in fasi del processo produttivo decisive per la qualità dei prodotti sono sottoposti a adeguate prescrizioni e omologazione.Articolo 9Documentazione1. Il fabbricante istituisce e aggiorna un sistema di documentazione basato su specifiche, formule di fabbricazione, istruzioni di lavorazione e di imballaggio, procedure e registrazioni per ogni operazione produttiva eseguita. La documentazione è chiara, veritiera, aggiornata. Sono tenute a disposizione procedure prestabilite e condizioni della produzione generale e i documenti specifici alla produzione di ciascun lotto. Tale insieme di documenti permette di ricostruire l'iter di fabbricazione di ogni lotto e le modifiche introdotte durante lo sviluppo di un medicinale in fase di sperimentazione.La documentazione sui lotti di un medicinale è conservata per almeno un anno dalla data di scadenza dei lotti cui si riferisce o almeno per cinque anni dal rilascio degli attestati di cui all'articolo 51, paragrafo 3, della direttiva 2001/83/CE, qualunque sia il periodo più lungo.Per i medicinali in fase di sperimentazione, la documentazione dei lotti è conservata per almeno cinque anni dal completamento o dalla sospensione formale dell'ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. Il garante o, se è diverso, il titolare dell'autorizzazione alla immissione in commercio è responsabile della conservazione dei documenti necessari a tale autorizzazione ai sensi dell'allegato I della direttiva 2001/83/CE se necessari a un'autorizzazione successiva.2. Se invece di documenti scritti si usano sistemi di elaborazione elettronici, fotografici o d'altro tipo, il fabbricante convalida preventivamente i sistemi, provando che i dati verranno adeguatamente memorizzati per il periodo previsto. I dati memorizzati da tali sistemi sono resi disponibili in forma semplice e leggibile e forniti alle autorità competenti su loro richiesta. I dati memorizzati in forma elettronica vanno protetti contro perdite o danneggiamenti, per esempio mediante metodi quali la duplicazione o la produzione di copie di riserva trasferite su altri sistemi di stoccaggio; sono inoltre conservate piste di controllo.Articolo 10Produzione1. Le varie operazioni di produzione sono effettuate secondo istruzioni e procedure prestabilite e in base a buone prassi di fabbricazione. Risorse adeguate e sufficienti sono destinate ai controlli durante la produzione. Procedure deviate e difetti di produzione vanno documentati e accuratamente investigati.2. Sono presi adeguati provvedimenti tecnico-organizzativi per evitare contaminazioni incrociate e miscele. Per i medicinali in fase di sperimentazione, particolare attenzione è prestata alla manipolazione dei prodotti durante e dopo ogni operazione di mascheramento.3. Per i medicinali, ogni nuova fabbricazione o modifica importante alla produzione di un medicinale è convalidata. Fasi critiche dei processi produttivi formano regolarmente oggetto di nuova convalida.4. Per i medicinali in fase di sperimentazione è eventualmente convalidato l'intero processo di fabbricazione tenendo conto della fase di sviluppo del prodotto. Sono convalidate almeno le fasi più importanti, per esempio la sterilizzazione. Tutte le fasi di progettazione e sviluppo del processo produttivo sono minuziosamente documentate.Articolo 11Controllo di qualità1. Il fabbricante istituisce e mantiene un sistema di controllo della qualità, posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e indipendente dalla produzione.Tale persona dispone o può accedere a uno o più laboratori di controllo della qualità dotati di personale adeguato e di strumenti atti ad analizzare e testare le materie prime, i materiali da imballaggio e i prodotti intermedi e finali.2. Per i medicinali, compresi quelli importati da paesi terzi, si può ricorrere a laboratori esterni ai sensi dell'articolo 12 della presente direttiva e dell'articolo 20, lettera b), della direttiva 2001/83/CE.Per i medicinali in fase di sperimentazione, il garante fa sì che il laboratorio esterno si conformi ai requisiti di cui all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE, prescritti dalla competente autorità. Quando i prodotti sono importati da paesi terzi, le analisi non sono obbligatorie.3. Durante il controllo finale del prodotto finito, prima della distribuzione o dell'immissione in commercio o dell'utilizzazione per sperimentazione clinica, il sistema di controllo della qualità tiene conto, oltre che dei risultati delle analisi, anche di informazioni essenziali come le condizioni di produzione, i controlli nel corso del processo, l'esame dei documenti di fabbricazione, la conformità del prodotto alle specifiche e l'imballaggio definitivo.4. I campioni di ogni lotto di medicinale finito sono conservati per almeno un anno dalla data di scadenza.Per i medicinali in fase di sperimentazione, sono conservati, per almeno due anni dal completamento o dalla sospensione formale dell'ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato, qualunque sia il periodo più a lungo, campioni sufficienti di ogni lotto di prodotto alla rinfusa e delle principali componenti d'imballaggio usate per ogni lotto di prodotto finito.A meno che lo Stato membro di fabbricazione non richieda per legge un periodo più lungo, i campioni delle materie prime usate nel processo di fabbricazione, esclusi solventi, gas o acqua, sono conservati per almeno due anni dall'autorizzazione del medicinale. Tale periodo può essere abbreviato se il periodo di stabilità della materia prima, indicato nella specifica che la riguarda, è più breve. Tutti i campioni vanno tenuti a disposizione delle autorità competenti.D'accordo con l'autorità competente, si possono definire altre condizioni di campionamento e di conservazione delle materie prime e di taluni medicinali fabbricati singolarmente o in piccola quantità, ovvero se il loro immagazzinamento solleva particolari problemi.Articolo 12Appalto di operazioni1. Ogni operazione di fabbricazione, o operazione collegata, affidate contrattualmente a terzi, forma oggetto di un contratto scritto.2. Il contratto definisce chiaramente le responsabilità delle parti e in particolare l'obbligo dell'appaltatore di rispettare le buone prassi di fabbricazione e il modo in cui la persona qualificata responsabile della certificazione di ciascun lotto deve esercitare le proprie funzioni.3. L'appaltatore non può subappaltare alcun lavoro affidatogli senza una autorizzazione scritta del committente.4. L'appaltatore rispetta i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione e si sottopone alle ispezioni effettuate dalle autorità competenti di cui all'articolo 111 della direttiva 2001/83/CE e all'articolo 15 della direttiva 2001/20/CE.Articolo 13Reclami, richiamo del prodotto e smascheramento d'emergenza1. Per i medicinali, il fabbricante mette in opera un sistema che registri ed esamini i reclami e un sistema efficace di richiamo rapido, in qualunque momento, dei medicinali nella rete di distribuzione. Egli registra ed esamina ogni reclamo relativo a difetti e informa l'autorità competente di tutti i difetti che possano dar luogo a richiami o ad anormali limitazioni delle forniture e, nei limiti del possibile, indica i paesi di destinazione.I richiami sono effettuati in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 123 della direttiva 2001/83/CE.2. Per i medicinali in fase di sperimentazione, il fabbricante istituisce, insieme al garante, un sistema che registri ed esamini i reclami e un sistema efficace di richiamo rapido in qualunque momento dei medicinali in fase di sperimentazione già immessi nel circuito di distribuzione. Egli registra ed esamina ogni reclamo riguardante difetti e informa l'autorità competente di tutti i difetti che possano dar luogo a richiami o ad anormali limitazioni delle forniture.Per i medicinali in fase di sperimentazione vanno indicati tutti i siti di prova e nei limiti del possibile, anche i paesi di destinazione.In caso di medicinale in fase di sperimentazione di cui sia stata autorizzata l'immissione in commercio, il fabbricante di tale medicinale, insieme al garante, informa il titolare dell'autorizzazione di ogni possibile difetto del medicinale autorizzato.3. Se necessario ad accelerare un richiamo di cui al paragrafo 2, il garante predispone una procedura per lo smascheramento urgente di prodotti mascherati. La procedura garantisce che l'identità del prodotto mascherato sia rivelata solo nella misura del necessario.Articolo 14AutoispezioneIn seno al sistema di garanzia della qualità, il fabbricante effettua ripetute autoispezioni per controllare l'applicazione e il rispetto delle buone prassi di fabbricazione e proporre i necessari correttivi. Le autoispezioni sono registrate, come pure tutti i successivi correttivi.Articolo 15EtichettaturaL'etichettatura di un medicinale in fase di sperimentazione è tale da tutelarne l'oggetto e garantirne la rintracciabilità, da consentire l'identificazione dei prodotti e degli esami e da permettere l'uso adeguato del medicinale in fase di sperimentazione.Articolo 16Abrogazione della direttiva 91/356/CEELa direttiva 91/356/CEE è abrogata.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 17Attuazione1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 30 aprile 2004. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo delle norme e la tavola di concordanza tra tali norme e quelle della direttiva.Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle principali disposizioni nazionali da essi adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.Articolo 18Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 19DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, l'8 ottobre 2003.Per la CommissioneErkki LiikanenMembro della Commissione(1) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.(2) GU L 159 del 27.6.2003, pag. 46.(3) GU L 193 del 17.7.1991, pag. 30.(4) GU L 121 dell'1.5.2001, pag. 34.
Medicinali per uso umano e medicinali per uso umano in fase di sperimentazione — Fabbricazione sicura SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Stabilisce i principi e le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione*. PUNTI CHIAVE Le autorità nazionali devono organizzare ispezioni per garantire che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici definiti dalla normativa. I fabbricanti devono: garantire che le proprie attività siano correttamente autorizzate e rispettino le buone prassi di fabbricazione; rivedere regolarmente i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso scientifico e tecnico; istituire e mettere in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l’attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti; disporre di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l’obiettivo di garantire la qualità farmaceutica; definire i compiti del personale direttivo e di controllo e fornire loro una formazione adeguata; stilare e tenere aggiornato un sistema di documentazione, un sistema di controllo della qualità posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e corsi di igiene; condurre frequenti ispezioni delle proprie operazioni e adottare ogni necessaria azione correttiva; implementare un sistema per rispondere ai reclami, esaminarli e mettere in atto misure per richiamare tempestivamente qualsiasi medicinale, se necessario, informando al contempo le autorità competenti della loro azione. I locali e le attrezzature utilizzate devono essere situati, progettati, costruiti, adattati e mantenuti per soddisfare il loro scopo, ridurre al minimo il rischio di errore e consentire una pulizia e una manutenzione efficaci. Il sistema di documentazione deve contenere i dettagli di ciascun lotto di prodotti ed essere conservato per almeno un anno dopo la data di scadenza per i medicinali e, per i medicinali in fase di sperimentazione, per almeno cinque anni dal completamento dell’ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. I dati elettronici devono essere protetti da eventuali perdite o danni. Le diverse operazioni di produzione devono essere conformi alle istruzioni e alle procedure prestabilite. Il sistema di controllo della qualità deve includere l’accesso ai laboratori di controllo della qualità e deve conservare i campioni di ciascun lotto di prodotti per almeno un anno dopo la data di scadenza per i medicinali e, per i medicinali in fase di sperimentazione, per almeno cinque anni dal completamento dell’ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. Qualsiasi lavoro appaltato deve essere autorizzato da un contratto scritto che definisca le responsabilità di entrambe le parti a rispettare le buone prassi di fabbricazione. Gli importatori devono garantire che i prodotti importati rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nell’Unione europea (UE). Una normativa a parte [regolamento (UE) n. 536/2014] stabilisce le condizioni che le sperimentazioni cliniche devono soddisfare. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 3 novembre 2003. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 30 aprile 2004. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Qualità dei medicinali e buone prassi di fabbricazione» sul sito Internet della Commissione europea «Conformità con le buone prassi di fabbricazione e le buone prassi di distribuzione» sul sito Internet dell’Agenzia europea per i medicinali TERMINE CHIAVE * Medicinale in fase di sperimentazione: principio attivo in forma farmaceutica o placebo sottoposto a sperimentazione oppure utilizzato come riferimento nel corso di una sperimentazione clinica. ATTO Direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell’8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (GU L 262 del 14.10.2003, pagg. 22-26) ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 1-33). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 726/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 34-57) Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pagg. 67-128). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE (GU L 158 del 27.5. 2014, pagg. 1-76)
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Decisione del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che autorizza gli Stati membri a firmare, nell’interesse della Comunità, la convenzione dell’Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori Gazzetta ufficiale n. L 048 del 21/02/2003 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 19 dicembre 2002che autorizza gli Stati membri a firmare, nell'interesse della Comunità, la convenzione dell'Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori(2003/93/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 61, lettera c) e l'articolo 300,vista la proposta della Commissione,considerando quanto segue:(1) La Comunità sta operando al fine di creare uno spazio giudiziario comune basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie.(2) La convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa il 19 ottobre 1996 nel contesto della conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato (in prosieguo denominata la "convenzione"), apporta un valido contributo alla protezione dei minori a livello internazionale ed è pertanto auspicabile che le sue disposizioni siano applicate al più presto.(3) Alcuni articoli della convenzione hanno ripercussioni sul diritto comunitario derivato in materia di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni di cui specialmente al regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi(1).(4) La Comunità ha competenza esclusiva per le pertinenti disposizioni della convenzione nella misura in cui tali articoli abbiano ripercussioni sulla normativa comunitaria in materia. Gli Stati membri dovrebbero conservare le loro competenze nelle materie disciplinate dalla convenzione che non incidono sul diritto comunitario.(5) Il testo della convenzione riconosce soltanto agli Stati sovrani la qualità di parti contraenti. Attualmente, quindi, la Comunità non può firmare o ratificare tale convenzione né aderirvi.(6) È pertanto opportuno che, nell'interesse della Comunità e alle condizioni di cui alla presente decisione, il Consiglio autorizzi in via eccezionale gli Stati membri a firmare la convenzione dell'Aia del 1996.(7) In base agli articoli 23, 26 e 52 della convenzione una decisione presa in uno Stato membro in una delle materie contemplate dalla medesima può essere riconosciuta ed eseguita in un altro Stato membro conformemente alle pertinenti norme interne del diritto comunitario.(8) Il Regno Unito e l'Irlanda partecipano all'adozione e all'applicazione della presente decisione.(9) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente decisione e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 11. Il Consiglio autorizza gli Stati membri a firmare la convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa il 19 ottobre 1996, in appresso denominata "la convenzione", nell'interesse della Comunità, fatte salve le condizioni stabilite negli articoli in appresso.2. Il testo della convenzione è allegato alla presente decisione(2).3. Ai fini della presente decisione si intende per "Stato membro" tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.Articolo 2All'atto della firma della convenzione gli Stati membri presentano la seguente dichiarazione:"Gli articoli 23, 26 e 52 della convenzione concedono alle parti contraenti una certa flessibilità ai fini della semplicità e della rapidità del regime di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni. La normativa comunitaria prevede un sistema di riconoscimento ed esecuzione che è almeno altrettanto favorevole quanto le norme stabilite dalla convenzione. Di conseguenza, una decisione emanante da un organo giurisdizionale di uno Stato membro dell'Unione europea su una questione relativa alla convenzione è riconosciuta ed eseguita in ...(3) in applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario(4)."Articolo 3Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie affinché la convenzione sia firmata anteriormente al 1o giugno 2003.Articolo 4All'atto della firma della convenzione gli Stati membri informano per iscritto il ministero degli Affari esteri del Regno dei Paesi Bassi che la firma è avvenuta in conformità della presente decisione.Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 19 dicembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Espersen(1) GU L 160 del 30.6.2000, pag. 19. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1185/2002 della Commissione (GU L 173 del 3.7.2002, pag. 3).(2) Cfr. pagina 3 della presente Gazzetta ufficiale.(3) Stato membro che procede alla dichiarazione.(4) In questo settore il regolamento (CE) n. 1347/2000 svolge un ruolo speciale per quanto riguarda la competenza, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi.
Responsabilità genitoriale e protezione dei minori (convenzione dell’Aia) CHE COSA FA LA PRESENTE DECISIONE? Autorizza i paesi dell’UE a firmare la convenzione dell’Aia. La convenzione stabilisce norme volte a migliorare la protezione dei minori nelle situazioni internazionali e a evitare conflitti fra sistemi giuridici nazionali diversi. Tutti i paesi dell’UE sono parte della convenzione dell’Aia. Ciò significa che possono fare affidamento su norme giuridiche comuni quando si confrontano con paesi esterni all’UE parte della convenzione al fine di proteggere i minori coinvolti in controversie internazionali. PUNTI CHIAVE La convenzione è stata conclusa ai sensi della Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato. e riguarda la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. Che cosa vi rientra? La convenzione mira a dare protezione internazionale ai minori di 18 anni, stabilendo: il paese competente ad assumere misure per la protezione di un minore o dei suoi beni; la legge applicabile per l’esercizio di tale competenza; la legge applicabile alla responsabilità genitoriale; il riconoscimento e l’esecuzione delle misure di protezione in tutti i paesi firmatari; la cooperazione fra i paesi firmatari. Le misure volte a proteggere i minori si riferiscono: alla responsabilità genitoriale; ai diritti di affidamento; alla tutela; alla rappresentanza del minore; all’affidamento del minore in una famiglia di accoglienza o altra assistenza; alla supervisione delle cure fornite; all’amministrazione dei beni del minore. Quale paese è responsabile? Il paese competente a fornire misure di protezione è generalmente il paese di residenza abituale del minore. Si tratta del paese in cui si trovano: nel caso di minori rifugiati o minori sfollati a livello internazionale; nel caso di minori il cui paese di residenza abituale non può essere stabilito; in caso di emergenza (facoltativo). Eccezione In un caso particolare, se un altro paese sembra essere in una posizione migliore per valutare l’interesse superiore del minore, può essere consentito che ne assuma la competenza. Quale legge si applica? Il paese che esercita la competenza lo fa ai sensi del proprio diritto. In via eccezionale, esso può applicare o prendere in considerazione il diritto di un altro paese strettamente connesso alla situazione (se ciò è nell’interesse superiore del minore). Un paese può rifiutare di applicare il diritto indicato dalla convenzione solo per motivi giustificati di ordine pubblico e nell’interesse superiore del minore. Riconoscimento ed esecuzione Le misure che un paese firmatario adotta ai sensi della presente convenzione per proteggere un minore o i suoi beni devono essere riconosciute in tutti gli altri paesi firmatari. Solo in un numero limitato di casi, come specificato nella convenzione, un paese può rifiutarne il riconoscimento. Quando le misure di protezione sono dichiarate applicabili in un altro paese, tale paese deve applicarle come se le avesse adottate esso stesso, in conformità con il proprio diritto interno. Cooperazione Ciascun paese firmatario deve designare una o più autorità centrali incaricate di far fronte agli obblighi che gli sono imposti dalla convenzione. Tali autorità devono cooperare e scambiarsi reciprocamente informazioni, nonché promuovere la cooperazione in tali casi presso le autorità nazionali. CONTESTO Proteggere i diritti dei minori: informazioni dell’UE. ATTO Decisione 2003/93/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che autorizza gli Stati membri a firmare, nell’interesse della Comunità, la convenzione dell’Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori (GU L 48 del 21.2.2003, pag. 1-2) ATTI COLLEGATI Decisione 2008/431/CE del Consiglio, del 5 giugno 2008, che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la convenzione dell’Aia del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, ovvero ad aderirvi, nell’interesse della Comunità europea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario — Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori (GU L 151 dell’11.6.2008, pag. 36-48)
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Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 081 del 19/03/2004 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 marzo 2004relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione,visto il parere della Banca centrale europea(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità(3) costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri ai fini delle esigenze statistiche della Comunità europea, per ottenere risultati comparabili fra gli Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze in materia di informazione, approvata dal Consiglio ECOFIN il 18 gennaio 1999, sottolinea che, per il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, la sorveglianza e il coordinamento efficaci delle politiche economiche rivestono grande importanza, e che ciò presuppone un sistema di informazione statistica completo che fornisca ai responsabili politici i dati necessari per le loro decisioni. La relazione afferma altresì che le statistiche congiunturali delle finanze pubbliche degli Stati membri dovrebbero essere considerate altamente prioritarie, in particolare quelle degli Stati membri che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo da raggiungere è quello di compilare conti finanziari trimestrali per il settore delle amministrazioni pubbliche, secondo un approccio graduale.(3) I dati nazionali trimestrali dei conti finanziari (operazioni e conti patrimoniali) delle amministrazioni pubbliche rappresentano una parte considerevole dell'insieme delle operazioni finanziarie e dei conti patrimoniali finanziari nella zona euro e forniscono informazioni importanti ai fini dell'attuazione della politica monetaria. A questo riguardo, e per le proprie necessità, il consiglio direttivo della Banca centrale europea ha adottato regolamenti e orientamenti intesi a garantire la trasmissione alla Banca centrale europea di dati infra-annuali sulle statistiche finanziarie e sui conti finanziari nazionali.(4) Informazioni relative al settore di contropartita per le operazioni finanziarie e i conti patrimoniali delle amministrazioni pubbliche sono necessarie per consentire un'analisi esaustiva dei finanziamenti e degli investimenti finanziari delle amministrazioni pubbliche per settore di contropartita e per strumento.(5) Il regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(4) e il regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche(5) specificano i dati trimestrali non finanziari per le amministrazioni pubbliche che gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat).(6) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione può adottare modifiche della metodologia del sistema europeo dei conti per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse supplementari negli Stati membri e non può pertanto essere oggetto di una decisione della Commissione, ma dovrebbe piuttosto essere adottata con un regolamento specifico del Parlamento europeo e del Consiglio.(7) Il comitato del programma statistico (CPS) istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(6) e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito dalla decisione 91/115/CEE del Consiglio(7), si sono espressi a favore della presente proposta di regolamento,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1OggettoScopo del presente regolamento è quello di elencare e precisare le principali caratteristiche delle categorie di operazioni finanziarie e di attività e passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche e di ciascuno dei suoi sottosettori, come definite dal Sistema europeo dei conti (SEC 95), da trasmettere trimestralmente alla Commissione (Eurostat), secondo un approccio graduale.Articolo 2Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. Per ottenere statistiche di alta qualità, i dati trimestrali relativi alle operazioni finanziarie e alle attività e passività finanziarie si basano, nella misura del possibile, su informazioni messe direttamente a disposizione dalle amministrazioni pubbliche. Tuttavia, i dati trimestrali relativi alle azioni non quotate (AF.512) e altre partecipazioni (AF.513), come definiti e codificati nel SEC 95 e detenuti dalle unità delle amministrazioni pubbliche, possono essere stimati per interpolazione e estrapolazione sulla base dei dati annuali corrispondenti.2. La compilazione dei dati trimestrali per le operazioni finanziarie e le attività e passività finanziarie è conforme alle regole del SEC 95, in particolare per quanto riguarda la classificazione settoriale delle unità istituzionali, le regole di consolidamento, la classificazione delle operazioni finanziarie e delle attività e passività finanziarie, il momento della registrazione e i criteri di valutazione.3. I dati trimestrali e i dati annuali corrispondenti trasmessi alla Commissione in conformità al regolamento (CE) n. 2223/96 sono tra loro coerenti.4. I dati trimestrali relativi alle attività e passività finanziarie si riferiscono agli importi delle attività e passività in essere alla fine di ogni trimestre.Articolo 3Trasmissione di dati trimestrali sulle operazioni finanziarie e sulle attività e passività finanziarie1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati trimestrali relativi alle operazioni finanziarie (F.) e alle consistenze di attività e passività finanziarie (AF.) per gli strumenti qui di seguito elencati, definiti e codificati nel SEC 95:a) oro monetario e diritti speciali di prelievo (DSP) (F.1 e AF.1);b) biglietti, monete e depositi (F.2 e AF.2);c) titoli a breve termine diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (F.331 e AF.331);d) titoli a lungo termine diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (F.332 e AF.332);e) strumenti finanziari derivati (F.34 e AF.34);f) prestiti a breve termine (F.41 e AF.41);g) prestiti a lungo termine (F.42 e AF.42);h) azioni e altre partecipazioni (F.5 e AF.5);i) diritti netti delle famiglie sulle riserve tecniche di assicurazione-vita e sulle riserve dei fondi pensione (F.61 e AF.61);j) riserve premi e riserve sinistri (F.62 e AF.62);k) altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7).2. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione (Eurostat) i seguenti dati trimestrali per il sottosettore amministrazioni centrali (S.1311) di cui all'articolo 4:a) azioni quotate (F.511 e AF.511), per quanto riguarda le operazioni su attività finanziarie e lo stock di attività finanziarie;b) biglietti e monete (F.21 e AF.21), per quanto riguarda le operazioni su passività finanziarie e lo stock di passività finanziarie.Articolo 4Copertura del settore e dei sottosettori delle amministrazioni pubblicheGli Stati membri trasmettono dati trimestrali per il settore e i sottosettori delle amministrazioni pubbliche (S.13) come definiti e codificati dal SEC 95:- amministrazioni centrali (S.1311),- amministrazioni di Stati federati (S.1312),- amministrazioni locali (S.1313),- enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314).Articolo 5Natura dei dati trimestrali coperti da trasmettere1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 sono trasmessi in forma consolidata per i sottosettori delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 4.2. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 sono trasmessi in forma consolidata e non consolidata per il settore delle amministrazioni pubbliche (S.13) di cui all'articolo 4.3. I dati trimestrali ripartiti per settore di contropartita sono trasmessi per i sottosettori amministrazioni centrali (S.1311) e enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314) di cui all'articolo 4 e all'allegato del presente regolamento.Articolo 6Calendario per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui agli articoli 3, 4 e 5 sono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.2. Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti sono trasmesse allo stesso tempo.3. La prima trasmissione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3, ad eccezione di altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7), all'articolo 4 e all'articolo 5 avviene secondo il calendario seguente:a) per il sottosettore amministrazioni centrali (S.1311) e per il sottosettore enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314), entro il 30 giugno 2004; la Commissione ha la facoltà di concedere una deroga non superiore a 18 mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di dati ripartiti per settore di contropartita e di alcuni dati relativi ad operazione finanziarie e ad attività e passività finanziarie, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;b) per i sottosettori amministrazioni di Stati federati (S.1312) e amministrazioni locali (S.1313):i) entro il 30 giugno 2004 per le operazioni su passività e le passività di cui all'articolo 3, paragrafo 1; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a 18 mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;ii) entro il 30 giugno 2005 per le operazioni su attività e le attività di cui all'articolo 3, paragrafo 1; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;c) per il settore amministrazioni pubbliche (S.13), entro il 30 giugno 2005; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.4. La prima trasmissione alla Commissione (Eurostat) di dati trimestrali relativi agli altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7) per il settore amministrazioni pubbliche (S.13) e i suoi sottosettori di cui all'articolo 4 è effettuata entro il 30 giugno 2005; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Trasmissione di dati pregressi1. I dati trimestrali di cui all'articolo 6 comprendono i dati pregressi relativi alle operazioni finanziarie dal primo trimestre 1999 e ai conti patrimoniali finanziari dal quarto trimestre 1998, secondo il calendario di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, per la prima trasmissione dei dati.2. Ove necessario, i dati pregressi possono essere basati sulle "migliori stime", rispettando in particolare le disposizioni di cui all'articolo 2, paragrafi 2 e 3.Articolo 8Applicazione1. Quando iniziano la trasmissione dei dati trimestrali secondo il calendario di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale).2. Quando trasmettono i dati riveduti, gli Stati membri comunicano alla Commissione (Eurostat) ogni modifica apportata alla descrizione iniziale.3. La Commissione (Eurostat) informa il comitato del programma statistico (CPS) e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB) circa le fonti e i metodi utilizzati da ciascuno Stato membroArticolo 9RelazioneSulla base della trasmissione di dati di cui agli articoli 3, 4 e 5, e previa consultazione del CPS e del CMFB, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 10 marzo 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 165 del 16.7.2003, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 22 dicembre 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 10 febbraio 2004 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1).(4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(5) GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1.(6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(7) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATORipartizione per settore di contropartita(1)Operazioni finanziarie e conti patrimoniali finanziari delle amministrazioni centrali (S.1311) e degli enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314)(2)>PIC FILE= "L_2004081IT.000502.TIF">(1) I riquadri incorniciati indicano i dati da trasmettere.(2) I codici, tratti dal SEC 95, indicano: S: settori/sottosettori; F: operazioni finanziarie; AF: voci dei conti patrimoniali finanziari.
Statistiche finanziarie trimestrali delle amministrazioni pubbliche dei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Elenca e definisce le principali categorie delle operazioni finanziarie del settore pubblico* e delle attività * e passività finanziarie*, i cui dettagli devono essere comunicati alla Commissione europea (Eurostat) dai paesi dell’Unione europea (UE) ogni tre mesi. PUNTI CHIAVE Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori: amministrazione centrale; amministrazione statale; amministrazione locale; enti di previdenza sociale. Le informazioni sulle operazioni finanziarie e sulle attività e passività finanziarie che gli istituti di statistica dei paesi dell’UE devono fornire trimestralmente a Eurostat sono stabilite nel SEC 95. Esso riguarda: oro e diritti speciali di prelievo*; biglietti, monete e depositi; titoli a breve* e a lungo termine*, diversi dalle azioni e dagli strumenti finanziari derivati*; strumenti finanziari derivati (un contratto tra una o più parti basato su attività finanziarie); prestiti a breve termine*; azioni e altre partecipazioni*; diritti netti delle famiglie sulle tecniche di assicurazione-vita e sui fondi pensione; riserve premi e riserve sinistri; altri conti attivi e passivi. I dati che i paesi dell’UE devono fornire a Eurostat riguardano l’amministrazione centrale, statale e locale e gli enti di previdenza sociale, nonché la pubblica amministrazione (consolidata e non consolidata). Esistono dei termini per la trasmissione dei dati. Ad esempio, in generale, devono essere inviati a Eurostat entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono. I governi dell’UE devono illustrare ad Eurostrat le fonti e i metodi che utilizzano per la compilazione dei dati forniti. Eurostat deve informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti delle fonti e dei metodi utilizzati da ogni governo dell’UE. La Commissione doveva presentare una relazione contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2005. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si è applicato dall’8 aprile 2004 al 31 agosto 2014. CONTESTO Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE. * TERMINI CHIAVE Operazione finanziaria: accordo, comunicazione o trasferimento tra un venditore e un acquirente per scambiare un bene a fronte di un pagamento. Attività finanziaria: qualcosa posseduto, come ad esempio denaro, beni, terre, edifici o attrezzature, che può procurare dei futuri benefici. Passività finanziaria: obblighi che richiedono il pagamento di denaro o la prestazione di servizi. Diritti speciali di prelievo: un tipo di denaro internazionale, creato dal Fondo monetario internazionale, che si basa su una media ponderata di varie valute convertibili. Titoli a breve termine: attività che si prevedono scadere o essere liquidate entro un anno, con alcune eccezioni. Degli esempi sono i buoni del tesoro. Titolo a lungo termine: uno strumento finanziario, come ad esempio un’obbligazione. Strumento finanziario derivato: un contratto il cui valore proviene dalla prestazione di un’entità a monte, come ad esempio un’attività, un indice o un tasso d’interesse. Prestito a breve termine: un prestito che si prevede verrà restituito in meno di un anno. Azioni e altre partecipazioni: le azioni del capitale proprio di una società o altre forme di titoli che rappresentano una situazione giuridica di proprietà. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 501/2004 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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DIRETTIVA 2009/126/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 ottobre 2009 relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (3), ha sancito la necessità di ridurre l’inquinamento atmosferico a livelli tali che limitino al minimo gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente. (2) Il protocollo di Ginevra concernente la lotta contro le emissioni di composti organici volatili o i loro flussi transfrontalieri fissa obiettivi di riduzione delle emissioni dei composti organici volatili (COV) e il protocollo di Göteborg relativo alla riduzione dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e dell’ozono troposferico (4) stabilisce limiti nazionali per le emissioni di quattro inquinanti, biossido di zolfo, ossidi di azoto, COV e ammoniaca, e richiede che siano utilizzate le migliori tecniche disponibili onde limitare le emissioni. (3) La direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (5), fissa una serie di obiettivi di qualità dell’aria per l’ozono troposferico e il benzene, mentre la direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (6), stabilisce limiti nazionali di emissione per i COV che contribuiscono alla formazione dell’ozono troposferico. Le emissioni di COV, compresi i vapori di benzina, prodotte in uno Stato membro possono contribuire ad aggravare i problemi di qualità dell’aria in altri Stati membri. (4) L’ozono è anche un gas ad effetto serra e contribuisce al riscaldamento atmosferico e al cambiamento climatico. (5) La direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio (7) (fase I del recupero dei vapori di benzina), è intesa a recuperare i vapori di benzina emessi dal deposito e dalla distribuzione della benzina fra i terminal petroliferi e le stazioni di servizio. (6) I vapori di benzina sono emessi anche durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio e dovrebbero essere recuperati secondo modalità conformi alle disposizioni della direttiva 94/63/CE. (7) Vari strumenti comunitari sono stati sviluppati e messi in atto per limitare le emissioni di COV. Sono tuttavia necessarie ulteriori azioni per conseguire gli obiettivi in materia di salute e ambiente stabiliti dal sesto programma di azione comunitaria per l’ambiente e dalla direttiva 2001/81/CE. (8) Allo scopo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra durante il ciclo di vita dei combustibili destinati al trasporto su strada, la direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (8), permetterà, a partire dal 1o gennaio 2011, l’immissione sul mercato di benzina contenente una percentuale maggiore di componenti costituiti da biocarburanti rispetto al passato. Ciò potrà determinare un aumento di emissioni di COV, a causa della possibilità che gli Stati membri pongano in essere deroghe limitate ai requisiti in materia di tensione di vapore previsti da detta direttiva. (9) È possibile che le stazioni di servizio esistenti debbano adattare le infrastrutture attualmente in uso ed è preferibile installare attrezzature di recupero dei vapori in caso di ristrutturazioni complete del sistema di alimentazione (vale a dire una significativa modifica o il rinnovo dell’infrastruttura della stazione, in particolare dei serbatoi e delle tubazioni), poiché ciò riduce notevolmente il costo dei necessari adeguamenti. Tuttavia, le stazioni di servizio di dimensioni maggiori possono essere adattate con minori difficoltà e sarebbe opportuno che installassero le attrezzature di recupero dei vapori più rapidamente, visto che producono maggiori emissioni. Le stazioni di servizio nuove possono integrare le attrezzature di recupero dei vapori di benzina in fase di progettazione e costruzione della stazione di servizio e quindi possono installare immediatamente le attrezzature in questione. (10) I serbatoi di carburante dei veicoli a motore di nuova fabbricazione non contengono vapori di benzina. È pertanto opportuna una deroga per il primo rifornimento di tali veicoli. (11) Sebbene vari Stati membri prevedano requisiti nazionali in materia di sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina, non vi è alcuna legislazione comunitaria. È quindi opportuno stabilire un livello minimo uniforme di recupero dei vapori di benzina per garantire un beneficio elevato per l’ambiente e incentivare il commercio di attrezzature per il recupero dei vapori di benzina. (12) Per assicurare che le attrezzature di recupero dei vapori di benzina permettano effettivamente di ridurre le emissioni, è opportuno sottoporre a controlli periodici tutte le attrezzature installate per la fase II del recupero dei vapori di benzina. Gli Stati membri possono decidere che i controlli debbano essere eseguiti da uno o più dei seguenti soggetti: servizi ufficiali di ispezione, l’operatore stesso o un terzo. Nel caso di ispezioni ufficiali, gli Stati membri dovrebbero tener conto della raccomandazione 2001/331/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, che stabilisce i criteri minimi per le ispezioni ambientali negli Stati membri (9). (13) Le attrezzature di recupero dei vapori di benzina di fase II dovrebbero essere sottoposte a verifiche regolari. Si dovrebbe incoraggiare il comitato europeo di normalizzazione (CEN) a sviluppare una metodologia di verifica armonizzata. (14) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e ne garantiscano l’attuazione. Tali sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive, in quanto il mancato rispetto delle disposizioni può comportare danni alla salute umana e all’ambiente. (15) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (10), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento. (16) Poiché è adottata ai sensi dell’articolo 175 del trattato, la presente direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o di introdurre misure di protezione più rigorose che siano compatibili con il trattato. Ai sensi dell’articolo 176 del trattato, gli Stati membri devono notificare alla Commissione siffatte misure. (17) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (11). (18) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare misure di attuazione in materia di armonizzazione di norme e metodi. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (19) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire ridurre le emissioni di vapori di benzina nell’atmosfera, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della natura transfrontaliera dell’inquinamento atmosferico, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce misure intese a ridurre la quantità di vapori di benzina emessi nell’atmosfera durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «benzina», la benzina ai sensi della definizione di cui all’articolo 2, lettera a), della direttiva 94/63/CE; 2) «vapori di benzina», composti gassosi che evaporano dalla benzina; 3) «stazione di servizio», una stazione di servizio ai sensi dell’articolo 2, lettera f), della direttiva 94/63/CE; 4) «stazione di servizio esistente», una stazione di servizio che è già costruita o per la quale, prima del 1o gennaio 2012, è concessa un’autorizzazione specifica di progettazione, una licenza di costruzione o di esercizio; 5) «stazione di servizio nuova», una stazione di servizio che è già costruita o per la quale, il 1o gennaio 2012 o successivamente a tale data, è concessa un’autorizzazione specifica di progettazione, una licenza di costruzione o di esercizio; 6) «sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina», l’attrezzatura per recuperare i vapori di benzina spostati dal serbatoio del carburante di un veicolo a motore durante il rifornimento in una stazione di servizio e che li trasferisce in una cisterna di stoccaggio nella stazione di servizio o li riconvoglia al distributore di benzina per rimetterli in vendita; 7) «efficienza della cattura di vapori di benzina», la quantità di vapori di benzina catturati dal sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina rispetto alla quantità di vapori di benzina che sarebbero stati emessi nell’atmosfera in assenza di tale sistema, espressa in percentuale; 8) «rapporto vapori/benzina», il rapporto fra il volume dei vapori di benzina, a pressione atmosferica, che passano attraverso il sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina e il volume della benzina distribuita; 9) «flusso», la quantità totale annua di benzina scaricata da cisterne mobili in una stazione di servizio. Articolo 3 Stazioni di servizio 1. Gli Stati membri assicurano che le stazioni di servizio nuove siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina se: a) il flusso effettivo o previsto è superiore a 500 m3/anno; ovvero b) il flusso effettivo o previsto è superiore a 100 m3/anno e tali stazioni sono situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro. 2. Gli Stati membri assicurano che le stazioni di servizio esistenti, oggetto di una ristrutturazione completa, siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina al momento della ristrutturazione se: a) il flusso effettivo o previsto è superiore a 500 m3/anno; ovvero b) il flusso effettivo o previsto è superiore a 100 m3/anno e sono situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro. 3. Gli Stati membri assicurano che tutte le stazioni di servizio esistenti con un flusso superiore a 3 000 m3/anno siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina entro il 31 dicembre 2018. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 non si applicano alle stazioni di servizio utilizzate esclusivamente in associazione alla produzione e alla consegna di nuovi veicoli a motore. Articolo 4 Livello minimo di recupero dei vapori di benzina 1. Gli Stati membri assicurano, con effetto a decorrere dalla data in cui i sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina diventano obbligatori ai sensi dell’articolo 3, che l’efficienza della cattura dei vapori di benzina di tali sistemi sia pari o superiore all’85 % come certificato dal costruttore conformemente alle pertinenti norme tecniche o secondo le procedure di omologazione europee di cui all’articolo 8 o, in mancanza di tali norme o procedure, di qualsiasi norma nazionale. 2. Con effetto dalla data in cui i sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina diventano obbligatori ai sensi dell’articolo 3, laddove i vapori recuperati siano trasferiti in una cisterna di stoccaggio nella stazione di servizio, il rapporto vapori/benzina è uguale o superiore a 0,95 ma inferiore o uguale a 1,05. Articolo 5 Controlli periodici e informativa per il consumatore 1. Gli Stati membri assicurano che l’efficienza della cattura in servizio dei vapori di benzina dei sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina sia verificata almeno una volta all’anno, o controllando che il rapporto vapori/benzina, in condizioni di simulazione di flusso di benzina, rispetti le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, o utilizzando qualsiasi altro metodo adeguato. 2. In caso di installazione di un sistema di controllo automatico, gli Stati membri assicurano che l’efficienza della cattura dei vapori di benzina sia verificata almeno una volta ogni tre anni. Un tale sistema di controllo automatico rileva automaticamente i guasti nel corretto funzionamento del sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina così come nel sistema stesso di controllo automatico, indica i guasti al gestore della stazione di servizio e arresta automaticamente il flusso di benzina dal distributore difettoso se il guasto non è riparato entro sette giorni. 3. Qualora una stazione di servizio abbia installato un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina, gli Stati membri assicurano che sul distributore di benzina, o nelle sue vicinanze, sia esposto un cartello, un adesivo o qualsiasi altra forma di notifica che ne informi i consumatori. Articolo 6 Sanzioni Gli Stati membri determinano le disposizioni relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro il 1o gennaio 2012 e le notificano tempestivamente ogni ulteriore modifica di tali disposizioni. Articolo 7 Riesame Entro il 31 dicembre 2014 la Commissione riesamina l’attuazione della presente direttiva e, in particolare: a) la soglia di 100 m3/anno di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera b), della presente direttiva, nonché all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 94/63/CE; b) la rilevazione della conformità in servizio dei sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina; e c) la necessità di dispositivi di controllo automatico. Essa comunica i risultati di tale riesame al Parlamento europeo e al Consiglio, corredati, se del caso, di una proposta legislativa. Articolo 8 Adeguamenti tecnici I metodi e le norme armonizzati possono essere adottati ai fini degli articoli 4 e 5. Se necessario ai fini della coerenza con le pertinenti norme elaborate dal comitato europeo di normalizzazione (CEN), tali articoli, ad eccezione dell’efficienza della cattura dei vapori di benzina e del rapporto vapori/benzina di cui all’articolo 4 e dei termini di cui all’articolo 5, possono essere adattati al progresso tecnico. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Articolo 9 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 10 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 21 ottobre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) Parere del 13 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 5 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 24 settembre 2009. (3) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1. (4) GU L 179 del 17.7.2003, pag. 3. (5) GU L 152 dell’11.6.2008, pag. 1. (6) GU L 309 del 27.11.2001, pag. 22. (7) GU L 365 del 31.12.1994, pag. 24. (8) GU L 350 del 28.12.1998, pag. 58. (9) GU L 118 del 27.4.2001, pag. 41. (10) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (11) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
Recupero dei vapori di benzina nelle stazioni di servizio per un’aria più pulita I vapori di benzina emessi durante il rifornimento dei veicoli a motore sono nocivi per la salute umana e l’ambiente. Con una direttiva del 2009, l’Unione europea (UE) sta intervenendo per recuperare tali vapori. ATTO Direttiva 2009/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio SINTESI I vapori di benzina emessi durante il rifornimento dei veicoli a motore sono nocivi per la salute umana e l’ambiente. Con una direttiva del 2009, l’Unione europea (UE) sta intervenendo per recuperare tali vapori. CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Assicura il recupero di vapori di benzina nocivi che possono essere emessi durante il rifornimento di un veicolo a motore in una stazione di servizio. Le pompe di benzina di molte stazioni di servizio dell’UE dovranno essere dotate di sistemi per il recupero di questo vapore. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica alle stazioni di servizio nuove o oggetto di una ristrutturazione completa che hanno un flusso annuo di oltre 500 m3 di benzina, nonché alle stazioni di servizio con un flusso annuo di oltre 100 m3 situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza. Esse hanno l’obbligo di installare dei sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II (sistemi PVR, petrol vapour recovery). Le stazioni di servizio esistenti più grandi, il cui flusso è superiore a 3 000 m3 devono installare sistemi PVR entro il 2018. L’apparecchiatura PVR deve essere certificata dal produttore in conformità con le norme tecniche pertinenti, e deve essere in grado di catturare almeno l’85 % dei vapori di benzina. L’efficienza delle apparecchiature PVR deve essere verificata almeno una volta l’anno oppure ogni tre anni se la stazione di servizio dispone di attrezzature di controllo automatico. Le stazioni di servizio che abbiano installato un sistema di recupero dei vapori di benzina di fase II devono informarne i consumatori collocando un cartello, un adesivo o qualsiasi altra forma di notifica sul distributore di benzina o nelle sue vicinanze. I metodi di verifica e le norme utilizzate per determinare l’efficienza dei sistemi PVR sono armonizzati ai sensi della direttiva 2014/99/UE. CONTESTO La benzina è una miscela complessa di composti organici volatili che evaporano facilmente nell’aria, dove contribuiscono all’insorgenza di diversi problemi di inquinamento. Questi includono livelli eccessivi di benzene tossico nell’aria e la formazione fotochimica di ozono, un inquinante atmosferico in grado di provocare malattie respiratorie come l’asma. Inoltre, l’ozono è un gas serra. Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sullo stoccaggio e la distribuzione di benzina. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/126/CE 31.10.2009 1.1.2012 GU L 285 del 31.10.2009, pag. 36-39 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2014/99/UE 12.11.2014 12.5.2016 GU L 304 del 23.10.2014, pag. 89-90
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REGOLAMENTO (CE) N. 458/2007 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 aprile 2007 sul sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) L’articolo 2 del trattato si riferisce alla promozione di un livello elevato di protezione sociale come uno dei compiti della Comunità. (2) Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha dato l’avvio ad un processo di scambio politico fra gli Stati membri dell'UE sull'ammodernamento dei sistemi di protezione sociale. (3) La decisione 2004/689/CE del Consiglio (3) ha istituito un comitato della protezione sociale al fine di consentire lo scambio cooperativo tra la Commissione e gli Stati membri in merito all’ammodernamento e al miglioramento dei sistemi di protezione sociale. (4) La comunicazione della Commissione del 27 maggio 2003 intitolata: «Potenziare la dimensione sociale della strategia di Lisbona: razionalizzare il coordinamento aperto nel settore della protezione sociale», ha delineato una strategia di razionalizzazione dei processi di coordinamento aperto nel settore della politica sociale al fine di potenziare il ruolo della protezione e dell’inclusione sociale all’interno della strategia di Lisbona. Il 20 ottobre 2003 il Consiglio ha deciso che la razionalizzazione sarebbe entrata in vigore a partire dal 2006. In tale contesto, la relazione annuale congiunta è divenuta lo strumento informativo principale, con l’obiettivo di riunire i principali risultati analitici e i messaggi politici riguardanti il metodo aperto di coordinamento (OMC) nelle sue varie applicazioni e tematiche multisettoriali nell’ambito della protezione. (5) L'OMC ha sottolineato nuovamente la necessità di statistiche comparabili, puntuali e attendibili nel settore della politica sociale. Statistiche comparabili sulla protezione sociale sono impiegate in particolare nella relazione annuale congiunta. (6) La Commissione (Eurostat) sta già ricevendo dagli Stati membri su base volontaria dati annuali sulla protezione sociale. Questa prassi è consolidata negli Stati membri e si basa su principi metodologici comuni, elaborati al fine di garantire la comparabilità dei dati. (7) La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4). (8) Le misure necessarie per l'esecuzione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (9) In particolare, la Commissione ha il potere di stabilire il primo anno per il quale si dovrebbe procedere ad una raccolta completa dei dati relativi alle prestazioni nette di protezione sociale. La Commissione ha anche il potere di adottare misure riguardanti la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento e a integrare il presente regolamento con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (10) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, ossia l'introduzione di norme statistiche comuni che consentano l'elaborazione di dati armonizzati, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito all'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (11) È in atto una cooperazione con l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel settore delle prestazioni nette di protezione sociale. (12) Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (6) è stato consultato, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto L’obiettivo del presente regolamento è istituire un sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale, (di seguito «ESSPROS»), fissando: a) un quadro metodologico basato su norme, definizioni, classificazioni e regole contabili comuni da utilizzare per compilare statistiche su una base comparabile ad uso della Comunità; e b) scadenze per la trasmissione delle statistiche compilate secondo ESSPROS. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «statistiche comunitarie»: quanto indicato dall’articolo 2 del regolamento (CE) n. 322/97; b) «protezione sociale»: l'insieme delle prestazioni erogate da istituzioni pubbliche o private al fine di consentire alle famiglie e ai singoli individui di far fronte a determinati eventi e bisogni, a condizione che tali prestazioni non abbiano una contropartita e non siano riconducibili a disposizioni individuali. L’elenco degli eventi e dei bisogni all'origine delle prestazioni di protezione sociale è stabilito convenzionalmente nel modo seguente: malattia e/o assistenza sanitaria; invalidità; vecchiaia; superstiti; famiglia/figli; disoccupazione; alloggio; esclusione sociale non classificata altrove; c) «regime di protezione sociale»: un insieme distinto di norme, sostenuto da una o più unità istituzionali, che disciplina la fornitura di prestazioni di protezione sociale ed il relativo finanziamento; d) «prestazioni di protezione sociale»: trasferimenti — in denaro o in natura — effettuati dai regimi di protezione sociale a favore delle famiglie e dei singoli individui al fine di permettere loro di far fronte a determinati eventi o di soddisfare particolari bisogni; e) «benefici fiscali»: il valore delle prestazioni di protezione sociale al netto delle tasse e dei contributi sociali versati dai beneficiari, al quale si aggiungono i «benefici fiscali»; f) «prestazioni nette di protezione sociale»: la protezione sociale fornita sotto forma di agevolazioni fiscali che, se versate in contanti, sarebbero definite prestazioni di protezione sociale. Sono escluse le agevolazioni fiscali che promuovono la fornitura di protezione sociale o i piani di previdenza privati. Articolo 3 Campo d’applicazione del sistema 1. Le statistiche inerenti al sistema centrale dell'ESSPROS riguardano i flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della protezione sociale. Tali dati sono trasmessi a livello dei regimi di protezione sociale; per ogni regime sono indicate dettagliatamente le spese e le entrate, rispettando la classificazione ESSPROS. Per i dati quantitativi per regimi e prestazioni dettagliate, i dati da trasmettere, con riferimento alla classificazione aggregata, e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell'allegato I, punto 1. Per l'informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate, i temi cui si riferiscono e le modalità per la fornitura dei dati, l’aggiornamento dell'informazione qualitativa e la diffusione sono oggetto dell'allegato I, punto 2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008. 2. Oltre al sistema centrale ESSPROS sono aggiunti moduli riguardanti altre informazioni statistiche sui beneficiari delle pensioni e sulle prestazioni nette di protezione sociale. Articolo 4 Modulo sui beneficiari delle pensioni 1. A partire dal primo anno di raccolta dei dati in applicazione del presente regolamento, al sistema centrale è aggiunto un modulo sui beneficiari delle pensioni. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell’allegato II. 2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008. Articolo 5 Moduli sulle prestazioni nette di protezione sociale 1. Entro la fine del 2008 tutti gli Stati membri effettuano un'indagine pilota di dati per il 2005 in vista dell'introduzione di un modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura dei dati sono oggetto dell’allegato III. 2. Le misure relative all'avvio della raccolta completa dei dati nell'ambito del suddetto modulo sono adottate sulla base di una sintesi di tale indagine pilota di dati nazionali, a condizione che l'esito di un'ampia maggioranza di tali studi pilota sia positivo, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. L'avvio di tale raccolta completa dei dati non inizia prima del 2010. Articolo 6 Fonti dei dati Le statistiche di protezione sociale sono fondate sulle seguenti fonti di dati, a seconda della disponibilità negli Stati membri e nel rispetto delle leggi e delle prassi nazionali: a) registri ed altre fonti amministrative; b) indagini; c) stime. Articolo 7 Modalità di esecuzione 1. Le modalità di esecuzione del presente regolamento tengono conto dei risultati di un'analisi costi-benefici e riguardano il sistema centrale ESSPROS di cui all'allegato I, il modulo sui beneficiari delle pensioni di cui all'allegato II e il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale di cui all'articolo 5. 2. Le misure che riguardano i formati per la trasmissione dei dati, i risultati da comunicare e i criteri di misurazione della qualità sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 8, paragrafo 2. 3. Le misure che riguardano la decisione sul primo anno relativamente al quale devono essere raccolti i dati completi e le misure che riguardano la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. Tali misure sono intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche integrando il regolamento stesso. Articolo 8 Procedura 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 9 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 25 aprile 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente G. GLOSER (1) GU C 309 del 16.12.2006, pag. 78. (2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 22 marzo 2007. (3) GU L 314 del 13.10.2004, pag. 8. (4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. ALLEGATO I SISTEMA CENTRALE ESSPROS 1. Dati quantitativi per regime e prestazioni dettagliate Dati trasmessi In riferimento alla classificazione aggregata i dati trasmessi riguarderanno: Spese 1.1.1.1. Prestazioni di protezione sociale classificate per: a) funzione (corrispondente ad eventi o necessità), e b) all’interno di ogni funzione: soggette a particolari condizioni di reddito e non soggette a tali condizioni, prestazioni in denaro (suddivise in prestazioni periodiche e prestazioni ad importo forfetario) e prestazioni in natura. 1.1.1.2. Spese di amministrazione 1.1.1.3. Trasferimenti verso altri regimi 1.1.1.4. Altre spese Entrate 1.1.2.1. Contributi sociali 1.1.2.2. Contributi a carico delle amministrazioni pubbliche 1.1.2.3. Trasferimenti da altri regimi 1.1.2.4. Altre entrate I dati raccolti (in riferimento alla classificazione dettagliata) saranno forniti secondo la procedura di cui all’articolo 8, paragrafo 3. 1.2. Fornitura dei dati Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati si riferiranno all’anno di calendario nel rispetto delle prassi nazionali. I dati per l'anno di calendario N, unitamente ad eventuali revisioni degli anni precedenti, vanno trasmessi entro il 30 giugno dell'anno N + 2. 1.3. Diffusione La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati sulle spese di protezione sociale a livello totale dei regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno civile N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonderà anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi. 2. Informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate 2.1. Temi Per ogni regime l’informazione qualitativa comprende una descrizione generale del regime stesso, una descrizione dettagliata delle prestazioni ed informazioni su modifiche e riforme recenti. 2.2. Fornitura dei dati e aggiornamento dell’informazione qualitativa L’aggiornamento annuale di una serie completa di informazioni qualitative già fornite si limiterà alle eventuali modifiche del sistema di protezione sociale e sarà trasmesso unitamente ai dati quantitativi. 2.3. Diffusione La Commissione (Eurostat) diffonderà le informazioni qualitative a livello di regime entro il 31 ottobre dell'anno N + 2. ALLEGATO II MODULO SUI BENEFICIARI DELLE PENSIONI 1. Categorie di prestazioni Il modulo contiene dati sui beneficiari delle pensioni, definiti come soggetti riceventi una o più fra le seguenti prestazioni periodiche in denaro provenienti da un regime di protezione sociale: a) pensione di invalidità; b) assegno di pensione anticipata dovuta ad una riduzione della capacità lavorativa; c) pensione di vecchiaia; d) pensione di vecchiaia anticipata; e) pensione parziale; f) pensione di reversibilità; g) assegno di pensione anticipata per motivi inerenti al mercato del lavoro. 2. Fornitura dei dati Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati saranno di stock e riferiti alla fine dell’anno di calendario. Il termine di trasmissione dei dati per l’anno N è la fine di maggio dell’anno N + 2; vanno osservate le seguenti suddivisioni: a) per regime di protezione sociale; b) per genere per il totale dei regimi. 3. Diffusione La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati per tutti i regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonde anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi. La Commissione (Eurostat) pubblicherà e diffonderà a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali) i dati relativi al totale di ciascuna delle sette categorie entro il 31 ottobre dell'anno N + 2 basandosi sui dati dell'anno civile N. ALLEGATO III INDAGINE PILOTA DI DATI SULLE PRESTAZIONI NETTE DI PROTEZIONE SOCIALE 1. Temi Tale indagine riguarda il calcolo delle «prestazioni nette di protezione sociale». 2. Fornitura dei dati Deve essere indicata la parte di imposta sul reddito e di contributi sociali prelevata dalle prestazioni di protezione sociale per l'anno 2005, a seconda dei vari tipi di prestazioni in denaro, preferibilmente anche a seconda dei vari gruppi di regimi tassati in modo omogeneo. In casi difficili i risultati possono essere indicati per gruppi di prestazioni, ovvero può essere indicato il totale delle sette categorie di pensioni di cui all’allegato II o il totale delle prestazioni in denaro di una determinata funzione. I benefici fiscali saranno indicati separatamente per ogni voce secondo il metodo delle perdite di gettito.
Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce il sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS). Il sistema disciplina norme giuridiche volte a migliorare l’utilità delle attuali raccolte di dati in termini di tempestività, copertura e comparabilità. PUNTI CHIAVE Il regolamento istituisce un sistema europeo di statistiche integrate sulla protezione sociale, denominato ESSPROS. Esso disciplinaun insieme di regole, basate su norme, definizioni, nomenclature e regole contabili comuni, da utilizzare per la compilazione di statistiche su una base comparabile ad uso dell’UE; i termini per la trasmissione delle statistiche compilate. Le statistiche relative al sistema principale ESSPROS riguardano i flussi finanziari relativi alle spese e alle entrate nell’ambito della protezione sociale (dati quantitativi e qualitativi). Esse interessano i diversi regimi di protezione sociale. Oltre al sistema centrale, sono stati aggiunti moduli che comprendono informazioni statistiche supplementari in merito ad aspetti particolari della protezione sociale. Scopo del sistema ESSPROS si occupa delle statistiche relative ai flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della sicurezza sociale. I dati vengono raccolti a partire dall’anno 2008, che costituisce il periodo di riferimento. Modulo sui beneficiari delle pensioni Si prevedeva di aggiungere un modulo sui beneficiari delle pensioni al sistema centrale a partire dal 2008, come periodo di riferimento. Moduli aggiuntivi Al fine di introdurre un modulo sulle prestazioni sociali nette*, le raccolte di dati pilota per l’anno 2005 dovevano essere eseguite in tutti i Paesi dell’UE entro la fine del 2008. Sulla base di una sintesi di detti dati pilota nazionali, è stata presa la decisione di introdurre questo modulo e di avviare la raccolta completa dei dati, a partire dal 2010. Fonti dati Le statistiche devono essere basate su registri e altre fonti amministrative, indagini e stime, in base alla loro disponibilità nei Paesi dell’UE e in conformità con le leggi e le pratiche nazionali. Disposizioni per l’attuazione La Commissione europea ha adottato regolamenti specifici per attuare il regolamento ESPROSS. Questi riguardano:formati per la trasmissione, risultati da trasmettere e criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS, e il modulo sui beneficiari delle pensioni (regolamento (CE) n. 1322/2007) e per il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 110/2011); le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole di disseminazione per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (Regolamento (CE) N. 10/2008); avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 263/2011). DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 20 maggio 2007. CONTESTO GENERALE Per ulteriori informazioni, consultare:Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (Eurostat). PUNTI CHIAVE Prestazioni sociali nette: trasferimenti, in denaro o in natura, da regimi di protezione sociale a famiglie e individui al fine di permettere loro di far fronte a uno o più rischi o esigenze quali:malattia e/o assistenza sanitaria,disabilità,vecchiaia,disoccupazione,problemi abitativi eesclusione sociale.Le prestazioni nette di protezione sociale tengono conto del loro valore al netto di eventuali imposte e contributi sociali versati dal beneficiario. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 aprile 2007, relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (GU L 113 del 30.4.2007, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 263/2011 della Commissione, del 17 marzo 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda l’avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 71 del 18.3.2011, pag. 4). Regolamento (UE) n. 110/2011 della Commissione, dell’ 8 febbraio 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione di dati, i risultati da trasmettere e i criteri per determinare la qualità del modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 34 del 9.2.2011, pag. 29). Regolamento (CE) n. 10/2008 della Commissione, dell’ 8 gennaio 2008, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole per la diffusione del sistema centrale ESSPROS e del modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 5 del 9.1.2008, pag. 3). Regolamento (CE) n. 1322/2007 della Commissione, del 12 novembre 2007, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione, i risultati da trasmettere e i criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 294 del 13.11.2007, pag. 5).
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RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 15 febbraio 2016 sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (2016/C 67/01) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, in combinato disposto con l’articolo 148, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) Il tasso di disoccupazione nell’Unione, dopo essere aumentato fino a raggiungere un livello senza precedenti in seguito alla crisi economica e finanziaria del 2008-09, è attualmente in calo, mentre quello della disoccupazione di lungo periodo resta molto elevato. La disoccupazione di lungo periodo colpisce ogni Stato membro in misura diversa, in particolare in quanto l’impatto della crisi è stato disuguale e la situazione macroeconomica, la struttura economica e il funzionamento del mercato del lavoro differiscono da uno Stato membro all’altro. (2) Dopo anni di crescita debole e scarsa creazione di posti di lavoro, nel 2014 la disoccupazione di lungo periodo, definita da Eurostat come numero di persone che non hanno un lavoro e lo cercano attivamente da almeno un anno, ha colpito più di 12 milioni di persone, pari al 5 % della popolazione attiva dell’Unione, il 62 % delle quali era stato disoccupato per almeno due anni consecutivi. (3) La disoccupazione di lungo periodo sta colpendo le persone interessate, riducendo le potenzialità di crescita delle economie dell’Unione, aumentando il rischio di esclusione sociale, povertà e disuguaglianza e aggravando ulteriormente gli oneri sostenuti da servizi sociali e finanze pubbliche. Essa comporta perdita di reddito, decadimento delle competenze, maggiore incidenza dei problemi di salute e aumento della povertà delle famiglie. (4) Tra le persone più esposte alla disoccupazione di lungo periodo vi sono quelle con competenze o qualifiche scarse, i cittadini di paesi terzi, le persone con disabilità e le minoranze svantaggiate come i rom. Anche l’attività lavorativa svolta in precedenza da una persona svolge un ruolo importante, in quanto in alcuni paesi gli aspetti settoriali e ciclici sono fondamentali per spiegare la persistenza della disoccupazione di lungo periodo. (5) Ogni anno quasi un quinto dei disoccupati di lungo periodo nell’Unione si scoraggia e diventa inattivo perché la ricerca di un lavoro resta senza frutti. Gli ostacoli all’inserimento nel mercato del lavoro sono vari e spesso si sommano, cosicché per tale inserimento occorrono un approccio personalizzato e l’erogazione coordinata di servizi. (6) I disoccupati di lungo periodo rappresentano la metà del numero totale di disoccupati nell’Unione, ma meno di un quinto dei partecipanti a misure attive del mercato del lavoro. Di conseguenza solo una bassa percentuale di disoccupati di lungo periodo (in media il 24 %) beneficia del sussidio di disoccupazione. (7) Gli investimenti in capitale umano dovrebbero essere potenziati e resi più efficaci affinché possano conferire capacità e competenze utili e significative a un numero maggiore di persone, ovviare alle carenze di competenze e gettare le basi per una transizione agevole dall’apprendimento al lavoro e per il mantenimento dell’occupabilità. Migliorare l’efficacia e la pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione contribuirà a ridurre il numero di nuovi disoccupati. A tal fine dovrebbe essere perseguita la modernizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione in linea con gli obiettivi del semestre europeo, le conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET 2020) (1) e la raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2). (8) Al fine di sviluppare una strategia coordinata per l’occupazione, gli orientamenti del 2015 per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (3) invitano a ridurre significativamente la disoccupazione strutturale e di lungo periodo ricorrendo a strategie globali in grado di sostenersi reciprocamente che includano un sostegno attivo personalizzato per il reinserimento nel mercato del lavoro. (9) Se da un lato gli Stati membri rimangono competenti per la scelta delle misure del mercato del lavoro più adeguate alla loro situazione specifica, dall’altro lato gli orientamenti invitano gli Stati membri a promuovere l’occupabilità investendo nel capitale umano attraverso sistemi di istruzione e formazione efficaci ed efficienti che innalzino il livello di competenza della forza lavoro, e invitano inoltre più specificamente gli Stati membri a incoraggiare i sistemi di apprendimento basati sul lavoro come l’apprendimento duale e a potenziare la formazione professionale. Più in generale, gli orientamenti invitano gli Stati membri a prendere in considerazione i principi della flessicurezza e a rafforzare le misure attive del mercato del lavoro aumentandone efficacia, obiettivi, portata, campo d’azione e interazione con il sostegno al reddito e l’erogazione di servizi sociali. (10) Le iniziative proposte nella presente raccomandazione dovrebbero risultare pienamente compatibili con le raccomandazioni specifiche per paese formulate nel contesto del semestre europeo e la loro attuazione dovrebbe avvenire nel pieno rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita. (11) La raccomandazione 2008/867/CE della Commissione, del 3 ottobre 2008, relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro (4), delinea una strategia globale e integrata a favore dell’inclusione attiva di coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro, combinando un adeguato sostegno al reddito, mercati del lavoro in grado di favorire l’inserimento e l’accesso a servizi di qualità. L’obiettivo è facilitare l’inserimento di coloro che sono in grado di lavorare in posti di lavoro sostenibili e di qualità e di fornire loro risorse sufficienti per vivere dignitosamente. (12) Il Fondo sociale europeo è il principale strumento finanziario dell’Unione per affrontare la disoccupazione di lungo periodo. Per il periodo 2014-2020, gli Stati membri hanno stanziato somme consistenti per sostenere l’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. Anche altri fondi, come il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, possono integrare le misure finanziate dal Fondo sociale europeo in conformità con gli stanziamenti per le pertinenti priorità di investimento per il periodo 2014-2020, in particolare sostenendo la creazione di posti di lavoro, la modernizzazione dei servizi pubblici dell’impiego e la formazione professionale, la formazione di competenze e l’apprendimento permanente. In questo contesto, le future discussioni in materia dovrebbero considerare le modalità per rafforzare ulteriormente l’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. (13) La raccomandazione del Consiglio del 20 dicembre 2012 sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (5) invita a prendere iniziative volte a offrire alle persone l’opportunità di dimostrare quanto hanno appreso al di fuori dell’istruzione e della formazione formali. (14) Le conclusioni del Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013 hanno sottolineato che affrontare la disoccupazione è la sfida sociale più importante e che è di fondamentale importanza ridurre la disoccupazione di lungo periodo e garantire la piena partecipazione dei lavoratori anziani. (15) Il Parlamento europeo ha indicato la disoccupazione di lungo periodo come uno dei principali ostacoli alla crescita. (16) È opportuno intensificare le iniziative volte a inserire nel mercato del lavoro le persone più gravemente interessate dalla disoccupazione di lungo periodo tenendo conto delle pratiche nazionali, nonché aumentare il tasso di registrazione presso i servizi per l’impiego e altri organi competenti, cosa che permetterebbe di affrontare il problema della mancanza di copertura delle misure di sostegno. I paesi con un gran numero di disoccupati di lungo periodo registrati possono attribuire priorità nei loro interventi a coloro che sono già registrati. (17) Un approccio preventivo sarebbe vantaggioso in termini di efficienza ed efficacia. Dovrebbero essere rafforzate e, se del caso, completate misure di prevenzione e attivazione che si concentrino in particolare sull’inizio del periodo di disoccupazione. Iniziative specifiche per i disoccupati di lungo periodo registrati dovrebbero essere intraprese al più tardi al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione: questo infatti è il momento in cui in molti Stati membri cambiano i meccanismi e i servizi di sostegno per questo particolare gruppo. (18) Gli approcci personalizzati per sostenere i disoccupati di lungo periodo dovrebbero affrontare gli ostacoli che hanno portato al persistere della disoccupazione, aggiornando e completando la valutazione iniziale effettuata al momento della registrazione. Ciò consentirà di orientare i disoccupati di lungo periodo verso servizi di sostegno sufficientemente adattati alle esigenze individuali, quali consulenza sulla gestione dei debiti, riabilitazione, servizi di assistenza sociale, servizi di assistenza, integrazione dei migranti, assistenza abitativa e per la mobilità, intesi ad affrontare gli ostacoli all’occupazione e consentire loro di raggiungere obiettivi chiari che conducano all’occupazione. (19) Il coinvolgimento dei datori di lavoro nell’inserimento dei disoccupati di lungo periodo è essenziale e andrebbe sostenuto attraverso l’erogazione di servizi ad hoc da parte dei servizi dell’impiego insieme a incentivi finanziari mirati e al coinvolgimento delle parti sociali. Un maggior coinvolgimento dei datori di lavoro, integrato da misure intese a rafforzare la creazione di posti di lavoro nell’economia, può accrescere ulteriormente l’efficacia delle misure di inserimento. (20) Recenti iniziative politiche, come la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull’istituzione di una garanzia per i giovani (6), sollecitano la collaborazione nell’ambito di partnership come nuovo metodo per attuare le politiche sociali e occupazionali. L’erogazione coordinata di servizi è fondamentale, in particolare negli Stati membri in cui la responsabilità di sostenere i disoccupati di lungo periodo è ripartita tra i servizi pubblici per l’impiego, gli enti per la previdenza sociale e le amministrazioni locali. (21) Tale accordo di inserimento lavorativo, redatto in modo da riflettere la situazione di un singolo disoccupato di lungo periodo, dovrebbe contenere un pacchetto dettagliato delle misure personalizzate disponibili a livello nazionale (quali quelle relative a mercato del lavoro, istruzione, formazione e servizi di assistenza sociale) destinato a sostenere un disoccupato di lungo periodo e dargli gli strumenti per superare gli ostacoli specifici all’occupazione. Gli accordi dovrebbero definire obiettivi, calendari, obblighi dei disoccupati di lungo periodo e offerta del prestatore o dei prestatori di servizi e dovrebbero indicare le misure di inserimento disponibili. (22) Le iniziative proposte nella presente raccomandazione dovrebbero tener conto della diversità degli Stati membri e dei loro diversi punti di partenza per quanto riguarda la situazione macroeconomica, il livello della disoccupazione di lungo periodo e la relativa fluttuazione, le caratteristiche istituzionali, le differenze regionali e la capacità dei vari soggetti che intervengono sul mercato del lavoro. Tali azioni dovrebbero integrare e rafforzare l’approccio politico attualmente seguito in molti Stati membri, in particolare introducendo componenti flessibili come l’approccio personalizzato e l’erogazione coordinata di servizi, e coinvolgendo i datori di lavoro. (23) La presente raccomandazione rispetta, rafforza e migliora debitamente i diritti fondamentali, stabiliti in particolare dall’articolo 29 e dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI: sostenere la registrazione delle persone in cerca di lavoro e un maggiore orientamento al mercato del lavoro delle misure di inserimento, tra l’altro tramite un più stretto legame con i datori di lavoro; fornire una valutazione individuale ai disoccupati di lungo periodo; offrire un accordo di inserimento lavorativo specifico quando i disoccupati abbiano raggiunto al più tardi i 18 mesi di disoccupazione. Ai fini della presente raccomandazione, per «accordo di inserimento lavorativo» si intende un accordo scritto tra un disoccupato di lungo periodo registrato e un punto di contatto unico avente l’obiettivo di facilitare la transizione dell’interessato verso l’occupazione sul mercato del lavoro. A tal fine è necessario: Registrazione 1) Favorire la registrazione delle persone in cerca di lavoro presso un servizio per l’impiego, in particolare attraverso una migliore informazione sul sostegno disponibile. Valutazione e approccio individuale I servizi per l’impiego, unitamente ad altri partner che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, forniscono un orientamento personalizzato ai soggetti interessati. 2) Garantire che ai disoccupati di lungo periodo registrati siano offerti approfonditi orientamenti e valutazioni individuali al più tardi al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione. La valutazione dovrebbe illustrare le loro prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i tentativi precedenti di cercare lavoro. 3) Informare i disoccupati di lungo periodo registrati delle offerte di lavoro e del sostegno disponibile nei diversi settori dell’economia e, ove opportuno, in regioni diverse e in altri Stati membri, in particolare mediante i servizi europei dell’occupazione (EURES). Accordi di inserimento lavorativo Ai disoccupati di lungo periodo registrati che non beneficiano della garanzia per i giovani viene offerto al più tardi, al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione, un accordo di inserimento lavorativo che dovrebbe comprendere almeno un’offerta di servizio individuale volta a trovare un lavoro e l’individuazione di un punto di contatto unico. 4) Mirare ai bisogni specifici dei disoccupati di lungo periodo registrati mediante un accordo di inserimento lavorativo che combini interventi e servizi pertinenti forniti da organizzazioni diverse. a) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe dettagliare esplicitamente gli obiettivi, i calendari e gli obblighi che il disoccupato di lungo periodo registrato deve rispettare, ad esempio la ricerca attiva di un lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro adeguate e la partecipazione a misure di istruzione o formazione, riqualificazione o occupazione. b) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe inoltre dettagliare l’offerta del prestatore o dei prestatori di servizi al disoccupato di lungo periodo. A seconda della disponibilità negli Stati membri e sulla base delle circostanze del singolo disoccupato di lungo periodo registrato, l’accordo di inserimento lavorativo potrebbe comprendere assistenza nella ricerca di un lavoro e nel posto di lavoro, convalida dell’apprendimento non formale e informale, riabilitazione, consulenza e orientamento, istruzione, istruzione e formazione professionale, esperienza di lavoro, assistenza sociale, educazione e cura della prima infanzia, servizi di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine, consulenza per la gestione dei debiti, assistenza abitativa e per la mobilità. c) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe essere periodicamente monitorato alla luce dell’evoluzione della situazione individuale del disoccupato di lungo periodo registrato e, se necessario, adattato per migliorare la transizione verso l’occupazione. 5) Mettere in atto le disposizioni necessarie a garantire continuità e individuare un punto di contatto unico, incaricato di sostenere il disoccupato di lungo periodo registrato attraverso un’offerta coordinata di servizi che coinvolge i servizi per l’impiego e di assistenza sociale disponibili. Tale punto di contatto potrebbe essere basato su un quadro di coordinamento interistituzionale e/o essere individuato nell’ambito di strutture esistenti. Facilitare la trasmissione agevole e sicura, fra i prestatori di servizi interessati, delle informazioni pertinenti relative al sostegno precedente ai disoccupati di lungo periodo registrati e alle valutazioni individuali nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati, garantendo in tal modo la continuità del servizio. Consentire una migliore diffusione delle informazioni pertinenti sulle offerte di lavoro e sulle opportunità di formazione ai fornitori di servizi coinvolti e far sì che tali informazioni raggiungano i disoccupati di lungo periodo. Legami più stretti con i datori di lavoro 6) Incoraggiare e sviluppare partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche, servizi sociali ed erogatori d’istruzione e formazione per fornire servizi che rispondano meglio alle esigenze delle imprese e dei disoccupati di lungo periodo registrati. 7) Sviluppare servizi per i datori di lavoro quali controllo delle offerte di lavoro, sostegno al collocamento, tutoraggio e formazione sul luogo di lavoro e sostegno post-collocamento, così da agevolare il reinserimento professionale dei disoccupati di lungo periodo registrati. 8) Concentrare gli eventuali incentivi finanziari sui regimi che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, come le sovvenzioni alle assunzioni e la riduzione dei contributi di sicurezza sociale, per incrementare le opportunità di lavoro dei disoccupati di lungo periodo registrati. RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI E ALLA COMMISSIONE DI: Valutazione e monitoraggio 9) Monitorare in sede di comitato per l’occupazione, in stretta cooperazione con il comitato per la protezione sociale riguardo all’erogazione dei servizi sociali e di sostegno al reddito, l’attuazione della presente raccomandazione attraverso la sorveglianza multilaterale nel quadro del semestre europeo e attraverso il quadro di valutazione comune di indicatori. Il monitoraggio dovrebbe dare riscontri in merito alla percentuale di disoccupati di lungo periodo registrati che hanno ritrovato lavoro, alla sostenibilità del loro inserimento nel mercato del lavoro e all’uso fatto degli accordi di inserimento lavorativo. La rete europea dei servizi pubblici per l’impiego dovrebbe contribuire a tale monitoraggio. 10) Incoraggiare la valutazione della prestazione dei servizi pubblici per l’impiego per quanto riguarda l’inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo registrati, la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche nel quadro del processo di apprendimento comparativo della rete europea dei servizi pubblici per l’impiego istituita dalla decisione n. 573/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI) (7). 11) Cooperare per impiegare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, in conformità con le pertinenti priorità di investimento dei programmi 2014-2020. RACCOMANDA ALLA COMMISSIONE DI: 12) Sostenere e coordinare le iniziative volontarie e le alleanze di imprese impegnate nell’inserimento sostenibile dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. 13) Sostenere progetti di innovazione sociale per inserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro, in particolare attraverso la sezione Progress del programma dell’Unione per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI). 14) Valutare, in cooperazione con gli Stati membri e previa consultazione delle parti interessate, le iniziative prese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro il 15 febbraio 2019 sui risultati della valutazione. Fatto a Bruxelles, il 15 febbraio 2016 Per il Consiglio Il presidente M.H.P. VAN DAM (1) GU C 119 del 28.5.2009, pag. 2. (2) GU L 394 del 30.12.2006, pag. 10. (3) Decisione (UE) 2015/1848 del Consiglio, del 5 ottobre 2015, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2015 (GU L 268 del 15.10.2015, pag. 28). (4) GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11. (5) GU C 398 del 22.12.2012, pag. 1. (6) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1. (7) GU L 159 del 28.5.2014, pag. 32.
Reinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Oltre ai suoi effetti sui singoli, la disoccupazione di lungo periodo rallenta il potenziale di crescita delle economie dell’Unione europea (UE) e aumenta il rischio di esclusione sociale, di povertà e di disuguaglianza, aggiungendosi ai costi dei servizi sociali e delle finanze pubbliche. La raccomandazione intende offrire ai paesi dell’UE un modello per risolvere il problema. PUNTI CHIAVE Raccomandazioni per i paesi dell’UE Le persone in cerca di lavoro devono essere incoraggiate a registrarsi presso un servizio per l’impiego, attraverso una migliore informazione sul sostegno disponibile. Entro 18 mesi di disoccupazione, i disoccupati dovrebbero ricevere l’offerta di un accordo di inserimento lavorativo, che includa: un punto di contatto unico per aiutarli a trovare un’occupazione; una valutazione individuale che illustri le prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i precedenti tentativi connessi alla ricerca di lavoro; una combinazione dei vari servizi pertinenti forniti dalle diverse organizzazioni; un orientamento individuale da parte dei servizi per l’impiego e di altri partner; obiettivi e obblighi chiari, ad esempio la ricerca attiva di un lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro adeguate e la partecipazione a misure di istruzione o formazione. L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe riportare in dettaglio quali sono i servizi offerti al disoccupato. A seconda della disponibilità in ogni paese dell’UE, e delle circostanze individuali, l’accordo potrebbe anche includere: l’assistenza nella ricerca di un lavoro e sul posto di lavoro; la convalida dell’apprendimento non formale* e informale*; la riabilitazione, la consulenza e l’orientamento; l’istruzione in generale e l’istruzione e la formazione professionale; l’esperienza di lavoro; l’assistenza sociale; l’educazione e la cura della prima infanzia; i servizi di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine; la consulenza per la gestione del debito; l’assistenza abitativa e per la mobilità. L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe essere periodicamente monitorato adattandosi ai cambiamenti delle circostanze. Fra i fornitori di servizi ci dovrebbero essere scambi sicuri e protetti delle informazioni relative al sostegno precedente e alle valutazioni, mentre per i disoccupati migliori informazioni sulle offerte di lavoro e sulle opportunità di formazione. Se del caso, tali opportunità possono trovarsi in regioni diverse e in altri paesi europei, in particolare tramite il portale europeo della mobilità professionale (EURES). Legami più stretti con i datori di lavoro I paesi dell’UE dovrebbero inoltre: incoraggiare e sviluppare partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche, servizi sociali ed erogatori d’istruzione e formazione; sviluppare servizi per i datori di lavoro come il controllo delle offerte di lavoro, il sostegno al collocamento, il tutoraggio e la formazione sul luogo di lavoro e il sostegno post-collocamento; concentrare gli incentivi finanziari sui regimi che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, come le sovvenzioni alle assunzioni e la riduzione dei contributi di sicurezza sociale. Valutazione e monitoraggio L’attuazione dovrebbe essere monitorata all’interno del comitato per l’occupazione dell’UE, in particolare: la percentuale di disoccupati di lungo periodo registrati che hanno ritrovato lavoro; la sostenibilità del loro inserimento; l’uso fatto degli accordi di inserimento lavorativo. I servizi pubblici per l’impiego dovrebbero essere valutati e dovrebbe essere incoraggiata la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche. I paesi dell’UE e la Commissione dovrebbero cooperare per impiegare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo per lo sviluppo rurale. Raccomandazioni per la Commissione La Commissione è invitata a: sostenere e coordinare le iniziative volontarie e le alleanze di imprese impegnate nell’inserimento sostenibile dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro; sostenere progetti di innovazione sociale per inserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro, in particolare attraverso la sezione Progress del programma dell’Unione per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI); valutare le iniziative intraprese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro il 15 febbraio 2019. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Disoccupazione di lungo periodo» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Apprendimento non formale: apprendimento organizzato (ad esempio guidato da un insegnante o da una persona con più esperienza rispetto all’individuo cui si rivolge) che può anche non essere basato su un programma di studi. Si basa sulle competenze di un singolo studente ma non si traduce in una qualifica formale, come ad esempio il movimento scout. Apprendimento informale: apprendimento che non si basa su un programma di studi e che non si traduce in qualifiche. L’insegnante è qualcuno con più esperienza rispetto al discente, ad esempio un genitore che insegna l’alfabeto a un bambino. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione del Consiglio, del 15 febbraio 2016, sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (GU C 67 del 20.2.2016, pagg. 1-5) DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2015/1848 del Consiglio, del 5 ottobre 2015, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2015 (GU L 268 del 15.10.2015 pagg. 28-32)
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DIRETTIVA 2007/38/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 luglio 2007 concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71, paragrafo 1, lettera c), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Molti incidenti si verificano perché i conducenti di veicoli commerciali pesanti non si accorgono della presenza di altri utenti stradali nelle immediate vicinanze o a fianco del proprio veicolo. Questi incidenti avvengono spesso in corrispondenza di incroci, confluenze e rotatorie allorché il conducente, cambiando direzione, non si rende conto della presenza di altri utenti stradali negli angoli ciechi della zona immediatamente circostante il veicolo. Si calcola che circa 400 persone muoiano ogni anno in Europa in tali circostanze, trattandosi, nella maggior parte dei casi, di utenti stradali vulnerabili quali ciclisti, motociclisti e pedoni. (2) Nel libro bianco del 12 settembre 2001, dal titolo «La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte», la Commissione ha stabilito l’obiettivo di dimezzare il numero di vittime in incidenti stradali nell'Unione europea entro il 2010. Nel terzo programma d’azione sulla sicurezza stradale la Commissione ha assunto l’impegno di studiare la possibilità di installare nei veicoli commerciali pesanti già in circolazione dispositivi per la visione indiretta al fine di ridurre gli angoli ciechi, contribuendo in tal modo a ridurre il numero di vittime in incidenti stradali. (3) Il gruppo di alto livello CARS 21, nella tabella di marcia da applicare nell’arco di dieci anni contenuta nella relazione finale riguardante un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo (A Competitive Automotive Regulatory System for the 21st century), raccomandava un approccio integrato in materia di sicurezza stradale, fondato in particolare sull'introduzione obbligatoria di nuovi dispositivi di sicurezza, quali gli specchi volti a ridurre gli angoli ciechi dei veicoli commerciali pesanti. (4) I dispositivi per la visione indiretta, quali gli specchi grandangolari e di accostamento, le telecamere, gli schermi o altri dispositivi omologati per la visione indiretta migliorano il campo di visibilità del conducente ed aumentano la sicurezza dei veicoli. (5) La direttiva 2003/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei dispositivi per la visione indiretta e dei veicoli muniti di tali dispositivi, presenta un notevole potenziale di riduzione del numero delle vittime, ma riguarda soltanto i veicoli di nuova immatricolazione. (6) I veicoli già in circolazione non sono pertanto soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva 2003/97/CE. Si calcola che non vi sarà una completa sostituzione di tali veicoli prima del 2023. (7) Per contribuire a ridurre il numero di incidenti stradali mortali o gravi causati da tali veicoli e nei quali sono coinvolti utenti stradali vulnerabili, occorre nel frattempo provvedere a che nei veicoli di cui trattasi siano installati a posteriori dispositivi perfezionati per la visione indiretta. (8) Nei veicoli già in circolazione dovrebbero essere installati specchi che riducano gli angoli ciechi laterali e siano nel contempo conformi alle prescrizioni tecniche della direttiva 2003/97/CE. Ciò è tecnicamente praticabile per la maggior parte dei veicoli in causa. (9) È tuttavia adeguato e proporzionato prevedere esenzioni e deroghe per i veicoli con rimanente durata di vita breve, per i veicoli dotati di specchi laterali il cui campo di visibilità è solo minimamente inferiore a quello previsto dalla direttiva 2003/97/CE e per i veicoli in cui l'installazione di specchi conformi a detta direttiva non sia economicamente sostenibile. (10) Gli automezzi appartenenti alle categorie N2 e N3 originariamente immatricolati e/o omologati e/o messi in servizio prima del 1o gennaio 2000 e che circolano principalmente per il loro interesse storico non dovrebbero essere soggetti alle norme e alle procedure contenute nella presente direttiva. (11) Per gli automezzi pesanti ai quali non si può imporre di adeguarsi interamente ai requisiti della presente direttiva per motivi tecnici e/o economici, le autorità competenti dovrebbero autorizzare e approvare soluzioni alternative. In questi casi gli Stati membri dovrebbero comunicare gli elenchi delle soluzioni tecniche consentite e approvate alla Commissione, la quale a sua volta dovrebbe metterli a disposizione di tutti gli Stati membri. (12) Per consentire al mercato di far fronte a una forte domanda di specchi durante un breve lasso di tempo, è opportuno prevedere un periodo transitorio. (13) I veicoli commerciali pesanti sui quali, prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE, sono stati installati a posteriori dispositivi per la visione indiretta che coprono ampiamente il campo di visibilità richiesto dalla suddetta direttiva dovrebbero essere esentati dagli obblighi della presente direttiva. (14) L'equipaggiamento dei veicoli già in circolazione dovrebbe essere accompagnato da misure adeguate volte a sensibilizzare sui pericoli legati all'esistenza di angoli ciechi nei veicoli commerciali pesanti, comprese attività di informazione rivolte agli utenti stradali vulnerabili sul corretto uso e posizionamento dei dispositivi per la visione indiretta. (15) Anche i veicoli diversi da quelli interessati dalla presente direttiva, quali i veicoli commerciali leggeri e gli autobus, che non dispongono di dispositivi adeguati per la visione indiretta sono coinvolti in incidenti dovuti agli angoli ciechi. La legislazione comunitaria sui requisiti di sicurezza attiva e passiva dovrebbe pertanto essere sottoposta a un riesame costante per migliorare e promuovere la sicurezza stradale. (16) Al fine di disporre di un'analisi più completa e di una futura strategia per la riduzione del numero di incidenti dovuti agli angoli ciechi, la Commissione, sulla base della decisione 93/704/CE del Consiglio, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (4), e di altri atti comunitari pertinenti, tra cui la decisione n. 2367/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul programma statistico comunitario 2003-2007 (5), dovrebbe raccogliere dagli Stati membri i dati attinenti e procedere ad una loro adeguata elaborazione. (17) La direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativa al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (6), dispone che sui veicoli a motore utilizzati per il trasporto di merci con una massa autorizzata massima superiore a 3,5 tonnellate debbano essere effettuati controlli tecnici periodici almeno su base annua. I veicoli commerciali pesanti dovrebbero, tra l'altro, installare specchi retrovisori che siano conformi ai requisiti della presente direttiva al fine di passare il controllo tecnico. I certificati di controllo tecnico rilasciati dagli Stati membri per i veicoli immatricolati nei rispettivi territori sono reciprocamente riconosciuti ai fini della libera circolazione dei veicoli sulle strade degli Stati membri. (18) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, ossia l’equipaggiamento a posteriori dei veicoli già in circolazione nella Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (19) Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (7), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza fra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce obblighi per l'installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli delle categorie N2 e N3 di cui all'allegato II, punto 2, sezione A, della direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (8), che sono immatricolati nella Comunità. Articolo 2 1. La presente direttiva si applica ai veicoli di categoria N2 e N3 che non sono omologati o non sono omologati come singoli veicoli ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 2. La presente direttiva non si applica: a) ai veicoli di categoria N2 e N3 immatricolati prima del 1o gennaio 2000; b) ai veicoli di categoria N2 che abbiano una massa autorizzata totale massima che non supera le 7,5 tonnellate, nei quali è impossibile installare uno specchio di categoria V in modo tale da garantire il rispetto delle seguenti condizioni: i) nessuna parte dello specchio è situata a meno di 2 m (può applicarsi una tolleranza di +10 cm) dal suolo, indipendentemente dalla posizione in cui è regolato lo specchio, quando il veicolo si trova in condizioni di carico pari al peso totale tecnicamente ammissibile; e ii) lo specchio è completamente visibile dal posto di guida; c) ai veicoli di categoria N2 e N3 che sono soggetti a misure nazionali che sono entrate in vigore prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE e impongono il montaggio, dal lato del passeggero, di altri dispositivi per la visione indiretta che coprono almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo degli specchi di categoria IV e V definiti nella suddetta direttiva. Articolo 3 1. A decorrere dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009 gli Stati membri prescrivono che in tutti i veicoli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, siano installati, dal lato del passeggero, specchi grandangolari e di accostamento conformi a quanto rispettivamente prescritto per gli specchi di categoria IV e V dalla direttiva 2003/97/CE. 2. In deroga al paragrafo 1, le prescrizioni della presente direttiva sono ritenute rispettate se i veicoli sono dotati, dal lato del passeggero, di specchi grandangolari e di accostamento la cui combinazione di campi di visibilità copre almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e almeno l'85 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 3. I veicoli di cui all'articolo 2 che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi ai criteri di cui al paragrafo 1 o 2 del presente articolo possono essere dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta, purché la combinazione di tali dispositivi copra non meno del 95 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e non meno dell'85 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un elenco di soluzioni tecniche conformi alle disposizioni del presente articolo. La Commissione mette a disposizione del pubblico di tutti gli Stati membri tali informazioni notificate mediante il suo sito web o qualsiasi altro mezzo appropriato. Articolo 4 1. La conformità ai criteri di cui all'articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3, è determinata in base alla prova fornita da uno Stato membro conformemente all'articolo 3 della direttiva 96/96/CE. 2. La Commissione, assistita dai comitati di cui all'articolo 8 della direttiva 96/96/CE e all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE, nell'ambito dei rispettivi mandati, adotta le misure appropriate per garantire che i dispositivi di cui all'articolo 3 della presente direttiva siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada in accordo con i requisiti fissati dalla presente direttiva. Dette misure devono essere prese non oltre il 6 agosto 2008. Articolo 5 Entro il 6 agosto 2011 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva, unitamente a uno studio sugli incidenti dovuti agli angoli ciechi che riguardi tutti i veicoli e tutti i costi sostenuti, al fine di migliorare la sicurezza stradale. Sulla base di un'analisi costi-benefici più completa, la relazione della Commissione è accompagnata, se del caso, da una proposta relativa alla revisione della legislazione vigente. Articolo 6 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 agosto 2008. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 11 luglio 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) Parere del 14 marzo 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 giugno 2007. (3) GU L 25 del 29.1.2004, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81). (4) GU L 329 del 30.12.1993, pag. 63. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 787/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 12). (6) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (7) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (8) GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/37/CE (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 60).
Installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La presente direttiva stabilisce obblighi per l’installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli destinati a trasportare merci con un peso superiore alle 3,5 tonnellate e immatricolati dopo il 1 gennaio 2000. Ciò viene richiesto principalmente per migliorare la sicurezza di altri utenti della strada quali pedoni, ciclisti e motociclisti, che si trovano ad essere particolarmente esposti ai pericoli derivanti dall’angolo cieco che gli autocarri hanno dal lato del passeggero. PUNTI CHIAVE A partire dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009, su tutti i veicoli commerciali pesanti circolanti nell’Unione europea destinati a trasportare un carico superiore alle 3,5 tonnellate (categorie N2 e N3) devono venire installati a posteriori dal lato del passeggero specchi di classe IV (grandangolari) e di classe V (di accostamento). La direttiva è una misura temporanea che si applica a veicoli immatricolati dopo il 1 gennaio 2000 ed è rivolta a migliorare il campo di visione indiretta per i veicoli non interessati dalle norme stabilite nel Regolamento (CE) n. 661/2009. La direttiva non si applica direttamente, ma stabilisce che i governi degli stati membri introducano una legge che renda obbligatori tali specchi. EccezioniLe prescrizioni della direttiva sono da ritenersi già rispettate per i veicoli che siano già stati dotati dal lato del passeggero di specchi che coprano almeno il 95 % del campo di visione di uno specchio di categoria IV, a livello del suolo, e almeno l’85 % del campo di visione di uno specchio di classe V. I veicoli che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi a questi criteri, possono venire dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta come ad es. videocamere, purché la combinazione di tali dispositivi soddisfi i requisiti. Non sono inclusi nella direttiva i veicoli autorizzati a trasportare un carico massimo di 7,5 tonnellate, nei quali sia impossibile installare uno specchio di categoria V a più di 2 m dal suolo, quando il veicolo si trova in condizioni di carico massimo, oppure lo specchio non sia completamente visibile dal posto di guida. Sono esenti inoltre i veicoli che siano soggetti a misure nazionali con prescrizioni minime simili entrate in vigore prima che la presente direttiva venisse recepita nella legislazione nazionale. I paesi membri devono comunicare alla Commissione europea una lista di soluzioni tecniche, che deve quindi rendere pubbliche tali informazioni. È responsabilità della Commissione, tramite i comitati competenti, garantire che i dispositivi siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 3 agosto 2007. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 6 agosto 2008. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:«Specchi per l’angolo morto» (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2007/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità (GU L 184 del 14.7.2007, pagg. 25-28) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE. (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 51-128). Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pagg. 1-24) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale
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31998R2532
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Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio del 23 novembre 1998 sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni Gazzetta ufficiale n. L 318 del 27/11/1998 pag. 0004 - 0007 REGOLAMENTO (CE) N. 2532/98 DEL CONSIGLIO del 23 novembre 1998 sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioniIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea (in appresso denominato «il trattato»), in particolare l'articolo 108 A, paragrafo 3, e l'articolo 34.3 del protocollo n. 3 sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (in appresso denominato «lo statuto»),vista la raccomandazione della Banca centrale europea (in appresso denominata «la BCE») (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere della Commissione (3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 106, paragrafo 6, del trattato e all'articolo 42 dello statuto e alle condizioni stabilite nell'articolo 109K del trattato, paragrafo 5, e al punto 7 del protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;(1) considerando che il presente regolamento, conformemente alle disposizioni congiunte degli articoli 34.3 e 43.1 dello statuto, al paragrafo 8 del protocollo n. 11 e al paragrafo 2 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, non conferisce alcun potere e non impone alcun obbligo agli Stati membri non partecipanti;(2) considerando che, in virtù dell'articolo 34.3 dello statuto, il Consiglio stabilisce i limiti e le condizioni in base ai quali la BCE ha il potere di infliggere alle imprese ammende o penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dai regolamenti e dalle decisioni da essa adottati;(3) considerando che le violazioni degli obblighi derivanti da regolamenti e decisioni della BCE possono verificarsi nelle diverse aree di competenza della BCE;(4) considerando che è opportuno, al fine di garantire un contesto uniforme per l'irrogazione delle sanzioni nei diversi settori di competenza della BCE, che tutte le disposizioni generali e procedurali per l'irrogazione di tali sanzioni siano contenute in un unico regolamento del Consiglio; che altri regolamenti del Consiglio prevedono sanzioni specifiche per settori specifici ma rinviano al presente regolamento per i principi e le procedure relative all'irrogazione di tali sanzioni;(5) considerando che per garantire un regime efficiente di amministrazione delle sanzioni il presente regolamento deve lasciare un margine discrezionale alla BCE sia per quanto concerne le relative procedure sia per la loro attuazione, nei limiti e alle condizioni previsti dal presente regolamento;(6) considerando che il Sistema europeo di banche centrali (il «SEBC») e la BCE hanno ricevuto l'incarico di predisporre la loro piena operatività nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (in appresso denominata «terza fase»); che la tempestività dei preparativi è essenziale per consentire al SEBC di adempiere ai suoi compiti nella terza fase; che elemento essenziale dei preparativi è l'adozione, prima della terza fase, del regime di irrogazione di sanzioni alle imprese che non abbiano soddisfatto gli obblighi ad esse imposti da regolamenti e decisioni della BCE; che è opportuno informare quanto prima gli operatori del mercato delle modalità che la BCE ritenga eventualmente necessario stabilire per l'irrogazione di sanzioni; che è pertanto necessario che la BCE disponga, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, di un potere normativo;(7) considerando che le disposizioni del presente regolamento possono essere applicate efficacemente soltanto se gli Stati membri partecipanti adottano le misure necessarie per garantire che le autorità nazionali abbiano il potere, conformemente all'articolo 5 del trattato, di collaborare pienamente con la BCE e di apportarle un sostegno totale nell'attuazione della procedura per infrazione prevista dal presente regolamento;(8) considerando che la BCE deve avvalersi delle banche centrali nazionali per espletare i compiti del SEBC per quanto possibile e opportuno;(9) considerando che le decisioni che impongono un obbligo pecuniario, in virtù del presente regolamento, costituiscono titolo esecutivo conformemente all'articolo 192 del trattato,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende/intendono per:1) «Stato membro partecipante», uno Stato membro che ha adottato la moneta unica conformemente al trattato;2) «banca centrale nazionale», la banca centrale di uno Stato membro partecipante;3) «imprese», le persone fisiche o giuridiche, soggetti privati o pubblici, ad eccezione dei soggetti pubblici nell'esercizio delle loro funzioni di autorità pubblica, residenti o stabilite in uno Stato membro partecipante, che siano tenute agli obblighi derivanti da regolamenti e decisioni della BCE, nonché le filiali o altri uffici permanenti di imprese situate in uno Stato membro partecipante e la cui amministrazione centrale o sede legale è situata al di fuori di uno Stato membro partecipante;4) «infrazione», il mancato rispetto da parte di un'impresa di un obbligo sancito da un regolamento o una decisione della BCE;5) «ammenda», l'importo forfettario che un'impresa è tenuta a versare a titolo di sanzione;6) «penalità di mora», le somme di denaro che, in caso di infrazione protratta, un'impresa è tenuta a versare a titolo di sanzione; queste sono calcolate per ciascun giorno di protratta infrazione, a decorrere dalla notifica all'impresa di una decisione, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, che impone la cessazione di tale infrazione;7) «sanzione», tanto l'ammenda quanto la penalità di mora inflitte a seguito di un'infrazione.Articolo 2 Sanzioni 1. Ove non diversamente previsto da specifici regolamenti del Consiglio, i limiti per la BCE nell'irrogazione alle imprese di ammende e di penalità di mora sono i seguenti:a) ammende: fino all'ammontare massimo di 500 000 euro; eb) penalità di mora: fino all'ammontare massimo di 10 000 euro per ciascun giorno di protratta infrazione. Le penalità di mora possono essere irrogate con riferimento ad un periodo massimo di sei mesi a decorrere dalla data di notifica all'impresa della decisione, conformemente all'articolo 3, paragrafo 1.2. Nel decidere se irrogare una sanzione e nello stabilire la sanzione appropriata, la BCE si attiene al principio di proporzionalità.3. La BCE tiene conto, se pertinenti, delle circostanze del caso specifico, quali:a) da un lato, la buona fede e il grado di correttezza dell'impresa nell'interpretazione e nell'applicazione dell'obbligo a essa derivante da un regolamento o da una decisione della BCE, nonché il grado di diligenza e di cooperazione mostrato dall'impresa o, dall'altro lato, qualsiasi prova di malafede da parte dei rappresentanti dell'impresa;b) la gravità degli effetti dell'infrazione;c) la reiterazione, frequenza o durata dell'infrazione da parte dell'impresa;d) i profitti conseguiti dall'impresa a seguito dell'infrazione;e) la dimensione economica dell'impresa; ef) le precedenti sanzioni irrogate da altre autorità alla stessa impresa e basate sugli stessi fatti.4. Laddove l'infrazione consista nel mancato adempimento di un obbligo, l'applicazione di una sanzione non esenta l'impresa dall'adempimento di tale obbligo, salvo che la decisione adottata ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, stabilisca espressamente il contrario.Articolo 3 Norme procedurali 1. La decisione di avviare o meno una procedura per infrazione è adottata dal comitato esecutivo della BCE, d'ufficio o sulla base di una richiesta ad esso rivolta a tal fine dalla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione. La stessa decisione può altresì essere adottata dalla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione, d'ufficio o sulla base di una richiesta ad essa rivolta a tal fine dalla BCE.Tale decisione è notificata per iscritto all'impresa interessata, all'autorità di vigilanza competente e alla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione o alla BCE. Con essa vengono resi noti all'impresa gli elementi delle contestazioni mosse nei suoi confronti e le prove su cui tali contestazioni si basano. Se del caso, con tale decisione si richiede di porre termine alla presunta infrazione e si informa l'impresa interessata della possibile irrogazione di penalità di mora.2. La decisione di cui al paragrafo 1 può esigere che l'impresa si sottoponga ad una procedura per infrazione. Nel quadro dell'applicazione di tale procedura, la BCE o, se del caso, la banca centrale nazionale, può:a) richiedere l'esibizione di documenti;b) esaminare i libri e i registri contabili dell'impresa;c) eseguire copie o estratti dei libri e dei registri contabili; ed) richiedere chiarimenti scritti o orali.Qualora un'impresa ostacoli lo svolgimento della procedura per infrazione, lo Stato membro partecipante sul cui territorio sono ubicati i locali di cui trattasi fornisce il sostegno necessario, in particolare facendo in modo che la BCE o la banca centrale nazionale abbia accesso ai locali dell'impresa, affinché possano essere esercitati i poteri di cui sopra.3. L'impresa interessata ha il diritto di essere ascoltata dalla BCE o, se del caso, dalla banca centrale nazionale. Le è concesso un periodo non inferiore a trenta giorni per presentare le proprie difese.4. Il comitato esecutivo della BCE, appena possibile dopo essere stato adito dalla banca centrale nazionale che ha avviato la procedura per infrazione o previa consultazione della banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione, adotta una decisione motivata sull'esistenza di un'infrazione commessa da un'impresa e sulla eventuale sanzione da irrogare.5. L'impresa interessata riceve notifica scritta della decisione ed è informata del suo diritto di richiederne il riesame. Tale decisione è notificata anche alle competenti autorità di vigilanza e alla banca centrale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione.6. L'impresa interessata ha il diritto di chiedere al consiglio direttivo della BCE il riesame della decisione presa dal comitato esecutivo. La richiesta è presentata entro trenta giorni dalla ricezione della notifica di tale decisione e contiene tutte le informazioni e le allegazioni a difesa. Tale richiesta è indirizzata in forma scritta al consiglio direttivo della BCE.7. La decisione del consiglio direttivo della BCE in risposta alla richiesta di riesame avanzata ai sensi del paragrafo 6 comprende i motivi della decisione ed è notificata per iscritto all'impresa interessata, alle autorità di vigilanza competenti per quell'impresa e alla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione. Con la notificazione si informa l'impresa in merito al suo diritto di ricorso giurisdizionale. Nel caso in cui il consiglio direttivo della BCE non assuma alcuna decisione entro due mesi dalla richiesta, l'impresa interessata può proporre un ricorso giurisdizionale contro la decisione del comitato esecutivo conformemente al trattato.8. Nessuna sanzione è applicata nei confronti dell'impresa fino a quando la decisione non diventa definitiva per una delle seguenti cause:a) scadenza del periodo di trenta giorni di cui al paragrafo 6 senza che l'impresa abbia presentato richiesta di riesame al consiglio direttivo della BCE;b) notifica da parte del consiglio direttivo della BCE della propria decisione all'impresa oppure scadenza del periodo di cui al precedente paragrafo 7 senza che il consiglio direttivo abbia preso una decisione.9. Gli introiti provenienti da sanzioni inflitte dalla BCE appartengono alla BCE.10. Nel caso in cui un'infrazione riguardi esclusivamente una funzione attribuita al SEBC in virtù del trattato e dallo statuto, una procedura per infrazione può essere avviata soltanto sulla base del presente regolamento, a prescindere dall'esistenza di leggi o di regolamenti nazionali che prevedano una procedura distinta. Nel caso in cui un'infrazione riguardi anche una o più aree non di competenza del SEBC, il diritto di avviare una procedura per infrazione ai sensi del presente regolamento è indipendente da ogni diritto che la competente autorità nazionale ha di avviare una distinta procedura in relazione a tali aree non di competenza del SEBC. Sono salve l'applicazione della legge penale e le competenze di vigilanza prudenziale negli Stati membri partecipanti.11. Se è stato accertato con decisione che un'impresa ha commesso un'infrazione, tale impresa deve sostenere le spese relative alla procedura per infrazione.Articolo 4 Limiti temporali 1. Il potere di prendere la decisione di avviare una procedura per infrazione, previsto dal presente regolamento, si estingue allo scadere di un anno dalla data in cui la BCE o la banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione abbiano constatato per la prima volta l'infrazione e, in ogni caso, allo scadere di cinque anni dalla data in cui è stata commessa l'infrazione oppure, in caso di infrazione protratta, allo scadere di cinque anni dalla cessazione dell'infrazione.2. Il potere di prendere la decisione di irrogare sanzioni per le infrazioni previste dal presente regolamento si estingue allo scadere di un anno dalla data della decisione di avviare la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 1.3. Il potere di avviare una procedura per l'applicazione delle sanzioni si estingue allo scadere di sei mesi dalla data in cui la decisione è divenuta esecutiva in virtù dell'articolo 3, paragrafo 8.Articolo 5 Mezzi di ricorso La Corte di giustizia delle Comunità europee ha competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell'articolo 172 del trattato per quanto riguarda le decisioni definitive che impongono una sanzione.Articolo 6 Disposizioni generali e potere normativo 1. In caso di conflitto tra le disposizioni del presente regolamento e le disposizioni di altri regolamenti del Consiglio che autorizzano la BCE ad irrogare sanzioni, prevalgono le disposizioni di questi ultimi.2. Nei limiti e alle condizioni stabiliti dal presente regolamento, la BCE può adottare regolamenti al fine di specificare ulteriormente i meccanismi in base ai quali è possibile irrogare sanzioni nel rispetto di quanto stabilito nel presente regolamento nonché indirizzi intesi a coordinare e armonizzare le procedure relative all'attuazione della procedura per infrazione.Articolo 7 Disposizioni finali Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.L'articolo 6 paragrafo 2 si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. I restanti articoli si applicano dal 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 23 novembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. EDLINGER(1) GU C 246 del 6. 8. 1998, pag. 9.(2) GU C 328 del 26. 10. 1998.(3) Parere espresso l'8 ottobre 1998 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
Il potere della BCE di irrogare sanzioni SINTESI La Banca centrale europea (BCE) conduce la politica monetaria dell’area dell’euro, con l’obiettivo primario di mantenere la stabilità dei prezzi, inoltre vigila sulle banche dell’area dell’euro e degli altri paesi dell’UE che hanno scelto di partecipare al meccanismo di vigilanza unico. Nell’esercizio della sua politica monetaria e dei suoi compiti di vigilanza, la BCE può irrogare sanzioni alle imprese (ad esempio agli enti creditizi) che non rispettano gli atti giuridici della BCE o dell’UE. CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Esso stabilisce le condizioni in base alle quali la BCE può infliggere alle imprese ammende e penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dagli atti legali della BCE e dell’UE. PUNTI CHIAVE Il limite massimo per le ammende alle imprese è di 500 000 EUR, o, nel caso di sanzioni comminate in relazione ai compiti di vigilanza della BCE, il doppio della quantità dei profitti ricavati o delle perdite evitate a causa della violazione o il 10 % del fatturato annuo totale dell’impresa. Il limite massimo per le penalità di mora è di 10 000 EUR per ogni giorno di violazione, o, nel caso di sanzioni comminate in relazione ai compiti di vigilanza della BCE, il 5 % del fatturato medio giornaliero per ogni giorno di violazione. Quando si considera una sanzione, la BCE tiene conto: della buona fede e della correttezza dell’impresa interessata, della gravità degli effetti dell’infrazione, dei profitti conseguiti dall’impresa a seguito dell’infrazione, della dimensione economica dell’impresa, delle eventuali precedenti sanzioni irrogate all’impresa per la stessa infrazione da altre autorità competenti. Il comitato esecutivo decide se avviare una procedura d’infrazione. L’impresa interessata ha non meno di 30 giorni di tempo per presentare la sua difesa alla BCE o alla sua banca centrale nazionale. Il comitato esecutivo adotta una decisione motivata sull’opportunità di irrogare sanzioni all’impresa. Entro 30 giorni dal ricevimento della decisione, l’impresa può chiedere al consiglio direttivo di rivedere la decisione, in mancanza di ciò, la decisione diventa definitiva. Se richiesto, il consiglio direttivo rivedrà la decisione del comitato esecutivo e informerà l’impresa interessata della sua conclusione. Esso informerà l’impresa in merito al suo diritto di ricorso giurisdizionale. La procedura di infrazione deve essere attivata entro un anno dalla data in cui la BCE o la banca centrale nazionale della giurisdizione in cui si è verificata l’infrazione hanno constatato l’infrazione. Allo scadere di questo termine, decade il diritto. Il regolamento (UE) 2015/159 del Consiglio ha aggiunto nuove disposizioni per consentire alla BCE di irrogare sanzioni nell’esercizio dei suoi compiti di vigilanza. Le nuove regole stabiliscono le ammende, i termini e le modalità che si applicano in questi casi. ATTO Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni. (GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4.-7)
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31989L0105
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Direttiva 89/105/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia Gazzetta ufficiale n. L 040 del 11/02/1989 pag. 0008 - 0011 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0045 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0045 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1988 riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicina1i per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (89/105/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),in cooperazione con il parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),considerando che le autorizzazioni di commercializzazione delle specialità medicinali, rilasciate in applicazione della direttiva 6S/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 196S, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (a), modificata da ultimo dalla direttiva 87/21/CEE (4), possono essere rifiutate soltanto per motivi inerenti alla qualità, alla sicurezza o allefficacia della specialità medicinale in questione;considerando che gli Stati membri hanno adottato misure di carattere economico per quanto riguarda la commercializzazione delle specialità medicinali, per controllare le spese a carico dei servizi sanitari per tali specialità medicinali: che tali misure includono controlli diretti ed indiretti dei prezzi delle specialità medicinali come una conseguenza dell'inadeguatezza o dellassenza di concorrenza nel mercato delle specialita medicinali e restrizioni della gamma delle specialità coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia;considerando che lo scopo principale di tali misure è la promozione della salute pubblica attraverso un'adeguata disportibilità di specialità medicinali a prezzi ragionevoli; che tuttaviatali misure dovrebbero servire anche a promuovere l'efficienza produttiva delle specialità medicinali e ad incoraggiare la ricerca e lo sviluppo di nvove specialità medicinali, da cui dipende in definitiva il mantenimeto di un alto livello di salute pubblica nella Comunità;considerando che disparità in tali misure possono ostacolare o falsare il commercio intracomunitario delle specialità medicinali e quindi pregiudicare direttamente il funzionamento del mercato comune delle specialità medicinali;considerando che l'obiettivo della presente direttiva è di ottenere una visione d'insieme delle intese nazionali in materia di prezzi, compreso il modo in cui esse operano nei singoli casi e tutti i criteri su cui sono basate, e di renderle note a tutte le persone interessate dal mercato delle specialità medicinali negli Stati membri; che questa informazione dovrebbe essere pubblica;considerando che è urgentemente necessario, come primo passo per eliminare queste disparità, stabilire una serie di esigenze per assicurare che tutti gli interessati possano verificare che le misure nazionali non costituiscano restrizioni quantitative alle importazioni o esportazioni né misure di effetto equivalente; che tuttavia queste esigenze non intaccano le politiche degli Stati membri che basano la determinazione dei prezzi delle specialità medicinali in primo luogo sulla libera concorrenza; che dette esigenze non influenzano nemmeno le politiche nazionali per la fissazione dei prezzi e la determinazione dei regimi di previdenza sociale salvo nella misura in cui sia necessario raggiungere la trasparenza prevista dalla presente direttiva;considerando che l'ulteriore ravvicinamento di queste misure deve avvenire progressivamente,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Gli Stati membri assicurano la conformità con le esigenze della presente direttiva di qualsiasi misura nazionale, di natura legislativa, regolamentare o amministrativa, presa per controllare i prezzi delle specialità medicinali per uso umano o per restringere la gamma delle specialità medicinali coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia.2. È applicabile ai fini della presente direttiva la definizione della nozione «specialità medicinale» figurante all'articolo 1 della direttiva 65/65/CEE.3. Nessun elemento della presente direttiva consente la commercializzazione di una specialità medicinale per cui non è stata rilasciata l'autorizzazione di cui all' articolo 3 della direttiva 65/65/CEE.Articolo 2Sono applicabili le disposizioni seguenti se la commercializzazione di una specialità medicinale è permessa solo dopo che le autorità competenti dello Stato membro interessato abbiano approvato il prezzo del prodotto:1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione sul prezzo che può essere imposto per la specialità medicinale in questione e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento di una richiesta presentata, conformemente alle condizioni stabilite nello Stato membro in questione,dal detentore di un'autorizzazione di commercializzazione. Il richiedente fornisce alle autorità competenti informazioni sufficienti. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari. In mancanza di tale decisione, entro il (i) termine(i) precisato(i), il richiedente ha il diritto di commercializzare il prodotto al prezzo proposto.2) Se le autorità competenti decidono di non permettere la commercializzazione della specialità medicinale in questione al prezzo proposto dal richiedente, la decisione contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Il richiedente è inoltre informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Almeno una volta all'anno le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle specialità medicinali i cui prezzi sono stati fissati nel periodo preso in considerazione, assieme ai prezzi che possono essere imposti per tali prodotti.Articolo 3Fatto salvo l'articolo 4, si applicano le disposizioni seguenti se l'aumento di prezzo di una specialità medicinale è permesso solo dopo aver ottenuto la previa approvazione delle autorità competenti:1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione per ogni richiesta di aumento del prezzo di una specialità medicinale presentata, conformemente alle condizioni stabilite nello Stato membro in questione, dal detentore dell'autorizzazione di commercializzazione, e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta. Il richiedente formisce alle autorità competenti informazioni sufficienti, compresi i fatti particolareggiati che si sono verificati dopo l'ultima fissazione del prezzo della specialità medicinale e che giustificano, a suo parere, l'aumento di prezzo richiesto. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari.Nel caso di un numero eccezionale di richieste il termine può essere prorogato una sola volta di ulteriori sessanta giorni. Tale proroga è notificata al richiedente prima della scadenza del termine.In mancanza di tale decisione entro il (i) termine(i) precitato(i) il richiedente ha il diritto di applicare l'intero aumento di prezzo richiesto.2) Se le autorità competenti decidono di non permettere, in tutto o in parte, l'aumento di prezzo richiesto, la decisione contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, e il richiedente è informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Almeno una volta all'anno le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle specialità medicinali per cui sono stati accordati aumenti di prezzo durante il periodo preso in considerazione, assieme al nuovo prezzo che può essere applicato a tali prodotti.Articolo 41. Nel caso di un blocco dei prezzi di tutte le specialità medicinali o di certe loro categorie imposto dalle autorità competenti di uno Stato membro, detto Stato membro verifica, almeno una volta all'anno, se le condizioni macroeconomiche giustifichino la continuazione senza modifiche del blocco. Entro novanta giorni dall'inizio di questo esame, le autorità competenti annunciano quali eventuali maggiorazioni o diminuzioni di prezzo sono apportate.2. In casi eccezionali il detentore di un'autorizzazione di commercializzazione di specialità medicinali può richiedere una deroga dal blocco dei prezzi se ciò è giustificato da motivi particolari. La richiesta contiene un esposto sufficiente di tali motivi. Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione motivata in merito ad ogni richiesta e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti, le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari. Se la deroga è accordata, le autorità competenti pubblicano immediatamente un annuncio concernente l'aumento di prezzo accordato.Nel caso di un numero eccezionale di richieste il termine può essere prorogato una sola volta di ulteriori sessanta giorni. Tale proroga è notificata al richiedente prima della scadenza del termine iniziale.Articolo 5Se uno Stato membro adotta un sistema di controlli diretti o indiretti sui margini di utile dei responsabili dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, esso pubblica le informazioni seguenti in una pubblicazione appropriata e le comunica alla Commissione :a) il metodo o i metodi usati nello Stato membro interessato per definire il margine di utile: redditività delle vendite e/ o rendimento in conto capitale;b) la percentuale di utile al momento consentita ai responsabili dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, nello Stato membro interessato;c) i criteri secondo cui si calcolano le percentuali di utile per: ogni singolo responsabile dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, assieme ai criteri in base a cui i medesimi sono autorizzati a trattenere utili superiori a quelli stabiliti nello Stato membro interessato;d) la percentuale massima di utile che ogni responsabile dell'immissione sul mercato di specialità medicinali è autorizzato a trattenere, al di là del margine stabilito nello Stato membro interessato.Queste informazioni sono aggiornate una volta all'anno, oppure quando si verificano cambiamenti significativi.Se, oltre ad un sistema di controllo diretto o indiretto dei margini di utile, uno Stato membro attua un sistema di controllo dei prezzi su certi tipi di specialità medicinali esclusi dal sistema di controllo degli utili, sono applicabili a tali controlli di prezzo, ove pertinenti, gli articoli 2, 3 e 4. Tuttavia gli articoli 2, 3 e 4 non sono applicabili quando l'attuazione normale di un sistema di controlli diretti o indiretti dei margini di utile si risolve eccezionalmente nella fissazione di un prezzo per una specialità medicinale particolare.Articolo 6Le disposizioni seguenti sono applicabili se una specialità medicinale è coperta da un regime nazionale di assicurazione malattia solo dopo che le autorità competenti hanno deciso di includerla nell'elenco positivo delle specialità medicinali coperte da tale regime.1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione su una richiesta di inclusione di una specialità medicinale nell'elenco delle specialità medicinali coperte da un regime nazionale di assicurazione malattia, presentata, conformemente alle condizioni stabilite dallo Stato membro in questione, dal detentore di un'autorizazione di commercializzazione e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta. Il termine è prorogato di novanta giorni se è presentata una richiesta ai sensi del presente articolo prima che le autorità competenti concordino il prezzo da imporre al prodotto in applicazione all'articolo 2 oppure se sono adottate con un'unica procedura amministrativa una decisione sul prezzo di una specialità medicinale e una decisione sull'inclusione di quest'ultima nell'elenco delle specialità medicinali coperte dal regime di previdenza sociale. Il richiedente fornisce alle autorità competenti informazioni sufficienti. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti, il termine è sospeso e le autorita competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni supplementari dettagliate richieste.Se uno Stato membro non permette la presentazione di una richiesta ai sensi del presente articolo prima che le autoritá competenti abbiano concordato il prezzo da imporre al prodotto in applicazione dell'articolo 2, esso assicura che il termine complessivo delle due procedure non superi i centottanta giorni. Questo termine può essere prorogato conformemente all'articolo 2, ovvero sospeso conformemente al primo comma del presente punto.2) Qualsiasi decisione di non includere una specialità medicinale nell'elenco dei prodotti coperti dal regime di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, compresi qualsiasi eventuale parere o raccomandazione degli esperti su cui la decisione sia fondata. Il richiedente è inoltre informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Anteriormente alla data menzionata nell'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione i criteri di cui devono tener conto le autorità competenti quando decidono in merito all'inclusione o meno delle specialità medicinali negli elenchi.4) Entro un anno dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo I, gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco completo dei prodotti coperti dal proprio regime di assicurazione malattia, assieme ai prezzi stabiliti dalle autorità nazionali competenti. Questa informazione è aggiornata almeno una volta all'anno.5) Qualsiasi decisione di escludere un prodotto dall'elenco dei prodotti coperti da un regime di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Tali decisioni, compresi gli eventuali pareri o raccomandazioni degli esperti su cui la decisione si basa, sono comunicate alla persona responsabile che è informata dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.6) Qualsiasi decisione di escludere una categoria di specialità medicinali dall'elenco dei prodotti coperti da un regime di assicurazione malattia contiene un esposto di motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, ed è pubblicata in una pubblicazione appropriata.Articolo 7Le seguenti disposizioni sono applicabili se le autorità competenti di uno Stato membro sono competenti per decidere l'esclusione di singole specialità medicinali o categorie di specialità medicinali dalla copertura del proprio regime nazionale di assicurazione malattia (elenchi negativi).1) Qualsiasi decisione di escludere una categoria di specialità medicinali dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, ed è pubblicata in una pubblicazione appropriata.2) Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1 gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione i criteri di cui devono tener conto le autorità competenti quando decidono in merito all'esclusione o meno di una singola specialita` medicinale dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia.3) Qualsiasi decisione di escludere una determinata specialità medicinale dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Tali decisioni, comprese gli eventuali pareri e raccomandazioni degli esperti su cui la decisione si basa, sono comunicate alla persona responsabile, che è informata dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtu delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.4) Entro un anno dalla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle singole specialità medicinali escluse dal regime di assicurazione malattia. Questa informazione è aggiornata almeno ogni sei mesi.Articolo 81. Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione gli eventuali criteri in merito alla classifica terapeutica delle specialità medicinali, utilizzata dalle autorità competenti per gli scopi del regime nazionale di assicurazione malattia.2. Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione gli eventuali criteri impiegati dalle autorità competenti per verificare l'equità e la trasparenza dei prezzi imposti per i trasferimenti, all'interno di un gruppo di società, dei principi attivi o dei prodotti intermedi usati nella fabbricazione delle specialità medicinali o delle specialità medicinali finite.Articolo 91. Alla luce dell'esperienza la Commissione sottopone al Consiglio, entro due anni a decorrere dalla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, una proposta contenente appropriate misure tendenti all'abolizione delle barriere ancora esistenti o delle distorsioni al libero movimento delle specialità medicinali, in modo da allineare maggiormente questo settore alle normali condizioni del mercato interno.2. Il Consiglio decide sulla proposta della Commissione entro un anno dalla sua presentazione.Articolo 101. È istituito ed insediato presso la Commissione un comitato, denominato «comitato consultivo responsabile dell'attuazione della direttiva 89/105/CEE riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia».2. Il comitato ha il compito di esaminare qualsiasi problema relativo all'applicazione della presente direttiva, sottopostogli dalla Commissione oppure a richiesta di uno Stato membro.3. Il comitato è composto di un rappresentante per ogni Stato membro. Ogni rappresentante ha un supplente. Il supplente ha diritto di partecipare alle riunioni del comitato.4. Un rappresentante della Commissione presiede il comitato.5. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 111. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 1989. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Anteriormente alla data di cui al paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di fissazione dei prezzi delle specialità medicinali, al margine di utile delle case farmaceutiche ed alla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia. Ogni emendamento o modifica di tali disposizioni legislative, regolamentari e amministrative è immediatamente comunicato alla Commissione.Articolo 12Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988.Per il ConsiglioIl PresidenteV. PAPANDREOU(1) GU n. C 17 del 23. l. 1987, pag. 6 e GU n. C 129 del 18. S. 1988,pag.14.(2) GU n. C 94 dell'l l. 4. 1988, pag 62 e GU n. C 326 del 19.12.1988.(3) GU n. C 319 del 30. 11. 1987, pag. 47.(4) GU n. 22 del 9. 2. 1965, pag. 369/6S.(5) GU n. L 15 del 17. 1. 1987, pag. 36.
Trasparenza delle decisioni che regolano i prezzi e il rimborso dei medicinali nei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa mira a garantire che tutte le misure adottate dai paesi dell’Unione europea (UE) per la fissazione dei prezzi e il rimborso dei medicinali siano trasparenti. A tal scopo stabilisce le procedure che i paesi dell’UE devono seguire affinché le loro decisioni e le loro politiche non creino ostacoli al commercio farmaceutico nell’Unione. PUNTI CHIAVE Le autorità nazionali dei paesi dell’UE, una volta che un farmaco è autorizzato, devono: prendere una decisione sul prezzo praticato e il livello di rimborso entro 90 giorni dal ricevimento della domanda, a condizione che tutte le informazioni necessarie siano state fornite; consentire al richiedente di vendere il prodotto al prezzo proposto, se non riescono a prendere una decisione entro il termine di 90 giorni; fornire motivazioni basate su criteri oggettivi e verificabili per l’eventuale rifiuto di autorizzazione del prezzo di un farmaco; seguire in gran parte le stesse procedure quando prendono in considerazione le domande: per l’aumento del prezzo di un farmaco; per l’esenzione da un blocco dei prezzi; per l’inclusione nella lista dei prodotti coperti dai sistemi nazionali di assicurazione malattia; rivedere almeno una volta all’anno qualsiasi blocco dei prezzi che può essere imposto a tutti i farmaci o ad alcune categorie di farmaci per determinare se è ancora giustificato dalle condizioni economiche; informare la Commissione europea dei termini di eventuali controlli diretti o indiretti che pongono sui margini di utile delle aziende farmaceutiche; consentire che le decisioni possano essere oggetto di ricorso dinanzi al tribunale nazionale e informare il richiedente circa i requisiti procedurali di tali ricorsi. Un comitato consultivo, noto come «comitato per la trasparenza», composto da rappresentanti nazionali e presieduto dalla Commissione, è incaricato di esaminare e discutere qualsiasi problema relativo all’attuazione della direttiva. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 27 dicembre 1988. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 31 dicembre 1989. CONTESTO Dopo aver condotto una revisione della normativa, la Commissione ha proposto una nuova direttiva nel marzo 2012, volta a snellire le procedure e a ridurre il tempo impiegato dalle decisioni nazionali in materia di prezzi e di rimborso dei medicinali. La proposta legislativa mirava a semplificare le procedure, nonché a migliorare la chiarezza e la certezza giuridica per tutte le parti interessate. La proposta è stata successivamente revocata dalla Commissione nel marzo 2015. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha emesso diverse sentenze sull’interpretazione e l’attuazione della normativa in materia di trasparenza. Per ulteriori informazioni, si consulti: «Direttiva sulla trasparenza» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/105/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (GU L 40 dell’11.2.1989, pagg. 8–11)
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31998R2866
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Regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio del 31 dicembre 1998 sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro Gazzetta ufficiale n. L 359 del 31/12/1998 pag. 0001 - 0002 REGOLAMENTO (CE) N. 2866/98 DEL CONSIGLIO del 31 dicembre 1998 sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase,vista la proposta della Commissione,visto il parere della Banca centrale europea (1),(1) considerando che a norma dell'articolo 109 J, paragrafo 4, del trattato, la terza fase dell'Unione economica e monetaria avrà inizio il 1 gennaio 1999; che il Consiglio riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo ha confermato, il 3 maggio 1998, che Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica in data 1 gennaio 1999 (2);(2) considerando che a partire dal 1 gennaio 1999 l'euro sarà la moneta degli Stati membri partecipanti, in conformità al regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro (3); che l'introduzione dell'euro presuppone l'adozione dei tassi di conversione ai quali l'euro sostituirà le monete nazionali ed in base ai quali l'euro sarà diviso in unità monetarie nazionali; che i tassi di conversione indicati nell'articolo 1 sono quelli definiti nell'articolo 1, terzo trattino, del regolamento (CE) n. 974/98;(3) considerando che a norma del regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (4), ogni riferimento all'ecu contenuto in uno strumento giuridico è sostituito da un riferimento all'euro ad un tasso di un euro per un ecu; che l'articolo 109 L, paragrafo 4, seconda frase, stabilisce che l'adozione dei tassi di conversione non deve di per sé modificare il valore esterno dell'ecu; che ciò viene garantito adottando, come tassi di conversione, i tassi di cambio delle monete degli Stati membri rispetto all'ecu determinati dalla Commissione il 31 dicembre 1998, in base alla procedura consueta per il calcolo dei tassi ufficiali giornalieri relativi all'ecu;(4) considerando che i ministri degli Stati membri che adottano l'euro come loro moneta unica, i governatori delle banche centrali degli stessi Stati membri, la Commissione e l'Istituto monetario europeo/la Banca centrale europea hanno emesso, il 3 maggio 1998 (5) ed il 26 settembre 1998, due comunicati sulla determinazione e sull'adozione dei tassi di conversione fissati irrevocabilmente per l'euro;(5) considerando che il regolamento (CE) n. 1103/97 stabilisce che i tassi di conversione sono adottati con riferimento ad un euro espresso in ciascuna delle monete nazionali degli Stati membri partecipanti; che, per garantire un alto grado di precisione, tali tassi saranno formati da sei cifre significative e non verranno definiti tassi inversi o bilaterali tra le monete degli Stati membri partecipanti,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1I tassi di conversione fissati irrevocabilmente tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro sono i seguenti:1 euro // = 40,3399 franchi belgi // = 1,95583 marchi tedeschi // = 166,386 pesete spagnole // = 6,55957 franchi francesi // = 0,787564 sterline irlandesi // = 1 936,27 lire italiane // = 40,3399 franchi lussemburghesi // = 2,20371 fiorini olandesi // = 13,7603 scellini austriaci // = 200,482 escudi portoghesi // = 5,94573 marchi finlandesiArticolo 2Il presente regolamento entra in vigore il 1 gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 31 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. EDLINGER
Tassi di conversione fra l'euro e le valute nazionali QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento fissa irrevocabilmente i tassi di conversione tra l'euro e le monete dei paesi della zona euro. Tali tassi sono stati adottati il 31 dicembre 1998 quando i primi undici paesi dell'UE hanno adottato l'euro (Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia). PUNTI CHIAVE Per diventare un membro della zona euro, la terza fase dell'unione economica e monetaria dell'UE, un paese dell'UE deve soddisfare determinate condizioni economiche e legali, note come criteri di convergenza. Tali criteri sono stati pensati per garantire che tali paesi possano dimostrare stabilità (entro determinati limiti) di prezzi, di posizione finanziaria del loro governo, del tasso di scambio e dei tassi d'interesse nel lungo termine. Il regolamento è stato modificato a più riprese per determinare i tassi di conversione dei nuovi paesi che sono entrati nella zona euro: Grecia nel 2001; Slovenia nel 2007; Cipro e Malta nel 2008; Slovacchia nel 2009; Estonia nel 2011; Lettonia nel 2014; Lituania nel 2015. Ai sensi dell'articolo 140 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, i tassi di conversione tra l'euro e le monete dei paesi dell'UE sono fissati dal Consiglio dell'UE. Il Consiglio delibera all'unanimità dei paesi della zona euro e del paese interessato, su proposta della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea. I tassi di conversione sono fissati irrevocabilmente: 1 euro = Tasso di cambio Vecchia moneta nazionale 40,34 franchi belgi 1,96 marchi tedeschi 15,65 corone estoni 340,75 dracme greche 166,39 pesete spagnole 6,56 franchi francesi 0,79 sterline irlandesi 1 936,27 lire italiane 0,59 lire sterline cipriote 40,34 franchi lussemburghesi 0,43 lire maltesi 2,20 fiorini olandesi 13,76 scellini austriaci 200,48 escudi portoghesi 239,64 tàlleri sloveni 30,13 corone slovacche 5,95 marchi finlandesi 0.70 Lats lettone 3.45 Litas lituano A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 1o gennaio 1999. CONTESTO Per ulteriori informazioni si consulti: «Adozione dell'euro» sul sito Internet della Commissione europea «Utilizzo dell'euro» sul sito Internet della Banca centrale europea DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro (GU L 359 del 31.12.1998, pag. 1–2) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 2866/98 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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31992H0241
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92/241/CEE: Raccomandazione del Consiglio, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini Gazzetta ufficiale n. L 123 del 08/05/1992 pag. 0016 - 0018 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 31 marzo 1992 sulla custodia dei bambini (92/241/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che al punto 16, terzo comma della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai Capi di Stato e di governo di undici Stati membri al Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, si dichiara: « È altresì opportuno sviluppare misure che consentano agli uomini e alle donne di conciliare meglio i loro obblighi professionali e familiari. »; considerando che la Commissione ha previsto la presente raccomandazione nel suo programma di azione relativo all'applicazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori; considerando che la Commissione, nel suo terzo programma di azione a medio termine sulle pari opportunità per uomini e donne (1991-1995), ha ravvisato la necessità di ulteriori azioni in questo settore; considerando che la Commissione, nella sua comunicazione sulle politiche familiari trasmessa al Consiglio il 24 agosto 1989, ha sottolineato l'importanza di un'intensificazione dei lavori concernenti la custodia dei bambini; considerando che i metodi di custodia dei bambini, il congedo parentale e il congedo di maternità sono elementi di un tutto che consente ai lavoratori di conciliare le loro responsabilità familiari con le ambizioni professionali; considerando che gli Stati membri devono prendere e/o stimolare iniziative, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con questi vari attori; considerando che la conciliazione delle responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative derivanti dalla custodia di bambini deve essere vista in un'ampia prospettiva che tenga anche conto degli interessi e delle particolari necessità dei bambini delle diverse fasce d'età; che è importante, per raggiunger questo fine, promuovere una politica globale volta a rendere possibile tale conciliazione; considerando che è essenziale promuovere il benessere dei bambini e delle famiglie garantendo il soddisfacimento delle loro diverse esigenze e tenendo conto che le responsabilità derivanti dalla custodia di bambini e dalla loro educazione esistono prima e durante il periodo di scolarità e in particolare durante i primi anni di vita; considerando che in tutti gli Stati membri la domanda di servizi di custodia di bambini, a prezzi abbordabili per i genitori, è superiore all'offerta esistente; considerando che la carenza di servizi di costo contenuto di custodia dei bambini nonché di altre iniziative volte a conciliare le responsabilità di cura ed educazione dei figli con il lavoro dei genitori, o con l'istruzione e la formazione che questi seguono per ottenere un impiego, rappresenta un grave ostacolo all'accesso e ad una più efficace partecipazione delle donne al mercato del lavoro, alla parità delle possibilità con gli uomini, alla piena partecipazione delle donne a tutti i settori della società e ad un'efficace utilizzazione dei loro talenti, nonché delle loro qualificazioni e attitudini, nell'attuale situazione demografica; considerando inoltre che, al riguardo, esistono disparità tra gli Stati membri e tra le regioni degli Stati membri; considerando che più adeguati servizi di custodia dei bambini possono facilitare la libera circolazione dei lavoratori sul mercato del lavoro europeo; considerando che i servizi di custodia di bambini possono essere pubblici, privati, individuali o collettivi; considerando che la custodia dei bambini è una nozione vasta che può implicare l'organizzazione di servizi di custodia corrispondenti alle esigenze dei bambini, la concessione di congedi speciali a genitori, lo sviluppo di un ambiente, di strutture e di un'organizzazione del lavoro appropriati e la divisione fra uomini e donne delle responsabilità professionali, familiari ed educative derivanti dalla custodia di bambini; considerando che, in taluni Stati membri, a motivo del basso livello del reddito nazionale e della necessità di ridurre rigorosamente l'aumento delle spese pubbliche, il ruolo delle autorità pubbliche può essere sottoposto a particolari costrizioni; considerando che la clausola tipo inclusa nei quadri comunitari di sostegno relativi alla politica strutturale stabilisce che le azioni e misure intraprese in tale contesto devono essere conformi alla politica e legislazione comunitaria in materia di pari opportunità per uomini e donne, contribuendo eventualmente alla loro attuazione, e che in particolare si deve tener conto delle esigenze, in fatto di formazione e infrastruttura, che facilitano la partecipazione delle donne con figli al mercato del lavoro; considerando inoltre che nell'ambito dell'iniziativa comunitaria NOW (1991-1993), finanziata dai Fondi strutturali e mirante a promuovere pari opportunità per le donne nel campo dell'occupazione e della formazione professionale, sono previste misure complementari per la custodia dei bambini atte a facilitare l'accesso delle donne con figli al mercato del lavoro e a corsi di formazione professionale, RACCOMANDA QUANTO SEGUE: Articolo 1 Oggetto Si raccomanda agli Stati membri di adottare e/o stimolare gradualmente iniziative che consentano agli uomini e alle donne di conciliare le loro responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative derivanti dalla custodia di bambini. Articolo 2 Settori di iniziative Si raccomanda a tal fine agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative nei quattro settori seguenti: 1) organizzazione di servizi di custodia di bambini mentre i genitori: - lavorano, - seguono corsi di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro, - sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro. Ai fini della presente raccomandazione, si intende per « servizi di custodia di bambini » qualsiasi forma di custodia di bambini pubblica o privata, individuale o collettiva; 2) concessione di congedi speciali ai genitori che lavorano e sono responsabili della custodia ed educazione di bambini; 3) ambiente, strutture e organizzazione del lavoro, al fine di adeguarli alle esigenze dei lavoratori con figli; 4) divisione fra uomini e donne delle responsabilità professionali e di quelle familiari e di educazione risultanti dalla custodia di bambini. Articolo 3 Servizi di custodia di bambini Per quanto riguarda i servizi di custodia di bambini, si raccomanda agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative volte a: 1) consentire a genitori che lavorano, seguono corsi di istruzione o formazione per ottenere un lavoro, o sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro, l'accesso per quanto possibile a servizi locali di custodia di bambini. In questo contesto, occorre in particolare provvedere affinché: - i servizi siano offerti a costi contenuti che i genitori possano affrontare; - i servizi concilino un'assistenza affidabile dal punto di vista della salute e della sicurezza e un'educazione generale e un approccio pedagogico; - si tenga conto delle esigenze dei genitori e dei bambini nel determinare l'accesso ai servizi; - i servizi siano disponibili in tutte le aree e regioni degli Stati membri, comprese le aree urbane e rurali; - i servizi siano accessibili ai bambini aventi esigenze particolari, per esempio di ordine linguistico, e a quelli che vivono in famiglie monoparentali, e rispondano alle loro necessità; 2) incoraggiare la flessibilità e la varietà dei servizi di custodia dei bambini come elementi di una strategia volta ad accrescere le possibilità di scelta e soddisfare le diverse preferenze, esigenze e situazioni dei bambini e delle famiglie, pur preservando una coerenza fra i vari servizi; 3) provvedere a che la formazione iniziale e permanente degli addetti ai servizi di custodia dei bambini sia conforme all'importanza e al valore sociale ed educativo del loro lavoro; 4) incoraggiare i servizi in questione ad operare in stretta collaborazione con i genitori e con le collettività locali, prevedendo regolari contatti e scambi di informazioni, in modo da rispondere alle esigenze dei genitori e a situazioni locali particolari; 5) incoraggiare le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, conformemente alle rispettive responsabilità, ad apportare un contributo finanziario alla creazione e/o al funzionamento di servizi di custodia di bambini, omogenei e di costo contenuto, con possibilità di scelta per i genitori. Articolo 4 Congedi speciali Per quanto riguarda i congedi speciali concessi ai genitori che svolgono un lavoro subordinato e hanno responsabilità in fatto di custodia ed educazione di bambini, si raccomanda agli Stati membri, in funzione delle rispettive responsabilità delle parti sociali, delle autorità nazionali, regionali o locali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le parti sociali, le autorità nazionali, regionali o locali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o di stimolare iniziative, volte a tener conto, realisticamente, della maggiore partecipazione delle donne al lavoro. Queste iniziative prevedono, in particolare, congedi speciali per consentire a genitori che svolgono un lavoro subordinato, uomini e donne, che lo desiderano, di esercitare efficacemente le loro responsabilità professionali, familiari e di educatori, adottando, fra l'altro, modalità flessibili nell'organizzazione dei congedi. Articolo 5 Ambiente, strutture e organizzazione del lavoro Per quanto riguarda l'ambiente, le strutture e l'organizzazione del lavoro, si raccomanda agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti nonché dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative volte a: 1) sostenere azioni, in particolare nell'ambito di contratti collettivi, volte a creare un ambiente, delle strutture e un'organizzazione del lavoro che tengano conto delle esigenze di tutti i genitori che lavorano e sono responsabili della custodia ed educazione di bambini; 2) valorizzare le modalità di esecuzione del lavoro delle persone occupate nei servizi di custodia di bambini e sottolinearne l'importanza sociale; 3) promuovere azioni, tra l'altro nel settore pubblico, che servano di esempio per lo sviluppo di iniziative in questo campo. Articolo 6 Divisione delle responsabilità Per quanto riguarda le responsabilità derivanti dalla custodia ed educazione dei bambini, si raccomanda agli Stati membri di promuovere e di incoraggiare, nel rispetto dell'autonomia degli individui, una maggiore partecipazione degli uomini al fine di assicurare una più equa ripartizione delle responsabilità parentali tra uomini e donne e permettere a queste ultime una partecipazione più efficace al mercato del lavoro. Articolo 7 Relazione della Commissione Gli Stati membri informano la Commissione, entro tre anni dalla data di adozione della presente raccomandazione, delle misure prese per attuarla, in modo da permettere alla Commissione di elaborare una relazione sull'attuazione della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, addì 31 marzo 1992. Per il Consiglio Il Presidente Vitor MARTINS (1) GU n. C 242 del 17. 9. 1991, pag. 3. (2) GU n. C 326 del 16. 12. 1991, pag. 279. (3) GU n. C 40 del 17. 2. 1992, pag. 88.
Custodia dei bambini: equilibrio fra lavoro e vita privata per uomini e donne Raccomandazione 92/241/CEE sulla custodia dei bambini ATTO Raccomandazione del Consiglio 92/241/CEE, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini (GU L 123 dell’8.5.1992, pagg. 16-18) SINTESI CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE? Promuove pari opportunità per madri e padri al fine di conciliare il lavoro con la vita familiare, incoraggiando i paesi dell’Unione europea (UE) ad assumere e/o sostenere iniziative che aiutino i genitori a gestire le loro responsabilità di custodia dei bambini. PUNTI CHIAVE La raccomandazione affronta le aree seguenti: — provvedere ai servizi di custodia dei bambini nel caso in cui i genitori lavorino, studino o seguano un corso di formazione, oppure stiano cercando attivamente un lavoro; — garantire permessi speciali ai genitori lavoratori che sono responsabili della custodia dei figli; — rendere l’ambiente lavorativo più adatto alle necessità delle lavoratrici e dei lavoratori con figli; — attuare misure che favoriscano la condivisione fra uomini e donne di responsabilità occupazionali e di custodia dei figli. Raccomanda che i servizi di custodia dei bambini: — abbiano un prezzo ragionevole; — combinino una custodia affidabile dal punto di vista della salute e della sicurezza con un’educazione generale e un approccio pedagogico; — siano in grado di andare incontro alle necessità dei bambini con bisogni speciali, ad esempio con difficoltà di linguaggio, e dei bambini di famiglie monoparentali. Permessi speciali Per accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, i paesi dell’UE dovrebbero incoraggiare iniziative quali i permessi, sia per le madri che per i padri. Ambiente lavorativo I paesi dell’UE dovrebbero assumere e/o incoraggiare iniziative volte a: — rendere il lavoro più conciliabile con la custodia dei bambini, in particolare attraverso accordi collettivi fra datori di lavoro e sindacati; — garantire retribuzioni e condizioni lavorative dignitose per il personale impiegato nei servizi di custodia dei bambini; — promuovere azioni nel settore pubblico che possano servire da esempio per il resto dell’economia. Condivisione delle responsabilità I paesi dell’UE dovrebbero incoraggiare una maggiore partecipazione degli uomini agli obblighi di custodia dei bambini, per raggiungere una condivisione più equa delle responsabilità parentali e per permettere alle donne di avere un ruolo più consistente nel mercato del lavoro. Ulteriori informazioni sulla pagina dedicata agli obiettivi dell’UE per la custodia dei bambini. ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Obiettivi di Barcellona - Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva [COM(2013) 322 final del 29.5.2013]
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Direttiva 95/60/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, sulla marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampante Gazzetta ufficiale n. L 291 del 06/12/1995 pag. 0046 - 0047 DIRETTIVA 95/60/CE DEL CONSIGLIO del 27 novembre 1995 sulla marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampanteIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 99, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che le misure comunitarie previste dalla presente direttiva sono non solo necessarie ma indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi del mercato interno; che tali obiettivi non possono essere realizzati individualmente dagli Stati membri; che il loro raggiungimento a livello comunitario è già disposto dalla direttiva 92/81/CEE (4), in particolare dall'articolo 9; che la presente direttiva è conforme al principio della sussidiarietà; considerando che la direttiva 92/82/CEE (5) stabilisce disposizioni sulle aliquote minime delle accise applicabili a taluni oli minerali e in particolare alle varie categorie di gasolio e di petrolio lampante; considerando che per il buon funzionamento del mercato interno è necessario stabilire norme comuni per la marcatura fiscale del gasolio e del petrolio lampante ai quali non sia stata applicata l'aliquota normale dell'accisa in vigore per tali oli minerali usati come carburante; considerando che ad alcuni Stati membri dovrebbe essere concesso di derogare alle misure previste dalla presente direttiva per specifiche ragioni nazionali; considerando che la direttiva 92/12/CEE (6) stabilisce disposizioni sul regime generale dei prodotti soggetti ad accise e che, in particolare, l'articolo 24 prevede l'istituzione di un Comitato delle accise cui compete esaminare le questioni concernenti l'applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di accise; considerando che è opportuno che certe questioni tecniche relative alle specifiche dei prodotti da utilizzare per la marcatura fiscale del gasolio e del petrolio lampante siano trattate nel quadro delle disposizioni di tale articolo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Fatte salve le disposizioni nazionali in materia di marcatura fiscale, gli Stati membri applicano una marcatura fiscale conformemente alle disposizioni della presente direttiva: - a tutti i tipi di gasolio di cui al codice NC 2 710 00 69 immessi in consumo ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 92/12/CEE e esentati o assoggettati ad accisa ad un'aliquota diversa da quella applicabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1 della direttiva 92/82/CEE; - al petrolio lampante di cui al codice NC 2710 00 55 immesso in consumo secondo la definizione dell'articolo 6 della direttiva 92/12/CEE del Consiglio e esentato o assoggettato ad accisa ad un'aliquota diversa da quella applicabile ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1 della direttiva 92/82/CEE. 2. Gli Stati membri possono autorizzare deroghe all'applicazione della marcatura fiscale di cui al paragrafo 1 per motivi di sanità pubblica, di sicurezza o per altre ragioni tecniche, purché adottino adeguate misure di controllo fiscale. Inoltre, l'Irlanda può decidere di non utilizzare o di non autorizzare l'utilizzazione della marcatura conformemente all'articolo 21, paragrafo 4 della direttiva 92/12/CEE. In tal caso essa ne informa la Commissione che a sua volta ne informa gli altri Stati membri. Articolo 2 1. Il marcatore è costituito da una miscela ben precisa di additivi chimici, da aggiungersi sotto controllo fiscale, al più tardi prima che gli oli minerali in questione siano immessi in consumo. Tuttavia: - per le consegne dirette in sospensione d'imposta al di fuori di un deposito fiscale provenienti da un altro Stato membro, gli Stati membri possono esigere l'aggiunta del marcatore prima che il prodotto lasci il deposito fiscale di spedizione; - in casi o situazioni eccezionali gli Stati membri possono, se già lo facevano prima del 1° gennaio 1996, autorizzare l'aggiunta del marcatore dopo l'immissione in consumo degli oli minerali in questione sotto controllo fiscale. Gli Stati membri che applicano tale misura ne informano la Commissione. La Commissione informa gli Stati membri di detta misura. In tal caso, essi possono rimborsare l'accisa pagata all'atto dell'immissione in consumo; - a condizione che le merci rimangano assoggettate al controllo fiscale, la Danimarca può rinviare l'aggiunta del marcatore sino, al massimo, al momento della vendita al dettaglio. 2. Il marcatore da utilizzare è stabilito conformemente alla procedura di cui all'articolo 24 della direttiva 92/12/CEE. Articolo 3 Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia evitato l'abuso dei prodotti marcati, e segnatamente affinché gli oli minerali in questione non possano essere utilizzati come carburante di motori di autoveicoli stradali né conservati nel serbatoio di questi ultimi a meno che un siffatto uso non sia consentito negli specifici casi determinati dalle autorità competenti degli Stati membri. Gli Stati membri dispongono affinché l'uso nelle circostanze di cui al primo comma degli oli minerali in questione sia considerato reato dal diritto nazionale dello Stato membro interessato. Ogni Stato membro adotta le misure necessarie per attuare pienamente tutte le disposizioni della presente direttiva ed in particolare stabilisce le sanzioni da applicare in caso di inosservanza di tali misure; tali sanzioni devono essere proporzionate allo scopo ed avere efficacia dissuasiva. Articolo 4 Gli Stati membri possono aggiungere un marcatore o un colorante nazionali oltre al marcatore previsto all'articolo 1, paragrafo 1. Agli oli minerali in questione non possono essere aggiunti marcatori o coloranti diversi da quelli previsti dalla legislazione comunitaria o dal diritto nazionale dello Stato membro interessato. Articolo 5 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva al momento dell'entrata in vigore delle disposizioni adottate secondo la procedura di cui all'articolo 2. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 6 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 27 novembre 1995. Per il Consiglio Il Presidente P. SOLBES MIRA
Marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampante QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Lo scopo della direttiva è quello di assicurare il buon funzionamento del mercato interno e di prevenire l’utilizzo improprio di alcuni prodotti derivati dal petrolio soggetti ad accise. PUNTI CHIAVE Gli Stati membri applicano una marcatura fiscale ai gasoli e al petrolio lampante (ad eccezione del combustibile per aerei) esentati o assoggettati ad accisa ad un’aliquota diversa da quella applicabile agli oli minerali come carburanti. Il marcatore fiscale è costituito da una specifica sostanza chimica da aggiungersi ai prodotti sopracitati. Il marcatore deve essere aggiunto sotto controllo fiscale, prima che i prodotti in questione siano immessi in consumo, salvo alcuni casi. Gli Stati membri possono aggiungere un marcatore o un colorante nazionali oltre al marcatore previsto dalla direttiva. EccezioniSono possibili deroghe, in determinate circostanze, all’applicazione della marcatura fiscale per motivi di sanità pubblica o per ragioni tecniche. L’Irlanda può decidere di non utilizzare o di non autorizzare l’utilizzazione della marcatura. In tal caso essa ne informa la Commissione che a sua volta ne informa gli altri Stati membri. A condizione che le merci rimangano assoggettate al controllo fiscale, la Danimarca può rinviare l’aggiunta del marcatore sino, al massimo, al momento della vendita al dettaglio. Sanzioni Gli Stati membri individuano le sanzioni necessarie affinché sia evitato l’abuso dei prodotti marcati, e segnatamente affinché gli oli minerali in questione non possano essere utilizzati come carburante di motori di autoveicoli stradali, da applicare in caso di inosservanza di tali misure. Marcatore comuneLa decisione di esecuzione 2011/544/CE della Commissione ha stabilito che il marcatore fiscale comune è il Solvent Yellow 124. È stata prorogata tre volte. La decisione di esecuzione più recente (UE) 2017/74, attualmente in vigore, fissa il livello di marcatura pari ad almeno 6 mg ma non superiore a 9 mg di marcatore per litro di olio minerale. La presente decisione è riesaminata entro il 31 dicembre 2021, tenendo conto degli sviluppi tecnici nel campo dei sistemi di marcatura (e della necessità di combattere l’utilizzo fraudolento di prodotti energetici esentati o assoggettati ad aliquote d’accisa ridotte). Nel frattempo, la Commissione europea ha avviato uno studio per identificare prodotti alternativi adatti a essere utilizzati come marcatori fiscali nei gasoli e nel petrolio lampante. Il Centro comune di ricerca della Commissione ha prodotto una relazione contenente i risultati su alcuni dei marcatori fiscali disponibili basandosi sulle applicazioni di alcune aziende del settore chimico in seguito a un invito a manifestare interesse emesso dai servizi della Commissione. I lavori per la valutazione dei marcatori fiscali candidati sono attualmente in corso. Qualora la Commissione, in seguito a consultazione con gli Stati membri, dovesse stabilire che è disponibile una sostanza che offre prestazioni migliori di Solvent Yellow 124, la decisione (UE) 2017/74 potrà essere abrogata entro il 2021. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva è stata applicata dal martedì 26 dicembre 1995. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Accise: Altre disposizioni di legge in materia di energia (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 95/60/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, sulla marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampante (GU L 291 del 6.12.1995, pagg. 46–47) DOCUMENTI COLLEGATI Decisione di esecuzione (UE) 2017/74 della Commissione, del 25 novembre 2016, che introduce un marcatore fiscale comune per i gasoli e per il petrolio lampante (GU L 10 del 14.1.2017, pagg. 7–9) Direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU L 9 del 14.1.2009, pagg. 12–30) Le successive modifiche alla direttiva 2008/118/CE sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283 del 31.10.2003, pagg. 51–70) Due modifiche alla direttiva 2003/96/CE sono state incorporate nel testo base. Si veda la versione consolidata
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 23 febbraio 1994 che istituisce il comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (94/140/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando che la buona gestione delle finanze comunitarie implica una lotta efficace contro le frodi commesse a danno del bilancio comunitario ; considerando che il compito di adottare le misure concrete di lotta contro le frodi spetta in primo luogo agli Stati membri e che è necessaria una stretta cooperazione con la Commissione e fra gli Stati stessi ; considerando che l'articolo 209 A del trattato stabilisce che gli Stati membri devono adottare, per combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere le frodi che ledono i loro interessi finanziari ; che a tal fine devono, con l'aiuto della Commissione, coordinare l'azione intesa a tutelare gli interessi finanziari della Comunità e a combattere le frodi ; considerando che la Commissione svolge inoltre importanti compiti nell'ambito della sua funzione generale di garante della buona esecuzione del bilancio comunitario e dell'applicazione delle disposizioni del trattato ; considerando che è quindi opportuno che la Commissione sia assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri che possa essere consultato su ogni problema di prevenzione, di cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione, e di repressione nel settore delle frodi nonché su ogni problema relativo alla tutela giuridica degli interessi finanziari della Comunità ; considerando che i comitati esistenti hanno solo competenza settoriale e che tali comitati specializzati non saranno sostituiti ; che è tuttavia utile una visione d'insieme della problematica delle frodi a danno del bilancio comunitario ; che è quindi necessario creare un comitato con competenza orizzontale ; considerando che, data la natura orizzontale del comitato e la necessità che gli Stati membri siano rappresentati a un livello adeguato e corrispondente alle loro strutture amministrative, il comitato deve comprendere due rappresentanti per ogni Stato membro, DECIDE: Articolo 1 È istituito presso la Commissione un comitato consultivo per il coordinamento della lotta contro le frodi, nel prosieguo denominato « il comitato ». Articolo 2 1. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su ogni problema relativo alla prevenzione e alla repressione delle frodi e delle irregolarità nonché su qualsiasi problema di cooperazione degli Stati membri fra di loro e con la Commissione, quando questi problemi superano le attribuzioni di uno dei comitati settoriali, al fine di organizzare meglio le azioni nel settore della lotta contro le frodi. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su ogni problema relativo alla tutela giuridica degli interessi finanziari della Comunità. 2. Ogni membro del comitato può chiedere alla Commissione che il comitato sia consultato su ogni questione che rientra nelle competenze del comitato stesso. Articolo 3 1. Il comitato comprende 2 rappresentanti per ogni Stato membro che possono essere assistiti da due funzionari dei servizi interessati. 2. Il comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione. 3. Possono essere costituiti gruppi di lavoro per facilitare i lavori del comitato. Articolo 4 1. La Commissione provvede alla segreteria del comitato. 2. Il presidente può invitare a partecipare ai lavori, in qualità di esperto, chiunque abbia competenze particolari su una questione iscritta all'ordine del giorno. Gli esperti partecipano alle deliberazioni unicamente per il problema che ha motivato la loro presenza. 3. I rappresentanti dei servizi interessati della Commissione assistono alle riunioni del comitato. 4. Il comitato si riunisce su convocazione della Commissione. Articolo 5 1. Le deliberazioni del comitato riguardano le richieste di parere della Commissione. Esse non sono seguite da votazione. 2. La Commissione, quando chiede il parere del comitato, può fissare un termine entro il quale il parere stesso deve essere emesso. 3. Le opinioni espresse dai rappresentanti degli Stati membri sono iscritte nel verbale. Articolo 6 Fatte salve le disposizioni dell'articolo 214 del trattato, quando la Commissione informa il comitato che il parere chiesto o la questione posta riguarda una materia riservata, i partecipanti sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui sono venuti a conoscenza attraverso i lavori del comitato o dei gruppi di lavoro. Articolo 7 La presente decisione ha effetto dal 1o marzo 1994. Fatto a Bruxelles, il 23 febbraio 1994. Per la Commissione Peter SCHMIDHUBER Membro della Commissione
Il comitato UE per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Istituisce il Comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (Cocolaf), che mira a creare una cooperazione tra i paesi dell’UE e la Commissione europea per prevenire e reprimere le frodi*. PUNTI CHIAVE Un rappresentante della Commissione presiede il Cocolaf, che comprende due rappresentanti per ogni paese dell’UE, i quali possono essere assistiti da due funzionari delle autorità nazionali competenti. Per organizzare in modo più efficace una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti dei paesi dell’UE per contrastare le frodi, ai sensi dell’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione può consultare il Cocolaf su ogni questione riguardante: la prevenzione e la repressione delle frodi e delle irregolarità che possono ledere gli interessi finanziari dell’UE; la cooperazione tra i paesi dell’UE o tra i paesi dell’UE e la Commissione per tutelare gli interessi finanziari dell’UE. Il Cocolaf sostiene l’operato dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), che svolge indagini sulla corruzione e su gravi irregolarità all’interno delle istituzioni dell’UE, nonché frodi a danno del bilancio dell’UE. Il Cocolaf integra anche il programma Hercule III, che tra le altre cose finanzia progetti per aumentare la cooperazione antifrode tra i paesi dell’UE, la Commissione e l’OLAF. Il Cocolaf, d’intesa con la Commissione, può creare gruppi di lavoro per affrontare problemi specifici. A questo riguardo, sono stati istituiti i quattro seguenti sottogruppi: Gruppo prevenzione delle frodi: stimola la cooperazione tra le autorità nazionali competenti dei paesi dell’UE e la Commissione attraverso lo scambio di esperienze e migliori prassi nel campo della prevenzione delle frodi (ad esempio esperienze con le valutazioni dei rischi di frode, scambi sulle pratiche fraudolente rilevate, esperienze con lo sviluppo e l'attuazione di strategie, politiche o misure antifrode nazionali o settoriali, ecc.). Gruppo comunicazioni e analisi delle frodi e irregolarità: mira a introdurre e a discutere l’analisi statistica dei casi segnalati e si occupa di altri aspetti rilevanti per la preparazione della relazione prevista dall’articolo 325. Gruppo AFCOS (Servizio di coordinamento antifrode): scambia esperienze e migliori prassi nell’ambito della collaborazione investigativa tra l’OLAF e le autorità nazionali, in linea con il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013, che disciplina le indagini dell’OLAF. Rete OLAF dei comunicatori antifrode (OAFCN): riunisce portavoce ed esperti di pubbliche relazioni delle autorità nazionali competenti e l’OLAF per condividere le strategie mediatiche e promuovere la comunicazione sulla prevenzione e la dissuasione dalle frodi. La Commissione organizza riunioni e provvede alla segreteria del Cocolaf. CONTESTO L’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea chiede ai paesi dell’UE di contrastare le frodi a livello UE nello stesso modo in cui combatterebbero le frodi che ledono i loro interessi economici. Parallelamente, la Commissione è responsabile della corretta esecuzione del bilancio dell’UE. Per questo motivo, è stato deciso di istituire un comitato che copra tutto il settore delle frodi a danno del bilancio dell’UE. * TERMINE CHIAVE Frode: inganno illecito destinato a tradursi in un guadagno economico o criminale. ATTO Decisione della Commissione 94/140/CE, del 23 febbraio 1994, che istituisce il comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (GU L 61 del 4.3.1994, pag. 27-28) Le modifiche successive alla decisione 94/140/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 4 novembre 2008 relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (2009/102/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF), considerando quanto segue: (1) Con decisione 2009/103/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco all’Ungheria. (2) Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti l’Ungheria deve far fronte ad un fabbisogno di finanziamento esterno importante per il 2008 e il 2009 stimato in circa 20 miliardi di EUR, dato che a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e finanziario potrebbero registrare un importante deterioramento, con un accelerazione dei flussi netti in uscita dei portafogli di capitali. (3) È opportuno fornire all’Ungheria un sostegno comunitario fino a 6,5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che è stato istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. È opportuno che tale assistenza sia fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale di 10,5 miliardi di DSP (circa 12,5 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 novembre 2008. Anche la Banca mondiale ha accettato di fornire all’Ungheria un prestito di 1 miliardo di EUR. (4) È opportuno che l’assistenza sia gestita dalla Commissione, la quale, previa consultazione del CEF, dovrebbe convenire con le autorità ungheresi le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario. Tali condizioni dovrebbero essere fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie dovrebbero essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. (5) È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Ungheria ed in questo modo contribuire all’attuazione del programma di politica economica del governo nell'ambito delle attuali condizioni economiche e finanziarie, DECIDE: Articolo 1 1. La Comunità mette a disposizione dell’Ungheria un prestito di medio termine per un importo massimo di 6,5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di cinque anni. 2. Questo sostegno finanziario della Comunità copre un periodo di due anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione. Articolo 2 1. La Commissione gestisce l'assistenza in modo coerente con gli impegni dell’Ungheria e con le raccomandazioni del Consiglio, in particolare nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme, del programma di convergenza e della procedura relativa ai disavanzi eccessivi. 2. La Commissione concorda con le autorità ungheresi, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare l’assistenza finanziaria come previsto all’articolo 3, paragrafo 4. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Le condizioni finanziarie devono essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. 3. La Commissione, in collaborazione con il CEF, verifica periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o la ristrutturazione delle condizioni finanziarie. Articolo 3 1. La Commissione mette a disposizione il sostegno finanziario comunitario all’Ungheria in un massimo di cinque quote, la cui entità è fissata nel memorandum d’intesa. 2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa, nonché sulla base della proposta del Parlamento ungherese di modifiche legislative del progetto preliminare del bilancio 2009, che mira a raggiungere un deficit del 2,6 % del PIL e che comprende le misure di previsione degli obiettivi di bilancio. 3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata. 4. La Commissione, dopo aver ottenuto il parere del CEF, decide in merito allo svincolo delle quote successive. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo ungherese rafforzato dall'accordo dell’FMI e incluso altresì nel prossimo programma di convergenza dell’Ungheria ed in particolare nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa. Tali condizioni politiche dovrebbero includere, tra l'altro: a) i progressi nel risanamento di bilancio previsto dal governo nell'ambito del nuovo programma che è in linea con la raccomandazione del Consiglio a titolo della procedura per i disavanzi eccessivi del 10 ottobre 2006, nonché con il parere del Consiglio del novembre 2007 relativo all’aggiornamento del programma di convergenza, con particolare riguardo agli obiettivi in materia di disavanzo per il 2009; b) misure specifiche di controllo della spesa sottostanti il programmato processo di risanamento; c) progressi nel processo di riforma della governance di bilancio attraverso il rafforzamento del quadro istituzionale e l'introduzione a medio termine di norme fiscali sulla falsariga del progetto preliminare attualmente in discussione dinanzi al Parlamento ungherese; d) riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario e miglioramento della capacità delle autorità di affrontare efficacemente questioni relative alla solvibilità e alla liquidità; e e) altre riforme strutturali sostenute nel contesto della strategia di Lisbona, come il rafforzamento degli incentivi a lavorare al fine di sostenere l’occupazione e contribuire alla sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine. La Repubblica di Ungheria è destinataria della presente decisione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 4 novembre 2008. Per il Consiglio Il presidente A. VONDRA (1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1. (2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.
Sostegno finanziario all’Ungheria QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito un sostegno finanziario all’Ungheria tra il 2008 e il 2010, sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002 che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti. PUNTI CHIAVE Nel novembre 2008, l’UE ha stabilito che l’Ungheria avrebbe dovuto ricevere 20 miliardi di EUR per il periodo 2008-2009. Il finanziamento è stato erogato da: UE: 6,5 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti; Fondo monetario internazionale (FMI): circa 12,5 miliardi di euro; Banca mondiale: 1 miliardo di euro. In cambio dei prestiti, l’Ungheria ha accettato di fare progressi: nel consolidamento fiscale* e nel controllo delle spese; nella riforma della governance di bilancio; nella stabilità dei prezzi; nella stabilità del settore bancario; nelle riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario; in varie riforme strutturali. Complessivamente l’Ungheria ha ricevuto 5,5 miliardi di euro dall’UE e 8,7 miliardi di euro dall’FMI. Non ha richiesto il sostegno della Banca mondiale. Con la fine del programma nel novembre 2010, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese. La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che l’Ungheria aveva rimborsato più del 70 % del prestito dell’UE. Nel novembre 2011, l’Ungheria ha chiesto una seconda tornata di aiuti finanziari all’UE ma alla fine non si sono rivelati necessari perché il paese è stato in grado di finanziarsi da solo sui mercati internazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 5 novembre 2008. CONTESTO Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali. Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro. L’Ungheria ha avanzato una prima richiesta di assistenza nell’ottobre 2008 in seguito a gravi turbolenze sui mercati e alle difficoltà del governo a rifinanziare il proprio debito. Per ulteriori informazioni, consultare: «Assistenza per la bilancia dei pagamenti all’Ungheria» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Consolidamento fiscale: il processo di riduzione del disavanzo pubblico e dell’accumulo del debito. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/102/CE del Consiglio, del 4 novembre 2008, relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (GU L 37 del 6.2.2009, pagg. 5-6) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pagg. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 novembre 2002 relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 340 del 16/12/2002 pag. 0001 - 0562 Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 5 novembre 2002relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV)(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 e 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) L'utilizzazione di diverse nomenclature compromette l'apertura e la trasparenza degli appalti pubblici europei. Il suo impatto sulla qualità e i termini di pubblicazione dei bandi di gara limita di fatto le possibilità di accesso agli appalti pubblici da parte degli operatori economici.(2) Nella sua raccomandazione 96/527/CE(5), la Commissione ha invitato le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori a utilizzare, per la descrizione dell'oggetto dei loro appalti, il vocabolario comune per gli appalti pubblici (Common Procurement Vocabulary - CPV), sviluppato sulla base di talune nomenclature già esistenti, per tener maggiormente conto delle specificità del settore degli appalti pubblici.(3) È opportuno unificare tramite un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici i riferimenti utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori per la descrizione dell'oggetto degli appalti.(4) È necessario che gli Stati membri dispongano di un sistema di riferimento unico, che utilizzi la stessa descrizione dei beni nelle lingue comunitarie ufficiali e uno stesso codice alfanumerico corrispondente che consenta di eliminare le barriere linguistiche a livello comunitario.(5) È pertanto opportuno adottare con il presente regolamento il CPV, in una versione riveduta, un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici applicabile ai sensi delle direttive relative al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.(6) È altresì opportuno elaborare, a titolo indicativo, tavole di corrispondenza tra il CPV e la "Classificazione dei prodotti associati alle attività nella Comunità economica europea" (CPA), la "Classificazione centrale dei prodotti" (CPC Prov.) delle Nazioni Unite, la "Nomenclatura statistica delle attività economiche nella Comunità europea" (NACE Rev. 1) e la "Nomenclatura combinata" (NC).(7) La struttura e i codici del CPV possono richiedere degli adeguamenti o delle modifiche, in funzione dell'evoluzione degli appalti e dei fabbisogni degli utilizzatori. È pertanto necessario prevedere una procedura di revisione adeguata.(8) Le misure necessarie all'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(9) Poiché lo scopo dell'azione in questione, vale a dire l'istituzione di un sistema di classificazione applicabile agli appalti pubblici, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri, e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(10) La scelta del ricorso ad un regolamento anziché ad una direttiva è motivata dal fatto che l'istituzione di un sistema di classificazione per gli appalti pubblici non richiede un recepimento da parte degli Stati membri.(11) Per familiarizzare gli utilizzatori con un sistema di classificazione unico obbligatorio entro un certo termine, è necessario che l'applicazione del presente regolamento sia preceduta da un periodo di adeguamento,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituito un sistema di classificazione unico applicabile agli appalti pubblici «Vocabolario comune per gli appalti pubblici» (Common Procurement Vocabulary - CPV).2. Il testo del CPV figura nell'allegato I.3. Le tavole di corrispondenza, indicative, tra il CPV e le nomenclature "Classificazione dei prodotti associati alle attività nella Comunità economica europea" (CPA), "Classificazione centrale dei prodotti" (CPC Prov.) delle Nazioni Unite, "Nomenclatura statistica delle attività economiche nella Comunità europea" (NACE Rev. 1) e "Nomenclatura combinata" (NC) figurano rispettivamente negli allegati II, III, IV e V.Articolo 2Le misure necessarie alla revisione del CPV sono adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 2.Articolo 31. La Commissione è assistita dal comitato consultivo per gli appalti pubblici, istituito dall'articolo 1 della decisione 71/306/CEE del Consiglio(7) (qui di seguito denominato "il comitato").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 4Il presente regolamento entra in vigore il 16 dicembre 2003.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 5 novembre 2002.Per il Parlamento europeoIl presidenteP. CoxPer il ConsiglioIl presidenteT. Pedersen(1) GU C 25 E del 29.1.2002, pag. 1.(2) GU C 48 del 21.2.2002, pag. 9.(3) GU C 192 del 12.8.2002, pag. 50.(4) Parere del Parlamento europeo del 13 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 7 giugno 2002 (GU C 281 E del 19.11.2002, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 25 settembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 222 del 3.9.1996, pag. 10.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 185 del 16.8.1971, pag. 15. Decisione modificata dalla decisione 77/63/CEE (GU L 13 del 15.1.1977, pag. 15).ALLEGATO IVOCABOLARIO COMUNE PER GLI APPALTI PUBBLICI (CPV)Struttura del sistema di classificazione1. Il CPV comprende un vocabolario principale e un vocabolario supplementare.2. Il vocabolario principale poggia su una struttura ad albero di codici che possono avere fino a nove cifre, ai quali corrisponde una denominazione che descrive le forniture, i lavori o servizi, oggetto del mercato.Il codice numerico ha otto cifre ed è suddiviso in:- divisioni, identificate dalle due prime cifre del codice;- gruppi, identificati dalle tre prime cifre del codice;- classi, identificate dalle quattro prime cifre del codice;- categorie, identificate dalle prime cinque cifre del codice.Ciascuna delle tre ultime cifre fornisce un grado di precisione supplementare all'interno di ogni categoria.Una nona cifra serve alla verifica delle cifre precedenti.3. Il vocabolario supplementare può essere utilizzato per completare la descrizione dell'oggetto degli appalti. Esso è costituito da un codice alfanumerico, al quale corrisponde una denominazione che consente di fornire ulteriori dettagli sulla natura o la destinazione specifiche del bene da acquistare.Il codice alfanumerico comprende:- un primo livello costituito da una lettera corrispondente ad una sezione;- un secondo livello costituito da quattro cifre, le cui prime tre formano una suddivisione e le ultime tre cifre sono di controllo.>SPAZIO PER TABELLA>VOCABOLARIO SUPPLEMENTARE>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IITAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA CPA 96>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIITAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA CPC prov.>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IVTAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA NACE Rev. 1>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO VTAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA NC>SPAZIO PER TABELLA>
Vocabolario comune per gli appalti pubblici SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Intende standardizzare, attraverso un sistema unico di classificazione per gli appalti pubblici, i termini utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori per descrivere l'oggetto dei loro appalti. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa un sistema di classificazione unico, il vocabolario comune per gli appalti pubblici («common procurement vocabulary», CPV). Tale classificazione cerca di coprire le caratteristiche dei contratti legati a forniture, lavori e servizi. Normalizzando i riferimenti utilizzati dagli enti appaltanti nella descrizione dell'oggetto dei loro appalti, 'uso del CPV migliora la trasparenza degli appalti pubblici contemplati dalle direttive dell'UE. L'uso del CPV consente ai potenziali appaltatori, come ad esempio le aziende, di individuare più facilmente nuove opportunità commerciali e di ridurre il rischio di errori nella traduzione degli avvisi, poiché il CPV è disponibile in tutte le lingue ufficiali dell'UE. Il CPV associa a ogni codice numerico una descrizione di un oggetto di contratto, per la quale esiste una versione in ognuna delle lingue ufficiali dell'UE. Il CPV comprende: un vocabolario principale, basato su una struttura ad albero, contenente una serie di codici numerici, costituito ognuno da 8 cifre e una nona cifra per verificare le cifre precedenti; un vocabolario supplementare che completa la descrizione dell'oggetto dei contratti apportando precisazioni circa la natura e la destinazione dell'oggetto degli appalti. L'elenco dei codici CPV e le tavole di corrispondenza tra il CPV e altre nomenclature possono essere consultati sul sito Internet SIMAP, «informazione sugli appalti pubblici europei». L'attuale CPV intende migliorare la facilità d'uso di questo strumento concentrando l'attenzione meno sui materiali e più sui prodotti. Inoltre, la gerarchia del CPV è stata razionalizzata. Il sito Internet TED è destinata alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, serie «S», dei bandi di gara per appalti pubblici contemplati dalle direttive dell'UE. Dal 2003 la base dati TED utilizza i codici CPV, che sono diventati obbligatori con l'adozione della revisione delle direttive 2004/17/CE) e 2004/18/CE (successivamente abrogate rispettivamente dalle direttive 2014/25/UE e 2014/24/UE). ATTO Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (CPV) (GU L 340 del 16.12.2002, pag. 1-562) Le modifiche e correzioni successive al regolamento (CE) n. 2195/2002 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 2151/2003 della Commissione, del 16 dicembre 2003 che modifica il regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (GU L 329 del 17.12.2003, pag. 1-270). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 451/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008 che definisce una nuova classificazione statistica dei prodotti associata alle attività (CPA) e abroga il regolamento (CEE) n. 3696/93 del Consiglio (GU L 145 del 4.6.2008, pag. 65-226). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale Gazzetta ufficiale n. L 006 del 10/01/1979 pag. 0024 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 2 pag. 0111 edizione speciale greca: capitolo 05 tomo 3 pag. 0160 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 2 pag. 0111 edizione speciale spagnola: capitolo 05 tomo 2 pag. 0174 edizione speciale portoghese: capitolo 05 tomo 2 pag. 0174 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 19 dicembre 1978 relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale ( 79/7/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 235 , vista la proposta della Commissione ( 1 ) , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che l ' articolo 1 , paragrafo 2 , della direttiva 76/207/CEE del Consiglio , del 9 febbraio 1976 , relativa all ' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l ' accesso al lavoro , alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro ( 4 ) , prevede che , per garantire la graduale attuazione del principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale , il Consiglio adotterà , su proposta della Commissione , disposizioni che ne precisino in particolare il contenuto , la portata e le modalità d ' applicazione ; che il trattato non ha previsto i poteri di azione specifici necessari a tale scopo ; considerando che occorre attuare il principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale in primo luogo nei regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi di malattia, d'invalidità, di vecchiaia, d'infortunio sul lavoro, di malattia professionale e di disoccupazione, nonché nelle disposizioni relative all ' assistenza sociale nella misura in cui sono destinate a completare detti regimi o a supplirvi ; considerando che l ' attuazione del principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale non crea ostacoli alle disposizioni relative alla protezione della donna a causa della maternità e che , in questo contesto , talune disposizioni specifiche destinate a rimediare alle ineguaglianze di fatto possono essere adottate dagli Stati membri in favore delle donne , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione , nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all ' articolo 3 , del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale , denominato qui appresso « principio della parità di trattamento » . Articolo 2 La presente direttiva si applica alla popolazione attiva - compresi i lavoratori indipendenti , i lavoratori la cui attività si trova interrotta per malattia , infortunio o disoccupazione involontaria e le persone in cerca di lavoro - , nonchù ai lavoratori pensionati o invalidi . Articolo 3 1 . La presente direttiva si applica : a ) ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti : - malattia , - invalidità , - vecchiaia , - infortunio sul lavoro e malattia professionale , - disoccupazione ; b ) alle disposizioni concernenti l ' assistenza sociale , nella misura in cui siano destinate a completare i regimi di cui alla lettera a ) o a supplire ad essi . 2 . La presente direttiva non si applica alle disposizioni concernenti le prestazioni ai superstiti , nù a quelle concernenti le prestazioni familiari , a meno che non si tratti di prestazioni spettanti per i rischi di cui al paragrafo 1 , lettera a ) . 3 . Per garantire l ' attuazione del principio della parità di trattamento nei regimi professionali , il Consiglio adotterà , su proposta delle Commissione , disposizioni che ne precisino il contenuto , la portata e le modalità di applicazione . Articolo 4 1 . Il principio della parità di trattamento implica l ' assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso , in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia , specificamente per quanto riguarda : - il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi , - l ' obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi , - il calcolo delle prestazioni , comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico , nonchù le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni . 2 . Il principio della parità di trattamento non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna a motivo della maternità . Articolo 5 Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinchù siano soppresse le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento . Articolo 6 Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici interni le misure necessarie per permettere a tutti coloro che si ritengono lesi dalla mancata applicazione del principio della parità di trattamento di far valere i propri diritti per via giudiziaria , eventualmente dopo aver fatto ricorso ad altre istanze competenti . Articolo 7 1 . La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione : a ) la fissazione dei limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni ; b ) i vantaggi accordati in materia di assicurazione vecchiaia alle persone che hanno provveduto all ' educazione dei figli ; l ' acquisto di diritti alle prestazioni a seguito di periodi di interruzione del lavoro dovuti all ' educazione dei figli ; c ) la concessione di diritti a prestazioni di vecchiaia o di invalidità in base ai diritti derivati della consorte ; d ) la concessione di maggiorazioni delle prestazioni a lungo termine di invalidità , di vecchiaia , di infortunio sul lavoro o di malattia professionale per la consorte a carico ; e ) le conseguenze risultanti dall ' esercizio , anteriormente all ' adozione della presente direttiva , di un diritto di opzione allo scopo di non acquisire diritti o di non contrarre obblighi nell ' ambito di un regime legale . 2 . Gli Stati membri esaminano periodicamente le materie escluse ai sensi del paragrafo 1 al fine di valutare se , tenuto conto dell ' evoluzione sociale in materia , sia giustificato mantenere le esclusioni in questione . Articolo 8 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di sei anni a decorrere dalla notifica . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative , regolamentari ed amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva , comprese le misure adottate in applicazione dell ' articolo 7 , paragrafo 2 . Essi informano la Commissione dei motivi che giustificano l ' eventuale mantenimento delle disposizioni esistenti nelle materie di cui all ' articolo 7 , paragrafo 1 e delle possibilità di una loro ulteriore revisione . Articolo 9 Entro sette anni dalla notifica della presente direttiva , gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutti i dati utili per consentirle di redigere una relazione , da sottoporre al Consiglio , sull ' applicazione della presente direttiva e di proporre ogni altra misura necessaria per l ' attuazione del principio della parità di trattamento . Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addì 19 dicembre 1978 . Per il Consiglio Il Presidente H.-D . GENSCHER ( 1 ) GU n . C 34 dell ' 11 . 2 . 1977 , pag . 3 . ( 2 ) GU n . C 299 del 12 . 12 . 1977 , pag . 13 . ( 3 ) GU n . C 180 del 28 . 7 . 1977 , pag . 36 . ( 4 ) GU n . L 39 del 14 . 2 . 1976 , pag . 40 . DECISIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 18 dicembre 1978 relativa alla soppressione di alcune tasse postali per la presentazione in dogana ( 79/8/CEE ) I RAPPRESENTANTI DEI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO , considerando le proposte della Commissione ed i pareri del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale in materia ; considerando che occorre progredire nell ' attuazione della libera circolazione reale delle merci e di farne fruire direttamente i cittadini europei , DECIDONO : Articolo 1 Non sono più riscosse tasse per la presentazione in dogana delle spedizioni di merci che sono inviate da uno Stato membro e che beneficiano all ' importazione di una franchigia dalle tasse sulla cifra d ' affari e dalle accise . Articolo 2 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per la messa in applicazione della presente decisione al più presto possibile , ma comunque entro il 1° luglio 1979 . Fatto a Bruxelles , addì 18 dicembre 1978 . Il Presidente H.-D . GENSCHER
Sicurezza sociale — parità di trattamento tra le donne e gli uomini QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva punta a garantire il rispetto del principio di parità di trattamento tra donne e uomini in materia di sicurezza sociale. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica:ai regimi legali di protezione sociale legati ai rischi per malattia, invalidità, infortunio sul lavoro e malattia professionale, disoccupazione e vecchiaia; all’assistenza sociale che interviene a completamento o in sostituzione dei regimi di base. Non si applica ai regimi concernenti le prestazioni ai superstiti e le prestazioni familiari. Principio di parità di trattamento Tale principio tutela i cittadini europei dalle discriminazioni fondate sul sesso, indipendentemente dal fatto che siano dirette* o indirette*, per quanto riguarda:il campo d’applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione a essi; l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi; il calcolo delle prestazioni e le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni. Possono essere adottate regole specifiche per assicurare la protezione delle donne in maternità. Pensioni di vecchiaia Gli Stati membri possono escludere dal campo d’applicazione della direttiva:la fissazione del limite di età per la concessione della pensione; i vantaggi accordati alle persone pensionate che hanno provveduto ad allevare figli, in particolare riguardanti i periodi di interruzione del lavoro; la concessione di prestazioni di vecchiaia o di invalidità in base ai diritti derivati del coniuge; le prestazioni a lungo termine concessi al coniuge in base a invalidità, vecchiaia, infortuni sul lavoro o malattie professionali del congiunto; il diritto di opzione, anteriormente all’adozione della presente direttiva, ovvero la possibilità di non acquisire diritti o non contrarre obblighi nell’ambito di un regime legale di protezione sociale. Gli Stati membri esaminano periodicamente la necessità di escludere tali categorie tenendo conto dell’evoluzione sociale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Doveva diventare legge negli Stati dell’UE a partire dal 1984. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Protezione sociale e pensioni (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Discriminazione diretta: sussiste discriminazione diretta quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga. Discriminazione indiretta: discriminazione che si verifica allorché una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere una persona in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che essi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale. (GU L 6, 10.1.1979, pagg. 24–25)
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Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consiglio, del 21 gennaio 2003, che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare Gazzetta ufficiale n. L 025 del 30/01/2003 pag. 0001 - 0006 Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consigliodel 21 gennaio 2003che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militareIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 26,vista la proposta della Commissione(1),considerando quanto segue:(1) La Comunità si basa su un'unione doganale che richiede l'applicazione coerente della tariffa doganale comune alle importazioni di prodotti provenienti da paesi terzi in tutti gli Stati membri, a meno che provvedimenti comunitari specifici non dispongano altrimenti.(2) È nell'interesse della Comunità nel suo insieme che gli Stati membri siano in grado di dotare le proprie forze militari delle armi e delle attrezzature militari più adeguate e tecnologicamente più progredite. Tenuto conto dei rapidi sviluppi tecnologici che caratterizzano questo settore industriale su scala mondiale, è pratica comune delle autorità degli Stati membri incaricate della difesa nazionale acquisire armi e materiale militare da produttori o altri fornitori situati in paesi terzi. Considerato l'interesse di sicurezza degli Stati membri, è compatibile con gli interessi della Comunità che alcune di tali armi e attrezzature possano essere importate in esenzione da dazio.(3) Al fine di assicurare l'applicazione coerente di tale sospensione dei dazi è opportuno redigere un elenco comune di armi e attrezzature militari ammissibili alla sospensione dei dazi. È inoltre opportuno, considerata la natura specifica dei prodotti in questione, che le parti, componenti o sottounità destinate a essere incorporate o adattate alle merci incluse nel suddetto elenco o per la riparazione, rimessa a nuovo o manutenzione di tali merci, nonché le merci destinate a essere utilizzate per la formazione e per il collaudo di merci incluse nel suddetto elenco possano essere importate in esenzione doganale. Le importazioni di attrezzature militari non disciplinate dal presente regolamento sono soggette ai pertinenti dazi in conformità della tariffa doganale comune.(4) Tenuto conto delle diverse strutture organizzative delle autorità competenti negli Stati membri, è necessario definire, esclusivamente a fini doganali, le utilizzazioni finali dei materiali importati in conformità delle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario(2) e delle relative disposizioni di applicazione (qui di seguito denominato "codice doganale"). Al fine di limitare l'onere amministrativo per le autorità interessate, è opportuno stabilire un termine per i controlli doganali delle utilizzazioni finali.(5) Per tenere conto della tutela della riservatezza militare degli Stati membri, è necessario stabilire specifiche procedure amministrative per la concessione del beneficio della sospensione dei dazi. Una dichiarazione dell'autorità competente dello Stato membro alle cui forze sono destinate le armi o attrezzature militari, che potrebbe fungere anche da dichiarazione in dogana quale richiesta dal codice doganale, costituirebbe una garanzia adeguata dell'adempimento di dette condizioni. La dichiarazione dovrebbe avere la forma di un certificato. È opportuno precisare la forma che devono assumere tali certificati e consentire l'utilizzo di tecniche di trattamento dei dati per la dichiarazione.(6) È necessario stabilire norme volte a fare in modo che gli Stati membri forniscano informazioni circa la quantità, il valore e il numero di certificati rilasciati e le modalità per l'applicazione del presente regolamento,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Il presente regolamento stabilisce le condizioni per la sospensione autonoma dei dazi all'importazione relativi ad alcune armi e attrezzature militari importate dalle autorità incaricate della difesa militare degli Stati membri o per loro conto da paesi terzi.Articolo 21. I dazi della tariffa doganale comune applicabili alle importazioni delle merci elencate nell'allegato I sono totalmente sospesi quando tali merci sono utilizzate dalle forze militari di uno Stato membro, o per conto di dette forze, individualmente o in cooperazione con altri Stati, per difendere l'integrità territoriale dello Stato membro o partecipare a operazioni internazionali di mantenimento o di sostegno della pace o per altri fini militari quali la protezione dei cittadini della Comunità europea da disordini sociali o militari.2. I suddetti dazi sono sospesi totalmente anche per:a) le parti, componenti o sottounità importate per essere incorporate o adattate alle merci incluse nell'elenco di cui agli allegati I e II o le relative parti, componenti o sottounità o per la riparazione, rimessa a nuovo o manutenzione di tali merci;b) le merci importate per essere utilizzate a fini di addestramento o per il collaudo delle merci incluse nell'elenco di cui agli allegati I e II.3. Le merci importate quali definite nell'allegato I e nel paragrafo 2 del presente articolo sono soggette alle condizioni in materia di utilizzazione finale di cui agli articoli 21 e 82 del regolamento (CEE) n. 2913/92 e delle relative disposizioni di applicazione. Il controllo doganale dell'utilizzazione finale termina tre anni dopo la data dell'immissione in libera pratica.4. L'utilizzazione delle merci elencate nell'allegato I a fini di addestramento o l'utilizzazione temporanea di tali merci nel territorio doganale della Comunità da parte delle forze militari o di altre forze a fini civili a causa di calamità naturali o impreviste non costituisce una violazione dell'utilizzazione finale di cui al paragrafo 1.Articolo 31. La richiesta di entrata per l'immissione in libera pratica di merci per le quali viene chiesto il beneficio della sospensione dei dazi a norma dell'articolo 2 è accompagnata da un certificato rilasciato dall'autorità competente dello Stato membro alle cui forze militari sono destinate le merci. Il certificato di cui all'allegato III va presentato alle autorità doganali dello Stato membro d'importazione unitamente alle merci a cui si riferisce. Esso può sostituire la dichiarazione in dogana di cui agli articoli da 59 a 76 del regolamento (CEE) n. 2913/92.2. Fatto salvo il paragrafo 1, per ragioni di riservatezza militare il certificato e le merci importate possono essere sottoposte ad altre autorità designate dallo Stato membro d'importazione a tale scopo. In tali casi l'autorità competente che rilascia il certificato invia entro il 31 gennaio ed entro il 31 luglio di ogni anno alle autorità doganali del suo Stato membro una relazione di sintesi riguardante tali importazioni. La relazione riguarda i 6 mesi immediatamente precedenti la data in cui la relazione deve essere presentata e contiene il numero e la data di rilascio dei certificati, la data di importazione ed il valore totale e peso lordo dei prodotti importati con i certificati.3. Ai fini del rilascio e della presentazione del certificato alle autorità doganali o ad altre autorità incaricate dello sdoganamento possono essere utilizzate tecniche di trattamento dei dati conformemente all'articolo 292, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CE) n. 2913/92 del Consiglio(3).4. Il presente articolo si applica mutatis mutandis alle merci importate elencate nell'allegato II.Articolo 4Ad eccezione dei casi di cui all'articolo 2, paragrafo 4, qualsiasi diversione di merci elencate nell'allegato I e all'articolo 2, paragrafo 2, dall'uso di cui all'articolo 2, paragrafo 1, ad un altro uso nel periodo di controllo doganale è notificato dall'autorità competente che rilascia il certificato o che utilizza le merci alle autorità doganali del suo Stato membro conformemente agli articoli 21 e 87 del regolamento (CEE) n. 2913/92.Articolo 51. Ogni Stato membro indica alla Commissione l'autorità competente per il rilascio del certificato di cui all'articolo 3, paragrafo 1 ed invia un esemplare del timbro da essa usato. Ogni Stato membro trasmette inoltre alla Commissione il nome dell'autorità che può svincolare le merci importate nei casi di cui all'articolo 3, paragrafo 2. La Commissione trasmette tali informazioni alle autorità doganali degli altri Stati membri.2. Se l'immissione delle merci in libera pratica avviene in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato rilasciato il certificato, le autorità doganali dello Stato membro d'importazione ne inviano una copia all'amministrazione doganale dello Stato membro la cui autorità competente ha rilasciato il certificato stesso.Se le merci sono state svincolate da altre autorità conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato rilasciato il certificato, tali autorità ne inviano una copia direttamente alle autorità che hanno rilasciato il certificato stesso.3. L'autorità di ciascuno Stato membro autorizzata a rilasciare il certificato di cui all'articolo 3, paragrafo 1, conserva una copia dei certificati rilasciati e la prova documentale necessaria per dimostrare la corretta applicazione della sospensione per un periodo di tre anni dalla data di scadenza del controllo doganale sulle merci.Articolo 6La Commissione informa gli Stati membri di ogni eventuale richiesta di uno Stato membro volta a presentare una proposta di modifica degli elenchi di cui agli allegati I e II del presente regolamento.Articolo 71. Ogni Stato membro informa la Commissione sull'attuazione amministrativa del presente regolamento entro sei mesi dalla sua entrata in vigore.2. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione, entro tre mesi dalla fine di ogni anno civile, i dati indicanti il numero totale di certificati rilasciati, insieme al valore totale e peso lordo delle merci importate a norma del presente regolamento.Articolo 8Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso è applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2003.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 21 gennaio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteN. Christodoulakis(1) GU C 265 del 12.10.1988, pag. 9.(2) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 311 del 12.12.2000, pag. 17).(3) GU L 253 dell'11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 993/2001 della Commissione (GU L 141 del 28.5.2001, pag. 1).ALLEGATO IELENCO DI ARMI ED ATTREZZATURE MILITARI PER LE QUALI SONO SOSPESI I DAZI ALL'IMPORTAZIONE(1)28042825360136023603360436063701370237033705370738243926420249115608611662106211621763056307650673087311731473267610841384148415841884198421842484278472847985028516851885218525852685278528853185358536853985438544870187038704870587098710871187168801880288048805890189038906890790049005900690089013901490159020902290259027903090319302930393049306930794049406(1) Codici NC applicabili al 1o gennaio 2003, adottati mediante il regolamento (CE) n. 1832/2002 della Commissione, del 1o agosto 2002, che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 290 del 28.10.2002, pag. 1).ALLEGATO IIELENCO DI ARMI E ATTREZZATURE MILITARI CON UN'ALIQUOTA CONVENZIONALE "ZERO" PER LE QUALI POSSONO APPLICARSI LE PROCEDURE D'IMPORTAZIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 3(1)49018426842884298430847084718517852490189019902190269301(1) Codici NC applicabili al 1o gennaio 2003, adottati mediante il regolamento (CE) n. 1832/2002 della Commissione, del 1o agosto 2002, che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 290 del 28.10.2002, pag. 1).ALLEGATO III>PIC FILE= "L_2003025IT.000602.TIF">
Sospensione di dazi doganali su talune armi e attrezzature militari QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Lo scopo del regolamento è quello di sospendere i dazi all’importazione relativi ad alcune armi e attrezzature militari per consentire alle autorità degli Stati membri incaricate della difesa nazionale di dotarsi delle migliori attrezzature militari disponibili a livello mondiale. Esso è applicabile solo alle merci importate dalle autorità incaricate della difesa militare degli Stati membri o per loro conto. PUNTI CHIAVE Sospensione dei dazi Il regolamento sospende i dazi della tariffa doganale comune applicabili alle armi e alla attrezzature militari a condizione che le merci siano utilizzate da (o per conto di) le forze armate dello Stato membro, ad esempio:nella difesa territoriale degli Stati membri, nella partecipazione a operazioni internazionali di mantenimento della pace, o altre missioni quali la protezione dei cittadini della Comunità europea. L’allegato I del regolamento stabilisce l’elenco delle merci ammissibili a questa sospensione. I materiali non elencati nel regolamento e nei relativi allegati sono soggetti ai dazi, anche se vengono importati all’interno di uno Stato membro dalle forze armate. Prodotti interessati I prodotti su cui i dazi vengono sospesi sono armi e munizioni, compresi loro componenti e accessori, alcuni gas rari, esplosivi, detonatori, alcuni materiali fotografici e alcune sostanze chimiche. Il regolamento applica inoltre la sospensione dei dazi doganali alle parti, ai componenti e alle sottounità destinate a essere incorporate o adattate alle merci elencate nell’allegato nonché le merci destinate a essere utilizzate per la formazione e per il collaudo. Società private Le società private con sede nell’Unione europea (UE) potranno importare esclusivamente le merci esenti da dazi purché esse producano le attrezzature militari relative e che forniscano i prodotti finiti alle autorità degli Stati membri incaricate della difesa. Tutti gli altri utilizzi saranno soggetti ai dazi doganali. PROCEDURE E CONTROLLI Certificato La richiesta di entrata per l’immissione in libera pratica di tali merci è accompagnata da un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro alle cui forze militari sono destinate le merci. Il modello di tale certificato è riprodotto nell’allegato III del regolamento. Il certificato va presentato alle autorità doganali dello Stato membro d’importazione unitamente alle merci a cui si riferisce. Riservatezza militare Per tenere conto della tutela della riservatezza militare vi sono specifiche procedure amministrative per la concessione del beneficio della sospensione dei dazi: le autorità incaricate della difesa possono rilasciare il certificato in luogo dei normali servizi doganali. Le autorità devono essere notificate di conseguenza. Controllo doganale Le merci in questione sono soggette alle condizioni in materia di utilizzazione finale stabilite dal codice doganale dell’Unione europea, cioè il loro utilizzo verrà controllato. Il controllo doganale dell’utilizzazione finale termina tre anni dopo la data dell’immissione in libera pratica. Ai fini del controllo doganale, l’autorità competente che rilascia il certificato o che utilizza le merci notifica alle autorità doganali del suo Stato membro qualsiasi diversione di merci dall’uso specificato nel regolamento. Scambio di informazioni Gli Stati membri devono comunicare i nomi dei soggetti autorizzati a rilasciare il certificato. La Commissione europea trasmette tali informazioni alle autorità doganali degli altri Stati membri. Ogni Stato membro informa la Commissione sull’attuazione del presente regolamento e trasmette ogni anno alla Commissione il numero totale di certificati rilasciati, insieme al valore totale e peso lordo delle merci importate a norma del presente regolamento. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? Esso si applica dal 1 gennaio 2003. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Tassazione e dogane: sospensioni (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consiglio, del 21 gennaio 2003, che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare (GU L 25 del 30.1.2003, pagg. 1—6)
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REGOLAMENTO (CE) N. 1100/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22 ottobre 2008 relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 71, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (3), è stato modificato in modo sostanziale (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno procedere alla codificazione di tale regolamento. (2) L’attuazione della libera circolazione dei servizi nel settore dei trasporti costituisce un elemento importante della politica comune dei trasporti prevista dal trattato. Pertanto, la politica comune dei trasporti ha lo scopo di incrementare la scorrevolezza della circolazione dei diversi mezzi di trasporto all’interno della Comunità. (3) In base alle normative comunitarie e nazionali vigenti in materia di trasporti su strada e per vie navigabili, gli Stati membri effettuano controlli, verifiche ed ispezioni riguardanti le caratteristiche tecniche, le autorizzazioni ed altri documenti cui debbono conformarsi i veicoli e le navi. Tali controlli, verifiche ed ispezioni continuano ad essere giustificati, in generale, dalla finalità di evitare perturbazioni nell’organizzazione del mercato dei trasporti e garantire la sicurezza della circolazione su strada e per vie navigabili. (4) A norma delle disposizioni comunitarie vigenti, gli Stati membri sono liberi d’organizzare ed effettuare i summenzionati controlli, verifiche ed ispezioni nei luoghi da essi prescelti. (5) Detti controlli, verifiche ed ispezioni possono essere effettuati con pari efficacia su tutto il territorio degli Stati membri interessati e pertanto il varco della frontiera non dovrebbe costituire il pretesto per l’esecuzione di dette operazioni, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Il presente regolamento si applica ai controlli effettuati dagli Stati membri in applicazione delle disposizioni comunitarie o nazionali in materia di trasporti su strada e per vie navigabili effettuati con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in uno Stato membro. Articolo 2 Ai sensi del presente regolamento si intende per: a) «frontiera»: una frontiera interna alla Comunità, o una frontiera esterna, qualora il trasporto tra Stati membri comporti l’attraversamento di un paese terzo; b) «controllo»: qualsiasi controllo, ispezione, verifica o formalità espletati alle frontiere degli Stati membri dalle autorità nazionali che comportino un’interruzione o una limitazione della libera circolazione dei veicoli interessati o delle navi interessate. Articolo 3 I controlli di cui all’allegato I, effettuati in applicazione di disposizioni comunitarie o nazionali in materia di trasporti su strada o per vie navigabili tra Stati membri, non sono effettuati a titolo di controlli alle frontiere, ma esclusivamente come parte delle normali procedure di controllo applicate, in modo non discriminatorio, su tutto il territorio di uno Stato membro. Articolo 4 La Commissione propone, se necessario, modifiche dell’allegato I in considerazione dell’evoluzione tecnologica nel settore di cui al presente regolamento. Articolo 5 Il regolamento (CEE) n. 4060/89, modificato dal regolamento elencato nell’allegato II, è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III. Articolo 6 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 22 ottobre 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J.-P. JOUYET (1) GU C 324 del 30.12.2006, pag. 47. (2) Parere del Parlamento europeo del 14 dicembre 2006 (GU C 317 E del 23.12.2006, pag. 599) e decisione del Consiglio del 15 settembre 2008. (3) GU L 390 del 30.12.1989, pag. 18. (4) Cfr. allegato II. ALLEGATO I PARTE 1 NORMATIVA COMUNITARIA Sezione 1 Direttive a) Articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 96/53/CE del Consiglio, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (1), il quale prevede che i veicoli possano essere sottoposti, per quanto riguarda le norme comuni relative ai pesi, a controlli per sondaggio e, per quanto riguarda le norme comuni relative alle dimensioni, unicamente a controlli in caso di sospetto di non conformità alle disposizioni della direttiva stessa. b) Articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (2), il quale stabilisce che ciascuno Stato membro riconosca l’attestato, comprovante che un veicolo ha superato un controllo tecnico, rilasciato in un altro Stato membro; tale riconoscimento implica che la verifica da parte delle autorità nazionali può effettuarsi in qualsiasi punto del loro territorio. c) Articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2006/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativa all’utilizzazione di veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada (3), il quale stabilisce che la conformità alla direttiva è comprovata dal contratto relativo al noleggio e dal contratto di lavoro del conducente che devono trovarsi a bordo del veicolo noleggiato. d) Articolo 3, paragrafi 3, 4 e 5, della direttiva 76/135/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna (4), il quale stabilisce che le autorità nazionali possano esigere che siano esibiti attestati di navigabilità, certificati o autorizzazioni. e) Articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 82/714/CEE del Consiglio, del 4 ottobre 1982, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna (5), il quale stabilisce che gli Stati membri possano, in qualsiasi momento, controllare che a bordo di una nave si trovi un certificato valido ai sensi della direttiva stessa. Sezione 2 Regolamenti a) Articoli 14 e 15 del regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, relativo alla fissazione di norme comuni per i trasporti internazionali di viaggiatori effettuati con autobus (6), i quali permettono agli agenti incaricati del controllo di verificare e controllare il documenti di trasporto, le autorizzazioni e i documenti di controllo previsti nel regolamento stesso. b) Articolo 18 del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (7), il quale autorizza gli Stati membri ad adottare disposizioni riguardanti, tra l’altro, l’organizzazione, la procedura e gli strumenti di controllo al fine di verificare che siano soddisfatte le disposizioni del regolamento stesso. c) Articolo 19 del regolamento (CEE) n. 3821/85 del Consiglio, del 20 dicembre 1985, relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada (8), il quale lascia agli Stati membri il compito di adottare disposizioni riguardanti, tra l’altro, l’organizzazione, la procedura e gli strumenti di controllo al fine di accertare la conformità degli apparecchi alle disposizioni del regolamento stesso. d) Articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 881/92 del Consiglio, del 26 marzo 1992, relativo all’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (9), il quale prevede che una copia autenticata dell’autorizzazione comunitaria debba essere conservata nel veicolo e che debba essere esibita ad ogni richiesta degli agenti addetti al controllo. PARTE 2 NORMATIVA NAZIONALE a) Controlli relativi alle patenti di guida dei conducenti di veicoli, per il trasporto di merci e di viaggiatori. b) Controlli relativi al trasporto di merci pericolose, in particolare: i) documenti: — certificato di formazione del conducente, — istruzioni di sicurezza, — certificato di approvazione (ADR o norme equivalenti), — copia dell’eventuale deroga (ADR o norme equivalenti); ii) identificazione del veicolo che trasporta la merce pericolosa: — pannello arancione: — conformità, — posizione del veicolo, — segnalazione di pericolo sul veicolo: — conformità, — posizione sul veicolo, — targa di identificazione delle cisterne (fisse, amovibili o container-cisterna): — presenza e leggibilità, — data dell’ultima ispezione, — punzonatura dell’organismo di controllo; iii) attrezzatura (ADR o norme equivalenti) del veicolo: — estintore supplementare, — attrezzature speciali; iv) carico dei veicoli: — carico eccedente (secondo la capacità delle cisterne), — sistemazione del carico, — divieto di carico in comune. c) Controlli relativi al trasporto di derrate deperibili, in particolare: i) documenti: — attestato di conformità delle attrezzature; ii) attrezzature speciali utilizzate per il trasporto delle derrate deperibili: — attestato di conformità (targhetta), — contrassegni di identificazione; iii) funzionamento delle attrezzature speciali: — condizioni di temperatura delle attrezzature. (1) GU L 235 del 17.9.1996, pag. 59. (2) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1. (3) GU L 33 del 4.2.2006, pag. 82. (4) GU L 21 del 29.1.1976, pag. 10. (5) GU L 301 del 28.10.1982, pag. 1. (6) GU L 74 del 20.3.1992, pag. 1. (7) GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 1. (8) GU L 370 del 31.12.1985, pag. 8. (9) GU L 95 del 9.4.1992, pag. 1. ALLEGATO II REGOLAMENTO ABROGATO E SUA MODIFICA SUCCESSIVA (di cui all’articolo 5) Regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio (GU L 390 del 30.12.1989, pag. 18). Regolamento (CEE) n. 3356/91 del Consiglio (GU L 318 del 20.11.1991, pag. 1). ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 4060/89 Presente direttiva Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 3 bis Articolo 4 Articolo 4 Articolo 6 — Articolo 5 Allegato, parte 1, Direttive a) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera a) Allegato, parte 1, Direttive b) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera b) Allegato, parte 1, Direttive c) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera c) Allegato, parte 1, Direttive d) — Allegato, parte 1, Direttive e) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera d) Allegato, parte 1, Direttive f) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera e) Allegato, parte 1, Regolamenti a) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera a) Allegato, parte 1, Regolamenti b) — Allegato, parte 1, Regolamenti c) — Allegato, parte 1, Regolamenti d) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera b) Allegato, parte 1, Regolamenti e) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera c) Allegato, parte 1, Regolamenti f) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera d) Allegato, parte 2 Allegato I, parte 2 — Allegato II — Allegato III
Trasporti su strada e vie navigabili: controlli di frontiera QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI? I regolamenti aboliscono i controlli effettuati dai paesi dell’Unione europea (UE) sul rispetto delle norme in materia di trasporti su strada e per vie navigabili alle frontiere interne dell’UE. Per garantire la libera circolazione all’interno dell’Unione dei veicoli e delle navi interessati, questi controlli non devono più essere effettuati come controlli alle frontiere, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio dei paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Il regolamento (CEE) n. 3912/92 si riferisce ai controlli relativi alle operazioni di trasporto su strada e per vie navigabili effettuate con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese non appartenente all’UE. Questi controlli non devono più essere effettuati alle frontiere interne tra i paesi dell’UE, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio di questi paesi. Possono tuttavia essere effettuati anche alle frontiere esterne (con un paese extra UE). Il regolamento (CE) n. 1100/2008 si riferisce ai controlli relativi alle operazioni di trasporto su strada e per vie navigabili effettuate con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese dell’UE. Questi controlli non devono più essere effettuati alle frontiere interne tra i paesi dell’UE, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio di questi paesi. I controlli oggetto dei due regolamenti sono quelli previsti dal diritto dell’Unione o nazionale di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1100/2008 e, nel caso del regolamento (CEE) n. 3912/92, quelli previsti da accordi internazionali tra uno o più paesi dell’UE e uno o più paesi extra UE.Il recesso del Regno Unito dall’UE Dal recesso del Regno Unito dall’UE il 31 gennaio 2020, il confine tra il Regno Unito e i paesi dell’UE non è più un confine interno. Tuttavia, durante il periodo di transizione, quando le leggi dell’UE erano ancora applicate al Regno Unito e al suo interno, questo confine è stato trattato come un confine interno. Dall’inizio del 2021, entrambi i regolamenti sopra citati non sono più applicabili a tale confine. Il controllo dei veicoli e delle navi del Regno Unito sarà d’ora in poi soggetto al regolamento (CEE) n. 3912/92 e non sarà più soggetto al regolamento (CE) n. 1100/2008. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CEE) n. 3912/92 si applica dal 1 gennaio 1993. Il regolamento (CE) n. 1100/2008 si applica dal 4 dicembre 2008. Esso ha codificato e sostituito il regolamento (CEE) n. 4060/89 e le successive modifiche, applicabili dal 1o luglio 1990. CONTESTO Si veda anche:Vie navigabili interne (Commissione europea) Strada (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CEE) n. 3912/92 del Consiglio, del 17 dicembre 1992, relativo ai controlli effettuati all’interno della Comunità nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili per quanto riguarda i mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese terzo (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 6). Regolamento (CE) n. 1100/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (Versione codificata) (GU L 304 del 14.11.2008, pag. 63).
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32004R1222
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REGOLAMENTO (CE) N. 1222/2004 DEL CONSIGLIO del 28 giugno 2004 relativo all'elaborazione e alla comunicazione di dati sul debito pubblico su base trimestrale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 104, paragrafo 14, terzo comma, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere della Banca Centrale europea (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (3), contiene la definizione di debito pubblico in essere alla fine dell'anno, pertinente ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi, e fissa un calendario per la comunicazione alla Commissione dei dati annuali relativi al debito pubblico e di altre variabili dei conti pubblici. (2) La disponibilità di dati sui conti pubblici, compresi dati sul debito pubblico, con cadenza trimestrale è della massima importanza per l'analisi economica e l'adeguata sorveglianza della situazione di bilancio negli Stati membri. Il regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica (4), il regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (5) ed il regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (6) disciplinano l'elaborazione e la comunicazione di dati trimestrali sui conti non finanziari e finanziari delle amministrazioni pubbliche, ma non includono dati trimestrali sul debito pubblico. (3) Per chiarezza, e vista la funzione specifica del regolamento (CE) n. 3605/93 nell'applicazione della procedura per i disavanzi eccessivi, l'elaborazione e la comunicazione dei dati sul debito pubblico su base trimestrale dovrebbe essere disciplinata da un atto giuridico autonomo. (4) Occorre definire il debito pubblico su base trimestrale in modo da assicurare la coerenza con la definizione di debito pubblico in essere alla fine dell'anno contenuta nel regolamento (CE) n. 3605/93. Tale coerenza dovrebbe essere mantenuta anche qualora il Consiglio modifichi il regolamento (CE) n. 3605/93 o qualora la Commissione introduca in detto regolamento nuovi riferimenti al Sistema europeo dei conti («SEC 95»), istituito dal regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (7). (5) I regolamenti (CE) n. 264/2000, n. 1221/2002 e n. 501/2004 stabiliscono che i dati trimestrali sui conti non finanziari e finanziari delle amministrazioni pubbliche devono essere comunicati entro tre mesi dalla fine del trimestre cui si riferiscono. Questo termine è adeguato anche per i dati trimestrali sul debito pubblico, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: «pubblico»: ciò che riguarda il settore «amministrazioni pubbliche» quale è definito nel Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (denominato in seguito «SEC 95») adottato dal regolamento (CE) n. 2223/96. I codici tra parentesi si riferiscono al SEC 95. «Debito pubblico su base trimestrale»: il valore nominale di tutte le passività (lorde) del settore «amministrazioni pubbliche» (S.13) in essere alla fine di ciascun trimestre, ad eccezione di quelle passività cui corrispondono attività finanziarie detenute dal settore «amministrazioni pubbliche» (S.13). Il debito pubblico su base trimestrale è costituito dalle passività delle amministrazioni pubbliche classificate nelle categorie seguenti: biglietti, monete e depositi (AF.2), titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (AF.33), e prestiti (AF.4), secondo le definizioni del SEC 95. Il valore nominale di una passività in essere alla fine di ciascun trimestre è il valore facciale. Il valore nominale di una passività indicizzata corrisponde al valore facciale aumentato dell'incremento indicizzato del valore in conto capitale maturato alla fine di ciascun trimestre. Le passività denominate in valuta estera o convertite da una valuta estera mediante accordi contrattuali in una o più valute estere sono convertite nelle altre valute estere al tasso convenuto nei predetti accordi e nella moneta nazionale al tasso di cambio rappresentativo del mercato in vigore l'ultimo giorno lavorativo di ciascun trimestre. Le passività denominate nella moneta nazionale e convertite mediante accordi contrattuali in una valuta estera sono convertite nella valuta estera al tasso convenuto nei predetti accordi e nella moneta nazionale al tasso di cambio rappresentativo del mercato in vigore l'ultimo giorno lavorativo di ciascun trimestre. Le passività denominate in valuta estera e convertite mediante accordi contrattuali nella moneta nazionale sono convertite nella moneta nazionale al tasso convenuto nei predetti accordi. Articolo 2 Calendario 1. Gli Stati membri elaborano e comunicano alla Commissione i dati sul debito pubblico su base trimestrale entro tre mesi dalla fine del trimestre cui i dati si riferiscono. Simultaneamente sono comunicate le eventuali revisioni dei dati trimestrali per i trimestri precedenti. 2. I dati sul debito pubblico su base trimestrale sono comunicati per la prima volta entro il 31 dicembre 2004. 3. La Commissione ha la facoltà di concedere una deroga, non superiore a un anno, per quanto riguarda la prima comunicazione dei dati trimestrali, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti. Articolo 3 Dati retrospettivi I dati retrospettivi relativi ai trimestri a partire dal primo trimestre 2000 sono comunicati entro il 31 dicembre 2004. Se necessario, tali dati possono essere elaborati secondo il principio della «migliore stima». Articolo 4 Modifiche 1. Qualora il Consiglio decida di modificare il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio in base alle norme in materia di competenza e alle norme procedurali definite dal trattato, esso modifica contemporaneamente l'articolo 1 del presente regolamento, in modo che le definizioni in esso contenute continuino a essere coerenti. 2. Qualora la Commissione introduca nuovi riferimenti al SEC 95 nell'articolo 1, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 3605/93, conformemente all'articolo 7 del medesimo, essa introduce contemporaneamente questi stessi nuovi riferimenti nell'articolo 1 del presente regolamento, in modo che le definizioni in esso contenute continuino a essere coerenti. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 2004. Per il Consiglio Il presidente M. CULLEN (1) Parere espresso il 30 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere espresso il 19 aprile 2004. (3) GU L 332 del 31.12.1993, pag. 7. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 351/2002 della Commissione (GU L 55 del 26.2.2002, pag. 23). (4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4. (5) GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1. (6) GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1. (7) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1).
Dati sul debito pubblico su base trimestrale QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce che i paesi membri devono elaborare e comunicare alla Commissione europea (Eurostat) dati sul debito pubblico su base trimestrale*. In precedenza, i dati coprivano solamente il debito pubblico su base annuale. PUNTI CHIAVE I paesi membri devono trasmettere questi dati alla Commissione europea al più tardi entro tre mesi dalla fine del relativo trimestre. I dati riguardano le seguenti passività delle amministrazioni pubbliche:biglietti, monete e depositi; titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati, e i prestiti. A seconda del tipo di passività (indicizzate o denominate in valuta nazionale o estera) vanno applicate regole specifiche. La scadenza per la trasmissione dei primi dati, comprendenti i dati dal 1o gennaio 2000, era il 31 dicembre 2004. Nel caso della Croazia, la richiesta era di inviare i dati relativi al primo trimestre 2012 entro il 1o ottobre 2013 e i dati precedenti dal 1o gennaio 2002 al 31 dicembre 2011 entro la fine di dicembre 2015. La Commissione ha facoltà di dare a un paese membro fino a un anno per la trasmissione dei primi dati se si rendessero necessari cambiamenti importanti al suo sistema statistico nazionale. I governi dell’Unione europea devono inoltre fornire alla Commissione i dati trimestrali relativi a:statistiche congiunturali della finanza pubblica* (Regolamento (CE) n. 264/2000) conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (Regolamento (CE) n. 1221/2002) conti trimestrali finanziari delle amministrazioni pubbliche, che non includono il debito pubblico trimestrale (Regolamento (CE) n. 501/2004). DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 22 luglio 2004. CONTESTO Avere dati trimestrali aggiornati sulla finanza pubblica è essenziale per poter seguire e analizzare le tendenze economiche e monetarie. Il debito pubblico è uno dei criteri di convergenza previsti nel trattato di Maastricht per il monitoraggio della situazione economica di un paese. All’interno della procedura per i disavanzi eccessivi del Patto di stabilità e crescita dell’Unione europea, i paesi della zona euro devono dimostrare di avere una solida finanza pubblica e soddisfare due criteri. Uno di questi sancisce che il debito pubblico non deve eccedere il 60% del prodotto interno lordo. Il Regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, ha definito il debito pubblico in essere alla fine dell’anno. Ha inoltre definito le scadenze originali entro le quali i paesi membri devono fornire i dati alla Commissione. Tale regolamento è stato abrogato e sostituito con il Regolamento (CE) n. 479/2009. Esso richiede ai paesi membri di dare comunicazione alla Commissione del loro disavanzo pubblico effettivo e previsto due volte all’anno (entro il 1o aprile e entro il 1o ottobre). TERMINI CHIAVE Debito pubblico su base trimestrale: il valore nominale di tutte le passività in essere alla fine di ciascun trimestre. «Pubblico», in quest’ambito, si riferisce agli enti di governo generale, centrale, statale e locale e ai fondi di sicurezza sociale. Statistiche congiunturali della finanza pubblica: dati statistici congiunturali per le seguenti categorie di risorse e impieghi delle amministrazioni pubbliche:nella sezione delle risorse:imposte sulla produzione e sulle importazioni, econtributi sociali effettivi;nella sezione degli impieghi:prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1222/2004 del Consiglio, del 28 giugno 2004, relativo all’elaborazione e alla comunicazione di dati sul debito pubblico su base trimestrale (GU L 233 del 2.7.2004, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1222/2004 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1). Si veda la versione consolidata Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1). Si veda la versione consolidata Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1). Si veda la versione consolidata Regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all’attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4).
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32005R1552
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REGOLAMENTO (CE) N. 1552/2005 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 7 settembre 2005 relativo alle statistiche sulla formazione professionale nelle imprese (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) In occasione del Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, l'Unione europea ha stabilito l'obiettivo strategico di diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. (2) L'occupabilità, l'adattabilità e la mobilità dei cittadini sono vitali per l'Unione, se essa vuole mantenere l'impegno a diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo. (3) L'apprendimento permanente è un elemento chiave per lo sviluppo e la promozione di una manodopera qualificata, formata e adattabile. (4) Il Consiglio, nelle sue conclusioni del 5 maggio 2003 in merito ai livelli di riferimento del rendimento medio europeo nel settore dell'istruzione e della formazione (parametri di riferimento) (2), ha adottato il seguente parametro di riferimento per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita: «Pertanto, entro il 2010, il livello medio di partecipazione all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita dovrebbe attestarsi nell'Unione europea almeno al 12,5 % della popolazione adulta in età lavorativa (fascia di età compresa tra 25 e 64 anni)». (5) Il Consiglio europeo di Lisbona ha confermato che l'apprendimento permanente costituisce una componente essenziale del modello sociale europeo. (6) La nuova strategia europea per l'occupazione, confermata dalla decisione 2003/578/CE del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (3), intende meglio contribuire alla strategia di Lisbona e porre in atto strategie coerenti e globali per l'apprendimento permanente. (7) Nell'applicazione del presente regolamento, è opportuno tenere conto della nozione di «persone svantaggiate sul mercato di lavoro», presente negli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione. (8) Si dovrebbe riservare un'attenzione particolare alla formazione sul posto di lavoro e durante l'orario di lavoro quali aspetti decisivi dell'apprendimento permanente. (9) Informazioni statistiche comparabili a livello comunitario, con un'attenzione specifica per la formazione professionale nelle imprese, sono essenziali per lo sviluppo di strategie di apprendimento permanente e per il monitoraggio dei progressi realizzati nella loro attuazione. (10) La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata da regole stabilite nel regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4). (11) La trasmissione di dati che sottostanno all'obbligo di riservatezza dei dati statistici è disciplinata dalle regole enunciate nel regolamento (CE) n. 322/97 e dal regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 del Consiglio, dell'11 giugno 1990, relativo alla trasmissione all'Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto (5). (12) Il regolamento (CE) n. 831/2002 della Commissione, del 17 maggio 2002, recante attuazione del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie, per quanto riguarda l'accesso ai dati riservati per fini scientifici (6), stabilisce le condizioni in base alle quali può essere consentito l'accesso ai dati riservati trasmessi alla Comunità. (13) Poiché lo scopo del presente regolamento, cioè la creazione di standard statistici comuni che consentano la produzione di dati armonizzati, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito all'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato in tale articolo. (14) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7). Tali misure dovrebbero tenere conto delle risorse disponibili negli Stati membri per la raccolta e la trasformazione dei dati. (15) Il comitato del programma statistico è stato consultato conformemente all'articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, del 19 giugno 1989, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (8), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce un quadro comune per la produzione di statistiche comunitarie sulla formazione professionale nelle imprese. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni: 1) «impresa»: l'impresa quale definita nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e di analisi del sistema produttivo nella Comunità (9); 2) «NACE Rev. 1.1»: la classificazione statistica comune delle attività economiche nella Comunità europea stabilita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (10). Articolo 3 Dati da raccogliere 1. I dati sono raccolti dagli Stati membri al fine di produrre statistiche comunitarie per l'analisi della formazione professionale continua nelle imprese nei seguenti ambiti: a) la politica di formazione e le strategie di formazione delle imprese per lo sviluppo delle capacità della loro manodopera; b) la gestione, l'organizzazione e i tipi di formazione professionale continua nelle imprese; c) il ruolo delle parti sociali nell'assicurare in tutti i suoi aspetti una formazione professionale continua sul posto di lavoro; d) l'accesso alla formazione professionale continua, il suo volume e contenuto, soprattutto in relazione all'attività economica e alla grandezza dell'impresa; e) misure specifiche di formazione professionale continua delle imprese per migliorare le abilità TIC della loro manodopera; f) le opportunità per i lavoratori delle piccole e medie imprese (PMI) di accedere alla formazione professionale continua e di acquisire nuove abilità e in particolare i bisogni specifici delle PMI di offrire formazione; g) l'impatto di misure pubbliche sulla formazione professionale continua nelle imprese; h) le pari opportunità nell'accesso alla formazione professionale continua nelle imprese per tutti i lavoratori, con un'attenzione particolare per il genere e per specifici gruppi d'età; i) misure specifiche di formazione professionale continua per persone svantaggiate sul mercato del lavoro; j) misure di formazione professionale continua rivolte alle diverse forme di contratto di lavoro; k) spesa per la formazione professionale continua: livelli di finanziamento e risorse finanziarie, incentivi per la formazione professionale continua; e l) procedure di valutazione e monitoraggio delle imprese in relazione alla formazione professionale continua. 2. Dati specifici sono raccolti dagli Stati membri per quanto concerne la formazione professionale iniziale nelle imprese relativamente a: a) i partecipanti alla formazione professionale iniziale; e b) la spesa complessiva per la formazione professionale iniziale. Articolo 4 Campo di applicazione delle statistiche Le statistiche sulla formazione professionale nelle imprese coprono almeno tutte le attività economiche definite nelle sezioni da C a K e nella sezione O della NACE Rev. 1.1. Articolo 5 Unità statistiche 1. Per la raccolta dei dati, si usa quale unità statistica l'impresa attiva nell'ambito di una delle attività economiche di cui all'articolo 4 e che occupa almeno 10 lavoratori. 2. Tenendo conto della specifica distribuzione delle imprese per dimensione a livello nazionale e dell'evoluzione dei fabbisogni del settore, gli Stati membri possono estendere la definizione di unità statistica sul loro territorio. La Commissione può a sua volta decidere di estendere tale definizione, secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2, qualora tale estensione migliori nettamente la rappresentatività e la qualità dei risultati dell'indagine negli Stati membri interessati. Articolo 6 Fonti di dati 1. Gli Stati membri acquisiscono i dati necessari facendo ricorso a un'indagine nelle imprese ovvero a una combinazione di indagine nelle imprese e di altre fonti, applicando i principi di riduzione dell'aggravio per gli intervistati e di semplificazione amministrativa. 2. Gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo le quali le imprese rispondono all'indagine. 3. Nel corso dell'indagine, spetta alle imprese fornire dati corretti e completi entro le scadenze stabilite. 4. Altre fonti, compresi dati amministrativi, possono essere usate per completare i dati da raccogliersi, allorché tali fonti siano appropriate in termini di pertinenza e aggiornamento. Articolo 7 Caratteristiche dell'indagine 1. L'indagine è un'indagine per campione. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i dati che essi trasmettono rispecchino la struttura della popolazione delle unità statistiche. L'indagine è effettuata in modo tale da consentire una ripartizione dei risultati a livello comunitario almeno nelle seguenti categorie: a) attività economiche in base alla NACE Rev.1.1; e b) dimensioni delle imprese. 3. I requisiti di campionamento e di esattezza, le dimensioni del campione necessarie a rispondere a tali requisiti, e le specifiche dettagliate della NACE Rev.1.1 e le categorie di grandezza in cui i risultati possono essere ripartiti sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Articolo 8 Strategia d'indagine 1. Per ridurre l'aggravio a carico degli intervistati, la strategia d'indagine consentirà di adeguare su misura la raccolta dei dati in relazione a: a) imprese che formano e imprese che non formano; e b) diversi tipi di formazione professionale. 2. I dati specifici da raccogliere in relazione alle imprese che formano e alle imprese che non formano e ai diversi tipi di formazione professionale sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Articolo 9 Controllo di qualità e relazioni 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare la qualità dei dati che essi trasmettono. 2. Entro 21 mesi a decorrere dallo scadere di ciascun periodo di riferimento di cui all'articolo 10, gli Stati membri presentano alla Commissione (Eurostat) una relazione di qualità contenente tutte le informazioni e i dati ad essa necessari per verificare la qualità dei dati trasmessi. La relazione segnala eventuali violazioni dei requisiti metodologici. 3. Sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 2, la Commissione (Eurostat) valuta la qualità dei dati trasmessi, in particolare al fine di garantire la comparabilità dei dati tra Stati membri. 4. I requisiti di qualità per i dati da raccogliere e trasmettere per le statistiche comunitarie sulla formazione professionale nelle imprese, la struttura delle relazioni di qualità di cui al paragrafo 2 e le eventuali misure necessarie per valutare o migliorare la qualità dei dati sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Articolo 10 Periodo di riferimento e periodicità 1. Il periodo di riferimento da coprire per la raccolta dei dati è un anno di calendario. 2. La Commissione determina il primo anno di riferimento per il quale si devono raccogliere dati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. 3. Gli Stati membri raccolgono i dati con cadenza quinquennale. Articolo 11 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri e la Commissione, entro i loro rispettivi ambiti di competenza, promuovono le condizioni per un uso più intenso della raccolta elettronica di dati, della trasmissione elettronica di dati e dell'elaborazione automatica di dati. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati individuali sulle imprese conformemente alle vigenti disposizioni comunitarie sulla trasmissione di dati statisticamente riservati di cui ai regolamenti (CE) n. 322/97 e (Euratom, CEE) n. 1588/90. Gli Stati membri assicurano che i dati trasmessi non consentano l'identificazione diretta delle unità statistiche. 3. Gli Stati membri trasmettono i dati in forma elettronica, conformemente all'appropriato formato tecnico e alla norma sull'interscambio di informazioni da determinarsi secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. 4. Gli Stati membri trasmettono entro 18 mesi dallo scadere di ciascun anno di riferimento i dati completi e corretti. Articolo 12 Relazione sull'attuazione 1. Entro il 20 ottobre 2010 e previa consultazione del comitato del programma statistico, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento. In particolare la relazione: a) accerta i benefici derivanti alla Comunità, agli Stati membri e agli utenti delle statistiche prodotte in relazione all'aggravio a carico degli intervistati; b) identifica ambiti per potenziali miglioramenti e modifiche ritenuti necessari alla luce dei risultati ottenuti. 2. A seguito della relazione, la Commissione ha facoltà di proporre le misure per migliorare l'attuazione del presente regolamento. Articolo 13 Misure di attuazione Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento, comprese le misure atte a tener conto degli sviluppi economici e tecnici in materia di raccolta, trasmissione e trattamento dei dati, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Articolo 14 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 15 Finanziamento 1. Per il primo anno di riferimento per cui sono prodotte le statistiche comunitarie di cui al presente regolamento, la Commissione mette a disposizione degli Stati membri un contributo finanziario per contribuire a coprire i costi da essi sostenuti al fine di raccogliere, trattare e trasmettere i dati. 2. L'ammontare del contributo finanziario è fissato contestualmente alla pertinente procedura di bilancio annuale. L'autorità di bilancio determina lo stanziamento disponibile. 3. Nell'attuazione del presente regolamento, la Commissione può ricorrere ad esperti e organizzazioni di assistenza tecnica il cui finanziamento può essere predisposto contestualmente al quadro finanziario generale del presente regolamento. La Commissione ha facoltà di organizzare seminari, colloqui o altre riunioni di esperti suscettibili di agevolare l'attuazione del presente regolamento e di intraprendere appropriate azioni di informazione, pubblicazione e diffusione. Articolo 16 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 7 settembre 2005. Per il Parlamento europeo Il Presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il Presidente C. CLARKE (1) Parere del Parlamento europeo del 23 febbraio 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), decisione del Consiglio del 27 giugno 2005. (2) GU C 134 del 7.6.2003, pag. 3. (3) GUJ L 197 del 5.8.2003, pag. 13. (4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 151 del 15.6.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (6) GU L 133 del 18.5.2002, pag. 7. (7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (8) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (9) GU L 76 del 30.3.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (10) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
Statistiche sulla formazione professionale QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce le regole e i metodi per la raccolta delle statistiche europee sulla formazione professionale nelle imprese*. PUNTI CHIAVE Dati da raccogliere nelle imprese Gli Stati membri devono raccogliere i dati nei seguenti ambiti:La politica di formazione e le strategie di formazione delle imprese per lo sviluppo delle capacità della loro manodopera; la gestione, l’organizzazione e i tipi di formazione professionale continua nelle imprese; il ruolo delle parti sociali nell’assicurare in tutti i suoi aspetti una formazione professionale continua sul posto di lavoro; l’accesso alla formazione professionale continua, il suo volume e contenuto, soprattutto in relazione all’attività economica e alla grandezza dell’impresa; misure specifiche di formazione professionale continua delle imprese per migliorare le abilità TIC della loro manodopera; le opportunità per i lavoratori delle piccole e medie imprese (PMI) di accedere alla formazione professionale continua e di acquisire nuove abilità e in particolare i bisogni specifici delle PMI di offrire formazione; l’impatto di misure pubbliche sulla formazione professionale continua nelle imprese; le pari opportunità nell’accesso alla formazione nelle imprese per tutti i lavoratori (con un’attenzione particolare per il genere e per specifici gruppi d’età); misure specifiche di formazione professionale continua per persone svantaggiate sul mercato del lavoro, ad esempio gli anziani e gli appartenenti alle minoranze; misure rivolte alle diverse forme di contratto di lavoro; spesa per la formazione professionale continua: livelli di finanziamento e risorse finanziarie, incentivi per la formazione professionale continua; procedure di valutazione e monitoraggio delle imprese in relazione alla formazione professionale continua. Per quanto concerne la formazione professionale iniziale sul posto di lavoro, gli Stati membri devono raccogliere dati relativamente a:i partecipanti alla formazione professionale iniziale; e la spesa complessiva per la formazione di questo tipo. Campo di applicazione Le statistiche coprono almeno la formazione nelle imprese coinvolte nelle attività economiche definite nelle sezioni da C a K e nella sezione O della classificazione NACE*. Unità statistiche Come regola generale, i dati vengono raccolti solo in relazione alle imprese che occupano almeno 10 lavoratori. Fonti di dati Gli Stati membri acquisiscono i dati facendo ricorso a un’indagine nelle imprese ovvero a una combinazione di indagini nelle imprese e altre fonti, puntando a ridurre l’aggravio per gli intervistati e a semplificare gli aspetti amministrativi. Gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo le quali le imprese rispondono all’indagine entro le scadenze stabilite. Altre fonti di dati possono essere usate purché appropriate in termini di pertinenza e aggiornamento. Caratteristiche e strategie dell’indagine Gli Stati membri devono assicurare che i dati che essi trasmettono rispecchino accuratamente la struttura della popolazione delle unità statistiche. L’indagine è effettuata in modo tale da consentire una ripartizione dei risultati a livello comunitario almeno nelle seguenti categorie:attività economiche, dimensioni delle imprese. La Commissione europea (Eurostat) stabilisce i requisiti del campionamento, le dimensioni del campione necessarie a rispondere a tali requisiti, e le specifiche dettagliate della NACE e le categorie di grandezza in cui i risultati possono essere ripartiti. La Commissione stabilisce inoltre i dati specifici che devono essere raccolti in relazione a imprese che formano* e imprese che non formano* diversi tipi di formazione professionale. Controllo di qualità Gli Stati membri sono responsabili di assicurare la qualità dei dati che essi trasmettono a Eurostat. Allo scadere di ciascun periodo di riferimento di un anno di calendario, ed entro 21 mesi, gli Stati membri presentano a Eurostat una relazione di qualità contenente tutte le informazioni e i dati richiesti. La relazione dovrebbe inoltre menzionare eventuali violazioni dei requisiti metodologici. Sulla base di queste relazioni, Eurostat valuta la qualità dei dati trasmessi, al fine di garantirne la comparabilità. Periodicità Gli Stati membri raccolgono i dati con cadenza quinquennale. Trasmissione dei dati Gli Stati membri trasmettono a Eurostat i dati individuali sulle imprese conformemente alle vigenti disposizioni comunitarie sulla trasmissione di dati statisticamente riservati di cui al regolamento (CE) n. 223/2009. Essi assicurano che i dati trasmessi non consentano l’identificazione diretta delle unità statistiche. La trasmissione avviene in forma elettronica, conformemente alle specifiche stabilite dal Comitato del sistema statistico europeo, un comitato di supporto che assiste e fornisce orientamento a Eurostat, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dalla Commissione. Gli Stati membri trasmettono entro 18 mesi dallo scadere di ciascun anno di riferimento i dati completi e corretti. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 20 ottobre 2005. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Formazione professionale e statistiche sulla formazione (Eurostat) Indagine sulla formazione professionale continua (Eurostat). TERMINI CHIAVE Impresa: l’unità statistica utilizzata da Eurostat per l’osservazione e l’analisi del sistema produttivo dell’UE. Classificazione NACE: sigla della classificazione statistica delle attività economiche nell’Unione europea, dal francese Nomenclature statistique des activités économiques. Imprese che formano: imprese coinvolte nel campionamento che erogano servizi di formazione. Imprese che non formano: imprese coinvolte nel campionamento la cui attività non prevede l’erogazione di servizi di formazione. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1552/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativo alle statistiche sulla formazione professionale nelle imprese (GU L 255 del 30.9.2005, pagg. 1-5). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1552/2005 sono state incorporate nel documento originale. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario. DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pagg. 164-173) Si veda la versione consolidata.
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32008F0841
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DECISIONE QUADRO 2008/841/GAI DEL CONSIGLIO del 24 ottobre 2008 relativa alla lotta contro la criminalità organizzata IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce l’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 31, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L’obiettivo del programma dell’Aia è di migliorare le capacità comuni dell’Unione e dei suoi Stati membri al fine, segnatamente, di lottare contro la criminalità organizzata transnazionale. Tale obiettivo deve essere perseguito in particolare mediante il ravvicinamento delle legislazioni. La pericolosità e la proliferazione delle organizzazioni criminali richiedono una risposta efficace che corrisponda alle aspettative dei cittadini e alle esigenze degli Stati membri e che avvenga mediante il potenziamento della cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea. In tale prospettiva, il punto 14 delle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 afferma che i cittadini dell’Europa si aspettano che l’Unione europea, pur garantendo il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, adotti una strategia comune più efficace per far fronte a problemi transnazionali come la criminalità organizzata. (2) Nella comunicazione del 29 marzo 2004 relativa a talune azioni da intraprendere nel settore della lotta contro il terrorismo e altre forme gravi di criminalità, la Commissione ha affermato che il dispositivo di lotta contro la criminalità organizzata all’interno dell’Unione europea doveva essere consolidato e ha manifestato l’intenzione di elaborare una decisione quadro volta a sostituire l’azione comune 98/733/GAI del 21 dicembre 1998 relativa alla punibilità della partecipazione a un’organizzazione criminale negli Stati membri dell’Unione europea (2). (3) Ai sensi del punto 3.3.2 del programma dell’Aia, il ravvicinamento del diritto penale sostanziale ha l’obiettivo di agevolare il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze e la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e riguarda aree di criminalità particolarmente grave con dimensioni transfrontaliere e occorre dare priorità a quei settori della criminalità che sono specificamente citati nei trattati. La definizione dei reati relativi alla partecipazione a un’organizzazione criminale dovrebbe quindi essere armonizzata negli Stati membri. La presente decisione quadro dovrebbe pertanto comprendere i reati solitamente commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale. Dovrebbe inoltre prevedere pene corrispondenti alla gravità di tali reati nei confronti delle persone fisiche e giuridiche che li hanno commessi o ne sono responsabili. (4) Gli obblighi derivanti dall’articolo 2, lettera a), non dovrebbero pregiudicare la libertà degli Stati membri di classificare altri gruppi di persone come organizzazioni criminali, per esempio gruppi con una finalità diversa da quella di ottenere un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale. (5) Gli obblighi derivanti dall’articolo 2, lettera a), non dovrebbero pregiudicare la libertà degli Stati membri di interpretare l’espressione «attività criminali» in modo che indichi l’esecuzione di atti materiali. (6) L’Unione europea dovrebbe basarsi sul considerevole lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali, in particolare la convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (la «convenzione di Palermo»), conclusa, a nome della Comunità europea, con la decisione 2004/579/CE del Consiglio (3). (7) Poiché gli obiettivi della presente decisione quadro non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni dell’intervento, essere realizzati meglio a livello di Unione, l’Unione può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, come applicato dal secondo comma dell’articolo 2 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità. (8) La presente decisione quadro rispetta i diritti e i principi fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare gli articoli 6 e 49. Nella presente decisione quadro nulla è inteso a ridurre o restringere le norme nazionali in materia di diritti o libertà fondamentali quali il giusto processo, il diritto di sciopero, le libertà di riunione, di associazione, di stampa o di espressione, compreso il diritto di fondare un sindacato insieme con altre persone ovvero di affiliarsi ad un sindacato per difendere i propri interessi, e il conseguente diritto a manifestare. (9) L’azione comune 98/733/GAI andrebbe pertanto abrogata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione quadro: 1) per «organizzazione criminale» si intende un’associazione strutturata di più di due persone, stabilita da tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore a quattro anni o con una pena più grave per ricavarne, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale; 2) per «associazione strutturata» si intende un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata. Articolo 2 Reati relativi alla partecipazione ad un’organizzazione criminale Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che sia considerato reato uno dei seguenti tipi di comportamento connessi ad un’organizzazione criminale o entrambi: a) il comportamento di una persona che, intenzionalmente ed essendo a conoscenza dello scopo e dell’attività generale dell’organizzazione criminale o dell’intenzione di quest’ultima di commettere i reati in questione, partecipi attivamente alle attività criminali dell’organizzazione, ivi compresi la fornitura di informazioni o mezzi materiali, il reclutamento di nuovi membri nonché qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività, essendo inoltre consapevole che la sua partecipazione contribuirà alla realizzazione delle attività criminali di tale organizzazione; b) il comportamento di una persona consistente in un’intesa con una o più altre persone per porre in essere un’attività che, se attuata, comporterebbe la commissione di reati di cui all’articolo 1, anche se la persona in questione non partecipa all’esecuzione materiale dell’attività. Articolo 3 Pene 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che: a) il reato di cui all’articolo 2, lettera a), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima compresa tra due e cinque anni; o b) il reato di cui all’articolo 2, lettera b), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l’intesa o compresa tra due e cinque anni. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il fatto che i reati di cui all’articolo 2, quali determinati da tale Stato membro, siano stati commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale possa essere considerato una circostanza aggravante. Articolo 4 Circostanze particolari Ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie per far sì che le pene di cui all’articolo 3 possano essere ridotte o che l’autore del reato possa essere esentato dalla pena se, ad esempio: a) rinuncia alle sue attività criminali; e b) fornisce alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere diversamente e che sono loro utili per: i) prevenire, porre termine o attenuare gli effetti del reato; ii) identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato; iii) acquisire elementi di prova; iv) privare l’organizzazione criminale di risorse illecite o dei profitti ricavati dalle sue attività criminali; o v) prevenire la commissione di altri reati di cui all’articolo 2. Articolo 5 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui all’articolo 2 commessi a loro beneficio da qualsiasi persona, che agisca a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica, la quale detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa, basata: a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica; b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o c) sull’esercizio di poteri di controllo in seno a tale persona giuridica. 2. Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di una persona di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona soggetta alla sua autorità, di uno dei reati di cui all’articolo 2 a beneficio della persona giuridica. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 lascia impregiudicata la possibilità di avviare procedimenti penali contro le persone fisiche che siano autori o complici di uno dei reati di cui all’articolo 2. 4. Ai sensi della presente decisione quadro, per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità dotata di personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 6 Pene applicabili alle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di pene effettive, proporzionate e dissuasive, comprendenti sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre pene, ad esempio: a) l’esclusione dal godimento di un beneficio o aiuto pubblico; b) il divieto temporaneo o permanente di esercitare attività commerciali; c) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; d) lo scioglimento giudiziario; e) la chiusura temporanea o permanente delle sedi che sono state utilizzate per commettere il reato. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di pene o misure effettive, proporzionate e dissuasive. Articolo 7 Competenza giurisdizionale e coordinamento dell’azione penale 1. Ciascuno Stato membro si adopera per far sì che la propria competenza giurisdizionale copra almeno i casi in cui i reati di cui all’articolo 2: a) sono stati commessi interamente o parzialmente nel suo territorio, indipendentemente dal luogo in cui l’organizzazione criminale è stabilita o esercita le sue attività criminali; b) sono stati commessi da un suo cittadino; oppure c) sono stati commessi a beneficio di una persona giuridica stabilita nel territorio di tale Stato membro. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in situazioni o circostanze specifiche le regole di giurisdizione di cui alle lettere b) e c), laddove il reato di cui all’articolo 2 sia commesso al di fuori del suo territorio. 2. Se un reato di cui all’articolo 2 rientra nella giurisdizione di più Stati membri, ciascuno dei quali è legittimato ad esercitare l’azione penale in relazione ai medesimi fatti, gli Stati membri in questione collaborano per stabilire quale di essi perseguirà gli autori del reato al fine di accentrare, se possibile, l’azione penale in un unico Stato membro. A tale scopo gli Stati membri possono avvalersi dell’Eurojust o di qualsiasi altro organo o struttura istituiti in seno all’Unione europea per agevolare la cooperazione tra le rispettive autorità giudiziarie, nonché coordinare le loro azioni. Si tiene conto in particolare dei seguenti fattori: a) lo Stato membro nel cui territorio sono stati commessi i fatti; b) lo Stato membro di cui l’autore del reato ha la nazionalità o nel quale è residente; c) lo Stato membro di origine delle vittime; d) lo Stato membro nel cui territorio è stato trovato l’autore del reato. 3. Uno Stato membro che in base al suo ordinamento giuridico non estrada o non consegna ancora i suoi cittadini adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale e, laddove opportuno, ad avviare l’azione penale nei confronti del reato di cui all’articolo 2, qualora sia commesso da uno dei suoi cittadini al di fuori del suo territorio. 4. Il presente articolo non esclude l’esercizio della giurisdizione penale secondo quanto previsto da uno Stato membro conformemente al diritto nazionale. Articolo 8 Assenza di obbligo di querela o denuncia della vittima Ciascuno Stato membro si adopera affinché le indagini e le azioni penali relative ai reati di cui all’articolo 2 non dipendano da una querela o denuncia della vittima del reato, almeno per quanto riguarda i fatti commessi nel territorio dello Stato membro stesso. Articolo 9 Abrogazione di disposizioni esistenti L’azione comune 98/733/GAI è abrogata. I riferimenti alla partecipazione a un’organizzazione criminale ai sensi dell’azione comune 98/733/GAI negli atti adottati in applicazione del titolo VI del trattato sull’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea si intendono come riferimenti alla partecipazione a un’organizzazione criminale ai sensi della presente decisione quadro. Articolo 10 Attuazione e relazioni 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro entro l’11 maggio 2010. 2. Gli Stati membri trasmettono entro l’11 maggio 2010 al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina entro l’11 novembre 2012 in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro. Articolo 11 Applicazione territoriale La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. Articolo 12 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Lussemburgo, addì 24 ottobre 2008. Per il Consiglio La presidente M. ALLIOT-MARIE (1) Parere espresso previa consultazione non obbligatoria (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 351 del 29.12.1998, pag. 1. (3) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69.
Lotta contro la criminalità organizzata: reati connessi alla partecipazione a un’organizzazione criminale QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO? Riguarda la criminalizzazione dei reati connessi alla partecipazione a un’organizzazione criminale. La decisione si prefigge di armonizzare le norme dell’Unione europea (Unione) e dei suoi Stati membri sulla criminalizzazione di tali reati e di stabilire le pene relative a questi.Reati Gli Stati membri devono riconoscere come reato almeno una di queste due tipologie di condotta:1)la partecipazione attiva alle attività criminali di un’organizzazione, con la conoscenza del suo scopo o della sua intenzione di commettere reati; 2)un’intesa sulla commissione di reati, senza necessariamente partecipare all’esecuzione materiale degli stessi.PeneGli Stati membri devono prevedere pene corrispondenti ai reati di cui sopra:per la prima opzione, il requisito è una pena privativa della libertà di almeno due anni per il livello massimo della pena;per la seconda opzione, il requisito è una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l’intesa o di almeno due anni. Le pene possono essere ridotte in circostanze specifiche, ad esempio se l’autore del reato rinuncia alle sue attività criminali o fornisce alle autorità giudiziarie informazioni utili per identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato. Sulla base della decisione quadro, gli Stati membri devono introdurre norme volte a poter dichiarare responsabili le persone giuridiche (come le imprese) per i reati di cui sopra se commessi per loro conto da una persona che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa. Le pene per le persone giuridiche devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Queste dovrebbero includere sanzioni pecuniarie ma possono anche comprendere quanto segue:esclusione dal godimento di un aiuto pubblico;interdizione temporanea o permanente di esercizio di attività commerciali e di accesso alle sedi utilizzate per i reati;assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;scioglimento giudiziario o liquidazione di una società.Competenza giurisdizionale e coordinamento dell’azione penaleLa competenza giurisdizionale di uno Stato membro deve estendersi ai reati se commessi, in tutto o in parte, da un suo cittadino o per conto di una persona giuridica stabilita nel territorio di tale Stato membro. Se il reato rientra nella giurisdizione di diversi Stati membri, questi ultimi devono collaborare, per esempio tramite l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, per stabilire quale Stato membro perseguirà il reato e per accentrare l’azione penale . Particolare attenzione va posta:sul luogo in cui è stato perpetrato il reato;sulla nazionalità o il luogo di residenza dell’autore del reato;sul paese d’origine della vittima;sul territorio in cui è stato trovato l’autore del reato.Reati che ledono gli interessi finanziari dell’UnioneLa direttiva (UE) 2017/1371 stabilisce le norme in materia di reati e sanzioni per la lotta contro la frode e altre attività illecite che ledono gli interessi finanziari dell’Unione (si veda la sintesi). L’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939 che istituisce la Procura europea (EPPO) (si veda la sintesi), conferisce a questa poteri in merito ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stabiliti nella direttiva (UE) 2017/1371. In conformità dell’articolo 22, paragrafo 2, del medesimo regolamento, l’EPPO è inoltre competente per i reati che riguardano la partecipazione a organizzazioni criminali, come definiti nella decisione quadro 2008/841/GAI, se l’obiettivo dell’attività criminale di tali organizzazioni è quello di commettere reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO? Essa è in vigore dall’11 novembre 2008. CONTESTO Sin dagli anni novanta, l’Unione ha adottato una serie di misure per rendere più efficace la lotta contro la criminalità organizzata.1997: l’Unione adotta il primo piano d’azione contro la criminalità organizzata; 1998: l’Unione adotta l’azione comune 98/733/GAI sulla partecipazione a un’organizzazione criminale; 2000: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, il primo strumento giuridico globale per la lotta contro la criminalità organizzata transnazionale (entrato in vigore nel 2003); 2002: l’Unione adotta la decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo (che definisce un «gruppo terrorista» sulla base della definizione di «organizzazione criminale» nell’azione comune 1998/733/GAI), successivamente abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2017/541 (si veda la sintesi); 2004: comunicazione della Commissione europea che riconosce la necessità di migliorare le misure di lotta contro la criminalità organizzata; mediante la decisione 2004/579/CE, l’Unione aderisce alla Convenzione delle Nazioni Unite; 2008: l’Unione adotta la decisione quadro 2008/841/GAI che abroga l’azione comune 98/733/GAI e sostituisce l’azione comune 98/733/GAI. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell’11.11.2008, pag. 42). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (UE) 2017/1939 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 29). Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6). Si veda la versione consolidata. Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e relativi protocolli. Decisione 2004/579/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69).
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32009R0116
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REGOLAMENTO (CE) N. 116/2009 DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2008 relativo all'esportazione di beni culturali (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 133, vista la proposta della Commissione, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio, del 9 dicembre 1992, relativo all'esportazione di beni culturali (1), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) Ai fini del mantenimento del mercato interno è necessario adottare una normativa per gli scambi con i paesi terzi, la quale assicuri la protezione dei beni culturali. (3) Sembra necessario prendere misure in particolare per garantire che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne della Comunità. (4) Un siffatto sistema dovrebbe prevedere l'obbligo di presentare una licenza rilasciata dallo Stato membro competente, prima dell'esportazione dei beni culturali contemplati dal presente regolamento. Ciò richiede una precisa definizione del campo di applicazione di dette misure e delle loro modalità di attuazione. La realizzazione del sistema dovrebbe presentare la massima semplicità ed efficacia. (5) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (3). (6) Data la notevole esperienza acquisita dalle autorità degli Stati membri nell'applicare il regolamento (CE) n. 515/97 del Consiglio, del 13 marzo 1997, relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle normative doganale e agricola (4), detto regolamento dovrebbe essere applicato nel presente settore. (7) L'allegato I del presente regolamento ha lo scopo di definire le categorie di beni culturali che dovrebbero formare oggetto di particolare protezione negli scambi con i paesi terzi, ferma restando la libertà degli Stati membri di definire i beni da considerare patrimonio nazionale ai sensi dell'articolo 30 del trattato, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizione Fatti salvi i poteri degli Stati membri ai sensi dell'articolo 30 del trattato, per «beni culturali» s'intendono, ai fini del presente regolamento, i beni elencati nell'allegato I. Articolo 2 Licenza di esportazione 1. L'esportazione di beni culturali al di fuori del territorio della Comunità è subordinata alla presentazione di una licenza di esportazione. 2. La licenza di esportazione è rilasciata, su richiesta dell'interessato: a) da un'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio si trovava lecitamente e definitivamente il bene culturale alla data del 1o gennaio 1993; b) oppure, dopo la suddetta data, da un'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio il bene culturale si trova dopo essere stato lecitamente e definitivamente spedito da un altro Stato membro o dopo essere stato importato da un paese terzo o reimportato da un paese terzo in seguito a una spedizione lecita da uno Stato membro verso detto paese terzo. Tuttavia, fermo restando il paragrafo 4, lo Stato membro competente conformemente al primo comma, lettera a) o lettera b), può non richiedere licenze di esportazione per i beni culturali elencati nell'allegato I, categoria A.1, primo e secondo trattino, qualora detti beni abbiano un interesse archeologico o scientifico limitato e purché non provengano direttamente da scavi, scoperte o siti archeologici in uno Stato membro e la loro presenza sul mercato sia lecita. La licenza di esportazione può essere negata, ai sensi del presente regolamento, qualora i beni culturali in questione siano contemplati da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico nello Stato membro di cui trattasi. Se necessario, l'autorità di cui al primo comma, lettera b), prende contatto con le autorità competenti dello Stato membro da cui il bene culturale proviene, in particolare le autorità competenti ai sensi della direttiva 93/7/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (5). 3. La licenza di esportazione è valida in tutta la Comunità. 4. Fatte salve le disposizioni dei paragrafi da 1 a 3, l'esportazione diretta dal territorio doganale della Comunità di beni del patrimonio nazionale di valore artistico, storico o archeologico che non rientrano nella definizione di beni culturali ai sensi del presente regolamento è soggetta alla normativa nazionale dello Stato membro di esportazione. Articolo 3 Autorità competenti 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione l'elenco delle autorità competenti per il rilascio delle licenze di esportazione di beni culturali. 2. La Commissione pubblica l'elenco di queste autorità, nonché le eventuali modifiche dello stesso, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C. Articolo 4 Presentazione della licenza La licenza di esportazione è presentata, a sostegno della dichiarazione di esportazione, al momento dell'espletamento delle formalità doganali di esportazione, presso l'ufficio doganale competente per accettare tale dichiarazione. Articolo 5 Restrizione del numero degli uffici doganali competenti 1. Gli Stati membri possono limitare il numero degli uffici doganali competenti per espletare le formalità di esportazione di beni culturali. 2. Quando si avvalgono della possibilità di cui al paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione l'elenco degli uffici doganali debitamente abilitati. La Commissione pubblica tali informazioni nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C. Articolo 6 Cooperazione amministrativa Ai fini dell'attuazione del presente regolamento, si applicano mutatis mutandis le disposizioni del regolamento (CE) n. 515/97, in particolare quelle relative alla riservatezza delle informazioni. Oltre a cooperare ai sensi del primo comma, gli Stati membri fanno tutto il necessario per stabilire, sul piano dei loro rapporti reciproci, una cooperazione tra le autorità doganali e le autorità competenti di cui all'articolo 4 della direttiva 93/7/CEE. Articolo 7 Misure di attuazione Le misure necessarie all'attuazione del presente regolamento, in particolare quelle relative al formulario da utilizzare (ad esempio, il modello e le caratteristiche tecniche), sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. Articolo 8 Comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE. Articolo 9 Sanzioni Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme del presente regolamento e adottano ogni provvedimento necessario per assicurare l’applicazione delle sanzioni stesse. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 10 Relazione 1. Ogni Stato membro informa la Commissione delle misure che prende per l'esecuzione del presente regolamento. La Commissione comunica tali informazioni agli altri Stati membri. 2. Ogni tre anni, la Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull'attuazione del presente regolamento. Il Consiglio, su proposta della Commissione, procede ogni tre anni a esaminare e se del caso a rivalutare gli importi indicati nell'allegato I, per tener conto degli indicatori economici e monetari nella Comunità. Articolo 11 Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 3911/92, come modificato dai regolamenti elencati all'allegato II, è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato III. Articolo 12 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2008. Per il Consiglio Il presidente M. BARNIER (1) GU L 395 del 31.12.1992, pag. 1. (2) Cfr. allegato II. (3) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (4) GU L 82 del 22.3.1997, pag. 1. (5) GU L 74 del 27.3.1993, pag. 74. ALLEGATO I Categorie di beni culturali di cui all'articolo 1 1. Reperti archeologici aventi più di 100 anni, provenienti da: — scavi e scoperte terrestri o sottomarini 9705 00 00 — siti archeologici 9706 00 00 — collezioni archeologiche 2. Elementi costituenti parte integrante di monumenti artistici, storici o religiosi e provenienti dallo smembramento dei monumenti stessi, aventi più di 100 anni 9705 00 00 9706 00 00 3. Quadri e pitture diversi da quelli appartenenti alla categoria 4 o 5, fatti interamente a mano, su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale (1) 9701 4. Acquerelli, guazzi e pastelli eseguiti interamente a mano, su qualsiasi supporto (1) 9701 5. Mosaici, diversi da quelli delle categorie 1 o 2, realizzati interamente a mano, con qualsiasi materia, e disegni fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materia (1) 6914 9701 6. Incisioni, stampe, serigrafie e litografie originali e relative matrici, nonché manifesti originali (1) Capitolo 49 9702 00 00 8442 50 99 7. Opere originali dell'arte statuaria o dell'arte scultoria e copie ottenute con il medesimo procedimento dell'originale (1), diverse da quelle della categoria 1 9703 00 00 8. Fotografie, film e relativi negativi (1) 3704 3705 3706 4911 91 80 9. Incunaboli e manoscritti, comprese le carte geografiche e gli spartiti musicali, isolati o in collezione (1) 9702 00 00 9706 00 00 4901 10 00 4901 99 00 4904 00 00 4905 91 00 4905 99 00 4906 00 00 10. Libri aventi più di 100 anni, isolati o in collezione 9705 00 00 9706 00 00 11. Carte geografiche stampate aventi più di 200 anni 9706 00 00 12. Archivi di qualsiasi natura e supporto, comprendenti elementi aventi più di 50 anni 3704 3705 3706 4901 4906 9705 00 00 9706 00 00 13. a) Collezioni (2) ed esemplari provenienti da collezioni di zoologia, botanica, mineralogia, anatomia 9705 00 00 b) Collezioni (2) aventi interesse storico, paleontologico, etnografico o numismatico 9705 00 00 14. Mezzi di trasporto aventi più di 75 anni 9705 00 00 Capitoli 86-89 15. Altri oggetti d'antiquariato non contemplati dalle categorie da A.1 a A.14 a) aventi fra 50 e 100 anni: giocattoli, giochi Capitolo 95 vetrerie 7013 articoli di oreficeria 7114 mobili e oggetti d'arredamento Capitolo 94 strumenti ottici, fotografici o cinematografici Capitolo 90 strumenti musicali Capitolo 92 orologi Capitolo 91 opere in legno Capitolo 44 vasellame Capitolo 69 arazzi 5805 00 00 tappeti Capitolo 57 carte da parati 4814 armi Capitolo 93 b) aventi più di 100 anni 9706 00 00 I beni culturali rientranti nelle categorie da A.1 a A.15 sono disciplinati dal presente regolamento soltanto se il loro valore è pari o superiore ai valori di cui al punto B. B. Valori applicabili a talune categorie di cui al punto A (in EUR) Valori: qualunque ne sia il valore — 1 (Reperti archeologici) — 2 (Smembramento di monumenti) — 9 (Incunaboli e manoscritti) — 12 (Archivi) 15 000 — 5 (Mosaici e disegni) — 6 (Incisioni) — 8 (Fotografie) — 11 (Carte geografiche stampate) 30 000 — 4 (acquerelli, guazzi e pastelli) 50 000 — 7 (Arte statuaria) — 10 (Libri) — 13 (Collezioni) — 14 (Mezzi di trasporto) — 15 (Altri oggetti) 150 000 — 3 (Quadri) Il rispetto delle condizioni relative ai valori deve essere accertato al momento della presentazione della domanda di licenza di esportazione. Il valore è quello del bene culturale nello Stato membro di cui all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento. Per gli Stati membri che non adottano l'euro, i valori espressi in euro nell'allegato I sono convertiti e espressi nelle monete nazionali al tasso di cambio del 31 dicembre 2001 pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Tale controvalore nelle monete nazionali è rivisto ogni due anni dal 31 dicembre 2001 in poi. Il calcolo del controvalore si basa sulla media del valore quotidiano di tali monete, espresso in euro, relativo al periodo di ventiquattro mesi terminante l'ultimo giorno del mese di agosto che precede la revisione avente effetto dal 31 dicembre. Questo metodo di calcolo è riesaminato, su proposta della Commissione, dal comitato consultivo dei beni culturali, in linea di principio due anni dopo la prima applicazione. Per ogni revisione i valori espressi in euro e i loro controvalori in moneta nazionale sono periodicamente pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nei primi giorni del mese di novembre precedente la data da cui ha effetto la revisione. (1) Aventi più di 50 anni e non appartenenti all'autore. (2) Quali definite dalla Corte di giustizia nella sentenza n. 252/84: «Gli oggetti da collezione ai sensi della voce 97.05 della TDC sono quelli che possiedono le qualità richieste per far parte di una collezione, cioè gli oggetti relativamente rari, che non sono normalmente usati secondo la loro destinazione originaria, che formano oggetto di transazioni speciali al di fuori del mercato abituale degli analoghi oggetti di uso comune e hanno un valore elevato.» ALLEGATO II Regolamento abrogato e sue modificazioni successive Regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 1) Regolamento (CE) n. 2469/96 del Consiglio (GU L 335 del 24.12.1996, pag. 9) Regolamento (CE) n. 974/2001 del Consiglio (GU L 137 del 19.5.2001, pag. 10) Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1) limitatamente all’allegato I, punto 2 ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 3911/92 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma Articolo 2, paragrafo 2, quarto comma Articolo 2, paragrafo 2, quarto comma Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 4 Articolo 2, paragrafo 4 Articoli da 3 a 9 Articoli da 3 a 9 Articolo 10, primo comma Articolo 10, paragrafo 1, primo comma Articolo 10, secondo comma Articolo 10, paragrafo 1, secondo comma Articolo 10, terzo comma Articolo 10, paragrafo 2, primo comma Articolo 10, quarto comma — Articolo 10, quinto comma Articolo 10, paragrafo 2, secondo comma — Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 Allegato, punti A.1, A.2 e A.3 Allegato I, punti A.1, A.2 e A.3 Allegato, punto A.3 bis Allegato I, punto A.4 Allegato, punto A.4 Allegato I, punto A.5 Allegato, punto A.5 Allegato I, punto A.6 Allegato, punto A.6 Allegato I, punto A.7 Allegato, punto A.7 Allegato I, punto A.8 Allegato, punto A.8 Allegato I, punto A.9 Allegato, punto A.9 Allegato I, punto A.10 Allegato, punto A.10 Allegato I, punto A.11 Allegato, punto A.11 Allegato I, punto A.12 Allegato, punto A.12 Allegato I, punto A.13 Allegato, punto A.13 Allegato I, punto A.14 Allegato, punto A.14 Allegato I, punto A.15 Allegato, punto B Allegato I, punto B — Allegato II — Allegato III
Esportazione di beni culturali QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Ai fini della protezione dei beni culturali europei, il regolamento garantisce che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne dell'Unione europea (UE) mediante le licenze di esportazione. PUNTI CHIAVE Il regolamento definisce le regole sull'esportazione dei beni culturali ai fini della loro protezione. Esso garantisce, in particolare, che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne dell'UE. Le categorie di beni culturali oggetto del presente regolamento sono elencate all'allegato I. Licenze di esportazione L'esportazione di beni culturali al di fuori del territorio della Comunità è soggetta alla presentazione di una licenza di esportazione. La licenza di esportazione è rilasciata, su richiesta dell'interessato, dall'autorità competente dello Stato membro ed è valida in tutta la Comunità. La licenza di esportazione può essere negata da uno Stato membro qualora i beni culturali in questione siano contemplati da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico nello Stato membro di cui trattasi. In alcune circostanze, uno Stato membro può autorizzare le esportazioni di alcuni beni culturali senza una licenza. La licenza di esportazione è presentata, a sostegno della dichiarazione di esportazione, al momento dell'espletamento delle formalità doganali di esportazione, presso l'ufficio doganale competente. Gli Stati membri possono limitare il numero degli uffici doganali competenti per espletare le formalità relative ai beni culturali. Il regolamento di esecuzione (UE) n. 1081/2012 della Commissione stabilisce le norme che disciplinano la redazione, il rilascio e l'utilizzo delle licenze di esportazione di cui al regolamento (CE) n. 116/2009. Esso specifica le tipologie di licenza da rilasciare, il loro utilizzo ed il loro periodo di validità. Vi sono tre tipi di licenza: licenza normale: utilizzata in circostanze normali per ogni esportazione soggetta al regolamento (CE) n. 116/2009 e valida per 1 anno; licenza aperta specifica: concerne l'esportazione temporanea ripetuta di uno specifico bene culturale da parte del suo proprietario per l'utilizzo e/o l'esposizione in paesi terzi ed è valida per 5 anni; licenza aperta generale: rilasciata ad un museo o ad altri enti per quanto riguarda l'esportazione temporanea di qualsiasi merce appartenente alla loro collezione permanente che sia esportata temporaneamente dall'UE in un paese non UE per l'esposizione su base regolare. La licenza è valida per 5 anni. Negli allegati I, II e II sono forniti modelli esemplificativi dei tre moduli. Attuazione Ai fini dell'attuazione del presente regolamento, è essenziale che vi sia mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e che queste collaborino con la Commissione europea. Inoltre, deve essere stabilita una cooperazione tra le autorità doganali e le autorità competenti degli Stati membri. Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme del presente regolamento, le quali devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO Il regolamento (UE) n. 116/2009 è la versione codificata di un atto originale (regolamento (CEE) n. 3911/92) e delle sue successive modifiche. È applicato dal 2 marzo 2009. CONTESTO Per maggiori informazioni, si consulti: «Beni culturali» sul sito Internet della Commissione europea DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo all'esportazione di beni culturali (versione codificata) (GU L 39 del 10.2.2009, pag. 1-7) DOCUMENTI CORRELATI Elenco delle autorità competenti per il rilascio delle licenze di esportazione dei beni culturali, pubblicato conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio (GU C 164 del 16.7.2009, pag. 6-20). Elenco degli uffici doganali abilitati ad espletare le formalità di esportazione dei beni culturali, pubblicato conformemente all'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio (GU C 134 del 13.6.2009, pag. 9-13).
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32014D0219
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DECISIONE 2014/219/PESC DEL CONSIGLIO del 15 aprile 2014 relativa alla missione dell'Unione europea in ambito PSDC in Mali (EUCAP Sahel Mali) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, l'articolo 42, paragrafo 4, e l'articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 21 marzo 2012 il Consiglio ha accolto favorevolmente la strategia dell'Unione europea per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel («strategia dell'UE per il Sahel»), sottolineando che l'Unione ha un interesse di lunga data nel ridurre l'insicurezza e migliorare lo sviluppo della regione del Sahel. (2) Il 16 luglio 2012 il Consiglio, con decisione 2012/392/PESC (1) ha avviato la missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) EUCAP Sahel Niger che contribuisce alla formazione e alla consulenza delle forze di sicurezza interne in Niger e rafforza il coordinamento regionale con il Mali e la Mauritania nel settore della sicurezza. (3) Il 23 luglio 2012 il Consiglio ha espresso preoccupazione per il peggioramento della situazione in Mali e per i suoi effetti negativi sulla pace e la stabilità regionali e internazionali. Per proseguire l'attuazione della strategia dell'UE per il Sahel, il Consiglio ha invitato l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e la Commissione ad avanzare proposte concrete in vista della rapida attuazione di tutte le azioni in materia di governance, sicurezza, sviluppo e risoluzione dei conflitti a favore del nord del Mali previste dalla strategia dell'UE per il Sahel. (4) Il 18 febbraio 2013 il Consiglio, con decisione 2013/87/PESC (2) ha avviato una missione militare di formazione della forze armate maliane (EUTM Mali), intesa a fornire consulenza e formazione a favore delle forze armate maliane sotto il controllo delle legittime autorità civili del Mali. (5) Il 27 maggio 2013 il Consiglio ha ribadito la sua disponibilità ad esaminare, in particolare nel quadro della PSDC, le opzioni per un sostegno urgente alle autorità maliane nel settore della sicurezza interna e della giustizia, anche in materia di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata. (6) Il 20 febbraio 2014 la Repubblica del Mali ha inviato all'Unione una lettera d'invito ai fini dell'invio di una missione civile dell'Unione a sostegno delle forze di sicurezza del Mali. (7) Il 17 marzo 2014 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale azione della PSDC a sostegno delle forze di sicurezza interna del Mali. (8) L'EUCAP Sahel Mali sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione fissati nell'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L'Unione stabilisce una missione civile in Mali (EUCAP Sahel Mali) a sostegno delle forze di sicurezza interna (FSI) (polizia, gendarmeria e guardia nazionale) maliane. Articolo 2 Obiettivo e compiti 1. Obiettivo dell'EUCAP Sahel Mali è consentire alle autorità maliane di ripristinare e mantenere l'ordine costituzionale e democratico nonché le condizioni per una pace duratura in Mali e ristabilire e mantenere l'autorità e la legittimità dello Stato su tutto il territorio maliano attraverso un'efficace ristrutturazione della sua amministrazione. 2. In sostegno alla dinamica maliana di restaurazione dell'autorità dello Stato, in stretto coordinamento con gli altri attori internazionali, in particolare la MINUSMA, l'EUCAP Sahel Mali assiste e consiglia le FSI nell'attuazione della riforma della sicurezza stabilita dal nuovo governo, nella prospettiva di: — migliorare la loro efficacia operativa, — ristabilire le loro rispettive catene gerarchiche; — rafforzare il ruolo delle autorità amministrative e giudiziarie per quanto riguarda la direzione e il controllo delle loro missioni, e — agevolare un loro nuovo dispiegamento nel nord del paese. 3. Al fine di raggiungere il suo obiettivo, l'EUCAP Sahel Mali opera secondo le linee operative strategiche definite nel concetto di gestione della crisi approvato dal Consiglio il 17 marzo 2014 e sviluppate nei documenti di pianificazione operativa approvati dal Consiglio. Articolo 3 Catena di comando e struttura 1. L'EUCAP Sahel Mali dispone di una catena di comando unificata per le operazioni di gestione della crisi. 2. Il comando dell'EUCAP Sahel Mali è situato a Bamako. Articolo 4 Pianificazione e avvio dell'EUCAP Sahel Mali 1. La missione è avviata con decisione del Consiglio alla data raccomandata dal comandante civile dell'operazione EUCAP Sahel Mali non appena quest'ultima avrà raggiunto la sua capacità operativa iniziale. 2. Il nucleo avanzato dell'EUCAP Sahel Mali ha il compito di preparare l'installazione dell'EUCAP Sahel Mali dal punto di vista logistico e infrastrutturale, stabilire i contatti con gli interlocutori maliani, in particolare il governo e le autorità centrali, per effettuare con loro valutazioni prospettiche dell'attuazione degli obiettivi dell'EUCAP Sahel Mali, iniziare a definire il quadro della cooperazione e del coordinamento con i partner internazionali, in particolare la MINUSMA, e fornire gli elementi necessari alla preparazione del concetto operativo (CONOPS), del piano operativo (OPLAN) e della seconda scheda finanziaria. Articolo 5 Comandante civile dell'operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CCPC) dell'EUCAP Sahel Mali è il comandante civile dell'EUCAP Sahel Mali. La CCPC è messa a disposizione del comandante civile dell'operazione per la pianificazione e la condotta dell'EUCAP Sahel Mali. 2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'AR, esercita il comando e il controllo dell'EUCAP Sahel Mali. 3. Il comandante civile dell'operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio attraverso l'AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine conformemente alla normativa nazionale, o all'istituzione dell'Unione interessata o al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo del loro personale. 6. Il comandante civile dell'operazione ha la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'Unione sia correttamente assolto. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità dell'EUCAP Sahel Mali ed esercita il comando e il controllo a livello di teatro delle operazioni. Il capomissione risponde direttamente al comandante civile dell'operazione e agisce conformemente alle istruzioni impartite da quest'ultimo. 2. Il capomissione rappresenta l'EUCAP Sahel Mali nella sua zona di azione. Può delegare compiti di gestione riguardanti il personale e le questioni finanziarie a membri del personale dell'EUCAP Sahel Mali, sotto la sua responsabilità generale. 3. Il capomissione esercita la responsabilità amministrativa e logistica dell'EUCAP Sahel Mali, compreso per quanto riguarda i mezzi, le risorse e le informazioni messi a disposizione dell'EUCAP Sahel Mali. 4. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall'istituzione dell'Unione interessata o dal SEAE. 5. Il capomissione assicura un'adeguata visibilità dell'EUCAP Sahel Mali. Articolo 7 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell'AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EUCAP Sahel Mali. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell'articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include la facoltà di nominare un capomissione, su proposta dell'AR, e rivedere il CONOPS e l'OPLAN. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell'EUCAP Sahel Mali restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell'operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza. Articolo 8 Personale 1. Il personale dell'EUCAP Sahel Mali è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell'Unione o dal SEAE. Ogni Stato membro, istituzione dell'Unione e il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere. 2. Lo Stato membro, l'istituzione dell'Unione o il SEAE, rispettivamente, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 3. L'EUCAP Sahel Mali può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 4. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra l'EUCAP Sahel Mali e i membri del personale interessati. Articolo 9 Status dell'EUCAP Sahel Mali e del relativo personale Lo status dell'EUCAP Sahel Mali e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EUCAP Sahel Mali, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell'articolo 37 del TUE e secondo la procedura di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l'autonomia decisionale dell'Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all'EUCAP Sahel Mali, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l'assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dal Mali, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi correnti della missione EUCAP Sahel Mali. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all'EUCAP Sahel Mali hanno diritti ed obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell'EUCAP Sahel Mali, a quelli degli Stati membri. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di un accordo concluso a norma dell'articolo 37 del TUE. Se l'Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo ad operazioni dell'Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EUCAP Sahel Mali. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell'EUCAP Sahel Mali a norma dell'articolo 5. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'EUCAP Sahel Mali e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'EUCAP Sahel Mali, in linea con la politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V del TUE. 3. Il capomissione è assistito da un responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto funzionale con il SEAE. 4. Il personale dell'EUCAP Sahel Mali riceve una formazione obbligatoria adeguata al livello di rischio valutato nella zona di dispiegamento. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate UE conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (3). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l'EUCAP Sahel Mali. Articolo 13 Disposizioni giuridiche L'EUCAP Sahel Mali ha la capacità di procurarsi servizi e forniture, stipulare contratti e concludere accordi amministrativi, assumere personale, detenere conti bancari, acquisire beni e disporne nonché liquidare il suo passivo e stare in giudizio, nella misura necessaria per l'attuazione della presente decisione. Articolo 14 Disposizioni finanziarie 1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse all'EUCAP Sahel Mali per i primi nove mesi successivi all'entrata in vigore della presente decisione è pari a 5 500 000 EUR. L'importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite in conformità alle procedure e alle regole applicabili al bilancio generale dell'Unione. Le gare d'appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi e dello Stato ospitante. Con l'approvazione della Commissione la missione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, lo Stato ospitante, gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di attrezzature, servizi e locali all'EUCAP Sahel Mali. 3. L'EUCAP Sahel Mali è responsabile dell'esecuzione del bilancio della missione. A tal fine l'EUCAP Sahel Mali firma un accordo con la Commissione. 4. Le disposizioni finanziarie prendono in considerazione la catena di comando di cui agli articoli 3, 5 e 6 e le esigenze operative dell'EUCAP Sahel Mali, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle sue squadre. 5. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data della firma dell'accordo di cui al paragrafo 3. Articolo 15 Cellula di progetto 1. L'EUCAP Sahel Mali dispone di una cellula di progetto per individuare e attuare i progetti. Ove opportuno, l'EUCAP Sahel Mali coordina, agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi al mandato dell'EUCAP Sahel Mali e a sostegno dei suoi obiettivi. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'EUCAP Sahel Mali è autorizzata a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l'attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell'EUCAP Sahel Mali nei due seguenti casi: — il progetto è previsto nella scheda finanziaria della presente decisione; o — il progetto è integrato nel corso del mandato mediante una modifica di tale scheda finanziaria su richiesta del capomissione. L'EUCAP Sahel Mali conclude un accordo con tali Stati, riguardante in particolare le modalità specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell'utilizzo dei fondi messi a sua disposizione da tali Stati. Né l'Unione né AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati membri contributori per atti od omissioni del capomissione nell'utilizzo dei fondi di tali Stati. 3. Il CPS approva l'accettazione dei contributi finanziari alla cellula di progetto da parte di Stati terzi. Articolo 16 Coerenza della risposta e del coordinamento dell'Unione 1. L'AR garantisce la coerenza dell'attuazione della presente decisione con l'azione esterna dell'Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell'Unione. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione in Mali al fine di garantire la coerenza dell'azione dell'Unione in Mali. Senza interferire nella catena di comando, il capo delegazione a Bamako, in stretto coordinamento con il rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sahel (RSUE per il Sahel), impartisce al capomissione civile direttive politiche di livello locale. Se necessario, il capo della missione EUCAP Sahel Mali, il capo delegazione a Bamako e l'RSUE per il Sahel si consultano reciprocamente. 3. E' instaurata una cooperazione tra il capo della missione EUCAP Sahel Mali, il comandante della missione EUTM Mali, il capo della missione EUCAP (Sahel) Niger e il capo della missione EUBAM Libia. 4. Inoltre, l'EUCAP Sahel Mali coordina e armonizza le sue azioni nell'ambito della riforma della sicurezza con la MINUSMA e con gli altri partner internazionali. Articolo 17 Comunicazione di informazioni 1. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell'EUCAP Sahel Mali, informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTREINT» prodotte ai fini dell'EUCAP Sahel Mali, in conformità alla decisione 2013/488/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative specifiche ed immediate, l'AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell'EUCAP Sahel Mali, in conformità alla decisione 2013/488/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l'AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all'EUCAP Sahel Mali, coperti dall'obbligo del segreto professionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (4). 4. L'AR può delegare tali autorizzazioni, nonché la competenza a concludere le disposizioni di cui al paragrafo 2, a funzionari del SEAE, al comandante civile dell'operazione o al capomissione conformemente all'allegato VI, sezione VII della decisione 2013/488/UE. Articolo 18 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione. Essa si applica sino alla scadenza di un periodo di 24 mesi a decorrere dalla data di avvio dell'EUCAP Sahel Mali. Fatto a Lussemburgo, il 15 aprile 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Decisione 2012/392/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell'Unione europea in ambito PSDC in Niger (EUCAP Sahel Niger) (GU L 187 del 17.7.2012, pag. 48). (2) Decisione 2013/87/PESC del Consiglio, del 18 febbraio 2013, relativa all'avvio della missione militare dell'Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 46 del 19.2.2013, pag. 27). (3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (4) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Il Mali e il Sahel: verso il raggiungimento della stabilità nella regione QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa mira a ripristinare l’ordine e le condizioni per una pace duratura in Mali e nella regione del Sahel. PUNTI CHIAVE G5 SahelNel 2014, Burkina-Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger hanno istituito il gruppo G5 Sahel per promuovere una stretta cooperazione nella regione e rispondere alle principali sfide che questi paesi devono affrontare, tra le quali il terrorismo e la criminalità organizzata transnazionale.Strategia dell’Unione europeaLa politica dell’Unione europea (l’Unione) nella regione si basa sulla Strategia per il Sahel adottata nel 2011, che:riguarda la diplomazia, la cooperazione a lungo termine, il sostegno ai diritti umani, gli sforzi per la stabilizzazione, la costruzione della resilienza, la sicurezza nelle migrazioni e i bisogni umanitari;viene attuata attraverso il piano d’azione regionale dell’Unione per il Sahel 2015-2020. L’Unione ha fornito supporto finanziario per la creazione della forza congiunta del G5 Sahel che comprende truppe di tutti e cinque i paesi e opera in ciascuno di essi. L’Unione è membro dell’Alleanza per il Sahel, creata e sottoscritta dall’Unione, dalla Francia e dalla Germania nel luglio 2017, la quale:mira a fornire aiuti rapidamente e con maggiore efficienza in tutta la regione;attualmente conta 12 membri: Danimarca, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito, l’Unione, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), la Banca africana di sviluppo e la Banca mondiale.EUCAP MaliLa decisione fornisce le basi legali per la missione civile dell’Unione per la politica di sicurezza e di difesa comune nel Mali (EUCAP Sahel Mali). Essa mira a sostenere il governo del Mali a restaurare e mantenere il controllo del proprio territorio fornendo consulenze, formazione e attrezzature per il ripristino della sicurezza interna e la riforma del settore della sicurezza. La missione è iniziata nel 2015 e si protrae fino al 2021. La decisione è stata modificata più volte per aumentare il sostegno finanziario, per la creazione di una cellula consultiva e di coordinamento regionale e per autorizzare l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a rilasciare alcune informazioni riservate a Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera dell’Unione. EUCAP Mali è integrato da un’operazione militare, la missione di formazione dell’Unione nel Mali (EUTM) che fornisce consulenza sulla ristrutturazione delle forze armate maliane. Il suo mandato dura fino a maggio 2020. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 15 gennaio 2015. La validità della decisione è stata estesa fino al 14 gennaio 2021. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:La collaborazione dell’Unione con i paesi del G5 Sahel (Servizio europeo per l’azione esterna dell’Unione europea) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2014/219/PESC del Consiglio, del 15 aprile 2014, relativa alla missione dell’Unione europea in ambito PSDC in Mali (EUCAP Sahel Mali) (GU L 113 del 16.4.2014, pag. 21). Le successive modifiche alla decisione 2014/219/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2013/87/PESC del Consiglio, del 18 febbraio 2013, relativa all’avvio della missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 46 del 19.2.2013, pag. 27).
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Regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativo ad una disciplina speciale per l'assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane Gazzetta ufficiale n. L 108 del 27/04/1999 pag. 0002 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 856/1999 DEL CONSIGLIOdel 22 aprile 1999relativo ad una disciplina speciale per l'assistenza ai fornitori ACP tradizionali di bananeIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato(2),(1) considerando che l'Unione europea è vincolata dagli impegni contratti nei confronti dei paesi ACP in base ai termini della convenzione di Lomé e, più particolarmente, del suo protocollo n. 5 che punta a garantire agli Stati ACP il mantenimento dei vantaggi di cui beneficiano sul mercato europeo, l'accesso a tale mercato a condizioni che non possono essere meno favorevoli di quelle di cui hanno beneficiato in precedenza e il miglioramento delle condizioni di produzione e di commercializzazione delle banane ACP;(2) considerando che l'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana, istituita dal regolamento (CEE) n. 404/93(3), ha creato un quadro che consente ai fornitori ACP tradizionali di continuare a fruire, sul mercato comunitario, degli stessi vantaggi di cui hanno già fruito in passato;(3) considerando che, in particolare, il regime degli scambi con i paesi terzi stabilito dal titolo IV di detto regolamento prevede che le banane originarie dei paesi ACP, che sono fornitori tradizionali della Comunità, siano commercializzate sul mercato comunitario a condizioni tali da garantire un congruo reddito ai produttori, in base agli impegni contratti dalla Comunità;(4) considerando che tale regime degli scambi è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1637/98;(5) considerando che le modifiche degli scambi hanno alterato in misura sostanziale le condizioni di mercato per i fornitori ACP tradizionali e potrebbero in particolare costituire un pregiudizio per i fornitori più svantaggiati;(6) considerando che i fornitori ACP tradizionali dovranno compiere particolari sforzi per adattarsi alle nuove condizioni di mercato al fine di rimanere presenti sul mercato comunitario e salvaguardare la competitività delle forniture ACP tradizionali;(7) considerando che è quindi necessario prestare ai fornitori ACP tradizionali un'assistenza tecnica e finanziaria complementare a quella prevista dalla quarta convenzione ACP-CE di Lomé, per aiutarli ad adattarsi alle nuove condizioni di mercato e in particolare a migliorare la loro capacità di concorrenza; che è opportuno promuovere nel contempo metodi di produzione e di commercializzazione delle banane compatibili con le esigenze di tutela dell'ambiente e che altresì osservino norme sociali;(8) considerando che è opportuno stabilire criteri oggettivi per determinare l'entità di tale assistenza, la quale dovrebbe essere proporzionata allo sforzo richiesto in conseguenza delle nuove condizioni di mercato;(9) considerando che, per garantirne l'efficacia in rapporto agli obiettivi perseguiti, è opportuno che l'assistenza sia temporanea e gradualmente decrescente;(10) considerando che, per agevolare l'attuazione delle presenti disposizioni, è opportuno istituire una procedura che preveda una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituita una disciplina speciale per l'assistenza tecnica e finanziaria ai fornitori ACP tradizionali di banane, volta a facilitarne l'adattamento alle nuove condizioni di mercato conseguenti alle modifiche apportate all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana dal regolamento (CE) n. 1637/98.2. La suddetta disciplina speciale è attuata per un periodo massimo di dieci anni a decorrere dal 1o gennaio 1999.Articolo 2Ai fini del presente regolamento si intende per:- "fornitori ACP tradizionali": gli Stati ACP elencati nell'allegato,- "banane": le banane fresche o essiccate di cui al codice NC 0803, ad eccezione delle banane da cuocere.Articolo 31. I fornitori ACP tradizionali sono ammissibili ad un'assistenza tecnica e finanziaria.2. L'assistenza tecnica e finanziaria è concessa su richiesta degli ACP allo scopo di facilitare l'esecuzione di programmi destinati:a) a promuovere la competitività nel settore della banana, in particolare mediante i seguenti provvedimenti:- aumento della produttività, senza causare danni all'ambiente,- miglioramento della qualità, comprese misure fitosanitarie,- adattamento dei metodi di produzione, di distribuzione o di commercializzazione alle norme qualitative stabilite dall'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 404/93,- costituzione di organizzazioni di produttori aventi come finalità di migliorare le condizioni di commercializzazione e di concorrenza dei loro prodotti e di promuovere sistemi di certificazione dei metodi di produzione rispettosi dell'ambiente, incluse le banane del commercio equo,- sviluppo di una strategia produttiva e/o commerciale rispondente alle esigenze del mercato in base all'organizzazione comune del mercato comunitaria nel settore della banana,- promozione della formazione, della prospezione del mercato, dell'introduzione di metodi di produzione rispettosi dell'ambiente, incluse le banane del commercio equo, dell'adeguamento dell'infrastruttura di distribuzione e della prestazione di moderni servizi commerciali e finanziari ai produttori di banane;b) a sostenere la diversificazione ove il miglioramento della competitività nel settore della banana non sia sostenibile.Articolo 4La Commissione decide in merito all'ammissibilità dei programmmi di cui all'articolo 3, previa consultazione dei fornitori ACP tradizionali interessati, secondo le procedure di cui all'articolo 6, e tenendo particolare conto della situazione individuale di ciascun fornitore ACP, con particolare riguardo all'esigenza di soluzioni specifiche per la Somalia. Essa tiene conto inoltre della compatibilità del programma previsto con gli obiettivi generali di sviluppo del paese ACP in causa e della sua coerenza sul piano della cooperazione regionale con altri produttori di banane, in particolare i produttori comunitari.Articolo 51. La Commissione è incaricata di istruire, adottare decisioni sulle azioni effettuate in base al presente regolamento e gestirle secondo le procedure di bilancio e le altre procedure in vigore, in particolare quelle previste dal regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.2. Le decisioni riguardanti ogni azione finanziata in base al presente regolamento ad un costo superiore a 2 milioni di euro, od ogni adeguamento di tale azione che comporti un incremento superiore al 20 % dell'importo inizialmente proposto e le proposte di modifiche sostanziali da apportare a seguito di difficoltà riscontrate nell'attuazione di progetti già avviati sono adottate secondo la procedure di cui all'articolo 6.Quando il superamento di cui al primo paragrafo è superiore a 4 milioni di euro ma inferiore al 20 % dell'impiego originario il parere del comitato, definito all'articolo 6, può essere espresso con il ricorso a procedure semplificate e accelerate.La Commissione fornisce concise informazioni al comitato in ordine alle decisioni di finanziamento che intende adottare e che riguardano progetti e programmi di valore inferiore a 2 milioni di euro. Tali informazioni sono fornite almeno una settimana prima dell'adozione della decisione.3. Ogni convenzione e contratto di finanziamento concluso in base al presente regolamento prevede che la Commissione e la Corte dei conti effettuino controlli in loco secondo le abituali modalità stabilite dalla Commissione in base alle norme in vigore, in particolare quelle del regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.4. Quando le azioni sono oggetto di convenzioni di finanziamento tra la Comunità e il paese beneficiario, queste prevedono che il pagamento di tasse, dazi e altri eventuali oneri non sia a carico della Comunità.5. La partecipazione alle gare e ai contratti d'appalto è aperta, a parità di condizioni, a tutte le persone fisiche e giuridiche degli Stati membri, del paese beneficiario e degli Stati ACP. Essa può essere estesa ad altri paesi in via di sviluppo al fine di garantire il miglior rapporto costi/benefici in casi debitamente giustificati.6. Le forniture sono originarie degli Stati membri o degli Stati ACP. In casi eccezionali, debitamente giustificati, le forniture possono essere originarie di altri Stati.7. Un'attenzione particolare sarà rivolta:- alla ricerca della miglior redditività e di un impatto durevole nell'elaborazione dei progetti;- alla chiara definizione e al monitoraggio degli obiettivi e degli indicatori di realizzazione per tutti i progetti.8. L'assistenza fornita in base al presente regolamento completa e rafforza quella fornita nel quadro di altri strumenti di cooperazione allo sviluppo.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato geografico competente per lo sviluppo, composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. La Commmissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 71. Nell'ambito della dotazione globale stanziata per un determinato anno, la Commissione fissa l'importo massimo di cui ciascun fornitore ACP tradizionale può disporre per il finanziamento dei programmi di cui al paragrafo 2 dell'articolo 3, tenendo conto del grado di competitività riscontrato e dell'importanza della produzione bananiera per l'economia del paese considerato. Quando sono attuati esclusivamente i programmi definiti alla lettera b) del paragrafo 2 dell'articolo 3, la Commissione assegnerà un importo comparabile a quello fornito ad altri fornitori tradizionali.2. A decorrere dall'anno 2004 e in seguito per ogni successivo anno, si applica un coefficiente di riduzione pari ad un massimo del 15 % al livello di assistenza messo a disposizione dei singoli fornitori tradizionali ACP. Se sono attuati i programmi definiti a norma della lettera a) del paragrafo 2 dell'articolo 3, tale coefficiente di riduzione è ridotto allo stesso livello di un aumento della competitività riscontrato rispetto all'anno precedente.3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione secondo la procedura di cui all'articolo 8.Articolo 81. La Commissione adotta le modalità di applicazione del presente regolamento.2. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.4. La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 9Entro il 31 dicembre 2000, e successivamente ogni due anni, la Commissione presenta una relazione, sul funzionamento del presente regolamento, corredata eventualmente da proposte, al Parlamento europeo e al Consiglio.Articolo 10Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, il 22 aprile 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteW. MÜLLER(1) GU C 364 del 25.11.1998, pag. 14.(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 1998 (GU C 210 del 6.7.1998), posizione comune del Consiglio del 5 ottobre 1998 (GU C 364 del 25.11.1998), e decisione del Parlamento europeo del 28 gennaio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 47 del 25.2.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1637/98 (GU L 210 del 28.7.1998, pag. 28).ALLEGATOELENCO DI CUI AL PRIMO TRATTINO DELL'ARTICOLO 2Fornitori ACP tradizionali di bananeBelizeCamerunCapo VerdeCosta d'AvorioDominicaGrenadaGiamaicaMadagascarSaint LuciaSaint Vincent e GrenadineSomaliaSuriname
Assistenza a favore dei fornitori ACP tradizionali di banane - EUR-Lex Dal 1994 al 2008 l'Unione europea (UE) ha fornito un’assistenza tecnica e finanziaria temporanea a favore dei fornitori tradizionali di banane dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Questa assistenza doveva facilitarne l’adattamento alle nuove condizioni di mercato nel settore delle banane e doveva aiutare i paesi beneficiari ad essere più competitivi e/o a diversificare le loro economie. ATTO Regolamento (CE) n. 2686/94 del Consiglio, del 31 ottobre 1994, che istituisce un sistema speciale di assistenza in favore dei fornitori tradizionali ACP di banane. Regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativo ad una disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane. SINTESI I paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) fornitori tradizionali di banane hanno beneficiato di un quadro di aiuti per migliorare la competitività e la diversificazione della loro produzione agricola. Il termine«fornitore ACP tradizionale di banane» non designa tutti i fornitori ACP attuali di banane. I paesi interessati (definiti in funzione di riferimenti storici) sono: Belize, Camerun, Capo Verde, Costa d’Avorio, Dominica, Grenada, Giamaica, Madagascar, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Somalia e Suriname. Ai fini del presente regolamento si intende per «banane» le banane fresche o essiccate, ad eccezione delle banane da legume. La disciplina speciale temporanea è istituita dal regolamento (CE) n. 856/1999 per un periodo di dieci anni a decorrere dal 1o gennaio 1999. Attività che possono beneficiare dell’assistenza Le misure di assistenza sono volte a: accrescere la produttività e migliorare la qualità dei prodotti, anche nel settore fitosanitario; adattare i metodi di produzione, di distribuzione o di commercializzazione alle norme stabilite dal regolamento (CEE) n. 404/93 e (CE) n. 1234/2007; costituire organizzazioni di produttori per migliorare le condizioni di commercializzazione e di concorrenza dei loro prodotti; sviluppare il commercio equo, nonché un sistema di certificazione dei metodi di produzione rispettosi dell’ambiente; sviluppare strategie produttive e/o commerciali rispondenti alle esigenze del mercato; promuovere la formazione, la prospezione del mercato, l’introduzione di metodi di produzione rispettosi dell’ambiente ed equi; sostenere la diversificazione della produzione ove il miglioramento della competitività nel settore della banana non sia sostenibile. Finanziamento dei programmi L'assistenza finanziaria è intesa a completare e rafforzare l’assistenza fornita nel quadro di altri strumenti di cooperazione allo sviluppo. L’importo massimo a disposizione di ogni fornitore è fissato annualmente dalla Commissione tenendo conto del grado di competitività riscontrato e dell’importanza della produzione bananiera per l’economia del paese considerato. Il regolamento prevede dei meccanismi volti a ridurre gradualmente l’aiuto comunitario. A decorrere dall’anno 2004, si applica ogni anno un coefficiente di riduzione pari ad un massimo del 15 % al livello di assistenza messo a disposizione dei singoli paesi. Quando i programmi sono attuati, tale coefficiente di riduzione è ridotto allo stesso livello di aumento della competitività. I progetti finanziati dalla linea di bilancio «Banana» sono stati decentrati presso le delegazioni della Commissione europea nell’ultimo trimestre del 2005. Questo decentramento ha permesso alle delegazioni di gestire i progetti in maniera più efficace e di recuperare alcuni ritardi negli impegni o nei pagamenti. Valutazione La Commissione doveva presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’esecuzione del regolamento entro il 31 dicembre 2000 e in seguito ogni due anni. La Commissione ha presentato la sua prima relazione biennale nel febbraio 2001 e la sua seconda relazione biennale nel dicembre 2002. Contesto I paesi ACP hanno beneficiato di un regime commerciale preferenziale per l’esportazione di banane verso l'UE, da quando, nel 1993, è stata istituita l’organizzazione comune del mercato (OCM) della banana. Pertanto: dal 1993 al 2005 le importazioni di banane provenienti dai paesi non ACP erano soggette a quote e dazi doganali. I paesi ACP non erano soggetti a dazi doganali nel quadro di una quota e beneficiavano di dazi ridotti per le importazioni fuori quota; a partire dal 2006 il regime generale d’importazione è stato sostituito con un sistema basato unicamente sui dazi doganali, salvo per i paesi ACP che beneficiavano di un sistema di quote esonerato dai dazi doganali; dal 2008 i paesi ACP che hanno negoziato un accordo di partenariato economico (APE) (EN), beneficiano di un accesso senza quote e senza dazi doganali. Gli APE sostituiscono le disposizioni commerciali dell’accordo di Cotonou che scadevano il 31 dicembre 2007; dal 15 dicembre 2009 il dazio doganale applicabile alle importazioni dai paesi terzi (non ACP) ammonta a 148€/tonnellata. La disciplina speciale di assistenza a favore dei fornitori ACP, istituita nel 1999, si è conclusa nel 2008; tuttavia molti progetti sono ancora in fase di esecuzione. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (CE) n. 2686/94 5.11.1994 - GU L 286 del 5.11.1994 Regolamento (CE) n. 856/1999 30.4.1999 - GU L 108 del 27.4.1999 ATTI COLLEGATI Decisione 2010/314/UE del Consiglio-relativa alla firma e all’applicazione provvisoria dell’accordo di Ginevra sul commercio delle banane tra l’Unione europea e Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Perù e Venezuela, e dell’accordo sul commercio delle banane tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America. Regolamento (CE) n. 1882/2003 recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE del Consiglio delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti soggetti alla procedura prevista all'articolo 251 del trattato CE [GU L 284 del 31.10.2003]. Regolamento (CE) n. 1609/1999 della Commissione recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 190 del 23.7.1999]. Questo regolamento stabilisce le modalità di applicazione della disciplina speciale di assistenza, ad esempio i termini, i metodi di calcolo del prezzo di riferimento, le quantità di riferimento e il divario di competitività. Le richieste di assistenza devono basarsi su una strategia coerente a lungo termine per il settore della banana. I programmi proposti devono essere elaborati in base a questa strategia e nella forma di piani d’azione annuali. I fondi assegnati ai paesi che non hanno presentato la richiesta di assistenza entro i termini fissati vengono distribuiti agli altri paesi. RELAZIONI Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo «Relazione biennale sulla disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane» [ COM(2010) 103 def. -Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La disciplina speciale per l’assistenza si è conclusa il 31 dicembre 2008. La sua istituzione ha consentito ai paesi ACP produttori tradizionali di banane di compiere progressi in termini di: competitività e adattamento alle esigenze del mercato europeo, alle norme e alle politiche dell’UE nell’ottica di uno sviluppo economico sostenibile; diversificazione della produzione agricola, integrandola maggiormente e in maniera più strategica nella pianificazione di sviluppo del paese. Ciononostante, la maggior parte di questi paesi resta vulnerabile agli choc esterni e deve sempre far fronte ad importanti sfide per adattarsi alle pressioni del commercio mondiale. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2006 [ COM(2006) 806 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2004 [ COM(2004) 823 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Il regime commerciale dell’UE non è cambiato dall’ultima relazione e sono state prese delle misure nel quadro dell’allargamento. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 23 dicembre 2002 - Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2002 [ COM(2002) 763 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Nell’aprile 2001 la Comunità ha elaborato un nuovo regime per conformarsi alle norme dell'OMC, ponendo fine al 'conflitto della banana' tra gli Stati Uniti e la Comunità europea. Il sistema modificato rappresenta un compromesso e comporta notevoli modifiche, introdotte in diverse fasi, del regime di importazione delle banane dell’UE: il sistema di contingenti deve essere sostituito con un regime esclusivamente tariffario; nel frattempo, il mercato comunitario delle banane continuerà ad essere gestito attraverso un sistema di contingenti in base al metodo di riferimenti storici, anch’esso discusso con i paesi ACP. Dal 1999 al 2002, la Commissione ha principalmente constatato una riduzione degli importi destinati all’aumento della produttività delle piantagioni di banane a vantaggio di azioni volte a sostenere la diversificazione. Sono state introdotte alcune modifiche della struttura operativa e delle modalità di utilizzazione dei crediti. Tali modifiche corrispondono alla volontà della Commissione di migliorare le condizioni di gestione dei crediti segnatamente per quanto riguarda la trasparenza, la sicurezza e la determinazione delle responsabilità dei diversi partecipanti. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo del 7 febbraio 2001 -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (Regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2000 [ COM(2001) 67 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Le condizioni del mercato sono state difficili per i fornitori ACP tradizionali di banane negli anni 1999 e 2000. Il mercato è dominato dalle banane dell’America latina il cui prezzo è più basso. Inoltre, nel 1999 il prezzo delle banane è calato e nel 2000 è sceso ad un livello eccezionalmente basso. Infine, in seguito alle conclusioni sfavorevoli dell’OMC relative ai regimi d’importazione della Commissione, nel 1999 la Commissione ha apportato modifiche importanti al proprio regime d’importazione.
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DECISIONE QUADRO 2004/757/GAI DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2004 riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 31, lettera e), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) Il traffico illecito di stupefacenti rappresenta una minaccia per la salute, la sicurezza e la qualità di vita dei cittadini dell'Unione europea, oltre che per l'economia legale, la stabilità e la sicurezza degli Stati membri. (2) La necessità di un intervento legislativo nel settore della lotta contro il traffico illecito di stupefacenti è stata riconosciuta, in particolare, dal piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (3) adottato durante il Consiglio «Giustizia e affari interni» di Vienna, del 3 dicembre 1998, dalle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere tenutosi il 15 e 16 ottobre 1999, in particolare al punto 48, dalla strategia antidroga dell'Unione europea (2000-2004) approvata dal Consiglio europeo tenutosi a Helsinki dal 10 al 12 dicembre 1999, nonché dal piano d'azione dell'Unione europea in materia di lotta contro la droga (2000-2004) approvato in occasione del Consiglio europeo tenutosi a Santa Maria da Feira il 19 e 20 giugno 2000. (3) È necessario adottare norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati di traffico illecito di stupefacenti e precursori, che consentano l’attuazione di una comune strategia, a livello dell’Unione europea, intesa a combattere tale traffico. (4) In virtù del principio di sussidiarietà, l'azione dell'Unione europea dovrebbe vertere sulle forme più gravi di reati in materia di stupefacenti. L'esclusione di talune condotte relative al consumo personale dal campo di applicazione della presente decisione quadro non rappresenta un orientamento del Consiglio sul modo in cui gli Stati membri dovrebbero trattare questi altri casi nella loro legislazione nazionale. (5) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, comprendenti pene privative della libertà. Per stabilire l'entità della pena, si dovrebbe tener conto degli elementi di fatto quali i quantitativi e la natura degli stupefacenti oggetto di traffico e l'eventuale commissione del reato nell'ambito di un'organizzazione criminale. (6) Si dovrebbe consentire agli Stati membri di prevedere sanzioni ridotte per l’ipotesi in cui l'autore dell'illecito abbia fornito alle autorità competenti informazioni utili. (7) È necessario prendere misure che rendano possibile la confisca dei proventi degli illeciti contemplati dalla presente decisione quadro. (8) È opportuno provvedere a garantire che le persone giuridiche possano essere considerate responsabili degli illeciti di cui alla presente decisione quadro, commessi per loro conto. (9) L’efficacia dell’azione svolta per lottare contro il traffico illecito di stupefacenti dipende in modo essenziale dal ravvicinamento delle misure nazionali adottate in attuazione della presente decisione quadro, DECIDE: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione quadro si intende per: 1) «stupefacenti»: tutte le sostanze contemplate dalle seguenti convenzioni delle Nazioni Unite: a) la convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 (quale modificata dal protocollo del 1972); b) la convenzione di Vienna sulle sostanze psicotrope del 1971. Tale termine comprende altresì le sostanze poste sotto controllo nell'ambito dell'azione comune 97/396/GAI del 16 giugno 1997, riguardante lo scambio di informazioni, la valutazione dei rischi e il controllo delle nuove droghe sintetiche (4); 2) «precursori»: le sostanze classificate nella legislazione comunitaria che attua gli obblighi derivanti dall'articolo 12 della convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 20 dicembre 1988; 3) «persona giuridica»: qualsiasi ente che abbia personalità giuridica in forza del diritto nazionale applicabile ad eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 2 Reati connessi al traffico illecito di stupefacenti e di precursori 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché siano punite le seguenti condotte intenzionali allorché non autorizzate: a) la produzione, la fabbricazione, l'estrazione, la preparazione, l'offerta, la commercializzazione, la distribuzione, la vendita, la consegna a qualsiasi condizione, la mediazione, la spedizione, la spedizione in transito, il trasporto, l'importazione o l'esportazione di stupefacenti; b) la coltura del papavero da oppio, della pianta di coca o della pianta della cannabis; c) la detenzione o l'acquisto di stupefacenti allo scopo di porre in essere una delle attività di cui alla lettera a); d) la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione di precursori, quando la persona che compie tali atti sia a conoscenza del fatto che essi saranno utilizzati per la produzione o la fabbricazione illecite di stupefacenti. 2. Sono escluse dal campo di applicazione della presente decisione quadro le condotte descritte al paragrafo 1, se tenute dai loro autori soltanto ai fini del loro consumo personale quale definito dalle rispettive legislazioni nazionali. Articolo 3 Istigazione, complicità e tentativo 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché siano qualificati come reato l'istigazione, la complicità o il tentativo di commettere uno dei reati di cui all'articolo 2. 2. Uno Stato membro può prevedere che esulino dalla responsabilità penale il tentativo di offerta o di preparazione di stupefacenti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), nonché il tentativo di detenzione di stupefacenti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera c). Articolo 4 Sanzioni 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui agli articoli 2 e 3 siano soggetti a pene detentive effettive, proporzionate e dissuasive. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui all'articolo 2 siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni. 2. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno 5 e 10 anni in presenza di ciascuna delle seguenti circostanze: a) il reato implica grandi quantitativi di stupefacenti; b) il reato o implica la fornitura degli stupefacenti più dannosi per la salute, oppure ha determinato gravi danni alla salute di più persone. 3. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui al paragrafo 2 siano soggetti a pene detentive della durata massima di almeno dieci anni, qualora il reato sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale ai sensi dell'azione comune 98/733/GAI del 21 dicembre 1998, relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea (5). 4. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera d), siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno 5 e 10 anni, qualora il reato sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale ai sensi dell'azione comune 98/733/GAI e i precursori siano destinati ad essere utilizzati nella produzione o per la produzione di stupefacenti alle condizioni di cui al paragrafo 2, lettere a) o b). 5. Fatti salvi i diritti delle vittime o di altri terzi in buona fede, ciascuno Stato membro prende i provvedimenti necessari per consentire la confisca di sostanze oggetto di reati di cui agli articoli 2 e 3, di strumenti utilizzati o destinati a essere utilizzati per la commissione di tali reati e dei proventi derivanti da tali reati o la confisca di beni il cui valore corrisponde a quello di detti proventi, sostanze o strumenti. I termini «confisca», «strumenti», «proventi» e «beni» hanno lo stesso significato attribuito loro all'articolo 1 della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato. Articolo 5 Circostanze particolari In deroga all'articolo 4, ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie affinché le pene di cui all'articolo 4 possano essere ridotte nel caso in cui l'autore del reato: a) rinunci all'attività criminosa nell'ambito del traffico di stupefacenti e di precursori, e b) fornisca alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere con altri mezzi e che sono loro utili per: i) prevenire o attenuare gli effetti del reato, ii) individuare o consegnare alla giustizia i complici nel reato, iii) acquisire elementi di prova, o iv) prevenire la commissione di altri reati di cui agli articoli 2 e 3. Articolo 6 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le persone giuridiche possano essere considerate responsabili di uno dei reati di cui agli articoli 2 e 3, allorché siano commessi, per loro conto, individualmente o in qualità di componenti di un loro organo, da soggetti che vi esercitino un ruolo direttivo e che abbiano il potere di: a) rappresentare le persone giuridiche o b) prendere decisioni a nome delle persone giuridiche o c) esercitare controlli in seno alle persone giuridiche. 2. Fatti salvi i casi di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro provvede affinché le persone giuridiche possano essere considerate responsabili nei casi in cui il mancato esercizio di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione di uno dei reati di cui agli articoli 2 e 3, a favore della suddetta persona giuridica, ad opera di una persona soggetta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche prevista dai paragrafi 1 e 2 non esclude l'esercizio dell'azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autrici, istigatrici o complici di uno dei reati di cui agli articoli 2 e 3. Articolo 7 Sanzioni applicabili alle persone giuridiche 1. Gli Stati membri provvedono affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, sia punibile con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive che comprendono sanzioni pecuniarie penali e non penali e, eventualmente, altre sanzioni quali: a) l’esclusione dal godimento di un beneficio fiscale o non fiscale ovvero di sussidi pubblici; b) l’interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un'attività commerciale; c) l'assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; d) provvedimenti giudiziari di scioglimento; e) la chiusura temporanea o permanente delle sedi usate per commettere il reato; f) ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 5, la confisca di sostanze oggetto di reati di cui agli articoli 2 e 3, di strumenti utilizzati o destinati a essere utilizzati per la commissione di tali reati e dei proventi derivanti da tali reati o la confisca di beni il cui valore corrisponde a quello di detti proventi, sostanze o strumenti. 2. Ciascuno Stato membro provvede affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, sia punibile con sanzioni o misure effettive, proporzionate e dissuasive. Articolo 8 Giurisdizione ed esercizio dell'azione penale 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 2 e 3 laddove: a) il reato sia commesso anche solo parzialmente sul suo territorio; b) l'autore del reato sia un suo cittadino; oppure c) il reato sia commesso a beneficio di una persona giuridica che ha la sua sede nel territorio di tale Stato membro. 2. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in situazioni o circostanze specifiche le regole di giurisdizione di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), purché il reato sia commesso al di fuori del suo territorio. 3. Lo Stato membro che, secondo il suo ordinamento giuridico, non autorizza l'estradizione dei propri cittadini adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 2 e 3 ed eventualmente a perseguirli, qualora siano commessi da suoi cittadini al di fuori del suo territorio. 4. Gli Stati membri che decidessero di avvalersi della facoltà di cui al paragrafo 2 ne informano il Segretariato generale del Consiglio e la Commissione, indicando, in tal caso, le situazioni e le circostanze specifiche alle quali si applica tale decisione. Articolo 9 Attuazione e relazioni 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 12 maggio 2006. 2. Gli Stati membri trasmettono al Segretariato generale del Consiglio e alla Commissione, entro il termine di cui al paragrafo 1, il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi loro imposti dalla presente decisione quadro. La Commissione, entro il 12 maggio 2009, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della decisione quadro, compresi i suoi effetti sulla cooperazione giudiziaria in materia di traffico illecito di stupefacenti. A seguito di tale relazione, il Consiglio valuta entro 6 mesi dopo la presentazione di tale relazione se gli Stati membri hanno adottato le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro. Articolo 10 Applicazione territoriale La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. Articolo 11 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Lussemburgo, addì 25 ottobre 2004. Per il Consiglio Il presidente R. VERDONK (1) GU C 304 E del 30.10.2001, pag. 172. (2) Parere reso il 9 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella GU). (3) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1. (4) GU L 167 del 25.6.1997, pag. 1. (5) GU L 351 del 29.12.1998, pag. 1.
Reati e sanzioni applicabili — traffico di stupefacenti QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Il suo scopo è di combattere il traffico di sostanze stupefacenti in modo da limitarne la reperibilità e il consumo (definiti nei «Punti chiave» a seguire). Stabilisce le regole da rispettare e le sanzioni minime applicabili nei Paesi dell’UE. Offre una lista degli atti perseguibili relativi al traffico di stupefacenti e obbliga i Paesi dell’UE a prendere provvedimenti contro coloro che sono coinvolti in tali attività. La Decisione Quadro è stata modificata dalla Direttiva (UE) 2017/2103 al fine di ridurre la disponibilità di nuove sostanze psicoattive* introducendo gli strumenti per intraprendere azioni più efficaci a livello dell’UE. L’emendamento diventa pienamente efficace a partire dal 23 novembre 2018. PUNTI CHIAVE Reati La decisione quadro impone a ciascun Paese dell’UE di adottare le misure necessarie per sanzionare tutti gli atti intenzionali relativi al traffico di stupefacenti e dei cosiddetti precursori di droghe*. Ai sensi della Decisione si dice stupefacente qualsiasi «sostanza» elencata nella Convenzione Unica sugli stupefacenti delle Nazioni Unite del 1961, come modificata dal Protocollo del 1972, o dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971. Una volta che la modifica della Decisione Quadro diventa effettiva nel novembre 2018, la definizione includerà anche tutte le sostanze elencate nell’allegato alla Decisione modificata. Gli atti legati al traffico di droga comprendono produzione, fabbricazione, estrazione, vendita, trasporto, importazione ed esportazione. Vengono presi in considerazione anche il possesso e l’acquisto in vista di attività legate al traffico di stupefacenti, così come la produzione, il trasporto e la distribuzione di precursori. L’incitamento al traffico di stupefacenti, l’assistenza e il favoreggiamento di tale attività e tentativi di traffico illecito sono considerati reati. Tuttavia, la presente decisione quadro non riguarda le attività relative al traffico di sostanze stupefacenti per consumo personale. Inclusione di nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanze stupefacenti» (applicabile a partire dal 23 novembre 2018) La Direttiva (UE) 2017/2103 introduce una procedura per l’inclusione di nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanza stupefacente». Alla Commissione europea è conferito il potere di adottare atti delegati per aggiungere nuove sostanze psicoattive all’elenco contenuto nell’allegato. Ciò sostituirà l’attuale procedura di elencazione di nuove sostanze psicoattive tramite la decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio ai sensi della decisione 2005/387/GAI del Consiglio. Nel valutare se aggiungere una nuova sostanza all’elenco, la Commissione deve determinare se:portata o modelli di impiego della sostanza oltre che la sua reperibilità e il suo potenziale di smercio all’interno dell’UE sono significativi; e il danno alla salute portato dal suo consumo è letale a causa dellasua tossicità acuta o cronica edel suo potenziale rischio di abuso o di assuefazione. Inoltre, la Commissione deve valutare se il danno sociale causato dalla nuova sostanza psicoattiva agli individui e alla società è grave e se le attività criminali, inclusa la criminalità organizzata, associate alla nuova sostanza psicoattiva sono sistematiche, comportano significativi profitti illeciti o potrebbero richiedere sforzi notevoli di natura economica. Per sostenere il processo decisionale della Commissione, l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT) si fa carico di preparare una relazione di valutazione del rischio che affronterà tutti questi elementi. Parallelamente all’adozione della direttiva (UE) 2017/2103, l’UE ha adottato il regolamento (UE) 2017/2101 che modifica il regolamento (CE) nr. 1920/2006 sulla condivisione delle informazioni e un sistema di allarme rapido e procedure di valutazione dei rischi per le nuove sostanze psicoattive. Il Regolamento diventerà pienamente efficace il 23 novembre 2018. Responsabilità delle persone giuridiche I Paesi dell’UE devono adottare misure per garantire che le persone giuridiche (ad esempio, le imprese) possano essere considerate responsabili dei reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti e di precursori, nonché a favoreggiamento, incitamento, e istigazione, oltre che tentativi fatti in tal riguardo. Il concetto di persone giuridiche qui applicato non include Paesi ed enti pubblici nell’esercizio dei loro poteri o organizzazioni pubbliche internazionali. Un’organizzazione è responsabile se il reato è commesso da un individuo che ricopre un incarico esecutivo all’interno di tale organizzazione. È inoltre ritenuta responsabile per eventuali carenze nella supervisione o nel controllo. Tuttavia, la responsabilità delle persone giuridiche non esclude eventuali procedimenti penali contro individui (persone fisiche). Sanzioni I Paesi dell’UE devono farsi carico di adottare le misure necessarie per garantire che i reati siano soggetti a sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Se un reato è commesso anche solo parzialmente nel territorio di un Paese dell’Unione europea, tal Paese deve adottare misure, a condizione che l’autore del reato sia un suo cittadino o che il reato sia commesso per conto di una persona giuridica che ha sede nel proprio territorio. Le sanzioni massime per i reati di traffico di sostanze stupefacenti devono includere come minimo tra 1 e 3 anni di reclusione. Tuttavia, le pene massime devono essere aumentate ad almeno 5-10 anni di reclusione nei casi in cui il reato:riguarda grandi quantitativi di sostanze stupefacenti; implica la fornitura degli stupefacenti più dannosi per la salute; è commesso all’interno di un’organizzazione criminale. I Paesi dell’UE devono inoltre adottare le misure necessarie per confiscare sostanze che sono oggetto di reati. Tuttavia, le sanzioni possono essere ridotte se l’autore del reato rinuncia alle sue attività illegali e fornisce informazioni alle autorità amministrative o legali che aiuteranno a identificare altri criminali. Le sanzioni per le persone giuridiche devono includere ammende per reati penali e non. Possono anche essere imposte altre sanzioni, incluso il collocamento dello stabilimento sotto controllo giudiziario o la sua chiusura temporanea o definitiva. DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è stata applicata da venerdì, 12 novembre 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:La risposta dell’UE alle sostanze stupefacenti (Commissione europea). PAROLE CHIAVE Nuova sostanza psicoattiva: una sostanza allo stato puro o in forma di preparato non contemplata dalla Convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961, modificata dal Protocollo del 1972, o dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1971 sulle sostanze psicotrope, che può presentare rischi sanitari o sociali simili a quelli posti dalle sostanze coperte da tali convenzioni. Precursore: qualsiasi sostanza elencata nella legislazione dell’UE che dà esecuzione agli obblighi derivanti dall’articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 20 dicembre 1988. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, recante disposizioni minime sugli elementi costitutivi degli atti penali e delle sanzioni nel settore del traffico illecito di stupefacenti (GU L 335 dell’ 11.11.2004, pagg. 8-11) Le modifiche successive alla Decisione Quadro 2004/757/GAI sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio, del 15 novembre 2017, relativa a misure di controllo sul N-fenil-N-[1-(2-feniletile) piperidin-4-il]furan-2-carbossammide (furanilfentanil) (GU L 306, 22.11.2017, pagg. 19-20) Direttiva (UE) 2017/2103 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica la Decisione Quadro 2004/757/GAI del Consiglio al fine di includere nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanza stupefacente» e che abroga la Decisione 2005/387/GAI del Consiglio (GU L 305, 21.11.2017, pagg. 12-18) Regolamento (EU) 2017/2101 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica il regolamento (CE) nr. 1920/2006 per quanto riguarda lo scambio di informazioni e un sistema di allarme rapido e una procedura di valutazione dei rischi per le nuove sostanze psicoattive (GU L 305, 21.11.2017, pagg. 1-7) Regolamento (CE) n. 1920/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo all’istituzione di un Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (rifusione) (GU L 376, 27.12.2006, pagg. 1-13)
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Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori Gazzetta ufficiale n. L 327 del 16/12/2003 pag. 0034 - 0038 Raccomandazione del Consigliodel 2 dicembre 2003sullo screening dei tumori(2003/878/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo,considerando quanto segue:(1) L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità completi le politiche nazionali e si indirizzi al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e delle affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria. L'azione della Comunità nel settore della sanità pubblica rispetta pienamente le responsabilità degli Stati membri per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica.(2) Lo sviluppo ulteriore dei programmi di screening dei tumori dovrebbe essere attuato in conformità della legge nazionale e delle responsabilità nazionali e regionali per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica.(3) Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l'Europa, compresi i futuri Stati membri. Si ritiene che nel 1998 nell'Unione europea si siano verificati 1580096 nuovi casi di tumore, esclusi i tumori della pelle non connessi al melanoma. L'1,4 % di questi tumori erano tumori del collo dell'utero, il 13 % tumori al seno, il 14 % tumori colorettali e il 9 % tumori della prostata. I tumori del collo dell'utero e del seno rappresentavano rispettivamente il 3 % e il 29 % dei nuovi casi di tumore nelle donne e il tumore alla prostata costituiva il 17 % dei nuovi casi di tumore negli uomini.(4) I principi dello screening quale strumento di prevenzione di malattie croniche non trasmissibili sono stati pubblicati nel 1968 dall'Organizzazione mondiale della sanità e nel 1994 dal Consiglio d'Europa. I due documenti, assieme alle migliori prassi in ciascuno dei settori di screening dei tumori, formano la base della presente raccomandazione.(5) La presente raccomandazione si basa inoltre sulle "raccomandazioni sullo screening dei tumori" del comitato consultivo per la prevenzione del cancro e sull'esperienza acquisita nelle diverse azioni sostenute nel contesto del programma "L'Europa contro il cancro" nell'ambito del quale la collaborazione europea sostenendo programmi di screening dei tumori di alta qualità ha consentito per esempio l'elaborazione di efficaci orientamenti europei in materia di buone prassi e la protezione della popolazione da screening di cattiva qualità.(6) Tra i fattori importanti da valutare prima di decidere l'attuazione dei programmi a livello dell'intera popolazione vanno considerati tra l'altro la frequenza e l'intervallo dell'applicazione del test di screening nonché altre specificità epidemiologiche nazionali o regionali.(7) Lo screening permette di individuare i tumori in una fase precoce o eventualmente addirittura prima che diventino invasivi. In tal modo è possibile trattare alcune lesioni in modo più efficace e offrire ai pazienti una maggiore speranza di vita. L'indicatore principale dell'efficacia dello screening è una riduzione della mortalità dovuta ai tumori. Dato che nel caso dei tumori del collo dell'utero sono stati scoperti precursori, una riduzione nell'incidenza di tali tumori può essere considerata un indicatore molto utile.(8) Esistono dati che dimostrano l'efficacia dello screening del tumore al seno e del tumore colorettale derivanti da prove randomizzate, mentre per lo screening del tumore del collo dell'utero l'efficacia è provata da studi di osservazione.(9) Lo screening consiste comunque nel sottoporre ad esami persone allo scopo di individuare patologie che non comportano alcuna sintomatologia. A parte gli effetti benefici per quanto concerne la mortalità, lo screening può avere anche effetti secondari negativi per la popolazione interessata. Gli operatori sanitari dovrebbero essere consapevoli di tutti i benefici e i rischi potenziali dello screening relativo a un determinato tipo di tumore prima di iniziare un nuovo programma di screening. Inoltre, al pubblico informato di oggi sarebbe opportuno presentare questi vantaggi e questi rischi in modo da consentire al singolo cittadino di decidere autonomamente se partecipare al programma di screening.(10) È opportuno prendere in considerazione gli aspetti etici, giuridici, sociali, medici, organizzativi ed economici prima di poter prendere decisioni relative all'attuazione dello screening dei tumori.(11) Prima di prendere decisioni sull'attuazione di programmi di screening dei tumori occorre esaminare gli aspetti etici, giuridici, sociali, medici, organizzativi ed economici.(12) I vantaggi per la sanità pubblica e un buon rapporto costi-benefici di un programma di screening sono possibili se il programma è applicato in modo sistematico, con una copertura di tutta la popolazione interessata e conformemente agli orientamenti in materia di buone prassi.(13) Il rapporto costi-benefici dello screening dei tumori dipende da vari fattori quali l'epidemiologia nonché il modo in cui l'assistenza sanitaria è organizzata e fornita.(14) Per un'attuazione sistematica è necessaria un'organizzazione dotata di un sistema di chiamata e di conferma, con garanzie di qualità a tutti i livelli, e un servizio efficace ed appropriato di diagnosi, di terapia e di assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici.(15) Per gestire programmi di screening organizzati occorrono sistemi di centralizzazione dei dati, che comportino la disponibilità di un elenco di tutti i destinatari del programma, nonché di dati su tutti i test di screening, la relativa valutazione e la diagnosi finale.(16) Tutte le procedure relative a raccolta, archiviazione, trasmissione ed analisi dei dati dei registri medici interessati devono essere pienamente conformi al livello di protezione previsto dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(1), nonché nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni degli Stati membri in materia di gestione e trattamento dei dati sulla salute, conformemente all'articolo 8 della direttiva.(17) Uno screening di qualità comporta l'analisi della metodologia e dei risultati dello screening, nonché la rapida comunicazione dei risultati alla popolazione e ai responsabili dello screening.(18) L'analisi è agevolata se la base di dati dello screening può essere collegata ai dati del registro dei tumori e alle basi di dati sulla mortalità.(19) Un'adeguata formazione del personale costituisce un'indispensabile premessa per uno screening di qualità.(20) Sono stati fissati specifici indicatori dei risultati relativi ai test di screening dei tumori. Tali indicatori dovrebbero essere regolarmente controllati.(21) Al fine di assicurare un'organizzazione e un controllo della qualità adeguati in tutti gli Stati membri devono essere disponibili le necessarie risorse umane e finanziarie.(22) Occorrerebbe prendere misure per garantire una parità d'accesso allo screening tenendo in debito conto l'eventuale necessità di mirare determinati gruppi socioeconomici.(23) Dal punto di vista etico, giuridico e sociale è indispensabile che lo screening dei tumori sia proposto a persone che non presentano sintomi, debitamente informate, solo se è stato dimostrato che lo screening riduce la mortalità specifica connessa alla malattia, se i vantaggi e i rischi sono ben noti e se il rapporto costi-benefici dello screening è accettabile.(24) I metodi di screening che attualmente rispettano queste condizioni rigorose sono elencati nell'allegato.(25) Non vi è alcun fondamento scientifico per proporre a persone che non presentano sintomi, nel contesto di un programma destinato alla popolazione, test di screening diversi da quelli elencati nell'allegato prima che prove randomizzate e controllate abbiano dimostrato una riduzione della mortalità dovuta in particolare ai tumori.(26) I test di screening elencati nell'allegato possono essere proposti unicamente nel contesto di un programma di screening organizzato destinato alla popolazione, con garanzie di qualità a tutti i livelli e disponibilità di informazioni attendibili circa i vantaggi e i rischi, di risorse adeguate per lo screening, di un controllo basato su procedure diagnostiche complementari e, se necessario, del trattamento dei pazienti con un test di screening positivo.(27) L'introduzione dei test di screening raccomandati nell'allegato, che si sono dimostrati efficaci, andrebbe presa seriamente in considerazione, fondando ogni decisione sulla disponibilità delle competenze professionali e sulla definizione di priorità relative alle risorse nell'ambito delle cure sanitarie in ciascun Stato membro.(28) Una volta ottenute le prove dell'efficacia di un nuovo test di screening, è possibile procedere a una valutazione di test modificati utilizzando altri parametri sostitutivi epidemiologicamente convalidati, a condizione che il valore predittivo di tali parametri sia sufficientemente provato.(29) Le metodologie in materia di screening sono in continua evoluzione. L'applicazione di metodologie di screening raccomandate dovrebbe pertanto essere accompagnata da simultanee valutazioni della qualità, dell'applicabilità e del rapporto costi-benefici di nuovi metodi, ove ciò sia giustificato dai dati epidemiologici disponibili. Infatti i lavori in corso possono portare a nuovi metodi che infine potrebbero sostituire o integrare i test elencati nell'allegato o essere applicati ad altri tipi di tumori,RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI:1) Attuazione dei programmi di screening dei tumoria) proporre uno screening dei tumori a tutti gli appropriati livelli della popolazione fondato su dati comprovati e mediante un approccio sistematico, con garanzie di qualità a tutti i livelli; i test da prendere in considerazione in questo contesto sono elencati nell'allegato;b) attuare programmi di screening in conformità degli orientamenti sulle migliori prassi, ove esistano e facilitare l'ulteriore sviluppo delle migliori prassi per programmi di alta qualità di screening dei tumori a livello nazionale e, se del caso, a livello regionale;c) garantire che le persone che partecipano a un programma di screening siano adeguatamente informate sui vantaggi e sui rischi;d) assicurare ai pazienti risultati positivi al test di screening adeguate procedure diagnostiche complementari, terapia, sostegno psicologico e assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici;e) rendere disponibili le risorse umane e finanziarie, al fine di garantire un'organizzazione e un controllo della qualità appropriati;f) valutare e prendere decisioni relative all'attuazione di un programma di screening dei tumori a livello nazionale o regionale, in funzione dell'onere della patologia e delle risorse per le cure sanitarie, degli effetti collaterali, del rapporto costi-benefici dello screening dei tumori e dell'esperienza tratta dalle prove scientifiche e dai progetti pilota;g) istituire un sistema di chiamata e di conferma sistematico e di garantire la qualità a tutti i livelli adeguati, assieme a un servizio efficace ed appropriato di diagnosi, di terapia e di assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici;h) garantire che sia prestata la dovuta attenzione alla legislazione in materia di protezione dei dati, in particolare quando si applica ai dati personali sulla salute, prima di attuare programmi di screening dei tumori.2) Registrazione e gestione dei dati di screeninga) mettere a disposizione sistemi di dati centralizzati, necessari per gestire programmi di screening organizzati;b) assicurare, con adeguati mezzi, che tutte le persone contemplate dal programma di screening vengano invitate a prendervi parte mediante un sistema di chiamata e di conferma;c) raccogliere, gestire e valutare i dati su tutti i test di screening, la relativa valutazione e la diagnosi finale;d) raccogliere, gestire e valutare i dati in modo pienamente conforme alla pertinente legislazione in materia di protezione dei dati personali.3) Controlloa) controllare regolarmente la metodologia e i risultati degli screening organizzati e comunicare rapidamente i risultati al pubblico e al personale responsabile dello screening;b) rispettare le norme definite dalla rete europea di registri sul cancro nella realizzazione e nella gestione di basi di dati dello screening in modo pienamente conforme alla pertinente legislazione in materia di protezione dei dati personali;c) controllare i programmi di screening ad intervalli adeguati.4) Formazioneorganizzare una formazione adeguata del personale a tutti i livelli per garantire uno screening di alta qualità.5) Partecipazionea) cercare un elevato livello di partecipazione, basata su un consenso pienamente informato, quando vengono proposti screening organizzati;b) prendere misure per garantire la parità di accesso allo screening tenendo in debito conto dell'eventuale necessità di mirare determinati gruppi socioeconomici.6) Introduzione di nuovi test di screening tenendo conto dei risultati della ricerca internazionalea) integrare i nuovi test di screening dei tumori nelle cure sanitarie di routine solo previa valutazione mediante prove randomizzate e controllate;b) effettuare, oltre a quelli sui parametri specifici di screening e sulla mortalità, test sulle terapie successive, sui risultati clinici, sugli effetti secondari, sulla morbosità e sulla qualità della vita;c) valutare il livello dell'efficacia per quanto riguarda gli effetti dei nuovi metodi mediante raccolta e raffronto dei risultati delle prove sulla base di presupposti rappresentativi;d) prendere in considerazione l'introduzione nelle cure sanitarie di routine di nuovi e potenzialmente promettenti test di screening, attualmente in corso di valutazione con prove randomizzate, una volta che l'efficacia sia stata dimostrata e si sia tenuto conto di altri aspetti pertinenti quali il rapporto costi-benefici nei vari sistemi di cure sanitarie;e) prendere in considerazione l'introduzione nelle cure sanitarie di routine di nuove e potenzialmente promettenti modifiche dei test di screening esistenti, una volta che l'efficacia della modifica sia stata dimostrata, possibilmente utilizzando altri parametri sostitutivi epidemiologicamente convalidati.7) Attuazione e seguito della relazioneriferire alla Commissione sull'attuazione della presente raccomandazione entro tre anni dall'adozione e successivamente in risposta ad una richiesta della Commissione per contribuire al seguito dato alla raccomandazione a livello comunitario,INVITA LA COMMISSIONE A:1) Presentare, entro la fine del quarto anno successivo all'adozione della presente raccomandazione, relazioni concernenti l'attuazione dei programmi di screening dei tumori sulle base delle informazioni fornite dagli Stati membri, analizzare l'efficacia delle misure adottate e valutare la necessità di ulteriori azioni.2) Incoraggiare la cooperazione tra Stati membri nella ricerca e nello scambio delle migliori prassi in materia di screening dei tumori al fine di elaborare e valutare nuovi metodi di screening o migliorare quelli esistenti.3) Sostenere la ricerca europea sullo screening dei tumori, compreso lo sviluppo di nuovi orientamenti e l'aggiornamento di quelli esistenti al riguardo.Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteR. Maroni(1) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.ALLEGATOTEST DI SCREENING CHE SODDISFANO I REQUISITI DELLA RACCOMANDAZIONE(1):- striscio vaginale (Pap test) per individuare precursori dei tumori del collo dell'utero, con inizio non prima dei 20 anni e non dopo i 30 anni,- mammografia per individuare tumori del seno nelle donne di età compresa fra i 50 e i 69 anni conformemente agli orientamenti europei per una garanzia di qualità delle mammografie,- screening per l'individuazione del sangue occulto nelle feci per i tumori colorettali negli uomini e nelle donne di età compresa fra i 50 e i 74 anni.(1) Le fasce di età indicate sono da considerarsi fasce massime; in funzione dei dati epidemiologici e delle relative priorità a livello nazionale, può essere opportuno stabilire fasce di età più ridotte.
Promuovere lo screening dei tumori nell’Unione europea Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l’Europa. L’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica sono responsabilità nazionali, ma l’Unione europea (UE) può integrare le politiche in uso, contribuendo a migliorare la sanità pubblica e a combattere questa patologia. ATTO Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori (Gazzetta ufficiale L 327 del 16 dicembre 2003, pag. 34-38). SINTESI Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l’Europa. L’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica sono responsabilità nazionali, ma l’Unione europea (UE) può integrare le politiche in uso, contribuendo a migliorare la sanità pubblica e a combattere questa patologia. CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE? Lo screening consente di individuare i tumori in una fase precoce, aumentando le probabilità di successo del trattamento. La raccomandazione spinge i paesi dell’UE ad attuare programmi di screening dei tumori. Contempla fattori quali la registrazione e la gestione dei dati di screening, il monitoraggio del processo e la formazione del personale. La Commissione europea presenta relazioni riguardanti l’attuazione di tali programmi, incoraggia le autorità nazionali a cooperare nel campo della ricerca e in quello dell’adozione di migliori prassi, oltre a contribuire allo sviluppo di linee guida sullo screening dei tumori. PUNTI CHIAVE Due relazioni della Commissione sull’attuazione della raccomandazione del 2003 confermano i grandi progressi compiuti in tal senso. Tutti e 28 i paesi dell’UE tranne quattro avevano attuato un piano nazionale di controllo dei tumori prima del 2013. Nel 2014 la Commissione ha riunito un gruppo di esperti di controllo dei tumori affinché fornisse assistenza e consulenza in questo settore. Sempre nel 2014 è stata lanciata un’iniziativa volta a redigere una guida europea sul miglioramento della qualità nel controllo dei tumori. Una quarta versione del Codice europeo contro il cancro è attualmente in corso di stesura. Esistono delle linee guida europee riguardanti il cancro della mammella (2013), della cervice uterina (2007, aggiornata nel 2014) e del colon-retto (2010). Stando alle proiezioni attuali, tra il 2010 e il 2020 verranno eseguiti oltre 500 milioni di screening per questi tre tipi di cancro. La Commissione sta sviluppando un programma per l’assicurazione della qualità nei servizi legati al tumore al seno. Tra il 2007 e il 2014 l’UE ha investito oltre 1,4 miliardi di euro nella ricerca sul cancro. Nel 2012 il Centro comune di ricerca della Commissione è stato incaricato di coordinare il sistema informativo europeo sul cancro. CONTESTO Il numero stimato di decessi per patologie tumorali nell’UE nell’anno 2012 è di 1,263 milioni. Il più comune è risultato essere il cancro ai polmoni, seguito da quello del colon-retto, della mammella e dello stomaco. Nello stesso anno sono stati diagnosticati più di 2,6 milioni di casi di tumore, esclusi i tumori della pelle non connessi al melanoma. Per maggiori informazioni, consultare il sito web della direzione generale della Salute e della sicurezza alimentare della Commissione europea sulle patologie gravi e croniche. ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Attuazione della comunicazione della Commissione, del 24 giugno 2009, « Lotta contro il cancro: un partenariato europeo» [COM(2009) 291 def] e seconda relazione sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori (2003/878/CE), COM(2014) 584 final del 23 settembre 2014. Decisione della Commissione, del 3 giugno 2014, che istituisce un gruppo di esperti della Commissione sulla lotta contro il cancro e abroga la decisione 96/469/CE (2014/C 167/05) ((GU C 167 del 4 giugno 2014, pag. 4-8).
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32009L0020
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DIRETTIVA 2009/20/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) Uno degli elementi della politica comunitaria dei trasporti marittimi consiste nell’innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile responsabilizzando maggiormente tutti gli operatori economici. (2) Misure dissuasive sono già state adottate con la direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni (4). (3) Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano unanimemente l’importanza dell’applicazione del protocollo del 1996 della convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi da parte di tutti gli Stati membri. (4) L’obbligo dell’assicurazione dovrebbe assicurare una migliore protezione delle vittime. Dovrebbe inoltre contribuire ad eliminare le navi non conformi alle norme e permettere di ripristinare la concorrenza tra gli operatori. Inoltre, nella risoluzione A.898(21) l’Organizzazione marittima internazionale ha invitato gli Stati ad esortare gli armatori ad essere adeguatamente assicurati. (5) L’inosservanza delle disposizioni della presente direttiva dovrebbe essere corretta. La direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sul controllo da parte dello Stato di approdo (rifusione) (5), prevede già il fermo delle navi in caso di mancanza dei certificati che devono essere presenti a bordo. È tuttavia opportuno contemplare la possibilità di espellere una nave che non detenga un certificato di assicurazione. Le modalità dell’espulsione dovrebbero consentire di porre rimedio alla situazione entro un termine ragionevole. (6) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, cioè l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica del trasporto marittimo, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva disciplina taluni aspetti degli obblighi cui sono soggetti gli armatori riguardo all’assicurazione per i crediti marittimi. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate. 2. La presente direttiva non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato impiegate per servizi pubblici a fini non commerciali. 3. La presente direttiva fa salve le discipline fissate dagli strumenti in vigore nello Stato membro interessato ed elencate in allegato. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «armatore» il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave; b) «assicurazione» l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe; c) «convenzione del 1996» il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996. Articolo 4 Assicurazione per i crediti marittimi 1. Ciascuno Stato membro prescrive che gli armatori delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi. 2. Ciascuno Stato membro prescrive agli armatori delle navi battenti bandiera di un altro paese di essere coperti da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla giurisdizione dello Stato membro in questione. Ciò non osta a che gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, impongano il rispetto di tale obbligo quando dette navi si trovano nelle loro acque territoriali. 3. L’assicurazione di cui ai paragrafi 1 e 2 copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996. L’importo dell’assicurazione per ciascuna nave per evento è pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità conformemente a quanto stabilito nella convenzione del 1996. Articolo 5 Ispezioni, conformità, espulsione dai porti e rifiuto di accesso ai porti 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché ogni ispezione di una nave in un porto soggetto alla sua giurisdizione in conformità della direttiva 2009/16/CE includa la verifica della presenza a bordo del certificato di cui all’articolo 6. 2. Se il certificato di cui all’articolo 6 non è a bordo e fatta salva la direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, l’autorità competente può emanare nei confronti della nave un ordine di espulsione, il quale è notificato alla Commissione, agli altri Stati membri e allo Stato di bandiera interessato. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine di espulsione, ciascuno Stato membro rifiuta l’accesso di detta nave ai suoi porti fino alla notificazione del certificato di cui all’articolo 6 da parte dell’armatore. Articolo 6 Certificati di assicurazione 1. L’esistenza dell’assicurazione di cui all’articolo 4 è comprovata da uno o più certificati rilasciati dal suo fornitore e presenti a bordo della nave. 2. I certificati rilasciati dal fornitore dell’assicurazione recano le informazioni seguenti: a) nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione; b) nome e luogo della sede principale dell’armatore; c) tipo e durata dell’assicurazione; d) nome e sede principale del fornitore dell’assicurazione e, se del caso, sede presso la quale l’assicurazione è stata stipulata. 3. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo include una traduzione in una di queste lingue. Articolo 7 Sanzioni Ai fini dell’articolo 4, paragrafo 1, gli Stati membri stabiliscono il sistema di sanzioni applicabile in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 8 Relazioni Ogni tre anni, e per la prima volta anteriormente al 1o gennaio 2015, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Articolo 9 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 10 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 11 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195. (2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38. (3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 166), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 7) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 11. (5) Cfr. pagina 57 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO — Convenzione internazionale del 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi — Convenzione internazionale del 1996 sulla responsabilità e l’indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose (convenzione HNS) — Convenzione internazionale del 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall’inquinamento determinato dal carburante delle navi (convenzione «Bunker Oil») — Convenzione internazionale di Nairobi del 2007 sulla rimozione dei relitti (convenzione «rimozione dei relitti») — Regolamento (CE) n. 392/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente
Assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi La presente direttiva stabilisce un quadro giuridico in materia di assicurazione degli armatori per i crediti marittimi al fine di responsabilizzare maggiormente gli operatori economici e innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile. ATTO Direttiva 2009/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi. SINTESI La presente direttiva crea un quadro giuridico armonizzato in materia di assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi. Ambito di applicazione La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate. Non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato per servizi pubblici a fini non commerciali. Obblighi degli armatori Ciascuno Stato membro deve prescrivere che: gli armatori * delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi; le navi battenti bandiera di un altro paese siano coperte da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla loro giurisdizione. Gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, possono imporre il rispetto di tale obbligo alle navi che transitano nelle loro acque territoriali. L’assicurazione * copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996 * e deve consentire una copertura pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità previsto da questa convenzione. Accesso ai porti Ciascuno Stato membro deve assicurarsi che le navi in un porto soggetto alla sua giurisdizione abbiano a bordo un certificato di assicurazione. Fatte salve le disposizioni della direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, la presente direttiva permette all’autorità competente di emanare un ordine di espulsione della nave. Tale ordine è notificato alla Commissione e agli altri Stati membri. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine, alla nave sarà negato l’accesso in tutti i porti dell’Unione europea (UE) fino alla notificazione del certificato da parte dell’armatore. Certificati di assicurazione Il o i certificati di assicurazione devono recare le informazioni seguenti: nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione; nome e luogo della sede principale dell’armatore; tipo e durata dell’assicurazione; sede principale del fornitore dell’assicuratore. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo deve essere tradotto almeno in una di queste lingue. Sanzioni Gli Stati membri devono stabilire un sistema di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva. Contesto La presente direttiva si inserisce nell’ambito della volontà dell’Unione europea e dell’OMI (EN) di responsabilizzare gli operatori economici e migliorare in tal modo la qualità del trasporto marittimo mercantile. Termini chiave dell’atto «armatore», il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave; «assicurazione», l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe; «convenzione del 1996», il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/20/CE 29.5.2009 1.1.2012 GU L 131 del 28.5.2009
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21994A0722(04)
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Accordo, di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l'Australia - Dichiarazione del Consiglio e della Commissione Gazzetta ufficiale n. L 188 del 22/07/1994 pag. 0018 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 32 pag. 0102 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 32 pag. 0102 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l'Australia L'AUSTRALIA e la COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominate «Parti»,RICONOSCENDO che la Comunità europea, in appresso denominata «Comunità», e l'Australia stanno attuando programmi specifici di ricerca in settori di comune interesse,TENENDO CONTO dell'accordo tra il governo dell'Australia e la Commissione delle Comunità europee in materia di cooperazione scientifica e tecnologica, firmato a Canberra il 12 novembre 1986, il quale prevede la cooperazione nei settori scientifici e tecnologici di interesse reciproco attraverso lo scambio delle informazioni risultanti da ricerche in settori specifici;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica per l'Australia e la Comunità e i reciproci vantaggi ottenibili se le parti faciliteranno ulteriormente la cooperazione reciproca, nonchéDESIDEROSE di creare un contesto favorevole per la collaborazione nel campo della ricerca scientifica e tecnica, onde approfondire ed intensificare la cooperazione in settori di comune interesse e promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione dando impulso allo sviluppo sociale ed economico dell'Australia e della Comunità,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Definizioni1. «Attività di cooperazione»: ogni attività svolta ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta.2. «Informazione»: dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo risultanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che le Parti e/o i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta ritengano debba essere fornita o scambiata in virtù del presente accordo o dell'attività di ricerca svolta nel quadro dell'accordo stesso.3. «Proprietà intellettuale»: nel significato di cui all'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.4. «Ricerca congiunta»: ricerca condotta con i contributi congiunti delle Parti e/o basata su di essi, eventualmente con la collaborazione dei partecipanti di entrambe le Parti.5. «Partecipante»: qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o altro organismo, nonché le Parti stesse, che partecipa ad un progetto di ricerca in virtù del presente accordo.Articolo 2ObiettiviLe Parti si impegnano a promuovere e a favorire, nei termini stabiliti dal presente accordo, la cooperazione tra l'Australia e la Comunità nei settori di comune interesse in cui le Parti appoggiano attività di ricerca e sviluppo al fine di dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori.Articolo 3PrincipiL'attività di cooperazione svolta in virtù del presente accordo è disciplinata dai principi seguenti:a) la reciprocità di vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione;c) nell'ambito delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di proprietà intellettuale, la tutela effettiva e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale, in conformità a quanto disposto nell'allegato del presente accordo, che costituisce parte integrante di quest'ultimo; ed) il perseguimento dei benefici economici e sociali che la Comunità e l'Australia possono trarre dalle attività di cooperazione, tenuto conto dei contributi dati alle suddette attività dai rispettivi partecipanti e dalle Parti.Articolo 4Campo di applicazione1. La cooperazione comprende le attività seguenti:a) la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, istituti di ricerca e altri organismi, comprese le Parti stesse, a progetti di ricerca condotti dall'Australia o dalla Comunità, conformemente alle procedure applicabili a ciascuna delle Parti;b) l'utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca ai fini della cooperazione ai progetti di ricerca;c) le visite e gli scambi di personale scientifico, tecnico ed altro, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;d) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; ee) le altre attività che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, conformemente alle politiche ed ai programmi applicati dalle Parti.2. Ai fini del presente accordo, la cooperazione è circoscritta alle attività che rientrano nei seguenti settori:a) biotecnologia;b) ricerca medica e sanitaria;c) scienza e tecnologia marina;d) ambiente;e) tecnologia dell'informazione;f) tecnologia delle comunicazioni.3. I progetti di ricerca possono essere avviati ai sensi del presente accordo solo dopo che le Parti abbiano approvato un programma di gestione della tecnologia, conforme alle norme contenute nell'appendice del presente accordo e accettato dai partecipanti.Articolo 5Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia1. Le attività di cooperazione ai sensi del presente accordo sono gestite da un comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti di ciascuna delle Parti.2. I compiti del comitato consistono nel:a) promuovere e sottoporre a verifica le attività previste dal presente accordo;b) autorizzare le attività di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera e) del presente accordo in quanto attività di cooperazione da esso disciplinate;c) consigliare le Parti sui mezzi atti ad intensificare la cooperazione secondo le finalità ed i principi enunciati nel presente accordo; ed) redigere una relazione annuale, destinata alle Parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese in virtù del presente accordo.3. Il comitato procura di riunirsi una volta all'anno, alternativamente in Europa e in Australia. Riunioni straordinarie possono essere convocate di comune accordo.4. Le decisioni del comitato vengono adottate per consenso. Ad ogni riunione viene redatto un verbale delle decisioni e dei principali punti discussi. Il suddetto verbale viene approvato dalle persone che le Parti hanno designato per presiedere in comune la riunione ed è disponibile, insieme alla relazione annuale, alla successiva riunione ministeriale tra l'Australia e la Comunità.Articolo 6Divulgazione ed utilizzazione delle informazioniLa divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni, nonché la gestione, l'attribuzione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale, che risultano dalla ricerca congiunta promossa in virtù del presente accordo, sono assoggettati ai principi enunciati nell'allegato del presente accordo.Articolo 7Finanziamento1. Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità dei fondi e al rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, delle politiche e dei programmi dell'Australia e della Comunità.2. Le spese sostenute dai partecipanti nelle attività di cooperazione disciplinate dal presente accordo non devono esigere alcun trasferimento di fondi da una Parte all'altra.3. Le spese sostenute da o per conto del comitato sono finanziate dalla Parte nei confronti della quale i membri sono responsabili. Le spese, diverse da quelle di viaggio e soggiorno, inerenti alle riunioni del comitato, sono finanziate dalla Parte ospite.Articolo 8Circolazione del personale e delle attrezzatureOgni Parte adotta tutte le misure necessarie e si adopera per facilitare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature dell'altra Parte impiegati nelle attività di cooperazione conformemente al presente accordo.Articolo 9Altri accordiIl presente accordo lascia impregiudicata ogni cooperazione intrapresa in virtù di altri accordi o intese tra le Parti.Articolo 10Applicazione territoriale del presente accordoIl presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio dell'Australia.Articolo 11Entrata in vigore e risoluzione1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le Parti si notificano per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie a tal fine.2. Il presente accordo può essere modificato o prorogato dalle Parti in comune accordo. Le modifiche e le proroghe entrano in vigore alla data in cui le Parti si notificano per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie a tal fine.3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle Parti con un preavviso scritto di 12 mesi. La scadenza o la rinuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi stabiliti in conformità dell'allegato del presente accordo.Articolo 12Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.En fe de lo cual, los abajo firmantes suscriben el presente Acuerdo.Til bekræftelse heraf har undertegnede underskrevet denne aftale.Zu Urkund dessen haben die Unterzeichneten dieses Abkommen unterschrieben.Óå ðßóôùóç ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãñÜöïíôåò Ýèåóáí ôçí õðïãñáöÞ ôïõò êÜôù áðü ôçí ðáñïýóá óõìöùíßá.In witness whereof the undersigned have signed this Agreement.En foi de quoi, les soussignés ont apposé leur signature au bas du présent accord.In fede di che, i sottoscritti hanno firmato il presente accordo.Ten blijke waarvan de ondergetekenden hun handtekening onder deze overeenkomst hebben gezet.Em fé do que, os abaixo-assinados apuseram as suas assinaturas no final do presente acordo.Hecho en Canberra, el veintitrés de febrero de mil novecientos noventa y cuatro.Udfærdiget i Canberra den treogtyvende februar nitten hundrede og fireoghalvfems.Geschehen zu Canberra am dreiundzwanzigsten Februar neunzehnhundertvierundneunzig.¸ãéíå óôçí ÊáìðÝñá, óôéò åßêïóé ôñåéò Öåâñïõáñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ôÝóóåñá.Done at Canberra on the twenty-third day of February in the year one thousand nine hundred and ninety-four.Fait à Canberra, le vingt-trois février mil neuf cent quatre-vingt-quatorze.Fatto a Canberra, addì ventitré febbraio millenovecentonovantaquattro.Gedaan te Canberra, de drieëntwintigste februari negentienhonderd vierennegentig.Feito em Camberra, em vinte e três de Fevereiro de mil novecentos e noventa e quatro.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaPor AustraliaFor AustralienFür AustralienÃéá ôçí ÁõóôñáëßáFor AustraliaPour l'AustraliePer l'AustraliaVoor AustraliëPela AustráliaALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. Proprietà, attribuzione ed esercizio dei diritti1. L'attività di ricerca svolta in conformità del presente accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti elaborano congiuntamente programmi di gestione comune della tecnologia (PGT) (1) per quanto riguarda la proprietà e l'utilizzazione, inclusa la pubblicazione delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) che risultano dalla ricerca congiunta. Tali programmi sono approvati dalle Parti prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo a cui essi si riferiscono. I PGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, delle norme legislative applicabili in materia, delle procedure di composizione delle controversie e di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I programmi di gestione comune della tecnologia disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI risultanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate dai programmi di gestione della tecnologia sono attribuite, con l'approvazione delle Parti, secondo i principi stabiliti dai suddetti programmi, compresa la composizione delle controversie. In caso di divergenza che per validi motivi non possa essere risolta secondo la procedura di composizione delle controversie concordata, è possibile adire il comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, il quale si adopera per mediare tra i partecipanti. Ove, una volta esaurite le procedure summenzionate, la divergenza dovesse persistere, le informazioni o la PI diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta da cui esse provengono. Ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Ciascuna Parte garantisce che l'altra Parte e i suoi partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti conformemente ai principi enunciati nella parte I del presente allegato.4. Pur mantenendo le condizioni di concorrenza nei settori interessati dall'accordo, ciascuna Parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti in virtù del presente accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da incoraggiare in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente accordo;ii) l'adozione e l'applicazione di norme internazionali.II. Opere oggetto di diritto d'autorePer i diritti d'autore appartenenti alle Parti o ai loro partecipanti si applica la disciplina prevista dalla Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971).III. Pubblicazioni scientificheFatta salva la sezione IV, a meno che non sia convenuto altrimenti nel PGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dalle Parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Senza pregiudizio di questa norma generale, si applicano le seguenti regole:1) Nell'eventualità che una Parte o un ente pubblico di tale Parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta ai sensi del presente accordo, l'altra parte ha diritto ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita, per quanto riguarda la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione pubblica di tali pubblicazioni.2) Le Parti garantiscono che sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche, realizzate da editori indipendenti, risultanti dalla ricerca congiunta ai sensi del presente accordo.3) Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore destinata alla divulgazione pubblica e redatta in base alla presente clausola riportano i nomi dell'autore o degli autori a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono contenere anche una menzione chiaramente visibile del sostegno cooperativo delle Parti.IV. Informazioni non divulgabiliA. Informazioni documentarie non divulgabili1. Ciascuna Parte o i partecipanti, secondo il caso, individuano al più presto, e preferibilmente in sede di elaborazione del programma di gestione della tecnologia, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:i) la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;ii) il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;iii) i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo al fine di mantenerne la segretezza.In alcuni casi, le Parti ed i partecipanti possono convenire che, qualora non sia altrimenti indicato, le informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta ai sensi del presente accordo non siano divulgate, né in tutto né in parte.2. Ciascuna Parte provvede affinché le informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra Parte, ad esempio mediante un apposito contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.3. La Parte che riceve informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo ne rispetta il carattere particolare. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni vengono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.4. Le informazioni non divulgabili comunicate ai sensi del presente accordo possono essere rivelate dalla Parte che le riceve a persone del suo ambito o da essa assunte, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili siano comunicate rispettando l'obbligo di riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali, come sopra indicato.5. Previo consenso scritto della Parte che fornisce le informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo, la Parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 4. Le Parti cooperano nell'istituire procedure per richiedere e ottenere l'assenso preventivo scritto a tal fine: ciascuna Parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabiliLe informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente accordo o le informazioni relative all'assegnazione di personale, all'utilizzazione di attrezzature o a progetti comuni, sono trattate dalle Parti o dai partecipanti conformemente ai principi stabiliti nel presente accordo per le informazioni documentarie, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare nel momento in cui gli vengono comunicate.C. ControlloCiascuna Parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute in virtù del presente accordo siano controllate come ivi previsto. Se una Parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà, in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui ai punti A o B, ne informa immediatamente l'altra Parte. Le Parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.(1) Le caratteristiche indicative dei PGT sono esposte nell'appendice.Appendice Caratteristiche indicative dei Programmi di gestione della tecnologia (PGT) Il PGT è un accordo specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PGT disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi gli accordi per la pubblicazione comune, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la composizione delle controversie. Il PGT può inoltre contenere informazioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.Dichiarazione del Consiglio e della Commissione Il Consiglio e la Commissione dichiarano che il presente accordo e qualsiasi attività decisa conformemente ad esso non pregiudicano in alcun modo la facoltà degli Stati membri di intraprendere attività bilaterali con l'Australia nel campo della scienza, tecnologia, ricerca e sviluppo e di concludere eventualmente accordi in tal senso.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Australia QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione in ambiti di interesse comune in cui le Parti appoggiano attività di ricerca e sviluppo al fine di dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori. L’accordo è stato modificato una volta nel 1999 e in particolare nel suo articolo 4, paragrafo 2, sull’ambito di applicazione. Con queste decisioni, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo e dei successivi emendamenti per conto della Comunità europea (oggi Unione europea — UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:reciprocità dei vantaggi; lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull’azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione; la tutela effettiva e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale; e il perseguimento dei benefici economici e sociali che l’UE e l’Australia posso no trarre dalle attività di cooperazione.Ambito di applicazione I settori di cooperazione sono definiti come segue:Per l’UE, essi possono comprendere tutte le azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione indicate dagli articoli 180, lettera a) (attuazione di programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, promuovendo la cooperazione con e tra le imprese, i centri di ricerca e le università) e 180 lettera d) (impulso alla formazione e alla mobilità dei ricercatori dell’UE) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), con l’intesa che quest’ultima lettera si applica soltanto alle reti tra gestori di infrastrutture e ai relativi progetti di ricerca. Per l’Australia, i settori di cooperazione possono comprendere tutte le attività scientifiche e tecnologiche finanziate o condotte dal governo australiano, dai governi dei suoi Stati e territori, da organismi non governativi, ivi compresi istituti di ricerca privati e imprese, nonché da qualsiasi ente di ricerca interessato.Attività La cooperazione comprende le attività seguenti:la partecipazione di persone fisiche e giuridiche*, istituti di ricerca e altri organismi, comprese le Parti stesse, a progetti di ricerca condotti dall’Australia o dall’UE, conformemente alle procedure applicabili a ciascuna delle Parti; l’utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca ai fini della cooperazione ai progetti di ricerca; le visite e gli scambi di personale scientifico, tecnico ed altro, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell’ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell’ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; e le altre attività che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione tra l’UE e l’Australia per la scienza e la tecnologia. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 25 luglio 1994 e l’accordo di modifica il 9 dicembre 1999. È a tempo indeterminato e può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Questo accordo scientifico e tecnologico del 1994 è stato il primo accordo di cooperazione scientifica e tecnica concluso dalla Comunità europea con un paese industrializzato al di fuori dell’Europa. Esso fa parte delle più ampie relazioni bilaterali tra l’UE e l’Australia, che si basano attualmente sul quadro di partenariato del 2008 tra l’UE e l’Australia. Un nuovo accordo quadro più completo è stato firmato nel 2017 ed è applicato in via provvisoria a determinati settori dal 4 ottobre 2018. Per ulteriori informazioni consultare:L’Australia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)Per maggiori informazioni sulla cooperazione con l’Australia per la ricerca e l’innovazione (RI), consultare:Cooperazione internazionale RI con l’Australia (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Australia (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Soggetti giuridici: società, organizzazioni e persone titolari di diritti e di obblighi di qualsiasi natura. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 188 del 22.7.1994, pag. 18). Le modifiche successive sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Decisione 99/510/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa alla conclusione dell’accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 195, del 28.7.1999, pag. 31). Decisione 94/457/CE del Consiglio, del 27 giugno 1994, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 188, del 22.7.1994, pag. 17). DOCUMENTI CORRELATI Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’Australia, dall’altra (GU L 237 del 15.9.2017, pag. 7).
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31999L0022
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Direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici Gazzetta ufficiale n. L 094 del 09/04/1999 pag. 0024 - 0026 DIRETTIVA 1999/22/CE DEL CONSIGLIOdel 29 marzo 1999relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologiciIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato(2),considerando che il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio(3), richiede che sia dimostrata la disponibilità di adeguati impianti per la sistemazione e il mantenimento di esemplari viventi di un gran numero di specie prima che ne sia permessa l'importazione nella Comunità; che esso vieta inoltre l'esposizione al pubblico per scopi commerciali delle specie elencate nell'allegato A, salvo deroga specifica accordata per fini didattici, di ricerca o di allevamento;considerando che la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici(4), e la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(5), vietano la cattura, il possesso e il commercio di un gran numero di specie, ma ammettono deroghe per motivi specifici, ad esempio per fini didattici e di ricerca, di ripopolamento, di reintroduzione e di allevamento;considerando che la corretta applicazione della normativa comunitaria presente e futura sulla conservazione della fauna selvatica e l'esigenza che i giardini zoologici svolgano adeguatamente il loro importante ruolo nell'ambito della conservazione delle specie, dell'istruzione pubblica e/o della ricerca scientifica rendono necessaria una base comune per la normativa degli Stati membri in merito al rilascio di licenze e all'ispezione dei giardini zoologici, alla custodia degli animali in dette strutture, alla formazione del personale e all'istruzione dei visitatori;considerando che occorre un'azione sul piano comunitario affinché i giardini zoologici, in tutta la Comunità, contribuiscano alla salvaguardia della biodiversità, seguono gli obblighi di adottare misure per la conservazion ex situ assunti a norma dell'articolo 9 della convenzione sulla diversità biologica;considerando che numerose organizzazioni, quali l'Associazione europea dei giardini zoologici e degli acquari, hanno elaborato orientamenti per il mantenimento e la sistemazione degli animali nei giardini zoologici che potrebbero servire, se del caso, per l'elaborazione e l'adozione di norme nazionali,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1ObiettiviLa presente direttiva ha lo scopo di proteggere la fauna selvatica e di salvaguardare la biodiversità prevedendo che gli Stati membri adottino misure in materia di licenze e ispezioni dei giardini zoologici nella Comunità, potenziando così il ruolo dei giardini zoologici in fatto di conservazione della biodiversità.Articolo 2DefinizioneAi fini della presente direttiva, per giardino zoologico si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l'anno, animali vivi di specie selvatiche ad esclusione dei circhi, dei negozi di animali da compagnia e dei complessi che gli Stati membri non assoggettano ai requisiti della presente direttiva per il fatto che non espongono un numero significativo di animali o di specie e che tale esenzione non compromette gli obiettivi della presente direttiva.Articolo 3Requisiti applicabili ai giardini zoologiciGli Stati membri adottano misure, a norma degli articoli 4, 5, 6 e 7 volte a garantire che tutti i giardini zoologici attuino le seguenti misure di conservazione:- partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie e/o ad azioni di formazione nelle pertinenti tecniche di conservazione e/o a scambi di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l'allevamento in cattività, il ripopolamento o la reintroduzione di specie nella vita selvatica;- promuovere l'istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali;- sistemare gli animali in condizioni volte a soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie, in particolare provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie e mantenere un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione;- impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall'esterno;- tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico, per le singole specie.Articolo 4Licenze e ispezioni1. Gli Stati membri adottano misure per il rilascio di licenze e l'ispezione dei giardini zoologici, esistenti e di futura creazione, al fine di garantire il rispetto dei requisiti di cui all'articolo 3.2. Tutti i giardini zoologici devono disporre di una licenza entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva ovvero, nel caso dei giardini zoologici nuovi, prima dell'apertura al pubblico.3. Ciascuna licenza contiene condizioni volte a far osservare i requisiti di cui all'articolo 3. Il rispetto delle condizioni è soggetto a sorveglianza, tra l'altro mediante ispezioni regolari; vengono adottate misure appropriate volte a garantire tale rispetto.4. Prima di concedere, negare, prorogare o modificare sensibilmente una licenza, viene svolta dalle autorità competenti degli Stati membri un'ispezione al fine di accertare se siano state rispettate o no le condizioni della licenza, sia quelle già esistenti che quelle proposte.5. Se il giardino zoologico non ha una licenza a norma della presente direttiva o le condizioni della licenza non sono rispettate, il giardino zoologico o parte di esso:a) viene chiuso al pubblico dall'autorità competente; e/ob) si conforma ai requisiti imposti dall'autorità competente per garantire che le condizioni della licenza siano rispettate.In caso di mancata conformità a tali requisiti entro un termine appropriato non superiore a due anni stabilito dall'autorità competente, quest'ultima revoca o modifica la licenza e chiude il giardino zoologico o parte di esso.Articolo 5I requisiti per il rilascio della licenza di cui all'articolo 4 non si applicano quando uno Stato membro può dimostrare, con prova considerata soddisfacente dalla Commissione, che l'obiettivo della presente direttiva, definito nell'articolo 1, e che i requisiti applicabili ai giardini zoologici, stabiliti nell'articolo 3, sono realizzati e costantemente rispettati mediante un sistema di regolamentazione e registrazione. Un tale sistema dovrebbe, tra l'altro, contenere disposizioni relative all'ispezione ed alla chiusura dei giardini zoologici equivalenti a quelle di cui ai paragrafi 4 e 5 dell'articolo 4.Articolo 6Chiusura di giardini zoologiciNel caso in cui un giardino zoologico o parte di essi sia chiuso, l'autorità competente accerta che gli animali interessati vengano trattati o rimossi in condizioni che lo Stato membro reputa appropriata e conformi alle finalità e alle disposizioni della presente direttiva.Articolo 7Autorità competentiGli Stati membri designano le autorità competenti ai fini della presente direttiva.Articolo 8SanzioniGli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di infrazione alle disposizioni nazionali adottate in base alla presente direttiva. Le sanzioni stabilite sono efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 9 aprile 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 10Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 11Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, il 29 marzo 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteF. MÜNTEFERING(1) GU C 204 del 15.7.1996, pag. 63.(2) Parere del Parlamento europeo del 29 gennaio 1998 (GU C 56 del 23.2.1998, pag. 34). Posizione comune del Consiglio del 20 luglio 1998 (GU C 364 del 25.11.1998, pag. 9) e decisione del Parlamento europeo del 10 febbraio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2307/97 della Commissione (GU L 325 del 27.11.1997, pag. 1).(4) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/49/CE della Commissione (GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).(5) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/62/CE della Commissione (GU L 305 dell'8.11.1997, pag. 42).
Il ruolo dei giardini zoologici nella conservazione della biodiversità SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Promuove la protezione e la conservazione delle specie animali selvatiche rafforzando il ruolo dei giardini zoologici nella conservazione della biodiversità. Prevede specifiche norme per il rilascio di licenze e l’ispezione dei giardini zoologici, al fine di assicurare che essi rispettino le misure di conservazione e di protezione necessarie. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione Per «giardino zoologico» si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti animali vivi di specie selvatiche, a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l’anno. I circhi e i negozi di animali da compagnia sono esclusi dalla direttiva. I paesi dell’UE possono anche esentare taluni complessi dalla direttiva, qualora non espongano un numero significativo di animali o specie al pubblico e qualora tale esenzione non comprometta gli obiettivi della direttiva. Condizioni La direttiva impone ai paesi dell’UE di adottare misure relative al rilascio di licenze e allo svolgimento di ispezioni regolari nei giardini zoologici, al fine di verificare che le condizioni richieste per il loro rilascio siano soddisfatte. Per ottenere una licenza di esercizio, i giardini zoologici devono: partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie, uno scambio di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l’allevamento in cattività (ripopolamento o reintroduzione di specie nella vita selvatica ecc.); promuovere l’istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali; sistemare gli animali in condizioni in grado di soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie: provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie; mantenendo un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione; impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche (ad esempio, specie esotiche invasive) per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall’esterno; tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico per le singole specie. Licenze e ispezione I paesi dell’UE devono adottare misure per il rilascio di licenze e l’ispezione dei giardini zoologici al fine di garantire il rispetto delle misure per la conservazione richieste. Tutti i giardini zoologici devono essere in possesso di una licenza. Ciascuna licenza deve contenere le condizioni volte a far osservare le misure necessarie di conservazione e protezione. Le autorità competenti dei paesi dell’UE devono svolgere un’ispezione prima di concedere, negare, prorogare o modificare sostanzialmente una licenza. Se il giardino zoologico non rispetta anche solo parzialmente i requisiti legali, l’autorità competente dovrà chiudere al pubblico il giardino zoologico o la parte di esso non conforme. In caso di parziale o totale chiusura di un giardino zoologico, gli animali interessati devono essere trattati o rimossi in condizioni che il paese dell’UE interessato ritiene appropriate e compatibili con le disposizioni della direttiva. Buone pratiche Nel 2015, la Commissione europea ha pubblicato il documento sulle buone pratiche della direttiva europea sui giardini zoologici. Lo scopo è di aiutare i paesi dell’UE a rispettare maggiormente i requisiti della direttiva, attraverso la condivisione di esperienze e buone pratiche. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 9 aprile 1999. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 9 aprile 2002. ATTO Direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici (GU L 94 del 9.4.1999, pag. 24-26)
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 1o dicembre 2009 che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio (2009/908/UE) Il CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 16, paragrafo 9, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 236, lettera b), vista la decisione del Consiglio europeo del 1o dicembre 2009 sull'esercizio della presidenza del Consiglio (1), in particolare l'articolo 2, terzo comma, e l'articolo 4, considerando quanto segue: (1) È opportuno stabilire le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio («la decisione del Consiglio europeo»). (2) Tali modalità di applicazione includono l'ordine in cui i gruppi predeterminati di tre Stati membri esercitano a turno la presidenza per periodi consecutivi di 18 mesi, tenendo conto del fatto che dal 1o gennaio 2007, conformemente al regolamento interno del Consiglio, esiste un sistema basato su programmi di 18 mesi del Consiglio concordati dalle tre presidenze in carica nel periodo interessato. (3) A norma dell'articolo 1 della decisione del Consiglio europeo, la composizione dei gruppi deve tener conto della diversità degli Stati membri e degli equilibri geografici nell'Unione. (4) La ripartizione dei compiti tra Stati membri all'interno di ciascun gruppo risulta dall'articolo 1, paragrafo 2 della decisione del Consiglio europeo. Nelle due ipotesi previste dall'articolo 2, paragrafo 1 della presente decisione, le modalità pratiche che disciplinano la collaborazione degli Stati membri in ciascun gruppo sono definite di comune accordo dagli Stati membri in questione. (5) Inoltre, le suddette modalità di applicazione dovrebbero includere norme specifiche sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri», come previsto dall'articolo 2, terzo comma della decisione del Consiglio europeo. (6) La maggior parte di detti organi preparatori dovrebbe essere presieduta da un rappresentante dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («l'alto rappresentante»), mentre gli altri organi dovrebbero continuare ad essere presieduti dalla presidenza semestrale. Nel caso in cui il presidente di tali organi sia un rappresentante dell'alto rappresentante può applicarsi un periodo transitorio. (7) Gli organi preparatori che sono presieduti secondo un sistema diverso dalla presidenza semestrale dovrebbero essere parimenti elencati nella presente decisione, come previsto dall'articolo 2, terzo comma della decisione del Consiglio europeo. (8) La presidenza degli organi preparatori non elencati nella presente decisione sarà esercitata conformemente all'articolo 2 della decisione del Consiglio europeo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'ordine in cui gli Stati membri sono chiamati ad esercitare la presidenza del Consiglio a decorrere dal 1o gennaio 2007 è stabilito nella decisione del Consiglio, del 1o gennaio 2007, relativa all'ordine dell'esercizio della presidenza del Consiglio (2). La suddivisione di tale ordine delle presidenze in gruppi di tre Stati membri, conformemente all'articolo 1, paragrafo 1 della decisione del Consiglio europeo, figura nell'allegato I della presente decisione. Articolo 2 1. Ciascun membro di un gruppo di cui all'articolo 1, secondo comma assicura a turno, per un periodo di sei mesi, la presidenza di tutte le formazioni del Consiglio, ad eccezione della formazione «Affari esteri». Gli altri membri del gruppo assistono la presidenza in tutti i suoi compiti sulla base del programma di 18 mesi del Consiglio. 2. I membri di un gruppo di cui all'articolo 1 possono decidere tra loro modalità alternative. 3. In ciascuna delle ipotesi previste ai paragrafi 1 e 2, le modalità pratiche che disciplinano la collaborazione degli Stati membri in ciascun gruppo sono definite di comune accordo dagli Stati membri in questione. Articolo 3 L'ordine in cui gli Stati membri saranno chiamati ad esercitare la presidenza a partire dal 1o luglio 2020 è deciso dal Consiglio anteriormente al 1o luglio 2017. Articolo 4 Gli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri» sono presieduti conformemente alle disposizioni stabilite nell'allegato II. Articolo 5 Gli organi preparatori del Consiglio elencati nell'allegato III sono presieduti da presidenze fisse come indicato in detto allegato. Articolo 6 La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 1o dicembre 2009. Per il Consiglio La presidente B. ASK (1) GU L 315 del 2.12.2009, pag. 50. (2) GU L 1 del 4.1.2007, pag. 11. ALLEGATO I Germania gennaio-giugno 2007 Portogallo luglio-dicembre 2007 Slovenia gennaio-giugno 2008 Francia luglio-dicembre 2008 Repubblica ceca gennaio-giugno 2009 Svezia luglio-dicembre 2009 Spagna gennaio-giugno 2010 Belgio luglio-dicembre 2010 Ungheria gennaio-giugno 2011 Polonia luglio-dicembre 2011 Danimarca gennaio-giugno 2012 Cipro luglio-dicembre 2012 Irlanda gennaio-giugno 2013 Lituania luglio-dicembre 2013 Grecia gennaio-giugno 2014 Italia luglio-dicembre 2014 Lettonia gennaio-giugno 2015 Lussemburgo luglio-dicembre 2015 Paesi Bassi gennaio-giugno 2016 Slovacchia luglio-dicembre 2016 Malta gennaio-giugno 2017 Regno Unito luglio-dicembre 2017 Estonia gennaio-giugno 2018 Bulgaria luglio-dicembre 2018 Austria gennaio-giugno 2019 Romania luglio-dicembre 2019 Finlandia gennaio-giugno 2020 ALLEGATO II PRESIDENZA DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO «AFFARI ESTERI» (1) La presidenza degli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri» di cui alle categorie da 1 a 4 della tabella in appresso dovrebbe essere organizzata come segue: 1) Categoria 1 (organi preparatori nei settori del commercio e dello sviluppo): Gli organi preparatori sono presieduti dalla presidenza semestrale. 2) Categoria 2 (organi preparatori geografici) Gli organi preparatori sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante. 3) Categoria 3 (organi preparatori orizzontali, soprattutto PESC) Gli organi preparatori sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante, tranne per quanto riguarda i seguenti organi preparatori, che sono presieduti dalla presidenza semestrale: — Gruppo dei Consiglieri per le relazioni esterne (RELEX); — Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER); — Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP); — Gruppo «Affari consolari» (COCON); — Gruppo «Diritto internazionale pubblico» (COJUR), nonché — Gruppo «Diritto del mare» (COMAR). 4) Categoria 4 (organi preparatori connessi alla PESD) Gli organi preparatori connessi alla PESD sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante (2). L'alto rappresentante e la presidenza semestrale cooperano strettamente al fine di assicurare la coerenza dell'insieme degli organi preparatori del Consiglio «Affari generali». Per quanto riguarda le categorie 3 e 4, la presidenza semestrale continua a presiedere gli organi preparatori durante un periodo transitorio di durata non superiore a sei mesi dopo l'adozione della decisione del Consiglio relativa all'organizzazione e al funzionamento del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Per la categoria 2 il periodo transitorio ha una durata non superiore a 12 mesi. Modalità di nomina dei presidenti Laddove la decisione del Consiglio europeo o la presente decisione indichino che un organo preparatorio (CPS e gruppi pertinenti) è presieduto da un rappresentante dell'alto rappresentante, la responsabilità della nomina del presidente spetta all'alto rappresentante. Si procede alle nomine sulla base della competenza, assicurando opportunamente equilibrio geografico e trasparenza. L'alto rappresentante si accerta che la persona che intende nominare presidente goda della fiducia degli Stati membri. Se la persona in questione non è ancora membro del SEAE, lo diventa secondo le procedure di assunzione del SEAE, quantomeno per la durata dell'incarico. Una valutazione del funzionamento del presente dispositivo è effettuata nell'ambito della relazione sulla situazione concernente il SEAE, prevista per il 2012. 1. Organi preparatori nei settori del commercio e dello sviluppo Comitato dell'articolo 207 Gruppo ACP Gruppo «Cooperazione allo sviluppo» (DEVGEN) Gruppo EFTA Gruppo «Beni a duplice uso» Gruppo «Questioni commerciali» Gruppo «Prodotti di base» Gruppo «Sistema di preferenze generalizzate» Gruppo «Preparazione delle conferenze internazionali sullo sviluppo»/UNCCD-desertificazione/UNCTAD Gruppo «Aiuto umanitario e alimentare» Gruppo «Crediti all'esportazione» 2. Organi preparatori geografici Gruppo «Mashreq/Maghreb» (COMAG /MaMa ) Gruppo «Europa orientale e Asia centrale» (COEST) Gruppo «Regione dei Balcani occidentali» (COWEB) Gruppo «Medio Oriente /Golfo» (COMEM/MOG) Gruppo «Asia/Oceania» (COASI) Gruppo «America latina» (COLAT) Gruppo «Relazioni transatlantiche» (COTRA) Gruppo «Africa» (COAFR) 3. Organi preparatori orizzontali (soprattutto PESC) Gruppo dei Consiglieri per le relazioni esterne (RELEX) Gruppo Nicolaidis Gruppo «Disarmo globale e controllo degli armamenti» (CODUN) Gruppo «Non proliferazione» (CONOP) Gruppo «Esportazione di armi convenzionali» (COARM) Gruppo «Diritti umani» (COHOM) Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER) (3) Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP) (3); Gruppo «OSCE e Consiglio d'Europa» (COSCE) Gruppo «Nazioni Unite» (CONUN) Gruppo ad hoc «Processo di pace in Medio Oriente» (COMEP) Gruppo «Diritto internazionale pubblico» (COJUR, COJUR-ICC) Gruppo «Diritto del mare» (COMAR) Gruppo «Affari consolari» (COCON) Gruppo «Affari amministrativi e protocollo PESC» (COADM) 4. Organi preparatori connessi alla PESD Comitato militare (EUMC) Gruppo del Comitato militare (EUMCWG) Gruppo politico-militare (PMG) Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (CIVCOM) Gruppo «Politica europea degli armamenti» (1) Un riesame dell'ambito di azione e dell'organizzazione delle strutture di lavoro nel settore degli affari esteri dovrebbe essere condotto in tempi brevi dopo il 1o dicembre 2009, in particolare per quanto riguarda il settore dello sviluppo. Le disposizioni concernenti la presidenza dei gruppi di lavoro a seguito del riesame dovrebbero, se necessario, essere adeguate conformemente ai principi generali esposti nel presente allegato. (2) Il Comitato militare (EUMC) e il Gruppo del Comitato militare (EUMCWG) continuano ad essere presieduti da un presidente eletto come avveniva prima dell'entrata in vigore della presente decisione. (3) La questione del Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER) e del Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP) sarà trattata anche nel contesto dei dibattiti sulle strutture di lavoro del settore GAI. ALLEGATO III PRESIDENTI DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO CON PRESIDENZA FISSA Presidenti eletti Comitato economico e finanziario Comitato per l'occupazione Comitato per la protezione sociale Comitato militare (1) Comitato di politica economica Comitato per i servizi finanziari Gruppo del Comitato militare (1) Gruppo «Codice di condotta (Tassazione delle imprese)» Presieduti dal Segretariato generale del Consiglio Comitato per la sicurezza Gruppo «Informazione» Gruppo «Informatica giuridica» Gruppo «Comunicazioni elettroniche» Gruppo «Codificazione legislativa» Gruppo dei giuristi-linguisti Gruppo «Nuovi edifici» (1) Cfr. anche l'allegato II.
Politica estera e di sicurezza — Il ruolo del Consiglio e del Consiglio europeo QUAL È LO SCOPO DEGLI ARTICOLI E DELLE DECISIONI? Gli articoli del trattato definiscono i ruoli del Consiglio europeo e del Consiglio dell’Unione europea (il Consiglio) nella politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione europea (Unione), che comprende la politica di sicurezza e di difesa comune. Le decisioni forniscono le basi giuridiche per l’istituzione di alcuni dei principali comitati e organi preparatori del Consiglio che si occupano di politica estera e di sicurezza e stabiliscono come questi sono presieduti. PUNTI CHIAVE I ruoli del Consiglio europeo e del Consiglio nell’ambito della PESC sono definiti dall’articolo 26:Il Consiglio europeo definisce gli orientamenti politici generali e stabilisce le priorità; Il Consiglio definisce e attua quelle priorità.Consiglio europeoL’articolo 26 stabilisce che il Consiglio europeoindividui gli interessi strategici dell’Unione;fissi gli obiettivi e definisca gli orientamenti generali della PESC, ivi comprese le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa;adotti le decisioni necessarie e pertinenti. Tali orientamenti e obiettivi si basano sui principi dell’azione esterna dell’Unione e sui suoi obiettivi, definiti dall’articolo 21, che comprendono:salvaguardare i valori dell’Unione, i suoi interessi fondamentali, la sua sicurezza, la sua indipendenza e la sua integrità;Consolidare e sostenere la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani;preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale;promuovere un sistema internazionale basato sulla cooperazione multilaterale rafforzata e il buon governo mondiale. Gli interessi e i principi fondamentali dell’Unione sono attualmente definiti nella strategia globale dell’Unione per la politica estera e di sicurezza comune. Il presidente del Consiglio europeo rappresenta l’Unione a livello internazionale nelle questioni relative alla PESC a livello dei capi di stato e/o di governo, senza alcun effetto sui poteri dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. L’alto rappresentante prende parte ai lavori del Consiglio europeo.ConsiglioQuando stabilisce e attua gli orientamenti del Consiglio europeo, il Consiglio deve garantire che l’azione dell’Unione sia unita, coerente ed efficace. Il Consiglio «Affari esteri» è presieduto dall’alto rappresentante. Il lavoro del Consiglio «Affari esteri» è supportato da una serie di comitati e di organi preparatori, tra i quali:Il Comitato politico e di sicurezza;Il Comitato militareIl Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (noto come CIVCOM);Gruppi di lavoro PESC Il servizio europeo per l’azione esterna, creato con la decisione 2010/427/UE del Consiglio in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona (si veda la sintesi), assiste il Consiglio nell’attuazione della PESC. DA QUANDO SI APPLICANO GLI ARTICOLI E LE DECISIONI? Gli articoli vengono applicati dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009. La decisione 2001/78/PESC si applica dal 22 gennaio 2001. La decisione 2001/79/PESC si applica dall’ 11 giugno 2001. La decisione 2000/354/PESC si applica dal 22 maggio 2000. La decisione 2009/908/UE si applica dal 1o dicembre 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Consiglio dell’Unione Consiglio europeo DOCUMENTI PRINCIPALI Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo III — Disposizioni relative alle istituzioni Articolo 15 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 23). Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 1 — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione — Articolo 21 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 28). Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Sezione 1 — Disposizioni comuni — articolo 26 (ex articolo 13 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 31). Decisione 2001/78/PESC del Consiglio, del 22 gennaio 2001 che istituisce il comitato politico e di sicurezza (GU L 27 del 30.1.2001, pag. 1). Decisione 2001/79/PESC del Consiglio, del 22 gennaio 2001, che istituisce il comitato militare dell’Unione europea (GU L 27 del 30.1.2001, pag. 4). Decisione 2000/354/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2000, che istituisce un comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (GU L 127 del 27.5.2000, pag. 1). Decisione 2009/908/UE del Consiglio, del 1° dicembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull’esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio (GU L 322 del 9.12.2009, pag. 28). Le successive modifiche alla decisione 2009/908/UE sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l’azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30).
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31991R3922
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Regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civile Gazzetta ufficiale n. L 373 del 31/12/1991 pag. 0004 - 0008 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 4 pag. 0052 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 4 pag. 0052 REGOLAMENTO (CEE) N. 3922/91 DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 1991 concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civileIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, come previsto all'articolo 8 A del trattato, è necessario adottare le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992; che il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che occorre mantenere la sicurezza dell'aviazione civile in Europa ad un livello generale elevato e portare le regole tecniche e le procedure amministrative esistenti negli Stati membri ai livelli più alti attualmente raggiunti nella Comunità; considerando che la sicurezza rappresenta un'esigenza fondamentale dei trasporti aerei nella Comunità; che è opportuno tener conto della convenzione sull'aviazione civile internazionale, firmata a Chicago il 7 dicembre 1944, la quale prevede l'attuazione delle disposizioni necessarie per assicurare l'esercizio sicuro degli aeromobili; considerando che le restrizioni attualmente vigenti nel trasferimento di aeromobili, di prodotti aeronautici e di taluni servizi nel settore aeronautico tra gli Stati membri provocherebbero alterazioni nel mercato interno; considerando che le «Joint Aviation Authorities» (JAA), quale organismo associato della commissione europea dell'aviazione civile (CEAC), hanno definito accordi per cooperare allo sviluppo e all'applicazione di regole comuni (codici JAR) in tutti i settori attinenti alla sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio; considerando che nel quadro della politica comune dei trasporti occorre armonizzare regole tecniche e procedure amministrative relative alla sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio, sulla base dei codici JAR delle JAA; considerando che l'adesione di tutti gli Stati membri alle JAA e la partecipazione della Commissione ai lavori di queste ultime faciliterebbero detta armonizzazione; considerando che, per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di libera circolazione delle persone e dei prodotti nonché in materia di politica comune dei trasporti, allorché un prodotto, un organismo o una persona siano stati omologati in conformità delle regole tecniche e procedure amministrative comuni, gli Stati membri sono tenuti a riconoscere l'omologazione dei prodotti nonché degli organismi e persone incaricati della progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio di prodotti, senza ulteriori operazioni o valutazioni tecniche; considerando che possono presentarsi problemi sul piano della sicurezza e che gli Stati membri devono prendere, in questo caso, tutte le misure urgenti necessarie; che tali misure devono essere debitamente motivate e che, se le regole tecniche e procedure amministrative comuni presentano lacune, spetta alla Commissione, nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione, adottare le necessarie modifiche; considerando che è auspicabile coordinare il finanziamento da parte degli Stati membri dei lavori di ricerca avviati per migliorare la sicurezza dell'aviazione, al fine di garantire un impiego ottimale delle risorse e realizzare il massimo profitto da questi lavori; considerando che è opportuno dare alla Commissione il potere di apportare alle regole tecniche e procedure amministrative comuni adottate dal Consiglio le modifiche stabilite dalle JAA, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento concerne l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore della sicurezza dell'aviazione civile, quali figurano nell'allegato II, in particolare per quanto riguarda: - la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione degli aeromobili; - le persone ed organismi interessati a tali attività. 2. Le regole tecniche e procedure amministrative armonizzate previste al paragrafo 1 sono applicabili a tutti gli aeromobili utilizzati dagli operatori secondo la definizione dell'articolo 2, lettera a), a prescindere dal fatto che siano immatricolati in uno Stato membro o in un paese terzo. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «operatore», una persona fisica residente in uno Stato membro o una persona giuridica stabilita in uno Stato membro, la quale utilizza uno o più aeromobili conformemente alla regolamentazione applicabile in detto Stato membro, oppure un vettore aereo comunitario, secondo la definizione della legislazione comunitaria; b) «prodotto», un aeromobile, un motore, un'elica o un'attrezzatura dell'aviazione civile; c) «attrezzature», qualsiasi strumento, dispositivo, meccanismo, apparecchiatura o accessorio utilizzato o utilizzabile per l'esercizio di un aeromobile navigante, installato o destinato ad essere installato su un aeromobile dell'aviazione civile o collegato allo stesso, ma non facente parte di una cellula, di un motore o di un'elica; d) «elemento», un materiale, componente o sottogruppo non rientrante nelle definizioni di cui alle lettere b) e c) e destinato ad aeromobili, motori, eliche o attrezzature dell'aviazione civile; e) «omologazione» (di un prodotto, di un servizio, di un organismo, di una persona), qualsiasi forma di riconoscimento legale attestante che il prodotto, il servizio, l'organismo o la persona risponde alle condizioni applicabili. Detta omologazione comprende due atti: i) l'atto che permette di controllare che, dal punto di vista tecnico, il prodotto, il servizio, l'organismo o la persona rispetta le condizioni applicabili; tale atto è denominato: stesura del verbale tecnico; ii) l'atto del riconoscimento formale di tale conformità alle condizioni applicabili attraverso il rilascio di un certificato, di una licenza, di un'approvazione o di qualsiasi altro documento secondo quanto prescritto dalle leggi e dalle procedure nazionali; tale atto è denominato: stesura del verbale legale; f) «manutenzione», l'insieme delle operazioni di controllo, manutenzione, modifica e riparazione per tutta la durata di vita di un aeromobile, necessarie a garantire che l'aeromobile rimanga conforme all'omologazione del tipo ed abbia in qualsiasi circostanza un elevato livello di sicurezza; esse comprendono le modifiche rese obbligatorie dalle autorità che sono parte degli accordi di cui alla lettera h), nell'ambito della politica relativa al controllo della navigabilità; g) «variante nazionale», una regola o regolamentazione nazionale resa obbligatoria da un paese in aggiunta ad una disposizione JAR o in sostituzione della stessa; h) «accordi», gli accordi conclusi, sotto gli auspici della commissione europea dell'aviazione civile (CEAC) per cooperare all'elaborazione ed all'applicazione di regole comuni in tutti i settori connessi con la sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio. Tali accordi sono specificati nell'allegato I. Articolo 3 Fatto salvo l'articolo 11, le regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili nella Comunità per i settori di cui all'allegato II sono i codici corrispondenti che figurano in detto allegato e che sono in vigore il 1o gennaio 1992. Articolo 4 1. Per i settori non menzionati nell'allegato II, il Consiglio adotta, sulla base dell'articolo 84, paragrafo 2 del trattato, regole tecniche e procedure amministrative comuni. La Commissione presenta, se del caso e al più presto, le opportune proposte riguardo ai settori in questione. 2. Prima dell'adozione delle proposte di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono applicare le disposizioni pertinenti delle regolamentazioni nazionali vigenti. Articolo 5 Gli Stati membri provvedono affinché le proprie autorità competenti per l'aviazione civile soddisfino le condizioni di adesione alle JAA, specificate negli accordi e firmino senza riserve, gli accordi stessi anteriormente al 1o gennaio 1992. Articolo 6 1. Gli Stati membri riconoscono i prodotti progettati, costruiti, gestiti e sottoposti a manutenzione in conformitá alle regole tecniche e procedure amministrative comuni, senza imporre altre esigenze tecniche o procedere ad una nuova valutazione quando detti prodotti sono stati omologati da un altro Stato membro. I prodotti riconosciuti inizialmente entro determinati limiti sono riconosciuti in seguito entro gli stessi limiti. 2. I prodotti esistenti e le loro versioni derivate che non sono omologati conformemente alle regole tecniche e procedure amministrative comuni possono essere ammessi dagli Stati membri sulla base dei loro regolamenti nazionali in vigore, fino al momento dell'adozione delle regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili a tali prodotti in virtù del presente regolamento. Articolo 7 Gli Stati membri riconoscono l'omologazione rilasciata, conformemente al presente regolamento, da un altro Stato membro o da un organismo che agisce a suo nome agli organismi o persone posti sotto la sua giurisdizione e sotto la sua autorità ed incaricati della progettazione, costruzione e manutenzione di prodotti nonché dell'esercizio di aeromobili. Articolo 8 1. Nessuna disposizione precedente osta a che uno Stato membro possa reagire immediatamente a un problema di sicurezza emerso in occasione di un incidente o infortunio oppure riscontrato durante il servizio, riguardante un prodotto progettato, costruito, gestito e sottoposto a manutenzione in conformità del presente regolamento oppure una persona o una procedura ovvero un organismo coinvolto in queste mansioni. Se il problema di sicurezza deriva: - da un inadeguato livello di sicurezza corrispondente all'applicazione delle regole tecniche e procedure amministrative comuni, o - da una lacuna nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni, lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri delle misure prese e della motivazione delle stesse. 2. Nei casi previsti al paragrafo 1, la Commissione avvia senza indugio consultazioni con gli Stati membri. Se l'inadeguato livello di sicurezza o una lacuna nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni trovano conferma, la Commissione presenta proposte adeguate, conformemente alle procedure di cui all'articolo 4 e/o all'articolo 11. Articolo 9 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per coordinare i rispettivi programmi di ricerca volti a migliorare la sicurezza degli aeromobili civili e l'esercizio dei medesimi e ne informano la Commissione. La Commissione, previa consultazione con gli Stati membri, può prendere ogni iniziativa utile per promuovere tali programmi di ricerca attuati a livello nazionale. Articolo 10 Gli Stati membri notificano alla Commissione: a) qualsiasi regola e procedura messa a punto o adottata conformemente alle procedure stabilite negli accordi; b) qualsiasi modifica degli accordi; c) i risultati delle consultazioni avviate con l'industria e con altri organismi interessati. Articolo 11 1. Conformemente alla procedura stabilita all'articolo 12, la Commissione, qualora il progresso scientifico e tecnico lo renda necessario, modifica le regole tecniche e procedure amministrative comuni elencate nell'allegato II o adottate dal Consiglio conformemente all'articolo 4. 2. Qualora le modifiche di cui al paragrafo 1 contengano una variante nazionale per uno Stato membro, la Commissione delibera, conformemente alla procedura prevista all'articolo 12, sull'inclusione di detta variante nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni. Articolo 12 1. Per l'applicazione degli articoli 8, 9 e 11, la Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure. Articolo 13 1. Gli Stati membri si prestano reciproca assistenza per quanto riguarda l'applicazione del presente regolamento e il relativo controllo. 2. Nell'ambito dell'assistenza reciproca di cui al paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri si comunicano regolarmente tutte le informazioni disponibili per quanto riguarda: - le infrazioni al presente regolamento commesse dai non residenti e qualsiasi sanzione applicata per dette infrazioni; - le sanzioni applicate da uno Stato membro ai propri residenti per siffatte infrazioni commesse in altri Stati membri. Articolo 14 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1992. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 16 dicembre 1991. Per il ConsiglioIl PresidenteH. MAIJ-WEGGEN (1)GU n. C 270 del 26. 10. 1990, pag. 3. (2)GU n. C 267 del 14. 10. 1991, pag. 154. (3)GU n. C 159 del 17. 6. 1991, pag. 28. ALLEGATO I Accordi di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera h) «Arrangements Concerning the Development, the Acceptance and the Implementation of Joint Aviation Requirements» (accordi concernenti l'elaborazione, l'approvazione e l'applicazione di requisiti aeronautici comuni), conclusi a Cipro l'11 settembre 1990. ALLEGATO II Elenchi dei codici in vigore contenenti le regole tecniche e procedure amministrative comuni di cui all'articolo 3 1.Generalità e procedure JAR 1Definizioni e abbreviazioni 2.Omologazione del tipo di prodotti e componenti JAR 22Sailplanes and Powered Sailplanes (Alianti e alianti a motore) JAR 25Large Aeroplanes (Grandi aeromobili) JAR AWOAll Weather Operations (Operazioni in condizioni metereologiche «ogni tempo») JAR EEngines (Motori) JAR PPropellers (Eliche) JAR APUAuxiliary Power Units (Gruppi ausiliari di potenza) JAR TSOTechnical Standards Orders (Prescrizioni relative a norme tecniche) JAR VLAVery Light Aeroplanes (Aeromobili ultraleggeri) JAR 145Approved Maintenance Organisations (Organizzazioni di manutenzione autorizzate)
Armonizzazione delle regole e delle procedure nel settore dell’aviazione civile QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Introduce norme uniformi in tutta l’Unione europea (Unione) che specificano la sicurezza minima e le relative procedure per l’aviazione commerciale passeggeri e merci ad ala fissa. PUNTI CHIAVE ApplicazioneIl regolamento stabilisce requisiti tecnici e procedure amministrative comuni nel campo della sicurezza dell’aviazione civile, che riguardano l’esercizio e la manutenzione degli aeromobili, nonché le persone e le organizzazioni che partecipano a tali compiti; tali requisiti e procedure si applicano a tutti gli aeromobili utilizzati dagli operatori dell’Unione. I paesi dell’Unione dovevano garantire che le proprie autorità competenti nel settore dell’aviazione civile rispettassero le condizioni di adesione alle Joint Aviation Authorities, come specificato negli accordi (JAR prima del 1o gennaio 1992). Attualmente, questo regolamento rimane in vigore perché le norme nazionali sui limiti dei tempi di volo e di servizio e sui requisiti di riposo per quanto riguarda l’aerotaxi, il servizio medico d’emergenza e le operazioni di trasporto aereo commerciale a pilotaggio singolo sono in vigore in virtù dell’articolo 8.Problemi di sicurezzaI paesi dell’Unione possono adottare misure immediate per i problemi di sicurezza relativi ad un prodotto, una persona o un organismo disciplinato dal presente regolamento, a prescindere dalle norme di cui sopra. Qualora i livelli di sicurezza risultino inadeguati o carenti in base ai requisiti e alle procedure comuni, la Commissione europea deve presentare proposte adeguate per porre rimedio alla situazione. In circostanze eccezionali, i paesi dell’Unione possono anche accettare eccezioni ai requisiti tecnici e alle procedure amministrative previste dal presente regolamento, purché siano in linea con i suoi obiettivi di sicurezza.Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (AESA) La Commissione sarà assistita dall’AESA al momento della redazione di eventuali modifiche alle regole relative al personale di bordo e ai limiti dei tempi di volo e di servizio. Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 3922/91 sarà abrogato dal regolamento (UE) 2018/1139 recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce l’AESA (si veda la sintesi). L’abrogazione decorrerà a partire dalla data di applicazione delle norme dettagliate sui limiti dei tempi di volo e di servizio e sui requisiti di riposo per quanto riguarda l’aerotaxi, il servizio medico di emergenza e le operazioni di trasporto aereo commerciale a pilotaggio singolo che devono ancora essere adottate [si veda l’articolo 32, paragrafo 1, lettera a del regolamento (UE) 2018/1139]. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 1o gennaio 1992. CONTESTO Si veda anche:Operazioni di volo, compresi i limiti dei tempi di volo (FTL) (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (GU L 373 del 31.12.1991, pag. 4). Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 3922/91 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1).
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Direttiva 98/49/CE del Consiglio del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea Gazzetta ufficiale n. L 209 del 25/07/1998 pag. 0046 - 0049 DIRETTIVA 98/49/CE DEL CONSIGLIO del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europeaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 51 e 235,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),(1) considerando che la libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali della Comunità; che il trattato prevede che il Consiglio, con deliberazione unanime, adotti in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per l'instaurazione della libera circolazione dei lavoratori;(2) considerando che la protezione sociale dei lavoratori è garantita da regimi legali di sicurezza sociale integrati da regimi complementari di sicurezza sociale;(3) considerando che la legislazione già adottata dal Consiglio al fine di proteggere i diritti previdenziali dei lavoratori che si spostano all'interno della Comunità e dei loro familiari, in particolare il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (4), e il regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (5), riguarda unicamente i regimi pensionistici legali; che il sistema di coordinamento previsto in tali regolamenti non si estende ai regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine «legislazione» quale definita nell'articolo 1, lettera j), primo comma del regolamento (CEE) n. 1408/71, o per i quali uno Stato membro fa una dichiarazione ai sensi di detto articolo;(4) considerando che il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta dei provvedimenti più appropriati per il conseguimento dell'obiettivo dell'articolo 51 del trattato; che il sistema di coordinamento previsto nei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 e, in particolare, le regole in materia di cumulo non sono appropriati per i regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine «legislazione» quale definita nell'articolo 1, lettera j), primo comma del regolamento (CEE) n. 1408/71, o per i quali uno Stato membro fa una dichiarazione ai sensi di detto articolo, e che dovrebbero pertanto essere assoggettati a misure specifiche, la prima delle quali è la presente direttiva, per tener conto della loro natura speciale e delle loro caratteristiche, come pure della diversità di tali regimi negli e tra gli Stati membri;(5) considerando che nessuna pensione o prestazione dovrebbe essere simultaneamente assoggettata alle disposizioni della presente direttiva e a quelle dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 e che, quindi, non può essere assoggettato alle disposizioni della presente direttiva alcun regime pensionistico complementare rientrante nell'ambito di applicazione di tali regolamenti in virtù di una dichiarazione all'uopo fatta da uno Stato membro ai sensi dell'articolo 1, lettera j) del regolamento (CEE) n. 1408/71;(6) considerando che nella raccomandazione 92/442/CEE, del 27 luglio 1992, relativa alla convergenza degli obiettivi e delle politiche della protezione sociale (6), il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di «favorire, qualora necessario, la messa a punto delle condizioni di acquisizione dei diritti alla pensione di quiescenza, in particolare alla pensione complementare, al fine di eliminare gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori dipendenti»;(7) considerando che si può contribuire al conseguimento di tale obiettivo riservando ai lavoratori che si spostano, o il cui luogo di lavoro si sposta da uno Stato membro ad un altro, un trattamento, per quanto concerne la tutela dei loro diritti a pensione complementare, uguale a quello riservato ai lavoratori che rimangono all'interno del medesimo Stato membro o il cui luogo di lavoro cambia ma rimane all'interno del medesimo Stato membro;(8) considerando che la libertà di circolazione delle persone, che è uno dei diritti fondamentali sanciti nel trattato, non è limitata ai lavoratori subordinati ma si applica anche ai lavoratori autonomi;(9) considerando che il trattato non prevede competenze diverse da quelle di cui all'articolo 235 per adottare appropriate disposizioni in materia di sicurezza sociale dei lavoratori autonomi;(10) considerando che, al fine di rendere effettivo l'esercizio del diritto alla libera circolazione, i lavoratori e gli altri aventi diritto dovrebbero disporre di talune garanzie di parità di trattamento in merito al mantenimento dei diritti a pensione acquisiti derivanti da regimi pensionistici complementari;(11) considerando che gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che le prestazioni nell'ambito di regimi pensionistici complementari vengano erogate agli iscritti e agli ex iscritti, nonché agli altri aventi diritto ai sensi di tali regimi pensionistici in tutti gli Stati membri, dal momento che qualunque restrizione alla libera circolazione dei pagamenti e dei capitali è vietata dall'articolo 73 B del trattato;(12) considerando che, per facilitare l'esercizio del diritto alla libera circolazione, le normative nazionali dovrebbero, ove necessario, essere adattate affinché sia possibile continuare a versare contributi ad un regime pensionistico complementare riconosciuto in uno Stato membro da parte o per conto di lavoratori distaccati in un altro Stato membro, ai sensi del titolo II del regolamento (CE) n. 1408/71;(13) considerando che al riguardo il trattato esige non solo l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità tra lavoratori degli Stati membri, ma altresì l'eliminazione di ogni provvedimento nazionale che possa impedire o rendere meno agevole l'esercizio, da parte di tali lavoratori, delle libertà fondamentali garantite dal trattato, quali interpretate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in successive sentenze;(14) considerando che i lavoratori che esercitano il loro diritto alla libera circolazione dovrebbero essere adeguatamente informati dai datori di lavoro, dagli amministratori o da altri responsabili della gestione dei regimi pensionistici complementari, in particolare in merito alle scelte ed alle alternative loro offerte;(15) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicate le legislazioni degli Stati membri in materia di azione collettiva intesa a difendere gli interessi professionali;(16) considerando che, vista la diversità dei regimi complementari di sicurezza sociale, la Comunità dovrebbe definire unicamente un quadro generale di obiettivi e che, pertanto, una direttiva risulta lo strumento giuridico adeguato;(17) considerando che, in conformità ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti nell'articolo 3 B del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario; che la presente direttiva non va al di là di ciò che è necessario per raggiungere detti obiettivi,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO I OBIETTIVO E AMBITO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Obiettivo della presente direttiva è tutelare i diritti degli iscritti a regimi pensionistici complementari che si spostano da uno Stato membro all'altro, contribuendo così alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi all'interno della Comunità. Tale tutela riguarda i diritti a pensione a titolo di regimi pensionistici complementari sia volontari sia obbligatori, ad eccezione dei regimi disciplinati dal regolamento (CEE) n. 1408/71.Articolo 2 La presente direttiva si applica agli iscritti a regimi pensionistici complementari e agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi che hanno acquisito o stanno acquisendo diritti in uno o più Stati membri.CAPO II DEFINIZIONI Articolo 3 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) «pensione complementare» le pensioni di anzianità e, ove previsto dalle norme di un regime pensionistico complementare stabilite in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, le prestazioni di invalidità e di reversibilità destinate a integrare o a sostituire le prestazioni erogate dai regimi legali di sicurezza sociale per gli stessi casi;b) «regimi pensionistici complementari», tutti i regimi pensionistici di categoria stabiliti in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, come contratti di assicurazione di gruppo, regimi a ripartizione convenuti da uno o più rami o settori, regimi basati su fondi pensione o promesse di pensione garantite da riserve contabili, o qualsiasi sistema collettivo o altro sistema analogo, intesi a fornire una pensione complementare a lavoratori subordinati o autonomi;c) «diritti a pensione», tutte le prestazioni alle quali hanno diritto, ai sensi delle disposizioni di un regime pensionistico complementare e - se applicabile - ai sensi della normativa nazionale, gli iscritti a tale regime e altri aventi diritto;d) «diritti a pensione acquisiti», diritti a prestazioni conseguiti dopo aver soddisfatto le condizioni stabilite da un regime di pensione complementare e - se applicabile - ai sensi della normativa nazionale;e) «lavoratore distaccato», persona che è distaccata per lavoro in un altro Stato membro e che ai sensi del titolo II del regolamento (CEE) n. 1408/71 continua ad essere soggetta alla legislazione dello Stato membro di origine; «distacco» va inteso nello stesso senso;f) «contributo», qualsiasi versamento fatto o ritenuto fatto ad un regime pensionistico complementare.CAPO III MISURE DI PROTEZIONE DEI DIRITTI A PENSIONE COMPLEMENTARE DI LAVORATORI CHE SI SPOSTANO ALL'INTERNO DELLA COMUNITÀ Articolo 4 Parità di trattamento nel mantenimento dei diritti a pensione Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei diritti a pensione acquisiti dagli iscritti ad un regime pensionistico complementare nei confronti dei quali non vengono più versati contributi per il fatto di spostarsi da uno Stato membro ad un altro, nella stessa misura riservata agli iscritti nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nel primo Stato membro. Il presente articolo si applica anche alle altre persone aventi diritto a titolo delle norme del regime pensionistico complementare in questione.Articolo 5 Pagamenti transfrontalieri Gli Stati membri assicurano che negli altri Stati membri i regimi pensionistici complementari eroghino agli iscritti, nonché agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi, tutte le prestazioni dovute in base a detti regimi, al netto delle imposte e delle spese di transazione eventualmente applicabili.Articolo 6 Contributi a regimi pensionistici complementari versati da e per conto di lavoratori distaccati 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire che i contributi ad un regime pensionistico complementare con sede in uno Stato membro continuino ad essere versati da o per conto del lavoratore distaccato che è iscritto a detto regime, durante il periodo del suo distacco in un altro Stato membro.2. Qualora in base al paragrafo 1 i contributi continuino ad essere versati ad un regime pensionistico complementare in uno Stato membro, il lavoratore distaccato e - se applicabile - il suo datore di lavoro sono esentati da qualsiasi obbligo di versare contributi ad un regime pensionistico complementare in un altro Stato membro.Articolo 7 Informazione degli iscritti Gli Stati membri adottano misure per far sì che i datori di lavoro, gli amministratori o altri responsabili della gestione di un regime pensionistico complementare informino adeguatamente gli iscritti dei loro diritti a pensione e delle altre possibilità offerte loro dal regime complementare, quando si spostano in un altro Stato membro. Tali informazioni corrispondono almeno a quelle fornite agli iscritti al regime nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nello stesso Stato membro.CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 8 Gli Stati membri possono stabilire che le disposizioni dell'articolo 6 si applichino unicamente ai distacchi che iniziano il o dopo il 25 luglio 2001.Articolo 9 Gli Stati membri introducono nei loro ordinamenti giuridici interni i provvedimenti necessari per consentire alle persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione delle disposizioni della presente direttiva di far valere i loro diritti in via giurisdizionale, previo eventuale ricorso ad altre autorità competenti.Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 36 mesi dalla sua entrata in vigore o garantiscono che entro tale data le parti sociali introducano le disposizioni necessarie tramite accordi. Essi sono tenuti ad adottare le misure che consentano loro in ogni momento di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva e le comunicano immediatamente alla Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva oppure sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del suddetto riferimento sono stabilite dagli Stati membri.Gli Stati membri indicano alla Commissione le autorità nazionali da contattare per quanto riguarda l'applicazione della presente direttiva.2. Entro il 25 gennaio 2002 gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nell'ambito contemplato dalla presente direttiva.3. In base alle informazioni fornite dagli Stati membri la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale, entro sei anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.La relazione illustra l'applicazione della presente direttiva e, se del caso, propone gli emendamenti che dovessero risultare necessari.Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 29 giugno 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. COOK(1) GU C 5 del 9. 1. 1998, pag. 4.(2) GU C 152 del 18. 5. 1998.(3) GU C 157 del 25. 5. 1998, pag. 26.(4) GU L 149 del 5. 7. 1971, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1223/98 (GU L 168 del 13. 6. 1998, pag. 1).(5) GU L 74 del 27. 3. 1972, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1223/98 (GU L 168 del 13. 6. 1998, pag. 1).(6) GU L 245 del 26. 8. 1992, pag. 49.
Salvaguardia dei diritti a pensione complementare La presente direttiva ha lo scopo di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e lavoratori autonomi, pur salvaguardando i loro diritti a pensione complementare quando si spostano da uno Stato membro all'altro. Questa protezione riguarda entrambi i regimi pensionistici, sia volontari che obbligatori , ad eccezione dei regimi di sicurezza sociale di cui al regolamento (CE) n. 883/2004. ATTO Direttiva 98/49/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea. SINTESI La presente direttiva si applica agli iscritti a regimi pensionistici complementari e agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi che hanno acquisito o stanno acquisendo diritti in uno o più Stati membri. La presente direttiva prevede quattro misure principali per la salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori che si spostano all'interno della Comunità: Parità di trattamento nel mantenimento dei diritti a pensione Gli Stati membri devono, per le persone che hanno lasciato un regime pensionistico complementare perché sono andate a lavorare in un altro Stato membro, adottare le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei diritti a pensione acquisiti nella stessa misura riservata agli iscritti nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nello stesso Stato membro. La direttiva 2014/50/UE, che deve essere integrata nella legislazione nazionale dei paesi dell'UE entro il 21.5.2018, assicura che chiunque abbia diritti a pensione complementare non li perda quando va a vivere o lavorare in un altro paese dell'UE. Si richiede che: i diritti a pensione complementare debbano essere garantiti dopo 3 anni di lavoro al più tardi. Se è richiesta un'età minima, essa non deve essere superiore ai 21 anni; i diritti dei lavoratori che lasciano un regime pensionistico di categoria prima del pensionamento debbano essere mantenuti e trattati come i diritti di quelli che rimangono nel regime, per quanto riguarda questioni come l'indicizzazione. Pagamenti transfrontalieri Gli Stati membri provvedono affinché i regimi pensionistici complementari eroghino i pagamenti in altri Stati membri, al netto di eventuali imposte e spese di transazione, di tutte le prestazioni dovute in virtù di questi regimi complementari. Lavoratori distaccati e pensioni complementari I lavoratori distaccati hanno la possibilità di rimanere nel regime pensionistico del loro paese d'origine durante il periodo di distacco in un altro Stato membro. I lavoratori distaccati e, se del caso, i loro datori di lavoro sono quindi esentati da qualsiasi obbligo di versare contributi ad un regime pensionistico complementare in un altro Stato membro. Informazione degli iscritti I datori di lavoro, gli amministratori o altri responsabili della gestione di un regime pensionistico complementare devono informare adeguatamente gli iscritti dei loro diritti a pensione e delle altre possibilità offerte loro dal regime complementare, quando si spostano in un altro Stato membro. Ai sensi della direttiva 2014/50/UE, i lavoratori in un regime pensionistico complementare possono chiedere in che modo l'interruzione del lavoro o lo spostamento influenzi i loro diritti a pensione complementare e le condizioni che si applicherebbero per il futuro trattamento di tali diritti. Le persone che hanno lasciato il regime devono essere informate circa il valore e il trattamento dei loro diritti. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 98/49/CE 25.7.1998 25.1.2002 GU L 209 del 25.7.1998 ATTI COLLEGATI Libro verde del 7 luglio 2010 Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa [COM (2010)365 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale]. Direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l'acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari [Gazzetta ufficiale L 128 del 30.4.2014].
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Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori Gazzetta ufficiale n. L 395 del 30/12/1989 pag. 0033 - 0035 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0048 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0048 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1989 che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (89/665/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che le direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, in particolare la direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (4), modificata da ultimo dalla direttiva 89/440/CEE (5), e la direttiva 77/62/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (6), modificata da ultimo dalla direttiva 88/295/CEE (7), non contengono disposizioni specifiche che permettano di garantirne l'effettiva applicazione; considerando che i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano comunitario, per garantire tale applicazione non sempre permettono di garantire il rispetto delle disposizioni comunitarie, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette; considerando che l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e che occorre, affinché essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscano tale diritto; considerando che l'assenza o l'insufficienza di mezzi di ricorso efficaci in vari Stati membri dissuade le imprese GU n. C 15 del 19. 1. 1989, pag. 8. GU n. C 323 del 27. 12. 1989. comunitarie dal concorrere nello Stato dell'autorità aggiudicatrice interessata; che è pertanto necessario che gli Stati membri interessati pongano rimedio a tale situazione; considerando che, data la brevità delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, gli organi di ricorso competenti devono in particolare essere abilitati a prendere misure provvisorie per sospendere la procedura di aggiudicazione dell'appalto o l'esecuzione di decisioni eventualmente prese dall'autorità aggiudicatrice; che la brevità delle procedure richiede un trattamento urgente delle violazioni di cui sopra; considerando la necessità di garantire in tutti gli Stati membri procedure adeguate che permettano l'annullamento delle decisioni illegittime e l'indennizzo delle persone lese da una violazione; considerando che, se le imprese non avviano la procedura di ricorso, ne deriva l'impossibilità di ovviare a determinate infrazioni a meno di istituire un meccanismo specifico; considerando che è pertanto necessario che la Commissione, qualora ritenga che sia stata commessa una violazione chiara ed evidente nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, intervenga presso le autorità competenti dello Stato membro e delle autorità aggiudicatrici interessate perché siano presi gli opportuni provvedimenti per ottenere la rapida correzione di qualsiasi violazione denunciata; considerando che l'applicazione effettiva delle disposizioni della presente direttiva dovrà essere riesaminata, prima della scadenza di un periodo di quattro anni successivo all'attuazione della stessa, in base ad informazioni che gli Stati membri dovranno fornire in merito al funzionamento delle procedure nazionali di ricorso, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE, le decisioni prese dalle autorità aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli seguenti, in particolare l'articolo 2, paragrafo 7, in quanto tali decisioni hanno violato il diritto comunitario in materia di appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto. 2. Gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto comunitario e le altre norme nazionali. 3. Gli Stati membri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico di forniture o di lavori e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata. In particolare gli Stati membri possono esigere che la persona che desideri avvalersi di tale procedura abbia preventivamente informato l'autorità aggiudicatrice della pretesa violazione e della propria intenzione di presentare un ricorso. Articolo 2 1. Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di cui all'articolo 1 prevedano i poteri che permettano di: a) prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici; b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nei documenti di gara, nei capitolati d'oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione; c) accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione. 2. I poteri di cui al paragrafo 1 possono essere conferiti ad organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso. 3. Le procedure di ricorso non devono necessariamente esercitare, di per sé stesse, effetti sospensivi automatici sulle procedure di aggiudicazione cui si riferiscono. 4. Gli Stati membri possono prevedere che l'organo responsabile, quando esamina l'opportunità di prendere provvedimenti provvisori, possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti stessi per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché dell'interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive. La decisione di non accordare provvedimenti provvisori non reca pregiudizio agli altri diritti rivendicati dalla persona che chiede tali provvedimenti. 5. Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una decisione presa illegalmente, per prima cosa l'organo che ha la competenza necessaria a tal fine annulli la decisione contestata. 6. Gli effetti dell'esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sul contratto stipulato in seguito all'aggiudicazione dell'appalto sono determinati dal diritto nazionale. Inoltre, salvo nel caso in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione. 7. Gli Stati membri fanno sì che le decisioni prese dagli organi responsabili delle procedure di ricorso possano essere attuate in maniera efficace. 8. Se gli organi responsabili delle procedure di ricorso non sono organi giudiziari, le loro decisioni devono essere sempre motivate per iscritto. In questo caso inoltre devono essere adottate disposizioni mediante cui ogni misura presunta illegittima presa dall'organo di base competente oppure ogni presunta infrazione nell'esercizio dei poteri che gli sono conferiti possa essere oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un altro organo che sia una giurisdizione ai sensi dell'articolo 177 del trattato e che sia indipendente dalle autorità aggiudicatrici e dall'organo di base. La nomina dei membri di tale organo indipendente e la cessazione del loro mandato sono soggetti a condizioni uguali a quelle applicabili ai giudici, per quanto concerne l'autorità responsabile della nomina, la durata del loro mandato e la loro revocabilità. Per lo meno il presidente di tale organo indipendente deve avere le stesse qualifiche giuridiche e professionali di un giudice. L'organo indipendente prende le proprie decisioni all'esito di una procedura in contraddittorio e tali decisioni producono, tramite i mezzi determinati da ciascuno Stato membro, effetti giuridici vincolanti. Articolo 3 1. La Commissione può invocare la procedura prevista nel presente articolo se, anteriormente alla conclusione di un contratto, essa ritiene che una violazione chiara e manifesta delle disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici sia stata commessa in una procedura di aggiudicazione di appalto disciplinata dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE. 2. La Commissione notifica allo Stato membro e all'autorità aggiudicatrice interessati le ragioni per cui ritiene che sia stata commessa una violazione chiara e manifesta e ne domanda la correzione. 3. Entro i 21 giorni successivi al ricevimento della notifica di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione: a) la conferma che la violazione è stata riparata; o b) una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione; o c) una notifica che la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione è stata sospesa dall'autorità aggiudicatrice oppure nell'ambito dell'esercizio dei poteri previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). 4. Una conclusione motivata ai sensi del paragrafo 3, lettera b) può tra l'altro fondarsi sul fatto che la violazione denunciata costituisce già l'oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso quale quello di cui all'articolo 2, paragrafo 8. In tal caso lo Stato membro informa la Commissione del risultato di tali procedure non appena ne viene a conoscenza. 5. In caso di notifica che una procedura di aggiudicazione di appalto sia stata sospesa conformemente al paragrafo 3, lettera c), lo Stato membro notifica alla Commissione la cessazione della sospensione o l'avvio di un'altra procedura di aggiudicazione di appalto in parte o del tutto collegata alla procedura precedente. Questa nuova notifica deve confermare che la violazione presunta è stata riparata o includere una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione. Articolo 4 1. Prima dello scadere del quadriennio successivo alla data di messa in applicazione della presente direttiva, la Commissione, in collaborazione con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, riesamina l'applicazione delle disposizioni della presente direttiva e propone all'occorrenza le modifiche che ritiene necessarie. 2. Gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione, anteriormente al 1g marzo, una serie di informazioni sul funzionamento delle procedure nazionali di ricorso che si riferiscono all'anno precedente. La Commissione determina, d'intesa con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, la natura di dette informazioni. Articolo 5 Gli Stati membri mettono in vigore le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 dicembre 1991. Essi comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno, di carattere legislativo, regolamentare e amministrativo che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 6 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1989. Per il Consiglio Il Presidente E. CRESSON (1) GU n. C 230 del 28. 8. 1987, pag. 6 e(2) GU n. C 167 del 27. 6. 1988, pag. 77 e(3) GU n. C 347 del 22. 12. 1987, pag. 23. (4) GU n. L 185 del 16. 8. 1971, pag. 5. (5) GU n. L 210 del 21. 7. 1989, pag. 1. (6) GU n. L 13 del 15. 1. 1977, pag. 1. (7) GU n. L 127 del 20. 5. 1988, pag. 1.
Aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni — Contratti di forniture e lavori QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a garantire che le decisioni relative all’aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni, nonché le decisioni procedurali preliminari in tale ambito, siano riesaminate rapidamente ed efficacemente nel caso in cui abbiano violato il diritto comunitario sulle forniture pubbliche. PUNTI CHIAVE La direttiva 89/665/CEE si applica agli appalti del settore pubblico e alle concessioni che rientrano nell’ambito delle pertinenti norme sostanziali (ossia norme che definiscono diritti e doveri). Le direttive 2014/23/UE (si veda la sintesi)e 2014/24/UE (si veda la sintesi) sostituiscono la direttiva 2004/18/CE a decorrere dal 18 aprile 2016. I paesi dell’UE devono garantire che le procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia, o abbia avuto, interesse ad aggiudicarsi un determinato appalto e che sia stato, o rischi di essere, leso a causa di una violazione denunciata. La direttiva 89/665/CEE consente l’avvio di azioni sia prima che dopo la firma del contratto (misure correttive precontrattuali e postcontrattuali).Le misure correttive precontrattuali sono volte a correggere le violazioni delle norme sulle forniture pubbliche nel corso della procedura di gara e, in ogni caso, prima che il contratto venga perfezionato. Comprendono il diritto a provvedimenti provvisori, un regime di status quo obbligatorio e il requisito di sospendere la procedura di aggiudicazione durante l’esame del ricorso, per evitare l’aggiudicazione del contratto.Le misure correttive postcontrattuali mirano a dichiarare l’invalidità di un contratto in vigore e/o a risarcire (principalmente i danni) le parti interessate dopo che il contratto in questione sia stato aggiudicato. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 3 gennaio 1990 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 21 dicembre 1991. CONTESTO La direttiva 89/665/CEE è stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche, volte principalmente ad ampliare l’ambito di applicazione della direttiva 89/665/CEE per quanto riguarda le concessioni ai sensi della direttiva 2014/23/UE e ad aggiornare i riferimenti alle norme sostanziali relative agli appalti pubblici stabilite nella direttiva 2014/24/UE. La direttiva 92/13/CEE (si veda la sintesi) è l’equivalente della direttiva 89/665/CEE per gli appalti nel settore pubblico nel settore dei servizi. È stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche alla luce della direttiva 2014/25/UE (si veda la sintesi). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 33). Modifiche successive alla direttiva 89/665/CEE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 14). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65). Si veda la versione consolidata.
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32004R0533
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Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione Gazzetta ufficiale n. L 086 del 24/03/2004 pag. 0001 - 0002 Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consigliodel 22 marzo 2004relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazioneIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 181 A, paragrafo 2, prima frase,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),considerando quanto segue:(1) Il Consiglio europeo di Feira del 19 e 20 giugno 2000 ha confermato che il suo obiettivo resta quello della massima integrazione possibile dei paesi dei Balcani occidentali nel contesto politico ed economico dell'Europa e ha riconosciuto che tutti i paesi interessati sono candidati potenziali all'adesione all'Unione europea.(2) Nella dichiarazione adottata a Zagabria il 24 novembre 2000 in occasione del vertice tra i Capi di Stato o di Governo dell'Unione europea e dei paesi partecipanti al processo di stabilizzazione e di associazione si riconosce che la prospettiva dell'adesione viene offerta sulla base del rispetto dei criteri definiti al Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 e dei progressi compiuti nell'attuazione degli accordi di stabilizzazione e di associazione, in particolare quelli sulla cooperazione regionale.(3) Il Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003 ha ribadito la sua determinazione ad appoggiare appieno ed efficacemente la prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali affermando che diverranno parte integrante dell'Unione europea una volta soddisfatti i criteri stabiliti. Ha approvato le conclusioni del Consiglio del 16 giugno 2003, compresa l'allegata "Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali: Procedere verso l'integrazione europea", la quale esamina come potenziare il processo di stabilizzazione e di associazione, prevedendo, tra l'altro, l'elaborazione di partenariati europei.(4) Nella dichiarazione adottata a Salonicco il 21 giugno 2003 in occasione del vertice tra l'Unione europea e i Balcani occidentali, l'"Agenda di Salonicco" è considerata un programma comune che l'Unione europea e i paesi dei Balcani occidentali s'impegnano ad attuare. Il processo di stabilizzazione e di associazione potenziato resta il contesto generale per tutta la durata del cammino europeo dei Balcani occidentali verso la loro futura adesione.(5) I partenariati europei per i paesi dei Balcani occidentali indicheranno le azioni da intraprendere in via prioritaria al fine di sostenere gli sforzi compiuti da tali paesi per avvicinarsi all'Unione europea e fungeranno da parametri in base ai quali misurare i progressi realizzati. Essi saranno adattati alle esigenze specifiche di ciascun paese e al suo specifico stadio di preparazione, nonché alle specificità del processo di stabilizzazione e di associazione, inclusa la cooperazione regionale. Per preparare i partenariati europei si terranno consultazioni informali con ciascun paese e, se del caso, con la comunità internazionale allargata.(6) I partenariati europei, opportunamente aggiornati, servono per aiutare i paesi dei Balcani occidentali a prepararsi in vista dell'adesione in un contesto coerente e ad elaborare piani nazionali che specifichino i tempi delle riforme e i modi in cui si intendono soddisfare i requisiti per un'ulteriore integrazione nell'Unione europea.(7) L'assistenza comunitaria dovrebbe concentrarsi sulle sfide da definire nell'ambito dei partenariati europei, i quali forniranno un orientamento per l'assistenza finanziaria e osserveranno principi, priorità e condizioni prestabiliti.(8) Nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione l'assistenza comunitaria ai paesi dei Balcani occidentali sarà fornita mediante gli appositi strumenti finanziari, in particolare il regolamento (CE) n. 2666/2000 del Consiglio(2), del 5 dicembre 2000, relativo all'assistenza all'Albania, alla Bosnia Erzegovina, alla Croazia, alla Repubblica federale di Jugoslavia e all'ex Repubblica di Macedonia e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1628/96 e modifica dei regolamenti (CEE) n. 3906/89, (CEE) n. 1360/90 e delle decisioni 97/256/CE e 1999/311/CE; il presente regolamento è pertanto privo di implicazioni finanziarie.(9) La programmazione delle risorse finanziarie che compongono l'assistenza comunitaria dovrebbe fondarsi sulle priorità dei partenariati europei ed essere decisa in conformità delle procedure indicate nei rispettivi strumenti finanziari.(10) La revisione delle priorità dei partenariati europei potrebbe avere un notevole impatto politico sulle relazioni con i paesi dei Balcani occidentali. È pertanto opportuno che il Consiglio adotti i principi, le priorità e le condizioni applicabili a ciascun partenariato.(11) Il controllo dei partenariati europei è assicurato nell'ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente le relazioni annuali sul processo di stabilizzazione e di associazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Sono istituiti partenariati europei per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo, come definiti dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999 (qui di seguito denominati "paesi partner"). I partenariati europei forniscono un quadro delle priorità risultanti dall'analisi delle diverse situazioni dei paesi partner, sulle quali si debbono concentrare i preparativi in vista di un'ulteriore integrazione nell'Unione europea, alla luce dei criteri stabiliti dal Consiglio europeo e dei progressi effettuati nell'attuazione del processo di stabilizzazione e di associazione, compresi, ove necessario, gli accordi di stabilizzazione e di associazione e, in particolare, la cooperazione regionale.Articolo 2Il Consiglio decide a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, i principi, le priorità e le condizioni da inserire nei partenariati europei, nonché qualsiasi successivo adeguamento.Articolo 3Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 marzo 2004.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Cowen(1) Parere reso il 10 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU L 306 del 7.12.2000, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2415/2001 (GU L 327 del 12.12.2001, pag. 3).
Partenariati europei con i Balcani occidentali Nel quadro del processo di stabilizzazione e di associazione a favore dei paesi dei Balcani Occidentali, l'Unione europea istituisce partenariati europei con l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo, secondo la definizione data dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tali partenariati definiscono un quadro per gli ambiti d'azione prioritari ed un quadro finanziario nell'intento di favorire la stabilità e la prosperità di quei paesi e della regione, in vista di un'ulteriore integrazione nell'UE, dal momento che sono riconosciuti come candidati potenziali all'adesione. In quanto paese candidato con cui sono stati avviati negoziati di adesione, la Croazia beneficia di un partenariato per l'adesione. ATTO Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione [Cfr atti modificativi]. SINTESI L'Unione europea (UE) adotta con i paesi dei Balcani occidentali la stessa metodologia seguita per i nuovi Stati membri e paesi aderenti. Di conseguenza, il processo di stabilizzazione e di associazione potenziato continua a rappresentare il quadro generale del percorso europeo dei paesi dei Balcani occidentali fino all'adesione. Sono istituiti partenariati europei per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, il Montenegro e la Serbia, incluso il Kosovo, secondo la definizione stabilita dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999. La Croazia, con cui sono stati avviati i negoziati di adesione, beneficia di un partenariato per l'adesione che tiene conto della sua qualità specifica di paese candidato. I partenariati europei (al pari del partenariato per l'adesione della Croazia) sono intesi a sostenere il processo di stabilizzazione e di associazione dei paesi dei Balcani occidentali, così come il rispetto dei criteri di Copenaghen in vista della futura adesione. Essi forniscono un quadro coerente per le riforme da intraprendere e un quadro finanziario. I paesi interessati definiscono, dal canto loro, piani di azione che specificano i tempi e i modi in cui si intendono soddisfare i requisiti per un'ulteriore integrazione nell'Unione europea. Meccanismo dei partenariati europei I partenariati europei definiscono un quadro per le priorità che risultano dall'analisi della situazione del singolo paese partner, sulle quali si debbono concentrare i preparativi in vista di un'ulteriore integrazione nell'UE, alla luce dei criteri stabiliti dal Consiglio europeo e dei progressi effettuati nell'attuazione del processo di stabilizzazione e di associazione, compresi, ove necessario, gli accordi di stabilizzazione e di associazione e, in particolare, la cooperazione regionale. I partenariati europei vengono riveduti regolarmente, in base ai progressi compiuti da ciascun paese e delle sue nuove priorità via via identificate. Il Consiglio adotta a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, i principi, le priorità e le condizioni che devono figurare nei partenariati europei, oltre ad eventuali modifiche ulteriori. Il controllo dei partenariati europei è assicurato nell'ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente in base alle relazioni annuali. Assistenza finanziaria I partenariati europei forniscono anche un quadro all'assistenza finanziaria, il cui scopo è principalmente l'attuazione delle priorità e degli obiettivi individuati. Nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione, l'assistenza comunitaria ai paesi dei Balcani occidentali è fornita mediante gli appositi strumenti finanziari, ovvero il programma CARDS, e lo strumento di assistenza preadesione (IAP). L' IAP è infatti destinato a sostituire il programma CARDS per il periodo 2007-2013. Contesto Il Consiglio europeo di Feira, del giugno 2000, ha riconosciuto che tutti i paesi dei Balcani occidentali sono candidati potenziali per l'adesione all'Unione europea. Tale prospettiva esige il rispetto dei criteri politici, economici ed istituzionali definiti dal Consiglio europeo di Copenhagen del 1993 (articoli 6 e 49 del trattato sull'Unione europea), come riconosciuto nella dichiarazione di Zagabria del novembre 2000 tra l'UE e i paesi che partecipano al processo di stabilizzazione e di associazione, e successivamente riaffermato dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003. L' "Agenda di Salonicco" (EN) del giugno 2003 individua gli strumenti per potenziare il processo di stabilizzazione e di associazione, in particolare mediante l'elaborazione di partenariati europei. La Croazia e l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono entrambi paesi candidati, qualità che è stata loro riconosciuta rispettivamente nel 2004 e nel 2005. Inoltre, gli Stati membri hanno avviato i negoziati di adesione con la Croazia il 3 ottobre 2005. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (CE) n. 533/2004 27.3.2004 - GU L 86 del 24.3.2004 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (CE) n. 269/2006 20.2.2006 - GU L 47 del 17.2.2006 Regolamento (CE) n. 229/2008 18.3.2008 - GU L 73 del 15.3.2008
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Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo all'indice del costo del lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 069 del 13/03/2003 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 27 febbraio 2003relativo all'indice del costo del lavoro(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere della Banca centrale europea(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Una serie di statistiche, di cui gli indici del costo del lavoro costituiscono un elemento essenziale, è importante per comprendere il processo inflazionistico e la dinamica del mercato del lavoro.(2) La Comunità e, in particolare, le autorità economiche e monetarie e le autorità responsabili dell'occupazione, devono disporre di indici del costo del lavoro regolari e tempestivi per seguire l'evoluzione del costo stesso.(3) Il piano d'azione relativo alle esigenze statistiche dell'Unione economica e monetaria, elaborato dalla Commissione europea (Eurostat) in stretta collaborazione con la Banca centrale europea, indica come prioritaria l'istituzione di una base giuridica per le statistiche congiunturali del costo del lavoro.(4) I vantaggi di una raccolta a livello comunitario di dati completi su tutti i segmenti dell'economia dovrebbero essere valutati in base alle possibilità di trasmetterli e agli oneri inerenti alla risposta per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI).(5) Il regolamento è conforme al principio di sussidiarietà stabilito dall'articolo 5 del trattato. L'elaborazione di norme statistiche comuni per gli indici del costo del lavoro è possibile unicamente in base a un atto giuridico comunitario, in quanto solo la Commissione può coordinare la necessaria armonizzazione delle informazioni statistiche a livello comunitario, mentre la raccolta dei dati e l'elaborazione di indici del costo del lavoro comparabili possono essere organizzate dagli Stati membri.(6) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie(5), fornisce il quadro generale per l'elaborazione degli indici del costo del lavoro nell'ambito del presente regolamento.(7) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(8) Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7) è stato consultato a norma dell'articolo 3 di detta decisione,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione di un quadro comune per l'elaborazione, la trasmissione e la valutazione di indici comparabili del costo del lavoro nella Comunità. Gli Stati membri elaborano indici del costo del lavoro per le attività economiche di cui all'articolo 4.Articolo 2Definizioni1. L'indice del costo del lavoro (ICL) è l'indice Laspeyres del costo del lavoro per ora lavorata; si tratta di un indice concatenato annualmente e basato su una struttura fissa dell'attività economica corrispondente al livello della sezione della NACE REV. 1, vale a dire la classificazione stabilita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee(8). Ulteriori disaggregazioni delle sezioni NACE REV. 1, da includere nella struttura fissa, sono definite a norma dell'articolo 4, paragrafo 1. La formula da utilizzare per il calcolo dell'ICL figura nell'allegato del presente regolamento.2. Il costo del lavoro rappresenta il complesso delle spese trimestrali sostenute dal datore di lavoro per l'impiego della manodopera. Le voci del costo del lavoro e il personale totale impiegato sono definiti in base all'allegato II, sezioni A e D (voci D.1, D.4 e D.5 e loro suddivisioni, escluse le voci D.2 e D.3) del regolamento (CE) n. 1726/1999 della Commissione, del 27 luglio 1999, recante applicazione del regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro, per quanto riguarda la definizione e la trasmissione delle informazioni sul costo del lavoro(9).3. Le ore lavorate sono definite in base al regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità(10), allegato A, capitolo 11, punti 11.26.-11.31.4. Le specifiche tecniche dell'indice, compresa la revisione del sistema di ponderazione, possono essere ridefinite secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 3Campo d'applicazione1. Il presente regolamento si applica a tutte le attività definite nelle sezioni C-O della NACE REV. 1.2. L'inclusione delle attività economiche definite nelle sezioni L, M, N ed O della NACE REV. 1 nel campo d'applicazione del presente regolamento è stabilita secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, tenendo conto degli studi di fattibilità di cui all'articolo 10.3. L'ICL rappresenta tutte le unità statistiche definite nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e di analisi del sistema produttivo nella Comunità(11).Articolo 4Disaggregazione delle variabili1. I dati vengono disaggregati per attività economiche di cui alle sezioni della NACE REV. 1 e mediante ulteriori disaggregazioni non oltre il livello delle divisioni NACE REV. 1 (livello a due cifre) o raggruppamenti di divisioni, tenendo conto dei contributi all'occupazione complessiva ed ai costi del lavoro a livelli nazionali e di Comunità, quali definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Gli indici del costo del lavoro sono forniti separatamente per le tre categorie di costi del lavoro riportate in appresso:a) costo totale del lavoro;b) retribuzioni lorde, definite sulla base della voce D.11 dell'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999;c) contributi sociali a carico dei datori di lavoro e imposte pagate dai datori di lavoro al netto dei contributi da essi percepiti, definiti come la somma delle voci D.12 e D.4, meno la voce D.5, di cui all'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999.2. Viene fornito un indice delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche secondo la definizione che figura alla voce D.1111 2 dell'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999, disaggregato per attività economiche, definite secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, e basato sulla classificazione NACE REV. 1, tenendo conto degli studi di fattibilità di cui all'articolo 10.Articolo 5Frequenza e dati retrospettivi1. I dati per l'ICL vengono calcolati per la prima volta per il primo trimestre del 2003 e, successivamente, di trimestre in trimestre (con scadenza il 31 marzo, il 30 giugno, il 30 settembre e il 31 dicembre di ogni anno).2. I dati retrospettivi per il periodo compreso tra il primo trimestre del 1996 e il quarto trimestre del 2002 vengono messi a disposizione dagli Stati membri. Tali dati sono forniti per ciascuna delle sezioni C-K della NACE REV. 1, nonché per le componenti del costo del lavoro di cui all'articolo 4, paragrafo 1.Articolo 6Trasmissione dei risultati1. I dati di cui all'articolo 4 sono comunicati sotto forma di indice. Le ponderazioni utilizzate per il calcolo dell'indice, ai sensi dell'allegato del presente regolamento, sono allo stesso tempo messe a disposizione per la pubblicazione.Il formato tecnico appropriato da utilizzare per la trasmissione dei risultati di cui all'articolo 4 e le procedure di adeguamento da applicare ai dati sono definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.2. Entro 70 giorni dalla fine del periodo di riferimento gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati con la disaggregazione di cui all'articolo 4, nonché i metadati, definiti come le spiegazioni necessarie per interpretare le variazioni dei dati derivanti da cambiamenti metodologici o tecnici o dovute a mutamenti del mercato del lavoro.3. I dati retrospettivi di cui all'articolo 5 sono trasmessi alla Commissione (Eurostat) contemporaneamente agli ICL del primo trimestre del 2003.Articolo 7FontiGli Stati membri possono elaborare le stime necessarie combinando le fonti che seguono conformemente al principio della semplificazione amministrativa:a) indagini per le quali le unità statistiche definite dal regolamento (CEE) n. 696/93 devono fornire informazioni tempestive, precise e complete;b) altre fonti adeguate, compresi i dati amministrativi, se idonei in termini di tempestività e pertinenza;c) procedure di stima statistica adeguate.Articolo 8Qualità1. I dati attuali e retrospettivi trasmessi soddisfano criteri di qualità distinti che devono essere definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.2. A partire dal 2003 gli Stati membri presentano alla Commissione relazioni annuali sulla qualità, il cui contenuto è definito secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 9Periodi di transizione e deroghe1. Per l'attuazione del presente regolamento possono essere concessi, secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, periodi di transizione non superiori a due anni a decorrere dalla sua data di entrata in vigore.2. Durante i periodi di transizione la Commissione può accettare deroghe alle disposizioni del presente regolamento nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedono consistenti adeguamenti dei sistemi statistici nazionali.Articolo 10Studi di fattibilità1. Secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, la Commissione determina una serie di studi di fattibilità che devono essere realizzati dagli Stati membri, in particolare da quelli che non sono in grado di fornire i dati per le sezioni L, M, N e O della NACE REV. 1 (articolo 3, paragrafo 2) o l'indice disaggregato delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche (articolo 4, paragrafo 2).2. Tali studi sono svolti tenendo conto dei vantaggi prodotti dalla raccolta dei dati rispetto alle spese derivanti da tale raccolta e ai relativi oneri per le imprese, al fine di valutare:a) come possono essere ottenuti per le sezioni L, M, N ed O della NACE gli indici trimestrali del costo del lavoro di cui all'articolo 4, paragrafo 1; eb) come può essere ottenuto l'indice delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche di cui all'articolo 4, paragrafo 2.3. Entro il 31 dicembre 2004 gli Stati membri che realizzano gli studi di fattibilità presentano alla Commissione una relazione provvisoria sui loro risultati. Entro il 31 dicembre 2005 tali Stati membri presentano alla Commissione una relazione definitiva sugli studi di fattibilità.4. Gli studi di fattibilità di cui al paragrafo 2, lettera a), tengono conto dei risultati degli studi pilota di cui agli allegati del regolamento (CE, Euratom) n. 58/97 del Consiglio, del 20 dicembre 1996, relativo alle statistiche strutturali sulle imprese(12).5. Le misure adottate a norma dell'articolo 11, lettera h), in relazione ai risultati degli studi di fattibilità rispettano il principio del rapporto costi/benefici di cui all'articolo 10 del regolamento (CE) n. 322/97, compresa la riduzione al minimo dell'onere dei dichiaranti.6. L'applicazione delle misure adottate a norma dell'articolo 11, lettera h), in relazione ai risultati degli studi di fattibilità rende possibile la trasmissione di dati per il primo trimestre del 2007, a condizione che i risultati dello studio di fattibilità consentano la produzione di dati di qualità sufficiente nel rispetto del rapporto costi/benefici.Articolo 11Misure di attuazioneLe misure di attuazione del presente regolamento, incluse quelle per tener conto dei mutamenti tecnici ed economici, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Esse riguardano in particolare:a) la definizione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, delle disaggregazioni da includere nella struttura fissa;b) le specifiche tecniche dell'indice (articolo 2);c) l'inclusione delle sezioni L, M, N e O della NACE REV. 1 (articolo 3);d) la disaggregazione per attività economica degli indici (articolo 4);e) il formato per la trasmissione dei risultati e le procedure di adeguamento da applicare (articolo 6);f) i criteri distinti di qualità per i dati attuali e retrospettivi trasmessi e i contenuti delle relazioni sulla qualità (articolo 8);g) il periodo di transizione (articolo 9);h) la determinazione degli studi di fattibilità e le decisioni derivanti dai loro risultati (articolo 10); ei) la metodologia per il concatenamento dell'indice (allegato).Articolo 12Procedura1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dall'articolo 1 della decisione 89/382/CEE, Euratom.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 13RelazioniOgni due anni la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento. Tale relazione valuta in particolare la qualità dei dati di serie ICL trasmessi e la qualità dei dati restrospettivi trasmessi.La prima relazione viene presentata entro il 31 dicembre dell'anno successivo all'entrata in vigore del presente regolamento e si riferisce unicamente alle azioni poste in atto dagli Stati membri al fine di predisporre l'applicazione del presente regolamento.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 27 febbraio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteM. Chrisochoïdis(1) GU C 304 E del 30.10.2001, pag. 184.(2) GU C 48 del 21.2.2002, pag. 107.(3) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 5.(4) Parere del Parlamento europeo del 28 febbraio 2002 (GU C 293 E del 28.11.2002, pag. 20), posizione comune del Consiglio del 23 settembre 2002 (GU C 269 E del 5.11.2002, pag. 10) e decisione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 29/2002 della Commissione (GU L 6 del 10.1.2002, pag. 3).(9) GU L 203 del 3.8.1999, pag. 28.(10) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(11) GU L 76 del 30.3.1993, pag. 1. Regolamento modificato dall'atto di adesione del 1994.(12) GU L 14 del 17.1.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2056/2002 (GU L 317 del 21.11.2002, pag. 1).ALLEGATOFormula da utilizzare per il calcolo dell'ICL:1) Definizioni:wit= costo della manodopera per ora lavorata dei dipendenti nell'attività economica i nel periodo thit= ore lavorate dai dipendenti nell'attività economica i nel periodo tWij= wij * hij = costo della manodopera dei dipendenti nell'attività economica i nel periodo annuale j2) La formula Laspeyres di base da utilizzare per il calcolo dell'ICL per il periodo t con periodo annuo di base j è definita come segue:>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>3) La metodologia per il concatenamento dell'indice sarà definita secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.4) Il sistema di ponderazione utilizzato per il calcolo dell'indice e menzionato all'articolo 6, paragrafo 1, utilizza i valori seguenti:>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>ove Wij i e j vengono definiti al punto 1 del presente allegato. Tali ponderazioni dovrebbero essere utilizzate per il calcolo dell'indice entro due anni dal periodo a cui si riferiscono.
Statistiche comunitarie comparabili del costo del lavoro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il suo scopo è stabilire norme comuni per l’elaborazione, la trasmissione e la valutazione di indici comparabili del costo del lavoro* (ICL) nell’Unione europea (UE). Gli ICL misurano il costo del lavoro quale fattore produttivo. PUNTI CHIAVE Copertura Gli ICL riguardano tutte le imprese, indipendentemente dal numero di dipendenti, e tutte le attività economiche che rientrano nell’ambito della classificazione statistica delle attività economiche dell’Unione europea, la NACE*, salvo alcune eccezioni come l’agricoltura, la professione forestale, i nuclei familiari e le organizzazioni d’oltremare. Il primo calcolo dei dati per l’ICL è stato fatto secondo la NACE REV. 2 (vale a dire l’ultima versione della classificazione NACE) per il primo trimestre del 2009. Successivamente, sono stati calcolati di trimestre in trimestre, ogni anno. Fonti dei dati Su base trimestrale, gli istituti di statistica dei paesi dell’UE raccolgono dati da vari campioni che analizzano e da registri amministrativi tenuti dalle imprese. Devono trasmettere questi dati alla Commissione europea (Eurostat) entro 70 giorni dalla fine del relativo trimestre. Gli ICL devono essere forniti separatamente per le tre categorie di costi del lavoro riportate in appresso: costo totale del lavoro; retribuzioni lorde; contributi sociali dei dipendenti a carico dei datori di lavoro e imposte pagate dai datori di lavoro al netto dei contributi da essi percepiti. Garanzia della qualità Eurostat controlla tutti i dati ICL trasmessi dai paesi dell’UE per garantirne la completezza e la coerenza. Comitato Il comitato del sistema statistico europeo, composto da esperti nazionali, assiste e fornisce consulenza alla Commissione, anche per quanto riguarda le bozze di legge. Relazione Ogni due anni, la Commissione trasmette una relazione sull’attuazione del regolamento al Parlamento europeo e al Consiglio. Questa relazione valuta la qualità dei dati di serie ICL trasmessi e la qualità dei dati restrospettivi trasmessi (ad esempio, i dati per il periodo che va dal primo trimestre del 2000 al quarto trimestre del 2008). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 2 aprile 2003. CONTESTO L’indice del costo del lavoro mostra lo sviluppo a breve termine del costo del lavoro e i costi totali su base oraria della manodopera per l’intera economia o per vari sottosettori. Per ulteriori informazioni, si veda: «Costo del lavoro» sul sito Internet di Eurostat. * TERMINI CHIAVE Costo del lavoro: il costo principale a carico dei datori di lavoro per impiegare il personale. Comprende le retribuzioni lorde, i contributi previdenziali dei dipendenti e le imposte sull’occupazione. Non comprende i costi della formazione professionale o le spese di assunzione. NACE: dal francese Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne (la classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea). Sono state elaborate più versioni dal 1970. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo all’indice del costo del lavoro (GU L 69 del 13.03.2003, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 450/2003 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’indice del costo del lavoro (ICL), COM(2015) 42 final del 3.2.2015. Regolamento (CE) n. 1216/2003, del 7 luglio 2003, recante applicazione del regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’indice del costo del lavoro (GU L 169 dell’8.7.2003, pag. 37-43). Si veda la versione consolidata.
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32019D0346
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DECISIONE (PESC) 2019/346 DEL CONSIGLIO del 28 febbraio 2019 che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 33 e l'articolo 31, paragrafo 2, vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 25 luglio 2012 il Consiglio ha adottato la decisione 2012/440/PESC (1) che nomina il sig. Stavros LAMBRINIDIS rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani. Il mandato dell'RSUE giunge a scadenza il 28 febbraio 2019. (2) È opportuno nominare un nuovo RSUE per i diritti umani per un periodo di 24 mesi, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Rappresentante speciale dell'Unione europea Il signor Eamon GILMORE è nominato rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani fino al 28 febbraio 2021. Il Consiglio può decidere che il mandato dell'RSUE termini in anticipo, sulla base di una valutazione del comitato politico e di sicurezza (CPS) e di una proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). Articolo 2 Obiettivi politici Il mandato dell'RSUE si basa sugli obiettivi politici dell'Unione in materia di diritti umani, stabiliti nel trattato sull'Unione europea, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché nel quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e nel piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, vale a dire: a) rafforzare l'efficacia, la presenza e la visibilità dell'Unione per la protezione e promozione dei diritti umani nel mondo e portare avanti una narrazione positiva in materia di diritti umani, in particolare approfondendo la cooperazione e il dialogo politico dell'Unione con i paesi terzi, i partner pertinenti, le imprese, la società civile e le organizzazioni internazionali e regionali, nonché agendo nei pertinenti consessi internazionali; b) potenziare il contributo dell'Unione al rafforzamento della democrazia e della costruzione istituzionale, dello Stato di diritto, del buon governo, del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutto il mondo; c) migliorare la coerenza dell'azione dell'Unione in materia di diritti umani e l'inclusione dei diritti umani in tutti i settori dell'azione esterna dell'Unione. Articolo 3 Mandato Al fine di raggiungere gli obiettivi politici, l'RSUE ha il mandato di: a) contribuire all'attuazione della politica dell'Unione sui diritti umani, in particolare il quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e il piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, nonché all'attuazione degli orientamenti, strumenti e piani d'azione dell'Unione sui diritti umani, anche formulando raccomandazioni a tale riguardo; b) contribuire all'attuazione delle posizioni dell'Unione, quali definite dal Consiglio, per promuovere l'osservanza del diritto internazionale umanitario; c) contribuire all'attuazione delle posizioni dell'Unione, quali definite dal Consiglio, per promuovere il sostegno alla giustizia penale internazionale, in particolare la decisione 2011/168/PESC del Consiglio (2) sulla Corte penale internazionale; d) contribuire a rafforzare la voce dell'Europa attraverso i dialoghi sui diritti umani con i governi dei paesi terzi e le organizzazioni internazionali e regionali, nonché con le organizzazioni della società civile e altri attori pertinenti al fine di garantire l'efficacia e la visibilità della politica dell'Unione in materia di diritti umani; portare avanti dialoghi importanti sui diritti umani con paesi terzi; e) contribuire a una maggiore coerenza e concordanza delle politiche e azioni dell'Unione nei settori della protezione e promozione dei diritti umani, in particolare apportando contributi alla formulazione di politiche pertinenti dell'Unione; f) contribuire, in consultazione con gli Stati membri, a una maggiore coerenza delle posizioni dell'Unione di cui alle lettere b) e c). Articolo 4 Esecuzione del mandato 1. L'RSUE è responsabile dell'esecuzione del mandato, sotto l'autorità dell'AR. 2. Il CPS è un interlocutore privilegiato dell'RSUE e ne costituisce il principale punto di contatto con il Consiglio. Il CPS fornisce all'RSUE un orientamento strategico e una direzione politica nell'ambito del mandato, fatte salve le competenze dell'AR. 3. L'RSUE opera in stretto coordinamento con il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e i suoi uffici competenti per assicurare la coerenza e la concordanza del rispettivo operato nel campo dei diritti umani. Articolo 5 Finanziamento 1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse con il mandato dell'RSUE per il periodo dal 1o marzo 2019 al 28 febbraio 2021 è pari a 2 100 270,50 EUR. 2. Le spese sono gestite nel rispetto delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell'Unione. 3. La gestione delle spese è oggetto di un contratto fra l'RSUE e la Commissione. L'RSUE è responsabile dinanzi alla Commissione di tutte le spese. Articolo 6 Costituzione e composizione della squadra 1. Nei limiti del mandato dell'RSUE e dei corrispondenti mezzi finanziari messi a disposizione, l'RSUE è responsabile della costituzione di una squadra. La squadra dispone delle competenze necessarie su problemi politici specifici, secondo le esigenze del mandato. L'RSUE informa senza indugio il Consiglio e la Commissione della composizione della squadra. 2. Gli Stati membri, le istituzioni dell'Unione e il SEAE possono proporre il distacco di personale che lavori con l'RSUE. La retribuzione di tale personale distaccato è a carico, rispettivamente, dello Stato membro o dell'istituzione dell'Unione che l'ha distaccato, o del SEAE. Anche gli esperti distaccati dagli Stati membri presso le istituzioni dell'Unione o il SEAE possono essere assegnati all'RSUE. Il personale internazionale a contratto ha la cittadinanza di uno Stato membro. 3. Ciascun membro del personale distaccato resta, rispettivamente, alle dipendenze amministrative dello Stato membro o dell'istituzione dell'Unione che l'ha distaccato ovvero del SEAE e assolve i propri compiti e agisce nell'interesse del mandato dell'RSUE. 4. Il personale dell'RSUE condivide gli uffici dei pertinenti servizi del SEAE o delle delegazioni dell'Unione per assicurare la coerenza e corrispondenza delle loro rispettive attività. Articolo 7 Sicurezza delle informazioni classificate UE L'RSUE e i membri della sua squadra rispettano i principi e le norme minime di sicurezza fissati dalla decisione 2013/488/UE del Consiglio (3). Articolo 8 Accesso alle informazioni e supporto logistico 1. Gli Stati membri, la Commissione, il SEAE e il segretariato generale del Consiglio assicurano che l'RSUE abbia accesso a ogni pertinente informazione. 2. Le delegazioni dell'Unione e le rappresentanze diplomatiche degli Stati membri, a seconda dei casi, forniscono il supporto logistico all'RSUE. Articolo 9 Sicurezza Conformemente alla politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nell'ambito di una capacità operativa ai sensi del titolo V del trattato, l'RSUE adotta tutte le misure ragionevolmente praticabili, in conformità del mandato dell'RSUE e in funzione della situazione di sicurezza nell'area di competenza, per garantire la sicurezza di tutto il personale sotto la diretta autorità dell'RSUE, in particolare: a) stabilendo un piano di sicurezza specifico, basato su orientamenti forniti dal SEAE, che contempli specifiche misure di sicurezza fisiche, organizzative e procedurali che regolano la gestione della sicurezza dei movimenti del personale verso l'area di competenza e al suo interno, nonché la gestione degli incidenti di sicurezza, e fornisca un piano di emergenza e di evacuazione; b) assicurando che tutto il personale schierato al di fuori dell'Unione abbia una copertura assicurativa contro i rischi gravi, in funzione delle condizioni esistenti nell'area di competenza; c) assicurando che tutti i membri della squadra dell'RSUE schierati al di fuori dell'Unione, compreso il personale assunto a livello locale, ricevano un'adeguata formazione su questioni relative alla sicurezza, prima o al momento dell'arrivo nell'area di competenza, sulla base dei livelli di rischio assegnati dal SEAE a tale area; d) assicurando che siano attuate tutte le raccomandazioni formulate di comune accordo in seguito a valutazioni periodiche della sicurezza, e presentando al Consiglio, all'AR e alla Commissione relazioni scritte sull'attuazione di tali raccomandazioni e su altre questioni di sicurezza nell'ambito delle relazioni sui progressi compiuti e della relazione di esecuzione del mandato. Articolo 10 Relazioni L'RSUE riferisce periodicamente all'AR e al CPS oralmente e per iscritto. Se del caso, l'RSUE riferisce anche ai gruppi di lavoro del Consiglio, in particolare al Gruppo «Diritti umani». Le relazioni periodiche sono diffuse mediante la rete COREU. L'RSUE può presentare relazioni al Consiglio «Affari esteri». A norma dell'articolo 36 del trattato, l'RSUE può essere associato all'informazione del Parlamento europeo. Articolo 11 Coordinamento 1. L'RSUE contribuisce all'unità, alla coerenza e all'efficacia dell'azione dell'Unione e concorre ad assicurare che tutti gli strumenti dell'Unione e le azioni degli Stati membri siano impiegati in un quadro coerente, ai fini del raggiungimento degli obiettivi politici dell'Unione. Le attività dell'RSUE sono coordinate con quelle degli Stati membri e della Commissione nonché, se del caso, con quelle degli altri RSUE. L'RSUE informa regolarmente le missioni degli Stati membri e le delegazioni dell'Unione. 2. Sono mantenuti stretti contatti sul campo con i pertinenti capi delle missioni degli Stati membri, con i capi delle delegazioni dell'Unione, nonché con i capi o comandanti delle missioni e operazioni di politica di sicurezza e di difesa comune e, se del caso, altri RSUE, Essi si adoperano al massimo per assistere l'RSUE nell'esecuzione del mandato. 3. L'RSUE inoltre mantiene stretti contatti e ricerca complementarità e sinergie con altri attori internazionali e regionali a livello centrale e sul campo. L'RSUE ricerca contatti regolari con le organizzazioni della società civile, sia a livello centrale che sul campo. Articolo 12 Riesame L'attuazione della presente decisione e la coerenza della stessa con altri contributi dell'Unione sono riesaminate periodicamente. L'RSUE presenta al Consiglio, all'AR e alla Commissione relazioni periodiche sui progressi compiuti e una relazione esauriente sull'esecuzione del mandato entro il 30 novembre 2020. Articolo 13 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione. Essa si applica a decorrere dal 1o marzo 2019. Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2019 Per il Consiglio Il presidente G. CIAMBA (1) Decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani (GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21). (2) Decisione 2011/168/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, sulla Corte penale internazionale e che abroga la posizione comune 2003/444/PESC (GU L 76 del 22.3.2011, pag. 56). (3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1).
Il rappresentante speciale dell’UE per i diritti umani QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? Essa nomina il Rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per i diritti umani. PUNTI CHIAVE Il ruolo degli RSUE è quello di promuovere gli obiettivi della politica per i diritti umani definiti nei trattati dell’UE, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nel Quadro strategico dell’UE sui diritti umani e la democrazia. Essi comprendono:rafforzare l’efficacia, la presenza e la visibilità dell’Unione per la protezione e promozione dei diritti umani, in particolare agendo nei pertinenti consessi internazionali e tramite la cooperazione e il dialogo politico coni paesi terzi,i partner pertinenti,le imprese,la società civile,le organizzazioni internazionali e regionali; potenziare il contributo dell’Unione al rafforzamento della democrazia e della costruzione istituzionale, dello Stato di diritto, del buon governo e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutto il mondo; migliorare la coerenza dell’azione dell’Unione in materia di diritti umani e l’inclusione dei diritti umani in tutti i settori dell’azione esterna dell’Unione. L’RSUE è responsabile dell’attuazione dei suddetti obiettivi politici e opera sotto l’autorità dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). Il comitato politico e di sicurezza (CPS) del Consiglio fornisce all’RSUE un orientamento strategico e una direzione politica e costituisce il principale punto di contatto con il Consiglio dell’Unione europea. L’RSUE opera in pieno coordinamento con il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) per assicurare la coerenza del rispettivo operato nel campo dei diritti umani. L’RSUE è responsabile della costituzione di una squadra e di garantire che essa sia in possesso delle competenze necessarie ad adempiere ai propri incarichi. I membri della squadra sono alle dipendenze amministrative delle istituzioni europee, degli Stati membri e del SEAE e assolvono i loro compiti e agiscono nell’interesse del mandato dell’RSUE. L’RSUE deve adottare tutte le misure ragionevolmente praticabili, per la sicurezza dei membri della squadra che opera sotto al sua diretta autorità. L’RSUE riferisce periodicamente:all’AR, al CPS, al al gruppo «Diritti umani» del Consiglio. Le relazioni scritte periodiche sono diffuse mediante la rete COREU. La decisione originale è stata modificata ed estesa più volte, la più recente delle quali nel 2018. La decisione (PESC) 2018/225 assegna all’RSUE un importo di 894 178 euro per il periodo fino al 28 febbraio 2019, data della scadenza del mandato dell’RSUE. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? La decisione è stata applicata dal 1o marzo 2019. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:rappresentanti speciali dell’Unione europea (Servizio europeo per l’azione esterna); quadro strategico e piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia (Consiglio dell’Unione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione (PESC) 2019/346 del Consiglio, del 28 febbraio 2019, che nomina il rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 62 del 1.3.2019, pag. 12). DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21). Le modifiche successive alla decisione 2012/440/PESC sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Decisione (PESC) 2015/260 del Consiglio, del 17 febbraio 2015, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 43 del 18.2.2015, pag. 29). Si veda la versione consolidata. Decisione (PESC) 2017/346 del Consiglio, del 27 febbraio 2017, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 50 del 28.2.2017, pag. 66). Si veda la versione consolidata. Decisione (PESC) 2018/225 del Consiglio, del 15 febbraio 2018, che modifica la decisione (PESC) 2017/346 che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 43 del 16.2.2018, pag. 14).
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Risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione, riuniti in sede di Consiglio, del 6 dicembre 1990, concernente la rete EURYDICE di informazione sull'istruzione nella Comunità europea Gazzetta ufficiale n. C 329 del 31/12/1990 pag. 0023 - 0024 RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO E DEI MINISTRI DELL'ISTRUZIONE, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 6 dicembre 1990 concernente la rete EURYDICE di informazione sull'istruzione nella Comunità europea (90/C 329/08) IL CONSIGLIO ED I MINISTRI DELL'ISTRUZIONE RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO, con riferimento alla risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio, del 9 febbraio 1976, contenente un programma d'azione nel settore dell'istruzione (1), oltre che alla relazione generale del comitato dell'istruzione, approvato quanto al merito dal Consiglio e dai ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio, nella sessione del 27 giugno 1980, concernente la definizione di una rete d'informazione sull'istruzione, denominata EURYDICE, oltre che, per la fase iniziale, i destinatari, i temi prioritari e la struttura di funzionamento della rete; con riferimento a numerose risoluzioni del Parlamento europeo, ed in particolare a quella dell'11 marzo 1982 (2) concernente l'istituzione della rete EURYDICE; considerando che il processo di integrazione politica, economica e sociale della Comunità europea ha come conseguenza un aumento quantitativo e qualitativo dei bisogni d'informazione sui sistemi di istruzione e formazione e su problemi specifici relativi allo sviluppo dei sistemi di insegnamento e che la rete EURYDICE è parte di un insieme di fonti pubbliche e private di informazione in materia di istruzione nella Comunità; considerando che nelle conclusioni del 6 ottobre 1989 (3), il Consiglio e i ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio hanno convenuto di sviluppare la cooperazione in materia di istruzione nella prospettiva del 1993 e che hanno riconosciuto la validità della rete EURYDICE in quanto strumento di questa cooperazione, da ultimo nelle conclusioni del 31 maggio 1990 (4) riguardanti le riunioni degli alti funzionari; considerando che la risoluzione del Consiglio del 22 gennaio 1990 prevede lo sviluppo di un programma che ha per obiettivo la realizzazione di reti transeuropee, delle quali la rete EURYDICE può essere considerata un elemento; congratulandosi per le misure prese dalla Commissione per sviluppare la cooperazione con organizzazioni internazionali in questo settore, e soprattutto con il Consiglio d'Europa per la coproduzione del Thesaurus europeo dell'istruzione; prendendo atto del rapporto della Commissione sui dieci anni di attività di EURYDICE, che mette in rilievo il bisogno di definire meglio e di sviluppare la rete d'informazione sull'istruzione nella Comunità europea, ADOTTANO LA PRESENTE RISOLUZIONE: 1. Per intensificare e migliorare la cooperazione in materia di istruzione fra gli Stati membri e la Comunità, oltre che facilitare la preparazione di iniziative a livello nazionale e comunitario, risulta necessario rafforzare e sviluppare la rete EURYDICE come strumento principale d'informazione sulle strutture, i sistemi, gli sviluppi nazionali e comunitari nel campo dell'istruzione. La rete è costituita da un'unità europea e da unità negli Stati membri ed è concepita come un sistema che permette lo scambio reciproco di informazioni a carattere documentario. 2.Lo sviluppo della rete EURYDICE dovrà contribuire a: a) migliorare innanzitutto la procedura del dispositivo domande/risposte destinato a fornire rapidamente un'informazione affidabile alle autorità responsabili ai livelli nazionali e comunitario; b)facilitare poi l'elaborazione di analisi comparative, rapporti e sintesi su temi prioritari comuni, definiti soprattutto all'interno del comitato dell'istruzione e nelle riunioni regolari degli alti funzionari; c)diversificare anche la diffusione dei prodotti disponibili nell'ambito della rete, collaborando con altri enti pubblici e privati. 3.Nei limiti costituzionali e finanziari e nell'ambito delle loro politiche e strutture specifiche, gli Stati membri e la Commissione sono invitati, nello spirito del principio di sussidiarietà, a promuovere le attività seguenti: a) rendere più coerente ed efficace il processo di raccolta e di trattamento documentario delle informazioni utilizzando pienamente le nuove tecnologie; b)rendere più accessibili le diverse fonti di informazioni specializzate, favorendo la cooperazione fra le unità della rete e le strutture e servizi di informazione sull'istruzione e la formazione, ai livelli nazionali e a quello comunitario; c)procedere ad una revisione dei metodi di lavoro al fine di garantire una maggiore efficacia ed efficienza. 4.Le unità degli Stati membri dovranno essere messe in condizione di svolgere un duplice ruolo: da una parte, fornire alla rete europea le informazioni relative allo sviluppo del proprio sistema di insegnamento; d'altra parte, servire da relais di diffusione dell'informazione a livello nazionale sull'evoluzione dei sistemi e delle politiche dell'insegnamento degli Stati membri e delle attività comunitarie concernenti la cooperazione in materia di istruzione. 5.Al fine di assicurare un'informazione più coerente sulle attività comunitarie, le unità degli Stati membri, dovranno essere in collegamento con i responsabili nazionali delle attività comunitarie in materia di istruzione e formazione. 6.Affinché possano svolgere le proprie funzioni in una rete europea attiva, le unità degli Stati membri dovranno prendere misure adeguate per quanto riguarda il personale e la sua formazione, nonché le attrezzature. 7.La Commissione è invitata a rinforzare il ruolo di dinamizzazione e coordinazione dell'unità europea EURYDICE negli scambi di informazione all'interno della rete, soprattutto attraverso l'alimentazione delle banche dati della rete, e favorendo l'elaborazione e la diffusione delle informazioni. 8.L'unità europea, con il concorso delle unità degli Stati membri, dovrà sviluppare un sistema di informazione automatizzato in materia di istruzione e facilitare l'accesso delle unità alle altre banche dati comunitarie. 9.L'unità europea, con il concorso delle unità degli Stati membri, dovrà contribuire a diffondere l'informazione sulle attività comunitarie in materia di istruzione e formazione, segnatamente in cooperazione con il Centro per lo sviluppo della formazione professionale (CEDEFOP) e con la rete della Comunità europea e dei centri nazionali di informazione per il riconoscimento accademico (NARIC). 10.L'unità europea dovrà fornire l'assistenza tecnica alla preparazione ed al seguito delle riunioni degli alti funzionari, con il concorso delle Unità degli Stati membri. 11.La Commissione è invitata a proseguire la propria cooperazione con le organizzazioni internazionali che svolgono attività in questo settore, ed in particolare con il Consiglio d'Europa e l'OCSE, associando la rete EURYDICE in questa cooperazione. 12.La Commissione è invitata a rinforzare i legami con il programma esistente di visite di studio per specialisti dell'educazione (ARION), il cui obiettivo è del pari lo scambio di informazioni fra i sistemi di insegnamento, associando EURYDICE alla preparazione delle visite ed all'utilizzazione dell'informazione acquisita attraverso tali visite. 13.La Commissione è invitata a presentare al Consiglio una relazione sull'andamento dei lavori concernente in particolare le attività descritte nel paragrafo 3 in merito allo scambio di informazioni in materia di istruzione. (1) GU n. C 38 del 19. 2. 1976. (2) GU n. C 87 del 5. 4. 1982. (3) GU n. C 277 del 31. 10. 1989. (4) GU n. C 162 del 31. 5. 1990.
Eurydice: la rete europea dedicata alle informazioni sulle politiche e i sistemi d'istruzione QUAL È LO SCOPO DELLA RISOLUZIONE? Essa intende rafforzare e sviluppare la rete Eurydice, che offre informazioni sulle strutture, i sistemi e gli sviluppi nel campo dell'istruzione a livello nazionale ed europeo. PUNTI CHIAVE La rete Eurydice rappresenta una vastissima fonte di informazioni comparabili sui sistemi d’istruzione e sulle politiche educative in Europa e fornisce un'ampia gamma di analisi comparative su vari aspetti dei sistemi d'istruzione. La rete supporta la cooperazione europea nei settori dell'istruzione e dell'apprendimento permanente quando essa sia basata su elementi concreti. Attualmente, la rete comprende 42 unità nazionali in tutti e 38 i paesi partecipanti al Programma Erasmus+. Le informazioni fornite dalle unità di Eurydice comprendono dati relativi a documenti ufficiali, quali leggi, decreti, regolamenti e raccomandazioni. Tali informazioni vengono combinate dall'unità centrale di Eurydice (con sede a Bruxelles) con altre fonti di dati, come i dati statistici provenienti dall'Eurostat, dalla base di dati dell'UOE (una base di dati congiunta di Unesco, OCSE ed Eurostat) ed i risultati delle indagini internazionali sull'istruzione, allo scopo di produrre le relazioni finali. Mediante il suo lavoro, Eurydice intende promuovere la comprensione, la cooperazione, la fiducia e la mobilità a livello europeo e internazionale. La rete è composta da unità presenti nei paesi europei ed è coordinata dall'Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA) dell'UE. Tutte le pubblicazioni di Eurydice sono disponibili gratuitamente sul sito Internet di Eurydice o in formato cartaceo su richiesta. CONTESTO Per ulteriori informazioni su Eurydice, consultare: «Benvenuti su Eurydice» sul sito Internet dell'EACEA DOCUMENTO PRINCIPALE Risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione, riuniti in sede di Consiglio, del 6 dicembre 1990 concernente la rete Eurydice di informazione sull'istruzione nella Comunità europea (GU C 329 del 31.12.1990, pag. 23.24) ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 50-73)
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 13 luglio 2010 a norma dell’articolo 140, paragrafo 2, del trattato, relativa all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1o gennaio 2011 (2010/416/UE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (il «trattato»), in particolare l'articolo 140, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, vista la relazione della Commissione europea, vista la relazione della Banca centrale europea, visto il parere del Parlamento europeo, visto il dibattito in seno al Consiglio europeo, vista la raccomandazione presentata dai membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri la cui valuta è l'euro, considerando quanto segue: (1) La terza fase dell'Unione economica e monetaria («UEM») è iniziata il 1o gennaio 1999. Con la decisione 1998/317/CE (1) il Consiglio, riunito a Bruxelles il 3 maggio 1998 nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha stabilito che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, l'Austria, il Portogallo e la Finlandia soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1o gennaio 1999. (2) Con la decisione 2000/427/CE (2) il Consiglio ha stabilito che la Grecia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2001. Con la decisione 2006/495/CE (3) il Consiglio ha stabilito che la Slovenia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2007. Con le decisioni 2007/503/CE (4) e 2007/504/CE (5) il Consiglio ha stabilito che Cipro e Malta, rispettivamente, soddisfacevano le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2008. Con la decisione 2008/608/CE (6) il Consiglio ha stabilito che la Slovacchia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2009. (3) A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intendeva passare alla terza fase dell'UEM il 1o gennaio 1999. Da allora tale notifica non è stata revocata. A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative alla Danimarca allegato al trattato che istituisce la Comunità europea e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato o di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intendeva partecipare alla terza fase dell'UEM. La Danimarca non ha chiesto l'avvio della procedura di cui all'articolo 140, paragrafo 2, del trattato. (4) A norma della decisione 98/317/CE la Svezia beneficia di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. Conformemente all'articolo 4 dell'atto di adesione del 2003, la Repubblica ceca, l'Estonia, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria e la Polonia beneficiano di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. A norma dell'articolo 5 dell’atto di adesione del 2005, la Bulgaria e la Romania beneficiano di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. (5) La Banca centrale europea («BCE») è stata istituita il 1o luglio 1998. Il sistema monetario europeo è stato sostituito da un meccanismo di cambio, la cui istituzione è stata decisa con una risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997, sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (7). Le procedure operative del meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (ERM II) sono state stabilite nell'accordo del 16 marzo 2006 tra la BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro, che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (8). (6) La procedura per l'abolizione della deroga degli Stati membri che ne beneficiano è stabilita nell'articolo 140, paragrafo 2, del trattato. Almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la BCE riferiscono al Consiglio in conformità della procedura di cui all'articolo 140, paragrafo 1, del trattato. Le più recenti relazioni periodiche sulla convergenza della Commissione e della BCE sono state adottate nel maggio 2010. (7) La legislazione nazionale degli Stati membri, inclusi gli statuti delle banche centrali nazionali, deve essere adattata, se necessario, per garantire la compatibilità con gli articoli 130 e 131 del trattato e lo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea («statuto del SEBC e della BCE»). Le relazioni della Commissione e della BCE forniscono una valutazione dettagliata della compatibilità della legislazione dell'Estonia con gli articoli 130 e 131 del trattato e lo statuto del SEBC e della BCE. (8) A norma dell'articolo 1 del protocollo n. 13 sui criteri di convergenza («il protocollo»), il criterio relativo alla stabilità dei prezzi di cui all'articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del trattato significa che uno Stato membro presenta un andamento dei prezzi sostenibile e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della stabilità dei prezzi l'inflazione si misura mediante indici dei prezzi al consumo armonizzati (IPCA) definiti nel regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (9). Per valutare la stabilità dei prezzi, l'inflazione di uno Stato membro è stata misurata in base alla variazione percentuale della media aritmetica di 12 indici mensili rispetto alla media aritmetica dei 12 indici mensili precedenti. Nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorato di 1,5 punti percentuali. Nel periodo di un anno che è terminato a marzo 2010, il valore di riferimento dell’inflazione è stato calcolato all'1,0 %, con Portogallo, Estonia e Belgio che rappresentavano i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, con tassi di inflazione, rispettivamente, a – 0,8 %, – 0,7 % e – 0,1 %. Nelle attuali circostanze economiche caratterizzate da un forte shock negativo comune, in cui un numero significativo di paesi affrontano episodi di tassi di inflazione negativi, sembra giustificato escludere dall'elenco dei paesi che hanno conseguito i migliori risultati quelli il cui tasso medio d'inflazione differisce nettamente dalla media dell'area euro (0,3 % nel marzo 2010) — in linea con il precedente della relazione di convergenza del 2004 —, poiché tali paesi non possono essere ragionevolmente considerati quali paesi che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi e includendoli si influirebbe fortemente sul valore di riferimento e, conseguentemente, sull'equità del criterio. Per marzo 2010, tale ragionamento conduce all'esclusione dell'Irlanda, che è il solo paese il cui tasso d'inflazione medio su dodici mesi (a – 2,3 % nel marzo 2010) si differenziava nettamente rispetto a quello dell'area euro e degli altri Stati membri, soprattutto a causa del forte rallentamento economico. (9) A norma dell'articolo 2 del protocollo, il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all'articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, del trattato significa che al momento dell'esame lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio a norma dell'articolo 126, paragrafo 6, del trattato circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo. (10) A norma dell'articolo 3 del protocollo, il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo di cui all'articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, del trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni per un periodo di almeno due anni prima dell'esame. In particolare, e per lo stesso periodo, non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti dell'euro. Dal 1o gennaio 1999 l'ERM II fornisce il quadro di riferimento per la valutazione del rispetto del criterio relativo al tasso di cambio. Nel valutare nelle loro relazioni il rispetto di questo criterio, la Commissione e la BCE hanno preso in esame il periodo di due anni conclusosi il 23 aprile 2010. (11) A norma dell'articolo 4 del protocollo, il criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse di cui all'articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino del trattato, significa che il tasso medio d'interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro, osservato nell'arco di un anno prima dell'esame, non ha superato di oltre due punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse sono stati utilizzati i tassi d'interesse comparabili delle obbligazioni di riferimento a dieci anni emesse dallo Stato. L'Estonia, che era uno degli Stati membri con i risultati migliori in termini di stabilità dei prezzi nel marzo 2010, non dispone di obbligazioni di Stato di riferimento a lungo termine armonizzate, né di titoli comparabili che possano essere utilizzati per calcolare il valore di riferimento. Di conseguenza, conformemente al testo del protocollo (che menziona i «tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi»), per valutare il rispetto del criterio della convergenza dei tassi d'interesse, nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come la media aritmetica semplice dei tassi d'interesse nominali degli altri due Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorata di due punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento per il periodo di un anno che termina a marzo 2010 era pari al 6,0 %, la media dei tassi d'interesse del Portogallo (4,2 %) e del Belgio (3,8 %), maggiorata di due punti percentuali. (12) A norma dell'articolo 5 del protocollo, i dati statistici da usare per l'attuale valutazione del rispetto dei criteri di convergenza devono essere forniti dalla Commissione. La Commissione ha fornito i dati per l'elaborazione della presente decisione. I dati di bilancio sono stati forniti dalla Commissione in base alle informazioni comunicate dagli Stati membri entro il 1o aprile 2010 a norma del regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (10). (13) Sulla base delle relazioni presentate dalla Commissione e dalla BCE sui progressi compiuti dall'Estonia nell'adempimento dei suoi obblighi relativi alla realizzazione dell'UEM, la Commissione può concludere che: a) la legislazione nazionale estone, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 130 e 131 del trattato e con lo statuto del SEBC e della BCE; b) per quanto riguarda il rispetto da parte dell'Estonia dei criteri di convergenza indicati nei quattro trattini dell'articolo 140, paragrafo 1, del trattato: — il tasso medio di inflazione dell'Estonia nei dodici mesi fino a marzo 2010 è stato pari a – 0,7 %, ossia ben inferiore al valore di riferimento, e dovrebbe mantenersi al di sotto di tale valore anche nei prossimi mesi, — l'Estonia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo con un disavanzo di bilancio nel 2009 pari all'1,7 % del PIL, — l'Estonia fa parte dell'ERM II dal 28 giugno 2004; nel biennio terminato il 23 aprile 2010, la corona estone non ha subito gravi tensioni e non si è registrata alcuna differenza in relazione alla sua parità centrale all'interno dell'ERM II dal momento della sua partecipazione al meccanismo, — dato il basso livello di debito pubblico lordo dell'Estonia, non sono disponibili obbligazioni statali a lungo termine o titoli analoghi da utilizzare come riferimento per valutare la sostenibilità della convergenza quale risulta dai tassi di interesse a lungo termine. La percezione del rischio sui mercati finanziari per quanto riguarda l'Estonia si è accresciuta all'apice della crisi, ma la sua evoluzione nel periodo di riferimento e una valutazione più globale della durabilità della convergenza, tenuto conto in particolare dei risultati della politica di bilancio dell'Estonia e della relativa flessibilità dell'economia, supporterebbe una valutazione positiva del rispetto da parte dell'Estonia del criterio dei tassi d'interesse a lungo termine; c) alla luce della valutazione della compatibilità della legislazione e del rispetto dei criteri di convergenza e dei fattori aggiuntivi, l'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. La deroga nei confronti dell'Estonia di cui all’articolo 4 dell’atto di adesione del 2003, è abrogata a decorrere dal 1o gennaio 2011. Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 13 luglio 2010. Per il Consiglio Il presidente D. REYNDERS (1) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 30. (2) GU L 167 del 7.7.2000, pag. 19. (3) GU L 195 del 15.7.2006, pag. 25. (4) GU L 186 del 18.7.2007, pag. 29. (5) GU L 186 del 18.7.2007, pag. 32. (6) GU L 195 del 24.7.2008, pag. 24. (7) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5. (8) GU C 73 del 25.3.2006, pag. 21. (9) GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1. (10) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1.
Adesione dell'Estonia all'euro (2011) L'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. Essa adotterà quindi l'euro come moneta unica a partire dal 1º gennaio 2011. L'Estonia è il diciassettesimo Stato membro dell'Unione europea ad adottare l'euro. ATTO Decisione 2010/416/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, a norma dell’articolo 140, paragrafo 2, del trattato, relativa all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1º gennaio 2011 [Gazzetta ufficiale L 196 del 28.7.2010]. SINTESI Con la presente decisione, il Consiglio accerta che l'Estonia soddisfa tutte le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro: l'Estonia soddisfa i requisiti stabiliti dai criteri di convergenza: la stabilità dei prezzi; la situazione delle finanze pubbliche; la partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo; la presenza di un tasso d'interesse a lungo termine soddisfacente; l'Estonia dispone di una legislazione nazionale compatibile con l'introduzione dell'euro. Pertanto l'Estonia adotterà l'euro a partire dal 1º gennaio 2011. Stabilità dei prezzi Gli Stati membri devono presentare un andamento dei prezzi sostenibile. Ai fini del criterio, il tasso d'inflazione annuale dello Stato membro dev'essere inferiore al valore di riferimento, che corrisponde alla media dei tassi di inflazione annuale dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Se il tasso d'inflazione dello Stato membro candidato non supera di oltre 1,5 punti percentuali il valore di riferimento e se il suo risultato in termini di stabilità dei prezzi è considerato sostenibile, allora il criterio di stabilità dei prezzi è soddisfatto. Il Consiglio constata che il tasso d'inflazione annuale medio in Estonia calcolato nel marzo 2010 (-0.7%) è ben inferiore al valore di riferimento (0.3%) e ritiene quindi sostenibile il suo risultato in termini di stabilità dei prezzi. Finanze pubbliche L'Estonia non presenta alcun disavanzo di bilancio eccessivo. La situazione delle finanze pubbliche del paese è quindi soddisfacente e permette l'introduzione dell'euro. Partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo Il meccanismo stabilisce un tasso di cambio centrale tra l'euro e le monete nazionali degli Stati membri e autorizza fluttuazioni moderate rispetto al tasso centrale. Ciascun paese candidato all'adozione dell'euro deve aver partecipato a tale meccanismo di cambio per almeno due anni senza aver subito gravi tensioni nel corso della sua moneta. Conformemente ai requisiti dei trattati, la corona estone ha adottato tale meccanismo di cambio nel giugno 2004 e non ha subito gravi tensioni nel biennio di esame della sua candidatura. Tassi d'interesse a lungo termine I tassi d'interesse a lungo termine sono calcolati in base ai tassi d'interesse delle obbligazioni a lungo termine emesse dagli Stati membri. Il Consiglio constata che il livello del debito pubblico dell'Estonia è molto basso e che non esistono quindi tassi di interesse a lungo termine appropriati per analizzare la sostenibilità della convergenza dell'Estonia. Il Consiglio ha quindi tenuto conto dell'analisi qualitativa di vari indicatori economici e finanziari nonché dei risultati della politica di bilancio dell'Estonia e della relativa flessibilità dell'economia per valutare il rispetto del criterio dei tassi d'interesse a lungo termine. Legislazione nazionale Oltre a soddisfare i criteri di convergenza, uno Stato membro candidato dell'euro deve anche disporre di una legislazione nazionale compatibile con l'introduzione della moneta unica. Nel caso specifico, il Consiglio constata che la legislazione interna dell'Estonia non pone alcun problema all'introduzione dell'euro. Essa è infatti compatibile con lo statuto della Banca centrale europea e del sistema europeo di banche centrali (SEBC). Si ricorda che il SEBC è composto dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali degli Stati membri. L'obiettivo principale del SEBC è mantenere la stabilità dei prezzi.
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2002/621/CE: Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore, del 25 luglio 2002, relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee Gazzetta ufficiale n. L 197 del 26/07/2002 pag. 0056 - 0059 Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatoredel 25 luglio 2002relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee(2002/621/CE)I SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, IL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, I SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE, DEL COMITATO DELLE REGIONI E IL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE,visto lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio(1),vista la decisione del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee, in particolare l'articolo 5(2),considerando quanto segue:(1) In virtù dell'articolo 27 dello statuto, le istituzioni devono fare in modo che le assunzioni assicurino loro la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità, assunti secondo una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri delle Comunità, senza distinzione di razza, di credo politico, filosofico o religioso, di sesso o orientamento sessuale e indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro situazione familiare.(2) L'allegato III dello statuto definisce all'articolo 1, punto 1, terzo comma, le competenze della commissione paritetica comune e, all'articolo 3, secondo comma, le modalità di designazione dei membri della giuria per l'organizzazione dei concorsi generali,DECIDONO:Articolo 1Compiti dell'Ufficio1. L'Ufficio è incaricato di organizzare concorsi generali al fine di garantire alle istituzioni delle Comunità europee i servizi di funzionari reclutati nelle migliori condizioni finanziarie e di professionalità. L'Ufficio stabilisce l'elenco dei candidati risultati idonei per consentire alle istituzioni l'assunzione di personale altamente qualificato e rispondente ai bisogni definiti dalle stesse istituzioni.2. Più in particolare, l'Ufficio ha i seguenti compiti:a) a richiesta di una singola istituzione organizza concorsi generali al fine di stabilire elenchi di idoneità per la nomina dei funzionari. I concorsi sono organizzati nel rispetto delle disposizioni dello statuto, sulla base dei criteri armonizzati fissati in conformità dell'articolo 6, lettera c) e del programma di lavoro approvato dal consiglio di amministrazione;b) agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le necessità future in materia di personale manifestate dalle istituzioni e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità nei tempi opportuni;c) mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente alle competenze richieste per le differenti categorie del personale delle istituzioni;d) gestione e controllo dell'utilizzo degli elenchi degli idonei stabiliti sulla base dei concorsi interistituzionali;e) presenta alle istituzioni relazioni annuali sulle sue attività.Articolo 2Responsabilità delle istituzioniL'autorità che ha il potere di nomina di ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti sulla base delle "quote" approvate dal consiglio di amministrazione come previsto dall'articolo 6, lettera i), per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione conformemente alle disposizioni dell'articolo 3 dell'allegato III dello statuto.Articolo 3Altri servizi1. Sulla base di un accordo tra il direttore dell'Ufficio e qualsiasi organo, ufficio o agenzia, l'Ufficio può organizzare procedure di selezione finalizzate all'assunzione di personale da parte di tale organo, ufficio o agenzia. Prima di concludere un tale accordo, il direttore dell'Ufficio chiede l'approvazione del consiglio di amministrazione. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall'Ufficio.2. Se del caso, l'Ufficio può fornire un sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici o agenzie.3. Su richiesta di un'istituzione, l'Ufficio organizza la procedura di selezione degli altri agenti al fine di stabilire elenchi di idonei e/o basi di dati a cui tutte le istituzioni possano attingere per l'assunzione di altri agenti.4. Queste attività sono incluse nel programma di lavoro dell'Ufficio conformemente all'articolo 6, lettera f), purché l'istituzione in questione presenti la domanda tempestivamente.Articolo 4Reclami e domande1. Il direttore dell'Ufficio esercita i poteri che sono conferiti all'autorità che ha il potere di nomina in virtù dell'articolo 90, dello statuto per tutte le domande o i reclami relativi ai compiti dell'Ufficio.2. In caso di reclami, il direttore dell'Ufficio, qualora intenda confermare la sua decisione iniziale, consulta il presidente del consiglio di amministrazione.3. L'Ufficio risponde alle domande inoltrate dal Mediatore europeo per tutte le questioni di sua competenza ai sensi della presente decisione.Articolo 5Consiglio di amministrazione1. È istituito un consiglio di amministrazione dell'Ufficio composto da un membro per ognuna delle istituzioni (designato dalle stesse) e tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati di comune accordo dai comitati del personale delle istituzioni.2. Il consiglio di amministrazione designa un presidente che viene scelto tra i suoi membri con votazione a maggioranza semplice e che resta in carica due anni.3. Il consiglio di amministrazione adotta il proprio regolamento interno con votazione a maggioranza semplice dopo averlo sottoposto all'esame delle istituzioni.4. Il consiglio di amministrazione si riunisce su iniziativa del presidente o su richiesta di uno dei membri.5. Quando il consiglio di amministrazione adotta una decisione a maggioranza semplice ogni istituzione dispone di un voto. In caso di parità il voto del presidente è decisivo.6. Quando il consiglio di amministrazione delibera a maggioranza qualificata, i voti sono ripartiti come segue tra le istituzioni: Commissione, 18 voti; Parlamento europeo, 7 voti; Consiglio, 7 voti; Corte di giustizia, 3 voti; Corte dei conti, 2 voti; Comitato economico e sociale: 2 voti; Comitato delle regioni, 2 voti; Mediatore europeo, 1 voto. La maggioranza qualificata è di 24 voti.Articolo 6Funzioni del consiglio di amministrazioneNell'interesse comune delle istituzioni, il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni:a) approva, a maggioranza qualificata, le norme di funzionamento dell'Ufficio;b) approva, a maggioranza semplice, la struttura organizzativa dell'Ufficio su proposta del direttore dello stesso;c) nel rispetto dell'accordo da concludere tra i segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, il cancelliere della Corte di giustizia, i segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e il rappresentante del Mediatore europeo relativo ai principi comuni di una politica armonizzata di selezione e di assunzione e ai principi di utilizzo degli elenchi degli idonei come pure delle disposizioni statutarie in materia, approva, a maggioranza qualificata sulla base delle proposte presentate dal direttore dell'Ufficio, i principi della politica di selezione che sarà messa in atto da quest'ultimo;d) nell'ambito della procedura di bilancio e deliberando a maggioranza semplice, redige, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, uno stato di previsione delle entrate e delle spese dell'Ufficio, che trasmette poi alla Commissione affinché essa possa stabilire lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Commissione; in questo stesso ambito propone alla Commissione gli adeguamenti dell'organico dell'Ufficio che esso ritiene necessari;e) approva, a maggioranza semplice, la natura e le tariffe delle prestazioni supplementari che l'Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie, come pure le condizioni in cui tali prestazioni possono essere effettuate;f) sulla base di una proposta del direttore dell'Ufficio, approva all'unanimità il programma di lavoro e, in particolare, la pianificazione e il calendario dei concorsi da organizzare. Il programma di lavoro deve includere anche i servizi non connessi con i concorsi generali organizzati per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie;g) approva, a maggioranza qualificata, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, una relazione annua di gestione che riguarda in particolare tutte le voci di entrata e di spesa relative ai lavori effettuati e alle prestazioni fornite dall'Ufficio; anteriormente al 1o maggio di ogni anno, sulla scorta della contabilità analitica, trasmette alle istituzioni la relazione sull'esercizio precedente;h) approva, a maggioranza semplice, aggiornandola ogni tre anni, una ripartizione giusta ed equilibrata dei costi variabili e diretti da imputare a fini analitici a ciascuna delle istituzioni;i) sulla base delle necessità in materia di assunzioni, decide, a maggioranza semplice, le modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti;j) approva, a maggioranza semplice, le condizioni alle quali l'Ufficio può concedere il suo accordo alle istituzioni per l'organizzazione di concorsi propri conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, della decisione delle istituzioni.Articolo 7Nomina del personale1. L'Ufficio è guidato da un direttore nominato dalla Commissione, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione espresso a maggioranza semplice. Il consiglio di amministrazione collabora fattivamente all'espletamento delle procedure necessarie prima della nomina del direttore, e in particolare alla redazione degli avvisi di posto vacante e all'esame delle candidature.2. Il direttore dell'Ufficio è l'autorità che ha il potere di nomina del personale dell'Ufficio.3. La Commissione, per quanto riguarda il direttore dell'Ufficio, e quest'ultimo per quanto riguarda il personale di cui è l'autorità che ha il potere di nomina, informano il consiglio di amministrazione delle nomine, della firma di contratti, delle promozioni o dell'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei funzionari e altri agenti.4. I funzionari di tutte le istituzioni delle Comunità sono informati in tempo utile dei posti vacanti presso l'Ufficio, non appena l'AIPN abbia deciso di coprire tali posti.5. Il direttore dell'Ufficio è designato per un periodo di cinque anni e il suo mandato è rinnovabile per una volta.Articolo 8Funzioni del direttore dell'Ufficio, gestione del personale1. Il direttore dell'Ufficio è responsabile del buon funzionamento dello stesso. Nell'ambito delle competenze del consiglio di amministrazione, il direttore agisce sotto l'autorità di quest'ultimo. Provvede al segretariato del consiglio di amministrazione e rende conto a quest'ultimo dell'esecuzione delle proprie funzioni, presentandogli qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell'Ufficio.2. Le procedure amministrative relative alla gestione corrente del personale, segnatamente in ordine alle retribuzioni e ai congedi, alla cassa malattia, agli infortuni sul lavoro e al pensionamento, si applicano secondo le stesse modalità in vigore per i funzionari e gli agenti della Commissione. Tale elenco non è completo e l'Ufficio può concordare con la Commissione altri ambiti di intervento.Articolo 9Aspetti finanziari1. La dotazione dell'Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare della sezione del bilancio relativa alla Commissione, è indicata in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, suddiviso nello stesso modo delle sezioni di bilancio.2. L'organico dell'Ufficio è allegato a quello della Commissione.3. Sulla base di una proposta del consiglio di amministrazione e per quanto riguarda la dotazione dell'Ufficio iscritta in allegato, la Commissione delega al direttore dell'Ufficio i poteri di ordinatore e fissa i limiti e le condizioni per l'esercizio di tale delega. Per quanto riguarda le prestazioni supplementari fornite dall'Ufficio a titolo oneroso, alla fine dell'esercizio il consiglio di amministrazione informa l'autorità di bilancio sulla ripartizione degli importi recuperati all'interno della linea di bilancio dell'allegato.4. La contabilità dell'Ufficio viene tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili stabiliti dal contabile della Commissione. L'Ufficio mantiene una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso.Articolo 10RiesameLa presente decisione viene riesaminata dopo un periodo di tre anni dall'istituzione dell'Ufficio.Articolo 11Data di entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Per il Parlamento europeoIl segretario generaleJ. PriestleyPer il ConsiglioIl segretario generale aggiuntoP. De BoissieuPer la CommissioneIl segretario generaleD. O'SullivanPer la Corte di giustiziaIl presidenteR. GrassPer la Corte dei contiIl segretario generaleM. HervéPer il Comitato economico e socialeIl segretario generaleP. VenturiniPer il Comitato delle regioniIl segretario generaleV. FalconeIl MediatoreJ. Söderman(1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1.(2) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale.
Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI? La decisione 2002/620/CE istituisce l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) responsabile per l’assunzione del personale delle istituzioni, agenzie e organi dell’UE. La decisione 2002/621/CE stabilisce le norme per l’organizzazione e il funzionamento dell’EPSO. PUNTI CHIAVE CompitiL’EPSO è responsabile del funzionamento del processo di selezione del personale per le istituzioni, le agenzie e gli organi dell’UE. A tal fine, organizza concorsi generali dai cui risultati stabilisce l’elenco dei candidati idonei. Agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le esigenze future in materia di personale e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità. Mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente ai profili di competenza richiesti. Gestisce e controlla l’utilizzo degli elenchi di candidati ritenuti idonei stabiliti sulla base dei concorsi. Procedure di selezioneCiascuna istituzione dell’UE deve mettere a disposizione dell’EPSO un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione. La decisione di nominare i candidati idonei è presa dall’autorità con il potere di nomina dell’istituzione, agenzia o organo dell’UE pertinente. Servizi aggiuntivi L’EPSO può inoltre:accordarsi per organizzare procedure di selezione finalizzate all’assunzione di personale da parte di qualunque organo, ufficio o agenzia. Prima di accordarsi in tal senso, il direttore dell’EPSO ha bisogno dell’approvazione del consiglio di amministrazione dell’EPSO. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall’EPSO; fornire sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici e agenzie; organizzare le procedure di selezione delle categorie diverse dai funzionari, come agenti contrattuali e agenti temporanei, e stabilire elenchi di candidati idonei. Consiglio di amministrazioneL’EPSO dispone di un consiglio di amministrazione composto da un membro per istituzione e da tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati dai comitati del personale delle istituzioni (sindacati). I compiti principali del consiglio di amministrazione comprendono:l’approvazione delle norme di funzionamento dell’EPSO e della sua struttura organizzativa;l’approvazione dei principi che disciplinano la politica di selezione dell’EPSO;l’approvazione delle tariffe dei servizi aggiuntivi forniti dall’EPSO;la decisione sulle modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell’EPSO un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti. Nomina del personale dell’EPSO La Commissione europea nomina il direttore dell’EPSO previo parere favorevole del consiglio di amministrazione in merito al candidato. Il direttore è responsabile del corretto funzionamento dell’EPSO e della nomina del suo personale. Il direttore è designato per un periodo di 5 anni, rinnovabile per una volta. Bilancio e contabilità Il bilancio dell’EPSO rientra nella sezione del bilancio dell’UE relativa alla Commissione europea. La contabilità dell’EPSO deve essere tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili della Commissione. Deve mantenere una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Le decisioni 2002/620/CE e 2002/621/CE si applicano dal 26 luglio 2002. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Ufficio europeo di selezione del personale (Europa). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee - Dichiarazione dell’Ufficio del Parlamento europeo (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 53-55) Decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 56-59) Le successive modifiche alla direttiva 2002/621/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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DIRETTIVA 2009/21/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) La sicurezza dei trasporti marittimi comunitari e dei cittadini che li utilizzano e la protezione dell’ambiente dovrebbero essere garantiti in via permanente. (2) Con riferimento al trasporto marittimo internazionale, l’adozione di varie convenzioni, di cui l’Organizzazione marittima internazionale (IMO) è depositaria, ha consentito di istituire un quadro generale di regole che migliora la sicurezza marittima e la protezione dell’ambiente contro l’inquinamento provocato dalle navi. (3) A norma delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare (UNCLOS) e delle convenzioni di cui è depositaria l’IMO (convenzioni IMO), rientra fra le responsabilità degli Stati che sono parti di questi strumenti adottare norme legislative e regolamentari e adottare tutti gli altri provvedimenti necessari per dare piena e completa attuazione a detti strumenti affinché, dal punto di vista della sicurezza della vita in mare e della protezione dell’ambiente marino, le navi siano idonee al servizio cui sono destinate ed equipaggiate con personale marittimo competente. (4) Occorre tenere nella dovuta considerazione la convenzione sul lavoro marittimo, adottata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel 2006, che disciplina anche gli obblighi connessi allo Stato di bandiera. (5) Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano all’unanimità l’importanza dell’applicazione delle convenzioni internazionali relative agli obblighi degli Stati di bandiera al fine di migliorare la sicurezza marittima e di contribuire alla prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi. (6) L’attuazione delle procedure raccomandate dall’IMO nella circolare MSC/Circ. 1140/MEPC/Circ. 424 del 20 dicembre 2004 sul trasferimento delle navi fra Stati dovrebbe rafforzare le disposizioni delle convenzioni IMO e della normativa comunitaria sulla sicurezza marittima relative al cambiamento di bandiera e migliorare la trasparenza dei rapporti fra gli Stati di bandiera, a tutto vantaggio della sicurezza marittima. (7) La disponibilità di informazioni sulle navi battenti la bandiera di uno Stato membro e sulle navi che sono state cancellate dal registro di uno Stato membro dovrebbe migliorare la trasparenza delle prestazioni di una flotta di qualità elevata e contribuire a monitorare meglio il rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera, nonché ad assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni. (8) Per aiutare gli Stati membri a migliorare ulteriormente i loro risultati in quanto Stati di bandiera, le loro amministrazioni dovrebbero essere sottoposte periodicamente ad audit. (9) Una certificazione di qualità delle procedure amministrative in conformità delle norme dell’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) o di norme equivalenti dovrebbe ulteriormente assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni. (10) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (11) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica dei trasporti marittimi, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva ha lo scopo di: a) assicurare che gli Stati membri ottemperino con efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera; e b) migliorare la sicurezza e prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro. 2. La presente direttiva lascia impregiudicata la normativa marittima comunitaria elencata all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) (5), nonché la direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST) (6). Articolo 2 Ambito di applicazione La presente direttiva si applica all’amministrazione dello Stato membro di cui la nave batte bandiera. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti: a) «nave» una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato; b) «amministrazione» le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera; c) «organismo riconosciuto» un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (rifusione) (7); d) «certificati» i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO; e) «audit IMO» un audit condotto in conformità delle disposizioni della risoluzione A.974(24) adottata dall’assemblea dell’IMO il 1o dicembre 2005. Articolo 4 Condizioni per consentire l’esercizio di una nave al momento della concessione del diritto di battere bandiera di uno Stato membro 1. Prima di consentire l’esercizio di una nave cui è stato concesso il diritto di battere la sua bandiera, lo Stato membro interessato adotta le misure che ritiene necessarie per assicurare che la nave in questione ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave con ogni mezzo ragionevole. Se necessario, consulta l’amministrazione del precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza da questo individuati e rimasti irrisolti. 2. Quando un altro Stato di bandiera richiede informazioni su una nave che ha in precedenza battuto bandiera di uno Stato membro, quest’ultimo fornisce tempestivamente allo Stato di bandiera richiedente i dettagli riguardanti anomalie irrisolte e ogni altra pertinente informazione connessa alla sicurezza. Articolo 5 Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende, secondo le procedure da essa stabilite a tal fine, a che la nave sia resa conforme alle pertinenti convenzioni IMO. Articolo 6 Misure di accompagnamento Gli Stati membri assicurano che almeno le seguenti informazioni concernenti le navi battenti la loro bandiera siano prontamente accessibili ai fini della presente direttiva: a) estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.); b) date delle visite di controllo, comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari, e date degli audit; c) identificazione degli organismi riconosciuti coinvolti nella certificazione e nella classificazione della nave; d) identificazione dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo e date delle ispezioni; e) risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo (deficienze: sì o no, fermi: sì o no); f) informazioni sui sinistri marittimi; g) identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione negli ultimi dodici mesi. Articolo 7 Procedura di audit dello Stato di bandiera Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni, subordinatamente a una risposta positiva dell’IMO ad una tempestiva richiesta dello Stato membro interessato, e pubblicano i risultati dell’audit in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza. Il presente articolo cessa di avere vigore al più tardi il 17 giugno 2017, o prima di tale data, come stabilito dalla Commissione secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, se è entrato in vigore un sistema obbligatorio di audit degli Stati membri dell’IMO. Articolo 8 Sistema di gestione della qualità e valutazione interna 1. Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro sviluppa, attua e mantiene un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera. Tale sistema è certificato conformemente alle norme di qualità internazionali applicabili. 2. Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato d’approdo (MOU di Parigi) presentano alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi. La relazione individua e analizza le ragioni principali della mancata conformità che ha condotto ai fermi e alle deficienze all’origine dell’iscrizione nelle liste nera o grigia. Articolo 9 Relazioni Con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Tale relazione contiene una valutazione dei risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera. Articolo 10 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall’articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi. Articolo 11 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 giugno 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 12 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 13 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195. (2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38. (3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 140), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 13) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (5) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1. (6) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33. (7) Cfr. pagina 11 della presente Gazzetta ufficiale.
Rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera La presente direttiva ha lo scopo di assicurare che gli Stati membri dell'Unione europea ottemperino con più efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera. Mira inoltre a rafforzare la sicurezza marittima e a prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro. ATTO Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera. SINTESI La presente direttiva istituisce un quadro giuridico volto a migliorare i risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera. Ambito di applicazione La presente direttiva si applica all’amministrazione * dello Stato membro di cui la nave * batte bandiera. Autorizzazione di esercizio delle navi battenti bandiera di uno Stato membro Ciascuno Stato membro deve verificare, prima del rilascio dell’autorizzazione di esercizio, che una nave autorizzata a battere la sua bandiera ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave. Se necessario, consulta il precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza irrisolti. In tal caso, lo Stato membro consultato deve fornire tempestivamente i dettagli richiesti. Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende le procedure stabilite a che la nave sia resa conforme alle convenzioni dell’IMO (Organizzazione marittima internazionale) (EN). Misure di accompagnamento Gli Stati membri assicurano che le seguenti informazioni siano prontamente accessibili e disponibili: estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.); date delle visite di controllo (comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari) e date degli audit; identificazione degli organismi riconosciuti * coinvolti nella certificazione * e nella classificazione della nave, nonché dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo; risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo e, se del caso, informazioni su deficienze e fermi o sui sinistri marittimi; identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione. Procedura di audit dello Stato di bandiera Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni. I risultati dell’audit vengono pubblicati in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza. Questa disposizione resta in applicazione sino all’entrata in vigore di un sistema obbligatorio dell’IMO. Gestione della qualità e valutazione interna Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro deve avere sviluppato un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera. Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi (MOU di Parigi), devono presentare alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera. Questa relazione deve pervenire alla Commissione entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi. La relazione deve presentare le ragioni che hanno condotto ai fermi e all’iscrizione nelle liste nera o grigia. Relazioni La Commissione trasmetterà al Parlamento europeo e al Consiglio, con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Procedura di comitato La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS). Contesto La presente direttiva risponde alla necessità di un trasporto marittimo più sicuro e più rispettoso dell’ambiente. Si basa sul quadro giuridico sviluppato a livello internazionale dall’IMO nel settore della sicurezza marittima e della protezione dell’ambiente contro l’inquinamento marittimo. Termini chiave dell’atto «nave», una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato; «amministrazione», le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera; «organismo riconosciuto», un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009 «certificati», i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/21/CE 29.5.2009 17.6.2009 GU L 131 del 28.5.2009
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REGOLAMENTO (UE) N. 1009/2010 DELLA COMMISSIONE del 9 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione per i parafanghi di taluni veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 78/549/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1978, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai parafanghi dei veicoli a motore (3). Le prescrizioni stabilite in tale direttiva vanno riportate nel presente regolamento e, se necessario, modificate per adeguarle all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il campo di applicazione del presente regolamento deve corrispondere a quello della direttiva 78/549/CEE ed essere pertanto limitato ai veicoli della categoria M1. (4) Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa disposizioni di base relativamente alle prescrizioni di omologazione di taluni veicoli a motore con riferimento ai parafanghi. È quindi necessario stabilire le procedure, le prove e le prescrizioni specifiche relative a tale omologazione. (5) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica ai veicoli a motore della categoria M1, definiti nell'allegato II della direttiva 2007/46/CE. Articolo 2 Definizioni Agli effetti del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: 1) «tipo di veicolo relativamente ai parafanghi»: I veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda le caratteristiche dei parafanghi o le dimensioni minime e massime dei pneumatici e delle ruote idonei al montaggio, tenuto conto delle coperture dei pneumatici, delle dimensioni dei cerchioni e delle campanature delle ruote applicabili; 2) «copertura del pneumatico»: la larghezza di sezione massima e il diametro esterno di un pneumatico, tolleranze comprese, ammessi e specificati secondo la sua omologazione; 3) «dispositivo di trazione sulla neve»: una catena da neve o un altro dispositivo equivalente in grado di esercitare trazione sulla neve, idoneo ad essere montato sulla combinazione pneumatico/ruota del veicolo e diverso da un pneumatico da neve, un pneumatico invernale, un pneumatico per tutte le stagioni o qualsiasi altro pneumatico considerato singolarmente. Articolo 3 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i parafanghi 1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta alle autorità di omologazione la domanda di omologazione CE per un veicolo relativamente ai parafanghi. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se le prescrizioni pertinenti riportate nell'allegato II del presente regolamento sono soddisfatte, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in conformità al sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia il certificato di omologazione CE conforme al modello figurante nell'allegato I, parte 2. Articolo 4 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 78/549/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli in conformità alla direttiva 78/549/CEE. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 168 del 26.6.1978, pag. 45. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore per quanto riguarda i parafanghi PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore per quanto riguarda i parafanghi. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (1) … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello stabilimento o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 1.3. Numero di assi e di ruote: … 1.3.1. Numero e posizione degli assi a ruote gemelle: … 1.3.2. Number and position of steered axles: … 1.3.3. Assi motore (numero, posizione, interconnessione): … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.3. Carreggiata/e e larghezza/e degli assi 2.3.1. Carreggiata di ciascun asse sterzante (5): … 2.3.2. Carreggiata di tutti gli altri assi (5) … 2.3.3. Larghezza dell'asse posteriore più largo: … 2.3.4. Larghezza dell'asse posteriore più largo: … 2.4. Campo di dimensioni (fuori tutto) del veicolo 2.4.1. Per i telai non carrozzati 2.4.1.2. Larghezza (6): …. 2.4.1.3. Altezza (in ordine di marcia) (7) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.4.2. Per i telai carrozzati 2.4.2.2. Larghezza (6): … 2.4.2.3. Altezza (in ordine di marcia) (7) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.6. Massa in ordine di marcia Massa del veicolo carrozzato e, in caso di veicolo trattore di categoria diversa dalla categoria M1, con il dispositivo di aggancio, se fornito dal costruttore, in ordine di marcia, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio, se il costruttore non li fornisce, (compresi liquidi, attrezzi, ruota di scorta, se fornita, e conducente e, per gli autobus di linea e gran turismo, un accompagnatore, se il veicolo è munito dell'apposito sedile) (8) (massima e minima per ogni variante) … 6. SOSPENSIONE 6.2.1. Regolazione del livello: sì/no/facoltativa (9) 6.6. Pneumatici e ruote 6.6.1. Combinazioni pneumatico/ruota: (a) per i pneumatici indicare la designazione della misura; (b) per le ruote, indicare le dimensioni del cerchione e i dati della campanatura 6.6.1.1. Assi 6.6.1.1.1. Asse 1: … 6.6.1.1.2. Asse 2: … ecc. 6.6.4. Descrizione dei dispositivi di trazione sulla neve e delle combinazioni pneumatico/ruota sugli assi anteriore e/o posteriore adatti al tipo di veicolo, raccomandati dal costruttore: … 9.16. Parafanghi 9.16.1. Breve descrizione del tipo di veicolo per quanto riguarda i parafanghi: … 9.16.2. Disegni dettagliati dei parafanghi e loro posizione sul veicolo con indicazione delle dimensioni di cui alla figura 1 dell'allegato II del presente regolamento e tenendo conto delle condizioni estreme delle combinazioni pneumatico/ruota: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Comunicazione concernente: — l'omologazione CE (10) — l'estensione dell'omologazione CE (10) — il rifiuto dell'omologazione CE (10) — la revoca dell'omologazione CE (10) di un tipo di veicolo per quanto riguarda i parafanghi a norma del regolamento (UE) n. 1009/2010 modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (10) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (11): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (12): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello stabilimento o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicolo, di componente o di unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE. (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) (g4) Termine n. 6.5. (6) (g7) Termine n. 6.2. (7) (g8) Termine n. 6.3. (8) La massa del conducente, ed eventualmente quella dell’accompagnatore, è valutata a 75 kg (di cui 68 kg per la massa dell’occupante e 7 kg per quella del bagaglio, in base alla norma ISO 2416-1992), il serbatoio del carburante è riempito al 90 % e gli altri sistemi contenenti liquidi (esclusi quelli per le acque usate) al 100 % della capacità indicata dal costruttore. (9) Cancellare la dicitura non pertinente. (10) Cancellare la dicitura non pertinente. (11) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicolo, di componente o di unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (12) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Descrizione dei parafanghi: … 1.3. Combinazioni pneumatico/ruota (comprese le dimensioni del pneumatico, le dimensioni del cerchione e la campanatura della ruota): … 1.4. Descrizione del tipo di dispositivo/i di trazione sulla neve che potrebbe/potrebbero essere usato/i: … 1.5. Combinazioni pneumatico/ruota (comprese le dimensioni del pneumatico, le dimensioni del cerchione e la campanatura della ruota) da utilizzarsi con il/i dispositivo/i di trazione sulla neve: … 2. Assi a trazione permanente: asse 1/asse 2/… (1) 3. Altezza delle sospensioni regolabile: sì/no (1) 4. Parafanghi amovibili/fissi (1) interamente/parzialmente (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare le voci non pertinenti. ALLEGATO II Prescrizioni applicabili ai parafanghi 1. PRESCRIZIONI GENERALI 1.1. Il veicolo a motore deve essere munito di un parafango per ciascuna ruota. 1.2. Il parafango può essere costituito da elementi della carrozzeria o essere montato separatamente e deve essere progettato in modo da proteggere gli utenti della strada, nella misura del possibile, dalle proiezioni di sassi, fango, ghiaccio, neve e acqua e da ridurre i rischi di contatto con le ruote in movimento. 2. PRESCRIZIONI PARTICOLARI 2.1. I parafanghi devono soddisfare le seguenti prescrizioni con la massa del veicolo adeguata alla massa dichiarata dal costruttore in ordine di marcia con un passeggero aggiunto sulla prima fila di sedili e le ruote sterzanti parallele all'asse longitudinale del veicolo. 2.1.1. Nel settore formato dai piani radiali costituenti un angolo di 30° davanti e di 50° dietro il centro delle ruote (si veda la Figura 1), la larghezza totale (q) del parafango deve essere sufficiente almeno a coprire la larghezza totale del pneumatico (b) tenendo conto della copertura del pneumatico e delle condizioni estreme delle combinazioni pneumatico/ruota specificate dal costruttore. In caso di ruote gemelle, si deve tener conto delle coperture dei pneumatici e della larghezza totale dei due pneumatici (t). 2.1.1.1. Ai fini della determinazione delle larghezze di cui al paragrafo 2.1.1. non si deve tener conto dell'etichettatura (marcatura) e delle decorazioni, dei cordoli o dei risalti di protezione sui fianchi dei pneumatici. 2.1.2. La parte posteriore dei parafanghi non deve terminare oltre un piano orizzontale situato 150 mm al di sopra dell'asse di rotazione delle ruote, inoltre: 2.1.2.1. in caso di ruote singole, l'intersezione del bordo del parafango con il piano orizzontale, come definito nel paragrafo 2.1.2. (punto A della figura 1), deve trovarsi all'esterno del piano longitudinale mediano del pneumatico. 2.1.2.2. In caso di ruote gemelle, l'intersezione del bordo del parafango con il piano orizzontale, come definito nel paragrafo 2.1.2. (punto A della Figura 1), alla ruota esterna, deve trovarsi all'esterno del piano longitudinale mediano del pneumatico più esterno. 2.1.3. Il profilo e la collocazione di ciascun parafango devono permettere la massima vicinanza al pneumatico. In particolare, entro i limiti del settore formato dai piani radiali di cui al punto 2.1.1., si devono rispettare le seguenti prescrizioni: 2.1.3.1. la profondità (p) della cavità situata sul piano assiale verticale del pneumatico, misurata dai bordi esterni e interni del parafango sul piano verticale longitudinale passante per il centro del pneumatico all'interno del parafango, deve essere di almeno 30 mm. Tale profondità (p) può ridursi progressivamente a 0 verso i piani radiali di cui al punto 2.1.1. 2.1.3.2. La distanza (c) tra i bordi inferiori dei parafanghi e l'asse passante per il centro di rotazione delle ruote non deve superare due volte r, dove il raggio (r) è il raggio statico del pneumatico. 2.1.4. Nel caso di veicoli ad assetto regolabile, le condizioni di cui sopra devono essere soddisfatte quando il veicolo si trova nella normale posizione di marcia prescritta dal costruttore. 2.2. I parafanghi possono essere costituiti da più elementi purché, una volta montati, non esistano fessure tra i singoli elementi o all'interno di questi. 2.3. I parafanghi devono essere solidamente fissati. Possono tuttavia essere amovibili interamente o parzialmente. 3. UTILIZZO DI DISPOSITIVI DI TRAZIONE SULLA NEVE 3.1. Nel caso di veicoli muniti soltanto di due ruote motrici, il costruttore deve certificare che il veicolo è costruito in modo da permettere l'utilizzo di almeno un tipo di dispositivo di trazione sulla neve su almeno una delle combinazioni pneumatico/ruota ammesse per l'asse motore del veicolo. Il dispositivo di trazione sulla neve e le combinazioni pneumatico/ruota adatti al tipo di veicolo devono essere specificati dal costruttore al punto 6.6.4. della scheda informativa. 3.2. Nel caso di veicoli con quattro ruote motrici, compresi i veicoli in cui gli assi motore possono essere disinnestati manualmente o automaticamente, il costruttore deve certificare che il veicolo è costruito in modo da permettere l'utilizzo di almeno un tipo di dispositivo di trazione sulla neve su almeno una delle combinazioni pneumatico/ruota ammesse per l'asse motore non disinnestabile del veicolo. Il dispositivo di trazione sulla neve e le combinazioni pneumatico/ruota adatti al tipo di veicolo devono essere specificati dal costruttore al punto 6.6.4. della scheda informativa. 3.3. Il costruttore del veicolo deve indicare nel libretto di istruzioni le informazioni pertinenti sull'uso corretto dei dispositivi di trazione sulla neve specificati nella lingua ufficiale o in almeno una delle lingue ufficiali del paese dove il veicolo è messo in vendita. Figura 1 Disegno del parafango
Parafanghi di veicoli a motore QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce le norme concernenti i parafanghi. Il suo scopo consiste nell’adattare i requisiti attuali agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa i requisiti di omologazione dei veicoli a motore in relazione ai parafanghi. Fa parte dell’attuazione del regolamento (CE) 661/2009 per la sicurezza dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Tipo di veicolo interessato Il presente regolamento si applica alla categoria di veicoli M1, vale a dire ai veicoli progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo 8 posti a sedere oltre al sedile del conducente. Prescrizioni applicabili ai parafanghiI produttori devono dotare di parafango ciascuna ruota dei veicoli. Il parafango può essere costituito da elementi della carrozzeria o essere montato separatamente, per proteggere gli utenti dalle proiezioni di sassi, fango, ghiaccio, neve e acqua. Il presente regolamento definisce anche prescrizioni specifiche, che riguardano in particolare:la massa del veicolo;la larghezza totale del parafango;il profilo e la collocazione del parafango. I produttori devono inoltre progettare il veicolo in modo che l’utente possa utilizzare un dispositivo di trazione sulla neve*. Norme per l’omologazione UE Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve indicare:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; il numero di assi e di ruote; i disegni dettagliati dei parafanghi. Se l’autorità competente ritiene che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi ai dispositivi riguardanti i parafanghi, rilascerà l’omologazione UE e attribuirà un numero di omologazione in conformità alla direttiva 2007/46/CE per l’omologazione UE dei veicoli. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 30 novembre 2010. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Dispositivo di trazione sulla neve: catena da neve o altro dispositivo equivalente in grado di esercitare trazione sulla neve, idoneo a essere montato sulla combinazione pneumatico/ruota del veicolo. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1009/2010 della Commissione, del 9 novembre 2010, relativo ai requisiti di omologazione per i parafanghi di taluni veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 292 del 10.11.2010, pag. 21). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi Gazzetta ufficiale n. L 225 del 12/08/1998 pag. 0016 - 0021 DIRETTIVA 98/59/CE DEL CONSIGLIO del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettiviIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),(1) considerando che, a fini di razionalità e chiarezza, occorre procedere alla codificazione della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (3);(2) considerando che occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nella Comunità;(3) considerando che, nonostante un'evoluzione convergente, sussistono differenze tra le disposizioni in vigore negli Stati membri della Comunità per quanto riguarda le modalità e la procedura dei licenziamenti collettivi e le misure che possono attenuare per i lavoratori le conseguenze di tali licenziamenti;(4) considerando che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato interno;(5) considerando che la risoluzione del Consiglio del 21 gennaio 1974 relativa ad un programma di azione sociale (4) ha previsto una direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda i licenziamenti collettivi;(6) considerando che nella carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri il 9 dicembre 1989 al Consiglio europeo di Strasburgo, si dichiara in particolare al punto 7, primo comma, prima frase, e secondo comma, al punto 17, primo comma, e al punto 18, terzo trattino:«7. La realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea (. . .).Tale miglioramento deve consentire, dove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti.(. . .)17. Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.(. . .)18. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare nei casi seguenti:(- . . .)(- . . .)- in occasione di procedure di licenziamenti collettivi;(- . . .)»;(7) considerando che è quindi necessario promuovere tale ravvicinamento nel progresso, ai sensi dell'articolo 117 del trattato;(8) considerando che, per calcolare il numero di licenziamenti previsti nella definizione di licenziamenti collettivi ai sensi della presente direttiva occorre assimilare ai licenziamenti altre forme di cessazione del contratto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro, purché i licenziamenti siano almeno cinque;(9) considerando che occorre prevedere che la presente direttiva sia applicabile in linea di massima anche ai licenziamenti collettivi determinati dalla cessazione della attività dello stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria;(10) considerando che occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di prevedere che i rappresentanti dei lavoratori possano ricorrere ad esperti a motivo della complessità tecnica delle materie che potrebbero formare oggetto di informazione e consultazione;(11) considerando che occorre garantire l'adempimento degli obblighi del datore di lavoro in materia di informazione, consultazione e comunicazione indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli;(12) considerando che occorre che gli Stati membri provvedano a che i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per adempiere agli obblighi previsti dalla presente direttiva;(13) considerando che la presente direttiva deve lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all'allegato I, parte B,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:SEZIONE I Definizione e campo di applicazione Articolo 1 1. Ai fini dell'applicazione della presente direttiva:a) per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:i) per un periodo di 30 giorni:- almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;- almeno pari al 10 % del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;- almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;ii) oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;b) per rappresentanti dei lavoratori si intendono i rappresentanti dei lavoratori previsti dal diritto o dalla pratica in vigore negli Stati membri.Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque.2. La presente direttiva non si applica:a) ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell'espletamento del compito previsto nei suddetti contratti;b) ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico (o, negli Stati membri in cui tale nozione è sconosciuta, degli enti equivalenti);c) agli equipaggi di navi marittime.SEZIONE II Informazione e consultazione Articolo 2 1. Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.2. Nelle consultazioni devono essere almeno esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.Gli Stati membri possono disporre che i rappresentanti dei lavoratori possano far ricorso ad esperti in conformità delle legislazioni e/o prassi nazionali.3. Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo utile nel corso delle consultazioni:a) fornire loro tutte le informazioni utili eb) comunicare loro, comunque, per iscritto:i) le ragioni del progetto di licenziamento,ii) il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare,iii) il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati,iv) il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti,v) i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro,vi) il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento diversa da quella derivante dalle legislazioni e/o prassi nazionali.Il datore di lavoro deve trasmettere all'autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della comunicazione scritta, previsti al primo comma, lettera b), punti da i) a v).4. Gli obblighi di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 sono applicabili indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli.Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi di informazione, consultazione e notifica previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto dei mezzi di difesa del datore di lavoro basati sul fatto che l'impresa che ha preso la decisione determinante il licenziamento collettivo non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.SEZIONE III Procedura di licenziamento collettivo Articolo 3 1. Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all'autorità pubblica competente.Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere che in caso di un progetto di licenziamento collettivo determinato dalla cessazione delle attività dello stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria, il datore di lavoro debba notificarlo per iscritto all'autorità pubblica competente soltanto dietro richiesta di quest'ultima.La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all'articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s'effettueranno i licenziamenti.2. Il datore di lavoro deve trasmettere ai rappresentanti dei lavoratori copia della notifica prevista al paragrafo 1.I rappresentanti dei lavoratori possono presentare le loro eventuali osservazioni all'autorità pubblica competente.Articolo 4 1. I licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all'autorità pubblica competente avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica prevista all'articolo 3, paragrafo 1, ferme restando le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso.Gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente la facoltà di ridurre il termine fissato al primo comma.2. L'autorità pubblica competente si avvale del termine di cui al paragrafo 1 per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati.3. Se il termine iniziale fissato nel paragrafo 1 è inferiore a 60 giorni, gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente la facoltà di prorogare il termine iniziale fino a 60 giorni dalla notifica, quando esista il rischio che i problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati non possano essere risolti entro il termine iniziale.Gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente più ampie facoltà di proroga.Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l'hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale previsto al paragrafo 1.4. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il presente articolo ai licenziamenti collettivi determinati dalla cessazione delle attività di uno stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria.SEZIONE IV Disposizioni finali Articolo 5 La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o favorire o consentire l'applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori.Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti dalla presente direttiva.Articolo 7 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano o hanno già adottato nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8 1. Le direttive che figurano all'allegato I, parte A, sono abrogate, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione che figurano all'allegato I, parte B.2. I riferimenti fatti alle direttive abrogate si devono intendere come fatti alla presente direttiva e devono essere letti secondo la tavola di concordanza che figura all'allegato II.Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 luglio 1998.Per il ConsiglioIl presidenteW. MOLTERER(1) GU C 210 del 6. 7. 1998.(2) GU C 158 del 26. 5. 1997, pag. 11.(3) GU L 48 del 22. 2. 1975, pag. 29. Direttiva modificata dalla direttiva 92/56/CEE (GU L 245 del 26. 8. 1992, pag. 3).(4) GU C 13 del 12. 2. 1974, pag. 1.ALLEGATO I PARTE A Direttive abrogate (previste all'articolo 8) Direttiva 75/129/CEE del Consiglio e la seguente modifica:Direttiva 92/56/CEE del Consiglio.PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale (previsti all'articolo 8) >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II >SPAZIO PER TABELLA>
Licenziamenti collettivi: informazione e consultazione del personale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Obbliga i datori di lavoro a informare e consultare i rappresentanti del personale in caso di licenziamento collettivo*. Specifica i punti da trattare nell’ambito di tali consultazioni nonché le informazioni che i datori di lavoro devono fornire. Essa stabilisce inoltre le norme procedurali di licenziamento collettivo. PUNTI CHIAVE La direttiva non si applica: ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell’espletamento del compito previsto nei suddetti contratti; ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico. Inoltre, i diritti dei lavoratori in presenza di un passaggio di proprietà dell’impresa oppure di insolvenza da parte dell’azienda sono disciplinati da altre leggi dell’Unione europea (UE). Consultazioni I datori di lavoro che prevedono di effettuare licenziamenti collettivi devono tenere consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori in tempo utile al fine di giungere ad un accordo. Nelle consultazioni devono almeno essere esaminate le possibilità di: evitare o ridurre i licenziamenti collettivi; attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. Il comitato aziendale europeo migliora i diritti dei lavoratori per quanto riguarda l’informazione e la consultazione transnazionale con le aziende che operano in tutta l’UE. Informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro I paesi dell’UE possono attuare misure che consentono ai rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ai servizi di esperti in conformità con i regolamenti nazionali. Il datore di lavoro deve fornire ai rappresentanti dei lavoratori tutte le informazioni utili durante lo svolgimento delle consultazioni e comunicare loro in forma scritta quanto segue: i motivi del licenziamento; il periodo nel corso del quale si effettueranno i licenziamenti; il numero e le categorie di lavoratori abitualmente occupati; il numero e le categorie di lavoratori che dovranno essere licenziati; i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare; il metodo usato per calcolare l’indennità di licenziamento (laddove applicabile). Procedura di licenziamento collettivo Il datore di lavoro deve attenersi alla seguente procedura: Notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente. La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni tenute, fatta eccezione per il metodo usato per calcolare l’indennità di licenziamento. Qualora i lavoratori coinvolti siano i membri dell’equipaggio di una nave marittima, il datore di lavoro invierà la notifica all’autorità competente dello Stato di cui la nave batte bandiera. Trasmettere una copia della notifica ai rappresentanti dei lavoratori, i quali potranno inviare i loro commenti all’autorità pubblica competente. I licenziamenti collettivi avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica; l’autorità pubblica competente si avvarrà di questo termine per cercare soluzioni. I paesi dell’UE possono conferire all’autorità pubblica la facoltà di ridurre tale periodo o di estenderlo a 60 giorni dalla notifica, nel caso in cui i problemi non risultino risolvibili entro il periodo iniziale, nonché accordare più ampie facoltà di proroga. Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l’hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica a partire dal 1o settembre 1998. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: «Coinvolgimento dei lavoratori: licenziamenti collettivi» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Licenziamento collettivo: la situazione in cui un datore di lavoro decide di licenziare un gruppo di lavoratori. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16-21) Le successive modifiche alla direttiva 98/59/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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Regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, del 22 giugno 1995, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia» Gazzetta ufficiale n. L 145 del 29/06/1995 pag. 0001 - 0003 REGOLAMENTO (CE) N. 1469/95 DEL CONSIGLIO del 22 giugno 1995 relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione « garanzia » IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il Consiglio europeo, nel vertice di Copenaghen del giugno 1993 ed in quello di Essen del dicembre 1994, ha sottolineato l'importanza della lotta contro le frodi e le irregolarità commesse a danno del bilancio comunitario; che è opportuno prendere provvedimenti più severi, onde garantire che le risorse comunitarie stanziate per l'attuazione della politica agraria comune (PAC) non vengano concesse a persone e società che non presentino sufficienti garanzie di affidabilità in merito alla corretta esecuzione delle operazioni in causa; considerando che, secondo l'articolo 8 del regolamento (CEE) n. 729/70 del Consiglio, del 21 aprile 1970, relativo al finanziamento della politica agricola comune (4), gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per accertare se le operazioni finanziate dal FEAOG siano reali e regolari, nonché per prevenire e perseguire le irregolarità; considerando che il regolamento (CEE) n. 595/91 del Consiglio, del 4 marzo 1991, relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell'ambito del finanziamento della politica agricola comune, nonché all'instaurazione di un sistema d'informazione in questo settore, e che abroga il regolamento (CEE) n. 283/72 (5) prevede, tra l'altro, che gli Stati membri comunichino sistematicamente alla Commissione le irregolarità accertate e le procedure giudiziarie o amministrative volte a sanzionare gli autori di tali irregolarità, per tenerla regolarmente informata sulla natura delle pratiche fraudolente e per consentirle di recuperare le somme indebitamente versate; considerando che è necessario completare tali disposizioni istituendo un regime comunitario in base al quale tutte le autorità nazionali competenti possano identificare gli operatori che - in occassione di gare o in vista di restituzioni all'esportazione o in sede di vendita a prezzo ridotto di prodotti d'intervento - abbiano commesso, intenzionalmente o per negligenza grave, un'irregolarità ai danni delle risorse comunitarie o sui quali gravi un fondato sospetto in tal senso; che su questa base occorre determinare tutta una serie di provvedimenti, i quali, tenuta presente la gravità dell'infrazione ed a seconda che quest'ultima sia accertata o solo presunta, vadano da un'intensificazione dei controlli fino all'esclusione degli operatori dalla partecipazione ad operazioni da stabilirsi, quando si accerti che l'operato degli interessati rispondeva a un'intenzione fraudolenta; considerando che, per fornire agli operatori tutte le garanzie necessarie, occorre riprendere nella sostanza, per quanto concerne in particolare il rispetto del carattere riservato e del segreto d'ufficio nonché le norme nazionali di procedura penale, le disposizioni corrispondenti del regolamento (CEE) n. 595/91; che, in materia di protezione dei dati, possono esser rese applicabili le disposizioni previste a tal fine nella normativa relativa all'assistenza reciproca in materia doganale e agricola; considerando che il presente regime deve applicarsi in via complementare alle disposizioni specifiche già adottate o ancora da adottare nel quadro della PAC al fine di impedire le irregolarità, in particolare alle disposizioni che la Commissione, nell'ambito delle sue competenze confermate dalla Corte di giustizia, ha adottato in materia di controlli e sanzioni; considerando che peraltro, in una prospettiva orizzontale di lotta contro le frodi, il 7 luglio 1994 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (CE, Euratom) del Consiglio relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (1); che, quando il Consiglio avrà adottato tale regolamento, il quadro giuridico comune previsto per tutti i settori delle politiche comunitarie si applicherà anche ai provvedimenti istituiti dal presente regolamento; che, nell'attesa, è opportuno disporre che le modalità d'applicazione del presente regolamento possano provvisoriamente comprendere regole analoghe, specie per quanto riguarda la definizione delle irregolarità in causa, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. È istituito un dispositivo comunitario volto a identificare e far conoscere quanto prima a tutte le competenti autorità degli Stati membri ed ai servizi della Commissione gli operatori che, in base a precedenti esperienze, presentano un rischio di inaffidabilità quanto alla corretta esecuzione dei loro obblighi relativamente alle gare, restituzioni all'esportazione e vendite a prezzo ridotto di prodotti d'intervento, finanziate dal FEAOG, sezione « garanzia ». 2. Ai fini del presente regolamento, per « operatori che presentano un rischio di inaffidabilità » si intendono gli operatori che, in qualità di persone fisiche o giuridiche: a) secondo quanto risulta da una decisione definitiva di un'autorità amministrativa o giudiziaria hanno commesso, intenzionalmente o per negligenza grave, un'irregolarità rispetto alle pertinenti disposizioni comunitarie ed hanno indebitamente beneficiato o tentato di beneficiare di un vantaggio finanziario, e b) hanno in proposito formato oggetto, in base a fatti concreti, di un primo verbale amministrativo o giudiziario da parte delle autorità competenti dello Stato membro. 3. Fino all'entrata in vigore di disposizioni orizzontali che definiscano l'irregolarità, ai comportamenti di cui al paragrafo 2, lettera a) si applicano le modalità indicate all'articolo 5. Articolo 2 1. Le procedure di identificazione e di notifica sono avviate su iniziativa dello Stato membro in cui si è manifestato il rischio di inaffidabilità dell'operatore. 2. Qualora uno Stato membro venga meno all'obbligo di cui al paragrafo 1, la Commissione, nell'ambito delle disposizioni giuridiche esistenti, si assicura che lo Stato membro interessato metta in atto il presente regime di identificazione e di notifica. Articolo 3 1. Nei confronti degli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a) gli Stati membri prendono i seguenti provvedimenti: a) intensificazione dei controlli delle operazioni condotte dall'operatore, e/o b) sospensione del pagamento degli importi per operazioni in corso da stabilirsi e, se del caso, sospensione dello svincolo della cauzione costituita per tali operazioni, fino all'accertamento amministrativo di un'irregolarità o dell'assenza d'irregolarità, e/o c) esclusione dell'operatore per un periodo e per operazioni da stabilirsi. I provvedimenti di cui alle lettere b) e c) sono decisi dalle competenti autorità dello Stato membro in base a criteri fissati secondo la procedura di cui all'articolo 5, tenendo debitamente conto del rischio che lo stesso operatore possa commettere nuove irregolarità. Tali provvedimenti sono adottati dopo l'espletamento delle eventuali formalità ad essi relative, previste dalle legislazioni degli Stati membri. 2. Agli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b) si applicano unicamente i provvedimenti previsti al paragrafo 1, lettere a) e b). 3. Qualora proceda essa stessa, in caso di gara, alle aggiudicazioni, la Commissione adotta o propone allo Stato membro, a seconda dei casi, uno o più d'uno dei provvedimenti previsti al paragrafo 1. Articolo 4 1. I provvedimenti di cui all'articolo 3 sono adottati nel rispetto dei seguenti principi, conformemente alla legislazione interna dello Stato membro: a) audizione preventiva e diritto d'appello dell'operatore in questione per ciò che riguarda i provvedimeti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c) ed eventualmente lettera b); b) proporzionalità tra l'irregolarità commessa o presunta e l'applicazione di uno dei provvedimenti previsti all'articolo 3, paragrafo 1, nel quadro di disposizioni da adottare secondo la procedura di cui all'articolo 5; c) non discriminazione tra gli operatori. 2. Gli Stati membri e la Commissione adottano tutti i provvedimenti di sicurezza necessari affinché sia garantito il carettere riservato delle informazioni che essi si scambiano. Tali informazioni non possono, in particolare, essere comunicate a persone diverse da quelle che, negli Stati membri o nell'ambito delle istituzioni comunitarie, sono autorizzate a conoscerle in virtù delle loro funzioni, a meno che lo Stato membro che le ha comunicate abbia dato il suo esplicito consenso. Le informazioni comunicate o acquisite ai sensi del presente regolamento, sotto qualsiasi forma, sono coperte dal segreto d'ufficio e godono della protezione concessa ad informazioni dello stesso genere dalla legislazione interna dello Stato membro che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni che si applicano alle istituzioni comunitarie. Inoltre, esse non possono essere utilizzate per fini diversi da quelli previsti dal presente regolamento, a meno che le autorità che le hanno fornite non lo abbiano espressamente consentito e a condizione che le disposizioni vigenti nello Stato membro in cui ha sede l'autorità che le ha ricevute non ostino a tale comunicazione o utilizzazione. Per quanto concerne la protezione dei dati, si applicano le disposizioni previste a tal fine nella regolamentazione relativa alla reciproca assistenza in materia doganale e agricola. 3. Le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano l'applicazione, negli Stati membri, delle vigenti norme di procedura penale o di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in materia penale. Esse non ostano all'utilizzazione, nell'ambito di azioni giudiziarie o di procedimenti successivamente avviati per mancata ottemperanza alla normativa agricola, delle informazioni ottenute in applicazione del presente regolamento; in quest'ultimo caso, le competenti autorità dello Stato membro che ha fornito le suddette informazioni sono informate di tale utilizzazione. Tuttavia, gli Stati membri adottano le misure necessarie sul piano amministrativo per far sì che le disposizioni del comma precedente siano applicate in modo da non ostacolare l'efficace applicazione del presente regolamento per quanto riguarda gli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b). Qualora le disposizioni nazionali prevedano il segreto istruttorio, la comunicazione delle informazioni prevista dal presente regolamento è subordinata all'autorizzazione della competente autorità giudiziaria. L'autorità amministrativa competente agisce con sollecitudine al fine di ottenere tale autorizzazione. Articolo 5 Le modalità d'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la procedura prevista dall'articolo 13 del regolamento (CEE) n. 729/70 e riguardano, tra l'altro: - le comunicazioni che devono essere effettuate dagli Stati membri; - la natura dei legami esistenti tra varie persone fisiche o giuridiche che possono indurre a considerarle come operatori ai sensi del presente regolamento; - le condizioni alle quali gli operatori possono evitare la sospensione dei pagamenti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b) mediante il deposito di una garanzia. Articolo 6 L'applicazione delle disposizioni del presente regolamento è complementare all'applicazione delle disposizioni specifiche adottate nel quadro della PAC. Articolo 7 Entro il 6 luglio 1997 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in merito all'applicazione del presente regolamento e, sulla scorta dell'esperienza acquisita, propone le modifiche che si dovranno eventualmente apportare al dispositivo istituito dal presente regolamento. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 22 giugno 1995. Per il Consiglio Il Presidente Ph. VASSEUR
Regime unionale per identificare taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia» QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? È volto a istituire un regime per identificare gli operatori (vale a dire, gli agricoltori) che presentano un rischio di inaffidabilità e darne notifica alle autorità competenti nei paesi dell’UE e alla Commissione europea a livello unionale. Concerne le gare, le restituzioni all’esportazione e le vendite di prodotti di intervento a prezzo ridotto finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia». PUNTI CHIAVE Le procedure di identificazione e la notifica devono essere avviate su iniziativa del paese dell’UE in cui si è manifestato il rischio di inaffidabilità dell’operatore. Qualora un paese dell’UE venga meno all’obbligo, la Commissione deve assicurarsi che tale paese metta in atto il presente regime di identificazione e di notifica. I paesi dell’UE possono prendere provvedimenti nei confronti degli operatori. Tra questi rientrano in particolare:l’intensificazione dei controlli delle operazioni condotte dall’operatore;la sospensione del pagamento degli importi per operazioni in corso da stabilirsi e, se del caso, sospensione dello svincolo della cauzione costituita per tali operazioni, fino all’accertamento di un’irregolarità;l’esclusione dell’operatore per un periodo e per operazioni da stabilirsi. Tali provvedimenti sono adottati nel rispetto dei seguenti principi, conformemente alla legislazione interna del paese dell’UE:l’audizione preventiva e il diritto d’appello dell’operatore in questione;la proporzionalità tra l’irregolarità commessa o presunta e i provvedimenti da applicare;la non discriminazione tra gli operatori. I paesi dell’UE e la Commissione devono adottare tutti i provvedimenti necessari affinché sia garantito il carattere riservato delle informazioni che si scambiano conformemente al regolamento in esame. Tale regolamento integra le norme specifiche nel quadro della politica agricola comune. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 6 luglio 1996. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Finanziamento della politica agricola comune (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, del 22 giugno 1995, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia» (GU L 145 del 29.6.1995, pag. 1). DOCUMENTO COLLEGATO Regolamento (CE) n. 745/96 della Commissione, del 24 aprile 1996, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione garanzia (GU L 102 del 25.4.1996, pag. 15).
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REGOLAMENTO (UE) 2015/476 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo ai provvedimenti che l'Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Con regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (5) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea. (3) Con regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni da parte di paesi non membri dell'Unione europea. (4) Nel quadro dell'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio («OMC»), è stata raggiunta un'intesa sulle norme e procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie («Dispute Settlement Understanding– DSU»). Ai sensi della DSU, è stato istituito l'organo di conciliazione («Dispute Settlement Body — DSB»). (5) Al fine di consentire all'Unione, ove lo ritenga opportuno, di conformare una misura adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009 alle raccomandazioni e decisioni contenute in una relazione adottata dal DSB, è opportuno introdurre disposizioni specifiche. (6) Al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB, la Commissione può ritenere opportuno abrogare o modificare le misure adottate in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009, o adottare qualsiasi altra misura speciale al riguardo, anche nei confronti di quelle misure che non abbiano formato oggetto di un procedimento di risoluzione delle controversie nel quadro della DSU. Inoltre, la Commissione dovrebbe, se del caso, poter sospendere o riesaminare tali misure. (7) Il ricorso alla DSU non è soggetto a limiti temporali. Le raccomandazioni contenute nelle relazioni adottate dal DSB non hanno un effetto retroattivo. Di conseguenza, è opportuno specificare che, salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento avrà effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa, e, quindi, non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. (8) L'attuazione del presente regolamento richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure a seguito di una relazione adottata dal DSB in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Tali misure dovrebbero essere adottate in conformità del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). (9) È opportuno ricorrere alla procedura consultiva per la sospensione delle misure per un periodo di tempo limitato, dati gli effetti di tali misure, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Ogniqualvolta il DSB adotta una relazione riguardante una misura dell'Unione adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009, del regolamento (CE) n. 597/2009 o del presente regolamento («misura contestata»), la Commissione può prendere uno o più dei seguenti provvedimenti, a seconda di quale ritenga più appropriato, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 4, paragrafo 3: a) abrogare o modificare la misura contestata; o b) adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata date le circostanze per rendere l'Unione conforme alle raccomandazioni e decisioni contenute nella relazione. 2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura contestata. 3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame. 4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 2 1. La Commissione può inoltre, qualora lo ritenga opportuno, adottare qualsiasi provvedimento previsto dall'articolo 1, paragrafo 1, al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB in merito a una misura non contestata. 2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura non contestata. 3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame. 4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura non contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 3 Salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento ha effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa e non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. Articolo 4 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 5 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009. Articolo 6 Il regolamento (CE) n. 1515/2001 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II. Articolo 7 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio, del 23 luglio 2001, relativo ai provvedimenti che la Comunità può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10). (4) Si veda l'allegato I. (5) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (7) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). ALLEGATO I Regolamento abrogato e relativa modificazione Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 7 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1515/2001 Presente regolamento Articoli 1, 2 e 3 Articoli 1, 2 e 3 Articolo 3 bis Articolo 4 Articolo 3 ter Articolo 5 — Articolo 6 Articolo 4 Articolo 7 — Allegato I — Allegato II
Adattare le misure di difesa degli scambi dell'Unione europea facendo seguito a una decisione dell'OMC QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Abroga il regolamento (CE) n. 1515/2001 relativo ai provvedimenti che possono essere presi dall’Unione europea (UE) a seguito di una relazione adottata dall’organo di conciliazione (DSB) dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Consente all’UE, se del caso, di prendere un provvedimento ai sensi del regolamento (CE) n. 1225/2009 (provvedimenti anti-dumping*) o del regolamento (CE) n. 597/2009 (provvedimenti antisovvenzioni*), in linea con una relazione dell’organo di conciliazione dell’OMC. PUNTI CHIAVE Nello specifico, la Commissione europea può: abrogare o modificare la misura contestata; o adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata, date le circostanze, per essere conforme alla relazione dell’OMC; se del caso, sospendere o riesaminare tali misure. Le misure adottate ai sensi del presente regolamento generalmente hanno effetto a partire dalla data di entrata in vigore delle stesse. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Si applica dal 16 aprile 2015. CONTESTO Qualora il governo di un membro dell’OMC ritenga che un altro membro stia violando un accordo o un impegno preso in seno all’organizzazione, la controversia è rinviata all’organo di conciliazione dell’OMC. * TERMINI CHIAVE Provvedimenti anti-dumping: provvedimenti, quali dazi specifici, applicati alle importazioni nell’UE di prodotti oggetto di dumping, ovvero prodotti esportati verso l’Unione a un prezzo più basso di quello nazionale. Provvediment antisovvenzioni: provvedimenti, quali dazi di compensazione (che rendono nulli gli effetti negativi delle sovvenzioni), imposti dall’UE sulle importazioni oggetto di sovvenzioni e che perciò danneggiano le industrie dell’Unione che producono lo stesso prodotto. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/476 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo ai provvedimenti che l’Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall’organo di conciliazione dell’OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 6-10)
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Direttiva 96/59/CE del Consiglio del 16 settembre 1996 concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) Gazzetta ufficiale n. L 243 del 24/09/1996 pag. 0031 - 0035 DIRETTIVA 96/59/CE DEL CONSIGLIO del 16 settembre 1996 concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che la direttiva 76/403/CEE del Consiglio, del 6 aprile 1976, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (4), ha proceduto ad un ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore; che tuttavia tali norme risultano insufficienti e che l'evoluzione dello stato della tecnica consente di migliorare le condizioni di smaltimento dei PCB; che è pertanto opportuno sostituire la direttiva suddetta con una nuova direttiva;(2) considerando che la direttiva 76/769/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (5), richiama l'attenzione sulla necessità di riesaminare periodicamente l'intera materia allo scopo di giungere progressivamente al divieto completo dei PCB e dei PCT;(3) considerando che lo smaltimento in condizioni sicure dei rifiuti che non possono essere rivalorizzati o riutilizzati è uno degli obiettivi della risoluzione del Consiglio del 7 maggio 1990, sulla politica comunitaria in materia di rifiuti (6), confermata nel quinto programma d'azione in materia ambientale e di sviluppo sostenibile; che tale impostazione e la correlativa strategia generale sono state approvate dal Consiglio e dai rappresentanti degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio nella risoluzione del 1° febbraio 1993 (7);(4) considerando che a norma della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (8), occorre prendere le misure adeguate per evitare l'abbandono, lo scarico, lo smaltimento incontrollato dei rifiuti e l'impiego di processi o metodi che possono nuocere all'ambiente;(5) considerando che per procedere all'eliminazione dei PCB, per i rischi che essi presentano per l'ambiente e la salute dell'uomo, sono necessarie vincolanti condizioni generali per lo smaltimento controllato dei PCB e per la decontaminazione o lo smaltimento degli apparecchi;(6) considerando che è opportuno adottare dette misure quanto prima, fatti salvi gli obblighi internazionali assunti dagli Stati membri, segnatamente quelli di cui alla decisione PARCOM 92/3 (9); che lo smaltimento dei PCB soggetti a inventario deve essere effettuato entro il 2010;(7) considerando che, poiché lo smaltimento dei PCB costituisce un problema transitorio e temporaneo e taluni Stati membri che non hanno capacità di smaltimento dei PCB affrontano una situazione di forza maggiore, il principio di prossimità deve essere interpretato in modo flessibile, al fine di consentire una solidarietà a livello europeo in tale settore; che occorre anche allestire nella Comunità gli impianti atti allo smaltimento, alla decontaminazione e al deposito dei PCB;(8) considerando che la direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l'eliminazione degli oli usati (10), fissa come limite massimo del tenore in PCB/PCT degli oli rigenerati o utilizzati come combustibile 50 ppm;(9) considerando che la direttiva 91/339/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1991, recante undicesima modifica della direttiva 76/769/CEE (11), vieta o limita l'immissione sul mercato di alcuni prodotti sostitutivi dei PCB, e che pertanto occorre anche eliminarli completamente;(10) considerando che per poter adeguare alle necessità le capacità di smaltimento dei PCB è opportuno conoscere i quantitativi di PCB esistenti e procedere quindi all'etichettatura degli apparecchi che ne contengono e fare un inventario degli stessi; che l'inventario va aggiornato periodicamente;(11) considerando che, tenuto conto dei costi e delle difficoltà causati dall'inventario degli apparecchi leggermente contaminati dai PCB, occorre redigere un inventario semplificato; che occorre prevedere anche lo smaltimento degli apparecchi leggermente contaminati dai PCB quando non siano più utilizzabili, in considerazione degli scarsi rischi che rappresentano per l'ambiente;(12) considerando che essendo vietata l'immissione sul mercato dei PCB, occorre vietare la separazione dei PCB da altre sostanze a scopo di riutilizzo dei PCB e il riempimento dei trasformatori con PCB; che però, per motivi di sicurezza, si possono mantenere i trasformatori per assicurare la qualità dielettrica dei PCB in essi contenuti;(13) considerando che le imprese che procedono allo smaltimento e/o alla decontaminazione dei PCB devono ottenere un'autorizzazione;(14) considerando che occorre definire le condizioni per la decontaminazione degli apparecchi contenenti PCB e che occorre apporvi un'etichetta specifica;(15) considerando che ad alcuni compiti tecnici necessari per l'attuazione della presente direttiva deve provvedere la Commissione, secondo la procedura di comitato di cui all'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE;(16) considerando che, dati il numero e la capacità ristretti degli impianti di smaltimento e di decontaminazione dei PCB, è necessario predisporre programmi per lo smaltimento e/o la decontaminazione dei PCB inventariati; che, inoltre, per gli apparecchi non inventariati, occorre predisporre una bozza di piano per la loro raccolta e il successivo smaltimento; che tale bozza può eventualmente valersi dei meccanismi esistenti per i rifiuti in generale e non deve necessariamente tener conto dei quantitativi molto esigui di PCB la cui individuazione è praticamente impossibile,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Scopo della presente direttiva è procedere al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sullo smaltimento controllato dei PCB, sulla decontaminazione o sullo smaltimento di apparecchi contenenti PCB e/o sullo smaltimento di PCB usati, in vista della loro eliminazione completa in base alle disposizioni della presente direttiva.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, si intende per:a) PCB:- i policlorodifenili,- i policlorotrifenili,- il monometiltetraclorodifenilmetano, il monometildiclorodifenilmetano, il monometildibromodifenilmetano,- ogni miscela il cui tenore complessivo di qualsiasi delle suddette sostanze è superiore allo 0,005 % in peso;b) apparecchi contenenti PCB: qualsiasi apparecchio che contiene o è servito a contenere PCB (per esempio trasformatori, condensatori, recipienti contenenti residui) e che non ha costituito oggetto di una decontaminazione. Gli apparecchi di un tipo che possa contenere PCB sono considerati contenenti PCB, a meno che sussistano fondati motivi di presumere il contrario;c) PCB usati: qualsiasi PCB considerato come rifiuto a norma della direttiva 75/442/CEE;d) detentore: le persone fisiche o giuridiche che detengono PCB, PCB usati e/o apparecchi contenenti PCB;e) decontaminazione: l'insieme delle operazioni che rendono riutilizzabili o riciclabili o eliminabili nelle migliori condizioni gli apparecchi, gli oggetti, le sostanze o i fluidi contaminati da PCB e che possono comprendere la sostituzione, cioè l'insieme delle operazioni che consistono nel sostituire ai PCB un fluido adeguato che non contiene PCB;f) smaltimento: le operazioni D 8, D 9, D 10, D 12 (soltanto in un deposito sotterraneo sicuro e situato in profondità localizzato in una formazione rocciosa asciutta ed esclusivamente per apparecchi contenenti PCB e PCB usati che non possono essere decontaminati) e D 15 di cui all'allegato II A della direttiva 75/442/CEE.Articolo 3 Fatti salvi gli obblighi internazionali, gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare lo smaltimento dei PCB usati e per la decontaminazione o lo smaltimento dei PCB e degli apparecchi contenenti PCB non appena possibile. Per gli apparecchi e i PCB in essi contenuti soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, la decontaminazione e/o lo smaltimento sono effettuati al più tardi entro la fine del 2010.Articolo 4 1. Per conformarsi alle disposizioni di cui all'articolo 3 gli Stati membri prevedono la preparazione di inventari degli apparecchi contenenti PCB per un volume superiore a 5 dm³ e ne trasmettono una sintesi alla Commissione non oltre tre anni dall'adozione della presente direttiva. Nel caso di condensatori di potenza, il limite di 5 dm³ deve essere inteso come comprendente il totale dei singoli elementi di un insieme composito.2. Gli apparecchi per i quali si possa ragionevolmente presumere che contengano fluidi con una percentuale di PCB compresa tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso possono essere inventariati tralasciando i dati previsti al paragrafo 3, terzo e quarto trattino e possono essere muniti dell'etichetta «Contaminazione da PCB < 0,05 %». Essi sono decontaminati o smaltiti a norma dell'articolo 9, paragrafo 2.3. Gli inventari comprendono i seguenti elementi:- nome e indirizzo del detentore,- collocazione e descrizione degli apparecchi,- quantitativo di PCB contenuto in tali apparecchi,- date e tipi di trattamento o sostituzione effettuati o previsti,- data della notifica.Qualora uno Stato membro abbia già compilato un siffatto inventario, può astenersi dal procedere ad una nuova compilazione. Gli inventari sono periodicamente aggiornati.4. Per conformarsi alle disposizioni del paragrafo 1, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i detentori di tali apparecchi comunichino alle autorità competenti i quantitativi che essi detengono e qualsiasi cambiamento ad essi relativo.5. Gli Stati membri prendono le necessarie misure atte a garantire che qualsiasi apparecchio soggetto ad inventario a norma del paragrafo 1 rechi l'etichetta. Un'etichetta analoga dovrà essere apposta anche sulla porta dei locali in cui si trovano tali apparecchi.6. Le imprese di smaltimento dei PCB tengono un registro in cui devono essere indicati quantità, origine, natura e tenore di PCB dei PCB usati loro consegnati. Esse forniscono tali dati alle autorità competenti. Il registro può essere consultato dalle autorità locali e dal pubblico. Le imprese rilasciano inoltre ai detentori che consegnano PCB usati una ricevuta in cui sono specificate la natura e la quantità dei rifiuti consegnati.7. Gli Stati membri garantiscono che le autorità competenti controllino i quantitativi notificati.Articolo 5 1. In deroga all'articolo 3 della direttiva 75/442 CEE gli Stati membri vietano la separazione dei PCB dalle altre sostanze a scopi di riutilizzo dei PCB.2. Gli Stati membri vietano il riempimento dei trasformatori con PCB.3. Fintantoché non siano stati decontaminati, eliminati e/o smaltiti a norma della presente direttiva, i trasformatori contenenti PCB possono essere mantenuti unicamente se l'obiettivo è assicurare la conformità dei PCB in essi contenuti con le norme o le specifiche tecniche relative alla qualità dielettrica, sempreché detti trasformatori siano in buono stato e non presentino perdite.Articolo 6 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i PCB usati e gli apparecchi contenenti PCB soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1 siano trasferiti al più presto ad un'impresa autorizzata conformemente all'articolo 8.2. Prima della consegna dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB ad un'impresa autorizzata, saranno prese tutte le precauzioni necessarie per evitare il rischio di incendi. A tal fine i PCB sono tenuti isolati da qualsiasi prodotto infiammabile.3. Ove fattibile, i condensatori, gli apparecchi contenenti PCB non soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, che costituiscono parte di un'altra apparecchiatura, sono rimossi e raccolti separatamente quando l'apparecchio non è più utilizzato, è riciclato o sottoposto a smaltimento.Articolo 7 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per vietare l'incenerimento dei PCB o dei PCB usati sulle navi.Articolo 8 1. Gli Stati membri prendono le opportune misure per garantire che tutte le imprese che procedono alla decontaminazione e/o allo smaltimento dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB debbano ottenere un permesso a norma dell'articolo 9 della direttiva 75/442/CEE.2. In caso di smaltimento mediante incenerimento si applicano le disposizioni della direttiva 94/67/CE del Consiglio, del 16 dicembre 1994, relativa all'incenerimento dei rifiuti pericolosi (12). Possono essere autorizzati altri metodi di smaltimento dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB a condizione che soddisfino norme di sicurezza in materia ambientale equivalente a quelle relative all'incenerimento e rispettino i requisiti tecnici relativi alle migliori tecniche disponibili.3. Gli Stati membri adottano individualmente o di concerto, le misure necessarie per sviluppare, se opportuno e tenuto conto dell'articolo 4, paragrafo 3, lettera a), punto ii) del regolamento 93/259/CEE (13) e dell'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 75/442/CEE, gli impianti per lo smaltimento, la decontaminazione e il deposito in condizioni di sicurezza dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB.Articolo 9 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i trasformatori contenenti più dello 0,05 % in peso di PCB possano essere contaminati alle seguenti condizioni:a) la decontaminazione deve essere intesa a ridurre il tenore di PCB a un valore inferiore allo 0,05 % in peso e, possibilmente, non superiore allo 0,005 % in peso;b) il fluido sostitutivo non contenente PCB deve comportare rischi nettamente inferiori;c) la sostituzione del fluido non deve compromettere il successivo smaltimento dei PCB;d) l'etichetta del trasformatore dopo la decontaminazione va sostituita da quella specificata nell'allegato.2. In deroga all'articolo 3, gli Stati membri assicurano che i trasformatori i cui fluidi contengono tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso di PCB siano decontaminati alle condizioni previste al paragrafo 1, lettere b), c) e d) oppure smaltiti alla fine della loro esistenza operativa.Articolo 10 La Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE:a) fissa i parametri per determinare il tenore in PCB dei materiali contaminati. Le misurazioni effettuate prima della fissazione dei parametri restano valide;b) può fissare requisiti tecnici per gli altri metodi di smaltimento dei PCB di cui alla seconda frase dell'articolo 8, paragrafo 2;c) fornirà un elenco delle denominazioni di produzione dei condensatori, delle resistenze o degli induttori contenenti PCB;d) definisce, se necessario, esclusivamente ai fini dell'articolo 9, paragrafo 1, lettere b) e c), altri prodotti sostitutivi dei PCB pericolosi.Articolo 11 1. Entro tre anni dall'adozione della presente direttiva gli Stati membri predispongono:- un programma per la decontaminazione e/o lo smaltimento degli apparecchi inventariati e dei PCB in essi contenuti;- un bozza di piano per la raccolta e il successivo smaltimento degli apparecchi non soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, come previsto all'articolo 6, paragrafo 3.2. Gli Stati membri comunicano senza indugio detto programma e detta bozza di piano alla Commissione.Articolo 12 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di diciotto mesi a decorrere dalla data di adozione. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento al momento della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri.Articolo 13 1. La presente direttiva entra in vigore alla data della sua adozione e sostituisce da tale data la direttiva 76/403/CEE.2. Con effetto dalla data di cui al paragrafo 1:a) il riferimento ai «PCB e PCT ai sensi della direttiva 76/403/CEE» contenuto nell'articolo 10, paragrafo 1 della direttiva 87/101/CEE (14) è sostituito da un riferimento ai PCB ai sensi della presente direttiva;b) il riferimento alla direttiva 76/403/CEE contenuto nell'articolo 10, paragrafo 2 della direttiva 87/101/CEE è inteso come riferimento alla presente direttiva;c) il riferimento all'articolo 6 della direttiva 76/403/CEE contenuto nell'articolo 2, lettera j) del regolamento (CEE) n. 259/93 è inteso come riferimento all'articolo 8 della presente direttiva.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 settembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteI. YATES(1) GU n. C 319 del 12. 12. 1988, pag. 57 eGU n. C 299 del 20. 11. 1991, pag. 9.(2) GU n. C 139 del 5. 6. 1989, pag. 1.(3) Pareri del Parlamento europeo del 17 maggio 1990 (GU n. C 149 del 18. 6. 1990, pag. 150) e del 12 dicembre 1990 (GU n. C 19 del 28. 1. 1991, pag 83), posizione comune del Consiglio del 27 novembre 1995 (GU n. C 87 del 25. 3. 1996, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 22 maggio 1996 (GU n. C 166 del 10. 6. 1996, pag. 76).(4) GU n. L 108 del 26. 4. 1976, pag. 41.(5) GU n. L 262 del 27. 9. 1976, pag. 201. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/60/CE (GU n. L 365 del 31. 12. 1994, pag. 1).(6) GU n. C 122 del 18. 5. 1990, pag. 2.(7) GU n. C 138 del 17. 5. 1993, pag. 1.(8) GU n. L 194 del 25. 7. 1975, pag. 39. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 94/3/CE della Commissione (GU n. L 5 del 7. 1. 1994, pag. 15).(9) Riunione ministeriale delle Commissioni di Oslo e di Parigi del 21-22 settembre 1992.(10) GU n. L 194 del 25. 7. 1975, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 91/692/CEE (GU n. L 377 del 31. 12. 1991, pag. 48).(11) GU n. L 186 del 12. 7. 1991, pag. 64.(12) GU n. L 365 del 31. 12. 1994, pag. 34.(13) GU n. L 30 del 6. 2. 1993, pag. 1. Regolamento modificato dalla decisione 94/721/CE della Commissione (GU n. L 288 del 9. 11. 1994, pag. 36).(14) GU n. L 42 del 12. 2. 1987, pag. 43.ALLEGATO Etichettatura degli apparecchi contenenti PCB decontaminati Ciascun elemento dell'apparecchio decontaminato deve recare in modo chiaro un'etichetta indelebile in rilievo o in incavo, che rechi i seguenti dati e sia redatta nella lingua del paese di utilizzazione dell'apparecchio:>INIZIO DI UN GRAFICO>APPARECCHI CONTENENTI PCB DECONTAMINATIIl fluido contenente PCB è stato sostituito- con .......... (fluido sostitutivo)- il .......... (data)- da .......... (impresa)Concentrazione di PCB nel- vecchio fluido .......... % in peso- nuovo fluido .......... % in peso.>FINE DI UN GRAFICO>
Smaltimento dei policlorodifenili (PCB) e dei policlorotrifenili (PCT) QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Armonizza la normativa sullo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)* e sulla decontaminazione o lo smaltimento degli apparecchi che li contengono. PUNTI CHIAVE I paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che: i PCB e i PCT usati, nonché gli apparecchi che li contengono, siano smaltiti nel più breve tempo possibile; siano compilati inventari degli apparecchi contenenti più di 5 litri di PCB e PCT, e ne sia trasmessa una sintesi alla Commissione europea non oltre tre anni dall’adozione della normativa; le aziende che smaltiscono i PCB e i PCT siano autorizzate e conservino registri sulla quantità, l’origine e la natura dei PCB e PCT usati che ricevono; siano previste misure di sicurezza per prevenire ogni rischio di incendio di PCB e PCT o degli apparecchi che li contengono; i PCB o i PCT non siano bruciati sulle navi; i trasformatori non siano riempiti con PCB e PCT; i trasformatori contenenti più dello 0,05 % in peso di PCB o PCT siano decontaminati secondo le condizioni previste dalla normativa; gli apparecchi contenenti più di 5 litri di PCB e PCT siano decontaminati e/o smaltiti al più tardi entro la fine del 2010, fatta eccezione per i trasformatori contenenti tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso di PCB o PCT, che possono essere smaltiti alla fine della loro esistenza operativa. Gli inventari devono contenere: il nome e l’indirizzo del titolare degli apparecchi; la collocazione e la descrizione degli apparecchi; il quantitativo di PCB o PCT contenuto in tali apparecchi; le date e i tipi di trattamento o di sostituzione effettuati o previsti; la data della notifica. La Commissione: fissa i parametri per determinare il tenore in PCB e PCT dei materiali contaminati; definisce i requisiti tecnici per altre modalità di smaltimento dei PCB e dei PCT; rende disponibile un elenco delle denominazioni di produzione dei condensatori, delle resistenze o degli induttori contenenti PCB e PCT; definisce, se necessario, altri prodotti sostitutivi dei PCB e PCT pericolosi. Il regolamento (CE) n. 850/2004 sugli inquinanti organici persistenti (POP) fornisce il quadro giuridico per i POP e si applica anche ai PCB, che sono stati classificati come POP. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 16 settembre 1996. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 16 marzo 1998. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)» sul sito Internet della Commissione europea * TERMINE CHIAVE Policlorodifenili (PCB) e policlorotrifenili (PCT): un gruppo di composti artificiali che sono stati ampiamente utilizzati in passato, soprattutto negli apparecchi elettrici. Sono stati vietati alla fine degli anni settanta in molti paesi a causa delle preoccupazioni ambientali. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 96/59/CE del Consiglio, del 16 settembre 1996, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) (GU L 243 del 24.9.1996, pag. 31-35) Le successive modifiche alla direttiva 96/59/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Decisione 2001/68/CE della Commissione, del 16 gennaio 2001, che definisce due parametri relativi ai PCB ai sensi dell’articolo 10, lettera a), della direttiva 96/59/CE del Consiglio concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) [notificata con il numero C(2001) 107] (GU L 23 del 25.1.2001, pag. 31) Regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo agli inquinanti organici persistenti e che modifica la direttiva 79/117/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 7-49) Rettifica del regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo agli inquinanti organici persistenti e che modifica la direttiva 79/117/CEE (GU L 158 del 30.4.2004) (GU L 229 del 29.6.2004, pag. 5-22) Si veda la versione consolidata
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Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi Gazzetta ufficiale n. L 149 del 02/06/2001 pag. 0034 - 0036 Direttiva 2001/40/CE del Consigliodel 28 maggio 2001relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terziIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, punto 3,vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il trattato dispone che il Consiglio adotti misure in materia di politica dell'immigrazione nei settori delle condizioni di ingresso e di soggiorno, ma anche dell'immigrazione clandestina e del soggiorno irregolare.(2) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha ribadito la volontà di istituire uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. A tal fine è necessario che una politica europea comune in materia di asilo e di migrazione si prefigga, nel contempo, un trattamento equo per i cittadini di paesi terzi e una migliore gestione dei flussi migratori.(3) La necessità di assicurare una maggiore efficacia nell'esecuzione delle decisioni di allontanamento, nonché una migliore cooperazione degli Stati membri implica il riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento.(4) Le decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi vanno adottate in conformità dei diritti fondamentali, quali garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950, in particolare dagli articoli 3 e 8, e dalla convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, del 28 luglio 1951, e quali risultano dai principi costituzionali comuni agli Stati membri.(5) Secondo il principio di sussidiarietà, l'obiettivo dell'azione prevista, vale a dire una cooperazione tra Stati membri in materia di allontanamento dei cittadini di paesi terzi, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, a motivo degli effetti dell'azione in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(6) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, con lettera in data 18 ottobre 2000 il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.(7) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e, di conseguenza, non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Poiché la presente direttiva è volta a sviluppare l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, deciderà, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepire o meno tale direttiva nel proprio diritto interno.(8) Quanto alla Repubblica d'Islanda e al Regno di Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso tra il Consiglio dell'Unione europea e questi due Stati il 18 maggio 1999. Osservate le procedure previste dall'accordo, i diritti e gli obblighi posti in essere dalla presente direttiva si applicheranno anche a questi due Stati e nelle relazioni tra questi due Stati e gli Stati membri della Comunità europea destinatari della presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Fatti salvi, da un lato, gli obblighi derivanti dall'articolo 23 e dall'altro, l'applicazione dell'articolo 96 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, in seguito denominata: "convenzione di Schengen", l'obiettivo della presente direttiva è consentire il riconoscimento di una decisione di allontanamento adottata da un'autorità competente di uno Stato membro, in seguito denominato "Stato membro autore", nei confronti di un cittadino di un paese terzo che si trovi nel territorio di un altro Stato membro, in seguito denominato "Stato membro di esecuzione".2. Qualsiasi decisione adottata a norma del paragrafo 1 è attuata secondo la legislazione applicabile dello Stato membro di esecuzione.3. La presente direttiva non si applica ai familiari dei cittadini dell'Unione che hanno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione.Articolo 2Ai fini della presente direttiva:a) per "cittadino di un paese terzo" s'intende qualsiasi persona che non abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri;b) per "decisione di allontanamento" s'intende qualsiasi decisione che ordina l'allontanamento adottata da un'autorità amministrativa competente di uno Stato membro autore;c) per "misura di esecuzione" s'intende qualsiasi misura adottata dallo Stato membro di esecuzione per attuare una decisione di allontanamento.Articolo 31. L'allontanamento di cui all'articolo 1 riguarda i seguenti casi:a) il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione di allontanamento giustificata da una minaccia grave e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e adottata nei seguenti casi:- condanna del cittadino di un paese terzo da parte dello Stato membro autore per un reato punibile con una pena privativa della libertà di almeno un anno,- esistenza di seri motivi per ritenere che il cittadino di un paese terzo abbia commesso fatti punibili gravi o esistenza di indizi concreti che intende commettere fatti di tale natura nel territorio di uno Stato membro.Fatto salvo l'articolo 25, paragrafo 2, della convenzione di Schengen, se la persona interessata è titolare di un titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato membro di esecuzione o da un altro Stato membro, lo Stato di esecuzione consulta lo Stato autore e lo Stato che ha rilasciato il titolo. L'esistenza di una decisione di allontanamento adottata ai sensi della presente lettera consente il ritiro del titolo di soggiorno, sempreché sia autorizzato dalla legislazione dello Stato che ha rilasciato il titolo;b) il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione di allontanamento giustificata dal mancato rispetto delle normative nazionali relative all'ingresso o al soggiorno degli stranieri.Nei due casi di cui alle lettere a) e b) la decisione di allontanamento non deve essere revocata né sospesa dallo Stato membro autore.2. Gli Stati membri attuano la presente direttiva nel rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.3. L'applicazione della presente direttiva fa salve le disposizioni della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee (convenzione di Dublino) e gli accordi di riammissione conclusi tra Stati membri.Articolo 4Gli Stati membri provvedono affinché il cittadino di un paese terzo interessato possa proporre, secondo la legislazione dello Stato membro di esecuzione, un ricorso avverso una misura prevista all'articolo 1, paragrafo 2.Articolo 5La protezione dei dati personali e la sicurezza dei dati sono garantite ai sensi della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(3).Fatti salvi gli articoli 101 e 102 della convenzione di Schengen, gli archivi di dati personali possono essere utilizzati nell'ambito della presente direttiva soltanto ai fini previsti dalla stessa.Articolo 6Le autorità dello Stato membro autore e dello Stato membro di esecuzione ricorrono a qualsiasi canale adeguato di cooperazione e di scambio di informazioni per attuare la presente direttiva.Lo Stato membro autore fornisce allo Stato membro di esecuzione tutti i documenti necessari per comprovare il sussistere dell'esecutività della decisione attraverso i canali più rapidi, ove opportuno, ai sensi delle disposizioni pertinenti del manuale SIRENE.Lo Stato membro di esecuzione procede ad un esame preliminare della situazione della persona interessata per assicurarsi che né gli strumenti internazionali pertinenti, né la normativa nazionale applicabile ostino all'esecuzione della decisione di allontanamento.Successivamente all'attuazione della misura di esecuzione, lo Stato membro di esecuzione ne informa lo Stato membro autore.Articolo 7Gli Stati membri compensano tra di loro gli squilibri finanziari che possono risultare dall'applicazione della presente direttiva, qualora l'allontanamento non possa realizzarsi a spese del cittadino o dei cittadini di un paese terzo interessato/i.Per consentire l'applicazione del presente articolo il Consiglio adotterà, su proposta della Commissione, i criteri e le modalità pratiche appropriati entro il 2 dicembre 2002. Tali criteri e modalità pratiche saranno parimenti validi ai fini dell'attuazione dell'articolo 24 della convenzione di Schengen.Articolo 81. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 dicembre 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva, in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 28 maggio 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Bodström(1) GU C 243 del 24.8.2000, pag. 1.(2) Parere espresso il 13 marzo 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
Decisioni di allontanamento: riconoscimento reciproco da parte dei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a garantire che la decisione, da parte di un paese dell’Unione europea (UE), di allontanare un cittadino di un paese extra UE presente in un altro paese dell’UE sia rispettata e adempiuta. PUNTI CHIAVE Gli ordini di allontanamento si applicano ai cittadini di paesi extra UE che: costituiscono una minaccia grave e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale; sono stati condannati per un reato punibile con una pena privativa della libertà di almeno un anno; si ritiene, sulla base di seri motivi o indizi concreti, abbiano commesso o intendano commettere fatti di tale natura; non rispettano le normative nazionali relative all’ingresso o al soggiorno. Se la persona interessata è titolare di un titolo di soggiorno valido, il paese che impone l’allontanamento deve consultare il paese che ha rilasciato il titolo. I paesi dell’UE che applicano la normativa devono: rispettare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali; garantire che la persona interessata possa proporre un ricorso avverso l’ordine di allontanamento; proteggere i dati personali e la sicurezza dei dati; ricorrere a tutti i canali adeguati di cooperazione e di scambio di informazioni per attuare la normativa; compensarsi reciprocamente per i costi finanziari in cui incorrono. Le disposizioni sono stabilite nella decisione 2004/191/CE del Consiglio. Il paese autore dell’ordine di allontanamento deve fornire al paese di esecuzione tutti i documenti necessari il più rapidamente possibile. Il paese di esecuzione della decisione deve garantire che né la normativa nazionale né quella internazionale pertinente ostino all’esecuzione. La normativa non si applica ai familiari dei cittadini dell’UE. La direttiva 2003/110/CE del Consiglio stabilisce le disposizioni circa il transito di residenti irregolari di paesi terzi espulsi per via aerea attraverso un altro paese dell’UE. La direttiva 2008/115/CE stabilisce norme e procedure comuni per il rimpatrio di cittadini di paesi extra UE il cui soggiorno è irregolare. Il regolamento (UE) n. 604/2013 (regolamento Dublino III) stabilisce i criteri e le procedure volti a determinare quale paese dell’UE è competente per l’esame di una domanda di asilo. A settembre 2005, il Consiglio d’Europa ha pubblicato venti orientamenti sui rimpatri forzati. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 2 giugno 2001. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 2 dicembre 2002. CONTESTO Il Regno Unito (1) e l’Irlanda, pur non trovandosi nell’area Schengen di circolazione senza passaporto, applicano la normativa e partecipano alle relative disposizioni, così come l’Islanda e la Norvegia, mentre la Danimarca non vi aderisce. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 149 del 2.6.2001, pagg. 34-36) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea (GU L 321 del 6.12.2003, pagg. 26-31) Decisione 2004/191/CE del Consiglio, del 23 febbraio 2004, che definisce i criteri e le modalità pratiche per la compensazione degli squilibri finanziari risultanti dall’applicazione della direttiva 2001/40/CE del Consiglio relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 60 del 27.2.2004, pagg. 55-57) Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pagg. 98-107) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pagg. 31-59)
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'America - Proprietà intellettuale Gazzetta ufficiale n. L 284 del 22/10/1998 pag. 0037 - 0044 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'AmericaLA COMUNITÀ EUROPEA, in prosieguo denominata «la Comunità»,da una parte, eIL GOVERNO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA,dall'altra,in seguito denominati «le Parti»,CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;RICONOSCENDO che la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'America stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche in alcuni settori di interesse comune e che le Parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizione di reciprocità;VISTA la dichiarazione sulle relazioni CE-USA del 23 novembre 1990, la nuova agenda transatlantica e il piano d'azione comune UE-USA, adottati il 3 dicembre 1995 a Madrid;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di estendere a rafforzare le attività svolte in cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivo Le Parti promuovono, sviluppano e agevolano attività svolte in cooperazione in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per:a) «attività svolta in cooperazione», qualunque attività che le Parti intraprendono o sostengono finanziariamente a norma del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni», dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto di ricerche congiunte e qualsiasi altro dato relativo alle attività svolte in cooperazione;c) «proprietà intellettuale», la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta», ricerca condotta con il finanziamento di una delle Parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che degli Stati Uniti d'America e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle Parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, oppure, se il finanziamento è erogato da una sola Parte, dalla Parte finanziatrice e dai partecipanti al progetto;e) «partecipante», qualsiasi persona fisica o giuridica, come per esempio agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, privati, imprese, centri di ricerca, università, controllate di società europee e statunitensi o qualunque altro soggetto giuridico che partecipi ad attività in cooperazione.Articolo 3 Principi Le attività in cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato sulla ripartizione equilibrata dei vantaggi previsti dall'accordo tra le Parti;b) l'offerta reciproca di opportunità di intraprendere attività in cooperazione;c) la parità di condizioni e di trattamento;d) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'attività svolta in cooperazione.Articolo 4 Settori di attività in cooperazione a) Le attività di cooperazione si svolgono nei settori seguenti:- ambiente (compresa la ricerca sul clima);- biomedicina e sanità (compresa la ricerca sull'AIDS, le malattie infettive e l'uso di stupefacenti);- agricoltura;- scienze della pesca;- ricerca ingegneristica;- energia non nucleare;- risorse naturali;- scienze dei materiali e metrologia;- tecnologie dell'informazione e della comunicazione;- telematica;- biotecnologia;- scienze e tecnologie marine;- ricerca nel campo delle scienze sociali;- trasporti;- politica scientifica e tecnologica, gestione, formazione e mobilità dei ricercatori.b) Le Parti possono modificare il presente elenco su raccomandazione del gruppo consultivo paritetico menzionato all'articolo 6, secondo le rispettive procedure vigenti.c) Le Parti possono condurre congiuntamente attività in cooperazione con terzi.Articolo 5 Modalità dell'attività svolta in cooperazione a) Nell'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, le Parti favoriscono nella massima misura possibile l'adesione di partecipanti alle attività in cooperazione a norma del presente accordo, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività svolte in cooperazione possono assumere le forme seguenti:1. progetti di ricerca coordinati e progetti di ricerca congiunta;2. task force congiunte;3. studi in comune;4. organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop;5. formazione di ricercatori e tecnici;6. scambi o condivisione di attrezzature e materiali;7. visite e scambi di personale scientifico, di personale tecnico e di personale di altre categorie;8. scambio di informazioni scientifiche e tecnologiche, nonché informazioni in materia di prassi, leggi, regolamenti e programmi riguardanti la cooperazione a norma del presente accordo.Ove opportuno, tali attività in cooperazione hanno luogo in base ad accordi di attuazione stipulati tra gli organi esecutivi delle Parti, ovvero tra le rispettive agenzie e organismi scientifici e tecnologici. Tali accordi possono disciplinare la natura e la durata della cooperazione in un determinato settore o per un fine specifico, il regime di proprietà intellettuale secondo le disposizioni dell'allegato, il sistema di finanziamento, la ripartizione dei costi ed altri aspetti rilevanti.Articolo 6 Coordinamento e agevolazione di attività in cooperazione a) Il coordinamento e l'agevolazione di attività in cooperazione a norma del presente accordo sono attuati dal Dipartimento di Stato, per conto del governo degli Stati Uniti d'America, e dalla Commissione europea, per conto della Comunità, che agiscono come organi esecutivi delle Parti.b) Gli organi esecutivi istituiscono un gruppo consultivo paritetico (in seguito denominato «GCP») preposto alla supervisione della cooperazione scientifica e tecnologica intrapresa a norma del presente accordo. Il GCP è formato da un numero limitato e uguale di rappresentanti ufficiali per ciascuna Parte.c) Il GCP può tenere consultazioni su temi generali di ricerca e di tecnologia, scambiare informazioni, istituire, ove opportuno, task force e gruppi di lavoro, consultare esperti secondo le necessità e svolgere ogni altro compito che faciliti per le Parti la comprensione reciproca delle rispettive attività e programmi connessi alla scienza e alla tecnologia.d) I compiti GCP comprendono:1. la supervisione delle attività previste dal presente accordo e la formulazione di pertinenti raccomandazioni;2. la formulazione di raccomandazioni a norma dell'articolo 4, lettera b);3. la consulenza delle Parti sulle possibili vie per incrementare la cooperazione in base ai principi enunciati nel presente accordo;4. la redazione di una relazione annuale, destinata alle Parti, sul livello, lo stato di avanzamento e l'efficacia delle attività in cooperazione intraprese in forza del presente accordo;5. l'esame dell'efficienza e dell'effettiva applicazione dell'accordo.e) Il GCP si riunisce una volta all'anno, salvo diverso accordo delle Parti. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità o negli Stati Uniti d'America. Il GCP stabilisce le proprie procedure interne, che sono soggette all'approvazione delle Parti.f) Le decisioni del GCP sono adottate per consenso. Ad ogni riunione viene redatto un verbale in cui sono annottate le decisioni e i principali punti discussi. Il suddetto verbale è approvato dalle persone che le Parti hanno designato per presiedere in comune la riunione.Articolo 7 Aspetti finanziari e giuridici a) Le attività in considerazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, nonché dei programmi della Comunità e degli Stati Uniti d'America.b) Ciascuna Parte sostiene i costi relativi all'espletamento delle funzioni di sua competenza a norma del presente accordo, ivi compresi i costi della partecipazione alle riunioni del GCP. Tuttavia, i costi direttamente connessi alle riunioni del GCP, diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno, sono direttamente sostenuti dalla Parte ospitante.Articolo 8 Circolazione del personale e delle apparecchiature Ogni Parte adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale, dei dati e delle apparecchiature impiegati nelle attività in cooperazione di cui al presente accordo.Articolo 9 Regime di proprietà intellettuale L'attribuzione e la protezione dei diritti di proprietà intellettuale a norma del presente accordo sono disciplinate dalle disposizioni dell'allegato, che forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10 Altri accordi e disposizioni transitorie a) Ove opportuno, le Parti si adoperano per ricondurre ai termini del presente accordo nuove intese in materia di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il governo degli Stati Uniti d'America che rientrino nell'ambito dell'articolo 4.b) Il presente accordo non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti da altri accordi tra le Parti, né da accordi o intese avvenuti tra ciascuna delle Parti e terzi non partecipanti, ivi compresi gli accordi e le intese tra le rispettive agenzie ed organismi scientifici e tecnologici e uno Stato membro della Comunità.Articolo 11 Campo d'applicazione territoriale Il presente accordo si applica nei territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso indicate, e nel territorio degli Stati Uniti d'America, fatta salva la possibilità di intraprendere attività in cooperazione in alto mare, nello spazio extra-atmosferico, o nei territori di paesi terzi, a norma del diritto internazionale.Articolo 12 Entrata in vigore, denuncia e risoluzione delle controversie a) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui entrambe le Parti si sono notificate per iscritto l'avvenuta conclusione delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni. Fatto salvo il diritto delle Parti di rivedere l'accordo nel corso dell'ultimo anno di ogni quinquennio, l'accordo può essere ulteriormente prorogato, con eventuali modificazioni, di quinquennio in quinquennio mediante accordo scritto tra le Parti.c) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle Parti con preavviso scritto di sei mesi. La cessazione e la denuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata di eventuali intese avviate in base allo stesso, degli accordi stipulati nel suo contesto né gli specifici diritti e obblighi attribuiti a norma dell'allegato.d) L'accordo può essere modificato con l'accordo delle Parti. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui entrambe le Parti si sono notificate per iscritto l'avvenuta conclusione delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modificazione del presente accordo.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo è risolta di comune accordo tra le Parti.Articolo 13 Il presente accordo è redatto in duplice copia nella lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en Washington DC, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y siete.Udfærdiget i Washington DC, den femte december nitten hundrede og syvoghalvfems.Geschehen zu Washington DC am fünften Dezember neunzehnhundertsiebenundneunzig.¸ãéíå óôçí ÏõÜóéãêôïí DC, óôéò 5 Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá åðôÜ.Done at Washington DC on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-seven.Fait à Washington DC, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-dix-sept.Fatto a Washington DC, addì cinque dicembre millenovecentonovantasette.Gedaan te Washington DC, de vijfde december negentienhonderd zevenennegentig.Feito em Washington DC, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e sete.Tehty Washington DC:ssä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäseitsemän.Som skedde i Washington DC den femte december nittonhundranittiosju.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de los Estados Unidos de AméricaFor regeringen for Amerikas Forenede StaterFür die Regierung der Vereinigten Staaten von AmerikaÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôùí ÇíùìÝíùí Ðïëéôåéþí ôçò ÁìåñéêÞòFor the Government of the United States of AmericaPour le gouvernement des États-Unis d'AmériquePer il governo degli Stati Uniti d'AmericaVoor de regering van de Verenigde Staten van AmerikaPelo Governo dos Estados Unidos da AméricaAmerikan yhdysvaltojen hallituksen puolestaPå Amerikas förenta staternas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the United States of AmericaPor el Gobierno de los Estados Unidos de AméricaFor regeringen for Amerikas Forenede StaterFür die Regierung der Vereinigten Staaten von AmerikaÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôùí ÇíùìÝíùí Ðïëéôåéþí ôçò ÁìåñéêÞòPour le gouvernement des États-Unis d'AmériquePer il governo degli Stati Uniti d'AmericaVoor de regering van de Verenigde Staten van AmerikaPelo Governo dos Estados Unidos da AméricaAmerikan yhdysvaltojen hallituksen puolestaPå Amerikas förenta staternas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the European CommunityPor la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO PROPRIETÀ INTELLETTUALE A norma dell'articolo 9 del presente accordo,le Parti assicurano la protezione adeguata ed effettiva dei diritti di proprietà intellettuale sorti o conferiti in forza del presente accordo e degli accordi conclusi per la sua attuazione. Ciascuna Parte si impegna a notificare tempestivamente all'altra Parte qualunque invenzione o opera tutelata da diritto d'autore, che sia creata nel contesto del presente accordo, e a provvedere tempestivamente alla protezione dei relativi diritti di proprietà intellettuale. L'attribuzione di tali diritti è disciplinata dalle disposizioni del presente allegato.I. AMBITO DI APPLICAZIONE A. Il presente allegato si applica a tutte le attività in cooperazione dalle Parti o dai loro partecipanti a norma del presente accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le Parti.B. Agli effetti del presente accordo, la definizione di «proprietà intellettuale» è quella data dall'articolo 2 della convenzione di Stoccolma del 14 luglio 1967, che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale.C. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle Parti o ai partecipanti. Ciascuna delle Parti provvede affinché l'altra Parte o i partecipanti dell'altra Parte possano ottenere i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma dell'allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione dei diritti tra una Parte e i suoi cittadini che è disciplinata dalle leggi e dalle prassi previste dall'ordinamento di tale Parte.D. Qualsiasi controversia in materia di proprietà intellettuale che sorga nell'ambito del presente accordo dovrebbe essere risolta mediante trattative tra i partecipanti interessati o, se necessario, tra le Parti. Previo accordo delle Parti, i partecipanti possono rimettere la controversia ad un collegio arbitrale, che emette una decisione vincolante. Salvo diverso accordo scritto tra i partecipanti, all'arbitrato si applicano le norme UNCITRAL.E. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi di cui al presente allegato.II. ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI A. Ciascuna Parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di riprodurre, di distribuire al pubblico e di tradurre articoli di riviste scientifiche e tecniche, relazioni scientifiche non oggetto di esclusiva e libri, che sono diretto risultato della cooperazione intrapresa a norma del presente accordo. Ogni copia da distribuire al pubblico di un'opera tutelata dal diritto d'autore, estratta sulla base della presente disposizione deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Ogni Parte o i partecipanti di questa hanno diritto di rivedere una traduzione prima della sua distribuzione al pubblico.B. I diritti di proprietà intellettuale di qualunque tipo, ad eccezione dei diritti menzionati al paragrafo II, punto A, sono attribuiti nella maniera seguente:1. Ai ricercatori ospiti, come per esempio agli scienziati che intendono principalmente perfezionare la loro istruzione, spettano i diritti di proprietà intellettuale previsti dagli accordi con gli organismi ospitanti. Inoltre, ogni ricercatore, ospite designato come inventore ha diritto allo stesso trattamento dei cittadini del paese ospitante per quanto riguarda i premi, le gratifiche, i vantaggi e qualsiasi altro diritto accordato in base alla politica praticata dall'organismo ospitante.2. a) Per la proprietà intellettuale che sorge o può sorgere nell'ambito della ricerca congiunta, le Parti o i loro partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia. Il piano di gestione della tecnologia tiene conto del contributo rispettivamente apportato dalle Parti e dai loro partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o un regime per campi di applicazione, delle legislazioni nazionali delle Parti e di ogni altro fattore ritenuto importante.b) Se le Parti o i loro partecipanti non hanno stabilito un piano di gestione della tecnologia nell'accordo iniziale di ricerca in cooperazione e non riescono a raggiungere un accordo entro un congruo periodo di tempo, non superiore a sei mesi da quando una Parte è venuta a conoscenza del fatto che sono sorti o probabilmente sorgeranno diritti di proprietà intellettuale nell'ambito della ricerca congiunta, le Parti e i loro partecipanti definiscono la questione a norma del paragrafo I, punto D. In attesa della definizione della questione, la proprietà intellettuale è comune a entrambe le Parti o ai loro partecipanti, ma l'esercizio del diritto di utilizzazione economica (incluso lo sviluppo di prodotti) è subordinato al reciproco consenso.c) Per «ricerca congiunta» si intende la ricerca condotta con il finanziamento di una delle Parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che degli Stati Uniti d'America e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle Parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, oppure, se il finanziamento è erogato da una sola Parte, dalla Parte finanziatrice e dai partecipanti al progetto.d) Qualora una Parte ritenga che un progetto di ricerca congiunta che rientra nell'ambito del presente accordo comporti o possa comportare la nascita o il conferimento di un tipo di diritti di proprietà intellettuale che, pur essendo tutelati da essa, non trovano tutela in tutto il territorio dell'altra Parte, le Parti aprono immediatamente una trattativa per definire l'attribuzione dei diritti di proprietà intellettuale in questione. Le attività congiunte in questione saranno sospese in pendenza della trattativa, salvo diverso accordo delle Parti. Se non può essere raggiunto un accordo entro tre mesi dalla data in cui è stata richiesta l'apertura della trattativa, la cooperazione nel progetto considerato è sospesa o cessa, su richiesta di una delle Parti.III. INFORMAZIONI ESCLUSIVE Se nel contesto del presente accordo sono fornite o elaborate informazioni esclusive tempestivamente individuate come tali, ciascuna delle Parti e i propri partecipanti tutelano tali informazioni secondo le leggi, i regolamenti e le prassi amministrative applicabili. In mancanza di previa autorizzazione scritta, è fatto divieto alle Parti di rivelare a chiunque le informazioni esclusive ad eccezione di dipendenti, funzionari governativi, contraenti e subcontraenti. In ogni caso le informazioni rivelate possono essere utilizzate esclusivamente nei limite delle autorizzazioni o licenze concesse alle Parti oppure nell'ambito di lavori oggetto di contratti stipulati con le Parti e riguardanti la materia oggetto delle informazioni divulgate. Le Parti impongono o hanno imposto, mediante strumenti adeguati, quali contratti di ricerca, atti di assegnazione di borse di studio o piani di gestione della tecnologia, l'obbligo per tutti i partecipanti che ricevono tali informazioni di mantenerle segrete.Se una delle Parti si rende conto che secondo le proprie disposizioni legislative e regolamentari non è in grado o presumibilmente non sarà in grado di osservare il divieto di rivelare le informazioni esclusive, ne informa immediatamente l'altra Parte. Le Parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso. Per poter essere individuata come esclusiva un'informazione deve essere segreta, cioè non deve essere nota o conoscibile con mezzi leciti nella sua individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che la compongono, deve avere un valore economico effettivo o potenziale in virtù della sua segretezza, deve essere stata oggetto degli atti richiesti dalle circostanze posti in essere dal suo legittimo detentore per mantenerne la segretezza e non deve essere già in possesso del soggetto che la riceve senza che questi sia tenuto all'obbligo della riservatezza.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e gli Stati Uniti QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici. Con la sua decisione 98/591/CE, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). Il consiglio ha approvato le successive proroghe nel 2004 (Decisione 2004/756/CE), nel 2009 (Decisione 2009/306/CE — compresa una modifica dell’accordo), nel 2014 (Decisione 2014/240/UE) e nel 2018 [Decisione (UE) 2018/1578]. PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:beneficio reciproco; opportunità reciproche di porre in essere attività di cooperazione; trattamento equo e corretto; scambio tempestivo delle informazioni.Cooperazione Le aree di attività di cooperazione sono:ambiente (inclusa la ricerca sul clima); biomedicina e salute (inclusi AIDS, malattie infettive e abuso di droghe); agricoltura; scienze della pesca; ricerca ingegneristica; energia non nucleare; risorse naturali; scienze dei materiali (comprese le nanotecnologie) e metrologia; tecnologie dell’informazione e della comunicazione; telematica; biotecnologia; scienze e tecnologie marine; ricerca in scienze sociali; trasporti; ricerca sulla sicurezza; ricerca spaziale; politica scientifica e tecnologica, gestione, formazione e mobilità dei ricercatori.Attività Le attività di cooperazione possono includere:progetti di ricerca coordinati e progetti di ricerca comuni; task force comuni; studi comuni; organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop; formazione di personale scientifico e personale tecnico; scambio o condivisione di attrezzature e materiali; visite e scambi di personale scientifico, ingegneri o altro personale qualificato; scambi di informazioni scientifiche e tecnologiche e di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 14 ottobre 1998 per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato con eventuali modifiche per ulteriori periodi di cinque anni. L’accordo è stato prorogato quattro volte, l’ultima delle quali nel 2018, ogni volta per un ulteriore periodo di cinque anni. La seconda proroga conteneva una modifica — aggiungendo la ricerca sulla sicurezza e lo spazio all’elenco dei settori interessati dalle attività di cooperazione. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Gli Stati Uniti e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)Per maggiori informazioni sulla cooperazione con gli Stati Uniti per la ricerca e l’innovazione (RI), consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Cile (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e USA (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2018/1578 del Consiglio, del 18 settembre 2018, relativa alla proroga dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 263 del 22.10.2018, pag. 1). Decisione 2014/240/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla proroga dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 43). Decisione 2009/306/CE del Consiglio, del 30 marzo 2009, relativa alla proroga e alla modifica dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 90 del 2.4.2009, pag. 20). Decisione 98/591/CE del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 284 del 22.10.1998, pag. 35). Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 284 del 22.10.1998, pag. 37). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di attuazione tra la Commissione europea e il governo degli Stati Uniti d’America per la cooperazione tra ricercatori finanziati separatamente dai programmi quadro dell’Unione europea e degli Stati Uniti su ricerca e innovazione, lunedì 17 ottobre 2016.
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32005L0047
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DIRETTIVA 2005/47/CE DEL CONSIGLIO del 18 luglio 2005 concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 139, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, considerando quanto segue: (1) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed è conforme ai principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e mira a garantire il pieno rispetto dell’articolo 31 di tale Carta, secondo il quale ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali, nonché a ferie annuali retribuite. (2) Ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 2, del trattato, le parti sociali possono richiedere congiuntamente che gli accordi conclusi a livello comunitario siano attuati da una decisione del Consiglio su proposta della Commissione. (3) Il Consiglio ha adottato la direttiva 93/104/CE, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (1). I trasporti ferroviari sono tra i settori di attività esclusi dal campo di applicazione di tale direttiva. Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva 2000/34/CE (2), che modifica la direttiva 93/104/CE, al fine di coprire settori di attività precedentemente esclusi. (4) Il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva 2003/88/CE, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, che codifica e abroga la direttiva 93/104/CE (3). (5) La direttiva 2003/88/CE prevede deroghe a quanto stabilito nei suoi articoli 3, 4, 5, 8 e 16, riguardo al personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari per il servizio prestato a bordo dei treni. (6) La Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) hanno informato la Commissione della loro volontà di avviare negoziati ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 1, del trattato. (7) Il 27 gennaio 2004, le suddette organizzazioni hanno concluso un accordo relativo a taluni aspetti delle condizioni di utilizzazione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera (di seguito «accordo»). (8) L’accordo comprende una richiesta congiunta che invita la Commissione ad attuare l’accordo tramite decisione del Consiglio su proposta della Commissione ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 2, del trattato. (9) La direttiva 2003/88/CE si applica ai lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera, fatte salve le disposizioni più specifiche contenute nella presente direttiva e nell’accordo. (10) Ai sensi dell’articolo 249 del trattato, l’atto appropriato per l’attuazione dell’accordo è una direttiva. (11) Poiché, nella prospettiva del mercato interno del settore dei trasporti ferroviari e della concorrenza che lo caratterizzano, gli obiettivi della presente direttiva, cioè la tutela della salute e della sicurezza, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (12) L’evoluzione del settore ferroviario europeo implica un attento controllo del ruolo delle parti interessate attuali e di quelle nuove, per garantire uno sviluppo armonioso nell’insieme della Comunità. Il dialogo sociale europeo in questo settore dovrebbe poter riflettere questa evoluzione e tenerne conto per quanto possibile. (13) La presente direttiva lascia agli Stati membri la facoltà di definire i termini dell’accordo non specificamente definiti dall’accordo stesso in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, come è il caso per altre direttive in materia di politica sociale che utilizzano termini analoghi, a condizione che le definizioni utilizzate siano compatibili con l’accordo. (14) La Commissione ha elaborato la sua proposta di direttiva conformemente alla comunicazione del 20 maggio 1998 intitolata «Adeguare e promuovere il dialogo sociale a livello comunitario», tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ogni clausola dell’accordo; le parti firmatarie hanno una sufficiente rappresentatività per i lavoratori mobili del settore ferroviario addetti a servizi di interoperabilità transfrontaliera effettuati da imprese ferroviarie. (15) La Commissione ha elaborato la proposta di direttiva ai sensi dell’articolo 137, paragrafo 2, del trattato che prevede che le direttive in materia sociale devono evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese. (16) La presente direttiva e l’accordo fissano norme minime; gli Stati membri e/o le parti sociali dovrebbero poter mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli. (17) La Commissione ha informato il Parlamento europeo, il Comitato economico sociale europeo e il Comitato delle regioni, trasmettendo loro la proposta di direttiva per l’attuazione dell’accordo. (18) Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sull’accordo delle parti sociali in data 26 maggio 2005. (19) L’attuazione dell’accordo contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo 136 del trattato. (20) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (4), si incoraggiano gli Stati membri a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la direttiva e i provvedimenti di recepimento, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Scopo della presente direttiva è quello di attuare l’accordo concluso il 27 gennaio 2004 tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di utilizzazione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera. Il testo dell’accordo è allegato alla presente direttiva. Articolo 2 1. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste dalla presente direttiva. 2. In nessun caso l’attuazione della presente direttiva costituisce una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nei settori rientranti nel suo campo d’applicazione. La sua attuazione lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri e/o della direzione e dei lavoratori, tenuto conto di eventuali cambiamenti della situazione, di emanare disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse da quelle che esistono al momento dell’adozione della presente direttiva, purché i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva siano rispettati. Articolo 3 Fatte salve le disposizioni dell’accordo sul seguito e la valutazione dell’accordo da parte delle parti firmatarie, la Commissione, previa consultazione delle parti sociali a livello comunitario, riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della presente direttiva nel contesto dell’evoluzione del settore ferroviario entro il 27 luglio 2011. Articolo 4 Gli Stati membri determinano il regime delle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali emanate in applicazione della presente direttiva e adottano ogni misura necessaria a garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano queste disposizioni alla Commissione entro il 27 luglio 2008 e comunicano tempestivamente ogni successiva modifica. Articolo 5 Gli Stati membri mettono in vigore, previa consultazione delle parti sociali, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 27 luglio 2008 o si accertano che le parti sociali abbiano adottato le disposizioni necessarie per mezzo di accordi entro questa data. Essi comunicano immediatamente alla Commissione tali disposizioni. Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie per poter garantire in ogni momento i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 6 La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 18 luglio 2005. Per il Consiglio La presidente M. BECKETT (1) GU L 307 del 13.12.1993, pag. 18. Direttiva modificata dalla direttiva 2000/34/CE. (2) GU L 195 dell’1.8.2000, pag. 41. (3) GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9. (4) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. ACCORDO su taluni aspetti delle condizioni di lavoro del personale mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera concluso dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) e dalla Comunità delle ferrovie europee (CER) CONSIDERANDO: — lo sviluppo del trasporto ferroviario che esige l’ammodernamento del sistema e lo sviluppo del traffico transeuropeo e quindi dei servizi di interoperabilità, — la necessità di sviluppare un traffico transfrontaliero sicuro e di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera, — l’importanza di evitare una concorrenza basata esclusivamente sulle differenze delle condizioni di lavoro, — l’importanza di sviluppare i trasporti ferroviari all’interno dell’Unione europea, — l’idea che questi obiettivi saranno raggiunti creando regole comuni relative alle condizioni minime di lavoro standard del personale mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera, — la convinzione che il numero delle persone interessate aumenterà negli anni a venire, — il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 138 e 139, paragrafo 2, — la direttiva 93/104/CE (modificata dalla direttiva 2000/34/CE) e in particolare gli articoli 14 e 17, — la convenzione sulla legge applicabile agli obblighi contrattuali (Roma, 19 giugno 1980), — il fatto che l’articolo 139, paragrafo 2, del trattato dispone che gli accordi conclusi a livello comunitario sono attuati a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base ad una decisione del Consiglio su proposta della Commissione, — il fatto che il presente documento rappresenta la richiesta congiunta delle parti firmatarie. LE PARTI FIRMATARIE CONVENGONO QUANTO SEGUE: Clausola 1 Campo d’applicazione Il presente accordo si applica ai lavoratori mobili delle ferrovie addetti a servizi di interoperabilità transfrontaliera effettuati da imprese ferroviarie. Per il traffico di passeggeri transfrontaliero locale e regionale e per il traffico merci transfrontaliero che non superi i 15 chilometri al di là della frontiera, nonché per il traffico tra stazioni di frontiera ufficiali la cui lista figura in allegato, l’applicazione del presente accordo è facoltativa. Il presente accordo è altresì facoltativo per i treni sugli assi transfrontalieri che iniziano e finiscono sull’infrastruttura dello stesso Stato membro e utilizzano l’infrastruttura di un altro Stato membro senza effettuare fermate (operazioni che possono pertanto essere considerate come operazioni di trasporto nazionale). Per quanto riguarda i lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera, la direttiva 93/104/CE non si applicherà agli aspetti per i quali il presente accordo prevede disposizioni più specifiche. Clausola 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per: 1) «servizi di interoperabilità transfrontaliera»: i servizi transfrontalieri per i quali le imprese ferroviarie necessitano di almeno due certificati di sicurezza, come disposto dalla direttiva 2001/14/CE; 2) «lavoratore mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera»: ogni lavoratore membro dell’equipaggio di un treno, addetto a servizi di interoperabilità transfrontaliera per più di un’ora sulla base di una prestazione giornaliera; 3) «orario di lavoro»: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali; 4) «periodo di riposo»: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro; 5) «periodo notturno»: qualsiasi periodo di almeno 7 ore, come definito dalla legislazione nazionale, e che comprenda in ogni caso l’intervallo fra le ore 24 e le ore 5; 6) «prestazione notturna»: qualsiasi prestazione di almeno 3 ore di lavoro durante il periodo notturno; 7) «riposo fuori residenza»: riposo giornaliero che non può essere effettuato nella normale sede di residenza del personale mobile; 8) «macchinista»: il lavoratore incaricato di guidare una macchina di trazione; 9) «tempo di guida»: la durata di un’attività programmata nel corso della quale il macchinista è responsabile della guida di una macchina di trazione, escluso il tempo previsto per la messa in servizio e per la messa fuori servizio della macchina, comprese le interruzioni programmate nel corso delle quali il macchinista resta responsabile della guida della macchina di trazione. Clausola 3 Riposo giornaliero in residenza Il riposo giornaliero in residenza ha una durata minima di 12 ore consecutive nel corso di un periodo di 24 ore. Può essere ridotto a un minimo di 9 ore consecutive una volta ogni 7 giorni. In tal caso, le ore corrispondenti alla differenza tra il riposo ridotto e le 12 ore saranno aggiunte al successivo riposo giornaliero in residenza. Un riposo giornaliero ridotto in modo significativo non potrà essere fissato tra due riposi giornalieri fuori residenza. Clausola 4 Riposo giornaliero fuori residenza Il riposo giornaliero fuori residenza ha una durata minima di 8 ore consecutive nel corso di un periodo di 24 ore. Un riposo giornaliero fuori residenza deve essere seguito da un riposo giornaliero in residenza (1). Si raccomanda di provvedere a che il lavoratore mobile in riposo fuori residenza sia ospitato in alloggi confortevoli. Clausola 5 Pause a) Macchinisti Se la durata dell’orario di lavoro di un macchinista è superiore a 8 ore, sarà assicurata una pausa di almeno 45 minuti nel corso della giornata lavorativa; oppure qualora l’orario di lavoro sia compreso tra 6 e 8 ore, tale pausa sarà di almeno 30 minuti e sarà assicurata nel corso della giornata lavorativa. La collocazione temporale e la durata della pausa dovranno consentire l’effettivo recupero da parte del lavoratore. Le pause possono essere adattate nel corso della giornata lavorativa in caso di ritardo dei treni. Una parte della pausa dovrà situarsi tra la 3a e la 6a ora di lavoro. La clausola 5 a) non si applica nel caso in cui sia presente un secondo macchinista. In tal caso, le condizioni sono fissate a livello nazionale. b) Personale di accompagnamento Per il personale di accompagnamento, sarà assicurata una pausa di 30 minuti se l’orario di lavoro è superiore a 6 ore. Clausola 6 Riposo settimanale Il lavoratore mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera ha diritto, per ogni periodo di 7 giorni, ad un periodo minimo di riposo settimanale ininterrotto di 24 ore, alle quali si aggiungono le 12 ore di riposo giornaliero di cui alla clausola 3. Ogni anno il lavoratore mobile dispone di 104 periodi di riposo di 24 ore, nei quali sono inclusi i periodi di 24 ore dei 52 riposi settimanali comprendenti: — 12 periodi di riposo doppi (di 48 ore più il riposo giornaliero di 12 ore) che includono il sabato e la domenica, e — 12 periodi di riposo doppi (di 48 ore più il riposo giornaliero di 12 ore) senza garanzia di inclusione di un sabato o di una domenica. Clausola 7 Tempo di guida La durata del tempo di guida, come definito nella clausola 2, non può essere superiore a 9 ore per una prestazione diurna e a 8 ore per una prestazione notturna tra due riposi giornalieri. La durata massima del tempo di guida per ogni periodo di 2 settimane è limitata a 80 ore. Clausola 8 Controllo Al fine di consentire la verifica del rispetto delle disposizioni del presente accordo, deve essere custodita una scheda di servizio indicante le ore quotidiane di lavoro e i periodi di riposo del personale mobile. Devono essere disponibili informazioni relative alle ore effettive di lavoro. La scheda di servizio sarà conservata dall’impresa per almeno 1 anno. Clausola 9 Clausola di non regressione L’applicazione del presente accordo non costituisce in alcun caso un valido motivo per ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera. Clausola 10 Seguito dato all’accordo I firmatari del presente accordo seguiranno la sua attuazione e applicazione nel quadro del Comitato di dialogo settoriale «ferrovie» istituito in base alla decisione 98/500/CE della Commissione. Clausola 11 Valutazione Le parti valutano le disposizioni del presente accordo due anni dopo la firma, alla luce delle prime esperienze di sviluppo del trasporto interoperabile transfrontaliero. Clausola 12 Revisione Le parti riesamineranno le disposizioni di cui sopra due anni dopo la fine del periodo di attuazione fissato dalla decisione del Consiglio relativa all’accordo. Bruxelles, 27 gennaio 2004. Per il CER Giancarlo CIMOLI Presidente Johannes LUDEWIG Direttore esecutivo Francesco FORLENZA Presidente del gruppo dei direttori delle risorse umane Jean-Paul PREUMONT Consigliere per gli affari sociali Per l’ETF Norbert HANSEN Presidente della sezione Ferrovie Jean-Louis BRASSEUR Vicepresidente della sezione Ferrovie Doro ZINKE Segretaria generale Sabine TRIER Segretaria politica (1) Le parti convengono che negoziati su un secondo riposo fuori residenza consecutivo e per la compensazione del riposo fuori residenza possono aver luogo tra le parti sociali a livello dell’impresa ferroviaria o a livello nazionale, se più adeguato. A livello europeo, la questione del numero di riposi consecutivi fuori residenza e della compensazione dei riposi fuori residenza sarà rinegoziata due anni dopo la firma del presente accordo. ALLEGATO Elenco delle stazioni di frontiera ufficiali situate oltre il limite dei 15 km per le quali l’accordo è facoltativo RZEPIN (PL) TUPLICE (PL) ZEBRZYDOWICE (PL) DOMODOSSOLA (IT)
Personale dei treni transfrontalieri: condizioni di lavoro QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva è volta ad attuare l'accordo su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili* che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera*. L'accordo è stato concluso tra le parti sociali europee del settore, ovvero la Comunità delle ferrovie europee e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti. PUNTI CHIAVE L'accordo stabilisce un equilibrio tra: l'esigenza di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori mobili nei servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario; l'esigenza di flessibilità di funzionamento delle imprese di trasporto ferroviario nella prospettiva di uno spazio ferroviario integrato dell'Unione europea (UE). L'accordo riconosce ai lavoratori un periodo di riposo giornaliero di 12 ore consecutive e pause da 30 a 45 minuti. L'accordo limita il tempo di guida giornaliera a 9 ore per una prestazione diurna e a 8 ore per una prestazione notturna. I datori di lavoro godono invece di una maggiore flessibilità perché possono eccezionalmente ridurre i periodi di riposo giornaliero a 9 ore invece delle 11 previste dalla direttiva 2003/88/CE sull'organizzazione dell'orario di lavoro. I paesi dell'UE possono mantenere o introdurre norme più favorevoli rispetto a quelle previste dalla direttiva. La direttiva non può servire a giustificare una minore protezione nei confronti dei lavoratori interessati quando questa sia accordata dalla legislazione nazionale esistente. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 27 luglio 2005. I paesi dell'UE dovevano integrarla nel diritto nazionale entro il 27 luglio 2008. CONTESTO La presente direttiva si inscrive nel quadro generale dell’interoperabilità dei sistemi ferroviari dell'UE. Una rete ferroviaria più integrata deve permettere all'UE di ridurre l'utilizzo del trasporto su strada e gli effetti nefasti che ne conseguono. Coinvolgendo le parti sociali, essa mira a garantire condizioni di lavoro soddisfacenti per i lavoratori impiegati nei servizi di interoperabilità ferroviaria. * TERMINI CHIAVE Lavoratore mobile: qualsiasi membro del personale ferroviario assegnato a servizi di interoperabilità transfrontaliera per più di un'ora per ciascuna prestazione giornaliera. Servizio di interoperabilità transfrontaliera: funzionamento dei treni appartenenti a un paese sulle linee di un altro paese. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005, concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario (GU L 195 del 27.7.2005, pag. 15-17) DOCUMENTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Consiglio: Impatto economico e sociale dell'accordo allegato alla direttiva 2005/47/CE, concluso tra le parti sociali il 27 gennaio 2004, su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario [COM(2008) 855 def. del 15.12.2008] Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9-19)
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Regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio del 9 marzo 1999 relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro Gazzetta ufficiale n. L 063 del 12/03/1999 pag. 0006 - 0010 REGOLAMENTO (CE) N. 530/1999 DEL CONSIGLIO del 9 marzo 1999 relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 213,visto il progetto di regolamento presentano dalla Commissione,considerando che, per assolvere i compiti che le sono affidati, la Commissione dovrebbe disporre di informazioni sul livello e sulla composizione del costo del lavoro e sulla struttura e sulla distribuzione delle retribuzioni negli Stati membri;considerando che lo sviluppo della Comunità e il funzionamento del mercato interno accrescono la necessità di dati comparabili sul livello e sulla composizione del costo del lavoro e sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni, in particolare come strumento per analizzare i progressi compiuti verso la coesione economica e sociale e per stabilire confronti attendibili e pertinenti tra gli Stati membri e le regioni della Comunità;considerando che il metodo migliore per valutare la situazione per quanto riguarda il costo del lavoro e le retribuzioni consiste nell'elaborare statistiche comunitarie utilizzando metodi e definizioni armonizzate, come è già avvenuto in precedenti occasioni, da ultimo nel 1996 per le statistiche sul livello e sulla struttura del costo del lavoro, in applicazione del regolamento (CE) n. 23/97 (1), e nel 1995 per le statistiche sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni, in applicazione del regolamento (CE) n. 2744/95 (2);considerando che le statistiche devono essere aggiornate regolarmente per riflettere i cambiamenti che si verificano nella struttura delle forze di lavoro, nella ripartizione delle retribuzioni e nella composizione della spesa delle imprese per i salari e i relativi contributi a carico dei datori di lavoro;considerando che, a norma del regolamento (CE) n. 2223/96 (3), il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità europea (SEC-95) costituisce il termine di riferimento cui le norme, le definizioni e le pratiche contabili degli Stati membri devono conformarsi per rispondere alle esigenze della Comunità; che a questo scopo è necessario disporre di fonti statistiche complete, affidabili e comparabili a livello nazionale e regionale; che i livelli di disaggregazione da applicare alle variabili sono limitati a quanto necessario per garantire la comparabilità con le statistiche precedenti e la compatibilità con i requisiti contabili nazionali;considerando che la Banca centrale europea (BCE) deve disporre di informazioni sul livello e sulla composizione del costo del lavoro e sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni per valutare l'andamento delle economie degli Stati membri nell'ambito di una politica monetaria europea unica;considerando che informazioni statistiche in questo campo sono disponibili solo in alcuni Stati membri e che quindi non possono essere effettuati raffronti validi; che occorre pertanto produrre statistiche comunitarie ed elaborare i dati sulla base di definizioni comuni e secondo metodi uniformi, tenendo conto delle norme adottate dalle organizzazioni internazionali pertinenti;considerando che attualmente non tutti gli Stati membri raccolgono dati completi nelle sezioni M (Istruzione), N (Sanità e altri servizi sociali) e O (Altri servizi pubblici, sociali e personali); che è quindi opportuno decidere sul loro eventuale inserimento nel campo d'applicazione del presente regolamento alla luce di una relazione che la Commissione deve presentare sulla base di studi pilota sulla fattibilità di una raccolta di dati completi in detti settori;considerando che, benché si debba pienamente riconoscere quanto sia importante disporre di dati completi concernenti tutti i segmenti dell'economia, si dovrebbero nel contempo considerare le possibilità di segnalazione e l'onere della risposta in settori specifici, segnatamente per quanto concerne le piccole e medie imprese (PMI); che è quindi opportuno che la Commissione proceda a studi pilota sulla fattibilità della raccolta di dati completi a partire da unità statistiche con meno di dieci dipendenti e che il Consiglio prenda una decisione al riguardo basandosi su una relazione che la Commissione presenterà entro quattro anni dall'entrata in vigore del presente regolamento; che l'utilizzazione di documentazione amministrativa può nel frattempo essere utile e dovrebbe essere incoraggiata;considerando che, secondo il principio della sussidiarietà, la definizione di norme statistiche comuni che consentano di produrre informazioni omogenee è un'azione che può essere intrapresa efficacemente soltanto a livello comunitario; che tali norme saranno applicate in ogni Stato membro sotto l'autorità di organismi e di istituzioni preposti alla compilazione di statistiche comunitarie;considerando che appare opportuno prevedere eccezioni per alcuni Stati membri, in modo da tener conto delle particolari difficoltà tecniche incontrate da tali Stati nella raccolta di alcuni tipi di informazioni, purché la qualità delle informazioni statistiche non ne risenta;considerando che alla produzione di statistiche comunitarie specifiche si applicano le disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4);considerando che il comitato del programma statistico, istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (5), è stato consultato ai sensi dell'articolo 3 di detta decisione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Disposizioni generali Le autorità nazionali ed Eurostat producono statistiche comunitarie sul livello e sulla composizione del costo del lavoro e sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni dei lavoratori relativamente ai settori di attività economica di cui all'articolo 3.Articolo 2 Periodo di riferimento 1. Le statistiche sul livello e sulla composizione del costo del lavoro sono prodotte per l'anno civile 2000 e in seguito ogni quattro anni.2. Le statistiche sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni sono prodotte per l'anno civile 2002 e per un mese rappresentativo di tale anno e in seguito ogni quattro anni.Articolo 3 Campo di applicazione 1. Le statistiche hanno per oggetto tutte le attività economiche comprese nelle sezioni C (Estrazione di minerali), D (Attività manifatturiere), E (Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua), F (Costruzioni), G (Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa), H (Albergi e ristoranti), I (Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni), J (Intermediazione monetaria e finanziaria), K (Attività immobiliari, noleggio, attività professionali e imprenditoriali), M (Istruzione), N (Sanità e altri servizi sociali) e O (Altri servizi pubblici, sociali e personali) della classificazione delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE Rev. 1), istituita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (6).2. L'inserimento delle attività economiche definite nelle sezioni M (Istruzione), N (Sanità e altri servizi sociali) e O (Altri servizi pubblici, sociali e personali) della NACE Rev. 1 nel campo di applicazione del presente regolamento è facoltativo per gli anni di riferimento 2000 e 2002. Esso può essere reso facoltativo anche per gli anni successivi secondo la procedura di cui all'articolo 12, tenuto conto dei risultati di studi pilota in questo campo, in particolare degli studi effettuati nel quadro del regolamento (CE, Euratom) n. 58/97 del Consiglio, del 20 dicembre 1996, relativo alle statistiche strutturali delle imprese (7).Articolo 4 Entro quattro anni dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione, tenendo conto del parere del comitato del programma statistico, elabora una relazione, sulla base dei risultati degli studi pilota in particolare sulla base delle attuali fonti nel settore delle unità statistiche con meno di dieci dipendenti, e la presenta al Consiglio. La relazione valuta l'applicazione delle disposizioni del presente regolamento per quanto concerne le unità con meno di dieci dipendenti. La relazione pondera l'importanza di disporre di dati completi rispetto alle possibilità di segnalazione e all'onere della risposta. Successivamente a questa relazione la Commissione può, se necessario, presentare al Consiglio opportune proposte di modifica del presente regolamento.Articolo 5 Unità statistiche La compilazione delle statistiche si basa sulle unità locali e sulle imprese, quali definite nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e analisi del sistema produttivo nella Comunità (8).Articolo 6 Caratteristiche dell'informazione richiesta 1. Nel caso delle statistiche sul livello e sulla composizione del costo del lavoro, sono fornite informazioni almeno:a) sulle seguenti caratteristiche relative all'unità locale:- regione (al livello NUTS 1);- dimensione dell'impresa cui appartiene l'unità locale (secondo la classificazione: 10-49, 50-249, 250-499, 500-999, 1 000 o più dipendenti);- attività economica (al livello di divisione della NACE Rev. 1);b) sulle seguenti variabili:- costo del lavoro annuale complessivo, distinguendo retribuzioni (scomposte in retribuzioni dirette e premi, versamenti a piani di risparmio dei dipendenti, emolumenti per giornate non lavorate e corresponsioni in natura), contributi sociali a carico del datore di lavoro (scomposti in contributi sociali reali e figurativi), spese per la formazione professionale, altre spese e imposte nonché sovvenzioni direttamente collegate al costo del lavoro;- numero medio annuale di dipendenti, distinguendo dipendenti a tempo pieno, dipendenti a tempo parziale e apprendisti;- numero annuale di ore lavorate e numero annuale di ore retribuite, distinguendo in ciascun caso dipendenti a tempo pieno, dipendenti a tempo parziale e apprendisti.2. Nel caso delle statistiche sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni, sono fornite informazioni almeno:a) sulle seguenti caratteristiche relative all'unità locale da cui dipendono i lavoratori compresi nel campione:- regione (al livello NUTS 1),- dimensione dell'impresa a cui appartiene l'unità locale (secondo la classificazione: 10-49, 50-249, 250-499, 500-999, 1 000 o più dipendenti),- attività economica (al livello di divisione della NACE Rev. 1),- forma del controllo economico e finanziario, ai sensi della direttiva 80/723/CEE della Commissione, del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (9),- tipo di contratto collettivo di lavoro in vigore;b) sulle seguenti caratteristiche relative a ciascun lavoratore dipendente compreso nel campione:- sesso,- età,- professione, secondo la classificazione internazionale tipo delle professioni,- livello massimo di istruzione e di formazione raggiunto,- anzianità di servizio nell'impresa,- tempo pieno o tempo parziale,- tipo di contratto di lavoro;c) sui seguenti elementi delle retribuzioni:- retribuzione lorda per un mese rappresentativo (distinguendo la retribuzione delle ore di lavoro straordinario le maggiorazioni per il lavoro a turno),- retribuzione lorda annuale nell'anno di riferimento (distinguendo i premi e le gratifiche occasionali),- tempo di lavoro (numero di ore retribuite nel mese di riferimento o in un mese lavorativo tipo, numero di ore di lavoro straordinario retribuite nel mese e numero di giorni di ferie nell'anno).Articolo 7 Raccolta dei dati 1. Le indagini sono effettuate dalle autorità nazionali competenti, che stabiliscono i metodi appropriati per la raccolta delle informazioni, tenendo conto degli oneri che la partecipazione all'indagine comporta, in particolare per le PMI.2. I datori di lavoro e le altre persone tenute a fornire informazioni rispondono ai questionari in modo completo ed entro i termini fissati. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti per evitare l'inadempimento dell'obbligo di fornire le informazioni di cui all'articolo 6.3. Per ridurre l'onere gravante sulle imprese, in particolare sulle PMI, le indagini possono non essere effettuate se le autorità nazionali dispongono di informazioni provenienti da altre fonti appropriate o se sono in grado di produrre stime dei dati necessari utilizzando metodi di stima statistica qualora alcune o tutte le caratteristiche non siano state osservate per tutte le unità per le quali devono essere compilate le statistiche.Articolo 8 Elaborazione dei risultati Le autorità nazionali elaborano le risposte ai questionari di cui all'articolo 7, paragrafo 2 o le informazioni provenienti da altre fonti di cui all'articolo 7, paragrafo 3, in modo da ottenere risultati comparabili.Articolo 9 Trasmissione dei risultati I risultati sono trasmessi a Eurostat entro un periodo di 18 mesi decorrente dal termine dell'anno di riferimento.Articolo 10 Qualità 1. Le autorità nazionali garantiscono che i risultati riflettano la situazione reale della popolazione complessiva delle unità, con un grado sufficiente di rappresentatività.2. Dopo ogni periodo di riferimento, le autorità nazionali inviano ad Eurostat, dietro sua richiesta, una relazione contenente tutte le informazioni pertinenti relative all'applicazione del regolamento negli Stati membri interessati, per consentire la valutazione della qualità delle statistiche.Articolo 11 Disposizioni di attuazione Le disposizioni necessarie per l'attuazione del presente regolamento, comprese quelle destinate a tener conto dei cambiamenti economici e tecnici, in particolarei) il trattamento delle attività economiche comprese nelle sezioni M, N e O della NACE Rev. 1 (articolo 3, paragrafo 2),ii) la definizione e la scomposizione dei dati da fornire (articolo 6),iii) il formato tecnico appropriato per la trasmissione dei risultati (articolo 9),iv) i criteri di valutazione della qualità (articolo 10),v) le deroghe, in casi debitamente giustificati, rispettivamente per gli anni 2004 e 2006 (articolo 13, paragrafo 2),sono stabilite per ciascun periodo di riferimento almeno nove mesi prima del suo inizio, secondo la procedura di cui all'articolo 12.Articolo 12 Procedura 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, qui di seguito designato come «il comitato».2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato CE per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da adottare. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 13 Deroghe 1. Le deroghe alle disposizioni degli articoli 2, 3 e 6 per gli anni di riferimento 2000 e 2002 sono stabilite nell'allegato.2. Per gli anni 2004 e 2006, rispettivamente, possono essere decise deroghe agli articoli 3 e 6 nella misura in cui sia necessario apportare adattamenti fondamentali al sistema statistico nazionale, in conformità della procedura di cui all'articolo 12.Articolo 14 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 9 marzo 1999.Per il ConsiglioIl presidenteW. RIESTER(1) GU L 6 del 10. 1. 1997, pag. 1.(2) GU L 287 del 30. 11. 1995, pag. 3.(3) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 448/98 (GU L 58 del 27.2.1998, pag. 1).(4) GU L 52 del 22. 2. 1997, pag. 1.(5) GU L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47.(6) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CEE) n. 761/93 (GU L 83 del 3.4.1993, pag. 1).(7) GU L 14 del 17. 1. 1997, pag. 1.(8) GU L 76 del 30. 3. 1993, pag. 1.(9) GU L 195 del 29.7.1980, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/84/CEE (GU L 254 del 12.10.1993, pag. 16).ALLEGATO DEROGHE I. Deroghe all'articolo 2 1. Germania: le prime statistiche sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni previste dal presente regolamento sono prodotte per l'anno di riferimento 2001 anziché per il 2002. Le statistiche successive sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni sono prodotte per l'anno di riferimento 2006 e in seguito ogni quattro anni.2. Francia, Germania, Irlanda, Svezia e Regno Unito: le statistiche per gli anni di riferimento 2000 e 2002 possono riferirsi all'esercizio finanziario che più si avvicina a detti anni civili, ma senza che ciò comporti una modifica dei termini per la trasmissione di cui all'articolo 9.II. Deroghe all'articolo 3 1. Germania: le attività economiche comprese nelle sezioni H (Alberghi e ristoranti), I (Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni) e K (Attività immobiliari, noleggio, attività professionali e imprenditoriali) della NACE Rev. 1 sono facoltative per gli anni di riferimento 2000 e 2001.2. Irlanda: le attività economiche comprese nella sezione H (Alberghi e ristoranti) sono facoltative per l'anno di riferimento 2000.3. Irlanda: le attività economiche comprese nella sezione I (Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni), nella divisione 67 della sessione J e nella sezione K (Attività immobiliari, noleggio, attività professionali e imprenditoriali) della NACE Rev. 1 sono facoltative per l'anno di riferimento 2002.III. Deroghe all'articolo 6 1. Austria, Belgio, Italia e Paesi Bassi: per gli anni di riferimento 2000 e 2002, le caratteristiche di cui all'articolo 6 possono riferirsi all'impresa anziché all'unità locale.2. Italia: per l'anno di riferimento 2000 le caratteristiche di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b) - versamenti a piani di risparmio dei dipendenti, altre spese e imposte nonché sovvenzioni ricevute dal datore di lavoro - sono facoltative.
Statistiche sulle retribuzioni e il costo del lavoro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso mira ad assistere l'UE nella formulazione delle sue politiche in base a statistiche affidabili e comparabili di tutta l'UE, per tutte le regioni e per tutti i settori economici e sociali. A tal fine, il regolamento (CE) n. 530/199 stabilisce quali siano le autorità dei dati statistici in tutta l'Europa che devono raccogliere tali dati e in che modo. PUNTI CHIAVE Le autorità nazionali dei paesi dell'UE ed Eurostat cooperano per produrre statistiche europee finalizzate a comparare il costo del lavoro e le retribuzioni. Infatti, ogni quattro anni Eurostat pubblica dati e analisi alternando l'argomento ogni due anni, ad es.: nel 2014 - retribuzioni nel 2016 - costo del lavoro nel 2018 - retribuzioni, ecc. Tali analisi sono utilizzati per sviluppare le politiche dell'UE destinate alle imprese e ai lavoratori, nonché per valutare la crescita dell'UE e la sua coesione sociale ed economica. Tipi di informazioni raccolte Costo del lavoro In relazione al livello e alla composizione del costo del lavoro, le informazioni devono consentire di elaborare statistiche riguardanti: l’impresa o l’unità produttiva da cui dipendono i lavoratori e, in particolare, la regione di ubicazione, la dimensione e il settore di attività; il costo del lavoro annuale complessivo (retribuzioni, contributi sociali, spese per la formazione professionale, ecc.); il numero medio annuale di dipendenti, compresi i lavoratori a tempo parziale e gli apprendisti; il numero annuale di ore lavorate e retribuite. Retribuzioni In relazione alla struttura e alla ripartizione delle retribuzioni, le informazioni da raccogliere devono comprendere dati riguardanti: l’impresa o l’unità locale da cui dipendono i lavoratori e, in particolare, elementi quali il tipo di controllo economico e finanziario, il tipo di contratto collettivo applicato nell’impresa, ecc.; i lavoratori (sesso, età, professione, livello di formazione, anzianità di servizio, tempo pieno o tempo parziale, tipo di contratto); la retribuzione lorda e il numero di ore pagate. Raccolta dei dati ed elaborazione dei risultati Le rilevanti autorità nazionali stabiliscono i metodi appropriati per la raccolta delle informazioni e vigilano affinché i datori di lavoro rispettino l’obbligo di fornire informazioni entro i termini prescritti. Tuttavia, le indagini condotte presso le imprese sono facoltative in presenza di altre fonti appropriate che consentano di produrre stime precise. Le autorità nazionali devono elaborare le risposte in modo uniforme, per consentire la comparabilità delle indagini. Tali risultati sono trasmessi a Eurostat entro un periodo di 18 mesi decorrente dal termine dell’anno di riferimento. I dettagli su come debbano essere raccolti i dati e il formato in cui debbano essere trasmessi a Eurostat sono delineati in due documenti attuativi (regolamenti CE n. 1726/1999 e 1916/2000). Qualità Le autorità nazionali devono garantire che i loro risultati offrano una rappresentazione precisa della situazione del proprio paese. In seguito a ogni periodo di riferimento, essi invieranno una relazione a Eurostat sull'attuazione del regolamento nel loro paese in modo che Eurostat possa valutare la qualità dei dati. Il contenuto e i criteri di valutazione della relazione sono stabiliti nel Regolamento (CE) n. 698/2006. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 1o aprile 1999. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti: «Retribuzioni e costo del lavoro» sul sito internet di Eurostat DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio del 9 marzo 1999 relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro (GU L 63 del 12.3.1999, pag. 6–10) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 530/1999 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1726/1999 della Commissione del 27 luglio 1999 recante applicazione del regolamento n. 530/1999 del Consiglio relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro, per quanto riguarda la definizione e la trasmissione delle informazioni sul costo del lavoro (GU L 203 del 3.8.1999, pag. 28-40) Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 1916/2000 della Commissione, dell’8 settembre 2000, recante attuazione del regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzione e del costo del lavoro per quanto riguarda la definizione e la trasmissione delle informazioni sulla struttura delle retribuzioni (GU L 229 del 9.9.2000, pag. 3-13). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 698/2006 del 5 maggio 2006 che attua il regolamento (CE) n. 530/1999 del consiglio per quanto concerne la valutazione della qualità delle statistiche sul costo del lavoro e sulla struttura delle retribuzioni (GU L 121 del 6.5.2006, pag. 30-35) Si veda la versione consolidata.
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RACCOMANDAZIONE (UE) 2015/914 DELLA COMMISSIONE dell'8 giugno 2015 relativa a un programma di reinsediamento europeo LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292, quarta frase, considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo, riunito in sessione straordinaria il 23 aprile 2015, ha ricordato la gravità della situazione nel Mediterraneo e ha espresso la sua determinazione a far sì che l'Unione si adoperi con ogni mezzo a sua disposizione per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare e per affrontare le cause profonde dell'emergenza umana. Il Consiglio europeo si è inoltre impegnato a istituire un primo progetto pilota volontario in materia di reinsediamento in tutta l'Unione che offra posti alle persone ammissibili alla protezione (1). (2) Nella risoluzione del 29 aprile 2015 il Parlamento europeo invita gli Stati membri a potenziare i loro contributi a favore dei programmi di reinsediamento esistenti e sottolinea la necessità di garantire un accesso sicuro e legale al sistema di asilo dell'Unione (2). (3) Attualmente esiste un notevole squilibrio tra Stati membri per quanto riguarda l'impegno a favore del reinsediamento. Solo quindici Stati membri e tre Stati associati hanno un proprio programma di reinsediamento (più un ulteriore Stato membro che ne ha annunciato l'avvio) e tre Stati membri e uno Stato associato hanno provveduto a reinsediare persone su base ad hoc, contrariamente a tutti gli altri che non hanno mai effettuato reinsediamenti. (4) Nel 2014 il numero di richiedenti asilo nell'Unione ha raggiunto un picco di 626 000 persone e sono stati reinsediati nell'Unione 6 380 cittadini di paesi terzi bisognosi di protezione internazionale (3). Nel 2013, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il numero dei rifugiati, richiedenti asilo e sfollati in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone (4). (5) Le conclusioni del Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014 riconoscono che «[…] tenendo presenti gli sforzi compiuti dagli Stati membri interessati da flussi migratori, tutti gli Stati membri dovrebbero dare il loro contributo [al reinsediamento] in modo equo ed equilibrato» (5). (6) Il 13 maggio 2015 la Commissione ha presentato l'Agenda europea sulla migrazione (6), un documento completo che definisce, fra l'altro, una serie di misure immediate in risposta alla tragedia umana in atto in tutto il Mediterraneo. (7) Per evitare che profughi bisognosi di protezione internazionale debbano ricorrere a reti criminali di trafficanti, l'agenda invita l'Unione europea a intensificare gli sforzi di reinsediamento. La Commissione emette dunque la presente raccomandazione in cui propone un programma di reinsediamento dell'UE per offrire 20 000 posti sulla base di una chiave di distribuzione. (8) Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare, la chiave di distribuzione e la ripartizione per singolo Stato membro e Stato associato partecipante saranno adeguate di conseguenza. (9) Sulla scorta delle discussioni tenutesi nella riunione del 25 novembre 2014 durante il Forum su reinsediamento e ricollocazione, è auspicabile che la chiave di distribuzione si basi sui seguenti elementi: a) popolazione (40 %); b) PIL totale (40 %); c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (10 %) e d) tasso di disoccupazione (10 %). (10) Le persone da ammettere nell'Unione su un periodo di due anni di applicazione del programma da parte degli Stati membri dovrebbero essere 20 000 in totale. La responsabilità di accogliere tali persone dovrebbe spettare esclusivamente agli Stati partecipanti, in linea con le pertinenti norme internazionali e dell'Unione. Si risponderebbe in tal modo all'appello lanciato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), che ha esortato i paesi europei a impegnarsi maggiormente nell'accoglienza dei rifugiati con programmi di reinsediamento sostenibili, nell'ambito della campagna dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e di cinque organizzazioni non governative. (11) Nell'individuare le regioni prioritarie è opportuno tener conto della situazione nei paesi vicini e dei flussi migratori attuali, in particolare dei collegamenti con i programmi di sviluppo e protezione regionale nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nel Corno d'Africa. (12) È auspicabile fare appello all'esperienza e alla competenza dell'UNHCR e di altri organismi rilevanti, tra cui l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, affinché prestino assistenza nell'attuazione del programma di reinsediamento. (13) Andrebbero disposte misure per evitare i movimenti secondari dei reinsediati dallo Stato di reinsediamento verso altri Stati membri e Stati associati partecipanti. (14) La Commissione prevede di erogare a favore del programma un contributo supplementare di 50 milioni di EUR nel 2015 e nel 2016 nell'ambito del programma di reinsediamento dell'Unione di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). Per sfruttare al meglio gli incentivi finanziari, la Commissione adeguerà le somme forfettarie e le priorità di reinsediamento previste in quest'ultimo programma con atto delegato, a norma dell'articolo 17, paragrafi 4 e 10, del regolamento (UE) n. 516/2014. Qualora gli Stati associati decidano di partecipare al programma di reinsediamento, non potranno beneficiare di somme forfettarie in forza del regolamento (UE) n. 516/2014 a titolo di compensazione per gli impegni assunti, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: PROGRAMMA EUROPEO DI REINSEDIAMENTO 1. La Commissione raccomanda che gli Stati membri reinsedino 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sulla base delle condizioni e della chiave di distribuzione di cui alla presente raccomandazione. DEFINIZIONE E PORTATA DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO 2. Per «reinsediamento» si intende il trasferimento di singoli profughi con evidente bisogno di protezione internazionale, effettuato su richiesta dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, da un paese terzo in uno Stato membro consenziente, allo scopo di proteggerli dal respingimento e di riconoscere loro il diritto di soggiorno e tutti gli altri diritti analoghi a quelli riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale. 3. Il programma europeo di reinsediamento dovrebbe riguardare tutti gli Stati membri. CONTENUTO DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO 4. Il programma dovrebbe consistere in un impegno europeo unico di 20 000 posti di reinsediamento per le persone da reinsediare. Dovrebbe avere una durata di due anni a decorrere dalla data di adozione della raccomandazione. 5. Il totale dei posti di reinsediamento offerti andrebbe ripartito tra gli Stati membri in base alla chiave di distribuzione di cui all'allegato. Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare al programma, la chiave di distribuzione cambierebbe di conseguenza. 6. Le regioni prioritarie per il reinsediamento dovrebbero ricomprendere il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d'Africa, con particolare attenzione ai paesi di attuazione dei programmi di sviluppo e protezione regionale. 7. Gli Stati membri e gli Stati associati partecipanti dovrebbero conservare la responsabilità delle singole decisioni di ammissione, previ controlli medici e di sicurezza adeguati, mentre all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati spetterebbe la responsabilità di valutare i candidati al reinsediamento nelle regioni prioritarie e di presentare proposte per il reinsediamento negli Stati membri e negli Stati associati partecipanti. 8. Allorché una persona reinsediata è ammessa nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato partecipante, detto Stato dovrebbe provvedere a espletare una procedura formale di protezione internazionale, anche rilevando le impronte digitali, rapidamente e in conformità alla normativa vigente, in particolare al regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), alla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio (10), alla direttiva 2003/9/CE del Consiglio (11) e, a partire dal 20 luglio 2015, alle direttive 2013/32/UE (12) e 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (13). 9. Al termine di tale processo, se uno Stato membro riconosce la protezione internazionale o uno status di protezione nazionale a un reinsediato, questi dovrebbe beneficiare, nello Stato membro di reinsediamento, dei diritti riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE o di diritti analoghi garantiti dalla legislazione nazionale. In tale contesto la libera circolazione all'interno dell'Unione soggiacerebbe alle medesime condizioni e restrizioni che si applicano ai cittadini di paesi terzi legalmente residenti negli Stati membri. Nel caso della partecipazione di Stati associati, si applicherebbe la legislazione nazionale equivalente. 10. I candidati al reinsediamento dovrebbero essere informati dei loro diritti e obblighi, nell'ambito del programma di reinsediamento nonché a norma della pertinente legislazione nazionale e dell'Unione in materia di asilo, prima di essere ammessi nel territorio degli Stati membri o degli Stati associati partecipanti, in particolare delle conseguenze di movimenti successivi all'interno dell'Unione e/o degli Stati associati partecipanti e del fatto che sono legittimati solo ai diritti collegati allo status di protezione internazionale o nazionale nello Stato di reinsediamento. 11. I reinsediati che entrano nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato diverso dallo Stato di reinsediamento senza autorizzazione, in attesa dell'espletamento della procedura formale di protezione internazionale o dopo il riconoscimento della protezione internazionale, dovrebbero essere rinviati nello Stato di reinsediamento in conformità al combinato disposto del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) e della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15). 12. È opportuno che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo partecipi effettivamente all'attuazione del programma, in particolare per dare un sostegno speciale agli Stati membri e agli Stati associati partecipanti e soprattutto a quelli che non hanno esperienza di reinsediamento. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo dovrebbe monitorare l'attuazione del programma e riferire periodicamente sulla sua attuazione. 13. È opportuno prevedere una dotazione finanziaria a favore degli Stati membri, proporzionale al numero di reinsediati nel loro territorio e in conformità alle somme forfettarie di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014, adeguate dal regolamento delegato (UE) n. xxx/2015 (16). DESTINATARI 14. Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, l'8 giugno 2015 Per la Commissione Dimitris AVRAMOPOULOS Membro della Commissione (1) Punto 3, lettera q), della dichiarazione del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, EUCO 18/15. (2) Punti 8 e 10 della risoluzione del Parlamento europeo del 29 aprile 2015, 2015/2660 (RSP). (3) Fonte: Eurostat. (4) Fonte: Global Trend 2013 Report, UNHCR (5) Conclusioni del Consiglio «Adoperarsi per una migliore gestione dei flussi migratori», Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014. (6) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Agenda europea sulla migrazione, 13 maggio 2015 COM(2015) 240 final. (7) Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 168). (8) Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (rifusione) (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 1). (9) Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9). (10) Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13). (11) Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18). (12) Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60). (13) Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 96). (14) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 31). (15) Articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98). (16) Da presentare. ALLEGATO Stati membri Chiave (%) Ripartizione Austria 2,22 444 Belgio 2,45 490 Bulgaria 1,08 216 Croazia 1,58 315 Cipro 0,34 69 Repubblica ceca 2,63 525 Danimarca 1,73 345 Estonia 1,63 326 Finlandia 1,46 293 Francia 11,87 2 375 Germania 15,43 3 086 Grecia 1,61 323 Ungheria 1,53 307 Irlanda 1,36 272 Italia 9,94 1 989 Lettonia 1,10 220 Lituania 1,03 207 Lussemburgo 0,74 147 Malta 0,60 121 Paesi Bassi 3,66 732 Polonia 4,81 962 Portogallo 3,52 704 Romania 3,29 657 Slovacchia 1,60 319 Slovenia 1,03 207 Spagna 7,75 1 549 Svezia 2,46 491 Regno Unito 11,54 2 309 La chiave si basa sui seguenti criteri (1) (2): a) la popolazione (dati 2014, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la capacità di uno Stato membro di assorbire un determinato numero di rifugiati; b) PIL totale (dati 2013, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la ricchezza in termini assoluti di un paese e pertanto la capacità di un'economia di assorbire e integrare rifugiati; c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia gli sforzi compiuti dagli Stati membri negli ultimi anni; d) tasso di disoccupazione (dati 2014, ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia la capacità di integrare i rifugiati. (1) I calcoli si basano sui dati statistici forniti da Eurostat (consultati l'8 aprile 2015). (2) Le percentuali sono state calcolate al quinto decimale e arrotondate per eccesso o per difetto al secondo decimale per la presentazione nella tabella; la ripartizione numerica è stata calcolata sulla base delle cifre complete al quinto decimale.
Programma europeo di reinsediamento dei rifugiati QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Questa raccomandazione relativa a un programma di reinsediamento* fa parte di una prima serie di misure che rientrano nell’Agenda europea sulla migrazione, presentata dalla Commissione europea nel maggio 2015. Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a reinsediare 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sul proprio territorio e a offrire loro forme di protezione internazionale, come ad esempio lo status di rifugiato, al fine di evitare che questi profughi debbano ricorrere ai trafficanti per raggiungere l’UE. PUNTI CHIAVE Che cos’è una misura di reinsediamento? Il reinsediamento è il processo mediante il quale, dietro proposta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), i profughi bisognosi di protezione internazionale vengono trasferiti da un paese extra UE e stabiliti in un paese dell’UE con una forma di protezione legale. Ciascun paese dell’UE rimane responsabile per le singole decisioni di ammissione. Il reinsediamento non va confuso con le misure di ricollocazione*, sempre proposte dall’Agenda sulla migrazione, che fornisce un meccanismo di distribuzione delle persone bisognose di protezione internazionale all’interno dell’UE. Le regioni prioritarie di origine delle persone da reinsediare nell’UE nel quadro di questa raccomandazione includono il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d’Africa. Chiave di distribuzione I posti di reinsediamento devono essere distribuiti tra i paesi dell’UE in funzione di una chiave di distribuzione basata sui seguenti criteri: il prodotto interno lordo del paese dell’UE, per valutare la sua capacità economica di ospitare rifugiati (40 %); la popolazione, per considerare la sua capacità di assorbire un determinato numero di rifugiati (40 %); il tasso di disoccupazione, come indicatore della sua capacità di integrare rifugiati (10 %); il numero di richieste di asilo presentate in passato e il numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti tra il 2010 e il 2014, dati che rispecchiano gli sforzi fatti dal paese dell’UE nel passato recente (10 %). Sulla base di questa chiave, la Germania reinsedierà il maggior numero di persone (3 086 ovvero il 15,4 %), seguita da Francia (2 375 ovvero l’11,8 %), Regno Unito (2 309 ovvero l’11,5 %) e Italia (1 989 ovvero il 9,9 %). Dotazione finanziaria Per supportare questo programma, verranno utilizzati altri 50 milioni di EUR del bilancio UE per il 2015. Verranno aggiunti altri fondi dal programma UE di reinsediamento (distribuiti uniformemente tra il 2015 e il 2016) dallo speciale Fondo Asilo, migrazione e integrazione. Attuazione La partecipazione al programma di reinsediamento è volontaria. Ai paesi dell’UE è stato richiesto di rispettare i posti di reinsediamento consigliati entro settembre 2015. L’UNHCR e altre organizzazioni coinvolte assisteranno l’UE nell’attuazione del programma (con misure quali l’identificazione e il trasferimento dei richiedenti asilo). Anche l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo verrà coinvolto nel programma. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE? La durata proposta per il programma è pari a due anni a partire dalla data di adozione della raccomandazione (8 giugno 2015). CONTESTO A seguito di varie tragedie nelle quali hanno perso la vita migliaia di persone cercando di raggiungere le coste europee del Mediterraneo, l’UE ha messo a punto una risposta congiunta alla migrazione. Nel maggio 2015, la Commissione ha presentato l’Agenda UE sulla migrazione, che istituisce un approccio completo comprensivo di un primo pacchetto di misure di attuazione, ovvero: questo schema di reinsediamento per 20 000 persone provenienti da paesi extra UE; la ricollocazione di 40 000 richiedenti asilo a vantaggio di Italia e Grecia; un piano d’azione sul traffico di migranti; l’attuazione delle operazioni in mare Triton e Poseidon, dirette da Frontex, per salvare più vite nel Mar Mediterraneo. Questa raccomandazione ha preceduto un incontro sulle Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, tenutosi il 20 luglio 2015 per reinsediare, attraverso programmi multilaterali e nazionali, 22 504 persone bisognose di protezione internazionale. I posti di reinsediamento sono stati distribuiti tra i paesi dell’UE e Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, in base agli impegni indicati nell’allegato alle conclusioni e non in funzione della chiave di distribuzione esposta nella raccomandazione. La Commissione ha proposto un’ulteriore serie di misure sulla migrazione nel settembre 2015. Queste comprendono una proposta di ricollocazione d’emergenza per 120 000 persone bisognose di protezione (da Grecia, Ungheria e Italia) e un meccanismo permanente di gestione delle crisi di ricollocazione per tutti i paesi dell’UE. Per maggiori informazioni, si veda: Migrazione - Kit per la stampa; Scheda descrittiva sulla ricollocazione e il reinsediamento nell’UE. * TERMINI CHIAVE Reinsediamento: programma attraverso il quale i paesi dell’UE forniscono protezione internazionale e una soluzione a lungo termine nei propri territori ai rifugiati e ai profughi. L’UNHCR identifica queste persone come idonee per il reinsediamento con l’intento di garantire loro lo status legale di rifugiati. I paesi dell’UE rimangono responsabili per le singole decisioni di ammissione. Ricollocazione: il trasferimento di persone che hanno bisogno, o che stanno già usufruendo di una forma di protezione internazionale in un paese dell’UE, verso un altro paese dell’UE in cui possano ottenere un livello di protezione simile. La ricollocazione è una misura di solidarietà dell’UE concepita per aiutare i paesi dell’UE che si trovano a dovere far fronte a un grande flusso di richiedenti asilo o rifugiati. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione (UE) 2015/914 della Commissione, dell’8 giugno 2015, relativa a un programma di reinsediamento europeo (GU L 148 del 13.6.2015, pag. 32-37) DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Agenda europea sulla migrazione [COM(2015) 240 final del 13.5.2015]
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REGOLAMENTO (UE) N. 407/2010 DEL CONSIGLIO dell’11 maggio 2010 che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in particolare l’articolo 122, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L’articolo 122, paragrafo 2, del trattato prevede la possibilità di concedere un’assistenza finanziaria dell’Unione ad uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo. (2) Tali difficoltà possono essere causate da un grave deterioramento del contesto economico e finanziario internazionale. (3) La crisi finanziaria mondiale senza precedenti e la recessione economica che hanno colpito il mondo nel corso degli ultimi due anni hanno compromesso seriamente la crescita economica e la stabilità finanziaria e hanno provocato un grave deterioramento delle posizioni del disavanzo e del debito degli Stati membri. (4) L’aggravarsi della crisi finanziaria ha causato un grave deterioramento delle condizioni di prestito di diversi Stati membri al di là di quanto giustificato dai fondamentali economici. A questo punto, se non affrontata con urgenza, tale situazione potrebbe rappresentare una seria minaccia per la stabilità finanziaria dell'Unione europea nel suo complesso. (5) Al fine di affrontare questa situazione eccezionale che sfugge al controllo degli Stati membri, appare opportuno istituire immediatamente un meccanismo di stabilizzazione dell’Unione per preservare la stabilità finanziaria nell'Unione europea. Tale meccanismo dovrebbe consentire all’Unione di rispondere in maniera coordinata, rapida ed efficace a difficoltà gravi in un determinato Stato membro. La sua attivazione avverrà nel contesto di un sostegno congiunto UE/Fondo monetario internazionale (FMI). (6) Date le particolari implicazioni finanziarie che ne derivano, le decisioni di concedere l’assistenza finanziaria dell’Unione conformemente al presente regolamento richiedono l'esercizio di competenze di esecuzione che dovrebbero essere conferite al Consiglio. (7) In caso di attivazione del meccanismo occorre imporre condizioni forti di politica economica al fine di preservare la sostenibilità delle finanze pubbliche dello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari. (8) Occorre che la Commissione esamini regolarmente se sussistano ancora le circostanze eccezionali che minacciano la stabilità finanziaria dell’Unione europea nel suo complesso. (9) Occorre che resti in vigore l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio (1), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Obiettivo e ambito di applicazione Al fine di preservare la stabilità finanziaria dell'Unione europea, il presente regolamento fissa le condizioni e la procedura per la concessione dell’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro che subisca o rischi seriamente di subire gravi perturbazioni economiche o finanziarie causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, tenendo conto della possibilità di applicare l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002. Articolo 2 Forma dell’assistenza finanziaria dell’Unione 1. L’assistenza finanziaria dell’Unione ai fini del presente regolamento prende la forma di un prestito o di una linea di credito concessi allo Stato membro interessato. A tal fine, conformemente a una decisione del Consiglio ai sensi dell’articolo 3, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti per conto dell’Unione europea sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie. 2. L'esposizione creditizia dei prestiti o delle linee di credito che si possono concedere agli Stati membri ai sensi del presente regolamento è limitata al margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento. Articolo 3 Procedura 1. Lo Stato membro che richiede l’assistenza finanziaria dell’Unione discute con la Commissione, in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento e trasmette alla Commissione e al comitato economico e finanziario un programma di aggiustamento economico e finanziario. 2. L’assistenza finanziaria dell’Unione è concessa mediante decisione adottata dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. 3. La decisione di concedere un prestito contiene: a) l’importo, la scadenza media, la formula del prezzo, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza; b) le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e c) l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione. 4. La decisione di concedere una linea di credito contiene: a) l’importo, le commissioni per la messa a disposizione della linea di credito, la formula del prezzo applicabile per lo svincolo dei fondi e il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza; b) le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e c) l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione. 5. La Commissione e lo Stato membro beneficiario concludono un memorandum di intesa nel quale sono specificate le condizioni generali di politica economica fissate dal Consiglio. La Commissione trasmette il memorandum di intesa al Parlamento europeo e al Consiglio. 6. La Commissione, in consultazione con la BCE, riesamina le condizioni generali di politica economica di cui al paragrafo 3, lettera b), e al paragrafo 4, lettera b), almeno ogni sei mesi e discute con lo Stato membro beneficiario le modifiche del suo programma di aggiustamento che possano essere necessarie. 7. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, decide su eventuali aggiustamenti delle condizioni generali di politica economica fissate inizialmente e approva il programma di aggiustamento rivisto elaborato dallo Stato membro beneficiario. 8. Qualora sia previsto un finanziamento esterno all’Unione subordinato a condizioni di politica economica, in particolare da parte dell'FMI, lo Stato membro interessato consulta in via preliminare la Commissione. La Commissione esamina le possibilità disponibili nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria dell’Unione e la compatibilità delle condizioni di politica economica previste con gli impegni assunti dallo Stato membro interessato per l’attuazione delle raccomandazioni e delle decisioni del Consiglio adottate conformemente all’articolo 121, all’articolo 126 e all’articolo 136 TFUE. La Commissione informa il comitato economico e finanziario. Articolo 4 Erogazione del prestito 1. Di regola il prestito è erogato in rate. 2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione. 3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sull’erogazione delle rate successive. Articolo 5 Svincolo dei fondi 1. Lo Stato membro beneficiario informa in anticipo la Commissione della sua intenzione di ritirare fondi dalla sua linea di credito. Le regole dettagliate in materia sono stabilite nella decisione di cui all'articolo 3, paragrafo 4. 2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione. 3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sullo svincolo dei fondi. Articolo 6 Operazioni di assunzione e di concessione di prestiti 1. Le operazioni di assunzione e di concessione dei prestiti di cui all’articolo 2 sono effettuate in euro. 2. Le caratteristiche delle rate successive erogate dall’Unione nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria sono negoziate tra lo Stato membro beneficiario e la Commissione. 3. Dopo che il Consiglio ha deciso la concessione di un prestito, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie nel momento più opportuno tra le erogazioni previste, in modo da ottimizzare i costi del finanziamento e salvaguardare la propria reputazione di emittente dell'Unione sui mercati. I fondi raccolti ma non ancora versati sono mantenuti permanentemente su appositi conti in contanti o depositi titoli, gestiti conformemente alle regole applicabili alle operazioni fuori bilancio, e non possono essere utilizzati per scopi diversi dalla concessione dell'assistenza finanziaria agli Stati membri nel quadro del presente meccanismo. 4. Se uno Stato membro che riceve un prestito che prevede una clausola di rimborso anticipato decide di esercitare tale opzione, la Commissione adotta le misure necessarie. 5. Su richiesta dello Stato membro beneficiario e se le circostanze consentono un miglioramento del tasso di interesse sul prestito, la Commissione può rifinanziare in toto o in parte il prestito da essa inizialmente assunto o ristrutturare le relative condizioni finanziarie. 6. Il comitato economico e finanziario è tenuto informato dell’andamento delle operazioni di cui al paragrafo 5. Articolo 7 Costi I costi sostenuti dall’Unione per la conclusione e l’esecuzione di ogni operazione sono a carico dello Stato membro beneficiario. Articolo 8 Amministrazione dei prestiti 1. La Commissione prende le necessarie disposizioni per l’amministrazione dei prestiti con la BCE. 2. Lo Stato membro beneficiario apre un conto speciale presso la sua banca centrale nazionale per la gestione dell’assistenza finanziaria dell’Unione ricevuta. Esso trasferisce inoltre il capitale e gli interessi dovuti per il prestito in un conto presso la BCE quattordici giorni lavorativi TARGET2 prima della data di scadenza corrispondente. 3. Fatto salvo l’articolo 27 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, la Corte dei conti europea ha il diritto di effettuare nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit finanziari che ritiene necessari in relazione alla gestione dell’assistenza. La Commissione, ivi compreso l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, ha in particolare il diritto di inviare i suoi funzionari o i suoi rappresentanti debitamente autorizzati per svolgere nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit tecnici o finanziari che ritiene necessari in relazione all’assistenza. Articolo 9 Riesame e adeguamento 1. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento, e se del caso successivamente ogni sei mesi, la Commissione trasmette al comitato economico e finanziario e al Consiglio una relazione sull’attuazione del presente regolamento e sulla persistenza delle condizioni eccezionali che ne hanno giustificato l’adozione. 2. Se del caso, la relazione è accompagnata da una proposta di modifica del presente regolamento volta ad adeguare la possibilità di concedere l’assistenza finanziaria senza incidere sulla validità di decisioni già adottate. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addi 11 maggio 2010. Per il Consiglio La presidente Á. GONZÁLEZ-SINDE REIG (1) Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1).
Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione. ATTO Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria SINTESI La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione. CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le condizioni e le procedure per concedere l’assistenza finanziaria dell’UE a un paese dell’Unione che, a causa di eventi estranei al suo controllo, si trova o rischia di trovarsi in una situazione di grave disordine economico o finanziario. PUNTI CHIAVE Assistenza finanziaria L’assistenza viene concessa sotto forma di un prestito o di una linea di credito* concessi al paese dell’UE interessato. A tal proposito, la Commissione europea può, per conto dell’UE, sottoscrivere prestiti sui mercati di capitali o da parte di istituzioni finanziarie, in linea con una decisione adottata dal Consiglio dell’UE a maggioranza qualificata. Procedura Insieme alla Commissione, e in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), il paese dell’UE che necessita di aiuto procede a una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento. Sottopone poi alla Commissione una bozza di programma di aggiustamento economico e finanziario. La decisione di concedere una linea di credito contiene le informazioni seguenti: le modalità dell’assistenza finanziaria; le condizioni generali di politica economica legate all’assistenza finanziaria dell’UE (ad esempio misure fiscali di consolidamento per ridurre il debito pubblico); l’approvazione del programma di aggiustamento predisposto dal paese destinatario. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica del paese beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni stabilite dal Consiglio per continuare a ricevere l’aiuto finanziario, che viene concesso a rate. Compatibilità con altri meccanismi di sostegno finanziario Il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria è compatibile con il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti. Inoltre, non esclude il ricorso a un finanziamento esterno all’UE, per esempio da parte del Fondo monetario internazionale. Dotazione finanziaria del MESF Il MESF è finanziato dal bilancio dell’UE. La Commissione è autorizzata a prelevare fino a un totale di 60 miliardi di euro sui mercati finanziari per conto dell’UE. I prestiti sono garantiti dal bilancio dell’UE. Il MESF è stato attivato per Irlanda e Portogallo, per un importo totale di 46,8 miliardi di euro (22,5 miliardi di euro per l’Irlanda e 24,3 miliardi di euro per il Portogallo) erogati nell’arco di tre anni (2011-2014). A luglio 2015 il MESF è stato usato per fornire assistenza a breve termine (prestito ponte) di 7,16 miliardi di euro alla Grecia. Sono in vigore accordi specifici riguardanti l’esposizione dei paesi non appartenenti all’area euro. CONTESTO Il meccanismo europeo di stabilità (MES) consolida e riunisce il MESF e il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF), i due strumenti istituiti temporaneamente sulla scia della crisi del debito sovrano con i quali oggi coesiste. Con il tempo, il MES diventerà il principale meccanismo di sostegno per i paesi dell’area euro temporaneamente in difficoltà nel richiedere prestiti sui mercati finanziari a causa dei loro livelli di debito. La sua capacità di prestito massima iniziale era di 500 miliardi di euro, basata su un capitale di 704,8 miliardi di euro. Il MES è finanziato dai paesi dell’UE in base al criterio di ripartizione* della BCE. I prestiti sono finanziati dal MES, che a sua volta chiede prestiti sui mercati finanziari, e sono garantiti dai partecipanti al capitale (paesi dell’area euro). I prestiti avvengono sulla base di condizioni rigide, compreso il ritorno delle finanze pubbliche a livelli sostenibili. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Dal 13 maggio 2010. Maggiori informazioni: Sito Internet della Commissione europea sul meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) Sito Internet sul meccanismo europeo di stabilità TERMINI CHIAVE * Linea di credito: autorizzazione data dal Consiglio a un paese dell’UE, su proposta della Commissione, di attingere fondi dal MESF entro un tetto specificato per un determinato periodo di tempo. * Criterio di ripartizione della BCE: tale criterio viene calcolato in modo che la quota relativa di ogni paese rifletta la popolazione totale e il prodotto interno lordo dell’UE. Tali due determinanti hanno uguale coefficiente di ponderazione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) n. 407/2010 13.5.2010 - GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) 2015/1360 8.8.2015 - GU L 210 del 7.8.2015, pagg. 1-2
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Risoluzione del Consiglio del 28 ottobre 1999 sul ruolo della normalizzazione in Europa Gazzetta ufficiale n. C 141 del 19/05/2000 pag. 0001 - 0004 Risoluzione del Consigliodel 28 ottobre 1999sul ruolo della normalizzazione in Europa(2000/C 141/01)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,1. RICORDANDO gli obiettivi del trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare la libera circolazione di merci e servizi, il rafforzamento della coesione economica e sociale, la protezione dei lavoratori e dei consumatori, e la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente, la competitività dell'industria e il ruolo che può svolgere la normalizzazione per il conseguimento di detti obiettivi;2. RICORDANDO la sua risoluzione del 7 maggio 1985 relativa ad una nuova strategia in materia d'armonizzazione tecnica e normalizzazione(1) e la risoluzione del 18 giugno 1992 sulla funzione della normalizzazione nell'economia europea(2);3. PRENDENDO ATTO della relazione della Commissione del 13 maggio 1998 dal titolo "Efficacia e legittimità della normalizzazione europea nell'ambito del nuovo approccio"(3);4. RICORDANDO le sue conclusioni del 18 maggio 1998(4) in cui conveniva, tra l'altro, "della necessità di ulteriori riflessioni e discussioni in materia di normalizzazione, alla luce della relazione della Commissione, nell'ambito del Consiglio e in altre sedi appropriate";5. RICONOSCENDO che in Europa si è sviluppato un solido sistema di normalizzazione e che in particolare attraverso il nuovo approccio ciò ha contribuito in modo significativo al funzionamento del Mercato unico, alla protezione della salute e della sicurezza, alla competitività dell'industria e alla promozione del commercio internazionale, e ha fornito sostegno a un'ampia gamma di politiche comunitarie;6. RITENENDO che sia giunto il momento di affrontare quegli aspetti dell'attuazione del nuovo approccio che, come dimostra l'esperienza, possono essere migliorati;7. CONSAPEVOLE che la normalizzazione opera in un ambiente in rapida trasformazione per ragioni connesse con gli scambi commerciali globali, il progresso tecnologico o particolari esigenze dei consumatori; consapevole dell'esistenza di diversi concetti di normalizzazione a livello mondiale e della tendenza sempre più marcata delle parti interessate a mettere a punto specificazioni tecniche al di fuori delle infrastrutture di normalizzazione riconosciute; consapevole che è giunto il momento di varare politiche che tengano conto delle nuove sfide e garantiscano nel futuro il successo della normalizzazione;8. ESSENDO CONVINTO che, nel soddisfare dette esigenze, sia importante prendere come fondamento la struttura di normalizzazione di base già esistente in Europa, incluse le posizioni e responsabilità che gli organismi di normalizzazione nazionali ricoprono attualmente in seno agli organismi di normalizzazione europei ed internazionali (principio di delega nazionale);9. PRENDENDO ATTO delle opportunità offerte all'Europa dall'allargamento dell'Unione e delle sfide che i paesi candidati all'adesione e il loro organismi di normalizzazione devono affrontare per diventare parte e beneficiare pienamente del sistema di normalizzazione europeo;10. SOTTOLINEANDO il ruolo della normalizzazione europea quale mezzo per far fronte a specifiche esigenze del mercato europeo, per servire l'interesse pubblico, in particolare a sostegno delle politiche europee, per fornire norme in nuovi settori, per applicare norme internazionali in maniera coerente e, nel rispetto dell'indipendenza degli organismi nazionali di normalizzazione, per agevolare la reciproca intesa tra organismi di normalizzazione degli Stati membri e la preparazione di posizioni coerenti in sede di normalizzazione internazionale;HA PERTANTO CONVENUTO quanto segue:Principi della normalizzazione11. CONFERMA che la normalizzazione è un'attività volontaria basata sul consenso, svolta dalle parti e nell'interesse delle stesse, fondata sull'apertura e la trasparenza, nel quadro di organismi di normalizzazione indipendenti e riconosciuti, sfociante nell'adozione di norme alle quali si ottempera volontariamente;12. PONE L'ACCENTO sul fatto che le norme devono essere adeguate allo scopo, avere un alto grado di accettabilità come risultato del pieno coinvolgimento nel processo di normalizzazione di tutte le parti interessate, essere coerenti tra loro e tener conto delle innovazioni tecnologiche e della concorrenza; che esse devono pertanto essere fondate su un'approfondita ricerca scientifica, essere aggiornate periodicamente e, ove possibile, basarsi su risultati conseguibili;13. INCORAGGIA gli organismi europei di normalizzazione affinché, oltre a mantenere il quadro per l'elaborazione di norme formali necessarie tra l'altro per sostenere le disposizioni legislative relative a sanità, sicurezza e ambiente, continuino a sviluppare nuove politiche per adeguarsi alle esigenze di un mercato in evoluzione;- diversificando la gamma dei prodotti e dei servizi offerti alle parti interessate;- sviluppando un sistema differenziato di prodotti diversi dalle norme formali che includa procedure di elaborazione e processi di consultazione adattati alla finalità di ciascun prodotto e che preveda che i prodotti in questione saranno trasformati al più presto, se del caso, in norme formali;mantenendo al contempo gli impegni da essi assunti nei confronti della normalizzazione formale;14. CHIEDE alla Commissione di esaminare in che modo si debba sviluppare un quadro comunitario di principi riguardo all'uso, nell'ambito delle politiche comunitarie, di specificazioni che non abbiano lo status di norme formali;15. CHIEDE alla Commissione di esaminare se le differenze di normalizzazione tra i settori della tecnologia dell'informazione e delle comunicazioni e altri settori facciano sorgere problemi o opportunità e, qualora sia così, come li si possa affrontare;16. ESORTA gli organismi di normalizzazione nazionali e europei a continuare a sostenere il funzionamento dell'infrastruttura europea di normalizzazione e il perseguimento di obiettivi comuni europei;Allargamento17. ESPRIME COMPIACIMENTO per le misure prese dai paesi candidati all'adesione e dai loro organismi di normalizzazione al fine di creare e ulteriormente sviluppare, con il sostegno dell'Unione europea, le necessarie infrastrutture di normalizzazione nell'intento di ottemperare alle condizioni poste per l'appartenenza agli organismi di normalizzazione europei in modo da partecipare pienamente e efficacemente alla normalizzazione europea; esorta gli organismi di normalizzazione europei a esaminare attentamente la necessità di adattare le procedure interne all'aumentato numero di participanti;Ruolo delle autorità pubbliche18. SOTTOLINEA il legittimo interesse delle autorità pubbliche nei confronti della normalizzazione europea, visto l'ampio impatto che esso esercita sulla società e in considerazione della nuova dimensione acquisita per l'ampio ricorso che vi fanno le politiche comunitarie, specialmente a sostegno della normativa nel contesto del nuovo approccio;19. CHIEDE alle autorità pubbliche di riconoscere l'importanza strategica della normalizzazione, in particolare mantenendo un quadro di stabilità e trasparenza giuridica, politica e finanziaria a livello europeo, internazionale e nazionale, che consenta l'ulteriore evoluzione della normalizzazione, assicurando il rispetto dei principi che sono alla base della stessa e, se del caso, contribuendo al processo di normalizzazione;20. PRENDE ATTO che il nuovo approccio creato per il completamento del mercato interno, che integra lo strumento ufficiale della direttiva e norme europee di applicazione volontaria, si è dimostrato valido e dovrebbe essere applicato in modo più pronunciato, e invita la Commissione a esaminare sistematicamente se il principio del nuovo approccio possa essere applicato a settori non ancora presi in considerazione come mezzo per migliorare e semplificare, ove possibile, la normativa;21. RITIENE che la cooperazione tra la Comunità e gli organismi europei di normalizzazione debba basarsi sul partenariato, caratterizzato da obiettivi comuni, e che debbano essere creati nuovi meccanismi che assicurino la cooperazione e la trasparenza tra la Commissione, le autorità nazionali e gli organismi europei di normalizzazione; in particolare, chiede agli organismi europei di normalizzazione di adottare procedure per risolvere, in collaborazione con le autorità pubbliche, i problemi che altrimenti potrebbero condurre all'applicazione della clausola di salvaguardia;Efficacia22. INVITA gli organismi europei di normalizzazione ad aggiornare costantemente le loro politiche per rendere più efficace il processo di normalizzazione, in modo da fornire in tempi brevi norme che rispondano alle esigenze del mercato e delle PMI e - eventualmente - ai termini fissati nei mandati della Comunità e nel diritto comunitario, e a riferire periodicamente in merito all'impatto delle politiche sull'efficacia;23. In questo contesto INVITA gli organismi europei di normalizzazione a ricorrere più frequentemente al voto indicativo in una fase precoce del processo di normalizzazione per verificare il consenso nei casi in cui siano presenti tutti i necessari dati tecnici, qualora si rischi di non rispettare i termini convenuti e qualora ci sia probabilità di raggiungere il numero necessario di voti a favore;24. INVITA gli organismi europei di normalizzazione a sviluppare o migliorare i meccanismi esistenti, integrativi del consenso a livello nazionale, che consentano di tener ampiamente conto delle posizioni espresse dai vari gruppi di interesse nel corso del processo di normalizzazione;25. ESORTA la Commissione- ad assicurare che i mandati di normalizzazione previsti dal nuovo approccio siano preparati con cura e efficacia, in modo da fornire agli Stati membri e agli organismi europei di normalizzazione sufficienti opportunità di partecipazione,- ad assicurare che sulle attività di normalizzazione coperte dai mandati sia esplicata piena vigilanza e che siano esaminate le misure appropriate con gli organismi europei di normalizzazione per garantire un adeguato progresso,- a svolgere, come parte del continuo processo di valutazione, studi sull'impatto globale della normalizzazione ed a contribuire, in stretta collaborazione con gli organismi europei di normalizzazione, a stabilire un sistema di raffronto delle prestazioni di tali organismi e a tenere il Consiglio informato sull'evoluzione dei lavori;26. ESORTA le autorità pubbliche degli Stati membri a fornire appropriati e tempestivi contributi al processo di normalizzazione, in particolare qualora questa sia intrapresa a sostegno di politiche comunitarie o nell'interesse pubblico;27. INVITA tutte le parti interessate a partecipare attivamente all'elaborazione delle norme e a contribuire alla gestione del processo di normalizzazione;28. ESPRIME COMPIACIMENTO per la presentazione, da parte degli organismi europei di normalizzazione, di informazioni comuni, aggiornate e di facile uso e accesso sui progressi compiuti nella normalizzazione ed invita gli organismi di normalizzazione a migliorare costantemente il loro sistema di divulgazione delle informazioni;29. OSSERVA CON PREOCCUPAZIONE che la produzione di norme armonizzate europee è rallentata in molti settori, in particolare che a tutt'oggi mancano norme armonizzate concernenti la direttiva 89/106/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione(5) e esorta tutti gli interessati a prendere le necessarie iniziative che consentano di fornire le norme che occorrono per agevolare la libera circolazione delle merci in detto settore;Finanziamento30. RITIENE che i costi relativi all'elaborazione delle norme debbano in linea di principio essere a carico delle parti interessate;31. RIBADISCE LA PROPRIA INTENZIONE di continuare a fornire alla normalizzazione europea il supporto finanziario mirato della Comunità entro appropriati limiti di bilancio;32. INVITA gli organismi di normalizzazione nazionali ed europei e le autorità pubbliche a esaminare il modo migliore per garantire il finanziamento di un efficace sistema di normalizzazione globale in Europa alla luce di un ambiente europeo e internazionale in rapida evoluzione e dei probabili cambiamenti nelle tradizionali fonti di finanziamento;Normalizzazione internazionale33. NEL RICONOSCERE la crescente importanza delle norme internazionali in un mercato in via di globalizzazione, RIBADISCE il proprio impegno nei confronti della normalizzazione internazionale e degli obblighi sanciti dall'accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi (TBT) dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ritenendo in particolare che attraverso tale accordo si debba ulteriormente promuovere il ricorso a norme internazionali esaustive e prendendo atto che la Commissione, gli Stati membri e gli organismi di normalizzazione europei hanno creato strumenti che consentono di ottemperare efficacemente a detti impegni;34. ESORTA i partner commerciali dell'Europa a concretizzare il loro impegno nei confronti della normalizzazione internazionale introducendo modelli di regolamentazione che integrino le norme e a rendere le stesse più coerenti sopprimendo le norme nazionali in contrasto con quelle internazionali, salvo nei casi in cui tali norme internazionali siano inefficaci o indadeguate, per esempio a causa di un livello insufficiente di protezione o di fattori fondamentali climatici o geografici di problemi tecnologici fondamentali;35. SOTTOLINEA la natura esemplare dell'accordo di Vienna (tra l'ISO e il CEN) e dell'accordo di Dresda (tra il CEI e il Cenelec) e INCORAGGIA gli organismi di normalizzazione dei partner commerciali dell'Europa ad adottare analoghi meccanismi di cooperazione con gli organismi internazionali di normalizzazione e di recepimento di norme internazionali;36. SOTTOLINEA la necessità che i partecipanti europei agli organismi internazionali di normalizzazione si impegnino al massimo per assicurare che gli stessi siano efficienti e affidabili e che le norme internazionali siano di qualità sufficientemente elevata per svolgere il ruolo loro attribuito dall'accordo TBT dell'OMC;37. PONE IN RILIEVO la necessità di garantire, nel rispetto dell'indipendenza degli organismi nazionali di normalizzazione, che gli interessi definiti a livello europeo vengano correttamente presentati, sia presso gli organismi internazionali di normalizzazione sia nelle sedi intergovernative, e che a tal fine siano previsti meccanismi appropriati per lo scambio delle informazioni pertinenti e le consultazioni preliminari da parte della Commissione, degli Stati membri e degli organismi di normalizzazione europei;38. RICORDA alle parti europee- la necessità di tenere pienamente conto i requisiti essenziali della normativa comunitaria, e- che, conformemente al trattato, in particolare l'articolo 137, gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere prescrizioni nazionali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nell'ambiente di lavoro, protezione ambientale tutela del consumatore e altre politiche pertinenti,ove l'elaborazione di una norma armonizzata si basi su lavori svolti a livello internazionale;39. SOTTOLINEA che le parti interessate, come i gruppi di interesse dei lavoratori, dei consumatori e degli ambientalisti, dovrebbero essere pienamente coinvolte nel processo di normalizzazione in tutte le fasi opportune, ove le norme siano elaborate a livello internazionale;40. CHIEDE alla Commissione di elaborare, in consultazione con gli Stati membri, direttive per una politica europea di normalizzazione nel contesto internazionale che tenga conto degli elementi di cui ai punti da 33 a 39 e di riferire in merito al Consiglio entre il mese di luglio 2001. Tali direttive dovrebbero mettere a frutto le esperienze e i punti forti della normalizzazione europea e contribuire a sviluppare, in stretta cooperazione con i partner commerciali dell'Europa, norme internazionali che svolgano un ruolo significativo nell'abolizione degli ostacoli tecnici agli scambi;Conclusioni41. CHIEDE alla Commissione di riferire al Consiglio, entro il 30 giugno 2001, sulle azioni da essa intraprese conformemente alla presente risoluzione;42. CONVIENE DI RIESAMINARE l'attuazione della presente risoluzione, basandosi tra l'altro sulla relazione della Commissione, e di decidere le ulteriori azioni che si rivelassero necessarie.(1) GU C 136 del 4.8.1985.(2) GU C 173 del 9.7.1992.(3) COM(98) 291.(4) 8884/98 MI 60 ECO 91.(5) GU L 40 del'11.2.1989, pag. 12.
Il ruolo della normalizzazione in Europa La normalizzazione svolge un ruolo centrale per il buon funzionamento del mercato interno, in combinazione con il principio di riconoscimento reciproco. Norme europee armonizzate contribuiscono a garantire la libera circolazione delle merci nel mercato interno, permettendo di potenziare la competitività delle imprese nell'Unione europea (UE). Tali norme contribuiscono del pari a proteggere la salute e a garantire la sicurezza dei consumatori europei e dell'ambiente. ATTO Risoluzione del Consiglio del 28 ottobre 1999 sul ruolo della normalizzazione in Europa. SINTESI Il Consiglio riconosce che in Europa si è sviluppato un solido sistema di normalizzazione attraverso il nuovo approccio, come l'attesta d'altronde la relazione della Commissione sull'efficacia e la legittimità in materia di normalizzazione europea del 1998. Ciò ha contribuito in modo significativo al buon funzionamento del mercato interno, in particolare per quanto riguarda la libera circolazione delle merci e dei servizi. Il sistema ha del pari contribuito alla protezione della salute, alla sicurezza, alla competitività dell'industria e alla promozione degli scambi internazionali. Principi di normalizzazione Il Consiglio conferma che la normalizzazione è un'attività volontaria basata sul consenso, svolta dalle parti interessate e incoraggia gli organismi europei di normalizzazione affinché continuino a sviluppare nuove politiche per adeguarsi alle esigenze di un mercato in evoluzione: la diversificazione della gamma dei prodotti e dei servizi offerti alle parti interessate; lo sviluppo di un sistema differenziato di prodotti diversi dalle norme formali che includa procedure di elaborazione e processi di consultazione. Il Consiglio chiede alla Commissione di esaminare in che modo si debba sviluppare un quadro comunitario di principi riguardo all'uso di specificazioni che non abbiano lo status di norme formali nonché di esaminare se le differenze di normalizzazione tra i settori della tecnologia dell'informazione e delle comunicazioni e altri settori facciano sorgere problemi. Allargamento Il Consiglio si compiace per le misure prese dai paesi candidati all'adesione al fine di partecipare pienamente edefficacemente alla normalizzazione europea. Ruolo dei pubblici poteri Visto l'impatto della normalizzazione europea sulla società e il conseguente legittimo interesse delle autorità pubbliche, il Consiglio chiede a queste ultime di riconoscere l'importanza strategica della normalizzazione europea e di mantenere un quadro giuridico, politico e finanziario stabile e trasparente che consenta l'ulteriore evoluzione della normalizzazione; invita inoltre la Commissione ad esaminare se il principio del nuovo approccio possa essere applicato a settori non ancora presi in considerazione come strumenti per migliorare e semplificare la normativa. Il Consiglio chiede inoltre alle autorità pubbliche e agli organismi europei di normalizzazione di adottare procedure per risolvere i problemi che potrebbero sorgere nell'applicazione della clausola di salvaguardia. Efficacia Gli organismi europei di normalizzazione sono invitati ad aggiornare costantemente le loro politiche per rendere più efficace il processo di normalizzazione. In tal modo le norme fornite possono rispondere alle esigenze del mercato, nonché a quelle delle piccole e medie imprese. La Commissione è invitata a svolgere studi sull'impatto globale della normalizzazione ed a contribuire a stabilire un sistema di raffronto delle prestazioni degli organismi di normalizzazione. Il Consiglio osserva con preoccupazione i ritardi alcuni settori ed esorta tutti gli interessati a elaborare le norme che occorrono per agevolare la libera circolazione delle merci in detti settori. Finanziamento Il Consiglio ritiene che i costi relativi all'elaborazione delle norme debbano in linea di principio essere a carico delle stesse parti interessate. Esso ribadisce peraltro la propria intenzione di continuare a fornire alla normalizzazione europea il supporto finanziario necessario. Normalizzazione internazionale Il Consiglio ribadisce l'importanza degli obblighi connessi all'accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi (TBT dell'OMC). Il Consiglio invita inoltre i partner commerciali dell'Europa a concretizzare il loro impegno nei confronti della normalizzazione internazionale introducendo modelli di regolamentazione compatibili con le norme e promuovendo la coerenza tra le norme nazionali ed internazionali. Allorquando l'elaborazione di una norma avviene a livello internazionale, le parti interessate quali le associazioni di lavoratori e di consumatori, nonché i gruppi d'interesse in materia di protezione ambientale devono pienamente contribuirvi. La Commissione è invitata ad elaborare, in consultazione con gli Stati membri, alcuni orientamenti per una politica europea di normalizzazione nel contesto internazionale. ATTI CONNESSI Conclusioni del Consiglio, del 21 e del 22 dicembre 2004, sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 18 ottobre 2004, sul ruolo della normalizzazione europea nel quadro delle politiche e della legislazione europee [COM(2004) 674 def. - Non pubblicate sulla Gazzetta ufficiale]. In esito alla comunicazione della Commissione sul ruolo della normalizzazione europea nel quadro delle politiche e della legislazione europee, il Consiglio ha adottato nel dicembre del 2004 alcune conclusioni nelle quali: riconosce che la normalizzazione europea può contribuire a realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona, nonché a realizzare uno sviluppo sostenibile riconosce la necessità di continuare a progredire in vista dell'introduzione di nuove tecnologie e del buon funzionamento del mercato interno dei servizi; considera che la normalizzazione europea può svolgere un ruolo importante in materia di competitività delle imprese europee, di innovazione e come base delle conoscenze in materia economica. Conclusioni del Consiglio, del 1° marzo 2002, sulla normalizzazione [Gazzetta ufficiale C 66 del 15.03.2002]. Nelle sue conclusioni del 2002, il Consiglio prende atto della relazione della Commissione del 2001. Il Consiglio ribadisce l'importanza del riconoscimento da parte dei poteri pubblici dell'importanza strategica della normalizzazione. Peraltro, il Consiglio constata con soddisfazione i progressi compiuti dai paesi candidati e dai rispettivi organismi nazionali preposti alla normalizzazione. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle attività intraprese in seguito alle risoluzioni in tema di normalizzazione europea adottate dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel 1999 [COM (2001) 527 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Risoluzione del Consiglio, del 18 giugno 1992, riguardante il ruolo della normalizzazione europea nel quadro dell'economia europea [Gazzetta ufficiale C 173 del 09.07.1992]. Risoluzione del Consiglio, del 7 maggio 1985, riguardante un nuovo approccio in materia di armonizzazione tecnica e di normalizzazione [Gazzetta ufficiale C 136 del 04.06.1985].
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REGOLAMENTO (CE) N. 2023/2006 DELLA COMMISSIONE del 22 dicembre 2006 sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) I gruppi di materiali e oggetti elencati nell’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 nonché le combinazioni di tali materiali ed oggetti oppure di materiali ed oggetti riciclati impiegati in tali materiali e oggetti vanno fabbricati nel rispetto delle norme generali e specifiche sulle buone pratiche di fabbricazione (Good manufacturing practices – GMP). (2) Taluni settori industriali hanno elaborato linee guida sulle GMP, altri no. Di conseguenza risulta necessario garantire l’uniformità fra gli Stati membri per quanto riguarda le GMP per i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. (3) Per garantire l’uniformità è opportuno stabilire determinati obblighi per gli operatori del settore. (4) Tutti gli operatori del settore devono istituire un sistema efficace di gestione della qualità nell’ambito delle operazioni di fabbricazione, adeguandolo alla loro posizione nella catena di approvvigionamento. (5) Le norme vanno applicate a materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari o già a contatto con prodotti alimentari e destinati a tal fine oppure di cui si può prevedere ragionevolmente che possano essere messi a contatto con prodotti alimentari o che trasferiscano i propri componenti ai prodotti alimentari nelle condizioni di impiego normali o prevedibili. (6) Le norme relative alle GMP vanno applicate in modo proporzionato al fine di evitare oneri eccessivi per le piccole imprese. (7) Norme specifiche vanno ora stabilite per i processi in cui vengono utilizzati inchiostri da stampa e vanno elaborate per altri processi, se necessario. Per gli inchiostri da stampa impiegati sulla parte del materiale o dell’oggetto non a contatto con il prodotto alimentare, le GMP devono soprattutto garantire che le sostanze non siano trasferite nel prodotto alimentare a causa del set-off o tramite trasferimento attraverso il substrato. (8) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (GMP) per i gruppi di materiali e di oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti (qui di seguito «materiali ed oggetti») elencati nell’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 e le combinazioni di tali materiali ed oggetti nonché di materiali ed oggetti riciclati impiegati in tali materiali ed oggetti. Articolo 2 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti, sino ad e ad esclusione della produzione di sostanze di partenza. Le norme specifiche stabilite nell’allegato si applicano ai processi pertinenti, indicati singolarmente, come opportuno. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: a) «buone pratiche di fabbricazione (good manufacturing practices — GMP)»: gli aspetti di assicurazione della qualità che assicurano che i materiali e gli oggetti siano costantemente fabbricati e controllati, per assicurare la conformità alle norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi adeguati all'uso cui sono destinati, senza costituire rischi per la salute umana o modificare in modo inaccettabile la composizione del prodotto alimentare o provocare un deterioramento delle sue caratteristiche organolettiche; b) «sistema di assicurazione della qualità»: tutti gli accordi organizzati e documentati, conclusi al fine di garantire che i materiali e gli oggetti siano della qualità atta a renderli conformi alle norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi necessari per l’uso cui sono destinati; c) «sistema di controllo della qualità»: l’applicazione sistematica di misure stabilite nell’ambito del sistema di assicurazione della qualità al fine di garantire che i materiali di partenza e i materiali e gli oggetti intermedi e finiti siano conformi alle specifiche elaborate nel sistema di assicurazione della qualità; d) «lato non a contatto con il prodotto alimentare» indica la superficie del materiale o dell'oggetto che non si trova direttamente a contatto con il prodotto alimentare; e) «lato a contatto con il prodotto alimentare» indica la superficie del materiale o dell'oggetto che si trova direttamente a contatto con il prodotto alimentare. Articolo 4 Conformità alle buone pratiche di fabbricazione Gli operatori del settore devono garantire che le operazioni di fabbricazione siano svolte nel rispetto: a) delle norme generali sulle GMP, come stabilito dagli articoli 5, 6 e 7; b) delle norme specifiche sulle GMP, come stabilito nell’allegato. Articolo 5 Sistemi di assicurazione della qualità 1. Gli operatori del settore devono istituire, attuare e far rispettare un sistema di assicurazione della qualità efficace e documentato. Il suddetto sistema deve: a) tenere conto dell’adeguatezza del personale, delle sue conoscenze e competenze, nonché dell’organizzazione delle sedi e delle attrezzature necessarie a garantire che i materiali e gli oggetti finiti siano conformi alle norme ad essi applicabili; b) essere applicato tenendo conto della dimensione dell'impresa, in modo da non costituire un onere eccessivo per l'azienda. 2. I materiali di partenza devono essere selezionati e decono essere conformi con le specifiche prestabilite, in modo da garantire che il materiale o l’oggetto siano conformi alle norme ad essi applicabili. 3. Le varie operazioni devono svolgersi secondo istruzioni e procedure prestabilite. Articolo 6 Sistemi di controllo della qualità 1. Gli operatori del settore devono istituire e mantenere un sistema di controllo della qualità efficace. 2. Il sistema di controllo della qualità deve comprendere il monitoraggio dell’attuazione e del totale rispetto delle GMP e deve identificare misure volte a correggere eventuali mancanze di conformità alle GMP. Tali misure correttive vanno attuate senza indugio e messe a disposizione delle autorità competenti per le ispezioni. Articolo 7 Documentazione 1. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un’adeguata documentazione su supporto cartaceo o in formato elettronico riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti. 2. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un'adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, relativa alle registrazioni delle varie operazioni di fabbricazione svolte che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti, e relativa ai risultati del sistema di controllo della qualità. 3. La documentazione deve essere messa a disposizione delle autorità competenti, qualora lo richiedano, da parte degli operatori del settore. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o agosto 2008. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 2006. Per la Commissione Markos KYPRIANOU Membro della Commissione (1) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4. ALLEGATO Norme specifiche sulle buone pratiche di fabbricazione Processi che prevedono l’applicazione di inchiostri da stampa sul lato di un materiale o di un oggetto non a contatto con il prodotto alimentare 1. Gli inchiostri da stampa applicati sul lato dei materiali o degli oggetti non a contatto con il prodotto alimentare devono essere formulati e/o applicati in modo che le sostanze presenti sulla superficie stampata non siano trasferite al lato a contatto con il prodotto alimentare: a) attraverso il substrato oppure b) a causa del set-off quando vengono impilati o sono sulle bobine, in concentrazioni che portino a livelli di sostanza nel prodotto alimentare non in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 2. I materiali e gli oggetti stampati in stato finito o semifinito vanno movimentati e immagazzinati in modo che le sostanze presenti sulla superficie stampata non siano trasferite al lato a contatto con il prodotto alimentare: a) attraverso il substrato oppure b) a causa del set-off quando vengono impilati o sono sulle bobine, in concentrazioni che portino a livelli di sostanza nel prodotto alimentare non in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 3. Le superfici stampate non devono trovarsi direttamente a contatto con il prodotto alimentare.
Materiali e oggetti a contatto con prodotti alimentari: Buone pratiche di fabbricazione SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (good manufacturing practice, GMP)* dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. PUNTI CHIAVE La normativa si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti. Le aziende devono: conformarsi alle buone pratiche di fabbricazione; istituire, attuare e far rispettare un sistema di assicurazione della qualità* efficace e documentato; istituire e mantenere un sistema di controllo della qualità efficace; elaborare e conservare un’adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la sicurezza dei singoli prodotti e delle varie operazioni di produzione. Le buone pratiche di fabbricazione riguardano oggetti quali contenitori, imballaggi, carta, cartone, inchiostro e adesivi destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. I sistemi di assicurazione della qualità tengono conto: delle conoscenze e delle competenze del personale e dell’organizzazione delle sedi e delle attrezzature; della dimensione dell’impresa, in modo da non costituire un onere eccessivo per l’azienda. I sistemi di controllo della qualità comprendono: il monitoraggio dell’attuazione e delle buone pratiche di fabbricazione; l’identificazione e la correzione delle misure non conformi agli standard richiesti. Una modifica [regolamento (CE) n. 282/2008] stabilisce un sistema di assicurazione della qualità specifico per i materiali e gli oggetti in plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1o agosto 2008. TERMINI CHIAVE * Buone pratiche di fabbricazione: gli aspetti dell’assicurazione della qualità che garantiscono che materiali e oggetti rispettino gli standard qualitativi, non rappresentino un pericolo per la salute umana e non causino modifiche inaccettabili alla composizione dei prodotti alimentari. * Sistema di assicurazione della qualità: accordi organizzati e documentati che garantiscono che i materiali e gli oggetti presentino la qualità richiesta. ATTO Regolamento (CE) n. 2023/2006 della Commissione, del 22 dicembre 2006, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (GU L 384 del 29.12.2006, pag. 75-78) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2023/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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32014L0062
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DIRETTIVA 2014/62/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 sulla protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 83, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3), considerando quanto segue: (1) L'euro, in quanto moneta unica condivisa dagli Stati membri della zona euro, è diventato un elemento importante dell'economia dell'Unione e della vita quotidiana dei suoi cittadini. Tuttavia, da quando è stato introdotto nel 2002, poiché è una valuta che continua a essere nel mirino di gruppi della criminalità organizzata attivi nel settore della falsificazione monetaria, la sua contraffazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di EUR. È nell'interesse dell'Unione nel suo complesso contrastare e reprimere le attività che possono compromettere l'autenticità dell'euro mediante falsificazione. HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione dell'euro e di altre valute. Essa introduce anche disposizioni comuni per rafforzare la lotta avverso tali reati, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione nella lotta alla falsificazione. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: a) «valuta»: le banconote e le monete metalliche la cui circolazione sia legalmente autorizzata, comprese le banconote e le monete metalliche la cui immissione in circolazione è legalmente autorizzata ai sensi del regolamento (CE) n. 974/98; b) «persona giuridica»: soggetto avente personalità giuridica in forza del diritto applicabile, a eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 3 Reati 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che costituiscano reato le condotte seguenti, se compiute intenzionalmente: a) contraffazione o alterazione fraudolenta di monete, qualunque ne sia il modo; b) immissione in circolazione fraudolenta di monete falsificate; c) importazione, esportazione, trasporto, ricettazione o procacciamento di monete falsificate, riconosciute tali, per la loro immissione in circolazione; d) fabbricazione fraudolenta, ricettazione, procacciamento o possesso di: i) strumenti, oggetti, programmi informatici e dati nonché ogni altro mezzo che per loro natura sono particolarmente atti alla contraffazione o all'alterazione di monete; o ii) elementi di sicurezza quali ologrammi, filigrane o altri componenti della valuta che servono ad assicurarne la protezione contro la falsificazione. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano punibili anche per quanto riguarda banconote o monete metalliche fabbricate usando strumenti o materiali legali in violazione dei diritti o delle condizioni a cui le autorità competenti possono emettere banconote o monete metalliche. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui ai paragrafi 1 e 2 siano punibili anche per quanto riguarda banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale. Articolo 4 Induzione, favoreggiamento, concorso e tentativo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che l'induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione ai reati di cui all'articolo 3 siano punibili come reati. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che il tentativo di commettere i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c), all'articolo 3, paragrafi 2 o 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) e c), sia punibile come reato. Articolo 5 Sanzioni per le persone fisiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 3 e 4 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), siano punibili con una sanzione massima che preveda la reclusione. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno otto anni. 4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno cinque anni. 5. Per quanto riguarda il reato di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono prevedere sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive diverse da quelle di cui al paragrafo 4 del presente articolo, tra cui multe e reclusione, qualora la valuta falsificata sia stata ricevuta senza sapere che era falsa ma fatta poi circolare anche se riconosciuta tale. Articolo 6 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone giuridiche possano rispondere in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all'interno della persona giuridica, basata: a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica; b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure c) sul potere di esercitare il controllo all'interno della persona giuridica. 2. Gli Stati membri assicurano che una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile la commissione, a proprio vantaggio, di uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4 a opera di una persona sottoposta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude l'azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o concorrenti in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 7 Sanzioni per le persone giuridiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che la persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell'articolo 6 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre sanzioni, quali: a) l'esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici; b) l'interdizione temporanea o permanente dall'esercizio di un'attività d'impresa; c) l'assoggettamento a vigilanza giudiziaria; d) la liquidazione giudiziaria; e) la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato. Articolo 8 Competenza giurisdizionale 1. Ogni Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 quando: a) il reato è stato commesso in tutto o in parte nel proprio territorio; o b) l'autore del reato sia un proprio cittadino. 2. Ogni Stato membro la cui valuta è l'euro adotta le misure necessarie per definire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi al di fuori del proprio territorio, almeno nella misura in cui riguardino l'euro e quando: a) l'autore del reato si trova nel territorio di tale Stato membro e non sia estradato; o b) le banconote o le monete metalliche in euro falsificate connesse con il reato sono state rinvenute nel territorio di tale Stato membro. Ai fini dell'azione penale avverso i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, qualora si riferiscano all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), nonché a induzione, favoreggiamento e concorso, e tentativo di commettere tali reati, ogni Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che la propria competenza giurisdizionale non sia subordinata alla condizione che gli atti costituiscano reato nel luogo in cui sono stati commessi. Articolo 9 Strumenti di indagine Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone, le unità o i servizi preposti alle indagini o all'azione penale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 dispongano di efficaci strumenti di indagine, come quelli usati per le indagini riguardanti la criminalità organizzata o altre forme gravi di criminalità. Articolo 10 Obbligo di trasmettere le banconote e le monete metalliche in euro falsificate per l'analisi e il rinvenimento dei falsi Gli Stati membri assicurano che durante il procedimento penale sia consentito senza indugio, da parte del centro nazionale di analisi e del centro nazionale di analisi delle monete metalliche, l'esame di banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ai fini dell'analisi e dell'individuazione e rinvenimento degli altri falsi. Le autorità competenti trasmettono senza indugio i necessari campioni al più tardi una volta raggiunta una decisione definitiva riguardo al procedimento penale. Articolo 11 Statistiche Gli Stati membri, almeno ogni due anni, trasmettono alla Commissione dati concernenti il numero di reati di cui agli articoli 3 e 4 e il numero di persone perseguite e condannate per i reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 12 Presentazione di relazioni da parte della Commissione e riesame Entro il 23 maggio 2019, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva. La relazione valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. La relazione è corredata, se necessario, di una proposta legislativa. Articolo 13 Sostituzione della decisione quadro 2000/383/GAI La decisione quadro 2000/383/GAI è sostituita dalla presente direttiva per quanto riguarda gli Stati membri vincolati da quest'ultima, fatti salvi gli obblighi di tali Stati membri relativi al termine per il recepimento della decisione quadro 2000/383/GAI nell'ordinamento nazionale. Per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva, i riferimenti alla decisione quadro 2000/383/GAI si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 14 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 maggio 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 15 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 16 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 179 del 25.6.2013, pag. 9. (2) GU C 271 del 19.9.2013, pag. 42. (3) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014. (4) Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro (GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1). (5) Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6). (6) Regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11). (7) Società delle Nazioni, raccolta dei trattati (1931) n. 2623, pag. 372. (8) Decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro (GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1).
Sanzioni penali contro la falsificazione monetaria Secondo la Banca centrale europea, dall’introduzione della moneta unica nel 2002, la falsificazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di euro all’economia dell’Unione europea (UE). È stata adottata una nuova legge per proteggere l’euro e le altre valute dalla falsificazione. ATTO Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio. SINTESI La nuova direttiva dell’UE stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione monetaria. Essa introduce disposizioni comuni per combattere la falsificazione, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione tra i paesi dell’UE nella lotta alla falsificazione. Reati I paesi dell’UE devono introdurre misure per garantire che ogni fabbricazione, ricezione, procacciamento o possesso di strumenti, oggetti, programmi informatici ed elementi per la sicurezza (quali ologrammi o filigrane), se intenzionalmente fraudolenti, siano punibili. La condotta intenzionale dovrebbe essere punibile anche in relazione a banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale, come dovrebbero esserlo l’induzione, il favoreggiamento e il concorso . Sanzioni individuali (persone fisiche) Le sanzioni introdotte devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Inoltre, devono prevedere la reclusione. Il termine massimo per la pena di reclusione (da 5 a 8 anni, a seconda dei casi) deve essere applicato almeno alle forme più gravi del reato di falsificazione. Benché far circolare intenzionalmente la valuta falsificata ricevuta in buona fede, rappresenti una condotta punibile con sanzioni, tra cui le multe, si ritiene opportuno prevedere la reclusione come sanzione massima stabilita dalla legge nazionale degli Stati membri dell’UE. Responsabilità e sanzioni per le entità giuridiche I paesi dell’UE devono assicurare che le entità giuridiche (ad esempio le aziende e le associazioni) possano rispondere in relazione ai reati in alternativa ai singoli (persone fisiche) e applicare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive alle persone giuridiche. La gamma delle sanzioni applicate deve essere stabilita, comprendendo l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici, l’interdizione temporanea o perpetua dall’esercizio di un’attività d’impresa, l’assoggettamento a vigilanza giudiziaria. Analisi e rinvenimento di banconote e monete metalliche falsificate in euro I paesi dell’UE devono garantire che i propri centri nazionali di analisi e i propri centri nazionali di analisi delle monete metalliche possano esaminare banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ed essere disponibili per i procedimenti penali in corso ai fini del rinvenimento di ulteriori falsi. Applicazione L’Irlanda ha aderito alla presente direttiva. La Danimarca e il Regno Unito (1), tuttavia, non sono vincolati dalla stessa. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2014/62/UE 22.5.2014 23.5.2016 GU L 151 del 21.5.2014
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32003R0693
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Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l'istruzione consolare comune e il manuale comune Gazzetta ufficiale n. L 099 del 17/04/2003 pag. 0008 - 0014 Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consigliodel 14 aprile 2003che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l'istruzione consolare comune e il manuale comuneIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Nel quadro dei preparativi per l'adesione di nuovi Stati membri la Comunità dovrebbe tener conto delle situazioni particolari che possono prodursi in seguito all'allargamento e prevedere in proposito una disciplina adeguata, onde evitare in futuro problemi relativi all'attraversamento delle frontiere esterne.(2) La Comunità dovrebbe in particolare affrontare la nuova situazione dei cittadini di paesi terzi che devono necessariamente attraversare il territorio di uno o più Stati membri per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue.(3) Per questo caso specifico di transito per via terrestre dovrebbero essere istituiti un documento di transito agevolato (Facilitated Transit Document - FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (Facilitated Rail Transit Document - FRTD).(4) L'FTD/FRTD dovranno costituire documenti con valore di visti di transito che autorizzano i loro titolari ad entrare per transitare attraverso i territori degli Stati membri ai sensi delle disposizioni dell'acquis di Schengen relativo all'attraversamento delle frontiere esterne.(5) Le condizioni e le procedure per il rilascio di tali documenti dovrebbero essere agevolate in linea con le disposizioni dell'acquis di Schengen.(6) In caso di abuso del regime al titolare dell'FTD/FRTD dovrebbero essere comminate le sanzioni contemplate dal diritto nazionale.(7) Poiché l'obiettivo dell'azione proposta, vale a dire il riconoscimento dell'FTD/FRTD rilasciato da uno Stato membro da parte degli altri Stati membri, vincolati dalle disposizioni dell'acquis di Schengen in materia di attraversamento delle frontiere esterne, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, a motivo delle dimensioni dell'azione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare tali misure in forza del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. In applicazione del principio di proporzionalità di cui allo stesso articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento del suddetto obiettivo.(8) Il regolamento (CE) n. 694/2003(3) istituisce un modello uniforme per l'FTD e l'FRTD.(9) L'istruzione consolare comune(4) e il manuale comune(5) dovrebbero essere modificati di conseguenza.(10) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata e non è soggetta alla sua applicazione. Dato che il presente regolamento si basa sull'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni della Parte terza, titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca decide, a norma dell'articolo 5 del suddetto protocollo, entro un periodo di sei mesi dall'adozione del presente regolamento da parte del Consiglio, se intende recepirlo nel proprio diritto interno.(11) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen(6), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto B, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo(7).(12) Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen al quale il Regno Unito non partecipa ai sensi della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen(8). Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolato e non è soggetto alla sua applicazione.(13) Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen al quale l'Irlanda non partecipa ai sensi della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen(9). L'Irlanda non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolata e non è soggetta alla sua applicazione.(14) Il presente regolamento costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, dell'atto di adesione e diventerà pertanto applicabile soltanto dopo la soppressione dei controlli alle frontiere interne,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1Definizioni1. Il presente regolamento istituisce un documento di transito agevolato (Facilitated Transit Document - FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (Facilitated Rail Transit Document - FRTD) ai fini del transito agevolato.2. Per transito agevolato s'intende il transito specifico e diretto per via terrestre di un cittadino di un paese terzo che deve necessariamente attraversare il territorio di uno o più Stati membri, per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue.Articolo 2Autorizzazione particolare (FTD/FRTD)1. L'FTD è un'autorizzazione particolare che consente un transito agevolato; esso può essere rilasciato dagli Stati membri per una pluralità d'ingressi effettuati con qualsiasi mezzo di trasporto terrestre.2. L'FRTD è un'autorizzazione particolare che consente un transito agevolato; esso può essere rilasciato dagli Stati membri per un unico viaggio di andata e ritorno per ferrovia.3. L'FTD/FRTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003.Articolo 3Campo d'applicazione e validità1. L'FTD e l'FRTD hanno lo stesso valore dei visti di transito e hanno una validità territoriale limitata allo Stato membro che li ha rilasciati e agli altri Stati membri attraverso i quali il transito agevolato viene effettuato.2. L'FTD è valido per un periodo massimo di tre anni. Un transito effettuato con l'FTD non può superare ventiquattro ore.3. L'FRTD è valido per un periodo massimo non superiore a tre mesi. Un transito effettuato con l'FRTD non può superare sei ore.CAPO IIRILASCIO DI UN FTD/FRTDArticolo 4CondizioniPer ottenere un FTD/FRTD il richiedente deve:a) essere in possesso di un documento valido che lo autorizza ad attraversare le frontiere esterne, quali definite ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 3, lettera a), della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990(10);b) non essere segnalato ai fini della non ammissione;c) non essere considerato pericoloso per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri. Tuttavia, in relazione all'FRTD, non si applica la consultazione preliminare a norma dell'articolo 17, paragrafo 2, della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen;d) per l'FTD, giustificare la necessità di effettuare frequenti viaggi tra le due zone del territorio del suo paese.Articolo 5Procedura per la domanda1. La domanda di un FTD è presentata alle autorità consolari di uno Stato membro che ha comunicato la sua decisione di rilasciare l'FTD/FRTD a norma dell'articolo 12. Se la decisione di rilasciare l'FTD/FRTD è comunicata da più di uno Stato membro, la domanda è presentata alle autorità consolari dello Stato membro del primo ingresso. Questa procedura prevede la presentazione, se del caso, di una documentazione che attesti la necessità di viaggi frequenti, in particolare documenti comprovanti legami familiari o giustificazioni sociali, economiche o di altro tipo.2. Nel caso di un FRTD uno Stato membro può di norma accettare che le domande siano trasmesse tramite altre autorità o tramite terzi.3. La domanda di un FTD è presentata sul modulo standard definito nell'allegato I.4. I dati personali da comunicare per ottenere un FRTD sono forniti mediante il modulo contenente i dati personali definito nell'allegato II. Detto modulo può essere compilato a bordo del treno prima dell'apposizione dell'FRTD e in ogni caso prima dell'entrata nel territorio dello Stato membro attraversato dal treno, a condizione che i dati personali fondamentali - di cui all'allegato II - siano trasmessi per via elettronica alle autorità dello Stato membro competente al momento della presentazione della richiesta di acquisto del biglietto ferroviario.Articolo 6Procedura di rilascio1. L'FTD/FRTD è rilasciato dagli uffici consolari dello Stato membro e non è emesso alla frontiera. La decisione di rilascio dell'FRTD è presa dalle autorità consolari competenti al più tardi 24 ore dopo la trasmissione per via elettronica di cui all'articolo 5, paragrafo 4.2. Nessun FTD/FRTD è apposto su un documento di viaggio scaduto.3. Il periodo di validità del documento di viaggio sul quale è apposto l'FTD/FRTD è più lungo di quello dell'FTD/FRTD.4. Nessun FTD/FRTD è apposto su un documento di viaggio se tale documento non è valido per uno degli Stati membri. In questo caso esso è apposto dagli uffici consolari sul modello uniforme di foglio utilizzabile per l'apposizione di un visto, ai sensi del regolamento (CE) n. 333/2002(11). Se un documento di viaggio è valido soltanto per uno Stato membro o per alcuni Stati membri, l'FTD/FRTD è limitato allo Stato membro o agli Stati membri in questione.Articolo 7Costi amministrativi di un FTD/FRTD1. I diritti corrispondenti ai costi amministrativi inerenti all'esame della domanda di FTD sono pari a 5 EUR.2. L'FRTD è rilasciato gratuitamente.CAPO IIIDISPOSIZIONI COMUNI RELATIVE ALL'FTD/FRTDArticolo 8Irricevibilità della domanda1. Qualora la rappresentanza consolare di uno Stato membro rifiuti di esaminare una domanda o di rilasciare un FTD/FRTD, la procedura e i possibili mezzi di impugnazione sono disciplinati dalla legislazione nazionale di tale Stato membro.2. Qualora un FTD/FRTD sia rifiutato e la legislazione nazionale preveda la motivazione del rifiuto, tale motivazione è comunicata al richiedente.Articolo 9SanzioniIn caso di abuso del regime al titolare dell'FTD/FRTD dovrebbero essere comminate le sanzioni contemplate dalla legislazione nazionale.Tali sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive e comprendono la possibilità di annullare o revocare l'FTD/FRTD.CAPO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 10Fatte salve le norme specifiche stabilite nel presente regolamento, si applicano inoltre all'FTD/FRTD le disposizioni dell'acquis di Schengen in materia di visti.Articolo 111. L'istruzione consolare comune è modificata come segue:a) nella parte I è aggiunto il punto seguente:"2.5. Documenti aventi lo stesso valore di un visto, che autorizzano ad attraversare le frontiere esterne: FTD/FRTDPer il transito agevolato può essere rilasciato un FTD o un FRTD ai sensi dei regolamenti (CE) n. 693/2003(12) e (CE) n. 694/2003(13) del Consiglio (cfr. allegato 17).";b) il testo del presente regolamento e del regolamento (CE) n. 694/2003 sono acclusi in quanto allegato 17.2. Il manuale comune è modificato come segue:a) nella parte I è aggiunto il punto seguente:"3.4. DOCUMENTI AVENTI LO STESSO VALORE DI UN VISTO, CHE AUTORIZZANO AD ATTRAVERSARE LE FRONTIERE ESTERNE: FTD/FRTDPer il transito agevolato può essere rilasciato un FTD o un FRTD ai sensi dei regolamenti (CE) n. 693/2003(14) e (CE) n. 694/2003(15) del Consiglio (cfr. allegato 15).";b) il testo del presente regolamento e del regolamento (CE) n. 694/2003 sono acclusi in quanto allegato 15.Articolo 12Applicazione1. Gli Stati membri che decidono di rilasciare l'FTD e l'FRTD comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione. La decisione è pubblicata dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ed entra in vigore alla data della sua pubblicazione.2. Qualora decidano di non rilasciare più l'FTD e l'FRTD, gli Stati membri comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione. La decisione è pubblicata dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ed entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla sua pubblicazione.Articolo 13RendicontoLa Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regime di transito agevolato entro tre anni dall'entrata in vigore della prima decisione di cui all'articolo 12, paragrafo 1.Articolo 14Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Lussemburgo, addì 14 aprile 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteA. Giannitsis(1) Non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale.(2) Parere espresso l'8.4.2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) Vedi pagina 15 della presente Gazzetta ufficiale.(4) GU C 313 del 16.12.2002, pag. 1. Istruzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 415/2003 (GU L 64 del 7.3.2003, pag. 1).(5) GU C 313 del 16.12.2002, pag. 97.(6) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36.(7) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.(8) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43.(9) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.(10) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dalla decisione 2003/170/GAI (GU L 67 del 12.3.2003, pag. 27).(11) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 4.(12) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8.(13) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15.(14) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8.(15) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15.ALLEGATO I>PIC FILE= "L_2003099IT.001202.TIF">>PIC FILE= "L_2003099IT.001301.TIF">ALLEGATO II>PIC FILE= "L_2003099IT.001402.TIF">
Documento di transito agevolato (FTD) e documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? È volto a istituire un documento di transito agevolato (FTD)* e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD)* per il transito specifico e diretto per via terrestre di un cittadino di un paese terzo che deve necessariamente attraversare il territorio di uno o più paesi dell’Unione, per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue. PUNTI CHIAVE Campo d’applicazione e validità L’FTD e l’FRTD hanno lo stesso valore dei visti di transito e hanno una validità territoriale limitata al paese dell’Unione che li ha rilasciati. L’FTD è valido per un periodo massimo di tre anni. Un transito effettuato con l’FTD non può superare ventiquattro ore. L’FRTD è valido per un periodo massimo non superiore a tre mesi. Un transito effettuato con l’FRTD non può superare sei ore. L’FTD/FRTD non può essere apposto su un documento di viaggio scaduto o la cui validità è inferiore a quella dell’FTD o dell’FRTD.Condizioni e procedure per il rilascioPer ottenere un FTD o un FRTD il richiedente deve:essere in possesso di un documento valido che lo autorizza ad attraversare le frontiere esterne;non essere segnalato ai fini della non ammissione;non essere considerato pericoloso per l’ordine pubblico o le relazioni internazionali di uno dei paesi dell’Unione;per l’FTD, giustificare la necessità di effettuare frequenti viaggi tra le due zone del territorio del suo paese La domanda di un FTD/FRTD è presentata alle autorità consolari di un paese dell’Unione. I richiedenti devono presentare una documentazione che attesti la necessità di viaggi frequenti, in particolare documenti comprovanti legami familiari o giustificazioni sociali, economiche o di altro tipo. I diritti corrispondenti ai costi amministrativi per l’esame della domanda di FTD sono pari a 5 EUR. L’FRTD è rilasciato gratuitamente.Rilascio e irricevibilità della domandaGli FTD e gli FRTD sono rilasciati dagli uffici consolari dei paesi dell’Unione e non possono essere emessi alla frontiera. Qualora la rappresentanza consolare di un paese dell’Unione rifiuti di esaminare una domanda o di rilasciare un FTD/FRTD, la procedura e i possibili mezzi di impugnazione sono disciplinati dalla legislazione nazionale di tale paese dell’Unione. Qualora un FTD/FRTD sia rifiutato e la legislazione nazionale preveda la motivazione del rifiuto, tale motivazione è comunicata al richiedente. In caso di abuso del regime al titolare dell’FTD/FRTD vengono comminate sanzioni. Tali sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive e comprendono la possibilità di annullare o revocare l’FTD/FRTD.Decisioni di rilasciare FTD/FRTDI paesi dell’Unione che decidono di rilasciare l’FTD e l’FRTD comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione europea, che la pubblica nella Gazzetta ufficiale (GU). Qualora decidano di non rilasciare più l’FTD e l’FRTD, i paesi dell’Unione comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione, che la pubblica nella Gazzetta ufficiale. La Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regime di transito agevolato entro tre anni dall’entrata in vigore della prima decisione di un paese dell’Unione di rilasciare l’FTD e l’FRTD.Modello uniforme Gli FTD e FRTD sono costituiti da un modello uniforme (adesivo) e hanno lo stesso valore dei visti di transito. Essi sono conformi alle prescrizioni di cui agli allegati I e II del regolamento (CE) n. 694/2003, adottato in concomitanza con il regolamento (UE) n. 693/2003. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 18 aprile 2003. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Kaliningrad: La Commissione propone una serie di misure volte a facilitare il transito dopo l’allargamento — comunicato stampa (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Documento di transito agevolato (FTD): specifica autorizzazione che consente il transito agevolato; può essere rilasciato dai paesi dell’Unione per una pluralità di ingressi effettuati con qualsiasi mezzo di trasporto terrestre. L’FTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003. Documento di transito ferroviario agevolato (FRTD): specifica autorizzazione che consente il transito agevolato; può essere rilasciato dai paesi dell’Unione per un unico viaggio di andata e ritorno per ferrovia. L’FRTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l’istruzione consolare comune e il manuale comune (GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8). DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 694/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che stabilisce modelli uniformi per il documento di transito agevolato (FTD) e per il documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) di cui al regolamento (CE) n. 693/2003 (GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15).
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 18 luglio 2011 sull’accesso a un conto di pagamento di base (Testo rilevante ai fini del SEE) (2011/442/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) Garantire ai consumatori l’accesso ai servizi di pagamento all’interno dell’Unione europea (nel prosieguo «l’Unione») è essenziale al fine di permettere loro di beneficiare appieno del mercato unico e assicurare il corretto funzionamento di quest’ultimo. Allo stato attuale, la disponibilità dei servizi di pagamento essenziali non è né assicurata dai prestatori di servizi di pagamento, né garantita da tutti gli Stati membri dell’Unione. (2) I severi requisiti attualmente imposti dai prestatori di servizi di pagamento per l’apertura di un conto di pagamento che vanno oltre le disposizioni di legge possono pregiudicare il pieno godimento della libertà di circolazione delle persone all’interno dell’Unione. Inoltre, chi non dispone di un conto di pagamento ha un accesso limitato ai servizi finanziari tradizionali, da cui consegue un indebolimento dell’inclusione finanziaria e sociale, spesso a discapito delle categorie di popolazione più vulnerabili. In tale situazione è inoltre più difficile per i consumatori accedere a beni e servizi essenziali. È pertanto necessario stabilire dei principi che regolino l’accesso ai conti di pagamento di base, che costituiscono un elemento fondamentale nella promozione dell’inclusione e coesione sociale, al fine di consentire ai consumatori di beneficiare di un minimo garantito di servizi di pagamento essenziali. (3) È importante assicurare che i principi in materia di accesso ai conti di pagamento di base siano applicati in maniera omogenea all’interno dell’Unione. Tuttavia, per una maggiore efficacia, è opportuno che l’applicazione di tali principi tenga conto delle diverse prassi bancarie esistenti in seno all’Unione. (4) La raccomandazione determina inoltre i principi generali che disciplinano l’offerta di conti di pagamento di base all’interno dell’Unione. (5) La presente raccomandazione si applica in combinato disposto con la direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (1). È pertanto opportuno che le norme che disciplinano la trasparenza delle condizioni e le informazioni sui servizi di pagamento si estendano anche ai conti di pagamento di base. (6) È necessario che le disposizioni previste dalla presente raccomandazione non pregiudichino l’adozione, da parte degli Stati membri o dei prestatori di servizi di pagamento, di misure per ragioni di pubblica sicurezza e ordine pubblico in linea con il diritto dell’UE. (7) In ciascuno Stato membro, i consumatori che risiedono legalmente all’interno dell’Unione e che non sono titolari di un conto di pagamento in tale Stato membro dovrebbero avere la facoltà di aprire e disporre di un conto di pagamento di base. Al fine di garantire un accesso più ampio possibile ai conti di pagamento di base, è indispensabile che gli Stati membri garantiscano che i consumatori abbiano accesso a un tale conto indipendentemente dalla situazione finanziaria di questi ultimi, ad esempio in caso di disoccupazione o fallimento personale. Tuttavia occorre che il diritto di accesso a un conto di pagamento di base in qualsiasi Stato membro sia concesso in conformità alle disposizioni della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (2), segnatamente in materia di procedure di due diligence nei confronti del cliente. (8) Occorre inoltre che la presente raccomandazione non pregiudichi l’obbligo del prestatore di servizi di pagamento di recedere dal contratto relativo al conto di pagamento di base in circostanze eccezionali contemplate dalla legislazione unionale o nazionale pertinente, ad esempio dalla legislazione in materia di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo o di prevenzione e indagine di reati. (9) Al fine di garantire la disponibilità dei conti di pagamento di base in considerazione delle specificità dei singoli Stati membri, occorre che questi ultimi designino uno, più o tutti i prestatori di servizi di pagamento in base ai principi di trasparenza, non-discriminazione e proporzionalità. È necessario che le misure che gli Stati membri adotteranno a tale fine non diano luogo a distorsioni della concorrenza tra i prestatori di servizi di pagamento e che siano fondate sui principi di trasparenza, non-discriminazione e proporzionalità. In tale contesto, è opportuno che gli Stati membri rendano pubblici i diritti e gli obblighi dei prestatori incaricati di fornire conti di pagamento di base. (10) Al fine di garantire un trattamento trasparente ed equo e di permettere al consumatore di opporsi alla decisione del prestatore di servizi di pagamento, quest’ultimo è tenuto a comunicare al consumatore le motivazioni del rifiuto di aprire un conto di pagamento di base. (11) È necessario che ciascuno Stato membro assicuri l’accesso a un livello minimo garantito di servizi di pagamento essenziali. È necessario che tra i servizi intrinsecamente legati ai conti di pagamento di base siano compresi il deposito e il ritiro di denaro contante dal conto. È opportuno che tali conti consentano ai consumatori di usufruire di operazioni di pagamento essenziali, ad esempio l’accredito dello stipendio o di altre prestazioni, il pagamento di fatture o imposte e l’acquisto di beni e servizi, tra l’altro ricorrendo ad addebiti diretti e bonifici, oltre all’uso di una carta di pagamento. Al fine di garantire la maggior inclusione finanziaria possibile, occorre che tali servizi permettano di acquistare beni e servizi on line, laddove tecnicamente possibile. È altresì necessario che diano l’opportunità al consumatore di trasmettere ordini di pagamento avvalendosi delle funzioni di banca on line dei prestatori di servizi di pagamento, sempre previa disponibilità a livello tecnico. Tuttavia è opportuno che il conto di pagamento di base non consenta di effettuare ordini di pagamento la cui esecuzione comporterebbe un saldo negativo del conto. L’accesso al credito non può essere considerato alla stregua di una componente automatica di un conto di pagamento di base o un diritto a esso correlato. (12) Nell’eventualità in cui il prestatore di servizi di pagamento addebiti al consumatore commissioni di apertura, gestione e chiusura del conto, nonché di utilizzo dei servizi intrinsecamente associati allo stesso conformemente alla presente raccomandazione, è necessario che le spese totali a carico del consumatore siano ragionevoli e tali da non pregiudicare, in considerazione del contesto nazionale specifico, l’apertura del conto di pagamento di base e l’utilizzo dei servizi connessi. È opportuno che eventuali ulteriori spese addebitate al consumatore in seguito alla violazione degli obblighi contrattuali dello stesso siano anch’esse ragionevoli. (13) Al fine di garantire un’applicazione coerente ed efficiente del principio di ragionevolezza della spesa, gli Stati membri dovrebbero definire tale concetto sulla base dei criteri indicativi forniti dalla presente raccomandazione, che possono essere considerati congiuntamente. (14) Al fine di promuovere l’inclusione finanziaria, è inoltre necessario adottare misure di sensibilizzazione dei consumatori sull’esistenza di conti di pagamento di base. È dunque indispensabile che gli Stati membri e i prestatori di servizi di pagamento forniscano informazioni di portata generale, chiare e comprensibili ai consumatori sulle caratteristiche e le condizioni principali di tali conti, così come sulle istruzioni pratiche che consentano di esercitare il diritto di accesso a un conto di pagamento di base. È inoltre opportuno che i consumatori siano informati del fatto che non sussiste alcun obbligo di acquisire servizi accessori per accedere a un conto di pagamento di base. (15) L’osservanza delle disposizioni stabilite nella presente raccomandazione comporta il trattamento di dati personali dei consumatori. Tale trattamento è disciplinato dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), segnatamente dagli articoli 6, 7, 10, 11, 12 e 17, che mirano a garantire un trattamento dei dati equo e legittimo e il rispetto del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali, in particolar modo considerati i requisiti generali di necessità e proporzionalità, del diritto della persona interessata di accedere ai propri dati personali e a far rettificare e cancellare o bloccare dati non corretti, nonché dall’articolo 28, relativo alle autorità di controllo pubbliche e indipendenti incaricate di sorvegliare l’applicazione delle disposizioni di attuazione della direttiva 95/46/CE. (16) Per la risoluzione di controversie derivanti dai principi di cui alla presente raccomandazione è opportuno che i consumatori abbiano accesso a procedure di reclamo e ricorso extragiudiziale. Per la risoluzione delle controversie si può ricorrere, se del caso, ai relativi organismi e regimi esistenti, ad esempio quelli istituiti per la risoluzione delle controversie relative ai diritti e agli obblighi di cui alla direttiva 2007/64/CE. (17) È opportuno che l’applicazione dei principi stabiliti nella presente raccomandazione sia corroborata dal riesame delle autorità di controllo a livello nazionale. A tal fine occorre che le autorità preposte al controllo siano dotate dei mezzi necessari per svolgere efficacemente i compiti loro affidati. (18) Gli Stati membri dovrebbero avere statistiche annuali affidabili in materia di conti di pagamento di base, almeno per quanto riguarda il numero di conti aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate, il numero di recessi, nonché l’entità delle spese correlate a tali conti. Per raggiungere tale obiettivo, si invitano gli Stati membri a ricorrere a tutte le fonti di informazione rilevanti. È opportuno che gli Stati membri comunichino tali informazioni alla Commissione su base annuale, avviando tale esercizio al più tardi il 1o luglio 2012. (19) Occorre che gli Stati membri siano invitati ad adottare le misure necessarie per assicurare che la presente raccomandazione sia applicata al più tardi 6 mesi dopo la sua pubblicazione. Sulla base delle relazioni trasmesse dagli Stati membri, la Commissione monitorerà e valuterà le misure realizzate fino al 1o luglio 2012. Sulla base di tale monitoraggio, la Commissione proporrà eventuali interventi, incluse, laddove necessarie, misure di carattere legislativo, al fine di garantire che gli obiettivi della presente raccomandazione siano pienamente raggiunti, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: SEZIONE I Definizioni 1. Ai fini della presente raccomandazione si intende per: a) «consumatore» qualsiasi persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale; b) «prestatore di servizi di pagamento» prestatore/i di servizi ai sensi dell’articolo 4, punto 9 della direttiva 2007/64/CE, che mette a disposizione i conti di pagamento di base di cui al punto 3; c) «conto di pagamento» conto detenuto a nome di un consumatore utilizzato per l’esecuzione delle operazioni di pagamento; d) «operazione di pagamento» operazione di pagamento ai sensi dell’articolo 4, punto 5 della direttiva 2007/64/CE; e) «fondi» fondi definiti all’articolo 4, punto 15 della direttiva 2007/64/CE; f) «contratto» contratto quadro ai sensi dell’articolo 4, punto 12 della direttiva 2007/64/CE. SEZIONE II Diritto di accesso 2. Gli Stati membri dovrebbero garantire che qualsiasi consumatore che risiede legalmente all’interno dell’Unione abbia diritto ad aprire e disporre di un conto di pagamento di base presso un prestatore di servizi di pagamento che opera sul loro territorio, a condizione che il consumatore non sia già titolare di un conto di pagamento che gli consenta di fruire, nel loro territorio, dei servizi di pagamento elencati al punto 6. Tale diritto dovrebbe applicarsi indipendentemente dalla situazione finanziaria del consumatore. 3. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che almeno un prestatore di servizi di pagamento offra conti di pagamento di base sul loro territorio. A tale proposito, dovrebbero tenere in considerazione la dislocazione geografica o la quota di mercato dei prestatori di servizi di pagamento all’interno del proprio territorio. Gli Stati membri dovrebbero inoltre evitare che ciò crei distorsioni della concorrenza tra prestatori di servizi di pagamento. 4. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure che garantiscano che i prestatori di servizi di pagamento ricorrano a sistemi trasparenti, equi e affidabili per verificare se un consumatore è già titolare o meno di un conto di pagamento. 5. Gli Stati membri dovrebbero garantire che in caso di rifiuto di una richiesta di apertura di un conto di pagamento di base, il prestatore di servizi di pagamento informi immediatamente il consumatore, per iscritto e senza alcun addebito, sulle motivazioni che hanno determinato tale rifiuto. Tale diritto di informazione può essere limitato mediante misure legislative nel caso in cui tale limitazione costituisca una misura necessaria e proporzionata ai fini della tutela di obiettivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. SEZIONE III Caratteristiche di un conto di pagamento di base 6. Un conto di pagamento di base dovrebbe includere i seguenti servizi di pagamento: a) servizi che permettano di eseguire tutte le operazioni necessarie per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento; b) servizi che consentano di versare denaro contante su un conto di pagamento; c) servizi che offrano la possibilità di ritirare denaro contante da un conto di pagamento; d) esecuzione di operazioni di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su e da un conto di pagamento presso il prestatore di servizi di pagamento del consumatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento in relazione: i) all’esecuzione di addebiti diretti; ii) all’esecuzione di operazioni di pagamento tramite carta di pagamento che non consenta l’esecuzione di operazioni di pagamento per importi superiori al saldo corrente del conto di pagamento; iii) all’esecuzione di bonifici. 7. L’accesso a un conto di pagamento di base non dovrebbe essere subordinato all’acquisto di servizi accessori. 8. Il prestatore di servizi di pagamento non dovrebbe offrire, esplicitamente o tacitamente, alcun tipo di scoperto di conto correlato al conto di pagamento di base. Il prestatore di servizi di pagamento del consumatore non dovrebbe eseguire ordini di pagamento che comporterebbero un saldo negativo del conto di pagamento di base del consumatore. SEZIONE IV Spese applicate 9. Gli Stati membri dovrebbero garantire che un conto di pagamento di base sia offerto gratuitamente o con una spesa ragionevole. 10. Nel caso in cui un prestatore di servizi di pagamento applichi delle spese al consumatore per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento di base, oppure per uno, alcuni o tutti i servizi elencati al punto 6, l’entità di tali spese dovrebbe essere ragionevole. 11. Eventuali ulteriori spese addebitate dal prestatore di servizi di pagamento in relazione al contratto del conto di pagamento di base, comprese quelle risultanti dalla violazione degli obblighi contrattuali del consumatore, dovrebbero essere ragionevoli. 12. Gli Stati membri dovrebbero definire il principio di ragionevolezza della spesa alla luce di uno o più dei seguenti criteri: a) livelli di reddito nazionali; b) media delle commissioni applicate ai conti di pagamento in tale Stato membro; c) costi complessivi di un conto di pagamento di base sopportati dal prestatore del servizio; d) prezzi al consumo nazionali. SEZIONE V Informazioni generali 13. Gli Stati membri dovrebbero lanciare campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’esistenza di conti di pagamento di base, sulle relative spese, le procedure da seguire al fine di esercitare il diritto di accesso agli stessi e le modalità di ricorso a meccanismi di reclamo e ricorso extragiudiziali. 14. Gli Stati membri dovrebbero far sì che i prestatori di servizi di pagamento mettano a disposizione del consumatore tutte le informazioni relative alle caratteristiche specifiche dei conti di pagamento di base offerti, alle spese addebitate e alle relative condizioni d’uso. È inoltre opportuno che i consumatori siano informati del fatto che non sussiste alcun obbligo di acquisire servizi accessori per accedere a un conto di pagamento di base. SEZIONE VI Vigilanza e meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie 15. Gli Stati membri dovrebbero designare le autorità competenti a garantire e monitorare l’effettiva osservanza dei principi stabiliti nella presente raccomandazione. Le autorità competenti designate dovrebbero essere indipendenti dai prestatori di servizi di pagamento. 16. Gli Stati membri dovrebbero garantire l’istituzione di procedure di reclamo e ricorso adeguate ed efficaci per la risoluzione extragiudiziale di controversie in materia di diritti e obblighi stabiliti in applicazione dei principi definiti nella presente raccomandazione tra prestatori di servizi di pagamento e consumatori, avvalendosi, se del caso, di organismi già esistenti. Gli Stati membri dovrebbero inoltre assicurare che tutti i prestatori di servizi di pagamento responsabili di mettere a disposizione conti di pagamento di base aderiscano a uno o più organismi che attuano tali procedure di reclamo e ricorso. 17. Gli Stati membri dovrebbero garantire la cooperazione attiva tra gli organismi di cui al punto 16 ai fini della risoluzione delle controversie transfrontaliere. SEZIONE VII Informazioni statistiche 18. Gli Stati membri dovrebbero garantire che i prestatori di servizi di pagamento forniscano alle autorità nazionali informazioni affidabili sui conti di pagamento di base riguardanti quanto meno il numero di conti aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate con le relative motivazioni, il numero di recessi, nonché le spese annue correlate a tali conti. Tali informazioni dovrebbero essere fornite in forma aggregata. 19. Su base annua e a partire al più tardi dal 1o luglio 2012, gli Stati membri sono invitati a trasmettere alla Commissione informazioni circa il numero di conti di pagamento di base aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate con le relative motivazioni, il numero di recessi, nonché le spese annue correlate a tali conti. SEZIONE VIII Disposizioni finali 20. Gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie per assicurare che la presente raccomandazione sia applicata al più tardi 6 mesi dopo la sua pubblicazione e a notificare alla Commissione le misure adottate in conformità della stessa. 21. Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 18 luglio 2011. Per la Commissione Michel BARNIER Membro della Commissione (1) GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1. (2) GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15. (3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
Accesso dei consumatori ai conti di pagamento di base L’accesso dei consumatori ai conti di pagamento di base dovrebbe essere garantito in tutti i paesi dell’Unione europea (UE). In tale ottica, la Commissione presenta i principi generali dell’offerta di questo tipo di servizio finanziario. ATTO Raccomandazione 2011/442/UE della Commissione, del 18 luglio 2011, sull’accesso a un conto di pagamento di base (Testo rilevante ai fini del SEE) [GU L 190 del 21.7.2011]. SINTESI I consumatori europei che non dispongono di un conto di pagamento dovrebbero avere la facoltà di aprire e disporre di un conto di pagamento di base, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria e dal luogo di residenza nell’Unione europea (UE). La Commissione raccomanda che, in ciascuno Stato membro, almeno un prestatore di servizi di pagamento * offra tale servizio. Caratteristiche di un conto di pagamento di base I servizi di pagamento offerti dovrebbero consentire almeno: di eseguire tutte le operazioni necessarie per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento; di versare denaro contante su un conto di pagamento; di ritirare denaro contante da un conto di pagamento; di eseguire operazioni di pagamento tramite bonifici o trasferimenti di fondi, anche mediante carta di pagamento (senza tuttavia poter prevedere uno scoperto). L'acquisto di servizi accessori non dovrebbe costituire una condizione d’accesso al conto di pagamento di base. Spese applicate al conto di pagamento di base Gli Stati membri dovrebbero garantire che il conto di pagamento di base sia offerto gratuitamente o con una spesa ragionevole. Ove non sia prevista la gratuità, l’entità totale delle spese applicate per l’utilizzo dei servizi di pagamento minimo dovrebbe essere ragionevole. In ogni caso, tutte le altre spese previste in relazione al contratto del conto, comprese quelle applicate per il mancato rispetto degli obblighi contrattuali da parte del consumatore, dovrebbero essere ragionevoli. L’entità delle spese applicate al consumatore dovrebbe essere calcolata sulla base: dei livelli nazionali di reddito e dei prezzi al consumo; della media delle commissioni applicate ai conti di pagamento in tale Stato membro; dei costi complessivi di un conto di pagamento di base sopportati dal prestatore del servizio. Vigilanza e risoluzione delle controversie Gli Stati membri dovrebbero designare autorità indipendenti dai prestatori dei servizi, incaricate di monitorare l’osservanza delle presenti raccomandazioni. Inoltre, dovrebbero garantire l’istituzione di procedure di reclamo e ricorso in caso di controversia. Informazioni ai consumatori Il prestatore che rifiuti una richiesta di apertura del conto dovrebbe giustificare tale rifiuto e informarne il consumatore per iscritto. Tuttavia, tale diritto di informazione può essere limitato mediante misure legislative per motivi di pubblica sicurezza o di ordine pubblico. I prestatori dovrebbero fornire informazioni adeguate in relazione alle caratteristiche specifiche dei conti offerti, alle spese addebitate e alle relative condizioni d’uso. Gli Stati membri dovrebbero lanciare campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle possibilità offerte dai conti di pagamento di base e sulle possibilità di meccanismi extragiudiziali in caso di controversia. Termini chiave Prestatore di servizi di pagamento: soggetto che può essere costituito da enti creditizi, istituti di pagamento o di moneta elettronica o da uffici postali.
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Direttiva 90/270/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) Gazzetta ufficiale n. L 156 del 21/06/1990 pag. 0014 - 0018 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 4 pag. 0203 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 4 pag. 0203 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 29 maggio 1990 relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (90/270/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo precitato, le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la comunicazione della Commissione sul suo programma nel settore della sicurezza, dell'igiene e della salute sul luogo di lavoro (4) prevede l'adozione di misure relative alle nuove tecnologie e che il Consiglio, nella sua risoluzione del 21 dicembre 1987 concernente la sicurezza, l'igiene e la salute sul luogo di lavoro (5) ne ha preso atto; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un migliore livello di sicurezza dei posti di lavoro dotati di videoterminali costituisce un imperativo per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento GU n. C 130 del 26. 5. 1989, pag. 5. GU n. C 113 del 7. 5. 1990. della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6); che di conseguenza le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano pienamente al settore dell'utilizzazione, da parte dei lavoratori, di attrezzature munite di videoterminali, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che i datori di lavoro sono tenuti ad informarsi circa i progressi tecnici e le conoscenze scientifiche in materia di concezione dei posti di lavoro, al fine di procedere agli eventuali adattamenti resisi necessari, in modo da garantire una maggiore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che per i posti di lavoro con videoterminali gli aspetti ergonomici rivestono particolare importanza; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che, a norma della decisione 74/325/CEE (7), la Commissione consulta il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro ai fini dell'elaborazione di proposte in questo settore, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali quali sono definite all'articolo 2. 2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. 3. La presente direttiva non si applica: a) ai posti di guida di veicoli o macchine; b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico; d) ai sistemi denominati «portatili» ove non siano oggetto d'utilizzazione prolungata in un posto di lavoro; e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure necessarie all'uso diretto di tale attrezzatura; f) alle macchine per scrivere classiche, denominate «macchine a finestra». Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intende per: a) videoterminale, uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal procedimento di visualizzazione utilizzato; b) posto di lavoro, l'insieme che comprende le attrezzature munite di un videoterminale, eventualmente con tastiera o altro sistema di immissione dati, e/o software per l'interfaccia uomo/macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per documenti, il sedile e il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante; c) lavoratore, qualunque lavoratore ai sensi dell'articolo 3, lettera a) della direttiva 89/391/CEE che utilizzi regolarmente, durante un periodo significativo del suo lavoro normale, un'attrezzatura munita di videoterminale. SEZIONE II OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO Articolo 3 Analisi dei posti di lavoro 1. I datori di lavoro sono tenuti a compiere un'analisi dei posti di lavoro per determinarne le condizioni di sicurezza e salute per i lavoratori, in particolare per quanto riguarda i rischi eventuali per la vista e i problemi di affaticamento fisico e mentale. 2. I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate per ovviare ai rischi così riscontrati, in base alla valutazione di cui al paragrafo 1, tenendo conto della somma e/o della combinazione delle incidenze dei rischi riscontrati. Articolo 4 Posti di lavoro messi in servizio per la prima volta I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate affinché i posti di lavoro messi in servizio per la prima volta dopo il 31 dicembre 1992 soddisfino alle prescrizioni minime di cui all'allegato. Articolo 5 Posti di lavoro già messi in servizio I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate affinché i posti di lavoro già messi in servizio entro il 31 dicembre 1992 siano adattati per soddisfare alle prescrizioni minime di cui all'allegato entro quattro anni al massimo a decorrere da tale data. Articolo 6 Informazione e formazione dei lavoratori 1. Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori devono ricevere informazioni su tutto ciò che riguarda la salute e la sicurezza in relazione al loro posto di lavoro, in particolare le informazioni sulle misure applicabili al posto di lavoro attuate a norma dell'articolo 3 e degli articoli 7 e 9. In tutti i casi i lavoratori o i loro rappresentanti sono informati su tutte le misure in materia di sicurezza e salute prese in applicazione della presente direttiva. 2. Fatto salvo l'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, ogni lavoratore deve ricevere inoltre una formazione per quanto riguarda le modalità d'impiego, prima di iniziare questo tipo di lavoro ed ogniqualvolta l'organizzazione del posto di lavoro è modificata in modo sostanziale. Articolo 7 Svolgimento quotidiano del lavoro Il datore di lavoro è tenuto a concepire l'attività del lavoratore in modo che il lavoro quotidiano su videoterminale sia periodicamente interrotto con pause o cambiamenti di attività, in modo da ridurre l'onere del lavoro su videoterminale. Articolo 8 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti si svolge conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE per tutte le materie disciplinate dalla presente direttiva, compreso il suo allegato. Articolo 9 Protezione degli occhi e della vista dei lavoratori 1. I lavoratori beneficiano di un adeguato esame degli occhi e della vista, effettuato da una persona che abbia le competenze necessarie: - prima di iniziare l'attività su videoterminale, - periodicamente, in seguito, e - allorché subentrino disturbi visivi attribuibili al lavoro su videoterminale. 2. I lavoratori beneficiano di un esame oculistico, qualora l'esito dell'esame di cui al paragrafo 1 ne evidenzi la necessità. 3. I lavoratori devono ricevere dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, qualora i risultati dell'esame di cui al paragrafo 1 o dell'esame di cui al paragrafo 2 ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali. 4. Le misure prese in applicazione del presente articolo non devono assolutamente comportare oneri finanziari supplementari a carico dei lavoratori. 5. La protezione degli occhi e della vista dei lavoratori può far parte d'un sistema sanitario nazionale. SEZIONE III DISPOSIZIONI VARIE Articolo 10 Adeguamenti dell'allegato Gli adattamenti di carattere prettamente tecnico dell'allegato in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o specifiche internazionali oppure delle conoscen- ze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 11 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni quattro anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 29 maggio 1990. Per il Consiglio Il Presidente B. AHERN (1) GU n. C 113 del 29. 4. 1988, pag. 7, e(2) GU n. C 12 del 16. 1. 1989, pag. 92, e(3) GU n. C 318 del 12. 12. 1988, pag. 32. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. (5) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 1.(6) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (7) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15. ALLEGATO PRESCRIZIONI MINIME (Articoli 4 e 5) Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi della presente direttiva e qualora gli elementi considerati esistano sul posto di lavoro e non contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della mansione. 1. ATTREZZATURE a) Osservazione generale L'utilizzazione in sé dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori. b) Schermo I caratteri sullo schermo devono avere una buona definizione e una forma chiara, una grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le linee. L'immagine sullo schermo deve essere stabile, esente da sfarfallamento o da altre forme d'instabilità. La brillanza e/o il contrasto tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali. Lo schermo dev'essere orientabile ed inclinabile liberamente e facilmente per adeguarsi alle esigenze dell'utilizzatore. È possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile. Lo schermo non deve avere riflessi e riverberi che possano causare molestia all'utilizzatore. c) Tastiera La tastiera dev'essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento delle braccia o delle mani. Lo spazio davanti alla tastiera dev'essere sufficiente onde consentire un appoggio per le mani e le braccia dell'utilizzatore. La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi. La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono tendere ad agevolare l'uso della tastiera stessa. I simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro. d) Piano di lavoro Il piano di lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni sufficienti e permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al massimo i movimenti fastidiosi della testa e degli occhi. È necessario uno spazio sufficiente che permetta ai lavoratori una posizione comoda. e) Sedile di lavoro Il sedile di lavoro dev'essere stabile, permettere all'utilizzatore una certa libertà di movimento ed una posizione comoda. I sedili debbono avere altezza regolabile. Il loro schienale deve essere regolabile in altezza e in inclinazione. Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino. 2. AMBIENTE a) Spazio Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e di movimenti operativi. b) Illuminazione L'illuminazione generale e/o l'illuminazione specifica (lampade di lavoro) devono garantire un'illuminazione sufficiente ed un contrasto appropriato tra lo schermo e l'ambiente, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore. Fastidiosi abbagliamenti e riflessi sullo schermo o su altre attrezzature devono essere evitati strutturando l'arredamento del locale e del posto di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti di luce artificiale e delle loro caratteristiche tecniche. c) Riflessi e abbagliamenti I posti di lavoro devono essere sistemati in modo che le fonti luminose quali le finestre e le altre aperture, le pareti trasparenti o traslucide, nonché le attrezzature e le pareti di colore chiaro non producano riflessi fastidiosi sullo schermo. Le finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro. d) Rumore Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro deve essere preso in considerazione al momento della sistemazione del posto di lavoro, in particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale. e) Calore Le attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di disturbo per i lavoratori. f) Radiazioni Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. g) Umidità Si deve far in modo di ottenere e mantenere un'umidità soddisfacente. 3. INTERFACCIA ELABORATORE/UOMO All'atto dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorché questo viene modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei seguenti fattori: a) il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere; b) il software deve essere di facile uso e, se del caso, adattabile al livello di conoscenze e di esperienza dell'utilizzatore; nessun dispositivo di controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori; c) i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento; d) i sistemi devono fornire l'informazione in un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori; e) i principi dell'ergonomia devono essere applicati in particolare all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo.
Lavorare con attrezzature munite di videoterminali QUAL È L’OBBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Essa stabilisce le prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali* nell’ Unione Europea (Unione). PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La presente Direttiva contiene regole che integra le regole generali contenute nella Direttiva 89/391/CEE relativa alla salute e alla sicurezza dei lavoratori a lavoro (si veda sintesi). Si prega di notare che, tuttavia, la presente direttiva non si applica:ai posti di guida di veicoli o macchine; ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all’uso da parte del pubblico; ai sistemi denominati «portatili» ove non siano oggetto d’utilizzazione prolungata in un posto di lavoro stazione di lavoro*; alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure necessarie all’uso diretto di tale attrezzatura; alle macchine per scrivere classiche, denominate ««macchine finestra»». Obblighi dei datori di lavoroPer assicura la sicurezza e la salute dei lavorati, i datori di lavoro sono tenuti a:compiere un’analisi dei posti di lavoro per determinarne le condizioni di sicurezza e di salute per i lavoratori, in particolare per quanto riguarda i rischi eventuali per la vista e problemi di affaticamento fisico e mentale;garantire che i lavoratori ricevano una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e di salute, relative alla stazione di lavoro. Inoltre, devono organizzare le attività dei lavoratori in modo tale che il lavoro giornaliero sull’attrezzatura munita di videoterminali sia periodicamente interrotto da pause o cambi di attività. Devono fornire ai lavoratori la formazione sull’uso della stazione di lavoro prima di cominciare questo tipo di lavoro e qualora ci sia un sostanziale cambiamento nell’organizzazione della stazione di lavoro.Protezione degli occhi e della vista dei lavoratoriPrima di iniziare l’attività su videoterminale, i lavoratori beneficiano di un adeguato esame degli occhi e della vista, effettuato da una persona che abbia le competenze necessarie, e ad intervalli regolari durante le loro attività e se subentrino disturbi visivi. Se necessario e se i normali dispositivi di correzione non può essere usati, i lavoratori devono essere forniti dei interessati dispositivi speciali di correzione in funzione all’attività svolta, a titolo gratuito. Atti delegati La Commissione Europea è abilitata ad adottare atti delegati, conformemente all’Articolo 10a del Regolamento (UE) 2019/1243, per apportare modifiche di carattere strettamente tecnico agli allegati, per progresso tecnico, dell’evoluzione delle normative o specifiche internazionali e delle conoscenze nel campo delle attrezzature munite di videoterminali. Revisione della normativa Come parte del suo quadro strategico sulla sicurezza e salute al lavoro 2021-2027, pubblicato a giugno 2021, la Commissione sta programmando di revisionare la Direttiva 90/270/CEE in vista della digitalizzazione da quando la suddetta Direttiva è stata adottata per la prima volta. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? La presente Direttiva 90/270/CEE è entrata in vigore dal 11 giugno 1990 e doveva diventare legge (trasposizione) negli Stati membri entro 31 dicembre 1992. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva 90/270/CEE-attrezzature munite di videoterminali (Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro). TERMINI CHIAVE Attrezzature munite di videoterminali. Uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal procedimento di visualizzazione utilizzato. Stazione di lavoro. L’insieme che comprende le attrezzature munite di un videoterminale, eventualmente con tastiera o altro sistema di immissione dati, e/o software per l’interfaccia uomo/macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse comprendenti l’unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per documenti, il sedile e il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva del Consiglio, 90/270/CEE del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della Direttiva 89/391/CEE) (GU L156 21.6.1990, pag. 14). Successivi emendamenti alla Direttiva 90/270/CEE sono stati incorporati nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. Quadro strategico dell’Unione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027. Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione (COM(2021) 323 finale, 28.6.2021). Direttiva del Consiglio 89/391/CEE del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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32002D0348
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2002/348/GAI: Decisione del Consiglio, del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali Gazzetta ufficiale n. L 121 del 08/05/2002 pag. 0001 - 0003 Decisione del Consigliodel 25 aprile 2002concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali(2002/348/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno del Belgio,visto il parere del Parlamento europeo(1),considerando quanto segue:(1) L'obiettivo che l'Unione si prefigge ai sensi dell'articolo 29 del trattato, è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in particolare sviluppando tra gli Stati membri un'azione comune nel settore della cooperazione di polizia.(2) Il fenomeno del calcio è caratterizzato da un'estrema internazionalizzazione, dovuta ai vari campionati europei ed internazionali e ai numerosi spostamenti di tifosi. Per quanto riguarda la sicurezza in occasione delle partite di calcio, tale internazionalizzazione rende necessario un approccio che trascende la dimensione nazionale.(3) È opportuno che il calcio non sia considerato esclusivamente come una possibile fonte di problemi connessi con perturbazioni dell'ordine, della tranquillità e della sicurezza pubblici, ma come un evento che, a prescindere dai rischi potenziali, deve essere gestito in modo efficiente.(4) In particolare per prevenire e combattere la violenza legata al calcio, è essenziale scambiare informazioni, in modo da consentire ai servizi di polizia ed alle autorità competenti negli Stati membri di provvedere ai preparativi del caso e di reagire in modo appropriato.(5) Ai fini dello scambio di informazioni in occasione di un evento calcistico e tenuto conto della cooperazione internazionale tra forze di polizia necessaria in caso di partite internazionali, è essenziale creare in ciascuno Stato membro un punto permanente di informazione sul calcio avente carattere di polizia.(6) Nell'ambito del Consiglio d'Europa sono state adottate: la convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, del 28 gennaio 1981, la raccomandazione n. R (87)15 del Comitato dei Ministri, del 17 settembre 1987, tesa a regolamentare l'utilizzo dei dati a carattere personale nel settore della polizia, nonché la convenzione europea del 19 agosto 1985, sulla violenza e le intemperanze degli spettatori in occasione di manifestazioni sportive ed in particolare di incontri calcistici.(7) Il Consiglio ha adottato, il 26 maggio 1997, l'azione comune 97/339/GAI in materia di cooperazione nel settore dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza(2) e il 9 giugno 1997, la risoluzione sulla prevenzione e repressione di atti di teppismo in occasione delle partite di calcio, mediante lo scambio di esperienze, il divieto di accedere agli stadi e una politica in materia di mezzi di comunicazione di massa(3).(8) Il Consiglio, inoltre, ha adottato, il 6 dicembre 2001, una risoluzione concernente un manuale di raccomandazioni per la cooperazione internazionale tra forze di polizia e misure per prevenire e combattere la violenza e i disordini in occasione delle partite di calcio di dimensione internazionale alle quali è interessato almeno uno Stato membro(4),DECIDE:Articolo 1Creazione di un punto nazionale d'informazione sul calcio1. Ciascuno Stato membro crea o designa un punto nazionale d'informazione sul calcio avente carattere di polizia.2. Ciascuno Stato membro notifica per iscritto al Segretariato generale del Consiglio le coordinate del suo punto nazionale d'informazione sul calcio e ogni modica successiva in virtù della presente decisione. Il Segretariato generale del Consiglio provvede a pubblicarle nella Gazzetta ufficiale.3. Il punto nazionale d'informazione sul calcio funge da punto di contatto diretto e centrale per lo scambio delle informazioni pertinenti e l'agevolazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia in relazione alle partite di calcio internazionali.Uno Stato membro può decidere di effettuare determinati contatti riguardanti aspetti legati al calcio tramite i servizi specificamente competenti per questi aspetti, a condizione che il punto nazionale d'informazione sul calcio ne sia quanto meno informato tempestivamente e in maniera adeguata.4. Ciascuno Stato membro provvede affinché il proprio punto nazionale d'informazione sul calcio sia in grado di assolvere con efficacia e rapidità i compiti assegnatigli.5. La presente decisione lascia impregiudicate le disposizioni nazionali in vigore, in particolare per quanto attiene alla ripartizione di competenze tra le varie autorità e i diversi servizi dello Stato membro interessato.Articolo 2Compiti del punto nazionale d'informazione sul calcio1. Il centro nazionale d'informazione sul calcio assicura ed agevola il coordinamento dello scambio di informazioni tra servizi di polizia in occasione delle partite di calcio internazionali. Possono essere scambiate informazioni anche con altre autorità incaricate dell'applicazione della legge che contribuiscono, conformemente alla ripartizione delle competenze vigente nel rispettivo Stato membro, alla pubblica sicurezza ed all'ordine pubblico.2. Il punto nazionale d'informazione sul calcio ha accesso, in conformità della legislazione nazionale ed internazionale applicabile in materia, alle informazioni relative ai dati di carattere personale concernenti tifosi a rischio.3. Il punto nazionale d'informazione sul calcio agevola, coordina o organizza l'attuazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia per quanto riguarda le partite di calcio internazionali.4. Conformemente alle disposizioni nazionali vigenti, in particolare la ripartizione delle competenze tra le diverse autorità e i diversi servizi negli Stati membri interessati, il punto nazionale d'informazione sul calcio può assumersi il compito di fornire assistenza alle autorità nazionali competenti.5. Il punto nazionale d'informazione sul calcio fornisce, per le partite internazionali, per lo meno su richiesta di un altro punto nazionale d'informazione sul calcio di uno Stato membro interessato, un'analisi dei rischi dei propri club e della propria squadra nazionale.Articolo 3Scambio di informazioni di polizia tra i punti nazionali d'informazione sul calcio1. I punti nazionali d'informazione sul calcio, su richiesta di un punto nazionale d'informazione sul calcio interessato o di propria iniziativa, procedono a scambi d'informazioni generali e alle condizioni previste al paragrafo 3, di dati di carattere personale, prima, durante e dopo l'evento calcistico internazionale.2. Le informazioni generali scambiate in occasione di un incontro di calcio internazionale sono di tipo strategico, operativo e tattico. Si intende per:- "informazioni strategiche": i dati che descrivono l'evento in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza,- "informazioni operative": i dati che permettono di ottenere un quadro corretto dei fatti che si verificano nell'ambito dell'evento,- "informazioni tattiche": i dati che consentono ai responsabili operativi di agire in modo adeguato per quanto riguarda la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza durante l'incontro.3. Lo scambio di dati di carattere personale avvengono conformemente alla legislazione nazionale e internazionale applicabile, tenendo conto dei principi della convenzione n. 108 del Consiglio d'Europa del 28 gennaio 1981 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale nonché - se del caso - della Raccomandazione n. R(87) 15 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 17 settembre 1987 tesa a regolamentare l'utilizzo dei dati a carattere personale nel settore della polizia. Lo scambio è inteso a preparare e adottare le misure appropriate per mantenere l'ordine pubblico in occasione di un evento calcistico. In particolare, si può trattare di informazioni riguardanti individui che presentano o possono presentare una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblici.Articolo 4Modalità di comunicazione tra i punti nazionali d'informazione sul calcio1. Il trattamento delle informazioni relative a partite internazionali di calcio è coordinato tramite il punto nazionale d'informazione sul calcio, il quale fa sì che tutti i servizi di polizia interessati ricevano tempestivamente le informazioni necessarie. Dopo il trattamento l'informazione è sfruttata dal punto d'informazione stesso o trasmessa alle autorità e servizi di polizia interessati.2. Il punto nazionale d'informazione sul calcio dello Stato membro che organizza l'evento calcistico comunica, prima, durante e dopo il campionato o la partita con il(i) servizio(i) di polizia nazionale (nazionali) dello(degli) Stato(i) interessato(i), eventualmente tramite l'ufficiale di collegamento designato e messo a disposizione dallo(dagli) Stato(i) interessato(i). Si può ricorrere a tale ufficiale di collegamento per questioni riguardanti l'ordine pubblico e la sicurezza, la violenza connessa al calcio e la criminalità in generale, nella misura in cui esiste una relazione con la partita o il torneo in questione.3. I punti nazionali d'informazione sul calcio comunicano in modo da garantire la riservatezza dei dati. Le informazioni scambiate, purché non riguardino dati a carattere personale, sono archiviate e possono in seguito essere consultate da altri punti nazionali d'informazione interessati, a condizione che il punto nazionale d'informazione sul calcio che ha fornito le informazioni, abbia la possibilità di definire in via preliminare una posizione in materia.Articolo 5Regime linguisticoI vari punti nazionali d'informazione sul calcio comunicano nelle rispettive lingue, con copia in una lingua di lavoro comune alle parti interessate, salvo disposizioni contrarie convenute in materia tra le parti interessate.Articolo 6ValutazioneEntro due anni dall'adozione della presente decisione, il Consiglio ne valuta l'attuazione.Articolo 7Entrata in vigoreLa presente decisione ha efficacia il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Lussemburgo, addì 25 aprile 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) Parere espresso il 9 aprile 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU L 147 del 5.6.1997, pag. 1.(3) GU C 193 del 24.6.1997, pag. 1.(4) GU C 22 del 24.1.2002, pag. 1.
Sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Mira a prevenire e a combattere la violenza legata al calcio al fine di garantire la sicurezza dei cittadini dell’Unione europea (UE) delineando metodi per la vigilanza coordinata a livello internazionale delle partite di calcio.Stabilisce punti nazionali d’informazione sul calcio per agevolare la condivisione delle informazioni, la cooperazione transfrontaliera e la vigilanza delle partite di calcio internazionali. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE devono creare un punto nazionale d’informazione sul calcio relativo alla vigilanza delle partite di calcio di carattere internazionale di alto livello, tra squadre di diversi paesi. Esso ha il compito di:coordinare e agevolare la cooperazione internazionale tra i servizi di polizia e lo scambio di informazioni;condividere informazioni sui tifosi a rischio;fornire potenziale assistenza alle autorità nazionali;mettere a disposizione degli altri paesi dell’UE una valutazione dei rischi dei propri club e della propria squadra nazionale. Le informazioni vengono condivise prima, durante e dopo un incontro di calcio, come segue:informazioni strategiche, che descrivono l’evento in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza;informazioni operative, che forniscono un quadro dei fatti che si verificano nell’ambito dell’evento;informazioni tattiche, che consentono di agire in modo adeguato per quanto riguarda la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza, e feedback dopo l’evento.Le informazioni sono riservate e devono essere fornite in maniera tempestiva, con garanzia che lo scambio di dati personali rispetti la legislazione interna e internazionale in vigore.La decisione 2002/348/GAI è stata modificata nel 2007 dalla Decisione 2007/412/GAI concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali.Una risoluzione del Consiglio del 2003 ha chiesto all’UE di valutare il divieto di accesso agli stadi da parte di individui che avessero precedentemente commesso atti di violenza in occasione di partite di calcio. Essa comprendeva la possibilità di estendere i divieti ad altri paesi dell’UE, accompagnata da sanzioni in caso di inadempienza.Il manuale per la cooperazione internazionale tra forze di polizia, il «manuale UE per il settore calcistico», originariamente introdotto nel 1999 e aggiornato dalle risoluzioni del Consiglio del 4 dicembre 2006, 3 giugno 2010 e 29 novembre 2016, costituisce un modello per la condivisione delle informazioni. Il manuale fornisce indicazioni dettagliate su:raccolta di intelligence;ricognizione;ruolo degli osservatori o informatori di polizia;controllo della folla;comunicazione con i tifosi e con i mediacondizioni in base alle quali gli operatori di polizia possono offrire assistenza diretta in altri paesi.Con una decisione del 2014, la Commissione europea e la Unione europea delle associazioni del calcio (UEFA) ha accettato di accelerare la cooperazione e il dialogo, inserendo azioni mirate ad aumentare gli sforzi di lotta alla violenza negli stadi. Esse organizzano incontri ad alto livello almeno una volta l’anno per valutare i progressi compiuti. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata dal giovedì 9 maggio 2002. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Supporting fair play and cooperation in sport — European and international federations (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione del Consiglio 2002/348/GAI, del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali (OJ L 121, 8.5.2002, pag. 1–3) Gli emendamenti successivi alla decisione 2002/348/GAI sono stati incorporati nel testo di base. Questa versione consolidata ha semplice valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Risoluzione del Consiglio del 17 novembre 2003 per l'adozione negli Stati membri del divieto di accesso agli impianti dove si svolgono partite di calcio di rilevanza internazionale (OJ C 281, 22.11.2003, pag. 1–2) Risoluzione del Consiglio concernente un manuale aggiornato di raccomandazioni per la cooperazione internazionale tra forze di polizia e misure per prevenire e combattere la violenza e i disordini in occasione delle partite di calcio di dimensione internazionale alle quali è interessato almeno uno Stato membro («manuale UE per il settore calcistico») (OJ C 444, 29.11.2016, pag. 1–36) Decisione della Commissione del 14 ottobre 2014 che adotta l’accordo per la cooperazione tra la Commissione europea e l’Unione europea delle associazioni del calcio (UEFA) (C(2014) 7378 final del 14.10.2014)
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32010R1003
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REGOLAMENTO (UE) N. 1003/2010 DELLA COMMISSIONE dell'8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 70/222/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'alloggiamento ed al montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il regolamento (CE) n. 661/2009 stabilisce le disposizioni fondamentali relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Occorre quindi stabilire anche le procedure, le prove e i requisiti specifici necessari per l'omologazione. (4) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: (1) «tipo di veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori»: i veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda, in particolare, i punti seguenti: le dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la posizione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la forma della superficie destinata all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; (2) «superficie piana»: una superficie di materiale solido, che può consistere anche di una rete o griglia, con un raggio di curvatura di almeno 5 000 mm; (3) «superficie di rete strutturata»: una superficie che consiste in una ripartizione uniforme di buchi (ad esempio di forma rotonda, ovale, a diamante, rettangolare o quadrata) ad intervalli non superiori a 15 mm; (4) «superficie grigliata»: una superficie di barre parallele ripartite uniformemente ad una distanza massima di 15 mm; (5) «superficie nominale»: la superficie teorica geometricamente perfetta che non tiene conto di irregolarità superficiali quali sporgenze o cavità; (6) «piano longitudinale mediano del veicolo»: il piano di simmetria del veicolo oppure, se il veicolo non è simmetrico, il piano verticale longitudinale che passa attraverso il centro degli assi del veicolo; (7) «inclinazione»: il grado di deviazione angolare in relazione al piano verticale. Articolo 2 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. Il costruttore, o il suo rappresentante, presenta all'autorità di omologazione la domanda di omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori sui veicoli a motore e i loro rimorchi. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se le prescrizioni pertinenti di cui all'allegato II del presente regolamento sono soddisfatte, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in base sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE conforme al modello di cui all'allegato I, parte 2. Articolo 3 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 70/222/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli a norma della direttiva 70/222/CEE. Articolo 4 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'8 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 76 del 6.4.1970, pag. 25. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.4. Campo di dimensioni (fuori tutto) del veicolo 2.4.2. Per i telai carrozzati 2.4.2.3. Altezza (in ordine di marcia) (5) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.6. Massa in ordine di marcia Massa del veicolo carrozzato e, in caso di veicolo trattore di categoria diversa dalla categoria M1, con il dispositivo di aggancio, se fornito dal costruttore, in ordine di marcia, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio, se il costruttore non li fornisce, (compresi liquidi, attrezzi, ruota di scorta, se fornita, e conducente e, per gli autobus di linea e gran turismo, un accompagnatore, se il veicolo è munito dell'apposito sedile) (6) (massima e minima per ogni variante) … 9 CARROZZERIA 9.14. Alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore (indicare il campo delle dimensioni, servirsi eventualmente di disegni): … 9.14.1. Altezza dal suolo del bordo superiore: … 9.14.2. Altezza dal suolo del bordo inferiore: … 9.14.3. Distanza tra la linea centrale e il piano mediano longitudinale del veicolo: … 9.14.4. Distanza dal bordo sinistro del veicolo: … 9.14.5. Dimensioni (lunghezza x larghezza): … 9.14.6. Inclinazione del piano rispetto alla verticale: … 9.14.7. Angolo di visibilità sul piano orizzontale: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Oggetto: — omologazione CE (7) — estensione dell'omologazione CE (7) — rifiuto dell'omologazione CE (7) — revoca dell'omologazione CE (7) di un tipo di veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori visto il regolamento (UE) n. 1003/2010 [«il presente regolamento»], modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (7) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (8): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (9): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) (g8) Termine n. 6.3. (6) La massa del conducente, ed eventualmente quella dell'accompagnatore, è valutata a 75 kg (di cui 68 kg per la massa dell'occupante e 7 kg per quella del bagaglio, in base alla norma ISO 2416-1992), il serbatoio del carburante è riempito al 90% e gli altri sistemi contenenti liquidi (esclusi quelli per le acque usate) al 100% della capacità indicata dal costruttore. (7) Cancellare la dicitura non pertinente. (8) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (9) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Descrizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore … 2. L'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore è adatto a una targa dalle dimensioni massime: 520 × 120/340 × 240 (1) 3. Posizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore: a sinistra dal centro/centro (1) 4. L'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile se viene agganciato un dispositivo di attacco meccanico: sì/no (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare la dicitura non pertinente. ALLEGATO II Prescrizioni relative all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. PRESCRIZIONI 1.1. Forma e dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore 1.1.1. L'alloggiamento per il montaggio della targa presenta una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, con le seguenti dimensioni minime: a seconda dei casi larghezza : 520 mm altezza : 120 mm o larghezza : 340 mm altezza : 240 mm 1.1.2. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare buchi o aperture. 1.1.2.1. Nel caso di veicoli di categoria M1 la larghezza del buco o dell'apertura non deve superare i 40 mm, senza tenere conto della lunghezza. 1.1.3. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare sporgenze, a condizione che esse non sporgano oltre 5,0 mm rispetto alla superficie nominale. Le parti di materiali molto morbidi, come schiuma o feltro destinati ad eliminare le vibrazioni della targa d'immatricolazione, non vanno prese in considerazione. 1.2. Alloggiamento e montaggio della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.1. L'alloggiamento per il montaggio deve essere tale che la targa d'immatricolazione, dopo il montaggio secondo le istruzioni del fabbricante, presenti le seguenti caratteristiche: 1.2.1.1. Posizione della targa rispetto al piano mediano longitudinale del veicolo: 1.2.1.1.1. Il punto centrale della targa non deve essere situato a destra del piano mediano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2. Posizione della targa rispetto al piano verticale longitudinale del veicolo: 1.2.1.2.1. La targa deve essere perpendicolare al piano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2.2. Il bordo sinistro della targa non deve essere situato a sinistra del piano verticale che è parallelo al piano mediano longitudinale del veicolo e tocca il bordo esterno del veicolo. 1.2.1.3. Posizione della targa rispetto al piano verticale trasversale: 1.2.1.3.1. La targa può essere inclinata verticalmente: 1.2.1.3.1.1. tra un minimo di – 5° e massimo di 30°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m; 1.2.1.3.1.2. tra un minimo di – 15° e un massimo di 5°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m. 1.2.1.4. Altezza della targa rispetto al suolo: 1.2.1.4.1. L'altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. 1.2.1.4.2. L'altezza del bordo superiore della targa dal suolo non deve essere superiore a 1,20 m. Tuttavia, se non è possibile rispettare la prescrizione dell'altezza a causa della costruzione del veicolo, l'altezza massima può superare 1,20 m, a condizione che si avvicini il più possibile a tale limite, compatibilmente con le caratteristiche costruttive del veicolo. In nessun caso può essere superiore a 2 m. 1.2.1.5. Visibilità geometrica: 1.2.1.5.1. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa non supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano orizzontale che passa per il bordo inferiore della targa. 1.2.1.5.2. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano che passa per il bordo inferiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso il basso. 1.2.1.6. Lo spazio tra i bordi della targa d'immatricolazione montata e la superficie effettiva dell'alloggiamento della targa non deve essere superiore a 5,0 mm su tutto il bordo esterno della targa d'immatricolazione. 1.2.1.6.1. Lo spazio massimo prescritto può essere superato localmente se la differenza è misurata in prossimità di un buco o dell'apertura all'interno della superficie di rete o tra le barre parallele della superficie grigliata. 1.2.2. La posizione e la forma effettive della targa d'immatricolazione montata secondo il paragrafo 1.2, in particolare il risultante raggio di curvatura, devono essere prese in considerazione ai fini delle prescrizioni concernenti i dispositivi di illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.3. Se lo spazio per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile entro i piani di visibilità geometrica a causa dell'installazione di un dispositivo di aggancio meccanico, tale fatto è annotato nel verbale di prova e indicato nel certificato di omologazione CE. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. Determinazione dell'inclinazione verticale e dell'altezza della targa d'immatricolazione dal suolo 2.1.1. Prima di effettuare le misurazioni il veicolo è posto su una superficie liscia e la massa del veicolo deve corrispondere alla massa dichiarata del fabbricante in ordine di marcia, ma senza il conducente. 2.1.2. Se il veicolo è dotato di sospensione idropneumatica, idraulica o pneumatica o di un dispositivo per il livellamento automatico a seconda del carico, deve essere sottoposto a prova con la sospensione o il dispositivo nelle normali condizioni di funzionamento specificate dal costruttore. 2.1.3. Se la targa d'immatricolazione è rivolta verso il basso, il risultato della misurazione dell'inclinazione è espresso con cifre negative. 2.2. Le misurazioni delle sporgenze vanno effettuate perpendicolarmente e direttamente verso la superficie nominale coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.3. La misurazione dello spazio tra il bordo della targa montata e la superficie effettiva è effettuata perpendicolarmente e direttamente verso la superficie effettiva coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.4. La targa d'immatricolazione utilizzata per il controllo della conformità deve essere delle dimensioni specificate al punto 1.1.1.
Targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il presente regolamento stabilisce le disposizioni relative all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. L’obiettivo è modificare gli attuali requisiti per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. Il regolamento (UE) n. 2015/166 modifica l’allegato II del regolamento per quanto concerne requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori e le procedure per le relative prove. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa le regole relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne l’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori. Fa parte dell’implementazione del regolamento (CE) 661/2009 per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posterioriL’alloggiamento di una targa d’immatricolazione posteriore deve presentare una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, che deve misurare, a seconda dei casi:520 millimetri di larghezza e 120 millimetri di altezza; oppure 340 millimetri di larghezza e 240 millimetri di altezza. Il regolamento modificativo (UE) 2015/166 chiarisce i requisiti riguardanti il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore:la targa deve essere posizionata ad angoli retti (+/- 5°) rispetto al piano longitudinale del veicolo; L’altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. la targa deve essere visibile in tutto lo spazio; le disposizioni specifiche sulla visibilità della targa dipendono dall’altezza del bordo superiore della targa, a seconda che sia maggiore di o non superiore a 1,20 m dal suolo. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per il controllo della conformità. Norme per l’omologazione UEIl fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve indicare:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; il campo di dimensioni dell’alloggiamento per le targhe d’immatricolazione posteriori; l’altezza dal suolo dei bordi. Qualora l’autorità competente ritenga che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore, essa deve concedere l’omologazione UE per tipo e rilascia un numero di omologazione in conformità della direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 29 novembre 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1003/2010 della Commissione dell’8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 291 del 9.11.2010, pag. 22). Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1003/2010 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Consultare la versione consolidata. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Consultare la versione consolidata.
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Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo ("regolamento sullo spazio aereo") (Testo rilevante ai fini del SEE) - Dichiarazione della Commissione Gazzetta ufficiale n. L 096 del 31/03/2004 pag. 0020 - 0025 Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento Europeo e del Consigliodel 10 marzo 2004sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo("regolamento sullo spazio aereo")(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione l'11 dicembre 2003,considerando quando segue:(1) La creazione del cielo unico europeo richiede un approccio armonizzato per regolamentare l'organizzazione e l'uso dello spazio aereo.(2) Nel rapporto del Gruppo ad alto livello sul cielo unico europeo del novembre 2000 è stato ritenuto che lo spazio aereo dovrebbe essere configurato, regolamentato e strategicamente gestito su scala europea.(3) La comunicazione della Commissione sulla creazione del cielo unico europeo del 30 novembre 2001 richiede riforme strutturali per permettere la creazione del cielo unico europeo mediante una gestione progressivamente più integrata dello spazio aereo e lo sviluppo di nuovi concetti e procedure di gestione del traffico aereo.(4) Il regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004 ("regolamento quadro")(5), stabilisce il quadro per la creazione del cielo unico europeo.(5) Nell'articolo 1 della convenzione internazionale per l'aviazione civile di Chicago del 1994, gli Stati contraenti riconoscono che ciascuno Stato ha sovranità completa ed esclusiva sullo spazio aereo sovrastante il suo territorio. È nell'ambito di detta sovranità che gli Stati membri della Comunità esercitano, nel rispetto delle convenzioni internazionali applicabili, i poteri di un'autorità pubblica allorché controllano il traffico aereo.(6) Lo spazio aereo è una risorsa comune per tutte le categorie di utenti che tutti questi ultimi debbono usare in maniera flessibile, garantendo l'equità e la trasparenza e tenendo peraltro conto delle necessità in materia di sicurezza e di difesa degli Stati membri e dei loro impegni nell'ambito di organizzazioni internazionali.(7) Una gestione efficiente dello spazio aereo è fondamentale per aumentare la capacità del sistema di servizi di traffico aereo, soddisfare in modo ottimale le esigenze dei vari utenti e conseguire l'uso quanto più possibile flessibile dello spazio aereo.(8) Le attività di Eurocontrol confermano che non è realistico sviluppare la rete di rotte e la struttura dello spazio aereo in modo isolato, in quanto ciascuno Stato membro è parte integrante della rete europea di gestione del traffico aereo, sia all'interno che all'esterno della Comunità.(9) É opportuno stabilire uno spazio aereo operativo progressivamente più integrato per il traffico aereo generale in rotta nello spazio aereo superiore e corrispondentemente occorrerebbe definire l'interfaccia tra spazio aereo superiore e spazio aereo inferiore.(10) Una regione di informazione di volo europea nello spazio aereo superiore (EUIR) che abbracci lo spazio aereo superiore di responsabilità degli Stati membri nell'ambito di applicazione del presente regolamento agevolerebbe una pianificazione comune e la pubblicazione delle informazioni aeronautiche per evitare strozzature regionali.(11) Gli utenti dello spazio aereo si trovano di fronte a condizioni eterogenee in materia di accesso allo spazio aereo comunitario e di libertà di movimento al suo interno, dovute a una classificazione non armonizzata dello spazio aereo.(12) La riconfigurazione dello spazio aereo dovrebbe essere basata su requisiti operativi a prescindere dai confini esistenti. Principi generali comuni per la creazione di blocchi funzionali uniformi di spazio aereo dovrebbero essere sviluppati in consultazione e sulla base della consulenza tecnica di Eurocontrol.(13) È essenziale realizzare una struttura dello spazio aereo comune e armonizzata in termini di rotte e settori, basare l'organizzazione presente e futura dello spazio aereo su principi comuni e configurare e gestire lo spazio aereo conformemente a regole armonizzate.(14) Il concetto di uso flessibile dello spazio aereo dovrebbe essere applicato efficacemente. É necessario ottimizzare l'uso dei settori di spazio aereo, soprattutto durante i periodi di punta del traffico aereo generale e nello spazio aereo a traffico elevato, mediante la cooperazione tra Stati membri per quanto riguarda l'uso di tali settori per operazioni e addestramento militari. A tal fine è necessario assegnare risorse adeguate per un'effettiva attuazione del concetto di uso flessibile dello spazio aereo, tenendo conto delle esigenze sia civili che militari.(15) Gli Stati membri dovrebbero fare il possibile per cooperare con gli Stati membri confinanti al fine di applicare il concetto di uso flessibile dello spazio aereo al di là dei confini nazionali.(16) L'organizzazione non omogenea della cooperazione civile-militare nella Comunità limita una gestione uniforme e tempestiva dello spazio aereo e l'attuazione di cambiamenti. Il successo del cielo unico europeo dipende da un'effettiva cooperazione tra le autorità civili e militari, fatte salve le prerogative e le responsabilità degli Stati membri in materia di difesa.(17) Le operazioni e l'addestramento militari andrebbero salvaguardati ogniqualvolta l'applicazione di principi e criteri comuni è nociva per il loro svolgimento in condizioni di sicurezza ed efficacia.(18) Si dovrebbero introdurre adeguate misure per migliorare l'efficacia della gestione del flusso di traffico aereo, al fine di assistere le unità operative esistenti, compresa l'Unità centrale di Eurocontrol per la gestione del flusso, ad assicurare operazioni di volo efficienti.(19) È opportuno riflettere sull'estensione dei concetti dello spazio aereo superiore allo spazio aereo inferiore, sulla base di un calendario e di studi adeguati,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO IASPETTI GENERALIArticolo 1Obiettivo e ambito di applicazione1. Nell'ambito di applicazione del regolamento quadro, il presente regolamento concerne l'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo. L'obiettivo del presente regolamento è di sostenere la nozione di uno spazio aereo operativo progressivamente più integrato nell'ambito della politica comune dei trasporti e di stabilire procedure comuni di configurazione, pianificazione e gestione che garantiscano lo svolgimento efficiente e sicuro della gestione del traffico aereo.2. L'uso dello spazio aereo supporta l'effettuazione dei servizi di navigazione aerea come un insieme coerente e omogeneo, ai sensi del regolamento (CE) n. 550/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sulla fornitura di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo ("regolamento sulla fornitura di servizi")(6).3. Fatto salvo l'articolo 10, il presente regolamento si applica allo spazio aereo nell'ambito delle regioni EUR e AFI dell'ICAO per il quale gli Stati membri sono responsabili della fornitura di servizi di traffico aereo, ai sensi del regolamento sulla fornitura di servizi. Gli Stati membri possono altresì applicare il presente regolamento allo spazio aereo di loro responsabilità nell'ambito di altre regioni dell'ICAO, a condizione che essi ne informino la Commissione e gli altri Stati membri.4. Le regioni di informazione di volo comprese nello spazio aereo a cui si applica il presente regolamento sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.CAPITOLO IIARCHITETTURA DELLO SPAZIO AEREOArticolo 2Livello di separazioneIl livello di separazione tra lo spazio aereo superiore e quello inferiore è stabilito al livello di volo 285.Scostamenti dal livello di separazione, giustificati alla luce di requisiti operativi, possono essere decisi d'intesa con gli Stati membri interessati secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento quadro.Articolo 3Regione di informazione di volo europea nello spazio aereo superiore (EUIR)1. La Comunità e i suoi Stati membri si prefiggono l'istituzione e il riconoscimento da parte dell'ICAO di un'unica EUIR. A tal fine, in ordine alle questioni che rientrano nelle competenze della Comunità, la Commissione presenta una raccomandazione al Consiglio, a norma dell'articolo 300 del trattato, entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento.2. L'EUIR è concepita in modo da abbracciare lo spazio aereo di responsabilità degli Stati membri a norma dell'articolo 1, paragrafo 3, e può altresì includere lo spazio aereo di paesi terzi.3. L'istituzione dell'EUIR lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri per quanto riguarda la designazione dei fornitori di servizi di traffico aereo per lo spazio aereo di loro responsabilità a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento sulla fornitura di servizi.4. Gli Stati membri restano responsabili nei confronti dell'ICAO entro i limiti geografici delle regioni superiori di informazione di volo e delle regioni di informazione di volo che sono state affidate loro dall'ICAO alla data di entrata in vigore del presente regolamento.5. Fatta salva la pubblicazione da parte degli Stati membri dell'informazione aeronautica e in modo coerente con detta pubblicazione, la Commissione, in stretta cooperazione con Eurocontrol, coordina la realizzazione di una pubblicazione unica dell'informazione aeronautica concernente l'EUIR, tenendo conto dei pertinenti requisiti dell'ICAO.Articolo 4Classificazione dello spazio aereoLa Commissione e gli Stati membri concepiscono l'EUIR in conformità con un'armonizzazione progressiva della classificazione dello spazio aereo, diretta a consentire la fornitura continua di servizi di navigazione aerea nel quadro del cielo unico europeo. Questa impostazione comune si basa sull'applicazione semplificata della classificazione dello spazio aereo, quale definita dalla strategia di Eurocontrol in materia di spazio aereo per gli Stati della Commissione europea per l'aviazione civile in conformità delle norme ICAO.Le norme di attuazione necessarie in questo settore sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 5Riconfigurazione dello spazio aereo superiore1. Allo scopo di conseguire la massima capacità ed efficienza della rete di gestione del traffico aereo nell'ambito del cielo unico europeo e per mantenere un elevato livello di sicurezza, lo spazio aereo superiore è riconfigurato in blocchi funzionali di spazio aereo.2. I blocchi funzionali di spazio aereo, tra l'altro:a) sono sostenuti da un'analisi dei valori di sicurezza connessi;b) consentono l'uso ottimale dello spazio aereo, tenendo conto dei flussi di traffico aereo;c) sono giustificati dal loro valore aggiunto globale, compreso l'uso ottimale delle risorse tecniche e umane sulla base di analisi costi-benefici;d) assicurano un trasferimento fluido e flessibile della responsabilità per il controllo del traffico aereo tra enti dei servizi del traffico aereo;e) assicurano la compatibilità tra le configurazioni dello spazio aereo superiore e di quello inferiore;f) soddisfano le condizioni derivanti dagli accordi regionali conclusi nell'ambito dell'ICAO;g) rispettano gli accordi regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento, in particolare gli accordi che riguardano paesi terzi europei.3. I principi generali comuni concernenti la creazione e la modifica dei blocchi funzionali di spazio aereo sono elaborati secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.4. Un blocco funzionale di spazio aereo può essere istituito soltanto in base a un accordo reciproco tra tutti gli Stati membri che hanno responsabilità su una parte dello spazio aereo compreso nel blocco o in base a una dichiarazione di uno Stato membro, se lo spazio aereo compreso nel blocco è interamente di sua responsabilità. Lo/gli Stato/i membro/i interessato/i agisce/agiscono soltanto dopo aver consultato le parti interessate, compresi la Commissione e gli altri Stati membri.5. Qualora un blocco funzionale di spazio aereo riguardi lo spazio aereo che rientra interamente o parzialmente nella responsabilità di due o più Stati membri, l'accordo in base al quale è istituito il blocco contiene le disposizioni necessarie relative alle modalità da seguire per poter modificare il blocco e alle condizioni a cui uno Stato membro può ritirarsi dal blocco, compresi gli accordi transitori.6. In caso di controversia tra due o più Stati membri in merito a un blocco funzionale di spazio aereo transfrontaliero, che concerne lo spazio aereo di loro responsabilità, gli Stati membri interessati possono congiuntamente deferire la questione al comitato per il cielo unico affinché formuli un parere da trasmettere agli Stati membri interessati. Fatto salvo il paragrafo 4, gli Stati membri tengono conto di tale parere per giungere alla composizione della controversia.7. Le decisioni di cui ai paragrafi 4 e 5 sono notificate alla Commissione ai fini della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Tale pubblicazione precisa la data di entrata in vigore della relativa decisione.Articolo 6Configurazione ottimizzata dei settori e delle rotte nello spazio aereo superiore1. Sono stabiliti principi e criteri comuni per la configurazione di rotte e settori, al fine di assicurare un'utilizzazione dello spazio aereo sicura, economicamente efficace e rispettosa dell'ambiente. La configurazione dei settori è coerente, tra l'altro, con quella delle rotte.2. Le norme di attuazione nei settori contemplati dal paragrafo 1 sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.3. Le decisioni relative all'istituzione o alla modifica di rotte e settori richiedono l'approvazione degli Stati membri che hanno responsabilità sullo spazio aereo a cui tali decisioni si applicano.CAPITOLO IIIUSO FLESSIBILE DELLO SPAZIO AEREO NEL CIELO UNICO EUROPEOArticolo 7Uso flessibile dello spazio aereo1. Tenuto conto dell'organizzazione degli aspetti militari di loro responsabilità, gli Stati membri garantiscono l'applicazione uniforme nel cielo unico europeo del concetto di uso flessibile dello spazio aereo descritto dall'ICAO e sviluppato da Eurocontrol, al fine di agevolare la gestione dello spazio aereo e del traffico aereo nell'ambito della politica comune dei trasporti.2. Gli Stati membri riferiscono annualmente alla Commissione in merito all'applicazione, nell'ambito della politica comune dei trasporti, del concetto di uso flessibile dello spazio aereo per quanto attiene allo spazio aereo di loro responsabilità.3. Se, in particolare in base alle relazioni presentate dagli Stati membri, si rende necessario rafforzare e armonizzare l'applicazione del concetto di uso flessibile dello spazio aereo nel cielo unico europeo, nell'ambito della politica comune dei trasporti sono adottate norme di attuazione secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 8Sospensione temporanea1. Nei casi in cui l'applicazione dell'articolo 7 dia luogo a difficoltà operative rilevanti, gli Stati membri possono temporaneamente sospendere tale applicazione a condizione che ne informino senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri.2. In seguito all'introduzione di una sospensione temporanea, possono essere elaborati adeguamenti delle modalità adottate in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 3, relativamente allo spazio aereo di responsabilità dello Stato membro o degli Stati membri interessati, secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 9Gestione del flusso di traffico aereo1. Le norme di attuazione per la gestione del flusso di traffico aereo sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro al fine di ottimizzare la capacità disponibile nell'uso dello spazio aereo e di potenziare le operazioni di gestione di detto flusso. Queste norme sono improntate alla trasparenza e all'efficacia e garantiscono che la capacità sia fornita in maniera flessibile e tempestiva, coerentemente con le raccomandazioni del piano di navigazione aerea regionale dell'ICAO, Regione europea.2. Le norme di attuazione sono alla base delle decisioni operative di fornitori di servizi di navigazione aerea, operatori aeroportuali e utenti dello spazio aereo e riguardano i seguenti settori:a) pianificazione di volo;b) uso della capacità disponibile di spazio aereo durante tutte le fasi del volo, compresa l'assegnazione delle bande orarie;c) uso delle rotte da parte del traffico aereo generale, comprendente:- la realizzazione di un'unica pubblicazione per l'orientamento delle rotte e del traffico,- opzioni per deviare il traffico aereo generale da zone congestionate,- regole di priorità nell'accesso allo spazio aereo per il traffico aereo generale, particolarmente durante periodi di congestione e crisi.CAPITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 10EsameNell'ambito dell'esame periodico di cui all'articolo 12, paragrafo 2, del regolamento quadro, la Commissione mette a punto uno studio prospettico sulle condizioni per la futura applicazione dei concetti di cui agli articoli 3, 5 e 6 allo spazio aereo inferiore.In base alle conclusioni dello studio e alla luce dei progressi conseguiti, la Commissione presenta entro il 31 dicembre 2006 una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio corredata, se del caso, di una proposta che estenda l'applicazione di tali concetti allo spazio aereo inferiore, o che individui eventuali altre misure. Qualora sia prevista tale estensione, le relative decisioni dovrebbero preferibilmente essere adottate prima del 31 dicembre 2009.Articolo 11Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 10 marzo 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 103 E del 30.4.2002, pag. 35.(2) GU C 241 del 7.10.2002, pag. 24.(3) GU C 278 del 14.11.2002, pag. 13.(4) Parere del Parlamento europeo del 3 settembre 2002 (GU C 272 E del 13.11.2003, pag. 316), posizione comune del Consiglio del 18 marzo 2003 (GU C 129 E del 3.6.2003, pag. 11) e posizione del Parlamento europeo del 3 luglio 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 29 gennaio 2004 e decisione del Consiglio del 2 febbraio 2004.(5) Cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.(6) Cfr. pagina 10 della presente Gazzetta ufficiale.Dichiarazione della CommissioneLa Commissione, sulla base di una relazione sull'esperienza acquisita nell'attuazione dell'articolo 5, presenterà, se del caso, entro il termine di cinque anni, alcune proposte di modifica della procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 6.
Gestione del traffico aereo: organizzazione e uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento, che si iscrive in un pacchetto legislativo sulla gestione del traffico aereo che mira all’istituzione del cielo unico europeo a norma del regolamento (CE) n. 549/2004 (cfr. sintesi), permetterà un uso ottimizzato dello spazio aereo europeo, che ridurrà i ritardi e promuoverà la crescita del trasporto aereo. Il regolamento è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1070/2009 in vista del piano di estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea dell’Unione europea al fine di includere la sicurezza della gestione del traffico aereo. Tale modifica consente alla Commissione europea di aggiornare le misure in linea con gli sviluppi tecnici o operativi, nonché di stabilire i criteri e le procedure di base per l’esercizio di determinate funzioni di gestione della rete. PUNTI CHIAVE Istituzione del cielo unico europeo Punta a:fornire strumenti per gestire le fluttuazioni di capacità del traffico aereo; migliorare la sicurezza: garantire gli stessi livelli di sicurezza nei sistemi e nelle procedure di controllo del traffico aereo in tutti i paesi dell’UE; ridurre la frammentazione della fornitura di servizi di traffico aereo: i diversi approcci nazionali alla gestione del traffico aereo e alla sua organizzazione comportano incoerenze e carenze, con effetti negativi sul mercato interno del trasporto aereo; migliorare l’integrazione dei militari nell’organizzazione del controllo aereo; facilitare l’introduzione di nuove tecnologie.Gestione e progettazione della rete Per sostenere iniziative sia a livello nazionale che a livello di blocchi funzionali dello spazio aereo, le funzioni della rete di gestione del traffico aereo consentiranno un uso ottimale dello spazio aereo e assicureranno che gli utenti dello spazio aereo possano operare sulle traiettorie preferite, garantendo al tempo stesso il massimo accesso allo spazio aereo e ai servizi di navigazione aerea. Uso flessibile dello spazio aereo Si dovrà rafforzare il coordinamento tra autorità civili e militari, in particolare per l’attribuzione e l’uso efficace dello spazio aereo a fini militari, ivi inclusi i criteri e i principi che reggeranno tale attribuzione e uso, e soprattutto la loro apertura ai voli civili. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 20 aprile 2004. CONTESTO Si veda anche:Cielo unico europeo (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull’organizzazione e l’uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo (regolamento sullo spazio aereo) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 20). Le successive modifiche al regolamento (CE) N. 551/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1). Regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, che stabilisce i principi generali per l’istituzione del cielo unico europeo (regolamento quadro) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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2003/335/GAI: Decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell'8 maggio 2003, relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra Gazzetta ufficiale n. L 118 del 14/05/2003 pag. 0012 - 0014 Decisione 2003/335/GAI del Consigliodell'8 maggio 2003relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerraIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno di Danimarca(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) I tribunali penali internazionali per la ex Jugoslavia e per il Ruanda indagano, perseguono e giudicano dal 1995 violazioni del diritto internazionale connesse con atti di guerra, di genocidio e crimini contro l'umanità.(2) Lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998, ratificato da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, afferma che i crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale, in particolare il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, non devono rimanere impuniti e che la loro effettiva repressione deve essere garantita mediante provvedimenti adottati in ambito nazionale e attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale.(3) Lo Statuto di Roma rammenta che è dovere di ciascuno Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di tali crimini internazionali.(4) Lo Statuto di Roma, ai sensi del quale è stata istituita la Corte penale internazionale, sottolinea che essa è complementare alle giurisdizioni penali nazionali. L'effettivo accertamento e, se del caso, il perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra dovrebbero essere garantiti senza interferire con le competenze della Corte penale internazionale.(5) Le indagini, l'azione penale e lo scambio di informazioni riguardanti il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra rimangono di competenza delle autorità nazionali, salvo quando il diritto internazionale disponga diversamente.(6) Gli Stati membri sono regolarmente confrontati a persone implicate in questi crimini, che cercano di entrare e soggiornare nell'Unione europea.(7) Le autorità competenti degli Stati membri devono garantire che, allorché esse ricevono informazioni secondo cui una persona che abbia presentato domanda di permesso di soggiorno sia sospettata di aver perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra, gli atti in questione siano accertati e, se sussistono fondate ragioni, perseguiti, in conformità del loro diritto nazionale.(8) Le autorità nazionali incaricate dell'applicazione della legge e quelle preposte all'immigrazione, benché abbiano compiti e responsabilità distinti, dovrebbero operare in stretta collaborazione per consentire un effettivo accertamento e perseguimento di questi crimini da parte delle autorità competenti che esercitano la funzione giurisdizionale a livello nazionale.(9) Gli Stati membri dovrebbero garantire che le autorità incaricate dell'applicazione della legge e quelle preposte all'immigrazione dispongano delle risorse e delle strutture appropriate per poter efficacemente cooperare nonché investigare e, se necessario, perseguire efficacemente genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra.(10) Il successo di un effettivo accertamento e perseguimento di questi crimini richiede inoltre una stretta cooperazione a livello transnazionale tra le autorità degli Stati parti contraenti dello Statuto di Roma, compresi gli Stati membri.(11) Il 13 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la decisione 2002/494/GAI relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra(3). Gli Stati membri dovrebbero assicurare che si faccia pieno uso dei punti di contatto per facilitare la cooperazione fra le autorità internazionali competenti.(12) Nella posizione comune 2001/443/PESC del Consiglio, dell'11 giugno 2001, sulla Corte penale internazionale(4), gli Stati membri hanno affermato che i crimini che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale sono fonte di preoccupazione per tutti gli Stati membri, i quali sono determinati a cooperare alla prevenzione di detti crimini e a porre termine all'impunità di coloro che li hanno perpetrati,DECIDE:Articolo 1ObiettivoLa presente decisione si prefigge lo scopo di accrescere la cooperazione tra le unità nazionali al fine di ottimizzare la capacità delle autorità incaricate dell'applicazione della legge in vari Stati membri di cooperare in maniera efficace nelle indagini ed azioni penali svolte nei confronti di coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra, quali sono definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998.Articolo 2Informazione delle autorità incaricate dell'applicazione della legge1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità incaricate dell'applicazione della legge siano informate qualora siano accertati fatti che motivano il sospetto che il richiedente di un permesso di soggiorno abbia commesso crimini di cui all'articolo 1 passibili di un'azione penale in uno Stato membro o dinnanzi a giurisdizioni penali internazionali.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per permettere alle rispettive autorità nazionali incaricate dell'applicazione della legge e a quelle preposte all'immigrazione di scambiarsi le informazioni necessarie per poter espletare efficacemente le funzioni loro attribuite.Articolo 3Accertamento e perseguimento1. Gli Stati membri si prestano reciproca assistenza nell'accertamento e nel perseguimento dei crimini di cui all'articolo 1 in conformità dei pertinenti accordi internazionali e del diritto nazionale.2. Se, nel quadro dell'esame di una domanda di permesso di soggiorno, le autorità preposte all'immigrazione vengono a conoscenza di fatti che motivano il sospetto che il richiedente abbia partecipato a crimini di cui all'articolo 1, e ove si accerti che il richiedente ha presentato una precedente domanda di permesso di soggiorno in un altro Stato membro, le autorità incaricate dell'applicazione della legge possono rivolgersi alle competenti autorità incaricate dell'applicazione della legge di tale Stato membro per ottenere le informazioni necessarie, comprese quelle in possesso delle autorità preposte all'immigrazione.3. Laddove le autorità incaricate dell'applicazione della legge in uno Stato membro vengano a conoscenza del fatto che una persona sospettata di crimini di cui all'articolo 1 si trova in un altro Stato membro, informano dei loro sospetti le competenti autorità di detto Stato membro, precisandone le ragioni. Tali informazioni sono comunicate in conformità dei pertinenti accordi internazionali e del diritto nazionale.Articolo 4StruttureGli Stati membri esaminano l'eventuale necessità di creare o designare unità specializzate nell'ambito delle autorità incaricate dell'applicazione della legge con il compito specifico di accertare e, se necessario, perseguire i crimini in questione.Articolo 5Coordinamento e riunioni periodiche1. Gli Stati membri coordinano le iniziative in atto per indagare e perseguire coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra.2. Su iniziativa della presidenza i punti di contatto designati a norma dell'articolo 1 della decisione 2002/494/GAI si riuniscono a intervalli regolari, allo scopo di scambiarsi informazioni riguardanti esperienze, prassi e metodi. Queste riunioni possono svolgersi contestualmente alle riunioni nell'ambito della rete giudiziaria europea e, a seconda delle circostanze, possono essere invitati a parteciparvi anche rappresentanti dei tribunali penali internazionali per la ex Jugoslavia e il Ruanda, della Corte penale internazionale e di altri organismi internazionali.Articolo 6Conformità alla legislazione sulla protezione dei datiQualsiasi scambio di informazioni o altro genere di trattamento di dati personali ai sensi della presente decisione ha luogo nella piena conformità dei requisiti derivanti dalla legislazione vigente in materia di protezione dei dati a livello internazionale e nazionale.Articolo 7AttuazioneGli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione entro l'8 maggio 2005.Articolo 8Applicazione territorialeLa presente decisione si applica a Gibilterra.Articolo 9Data in cui la decisione ha effettoLa presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Fatto a Bruxelles, addì 8 maggio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Chrisochoïdis(1) GU C 223 del 19.9.2002, pag. 19.(2) Parere emesso il 17 dicembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 167 del 26.6.2002, pag. 1.(4) GU L 155 del 12.6.2001, pag. 19.
Genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra: accertamento e perseguimento CHE COSA FA LA DECISIONE? Stabilisce un quadro per il miglioramento della cooperazione tra i paesi dell’UE nell’accertamento e nel perseguimento degli autori, reali o sospettati, di genocidio*, crimini contro l’umanità* e crimini di guerra*. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE sono tenuti a informare le autorità incaricate dell’applicazione della legge nel caso esista il sospetto che il richiedente di un permesso di soggiorno abbia commesso i crimini elencati sopra. Le autorità possono, in seguito, avviare procedimenti penali in un paese dell’UE o dinnanzi a giurisdizioni penali internazionali. I paesi dell’UE si prestano reciproca assistenza nell’accertamento e nel perseguimento di tali crimini. Per agevolare questo processo, possono creare o designare unità specializzate nell’ambito delle loro autorità incaricate dell’applicazione della legge. I paesi dell’UE coordinano le iniziative in atto per indagare e perseguire coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione dei crimini elencati sopra. I punti di contatto della rete europea per la lotta contro il genocidio si devono riunire a intervalli regolari, al fine di scambiare informazioni sulle esperienze, le pratiche e i metodi Queste riunioni possono avere luogo congiuntamente alle riunioni della rete giudiziaria europea. Questa decisione contribuisce all’attuazione dello statuto di Roma della Corte penale internazionale, che mira a garantire che nessuno dei crimini sopraelencati rimanga impunito. La rete Eurojust presta aiuto nel processo di accertamento e perseguimento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a partire dal 14 maggio 2003. CONTESTO A seguito del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra che si sono consumati in Ruanda e nell’ex Jugoslavia, i tribunali penali internazionali indagano, perseguono e giudicano coloro che li hanno perpetrati. I successi dell’accertamento e del perseguimento di questi crimini richiedono, tuttavia, una stretta cooperazione a livelli internazionali. TERMINI CHIAVE * Genocidio: atti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. * Crimini contro l’umanità: atti commessi come parte di un attacco generalizzato e sistematico diretto contro la popolazione civile. * Crimini di guerra: atti commessi in violazione del diritto di guerra (ad esempio, le convenzioni di Ginevra). Alcuni esempi comprendono il maltrattamento dei prigionieri di guerra, l’uccisione degli ostaggi o la distruzione deliberata di città e centri abitati. ATTO Decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell’ 8 maggio 2003, relativa all’accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra (GU L 118 del 14.5.2003, pag. 12-14)
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 19 febbraio 2013 relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 53, considerando quanto segue: (1) L’articolo 53 del regolamento (CE) n. 882/2004 autorizza la Commissione a raccomandare piani coordinati, se ritenuto necessario, organizzati ad hoc in particolare al fine di stabilire la prevalenza di rischi potenziali associati a mangimi, alimenti o animali. (2) La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (2) stabilisce regole dell’Unione in materia di etichettatura dei prodotti alimentari applicabili a tutti gli alimenti. (3) A norma della direttiva 2000/13/CE l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore il consumatore, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare, compresa la sua reale natura e la sua identità. Inoltre, in mancanza di norme specifiche nazionali o dell’Unione, la denominazione di vendita del prodotto è costituita dal nome sancito dagli usi dello Stato membro in cui si effettua la vendita, o da una descrizione del prodotto alimentare che sia sufficientemente precisa da consentire all’acquirente di conoscerne l’effettiva natura. (4) Inoltre, sull’etichetta dei prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività devono essere indicati tutti gli ingredienti. In particolare, i prodotti alimentari contenenti carne come ingrediente, se destinati al consumatore finale o alle collettività, devono inoltre indicare le specie animali da cui tale carne proviene direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. Se nella denominazione del prodotto alimentare è citato un ingrediente, la sua quantità espressa in percentuale deve figurare anche nell’elenco degli ingredienti per evitare che il consumatore sia indotto in errore per quanto riguarda l’identità e la composizione del prodotto. (5) Il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (3), stabilisce ulteriori requisiti di etichettatura applicabili a prodotti alimentari specifici. In particolare, esso prevede che gli imballaggi destinati al consumatore finale contenenti carni macinate, tra l’altro, di solipedi debbano recare un avvertimento indicante che tali prodotti devono essere cotti prima del consumo, sempre che e nella misura in cui lo richiedano le disposizioni nazionali dello Stato membro nel cui territorio il prodotto è commercializzato. (6) L’allegato II, sezione III, del regolamento (CE) n. 853/2004 stabilisce che gli operatori del settore alimentare che gestiscono i macelli devono richiedere, ricevere e controllare le informazioni sulla catena alimentare, nonché intervenire di conseguenza, per tutti gli animali diversi dalla selvaggina selvatica, avviati o destinati ad essere avviati al macello. Le pertinenti informazioni sulla catena alimentare riguardano, in particolare, i medicinali veterinari somministrati agli animali nell’arco di un determinato periodo e con un tempo di sospensione superiore a zero giorni, come pure le date delle somministrazioni e i tempi di sospensione. Il regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (4) stabilisce, tra l’altro, che il veterinario ufficiale svolga compiti ispettivi e di audit. In particolare, il veterinario ufficiale controlla ed analizza le informazioni pertinenti tratte dai registri tenuti presso l’azienda di provenienza degli animali destinati alla macellazione, comprese le informazioni sulla catena alimentare, e tiene conto dei risultati documentati di tali controlli ed analisi nell’effettuare le ispezioni ante e post mortem. (7) A seguito di controlli ufficiali eseguiti dal dicembre 2012 in diversi Stati membri, la Commissione è venuta a conoscenza del fatto che alcuni prodotti in imballaggio preconfezionato contenevano carni equine, non dichiarate nell’elenco degli ingredienti riportato direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. La denominazione di alcuni di questi prodotti alimentari e/o il relativo elenco di ingredienti menzionavano invece in modo fuorviante solo la presenza di carni bovine. (8) A norma dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (5), spetta agli operatori del settore alimentare garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte. (9) Il cavallo è una specie animale la cui carne può essere utilizzata o no per la produzione alimentare. Il fenilbutazone è un medicinale veterinario il cui uso è consentito solo negli animali non destinati alla produzione alimentare, a norma del regolamento (UE) n. 37/2010 della Commissione, del 22 dicembre 2009, concernente le sostanze farmacologicamente attive e la loro classificazione per quanto riguarda i limiti massimi di residui negli alimenti di origine animale (6). Di conseguenza, i cavalli non destinati alla produzione alimentare, che sono stati trattati con fenilbutazone ad un certo punto della loro vita, non possono entrare nella catena alimentare. Tenuto conto delle pratiche fraudolente relative alle presenza non indicata di carni equine in determinati prodotti alimentari, è opportuno, a fini preventivi, verificare se siano entrati nella catena alimentare cavalli non destinati alla produzione alimentare che sono stati trattati con fenilibutazone. (10) È pertanto necessario che la Commissione raccomandi agli Stati membri di attuare un piano coordinato di controllo al fine di stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari per un periodo di un mese. La durata di tale periodo può essere prorogata di altri due mesi. (11) Il piano di controllo raccomandato dovrebbe comportare due azioni. (12) La prima azione dovrebbe comprendere opportuni controlli, effettuati a livello della vendita al dettaglio, sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine. Questi controlli potrebbero anche essere estesi ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). L’obiettivo di tali controlli è stabilire se questi prodotti contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività. Tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo. (13) Esistono metodi affidabili che consentono di rilevare con sufficiente accuratezza la presenza di proteine di specie non dichiarate in un campione. Il laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi può fornire utili indicazioni su tali metodi e sul loro uso. Le autorità competenti vanno invitate a basarsi sui pareri di tale laboratorio per quanto riguarda i metodi che possono essere utilizzati. (14) La seconda azione dovrebbe comprendere opportuni controlli effettuati negli stabilimenti che trattano carni equine destinate al consumo umano, compresi prodotti alimentari provenienti da paesi terzi, allo scopo di rilevare eventuali residui di fenilbutazone. Anche tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo, tenendo conto dei dati relativi alla produzione e alle importazioni. In questo caso è opportuno fare riferimento ai metodi previsti nella decisione 2002/657/CE della Commissione, del 12 agosto 2002, che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all’interpretazione dei risultati (7). (15) Gli Stati membri dovrebbero comunicare regolarmente i risultati di questi controlli alla Commissione, al fine di valutare i risultati e di decidere in merito agli interventi più appropriati. (16) Sentito il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: È opportuno che gli Stati membri applichino un piano coordinato di controllo, conformemente alle disposizioni dell’allegato della presente raccomandazione, comprendente le seguenti azioni: a) controlli ufficiali sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine; nonché b) controlli ufficiali su carni equine destinate al consumo umano al fine di rilevare la presenza di residui di fenilbutazone. Fatto a Bruxelles, il 19 febbraio 2013 Per la Commissione Tonio BORG Membro della Commissione (1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. (2) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 55. (4) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 206. (5) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. (6) GU L 15 del 20.1.2010, pag. 1. (7) GU L 221 del 17.8.2002, pag. 8. ALLEGATO Piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari I. AZIONI E CAMPO DI APPLICAZIONE DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO Il piano coordinato di controllo comporta due azioni: AZIONE 1: Controlli dei prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine A. Prodotti interessati 1. Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine (ad esempio, carni macinate, prodotti a base di carne, preparazioni di carni) che rientrano nelle seguenti categorie: a) prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività, etichettati come contenenti carni bovine; b) prodotti alimentari messi in vendita al consumatore finale o alle collettività senza imballaggio preconfezionato e prodotti alimentari imballati nel punto vendita su richiesta del consumatore o preconfezionati per la vendita diretta, commercializzati e/o altrimenti presentati come contenenti carni bovine. 2. Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applica la definizione di «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato» di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13/CE. 3. Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applicano le definizioni di «carni macinate», «preparazioni di carni» e «prodotti a base di carne» di cui ai punti 1.13, 1.15 e 7.1 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 853/2004. B. Obiettivo Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per stabilire se i prodotti di cui al punto A contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività, conformemente alle disposizioni dell’Unione e, se del caso, alle disposizioni nazionali. C. Punti e procedura di campionamento 1. Il campione deve essere rappresentativo dei prodotti interessati e coprire una serie di prodotti diversi. 2. Il campionamento dei prodotti è realizzato a livello della vendita al dettaglio (ad esempio, supermercati, piccoli negozi, macellai) e può essere esteso anche ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). D. Numero di campioni e modalità di campionamento La tabella che segue fornisce una panoramica del numero minimo indicativo raccomandato di campioni da raccogliere nel periodo stabilito nella sezione II. Le autorità competenti sono invitate a raccogliere, se possibile, un numero maggiore di campioni. La distribuzione dei campioni per Stato membro si basa sul numero di abitanti, con un numero minimo di 10 campioni dei prodotti interessati per Stato membro e per mese di calendario, come indicato nella sezione II. Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine Paese di vendita Numero indicativo mensile raccomandato di campioni Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia 150 Romania, Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Portogallo, Repubblica ceca, Ungheria, Svezia, Austria, Bulgaria 100 Lituania, Slovacchia, Danimarca, Irlanda, Finlandia, Lettonia 50 Slovenia, Estonia, Cipro, Lussemburgo, Malta 10 E. Metodi Le autorità competenti utilizzano preferibilmente il/i metodo/i raccomandato/i dal laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi, al seguente indirizzo: http://eurl.craw.eu/en/164/legal-sources-and-sops. AZIONE 2: Controlli delle carni equine destinate al consumo umano A. Prodotti interessati Carni di animali delle specie equina, asinina o mulesca, fresche, refrigerate o congelate, classificate con il codice della nomenclatura combinata 0205 e destinate al consumo umano. B. Obiettivo Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per rilevare l’eventuale presenza di residui di fenilbutazone nei prodotti di cui al punto A. C. Punti e procedura di campionamento Il campionamento dei prodotti è realizzato negli stabilimenti che trattano i prodotti di cui al punto A (ad esempio, macelli, posti d’ispezione frontalieri). D. Numero di campioni e modalità di campionamento Il numero minimo raccomandato di campioni da prelevare nel periodo stabilito nella sezione II è fissato a 1 campione ogni 50 tonnellate di prodotti di cui al punto A, con un minimo di 5 campioni per Stato membro. E. Metodi Le autorità competenti utilizzano metodi convalidati a norma della decisione 2002/657/CE. Tali metodi sono consultabili sul sito web del laboratorio europeo di riferimento per i residui di medicinali veterinari e i contaminanti negli alimenti di origine animale per i residui elencati nell’allegato I, categoria A, punto 5) e categoria B, punto 2), lettere a), b) ed e), della direttiva 96/23/CE del Consiglio (1), al seguente indirizzo: http://fis-vl.bund.de/Public/irc/fis-vl/Home/main. II. DURATA DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO Il piano coordinato di controllo è attuato per un periodo di un mese a decorrere dalla data di adozione della presente raccomandazione o al più tardi dal 1o marzo 2013. III. COMUNICAZIONE DEI RISULTATI 1. Le autorità competenti forniscono una sintesi delle seguenti informazioni per ciascuna delle azioni di cui alla sezione I del presente allegato: a) numero di campioni raccolti, per categoria di prodotti; b) metodo o metodi utilizzati per l’analisi e tipo di analisi effettuate; c) numero di risultati positivi; d) controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 1, se il contenuto rilevato di carni equine supera l’1 %; e) controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2; f) risultati dei controlli di follow-up; g) per i risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2, il paese in cui l’animale in questione è stato certificato da macello. Tale relazione è trasmessa alla Commissione entro 15 giorni dalla fine del periodo di un mese di cui alla sezione II. La relazione è presentata secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione. 2. Le autorità competenti comunicano immediatamente alla Commissione eventuali risultati positivi dei controlli ufficiali effettuati in relazione alle azioni 1 e 2 di cui alla sezione I tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi. 3. Le autorità competenti riferiscono altresì alla Commissione i risultati di eventuali controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare su richiesta delle autorità stesse. Tali informazioni sono corredate dei dati di cui al punto 1 e presentate secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione. (1) GU L 125 del 23.5.1996, pag. 10.
Lotta alle frodi nella commercializzazione dei prodotti alimentari - Ricostruire la fiducia dei consumatori In caso di sospetto di frode nel campo dell'alimentazione umana e animale, la Commissione ha il potere di raccomandare piani coordinati a livello dell'UE, per stabilire la prevalenza di pericoli e rischi nei mangimi, nei prodotti alimentari o negli animali. ATTO Raccomandazione della Commissione, del 19 febbraio 2013, relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE). SINTESI Ai primi del 2013, i controlli ufficiali in svariati Stati membri hanno rivelato che alcuni prodotti preconfezionati, come gli hamburger, contenevano carne di cavallo, non dichiarata nell'elenco degli ingredienti apposto direttamente sulla confezione o sull'etichettatura della stessa. L'etichettatura di questi prodotti alimentari alludeva in modo ingannevole soltanto alla presenza di manzo, ingrediente con un prezzo considerevolmente superiore a quello della carne di cavallo. La carne di cavallo è di per sé un ingrediente legittimo se proviene da cavalli per la produzione alimentare - macellati in impianti autorizzati - e se passa i necessari controlli veterinari. La problematica si era ulteriormente complicata per il fatto che fosse consentito l'uso del fenilbutazone, medicinale veterinario, nel caso dei cavalli non destinati alla produzione alimentare. Si temeva che nella catena alimentare umana fosse penetrata carne di cavallo proveniente da questi animali. Tali circostanze hanno portato a una stretta collaborazione fra le autorità europee (Commissione e Autorità europea per la sicurezza alimentare) e gli enti competenti degli Stati membri, con l'aiuto di Europol, per indagare sulla portata del problema, elaborare un piano per fronteggiarlo e ripristinare la fiducia dei consumatori negli alimenti acquistati. È stato stilato dalla Commissione un piano di controllo coordinato di portata europea, per stabilire la prevalenza delle pratiche fraudolente; le autorità nazionali dovevano compiere 2 interventi: controlli sui prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti manzo, per verificare se contenessero carne di cavallo; controlli sulla carne di cavallo destinata al consumo umano, per rilevare l'eventuale presenza di residui di fenilbutazone. Tutti gli esiti positivi andavano immediatamente notificati alla Commissione ed erano ritrasmessi in tutta l'Unione europea attraverso il sistema di allerta rapido per gli alimenti ed i mangimi (RASFF). Quest'azione coordinata a livello dell'UE ha prodotto risultati celeri, con l'individuazione dei soggetti coinvolti nella catena di produzione alimentare e un richiamo dei prodotti individuati. Fra gli altri interventi compiuti rientrano: la costituzione di un gruppo d'azione UE sulle frodi alimentari in seno all'unità della Commissione responsabile della salute e dei consumatori (DG Salute e consumatori); l'adozione da parte della Commissione, a maggio 2013, di un pacchetto di proposte atte a potenziare l'applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza all'intera filiera agroalimentare. Fra l'altro, queste proposte imporrebbero ai paesi membri di integrare del tutto i controlli antifrode nei propri piani di controllo nazionali e di garantire che il livello delle sanzioni finanziarie applicato in caso di frode sia deterrente; è stata anticipata a dicembre 2013 una relazione sulla possibilità di estendere l'etichettatura d'origine obbligatoria alla carne utilizzata come ingrediente dei prodotti alimentari preconfezionati, che la Commissione doveva preparare nel quadro di una nuova legge dell'UE in materia di informazione sui prodotti alimentari, che entrerà in vigore a dicembre 2014. La Commissione sta valutando se presentare o meno una proposta legislativa. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2013/99/UE - - GU L 48 del 21.2.2013 Proposte Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sanità animale [COM(2013)260 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante, sul materiale riproduttivo vegetale, sui prodotti fitosanitari e recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, 1829/2003, 1831/2003, 1/2005, 396/2005, 834/2007, 1099/2009, 1069/2009, 1107/2009, dei regolamenti (UE) 1151/2012 […]2013 e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE, 2008/120/CE e 2009/128/CE (regolamento sui controlli ufficiali) [COM(2013)265 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Comunicazione Comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo: Animali e piante più sani e una filiera agroalimentare più sicura - Un quadro giuridico aggiornato per un'Unione europea più competitiva [COM(2013)264 final, del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 5 ottobre 2006 che istituisce un meccanismo d'informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell'asilo e dell'immigrazione (2006/688/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 66, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha approvato un programma pluriennale, noto come programma dell’Aia, per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui sollecita l’avvio della seconda fase di sviluppo di una politica comune in materia di asilo, migrazione, visti e frontiere, che è iniziata il 1o maggio 2004 e si fonda, tra l'altro, su una più stretta cooperazione pratica fra gli Stati membri e un migliore scambio di informazioni. (2) Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, lo sviluppo di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione ha determinato un’interdipendenza maggiore fra le politiche degli Stati membri in questi settori, rendendo essenziale un maggiore coordinamento delle politiche nazionali ai fini del rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. (3) Nelle conclusioni del 14 aprile 2005, il Consiglio «Giustizia e affari interni» ha chiesto l'istituzione di un sistema d'informazione reciproca tra i responsabili delle politiche di migrazione e di asilo degli Stati membri, fondato sulla necessità di comunicare informazioni relative alle misure che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale e atto a consentire uno scambio di opinioni tra Stati membri e Commissione su richiesta di uno degli Stati membri o della Commissione. (4) Il meccanismo d'informazione dovrebbe basarsi sulla solidarietà, la trasparenza e la fiducia reciproca e offrire un canale flessibile, rapido e snello per lo scambio d'informazioni e di opinioni, a livello di Unione europea, sulle misure nazionali in materia di asilo e di immigrazione. (5) Ai fini dell'applicazione della presente decisione, fra le misure nazionali nei settori dell'asilo e dell'immigrazione che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale si annoverano intenzioni politiche, programmazioni a lungo termine, normativa adottata e in fase di progetto, decisioni definitive dei supremi organi giurisdizionali che applicano o interpretano disposizioni di diritto interno e decisioni amministrative che si ripercuotono su un numero consistente di persone. (6) Le informazioni dovrebbero essere comunicate al più tardi quando le misure in questione diventano di dominio pubblico; tuttavia, s'incoraggiano gli Stati membri a trasmetterle il prima possibile. (7) Per motivi di efficienza e accessibilità, è opportuno che una rete basata sul web costituisca un elemento essenziale del meccanismo d’informazione sulle misure nazionali nei settori dell'asilo e dell'immigrazione. (8) La possibilità di scambiare opinioni sulle misure nazionali dovrebbe venire a integrare lo scambio d'informazioni attraverso una rete basata sul web. (9) Il meccanismo d'informazione istituito dalla presente decisione non dovrebbe pregiudicare il diritto degli Stati membri di chiedere in qualsiasi momento, a norma del regolamento interno del Consiglio, che si tenga nell'ambito del Consiglio una discussione ad hoc su misure nazionali. (10) Poiché gli obiettivi della presente decisione, ossia lo scambio d'informazioni sicuro e la consultazione fra gli Stati membri, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa degli effetti della presente decisione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (11) Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione e all'applicazione della presente decisione. (12) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto e campo di applicazione 1. La presente decisione istituisce un meccanismo di scambio reciproco di informazioni sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale. 2. Il meccanismo di cui al paragrafo 1 consente di preparare scambi di opinioni e dibattiti su dette misure. Articolo 2 Informazioni da comunicare 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri informazioni sulle misure che intendono adottare, o hanno recentemente adottato, nei settori dell’asilo e dell’immigrazione, laddove dette misure siano di dominio pubblico e possano avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull'Unione europea in generale. Le informazioni sono comunicate il prima possibile e, al più tardi, quando diventano di dominio pubblico. Ai fini del presente paragrafo valgono gli obblighi in materia di riservatezza e di protezione dei dati eventualmente applicabili ad una data misura. Ciascuno Stato membro ha la responsabilità di valutare se le proprie misure nazionali possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull'Unione europea in generale. 2. Le informazioni a norma del paragrafo 1 sono comunicate attraverso la rete di cui all'articolo 3 mediante il modulo di segnalazione allegato alla presente decisione. 3. La Commissione o uno Stato membro possono chiedere ulteriori precisazioni riguardo alle informazioni che un altro Stato membro ha comunicato attraverso la rete. In tal caso, lo Stato membro in questione dispone di un mese per fornire ulteriori precisazioni. Non possono essere chieste ulteriori precisazioni a norma del presente paragrafo riguardo alle informazioni relative a decisioni definitive dei supremi organi giurisdizionali che applicano o interpretano disposizioni di diritto interno. 4. Gli Stati membri possono avvalersi della possibilità di fornire ulteriori precisazioni, di cui al paragrafo 3, anche per comunicare, di propria iniziativa oppure su richiesta della Commissione o di un altro Stato membro, informazioni su misure che esulano dall'obbligo di cui al paragrafo 1. Articolo 3 La rete 1. La rete per lo scambio di informazioni a norma della presente decisione è basata sul web. 2. La Commissione è responsabile dello sviluppo e della gestione della rete, compresi la struttura, i contenuti e l'accesso ad essa. Misure adeguate garantiscono la riservatezza di tutte le informazioni reperibili sulla rete o di parte di esse. 3. Per l'effettiva messa in opera della rete, la Commissione si avvale della piattaforma tecnica esistente nel quadro comunitario della rete telematica transeuropea per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri. 4. Una funzionalità specifica della rete consentirà alla Commissione e agli Stati membri di chiedere ad uno o più Stati membri sia ulteriori precisazioni sulle misure comunicate, in conformità dell'articolo 2, paragrafo 3, sia altre informazioni, in conformità dell'articolo 2 paragrafo 4. 5. Gli Stati membri designano i referenti nazionali con accesso alla rete e ne informano la Commissione. 6. Laddove necessario per lo sviluppo della rete, la Commissione può concludere accordi con istituzioni della Comunità europea e con enti di diritto pubblico costituiti in virtù dei trattati che istituiscono le Comunità europee o costituiti nell'ambito dell'Unione europea. La Commissione informa il Consiglio ogniqualvolta sia presentata una siffatta richiesta di accesso e ogniqualvolta sia autorizzato l'accesso dell'istituzione e/o ente in questione. Articolo 4 Scambio di opinioni, relazione generale e discussioni a livello ministeriale 1. La Commissione elabora ogni anno una relazione generale per ricapitolare le principali informazioni comunicate dagli Stati membri. Al fine di predisporre tale relazione individuando gli elementi d'interesse comune, gli Stati membri si associano alla Commissione nel lavoro preparatorio, che può comprendere riunioni tecniche nell'arco del periodo coperto dalla relazione, durante le quali gli esperti degli Stati membri possono procedere ad uno scambio di opinioni sulle informazioni comunicate a norma dell'articolo 2. La relazione generale è trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio. 2. Fatta salva la possibilità di tenere consultazioni ad hoc nell'ambito del Consiglio, la relazione generale della Commissione costituisce la base su cui si sviluppa il dibattito a livello ministeriale sulle politiche nazionali in materia di asilo e immigrazione. Articolo 5 Valutazione e riesame La Commissione valuta il funzionamento del meccanismo due anni dopo l’entrata in vigore della presente decisione e a intervalli regolari in seguito. La Commissione propone, se del caso, modifiche della presente decisione. Articolo 6 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 7 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Lussemburgo, addì 5 ottobre 2006. Per il Consiglio Il presidente K. RAJAMÄKI (1) Parere emesso il 3 maggio 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). ALLEGATO
Meccanismo d’informazione reciproca sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La decisione punta a intensificare lo scambio di informazioni tra gli Stati dell’UE sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione. Essa istituisce una procedura d’informazione formale tra i paesi dell’UE e la Commissione europea, con l’obiettivo di migliorare il coordinamento delle politiche di immigrazione e di asilo tra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Scambio e trasmissione delle informazioni Il meccanismo d’informazione reciproca consente lo scambio di informazioni tra la Commissione e i paesi dell’UE sulle leggi nazionali in materia di asilo e di immigrazione. I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere le misure che intendono adottare o che hanno recentemente adottato:attraverso una rete basata sul web; e mediante il modulo di segnalazione allegato alla decisione. Le informazioni sono comunicate il prima possibile e, al più tardi, quando diventano di dominio pubblico I paesi dell’Unione europea sono tenuti a comunicare alla Commissione e agli altri paesi dell’UE soltanto le misure che potrebbero avere un impatto significativo:in altri paesi dell’UE; a livello dell’UE in generale. Sviluppo e gestione della rete La Commissione è responsabile dello sviluppo e della gestione della rete. Per la messa in opera della rete, essa si avvale della piattaforma tecnica esistente nel quadro comunitario della rete telematica transeuropea per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri (nota come CIRCA). La rete consente alla Commissione e agli Stati membri di chiedere a uno o più Stati membri ulteriori precisazioni sulle misure comunicate. Le misure specifiche nazionali notificate in questo modo possono dare luogo ad uno scambio di opinioni tra esperti dei paesi dell’UE e la Commissione. Oltre a queste discussioni tecniche, la Commissione elabora ogni anno una relazione per ricapitolare le principali informazioni comunicate dai paesi dell’UE. La relazione sarà presentata al Parlamento europeo e al Consiglio e costituirà la base su cui si sviluppa il dibattito a livello ministeriale sulle politiche nazionali in materia di asilo e di immigrazione. Valutazione Nel 2009 la Commissione ha pubblicato una relazione di valutazione del funzionamento del meccanismo d’informazione reciproca. Tra aprile 2007 e il 30 settembre 2009, solo 16 paesi dell’UE hanno trasmesso informazioni tramite il meccanismo d’informazione reciproca solo su 45 misure. Non sono state effettuate comunicazioni relative a decisioni definitive degli organi giurisdizionali di ultimo grado. Il formato in cui sono state redatte le comunicazioni era raramente omogeneo e il modulo di segnalazione allegato alla decisione non veniva sempre utilizzato. A volte venivano forniti solo il titolo inglese e il testo nella lingua originale, con conseguenti problemi di comprensione. Erano presenti inoltre differenze nel contenuto dei moduli di segnalazione presentati: alcuni erano relativamente completi, mentre altri fornivano solo una descrizione sommaria senza fornire un’indicazione della natura della misura. La relazione concludeva che il meccanismo di informazione reciproca non aveva raggiunto i suoi obiettivi poiché la quantità di informazioni presentate era formale. Tuttavia, poiché era stato operativo solo per un breve periodo, la Commissione ha ritenuto prematuro proporre emendamenti alla decisione. Il meccanismo di informazione reciproca per le misure nazionali in materia di asilo e immigrazione non è stato attivato né dalla Commissione né dai paesi dell’UE, nemmeno durante i due anni di intenso afflusso di migranti in Europa, nel 2015 e nel 2016. Invece, i paesi dell’UE (le presidenze dell’Unione europea) sembravano preferire utilizzare il meccanismo di informazione sulle crisi dell’Unione europea per scambiare dati sui flussi migratori. La richiesta di informazioni è stata poi gradualmente rilevata dalle agenzie competenti dell’Unione europea, EASO e FRONTEX, che oggi forniscono la maggior parte dei dati sulla migrazione necessari per gestire il flusso migratorio attuale. Ulteriori informazioni su importanti sviluppi nel campo della migrazione nei paesi dell’UE sono regolarmente aggiornate attraverso i bollettini della rete europea sulla migrazione che vengono regolarmente prodotti ogni trimestre. Malgrado ciò, non si può escludere che il meccanismo di informazione reciproca possa rivelarsi utile nei futuri scambi di informazioni sulla migrazione tra i paesi dell’UE e la Commissione europea e quindi la sua esistenza è ancora giustificabile. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dal 3 novembre 2006. CONTESTO Le misure nazionali nei settori dell’immigrazione e dell’asilo potrebbero avere un impatto su altri paesi dell’UE. Ciò è dovuto:alla mancanza di controlli di frontiera nell’area Schengen; alle strette relazioni economiche e sociali tra i paesi dell’UE; e allo sviluppo di politiche comuni in materia di visti, immigrazione e asilo. Per maggiori informazioni, consultare:Rete europea delle migrazioni a livello nazionale (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2006/688/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione (GU L 283 del 14.10.2006, pag. 40). DOCUMENTO CORRELATO Relazione della Commissione ai sensi degli articoli 4 e 5 della decisione del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione (COM/2009/0687 def. del 17.12.2009).
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DIRETTIVA 2009/102/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 settembre 2009 in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 44, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La dodicesima direttiva 89/667/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, in materia di diritto delle società relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Occorre coordinare, al fine di renderle equivalenti in tutta la Comunità, certe garanzie che sono richieste negli Stati membri alle società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, del trattato, per proteggere gli interessi tanto dei soci quanto dei terzi. (3) In tale settore, da un lato la prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi (5), la quarta direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante i conti annuali di taluni tipi di società (6), e la settima direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato, riguardante i conti consolidati (7), riguardanti rispettivamente la pubblicità, la validità degli obblighi e la nullità delle società, nonché i conti annuali e i conti consolidati, si applicano a tutte le società di capitali. Dall’altro lato, la seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (8), la terza direttiva 78/855/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1978, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante le fusioni delle società anonime (9), e la sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante le scissioni delle società anonime (10), riguardanti rispettivamente la costituzione e il capitale, nonché le fusioni e le scissioni, si applicano soltanto alle società anonime. (4) È necessario uno strumento giuridico che consenta di limitare la responsabilità dell’imprenditore unico in tutta la Comunità, ferme restando le disposizioni degli Stati membri che, in casi eccezionali, prescrivono la responsabilità di siffatto imprenditore per le obbligazioni dell’impresa. (5) Una società a responsabilità limitata può avere un socio unico all’atto della sua costituzione o in seguito alla riunione di tutte le sue quote in capo a un unico socio. In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, gli Stati membri hanno facoltà di prevedere disposizioni speciali o sanzioni quando una persona fisica sia il socio unico di più società oppure quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica. L’unico obiettivo di tale facoltà è di tener conto delle particolarità esistenti in talune legislazioni nazionali. A tal fine, gli Stati membri possono, per casi specifici, prevedere limitazioni all’accesso alla società unipersonale oppure una responsabilità illimitata per il socio unico. Gli Stati membri sono liberi di elaborare norme per far fronte ai rischi che una società unipersonale può presentare data l’esistenza di un unico socio, in particolare per assicurare la liberazione del capitale sottoscritto. (6) La riunione di tutte le quote in capo a un unico socio e l’identità del socio unico dovrebbero essere oggetto di pubblicità in un registro accessibile al pubblico. (7) È necessario che tutte le decisioni prese dal socio unico in qualità di assemblea dei soci rivestano la forma scritta. (8) Anche i contratti tra il socio unico e la società da lui rappresentata dovrebbero essere redatti per iscritto, sempreché non riguardino operazioni correnti concluse a condizioni normali. (9) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione indicati nell’allegato II, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Le misure di coordinamento prescritte dalla presente direttiva si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le forme di società di cui all’allegato I. Articolo 2 1. La società può avere un socio unico al momento della costituzione, nonché quando tutte le quote siano cumulate in capo a un unico socio (società unipersonale). 2. In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, le legislazioni degli Stati membri possono prevedere disposizioni speciali o sanzioni: a) quando una persona fisica sia il socio unico di più società; ovvero b) quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica. Articolo 3 Quando la società diventa unipersonale in seguito al cumulo di tutte le sue quote in capo a un unico socio, un’indicazione in tal senso e l’identità del socio unico devono figurare nel fascicolo o essere trascritte nel registro di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 68/151/CEE, ovvero essere trascritte in un registro tenuto presso la società e accessibile al pubblico. Articolo 4 1. Il socio unico esercita i poteri demandati all’assemblea dei soci. 2. Le decisioni prese dal socio unico nelle materie di cui al paragrafo 1 sono iscritte a verbale o redatte per iscritto. Articolo 5 1. I contratti stipulati tra il socio unico e la società che egli rappresenta sono iscritti a verbale o redatti per iscritto. 2. Gli Stati membri possono non applicare il paragrafo 1 alle operazioni correnti concluse in condizioni normali. Articolo 6 Quando uno Stato membro permette la società unipersonale, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, anche per la società per azioni, si applica la presente direttiva. Articolo 7 Uno Stato membro può non permettere la società unipersonale quando la sua legislazione preveda, a favore degli imprenditori unici, la possibilità di costituire imprese a responsabilità limitata a un patrimonio destinato a una determinata attività, purché per questo tipo di impresa siano previste garanzie equivalenti a quelle imposte dalla presente direttiva, nonché dalle altre disposizioni comunitarie applicabili alle società di cui all’articolo 1. Articolo 8 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 La direttiva 89/667/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione di cui all’allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato III. Articolo 10 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) GU C 77 del 31.3.2009, pag. 42. (2) Parere del Parlamento europeo del 18 novembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 luglio 2009. (3) GU L 395 del 30.12.1989, pag. 40. (4) Cfr. allegato II, parte A. (5) GU L 65 del 14.3.1968, pag. 8. (6) GU L 222 del 14.8.1978, pag. 11. (7) GU L 193 del 18.7.1983, pag. 1. (8) GU L 26 del 31.1.1977, pag. 1. (9) GU L 295 del 20.10.1978, pag. 36. (10) GU L 378 del 31.12.1982, pag. 47. ALLEGATO I Forme di società di cui all’articolo 1 — per il Belgio: société privée à responsabilité limitée/besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid; — per la Bulgaria: дружество с ограничена отговорност, акционерно дружество; — per la Repubblica ceca: společnost s ručením omezeným; — per la Danimarca: anpartsselskaber; — per la Germania: Gesellschaft mit beschränkter Haftung; — per l’Estonia: aktsiaselts, osaühing; — per l’Irlanda: private company limited by shares or by guarantee; — per la Grecia: εταιρεία περιορισμένης ευθύνης; — per la Spagna: sociedad de responsabilidad limitada; — per la Francia: société à responsabilité limitée; — per l’Italia: società a responsabilità limitata; — per Cipro: ιδιωτική εταιρεία περιορισμένης ευθύνης με μετοχές ή με εγγύηση; — per la Lettonia: sabiedrība ar ierobežotu atbildību; — per la Lituania: uždaroji akcinė bendrovė; — per il Lussemburgo: société à responsabilité limitée; — per l’Ungheria: korlátolt felelősségű társaság, részvénytársaság; — per Malta: kumpannija privata/private limited liability company; — per i Paesi Bassi: besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid; — per l’Austria: Aktiengesellschaft, Gesellschaft mit beschränkter Haftung; — per la Polonia: spółka z ograniczoną odpowiedzialnością; — per il Portogallo: sociedade por quotas; — per la Romania: societate cu răspundere limitată; — per la Slovenia: družba z omejeno odgovornostjo; — per la Slovacchia: spoločnosť s ručením obmedzeným; — per la Finlandia: osakeyhtiö/aktiebolag; — per la Svezia: aktiebolag; — per il Regno Unito: private company limited by shares or by guarantee. ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 9) Direttiva 89/667/CEE del Consiglio (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 40). Allegato I, punto XI, lettera A, dell’atto di adesione del 1994 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 194). Allegato II, punto 4, lettera A, dell’atto di adesione del 2003 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 338). Direttiva 2006/99/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 137). limitatamente alla lettera A, punto 4, dell’allegato PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione (di cui all’articolo 9) Direttiva Termine di attuazione Data di applicazione 89/667/CEE 31 dicembre 1991 Soltanto dal 1o gennaio 1993 per le società già esistenti il 1o gennaio 1992. 2006/99/CE 1o gennaio 2007 ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 89/667/CEE Presente direttiva Articolo 1, alinea Articolo 1 Articolo 1, dal primo al ventisettesimo trattino Allegato I Articoli da 2 a 7 Articoli da 2 a 7 Articolo 8, paragrafo 1 — Articolo 8, paragrafo 2 — Articolo 8, paragrafo 3 Articolo 8 — Articolo 9 — Articolo 10 Articolo 9 Articolo 11 — Allegato I — Allegato II — Allegato III
Società a responsabilità limitata unipersonale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Crea uno strumento giuridico che permette di limitare la responsabilità dell’imprenditore individuale all’interno dell’Unione europea (UE). Stabilisce le norme applicabili alle società a responsabilità limitata con un unico socio. Codifica e abroga la Dodicesima direttiva 89/667/CEE in materia di diritto delle società. PUNTI CHIAVE La società può avere un unico socio all’atto della costituzione nonché in seguito al cumulo di tutte le sue quote in un’unica mano (società unipersonale). Quando la società diventa unipersonale in seguito al cumulo di tutte le sue quote in un’unica mano, la relativa indicazione e l’identità del socio unico devono sia essere trascritte in un registro tenuto presso la società e accessibile al pubblico, sia figurare nel fascicolo o essere trascritte nel registro centrale, nel registro di commercio o nel registro delle imprese. Il socio unico esercita i poteri demandati all’assemblea dei soci. Le decisioni del socio unico e i contratti stipulati tra tale persona e la società da lui o da lei rappresentata sono iscritti a verbale o redatti per iscritto. Se un paese dell’UE permette la società per azioni unipersonale, si applicano le norme della presente direttiva. La direttiva 2013/24/UE ha adattato la direttiva, aggiungendo la Croazia all’elenco dei paesi presenti nell’allegato I in seguito all’adesione di tale paese all’UE. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 21 ottobre 2009. La direttiva 2009/102/CE codifica e sostituisce la direttiva 89/667/CEE e successive modifiche. La direttiva originale 89/667/UE doveva essere recepita pei paesi dell’UE entro il 1992. CONTESTO Per ulteriori informazioni sul diritto delle società dell’UE si consulti:Diritto delle società e direzione d’azienda (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (GU L 258 dell’1.10.2009, pag. 20). Le successive modifiche alla direttiva 2009/102/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentario.
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 9 marzo 2011 relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica (2011/213/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 186, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), punto v), vista la proposta della Commissione europea, vista l’approvazione del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) La Commissione ha negoziato, a nome della Comunità europea, un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica con il governo del Giappone. (2) Tale accordo è stato firmato dai rappresentanti delle parti il 30 novembre 2009 a Bruxelles fatta salva la sua conclusione in una data successiva. (3) In conseguenza dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, l’Unione europea ha sostituito ed è succeduta alla Comunità europea. (4) È opportuno concludere l’accordo a nome dell’Unione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica è approvato a nome dell’Unione. Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione. Articolo 2 La Commissione adotta la posizione che l’Unione deve tenere in seno al comitato misto istituito dall’articolo 6, paragrafo 1, dell’accordo in merito alle modifiche dell’accordo a norma dell’articolo 13, paragrafo 5, del medesimo. Articolo 3 Il presidente del Consiglio provvede, a nome dell’Unione, a effettuare la notifica di cui all’articolo 13, paragrafo 1, dell’accordo nonché la notifica seguente al governo del Giappone: «In conseguenza dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, l’Unione europea ha sostituito ed è succeduta alla Comunità europea e da tale data esercita tutti i diritti e assume tutti gli obblighi della Comunità europea. Pertanto, i riferimenti alla “Comunità europea” nel testo dell’accordo si intendono fatti, ove opportuno, all’“Unione europea”.» Articolo 4 La presente decisione entra in vigore alla data dell’adozione. Fatto a Bruxelles, addì 9 marzo 2011. Per il Consiglio Il presidente CSÉFALVAY Z. ACCORDO tra la Comunità europea e il governo del Giappone di cooperazione nel settore scientifico e tecnologico LA COMUNITÀ EUROPEA (la «Comunità») e IL GOVERNO DEL GIAPPONE; DESIDERANDO promuovere ulteriormente le relazioni strette ed amichevoli esistenti tra il Giappone e la Comunità ed essendo consapevoli del rapido sviluppo della conoscenza scientifica e del suo contributo positivo nella promozione della cooperazione bilaterale ed internazionale; DESIDERANDO ampliare l’ambito della cooperazione scientifica e tecnologica in alcuni settori di interesse comune mediante la creazione di un partenariato fruttuoso avente fini pacifici e per il loro reciproco beneficio; RILEVANDO che tale cooperazione e l’applicazione dei relativi risultati contribuiranno allo sviluppo economico e sociale del Giappone e della Comunità; DESIDERANDO stabilire un quadro ufficiale per l’attuazione delle attività di cooperazione globali che rafforzeranno la cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano, nell’ambito del presente accordo, attività di cooperazione nei settori scientifici e tecnologici per fini pacifici. 2. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo si svolgono sulla base dei seguenti principi: a) contributi e vantaggi reciproci ed equi; b) accesso reciproco ai programmi e ai progetti di ricerca e sviluppo e alle agevolazioni per i ricercatori in visita; c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo; d) promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale del Giappone e della Comunità. Articolo 2 1. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo consistono di attività di cooperazione dirette e indirette. 2. Ai fini del presente accordo: a) per «le parti», si intendono il governo del Giappone e la Comunità; b) per «attività di cooperazione dirette», si intendono le attività di cooperazione tra le parti o le loro agenzie; c) per «attività di cooperazione indirette», si intendono attività di cooperazione tra persone del Giappone e della Comunità svolte nell’ambito di programmi e progetti di ricerca e sviluppo; d) per «programmi e progetti di ricerca e sviluppo», si intendono il programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico gestito dalla Comunità o programmi di ricerca e sviluppo dotati di un sistema di finanziamento concorrenziale gestiti dal governo del Giappone, dalle sue agenzie o da istituzioni ufficiali; e) per «persone», si intendono: i) nel caso del Giappone, qualsiasi cittadino giapponese o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale del Giappone; e ii) per quanto riguarda la Comunità, qualsiasi cittadino degli Stati membri della Comunità o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità dei diritti nazionali degli Stati membri della Comunità o del diritto comunitario; f) per «agenzie», si intendono: i) nel caso del Giappone, le agenzie pubbliche del Giappone; e ii) per quanto riguarda la Comunità, la Commissione europea; g) per «istituzioni ufficiali», si intendono le istituzioni ufficiali i cui bilanci e piani operativi sono approvati dai ministeri competenti del governo del Giappone, e i cui programmi e progetti di ricerca e sviluppo dotati di un sistema di finanziamento concorrenziale sono inclusi, con il loro assenso, nei programmi e progetti di attività di cooperazione indirette; h) per «diritti di proprietà intellettuale» si intende la definizione data a «proprietà intellettuale» dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967. Articolo 3 1. Le attività di cooperazione dirette possono assumere le forme seguenti: a) riunioni di vario tipo, come le riunioni di esperti, al fine di esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere proficuamente effettuati in cooperazione; b) scambio di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo; c) visite e scambi di scienziati, personale tecnico e altri esperti su argomenti generali o specifici; d) attuazione di attività di cooperazione di altro tipo individuate, proposte e decise nell’ambito del comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica di cui all’articolo 6 del presente accordo. 2. Ai fini dello sviluppo di attività di cooperazione indirette, qualsiasi soggetto di una parte può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca e sviluppo condotti dall’altra parte, dalle sue agenzie e le istituzioni ufficiali, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dell’altra parte, fatti salvi gli allegati I e II del presente accordo. Articolo 4 I dettagli e le procedure di ciascuna attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo possono essere stabilite tra le parti, le loro agenzie o istituzioni ufficiali impegnate in questa attività di cooperazione. Articolo 5 Per quanto riguarda le attività di cooperazione dirette previste dal presente accordo, ogni parte o le sue agenzie possono autorizzare, se necessario, con l’assenso dell’altra parte o delle sue agenzie, la partecipazione di ricercatori e di organismi di tutta la comunità di ricerca, compreso il settore privato. Articolo 6 1. Per garantire l’efficace attuazione del presente accordo, le parti istituiscono un comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica («il comitato misto»). Il comitato misto è copresieduto da funzionari del ministero degli affari esteri del Giappone e della Commissione europea. 2. Il comitato misto espleta le seguenti funzioni: a) scambio di idee e di informazioni su questioni di politica scientifica e tecnologica; b) individuazione, proposta e decisione sulle attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo; c) esame e discussione dei risultati delle attività di cooperazione svolte nell’ambito del presente accordo; d) consulenza e incoraggiamento delle parti per quanto concerne l’attuazione del presente accordo; e) valutazione periodica dell’accesso reciproco ai programmi e ai progetti di ricerca e sviluppo e modalità per i ricercatori in visita ed esame delle misure concrete per migliorare l’accesso a garantire l’efficacia del principio di reciprocità di cui all’articolo 1 del presente accordo. 3. Le decisioni del comitato misto sono adottate per mutuo consenso. 4. Le date delle riunioni del comitato sono stabilite di comune accordo. Il comitato si riunisce preferibilmente almeno ogni due anni. 5. Il governo del Giappone e la Comunità ospitano alternativamente la riunione del comitato misto, se non altrimenti concordato. 6. Per la riunione del comitato misto, le spese di viaggio e soggiorno dei partecipanti sono a carico della parte a cui fanno riferimento. Eventuali altri costi connessi al comitato misto sono a carico della parte ospitante. 7. Il comitato misto stabilisce il proprio regolamento interno. 8. Al di fuori delle sue sessioni, il comitato misto può adottare decisioni mediante canali diplomatici. Articolo 7 L’attuazione del presente accordo è soggetta alla disponibilità di finanziamenti adeguati e alle disposizioni legislative e regolamentari di ciascuna delle parti. Articolo 8 1. Le informazioni scientifiche e tecnologiche di natura non proprietaria derivanti dalle attività di cooperazione dirette possono essere messe a disposizione del pubblico da una o dall’altra parte attraverso i canali abituali, conformemente alle normali procedure delle agenzie partecipanti. 2. Ai diritti di proprietà intellettuali e alle informazioni riservate generati, introdotti o ottenuti nel corso delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo si applicano le disposizioni contenute nell’allegato II del presente accordo. Articolo 9 Ciascuna delle parti si adopera, nei limiti della propria legislazione e normativa, per dare alle persone che conducono attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo, tutte le agevolazioni possibili al fine di facilitare gli spostamenti e i soggiorni dei ricercatori che partecipano a queste attività di cooperazione nonché ad agevolare l’entrata e l’uscita dal proprio territorio di materiali, dati e attrezzature destinati ad essere utilizzati nell’ambito di dette attività di cooperazione. Articolo 10 Le disposizioni del presente accordo fanno salvi i diritti e gli obblighi delle parti derivanti da accordi esistenti e futuri di cooperazione tra le parti o tra il governo del Giappone e il governo di uno Stato membro della Comunità. Articolo 11 Tutte le questioni o le controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte consensualmente tra le parti. Articolo 12 Gli allegati I e II del presente accordo costituiscono parte integrante dello stesso accordo. Articolo 13 1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti si scambiano note diplomatiche con cui si informano reciprocamente che le rispettive procedure interne necessarie per la sua entrata in vigore sono state espletate. 2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni e resta in vigore, salvo denuncia di una delle parti alla fine del periodo quinquennale o in qualsiasi momento successivo, mediante preavviso scritto di sei mesi dato all’altra parte. 3. La denuncia del presente accordo non incide sulle attività di cooperazione condotte ai sensi del presente accordo e non portate a compimento al momento della denuncia del medesimo, nonché i diritti e gli obblighi specifici che ne sono derivati, conformemente all’attuazione dell’allegato II del presente accordo. 4. Ciascuna parte può valutare l’impatto del presente accordo e le attività previste dallo stesso ogni cinque anni, e la parte che lo fa informa l’altra parte dei risultati della valutazione. Ogni parte si adopererà per agevolare la valutazione effettuata dall’altra parte. 5. Il presente accordo può essere modificato con il comune accordo delle parti mediante scambio di note diplomatiche. Le modifiche entrano in vigore secondo le modalità di cui al paragrafo 1, salvo diversa decisione delle parti. Il presente accordo e gli allegati I e II dello stesso sono redatti in duplice originale nelle lingue, bulgara ceca, danese estone, finnica, francese, greca inglese, italiana lettone lituana maltese olandese polacca portoghese, rumena slovacca, slovena spagnola, svedese, tedesca,ungherese e giapponese, tutti i testi facenti ugualmente fede. In caso di divergenza d'interpretazione, le versioni inglese e giapponese prevalgono sulle altre versioni linguistiche. IN FEDE DI CHE i sottoscritti debitamente autorizzati a tal fine rispettivamente dalla Comunità europea e dal governo del Giappone hanno firmato il presente accordo. Fatto a Bruxelles addì trenta novembre 2009. Per la Comunità europea Per il Governo del Giappone ALLEGATO I MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI PERSONE A PROGRAMMI E PROGETTI DI RICERCA E SVILUPPO I. Se, nell’ambito del presente accordo, una parte, le sue agenzie o istituzioni ufficiali concludono un contratto con una persona dell’altra parte per programmi e progetti di ricerca e sviluppo, l’altra parte, su richiesta, si adopera al fine di fornire loro ogni assistenza possibile e ragionevole che può essere necessaria o utile all’altra parte, alle sue agenzie o istituzioni ufficiali per facilitare l’adeguata esecuzione dei suddetto contratto. II. Le persone del Giappone possono partecipare al programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico gestito dalla Comunità. Tale partecipazione avviene nel rispetto delle regole di partecipazione, diffusione e attuazione del programma quadro. III. Le persone della Comunità possono partecipare a programmi e progetti di ricerca e sviluppo dotati del sistema di finanziamento concorrenziale gestiti dal governo del Giappone, delle sue agenzie o istituzioni ufficiali, in settori scientifici o tecnologici analoghi a quelli del programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico. Tale partecipazione di persone della Comunità rispetta le disposizioni legislative e regolamentari del Giappone e le pertinenti regole di partecipazione, diffusione e attuazione dello specifico programma o progetto. ALLEGATO II DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE E INFORMAZIONI RISERVATE I. Diritti di proprietà intellettuale delle parti nell’ambito di attività di cooperazione dirette 1. Ai diritti di proprietà intellettuale risultanti da attività di cooperazione dirette, ad eccezione dei diritti di autore e dei diritti connessi di cui al punto 3 qui di seguito, si applicano le regole riportate qui di seguito: a) I diritti di proprietà intellettuale sono di proprietà della parte o delle sue agenzie che generano la proprietà intellettuale. Quando la proprietà è stata generata congiuntamente, le parti o le loro agenzie si consultano per determinare la proprietà o la ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale, tenendo conto della quota rispettiva del lavoro delle parti o delle loro agenzie. b) La parte o le sue agenzie che possiedono i diritti di proprietà intellettuale accordano all’altra parte o alle sue agenzie una licenza per utilizzare questi diritti per l’esecuzione di eventuali attività di cooperazione dirette, nella misura in cui è necessario per consentire all’altra parte o alle sue agenzie di svolgere i propri lavori per il progetto specifico nell’ambito del presente accordo. Nel caso di brevetti o modelli di utilità, questa licenza è concessa a titolo gratuito. La concessione di una licenza di utilizzo di diritti di proprietà intellettuale di cui al presente comma è disciplinata dalle disposizioni legislative e regolamentari applicabili di ogni parte e dalle condizioni che le parti o le loro agenzie devono convenire prima dell’inizio del progetto. 2. La parte o le sue agenzie che possiedono i diritti di proprietà intellettuale introdotti nel corso di attività di cooperazione dirette accordano all’altra parte o alle sue agenzie una licenza di uso di tali diritti per l’esecuzione di eventuali attività di cooperazione dirette, nella misura in cui ciò è necessario per consentire all’altra parte o alle sue agenzie di svolgere i propri lavori per il progetto specifico nell’ambito del presente accordo. La concessione di una licenza di utilizzo di diritti di proprietà intellettuale di cui al presente paragrafo è disciplinata dalle disposizioni legislative e regolamentari applicabili di ogni parte e dalle condizioni che le parti o le loro agenzie devono convenire prima dell’inizio del progetto. 3. Ai diritti di autore e ai diritti connessi delle parti o delle loro agenzie si applicano le seguenti regole: a) In caso di pubblicazione ad opera di una parte o delle sue agenzie di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni, libri, opere audiovisive e dispositivi di memorizzazione digitale, che siano frutto di attività di cooperazione dirette, tale parte si impegnerà al massimo per ottenere, per l’altra parte, una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi che prevedano una tutela del diritto di autore, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere. b) Tutti gli esemplari destinati al pubblico di un’opera tutelata da diritto d’autore di cui alle disposizioni della lettera a) recano i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Contengono inoltre una menzione chiara e visibile del sostegno cooperativo delle parti. II. Informazioni riservate nelle attività di cooperazione dirette Alle informazioni riservate delle parti o delle loro agenzie si applicano le seguenti regole: 1. All’atto di comunicare all’altra parte le informazioni necessarie per lo svolgimento di attività di cooperazione dirette, ciascuna parte stabilisce quali siano le informazioni riservate che non desidera divulgare. 2. La parte o le sue agenzie che ricevono dette informazioni, può comunicare sotto la propria responsabilità queste informazioni riservate a proprie agenzie o a persone assunte tramite tali agenzie, qualora ciò sia necessario per consentire a tali agenzie o alle persone in questione di svolgere il loro lavoro ai fini del progetto specifico nell’ambito di tale accordo. 3. Previo consenso scritto della parte o delle sue agenzie che forniscono le informazioni riservate, l’altra parte o le sue agenzie possono divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del precedente paragrafo 2. Le parti o le loro agenzie cooperano all’elaborazione di procedure per chiedere e ottenere il consenso scritto preventivo per questa diffusione più ampia e ciascuna delle parti concede tale approvazione nella misura consentita dalle sue leggi e dai suoi regolamenti. 4. Le informazioni fornite nel corso di seminari e riunioni, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato e l’uso di attrezzature nel quadro del presente accordo sono considerate riservate quando i soggetti che ricevono tali informazioni riservate o altre informazioni confidenziali o privilegiate sono stati informati del loro carattere confidenziale al momento della trasmissione, a norma del paragrafo 1 di cui sopra, e le informazioni sono state trattate a norma dei precedenti paragrafi 2 e 3. 5. Se una delle parti si rende conto che non sarà in grado, oppure potrà ragionevolmente non essere in grado, di rispettare le restrizioni e le condizioni di divulgazione di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, essa ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato. III. Diritti di proprietà intellettuale delle persone nelle attività di cooperazione indirette Ciascuna delle parti garantisce che i diritti di proprietà intellettuale delle persone dell’altra parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dalla prima parte, dalle sue agenzie o da istituzioni ufficiali, nonché i diritti e obblighi connessi derivanti da tale partecipazione, siano coerenti con le convenzioni internazionali pertinenti vincolanti per il governo del Giappone e la Comunità e i suoi Stati membri, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971 della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma del 14 luglio 1967 della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Giappone QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici a fini pacifici. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:contributi e vantaggi reciproci ed equi; accesso reciproco a programmi, progetti e strutture di ricerca e sviluppo per i ricercatori in visita; scambio tempestivo delle informazioni; promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale dell’UE e del Giappone.Cooperazione L’accordo contempla due forme di attività di cooperazione:attività di cooperazione dirette tra le parti, tra cui ad esempio:riunioni di espertiper discutere e scambiare informazioni sugli aspetti scientifici e tecnologici di argomenti generali o specifici eper individuare progetti e programmi di ricerca e sviluppo che possano essere utilmente intrapresi in cooperazionescambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppovisite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specificialtre forme di attività di cooperazione decise dal Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica; attività di cooperazione indirette: qualsiasi persona* di una parte può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca e sviluppo condotti dall’altra parte (o dalle sue agenzie e istituzioni ufficiali), in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dell’altra parte, fatti salvi gli allegati I e II dell’accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 29 marzo 2011 per un periodo iniziale di cinque anni. Successivamente, esso resta in vigore salvo denuncia di una delle parti. CONTESTO L’accordo di partenariato economico UE-Giappone (entrato in vigore il 1 febbraio 2019) e l’accordo di partenariato strategico UE-Giappone (in gran parte provvisoriamente applicabile dal 1 febbraio 2019) rappresentano un rafforzamento significativo del partenariato tra l’UE e il Giappone. Per ulteriori informazioni consultare:Il Giappone e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Giappone, consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Giappone (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Giappone (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Persona:nel caso del Giappone, qualsiasi cittadino giapponese o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale del Giapponenel caso dell’UE, qualsiasi cittadino dei paesi dell’UE o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto comunitario o dei diritti nazionali dei paesi dell’UE DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone di cooperazione nel settore scientifico e tecnologico (GU L 90 del 6.4.2011, pag. 2). Decisione 2011/213/UE del Consiglio, del 9 marzo 2011, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 90 del 6.4.2011, pag. 1).
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REGOLAMENTO (UE) N. 651/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 4 luglio 2012 sull’emissione di monete in euro IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 133, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Le conclusioni del Consiglio del 23 novembre 1998 e del 5 novembre 2002 sulle monete da collezione in euro, la raccomandazione 2009/23/CE della Commissione, del 19 dicembre 2008, su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale (3), avallata dalle conclusioni del Consiglio del 10 febbraio 2009, e la raccomandazione 2010/191/UE della Commissione, del 22 marzo 2010, relativa alla portata e agli effetti del corso legale delle banconote e delle monete in euro (4), raccomandano pratiche circa l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione, comprese le monete in euro commemorative, e consultazioni prima della distruzione di monete in euro valide ai fini della circolazione e l’uso delle monete in euro da collezione. (2) La mancanza di disposizioni vincolanti per l’emissione di monete in euro può portare a pratiche differenti da uno Stato membro all’altro e non crea un quadro sufficientemente integrato per la moneta unica. Nell’interesse della trasparenza e della certezza del diritto, è pertanto necessario introdurre regole vincolanti per l’emissione di monete in euro. (3) A norma del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (5), le monete denominate in euro e in cent conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche stabilite dal Consiglio hanno corso legale in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro. Le denominazioni e specificazioni tecniche delle monete in euro sono stabilite nel regolamento (CE) n. 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (6). (4) Gli Stati membri la cui moneta è l’euro dovrebbero avere la possibilità di emettere monete commemorative da 2 euro per celebrare eventi specifici, subordinatamente ai limiti sulla tiratura di tali monete stabiliti per anno e per Stato membro emittente. È necessario stabilire dei limiti di volume per l’emissione di monete commemorative in euro al fine di garantire che tali monete restino una percentuale minima del numero totale di monete da 2 euro in circolazione. È opportuno, tuttavia, che tali limiti consentano l’emissione di un volume di monete sufficiente ad assicurare che le monete commemorative in euro possano circolare efficacemente. (5) Sarebbe inoltre opportuno che gli Stati membri la cui moneta è l’euro potessero emettere monete da collezione in euro non destinate alla circolazione e facilmente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione. Le monete da collezione in euro dovrebbero avere corso legale soltanto nello Stato membro di emissione e non dovrebbero essere emesse per l’immissione in circolazione. (6) È opportuno che le emissioni di monete da collezione in euro siano computate nel volume di monete da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva piuttosto che per ciascuna singola emissione. (7) L’uso di differenti denominazioni delle monete e banconote in euro, come concepito attualmente, dovrebbe essere periodicamente e attentamente esaminato dalle istituzioni competenti alla luce dei criteri di costo e accettabilità da parte del pubblico. In particolare, la Commissione dovrebbe effettuare una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. (8) Per evitare che monete in euro valide ai fini della circolazione siano distrutte da uno Stato membro mentre un altro potrebbe averne bisogno, gli Stati membri dovrebbero consultarsi prima di procedere alla distruzione di tali monete, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «monete destinate alla circolazione»: monete in euro destinate alla circolazione, i cui valori unitari e specificazioni tecniche sono stabiliti nel regolamento (CE) n. 975/98; 2) «monete commemorative»: monete destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento, come specificato nell’articolo 1 nonies del regolamento (CE) n. 975/98; 3) «monete da collezione»: monete in euro da collezione che non sono emesse per l’immissione in circolazione. Articolo 2 Tipi di monete in euro 1. Gli Stati membri possono emettere due tipi di monete in euro: monete destinate alla circolazione e monete da collezione. 2. La Commissione effettua una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. La valutazione di impatto include un’analisi costi/benefici che tiene conto dei costi reali di produzione di tali monete in relazione al loro valore e ai loro vantaggi. Articolo 3 Emissione di monete destinate alla circolazione 1. Le monete destinate alla circolazione sono emesse e immesse in circolazione al loro valore nominale. 2. Una porzione minima, non superiore al 5 % del valore e del volume netto totale cumulato delle monete destinate alla circolazione emesse da uno Stato membro, tenendo conto solo degli anni con un’emissione netta positiva, può essere immessa sul mercato al di sopra del valore nominale a motivo della qualità speciale delle monete, di una confezione speciale o di eventuali servizi aggiuntivi forniti. Articolo 4 Emissione di monete commemorative 1. Ogni anno ciascuno Stato membro la cui moneta è l’euro può emettere soltanto due monete commemorative, salvo qualora: a) le monete commemorative siano emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro; o b) una moneta commemorativa sia emessa nel caso in cui la carica di capo di Stato è provvisoriamente vacante od occupata ad interim. 2. Il numero totale di monete commemorative immesse in circolazione per ciascuna emissione non supera il più elevato tra i due massimali seguenti: a) lo 0,1 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro messe in circolazione da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. Tale massimale può essere innalzato al 2,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro circolanti in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro se è commemorato un evento ampiamente riconosciuto ed altamente simbolico, nel qual caso lo Stato membro emittente si astiene dall’effettuare un’altra emissione di monete commemorative utilizzando il massimale più elevato durante i quattro anni successivi e motiva la scelta del massimale più elevato; o b) il 5,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro immesse in circolazione dallo Stato membro interessato fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. 3. La decisione relativa all’emissione di monete commemorative con un disegno comune emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro è adottata dal Consiglio. I diritti di voto degli Stati membri la cui moneta non è l’euro sono sospesi per l’adozione di tale decisione. Articolo 5 Emissione di monete da collezione 1. Le monete da collezione hanno corso legale soltanto nello Stato membro emittente. L’identità dello Stato membro emittente è chiaramente e facilmente riconoscibile sulla moneta. 2. Per differenziarsi facilmente dalle monete destinate alla circolazione, le monete da collezione rispettano tutti i seguenti criteri: a) il loro valore nominale deve essere diverso da quello delle monete destinate alla circolazione; b) le loro immagini non devono essere simili alle facce comuni delle monete destinate alla circolazione e, se la loro immagine è simile a quella figurante su una faccia nazionale delle monete destinate alla circolazione, il loro aspetto complessivo deve comunque poter essere agevolmente distinto; c) il loro colore, diametro e peso devono essere significativamente diversi da quelli delle monete destinate alla circolazione, quanto meno per due delle tre predette caratteristiche; la differenza è ritenuta significativa se i valori, incluse le tolleranze, non rientrano nei limiti di tolleranza fissati per le monete destinate alla circolazione; e d) non devono avere una godronatura o «Fiore spagnolo». 3. Le monete da collezione possono essere immesse sul mercato a un valore uguale o superiore al loro valore nominale. 4. Le emissioni di monete da collezione sono computate nel volume di conio da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva. 5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per scoraggiare l’uso delle monete da collezione come strumento di pagamento. Articolo 6 Consultazione prima della distruzione di monete destinate alla circolazione Prima di distruggere le monete destinate alla circolazione che non sono monete in euro non adatte alla circolazione ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (7), gli Stati membri si consultano tramite il sottocomitato competente del Comitato economico e finanziario e informano i direttori delle zecche degli Stati membri la cui moneta è l’euro. Articolo 7 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 4 luglio 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente A. D. MAVROYIANNIS (1) GU C 273 del 16.9.2011, pag. 2. (2) Posizione del Parlamento europeo del 22 maggio 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 giugno 2012. (3) GU L 9 del 14.1.2009, pag. 52. (4) GU L 83 del 30.3.2010, pag. 70. (5) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. (6) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. (7) GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1.
Emissione di monete in euro QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI? Il regolamento (UE) n. 651/2012 definisce i tipi di monete in euro e stabilisce le condizioni da rispettare all’atto dell’emissione di monete. Il regolamento (UE) n. 729/2014 fissa i requisiti tecnici delle monete in euro e prevede norme generali riguardanti il loro disegno, compresa l’approvazione dello stesso. PUNTI CHIAVE Il regolamento (UE) n. 651/2012 afferma che: i governi dei paesi della zona euro (paesi la cui valuta è l’euro) possono emettere monete destinate alla circolazione* e monete da collezione*; le monete destinate alla circolazione sono emesse al loro valore nominale, tranne una porzione minima, non superiore al 5 %, che può essere immessa sul mercato a un prezzo superiore a motivo della qualità speciale delle monete o di una confezione speciale; le monete commemorative* nazionali possono essere emesse solo due volte all’anno (a meno che il disegno non sia comune a tutti i paesi della zona euro); il numero totale di tali monete emesse non deve superare il più elevato tra due massimali possibili, calcolati in base alla percentuale di tutte le monete da 2 euro in circolazione; le monete da collezione hanno corso legale* soltanto nel paese della zona euro emittente; devono essere chiaramente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione per quanto riguarda il valore nominale, le immagini e due delle seguenti caratteristiche: colore, diametro e peso; i governi dei paesi della zona euro devono consultarsi prima di distruggere le monete in euro danneggiate; la Commissione effettua una valutazione d’impatto volta ad analizzare i costi di produzione reali delle monete da 1 e 2 cent rispetto al loro valore e benefici. Il regolamento (UE) n. 729/2014 afferma ulteriormente che: ci sono otto monete in euro (1, 2, 5, 10, 20 e 50 cent e 1 e 2 euro); ciascuna moneta presenta una faccia nazionale distintiva e una faccia comune europea; la faccia nazionale: deve riportare una corona di dodici stelle che circonda completamente il disegno nazionale; deve rimanere invariata per quindici anni, a meno che non cambi il capo di Stato del paese; non deve mostrare il valore della moneta, a meno che non usi un alfabeto diverso; deve essere pienamente conforme al regolamento entro il 20 giugno 2062; le monete commemorative devono: presentare unicamente un valore nominale di 2 euro; presentare un disegno nazionale diverso dalle normali* monete metalliche da 2 euro; commemorare unicamente eventi di notevole rilevanza nazionale o europea; commemorare eventi di altissima rilevanza europea, se coniate congiuntamente in tutta la zona euro; i paesi della zona euro si informano a vicenda e informano la Commissione di eventuali modifiche proposte ai rispettivi disegni nazionali e li sottopongono a una procedura di approvazione. Ciò consente obiezioni da parte di un governo che ritenga che il disegno turberebbe i propri cittadini; della Commissione, qualora ritenga che il disegno non rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (UE) n. 651/2012 si applica dal 16 agosto 2012. Il regolamento (UE) n. 729/2014 consolida le norme precedenti riguardanti le monete, stabilite al momento dell’introduzione dell’euro nel 2002 dal regolamento (CE) n. 975/98 e dalle modifiche successive. Si applica dal 22 luglio 2014. Entrambi i regolamenti hanno incorporato gli elementi della raccomandazione 2009/23/CE della Commissione su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale. CONTESTO Le monete in euro sono entrate nell’uso generale nel 2002. Gli otto valori unitari variano per dimensione, colore e spessore a seconda del valore; le monete sono disegnate in modo tale da rendere eventuali riproduzioni illegali estremamente difficoltose. Per ulteriori informazioni, si veda: «Banconote e monete in euro» (Commissione europea). * TERMINI CHIAVE Monete destinate alla circolazione: monete destinate all’uso pubblico generale che hanno corso legale in tutti i paesi della zona euro. Monete da collezione: monete non destinate alla circolazione, che hanno corso legale solo nel paese della zona euro dove sono emesse. Monete commemorative: monete da 2 euro destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento di rilevanza nazionale o europea. Corso legale: monete o banconote che devono essere accettate in un paese qualora utilizzate come forma di pagamento di un debito. Normali monete metalliche: monete destinate alla circolazione diverse dalle monete commemorative. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (UE) n. 651/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sull’emissione di monete in euro (GU L 201 del 27.7.2012, pagg. 135-137) Regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio, del 24 giugno 2014, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (GU L 194 del 2.7.2014, pagg. 1-7)
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Direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri Gazzetta ufficiale n. L 368 del 17/12/1992 pag. 0038 - 0042 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 4 pag. 0148 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 4 pag. 0148 DIRETTIVA 92/106/CEE DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1992 relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membriIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 75 e l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la direttiva 75/130/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti di merci combinati strada/ferrovia tra Stati membri (4), è stata più volte modificata; che in occasione di nuove modifiche è opportuno, per ragioni di chiarezza, procedere al rifacimento di detta direttiva; considerando che il mercato interno provoca un aumento del traffico e che la Comunità deve mettere in opera i mezzi necessari a gestire al meglio le proprie risorse di trasporto nell'interesse della collettività, il che implica il ricorso al trasporto combinato; considerando che l'acuirsi dei problemi connessi alla congestione del traffico stradale, alla tutela dell'ambiente e alla sicurezza della circolazione richiedono, nell'interesse della collettività, che venga potenziato il trasporto combinato in quanto alternativa al trasporto stradale; considerando che si devono adottare provvedimenti in modo da permettere lo sviluppo, nel progresso, delle tecniche di trasporto in funzione dell'intermodalità dei trasporti nonché dei mezzi e delle esigenze specifiche degli operatori e degli utenti dei trasporti; che tali provvedimenti devono concernere i trasporti combinati che associano la strada ad altri modi di trasporto, quali ferrovia, nagivazione interna e navigazione marittima; considerando che la liberalizzazione da ogni restrizione quantitativa e la soppressione di svariati vincoli di ordine amministrativo tuttora in vigore nel settore dei trasporti stradali può promuovere un più ampio ricorso ai trasporti combinati; considerando che, affinché la tecnica del trasporto combinato conduca ad un effettivo decongestionamento del traffico stradale, occorre che tale liberalizzazione concerna percorsi stradali di lunghezza limitata; considerando che la liberalizzazione dei percorsi stradali iniziali e terminali di un trasporto combinato deve essere estesa ai trasporti combinati effettuati per via marittima, a condizione che il percorso marittimo rappresenti una parte importante del trasporto combinato; considerando che è opportuno che la Commissione presenti ogni due anni, e per la prima volta anteriormente al 1o luglio 1995, una relazione sull'applicazione della presente direttiva; considerando che lo sviluppo del trasporto combinato sarebbe parimenti facilitato da misure di incentivazione e che è quindi opportuno ridurre le tasse sulla circolazione e detenzione dei veicoli commerciali nella misura in cui siano trasportati per ferrovia, come pure esentare i tragitti iniziali e terminali su strada da ogni tariffazione obbligatoria; considerando che è opportuno agevolare l'accesso del trasporto per conto proprio al trasporto combinato; considerando che la presente direttiva non deve incidere sugli obblighi incombenti agli Stati membri per quanto concerne i termini per il recepimento e l'applicazione delle direttive che formano oggetto del rifacimento, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica alle operazioni di trasporto combinato, salvo restando il regolamento (CEE) n. 881/92 (5). Ai sensi della presente direttiva per « trasporto combinato » si intendono i trasporti di merci fra Stati membri per i quali l'autocarro, il rimorchio, il semirimorchio con o senza veicolo trattore, la cassa mobile o il contenitore (di 20 piedi e oltre) effettuano la parte iniziale o terminale del tragitto su strada e l'altra parte per ferrovia, per via navigabile o per mare, allorché questo percorso non supera i 100 km in linea d'aria ed effettuano su strada il tragitto iniziale o terminale: - fra il punto di carico della merce e l'appropriata stazione ferroviaria di carico più vicina per il tragitto iniziale e fra il punto di scarico della merce e l'appropriata stazione ferroviaria di scarico più vicina per il tragitto terminale; - oppure in un raggio non superiore a 150 km in linea d'aria dal porto fluviale o marittimo di imbarco o di sbarco. Articolo 2 Entro il 1o luglio 1993 ciascuno Stato membro esonera da qualsiasi regime di contingentamento e autorizzazione i trasporti combinati di cui all'articolo 1. Articolo 3 In caso di trasporto combinato per conto terzi, il documento di trasporto che risponda almeno ai requisiti di cui all'articolo 6 del regolamento n. 11 del Consiglio, del 27 giugno 1960, riguardante l'abolizione di discriminazioni nel campo dei prezzi e delle condizioni di trasporto emanato in applicazione dell'articolo 79, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità economica europea (6), deve essere completato con l'indicazione delle stazioni ferroviarie di carico e scarico relative al percorso ferroviario o dei porti fluviali di imbarco o di sbarco relativi al percorso per via navigabile o dei porti marittimi di imbarco o di sbarco relativi al percorso marittimo. Tali menzioni vengono apposte prima dell'esecuzione del trasporto e confermate mediante apposizione di un timbro delle amministrazioni ferroviarie o portuali nelle stazioni ferroviarie o nei porti fluviali o marittimi di cui trattasi, al termine della parte di trasporto effettuata per ferrovia, per via navigabile o per mare. Articolo 4 Tutti i vettori stradali stabiliti in uno Stato membro e che possiedono i requisiti per l'accesso alla professione e al mercato per i trasporti di merci fra Stati membri hanno il diritto di effettuare, nel quadro di un trasporto combinato tra Stati membri, tragitti stradali iniziali e/o terminali che costituiscono parte integrante del trasporto combinato e comprendono o meno il varco di una frontiera. Articolo 5 1. La Commissione redige ogni due anni, e per la prima volta anteriormente al 1o luglio 1995, una relazione al Consiglio riguardante: - lo sviluppo economico del trasporto combinato, - l'applicazione del diritto comunitario in questo settore, - l'eventuale definizione di nuove azioni destinate a promuovere il trasporto combinato. 2. Nell'elaborazione della relazione di cui al paragrafo 1, la Commissione è assistita dai rappresentanti degli Stati membri per quanto riguarda la raccolta delle informazioni a tal fine necessarie. La relazione analizza le informazioni e i dati statistici concernenti in particolare: - le relazioni di traffico effettuate in trasporto combinato, - il numero di veicoli (un autotreno è considerato come un unico veicolo), casse mobili e contenitori trasportati nelle diverse relazioni di traffico, - il tonnellaggio trasportato, - le prestazioni eseguite in tonnellate-chilometri. La suddetta relazione propone, ove necessario, le soluzioni che permetteranno successivamente di migliorare tali informazioni e la situazione nel settore del trasporto combinato. Articolo 6 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché le tasse elencate al paragrafo 3, applicabili ai veicoli stradali (autocarri, trattori, rimorchi o semirimorchi), sempreché utilizzati in trasporto combinato, siano ridotte o rimborsate, forfettariamente o in proporzione ai percorsi che i veicoli effettuano per ferrovia, entro i limiti, alle condizioni e secondo le modalità da essi fissate, previa consultazione della Commissione. Lo Stato di immatricolazione dei veicoli concede le riduzioni o i rimborsi di cui al primo comma sulla base dei percorsi per ferrovia effettuati all'interno del medesimo. Tuttavia gli Stati membri possono accordare tali riduzioni o rimborsi tenendo conto dei percorsi per ferrovia effettuati parzialmente o interamente al di fuori dello Stato membro di immatricolazione dei veicoli. 2. Fatte salve le disposizioni risultanti da eventuali modifiche a livello comunitario dei sistemi nazionali di tasse sui veicoli commerciali, i veicoli utilizzati esclusivamente per la trazione stradale nei percorsi iniziali o terminali di un trasporto combinato possono essere esentati, quando sono tassati isolatamente, dalle tasse indicate al paragrafo 3. 3. Le tasse di cui ai paragrafi 1 e 2 sono le seguenti: - Belgio: taxe de circulation sur les véhicules automobiles/verkeersbelasting op de autovoertuigen; - Danimarca: vaegtafgift af motorkoeretoejer mv; - Germania: Kraftfahrzeugsteuer; - Francia: taxe spéciale sur certains véhicules routiers; - Grecia: ôÝëç êõêëïoeïñssáò áõôïêéíÞôùí; - Spagna: a) impuesto sobre actividades económicas, b) impuesto sobre vehículos de tracción mecánica; - Irlanda: vehicle excise duties; - Italia: a) tassa automobilistica, b) addizionale del 5 % sulla tassa automobilistica; - Lussemburgo: taxe sur les véhicules automoteurs; - Paesi Bassi: motorrijtuigenbelasting; - Portogallo: a) imposto de camionagem, b) imposto de circulaçao; - Regno Unito: vehicle excise duties. Articolo 7 Quando un rimorchio o un semirimorchio, appartenente ad un'impresa che esegue trasporti per conto proprio, è trainato su uno dei percorsi terminali da un veicolo trattore appartenente ad un'impresa che esegue trasporti in conto terzi, il trasporto così eseguito è esentato dalla presentazione del documento di cui all'articolo 3; deve tuttavia essere prodotto un altro documento comprovante il percorso eseguito o da eseguire per ferrovia, per via navigabile o per mare. Articolo 8 Il tragitto stradale iniziale o terminale effettuato nel quadro di un trasporto combinato è esentato da qualsiasi tarifficazione obbligatoria. Articolo 9 Qualora nel quadro di un trasporto combinato l'impresa mittente effettui il tragitto stradale iniziale per conto proprio ai sensi della prima direttiva del Consiglio, del 23 luglio 1962, relativa all'emanazione di norme comuni per taluni trasporti di merci su strada (7), l'impresa destinataria della merce trasportata può effettuare per conto proprio, in deroga alla definizione stabilita dalla succitata direttiva, il tragitto stradale terminale per portare a destinazione la merce, utilizzando un veicolo trattore che le appartiene o che ha acquistato a rate o noleggiato conformemente alla direttiva 84/647/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1984, relativa all'utilizzazione dei veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada (8), guidato da suoi dipendenti, mentre il rimorchio o il semirimorchio è immatricolato a nome dell'impresa mittente o noleggiato da quest'ultima. Il tragitto stradale iniziale di un trasporto combinato effettuato dall'impresa mittente utilizzando un veicolo trattore che le appartiene o che ha acquistato a rate o noleggiato conformemente alla direttiva 84/647/CEE, guidato da suoi dipendenti, mentre il rimorchio o il semirimorchio è immatricolato a nome dell'impresa destinataria della merce o noleggiato da quest'ultima, è parimenti considerato, in deroga alla direttiva del 23 luglio 1962, un'operazione di trasporto per conto proprio, qualora il tragitto stradale terminale sia effettuato per conto proprio dall'impresa destinataria conformemente a quest'ultima direttiva. Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o luglio 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 1. La direttiva 75/130/CEE (9) è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini di recepimento e di applicazione di cui all'allegato, parte A. 2. I riferimenti fatti alla direttiva abrogata devono intendersi come fatti alla presente direttiva e devono leggersi secondo la tabella di corrispondenza di cui all'allegato, parte B. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. MacGREGOR (1) GU n. C 282 del 30. 10. 1992, pag. 8. (2) Parere reso il 20 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Parere reso il 24 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) GU n. L 48 del 22. 2. 1975, pag. 31. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CEE) n. 881/92 (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (5) Regolamento (CEE) n. 881/92 del Consiglio, del 26 marzo 1992, relativo all'accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (6) GU n. 52 del 16. 8. 1960, pag. 1121/60. (7) GU n. 70 del 6. 8. 1962, pag. 2005/62. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CEE) n. 881/92 (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (8) GU n. L 335 del 22. 12. 1984, pag. 72. Direttiva modificata dalla direttiva 90/398/CEE (GU n. L 202 del 31. 7. 1990, pag. 46). (9) Compresi gli atti che l'hanno modificata, ossia le pertinenti disposizioni dell'atto di adesione del 1985 e le direttive 79/5/CEE, 82/3/CEE, 82/603/CEE, 86/544/CEE e 91/224/CEE. ALLEGATO PARTE A Termini di recepimento o di applicazione Direttiva Data limite di recepimento o di applicazione 75/130/CEE (GU n. L 48 del 22. 2. 1975, pag. 31) 30 giugno 1975 79/ 5/CEE (GU n. L 5 del 9. 1. 1979, pag. 33) 1o luglio 1979 82/ 3/CEE (GU n. L 5 del 9. 1. 1982, pag. 12) - 82/603/CEE (GU n. L 247 del 23. 8. 1982, pag. 6) 1o aprile 1983 86/544/CEE (GU n. L 320 del 15. 11. 1986, pag. 33) 1o luglio 1987 91/224/CEE (GU n. L 103 del 23. 4. 1991, pag. 1) 1o gennaio 1992 PARTE B Tabella di corrispondenza Presente direttiva Direttiva 75/130/CEE Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 11 Articolo 9 Articolo 12 Articolo 10 - Articolo 11 - Articolo 12 Articolo 13 Allegato -
Trasporto intermodale: trasporto combinato di merci tra paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a promuovere le operazioni di trasporto intermodale* sostenendo le operazioni internazionali che soddisfano determinati criteri (cioè il trasporto detto combinato):salvaguardando il trasporto combinato dalle restrizioni nazionali (regimi di autorizzazione, tariffe e aliquote);chiarendo che le restrizioni del cabotaggio stradale * non si applicano ai tragitti stradali di trasporto combinato;consentendo carichi più pesanti e più grandi per i veicoli utilizzati nei tragitti stradali di trasporto combinato;concedendo sostegno finanziario attraverso incentivi fiscali e definizione ampliata di trasporto in proprio per le operazioni di trasporto combinato. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva fa riferimento al trasporto combinato di merci tra paesi dell’Unione europea (Unione) in cui:il veicolo o il rimorchio utilizza la strada nel tratto iniziale o finale del viaggio; e nell’altro tratto, i servizi ferroviari o le vie d’acqua interne o i servizi marittimi se questa sezione supera i 100 km in linea d’aria; e effettua il tratto iniziale o finale del viaggio di trasporto su strada:tra il punto in cui le merci vengono caricate e la stazione di carico ferroviaria idonea più vicina per il tratto iniziale e tra le stazioni di scarico ferroviarie appropriate più vicine e il punto in cui le merci vengono scaricate per l’ultima tratta, oentro un raggio non superiore a 150 km in linea d’aria dal porto sulla via d’acqua interna o porto marittimo di carico o scarico.Le dimensioni massime autorizzate e i pesi massimi autorizzati per i veicoli che eseguono viaggi transfrontalieri sono definite dalla direttiva 96/53/CE (si veda la sintesi). Documenti di trasporto In caso di trasporto combinato il documento di trasporto deve indicare:le stazioni ferroviarie di carico e scarico relative al percorso ferroviario; e i porti fluviali di imbarco o di sbarco relativi al percorso per via d’acqua interna o dei porti marittimi di imbarco o di sbarco relativi al percorso marittimo.Trasporto transfrontalieroTutti i vettori stradali stabiliti in un paese dell’Unione e che possiedono i requisiti per l’accesso alla professione e al mercato per i trasporti di merci fra paesi dell’Unione hanno il diritto di effettuare, nel quadro di un trasporto combinato tra paesi dell’Unione, tragitti stradali iniziali e/o terminali che costituiscono parte integrante del trasporto combinato e comprendono o meno il varco di una frontiera. La direttiva stabilisce regole specifiche per le operazioni di trasporto combinato in cui l’impresa mittente/ricevente effettua il tragitto stradale iniziale/terminale per conto proprio. L’impresa mittente/ricevente può inoltre effettuare le operazioni di trasporto per conto proprio in determinate condizioni.Il regolamento (CE) n. 1072/2009 fissa norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto di merci dell’Unione destinate ai trasportatori non residenti che effettuano il cabotaggio stradale (si veda la sintesi). Obblighi dei paesi dell’Unione I paesi dell’Unione sono tenuti ad adottare misure che garantiscano che le tasse sui veicoli a motore applicabili ai veicoli stradali che effettuano trasporto combinato siano ridotte o rimborsate. Revisione La Commissione europea redige un rapporto per il Consiglio ogni due anni sullo sviluppo del trasporto combinato. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 15 dicembre 1992, con l’obbligo di essere recepita dalle legislazioni nazionali entro il 30 giugno 1993. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Trasporto multimodale e combinato (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Intermodale: il trasporto di merci che sfrutta servizi ferroviari, vie d’acqua interne o servizi marittimi in aggiunta al trasporto su strada. Cabotaggio: l’attività esercitata da un trasportatore registrato in un paese dell’Unione che effettua un servizio di trasporto nazionale in un altro paese dell’Unione. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri (GU L 368 del 17.12.1992, pag. 38). Le successive modifiche alla direttiva 92/106/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada (GU L 300 del 14.11.2009, pag. 72). Si veda la versione consolidata. Direttiva 96/53/CE del Consiglio, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (GU L 235 del 17.9.1996, pag. 59). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2018/1192 DELLA COMMISSIONE dell'11 luglio 2018 sull'attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia [notificata con il numero C(2018) 4495] (Il testo in lingua greca è il solo facente fede) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (1), in particolare l'articolo 2, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) Dal 2010 la Grecia riceve assistenza finanziaria dagli Stati membri della zona euro. In particolare, a sostegno del primo programma di aggiustamento macroeconomico, tra maggio 2010 e dicembre 2011 la Grecia ha ricevuto dagli Stati membri la cui moneta è l'euro 52 900 milioni di euro di prestiti bilaterali, che la Commissione ha raccolto e messo a disposizione nel quadro del meccanismo di prestito alla Grecia; a sostegno del secondo programma di aggiustamento macroeconomico, tra marzo 2012 e febbraio 2015 la Grecia ha ricevuto ulteriori prestiti per 130 900 milioni di euro forniti dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (2); tra agosto 2015 e giugno 2018 la Grecia ha poi ricevuto un importo supplementare di 59 900 milioni di euro (3) sotto forma di prestiti da parte del meccanismo europeo di stabilità. Nel complesso, le passività in essere della Grecia nei confronti degli Stati membri della zona euro, del Fondo europeo di stabilità finanziaria e del meccanismo europeo di stabilità ammontano a 243 700 milioni di euro. Inoltre, a sostegno del primo e del secondo programma di aggiustamento economico, la Grecia ha ricevuto dal Fondo monetario internazionale un'assistenza finanziaria pari a 32 100 milioni di euro. (2) L'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità scadrà il 20 agosto 2018. (3) Le condizioni di natura politica associate all'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità sono state definite nella decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio (4), successivamente modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio (5). Tali condizioni sono state ulteriormente specificate nel memorandum d'intesa del meccanismo europeo di stabilità sulle condizioni specifiche di natura economica (il «memorandum d'intesa») firmato dalla Commissione, a nome del meccanismo europeo di stabilità, e dalla Grecia il 19 agosto 2015 e nelle sue successive quattro modifiche. (4) Nel quadro dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha attuato un gran numero di riforme che riguardano un'ampia gamma di settori strategici: (i) la sostenibilità di bilancio, (ii) la stabilità finanziaria, (iii) le riforme strutturali volte a rafforzare la competitività e la crescita e (iv) la pubblica amministrazione. Sulla base del considerevole numero di azioni realizzate nell'ambito del programma, è opportuno nel medio termine proseguire le principali riforme strutturali e istituzionali, per assicurarne il completamento e la piena efficacia. (5) Grazie alle azioni intraprese dal governo greco, gli squilibri del bilancio e dei flussi esterni sono stati in larga misura corretti. Il saldo delle amministrazioni pubbliche è stato positivo nel 2016 e nel 2017 e la Grecia è sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di un avanzo primario pari al 3,5 % del prodotto interno lordo nel 2018 e nel medio termine. I prestiti esterni netti sono tornati su valori positivi nel 2015 e hanno successivamente evidenziato soltanto disavanzi modesti. L'economia è in ripresa, con una crescita dell'1,4 % nel 2017, e la disoccupazione è in calo. La Grecia ha migliorato la propria posizione per quanto riguarda le componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance dei paesi. (6) Tuttavia, nonostante le riforme, la Grecia continua a registrare notevoli squilibri degli stock e significative debolezze, retaggio del passato. In particolare, come risulta anche dalla relazione della Commissione del 2018 sul meccanismo di allerta [preparata conformemente agli articoli 3 e 4 del regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (6)], la Grecia si trova ad affrontare i problemi qui di seguito elencati. Dopo il picco del 180,8 % del prodotto interno lordo raggiunto alla fine del 2016, alla fine del 2017 il debito pubblico rimaneva elevato, attestandosi al 178,6 % del PIL, il livello più alto dell'Unione. Anche la posizione patrimoniale netta sull'estero, pari a quasi – 140 % del prodotto interno lordo nel 2016, continua a rimanere molto elevata; inoltre, sebbene sia prossimo al pareggio, il saldo delle partite correnti è ancora insufficiente per permettere che l'elevata posizione patrimoniale netta sull'estero scenda a livelli prudenti ad un ritmo soddisfacente. La disoccupazione, pur in calo rispetto al picco del 27,9 % registrato nel 2013, era ancora al 20,1 % nel marzo 2018. Sia il tasso di disoccupazione di lunga durata (15,3 % alla fine del 2017) che il tasso di disoccupazione giovanile (43,8 % nel marzo 2018) rimangono molto elevati. Il contesto imprenditoriale continua a necessitare di ulteriori miglioramenti significativi, essendo la Grecia ancora ben lontana dalle migliori posizioni per quanto riguarda molte delle componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance (ad esempio, l'esecuzione dei contratti, la registrazione dei beni immobili, la risoluzione delle situazioni di insolvenza, ecc.). (7) Pur rimanendo sufficientemente capitalizzato, il settore bancario continua a dover affrontare problemi legati ai bassi livelli di redditività e agli ingenti stock di esposizioni deteriorate; inoltre, permangono forti legami con lo Stato. A fine marzo 2018 lo stock delle esposizioni deteriorate era ancora molto elevato, essendo pari a 92,4 miliardi di EUR, corrispondenti al 48,5 % del totale delle esposizioni in bilancio. Nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha adottato atti legislativi fondamentali per agevolare il risanamento dei bilanci delle banche, ma saranno necessari sforzi costanti per portare il tasso di esposizioni deteriorate a livelli sostenibili e consentire agli istituti finanziari di svolgere in maniera continuativa le loro funzioni di intermediazione e di gestione del rischio. È stata inoltre adottata una tabella di marcia per l'allentamento dei controlli sui capitali, che ha lo scopo di ripristinare la fiducia dei depositanti. Mentre alcuni controlli sui capitali sono stati allentati, è opportuno proseguire il lavoro intrapreso, sulla base di parametri di riferimento concordati. (8) Dopo essere stata esclusa dai mercati finanziari nel 2010, dal luglio 2017 la Grecia può nuovamente contrarre prestiti su tali mercati attraverso l'emissione di titoli di Stato. Tuttavia, in un contesto caratterizzato da episodi di volatilità sui mercati finanziari, i rendimenti dei titoli di Stato greci rimangono a livelli elevati rispetto ad altri Stati membri della zona euro, mentre le condizioni di prestito della Grecia rimangono fragili a fronte dei rischi economici esterni. Sono quindi necessari ulteriori sforzi per garantire l'accesso stabile e continuo dello Stato al mercato. (9) Alla luce di quanto precede, la Commissione conclude che la Grecia continua ad essere esposta a rischi di instabilità finanziaria che, se si dovessero concretizzare, potrebbero avere ripercussioni negative sugli altri Stati membri della zona euro. Queste ricadute negative potrebbero manifestarsi indirettamente incidendo sulla fiducia degli investitori e, di conseguenza, sui costi di rifinanziamento delle banche e degli emittenti sovrani in altri Stati membri della zona euro. (10) Il 22 giugno 2018 l'Eurogruppo ha concordato a livello politico di attuare ulteriori misure volte a garantire la sostenibilità del debito. La Grecia ha un elevato stock di debito pubblico, che alla fine del 2017 era pari al 178,6 % del prodotto interno lordo. La Grecia ha già beneficiato di generosi aiuti finanziari dei partner europei a condizioni agevolate, mentre misure specifiche volte a ricondurre il debito su basi più sostenibili sono state adottate nel 2012 e nuovamente dal meccanismo europeo di stabilità nel 2017. L'analisi della sostenibilità del debito del giugno 2018 realizzata dalla Commissione di concerto con la Banca centrale europea e in collaborazione con il meccanismo europeo di stabilità ha rilevato che, in assenza di ulteriori misure, si configuravano notevoli rischi relativi alla sostenibilità del debito, poiché secondo le proiezioni il fabbisogno finanziario lordo della Grecia supererà nel lungo periodo il 20 % del prodotto interno lordo, valore che corrisponde alla soglia stabilita dall'Eurogruppo come punto di riferimento per la valutazione dei rischi relativi alla sostenibilità del debito. Le misure che l'Eurogruppo ha concordato il 22 giugno 2018 su tale base comprendono la proroga di altri 10 anni delle durate medie ponderate, il rinvio di altri 10 anni del pagamento degli interessi e dell'ammortamento e l'attuazione di altre misure relative al debito. Combinate con un esborso di 15 000 milioni di euro, grazie al quale la riserva di liquidità dovrebbe coprire il fabbisogno di finanziamento del debito sovrano per circa 22 mesi dopo la fine del programma, tali misure dovrebbero, secondo le previsioni basate sulle ipotesi dello scenario di base della Commissione, essere sufficienti per assicurare la sostenibilità del debito e garantire che il fabbisogno di finanziamento lordo rimanga al di sotto del 20 % del prodotto interno lordo fino al 2060. Secondo lo scenario negativo, le misure a medio termine concordate dall'Eurogruppo darebbero un contributo positivo alla sostenibilità del debito per un certo tempo, garantendo che le percentuali del fabbisogno finanziario lordo rimangano al di sotto delle soglie concordate fino al 2036. L'Eurogruppo ha convenuto di riesaminare alla fine del periodo di tolleranza dello Strumento europeo di stabilità finanziaria, ossia nel 2032, se saranno necessarie misure supplementari relative al debito per assicurare il rispetto degli obiettivi concordati in materia di fabbisogno finanziario lordo, a condizione che sia rispettato il quadro di bilancio dell'Unione europea, e se necessario adottare le opportune azioni. (11) Tuttavia, nel medio periodo, la Grecia deve continuare ad adottare misure volte ad affrontare le cause e le cause potenziali di difficoltà e ad attuare riforme strutturali a sostegno di una ripresa economica solida e sostenibile, tenuto conto degli effetti di diversi fattori ereditati dal passato. Tali fattori comprendono il grave e prolungato rallentamento dell'economia durante la crisi, l'entità dell'onere del debito della Grecia, le debolezze del suo settore finanziario, il permanere di legami relativamente forti tra il settore finanziario e le finanze pubbliche greche, anche sotto forma di proprietà statale, il rischio che gravi tensioni nell'uno o nell'altro settore si propaghino ad altri Stati membri, nonché l'esposizione degli Stati membri della zona euro al debito sovrano greco. (12) A tal fine, la Grecia ha assunto l'impegno, in sede di Eurogruppo, di proseguire e completare tutte le principali riforme adottate nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità e di garantire che vengano salvaguardati gli obiettivi delle importanti riforme adottate nell'ambito dei programmi di assistenza finanziaria. (13) La Grecia si è inoltre impegnata a realizzare azioni specifiche nei settori delle politiche di bilancio, ivi comprese quelle strutturali, della previdenza sociale, della stabilità finanziaria, dei mercati del lavoro e dei prodotti, della privatizzazione e della pubblica amministrazione. Tali azioni specifiche, che sono illustrate in un allegato della dichiarazione dell'Eurogruppo del 22 giugno 2018, contribuiranno a risolvere le potenziali cause di difficoltà economiche. (14) Al fine di affrontare i rischi residui e monitorare il rispetto degli impegni adottati per farvi fronte, risulta necessario e opportuno sottoporre la Grecia a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013. (15) La Grecia è stata ufficialmente consultata, anche tramite una lettera formale inviata il 4 luglio 2018, ed ha avuto la possibilità di esprimere il proprio parere in merito alla valutazione della Commissione. Nella sua risposta del 6 luglio 2018, la Grecia ha condiviso il giudizio della Commissione in merito alle sfide economiche che il paese si trova ad affrontare, che costituisce la base per l'attivazione della sorveglianza rafforzata. (16) La Grecia continuerà a beneficiare di assistenza tecnica nell'ambito del programma di sostegno alle riforme strutturali [di cui al regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio (7)] per l'elaborazione e l'attuazione delle riforme, così come per il proseguimento e il completamento delle principali riforme in linea con gli impegni politici soggetti a monitoraggio nell'ambito della sorveglianza rafforzata. (17) Nell'attuazione della sorveglianza rafforzata, la Commissione intende collaborare strettamente con il meccanismo europeo di stabilità, nel quadro del sistema di allarme rapido, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 La Grecia è sottoposta a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013 per un periodo di sei mesi, a decorrere dal 21 agosto 2018. Articolo 2 La Repubblica ellenica è destinataria della presente decisione. Fatto a Bruxelles, l'11 luglio 2018 Per la Commissione Pierre MOSCOVICI Membro della Commissione (1) GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1. (2) Al netto delle obbligazioni del FESF di valore pari a 10 900 milioni di euro trasferite al Fondo ellenico di stabilità finanziaria nel marzo 2012 che sono state restituite nel febbraio 2015. (3) Al netto dei prestiti per la ricapitalizzazione delle banche pari a 2 000 milioni di EUR che sono stati restituiti nel febbraio 2017. (4) Decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio, del 15 febbraio 2016, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 91 del 7.4.2016, pag. 27). (5) Decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio, del 30 giugno 2017, recante modifica della decisione di esecuzione (UE) 2016/544 che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 174 del 7.7.2017, pag. 22). (6) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25). (7) Regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che istituisce il programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e che modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 (GU L 129 del 19.5.2017, pag. 1).
Sostegno finanziario alla Grecia QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E IN COSA CONSISTE L’ASSISTENZA FINANZIARIA ALLA GRECIA? il regolamento (UE) n. 472/2013 è volto al rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria. Dal maggio del 2010 all’agosto del 2018 la Grecia ha ricevuto sostegno finanziario da parte dei paesi della zona euro e dal Fondo monetario internazionale (FMI) per far fronte alle difficoltà finanziarie e alle sfide economiche. Dopo la conclusione, il 20 agosto 2018, del programma di sostegno alla stabilità, la Grecia è stata pienamente integrata nel quadro del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche e sociali. Allo stesso tempo, il quadro di sorveglianza rafforzata * è stato attivato per la Grecia, come previsto dal regolamento 472 del 2013. PUNTI CHIAVE Il primo programma di aggiustamento:è stato annunciato dall’Eurogruppo il 2 maggio 2010;ha stanziato 52,9 miliardi di euro in prestiti bilaterali alla Grecia da parte dei paesi membri della zona euro nell’ambito dello strumento di prestito in favore della Grecia;l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 20 miliardi di euro. Il secondo programma di aggiustamento:è stato approvato dall’Eurogruppo il 9 marzo 2012 ed è rimasto in vigore fino al giugno 2015;ha fornito prestiti per 141,8 miliardi di euro da parte dei paesi della zona euro attraverso il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF);l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 12 miliardi di euro. Il terzo programma di aggiustamento:è iniziato il 19 agosto 2015 e si è concluso il 20 agosto 2018 come previsto;concede prestiti fino a 86 miliardi di euro provenienti dal MES. Per poter avviare i negoziati con l’UE sui termini del terzo programma di aggiustamento, la Grecia ha dovuto impegnarsi a:riformare il regime IVA e pensionistico;attuare la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche dell’UE;salvaguardare l’indipendenza dell’autorità greca di statistica;adottare un codice di procedura civile. Inoltre, la Grecia ha accettato di:ripristinare la sostenibilità fiscale riformando i sistemi IVA e previdenziali e combattendo l’evasione fiscale;salvaguardare la stabilità finanziaria tramite la ricapitalizzazione delle banche (ossia ristrutturando il debito e il capitale di rischio) e il rafforzamento della loro governance;attuare riforme che promuovano la crescita economica, la creazione di occupazione, la competitività e gli investimenti;modernizzare lo Stato e la pubblica amministrazione, migliorando in particolare l’efficienza del sistema giudiziario e rafforzando la lotta alla corruzione. Alla conclusione positiva del terzo programma di aggiustamento, la Commissione europea ha adottato la decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 che ha attivato una sorveglianza economica e di bilancio rafforzata per la Grecia, con effetto a decorrere dal 21 agosto 2018. Un primo rapporto di sorveglianza rafforzata sulla Grecia è stato pubblicato a novembre 2018 e un secondo a febbraio 2019. La decisione di esecuzione (UE) 2019/338 ha prorogato il periodo di sorveglianza rafforzata per un ulteriore periodo di sei mesi a decorrere dal 21 febbraio 2019.Il 5 giugno 2019 è stato pubblicato il terzo rapporto di sorveglianza rafforzata per la Grecia. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 30 maggio 2013. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Assistenza finanziaria alla Grecia (Commissione europea) Quadro di sorveglianza rafforzata per la Grecia (Commissione europea) Programma MES per la Grecia (Meccanismo europeo di stabilità). TERMINI CHIAVE Sorveglianza rafforzata: un quadro post-programma adattato alla Grecia in vista della crisi di lunga data e delle sfide affrontate. Esso sosterrà la realizzazione, il completamento e la continuità dell’attuazione delle riforme concordate nell’ambito del programma, in linea con gli impegni assunti dalle autorità greche attraverso il monitoraggio rigoroso della situazione economica, fiscale e finanziaria e la sua evoluzione. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1). Decisione di esecuzione (UE) 2019/338 della Commissione, del 20 febbraio 2019, sulla proroga della sorveglianza rafforzata della Grecia (GU L 60 del 28.2.2019, pag. 17). Decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 della Commissione, dell’11 luglio 2018, sull’attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia (GU L 211 del 22.8.2018, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Decisione di esecuzione (UE) 2015/1411 del Consiglio, del 19 agosto 2015, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico della Grecia (GU L 219 del 20.8.2015, pag. 12). Decisione di esecuzione (UE) 2015/1181 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che fornisce alla Grecia sostegno finanziario dell’Unione a breve termine (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 15). Decisione di esecuzione (EU) 2015/1182 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che approva il programma di aggiustamento della Grecia (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 19).
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Accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (Accordo di Bonn) Gazzetta ufficiale n. L 188 del 16/07/1984 pag. 0009 - 0016 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 4 pag. 0191 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 4 pag. 0191 edizione speciale spagnola: capitolo 15 tomo 5 pag. 0035 edizione speciale portoghese: capitolo 15 tomo 5 pag. 0035 TRADUZIONE ACCORDO concernente la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (Accordo di Bonn) I GOVERNI DEL REGNO DEL BELGIO, DEL REGNO DI DANIMARCA, DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, DELLA REPUBBLICA FRANCESE, DEL REGNO DEI PAESI BASSI, DEL REGNO DI NORVEGIA, DEL REGNO DI SVEZIA, DEL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD E LA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA, RICONOSCENDO che l'inquinamento delle acque dovuto agli idrocarburi e ad altre sostanze pericolose nella regione del Mare del Nord può rappresentare un pericolo per l'ambiente marino e per gli interessi degli Stati costieri, PRENDENDO ATTO del fatto che l'inquinamento di cui trattasi ha diverse fonti e che i sinistri e gli altri eventi che interessano le acque marittime suscitano vive inquietudini, CONVINTI che l'attiva cooperazione e la reciproca assistenza fra gli Stati, insieme alla loro capacità di combattere contro l'inquinamento, sono indispensabili per proteggere le coste di questi stessi Stati ed i loro interessi ad esse connessi, FELICITANDOSI dei progressi già realizzati nel quadro dell'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento delle acque del Mare del Nord causato dagli idrocarburi, firmato a Bonn il 9 giugno 1969, DESIDERANDO promuovere l'assistenza reciproca e la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Il presente accordo si applica quando la presenza o la minaccia di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che inquinano o possono inquinare le acque nella regione del Mare del Nord, qual è definita all'articolo 2 del presente accordo, costituisce un pericolo grave ed imminente per le coste o per gli interessi ad esse connessi di una o più parti contraenti. Articolo 2 Agli effetti del presente accordo, per regione del Mare del Nord s'intende il Mare del Nord propriamente detto a sud del 61° grado di latitudine nord nonché: a) lo Skagerrak, il cui limite meridionale è determinato dalla latitudine 57°44'00",8 N a est del capo di Skagen; b) la Manica e i suoi accessi ad est di una linea tracciata ad una distanza di 50 miglia marine ad ovest di una linea che unisce le isole Scilly all'isola di Ouessant. Articolo 3 1. Le parti contraenti ritengono che la protezione contro l'inquinamento, quale esso è descritto all'articolo 1 del presente accordo, richieda un'attiva cooperazione fra loro. 2. Le parti contraenti elaborano e stabiliscono insieme linee direttrici per quanto riguarda gli aspetti pratici, operativi e tecnici di un'azione congiunta. Articolo 4 Le parti contraenti si impegnano a fornire alle altre parti contraenti informazioni concernenti: a) l'organismo nazionale competente in materia di lotta contro l'inquinamento ai sensi dell'articolo 1 del presente accordo; b) l'autorità competente per ricevere e trasmettere le informazioni relative all'inquinamento e per trattare le questioni di reciproca assistenza fra le parti contraenti; c) i mezzi nazionali che si potrebbero mettere a disposizione nel quadro dell'assistenza internazionale al fine di far fronte all'inquinamento o di prevenirlo; d) i nuovi metodi che permettono di evitare l'inquinamento ed i procedimenti nuovi ed efficaci per farvi fronte; e) i principali incidenti cui si è fatto fronte in relazione al tipo di inquinamento di cui trattasi. Articolo 5 1. Ogniqualvolta una parte contraente viene a conoscenza di un incidente o della presenza nella regione del Mare del Nord di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che potrebbero costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di un'altra parte contraente, essa ne informa immediatamente quest'ultima tramite la sua autorità competente. 2. Le parti contraenti si impegnano a invitare i capitani di tutte le navi battenti la loro bandiera nazionale ed i piloti degli aerei immatricolati nel loro paese a segnalare immediatamente con i mezzi più pratici e più adeguati tenuto conto delle circostanze: a) tutti gli incidenti che causano o possono causare un inquinamento marino; b) la presenza, la natura e l'estensione degli idrocarburi o di altre sostanze pericolose che possono costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di una o più parti contraenti. 3. Le parti contraenti predispongono un formulario tipo per segnalare l'inquinamento come previsto al paragrafo 1 del presente articolo. Articolo 6 1. Ai soli effetti del presente accordo la regione del Mare del Nord è suddivisa in zone, come indicato nell'allegato al presente accordo. 2. La parte contraente nella cui zona sopravviene un evento del tipo descritto all'articolo 1 del presente accordo, esegue le valutazioni necessarie per quanto riguarda la natura e l'entità dell'incidente o, se del caso, il tipo e la quantità approssimativa degli idrocarburi o delle altre sostanze pericolose, nonché la loro direzione e velocità di spostamento. 3. La parte contraente interessata trasmette immediatamente a tutte le altre parti contraenti, tramite l'autorità competente di quest'ultima, informazioni in merito alle valutazioni da essa eseguite, come pure in ordine agli interventi decisi per combattere contro detti idrocarburi o altre sostanze pericolose ; essa continua a tenere sotto controllo tali sostanze per tutto il tempo in cui esse si trovano nella sua zona. 4. Gli obblighi che incombono alle parti contraenti conformemente al disposto del presente articolo per quanto riguarda le cosiddette zone di responsabilità comune formano oggetto di specifici accordi tecnici tra le parti interessate. Detti accordi sono comunicati alle altre parti contraenti. Articolo 7 Le parti contraenti che abbiano bisogno di assistenza per far fronte ad un inquinamento o ad una minaccia di inquinamento nel mare o sulle loro coste possono chiedere la collaborazione delle altre parti contraenti. Le parti che chiedono assistenza precisano il tipo di aiuto di cui hanno bisogno. Le parti contraenti di cui è richiesta la collaborazione a norma del presente articolo compiono tutti gli sforzi possibili per collaborare nei limiti dei propri mezzi e tenendo conto - segnatamente nel caso di inquinamento dovuto a sostanze pericolose diverse dagli idrocarburi - delle possibilità tecnologiche a loro disposizione. Articolo 8 1. Le disposizioni del presente accordo non vanno interpretate in modo da arrecare pregiudizio ai diritti e agli obblighi delle parti contraenti in conformità del diritto internazionale, in particolare per quanto riguarda la prevenzione e la lotta contro l'inquinamento marino. 2. In nessun caso la suddivisione in zone di cui all'articolo 6 del presente accordo può essere invocata come precedente o come argomento in materia di sovranità o di giurisdizione. Articolo 9 1. In mancanza di un accordo sulle disposizioni finanziarie applicabili agli interventi compiuti dalle parti contraenti per combattere contro l'inquinamento - accordo che potrebbe essere concluso a livello bilaterale o multilaterale, o in occasione di un'operazione congiunta di lotta - le parti contraenti sostengono, conformemente a quanto è disposto dalle lettere a) o b) qui appresso, le spese derivanti dalle loro azioni rispettive per far fronte all'inquinamento: a) quando l'intervento è compiuto da una parte contraente dietro espressa richiesta di un'altra parte contraente, la parte contraente che ha richiesto l'assistenza rimborsa alla parte contraente che l'ha prestata le spese inerenti all'esecuzione dell'intervento di cui trattasi; b) quando l'intervento è compiuto per iniziativa esclusiva di una parte contraente, le spese relative sono a carico di quest'ultima. 2. La parte contraente che ha richiesto l'assistenza é libera di revocare in qualunque momento la sua richiesta, ma in tale caso assume a proprio carico le spese già sostenute o impegnate dalla parte contraente che è venuta in suo aiuto. Articolo 10 Salvo accordo contrario, le spese derivanti da un intervento deciso da una parte contraente dietro richiesta di un'altra parte contraente sono calcolate secondo le disposizioni legislative e le prassi che nel paese che presta il suo aiuto sono applicabili al rimborso di spese del genere da parte di una persona fisica o di un organismo responsabile. Articolo 11 L'articolo 9 del presente accordo non può essere interpretato in modo da pregiudicare il diritto delle parti contraenti di recuperare presso terzi le spese derivanti da azioni intraprese per far fronte, in forza di altre disposizioni o norme applicabili nell'ambito del diritto interno e internazionale, ad eventi inquinanti o alla minaccia di inquinamento. Articolo 12 1. Le riunioni delle parti contraenti si svolgono a intervalli regolari e in qualunque momento in cui, per particolari circostanze, sia così deciso conformemente al regolamento interno. 2. In occasione della prima riunione le parti contraenti stabiliscono un regolamento interno ed un regolamento finanziario da adottarsi all'unanimità dei voti. 3. Il governo depositario convoca la prima riunione delle parti contraenti non appena possibile dopo l'entrata in vigore del presente accordo. Articolo 13 Nei settori di sua competenza la Comunità economica europea esercita il diritto di voto con un numero di voti pari al numero degli Stati membri che sono parti contraenti del presente accordo. La Comunità economica europea non esercita il diritto di voto allorché i suoi Stati membri esercitino il loro e viceversa. Articolo 14 Nel corso delle riunioni spetta alle parti contraenti: a) esercitare una sorveglianza generale sull'attuazione del presente accordo; b) esaminare regolarmente l'efficacia delle misure prese in forza del presente accordo; c) assumere qualunque altra funzione che possa rivelarsi necessaria conformemente alle disposizioni del presente accordo. Articolo 15 1. Le parti contraenti prendono le necessarie disposizioni per provvedere all'assolvimento delle funzioni di segreteria inerenti al presente accordo, tenendo conto delle disposizioni che allo stesso fine sono già previste da altri accordi internazionali in materia di prevenzione dell'inquinamento marino in vigore nella stessa regione in cui si applica il presente accordo. 2. Ciascuna parte contraente contribuisce in ragione del 2,5 % alle spese annuali derivanti dall'accordo. Il saldo delle spese è ripartito tra le parti contraenti diverse dalla Comunità economica europea, in proporzione al loro prodotto nazionale lordo, conformemente alla tabella di ripartizione regolarmente votata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. In nessun caso il contributo di una parte contraente al regolamento del saldo può essere superiore al 20 % del saldo stesso. Articolo 16 1. Salve restando le disposizioni dell'articolo 17 del presente accordo, le proposte di emendamento del presente accordo o del relativo allegato, presentate da una parte contraente, sono esaminate nel corso di una riunione delle parti contraenti. Dopo l'adozione della proposta con voto unanime, il governo depositario notifica l'emendamento alle parti contraenti. 2. L'emendamento entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui il governo depositario ha ricevuto notifica della sua approvazione da parte di tutte le parti contraenti. Articolo 17 1. Due o più parti contraenti possono modificare i limiti comuni delle loro zone quali sono definite nell'allegato al presente accordo. 2. La relativa modifica entrerà in vigore per tutte le parti contraenti il primo giorno del sesto mese successivo alla data dell'avvenuta notifica ad opera del governo depositario, a meno che, entro un termine di tre mesi a decorrere da detta notifica, una parte contraente abbia sollevato un'obiezione o abbia chiesto consultazioni in materia. Articolo 18 1. Il presente accordo potrà essere firmato dai governi degli Stati invitati a partecipare alla conferenza sull'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento da idrocarburi e da altre sostanze pericolose delle acque del Mare del Nord, riunita a Bonn il 13 settembre 1983, nonché dalla Comunità economica europea. 2. Questi stessi Stati e la Comunità economica europea potranno divenire parti del presente accordo sia mediante firma senza riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, sia mediante firma con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione seguita dall'atto di ratifica, di accettazione o di approvazione. 3. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania. Articolo 19 1. Il presente accordo entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui i governi di tutti gli Stati di cui all'articolo 18 del presente accordo e la Comunità economica europea l'avranno firmato senza riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione o avranno depositato uno strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione. 2. All'entrata in vigore del presente accordo, l'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento da idrocarburi nelle acque del Mare del Nord, firmato a Bonn il 9 giugno 1969, cesserà di essere in vigore. Articolo 20 1. Le parti contraenti possono invitare all'unanimità qualunque altro Stato costiero dell'Atlantico nordorientale ad aderire al presente accordo. 2. In tal caso, l'articolo 2 del presente accordo ed il relativo allegato saranno emendati in conformità. Gli emendamenti saranno adottati con voto unanime in occasione di una riunione delle parti contraenti e prenderanno effetto al momento dell'entrata in vigore del presente accordo per lo Stato aderente. Articolo 21 1. Per ciascuno Stato che aderisce al presente accordo, quest'ultimo entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui lo Stato aderente avrà presentato lo strumento di adesione. 2. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania. Articolo 22 1. Il presente accordo può essere denunciato da qualunque parte contraente allo scadere di un periodo di cinque anni a decorrere dalla data dell'entrata in vigore. 2. Alla denuncia si fa luogo mediante notifica scritta, da inviarsi al governo depositario, che a sua volta notifica a tutte le altre parti contraenti la denuncia ricevuta e la datta della relativa ricezione. 3. La denuncia ha effetto un anno dopo la data in cui la notifica è ricevuta dal governo depositario. Articolo 23 Il governo depositario informa le parti contraenti e quelle di cui all'articolo 18 del presente accordo in merito: a) alle firme del presente accordo; b) al deposito degli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, nonché in ordine alla ricezione di una notifica di denuncia; c) alla data di entrata in vigore del presente accordo; d) alla ricezione delle notifiche di approvazione relative agli emendamenti apportati al presente accordo o al suo allegato, nonché alla data di entrata in vigore di detti emendamenti. Articolo 24 L'originale del presente accordo, redatto in lingua francese, inglese e tedesca, tutti i testi facenti ugualmente fede, sarà depositato presso il governo della Repubblica federale di Germania, che ne rimette una copia certificata conforme alle parti contraenti, nonché al segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, ai fini della registrazione e della pubblicazione conformemente all'articolo 102 della Carta delle Nazioni Unite. In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati dai rispettivi governi, hanno firmato il presente accordo. Fatto a Bonn, il 13 settembre 1983. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS BELGIEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF BELGIUM, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE BELGIQUE: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS DÄNEMARK, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF DENMARK, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE DANEMARK: Vorbehaltlich der Genehmigung, Subject to approval, Sous réserve d'approbation. FÜR DIE REGIERUNG DER FRANZÖSISCHEN REPUBLIK, FOR THE GOVERNMENT OF THE FRENCH REPUBLIC, POUR LE GOUVERNEMENT DE LA RÉPUBLIQUE FRANÇAISE: FÜR DIE REGIERUNG DER BUNDESREPUBLIK DEUTSCHLAND, FOR THE GOVERNMENT OF THE FEDERAL REPUBLIC OF GERMANY, POUR LE GOUVERNEMENT DE LA RÉPUBLIQUE FÉDÉRALE D'ALLEMAGNE: FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS DER NIEDERLANDE, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF THE NETHERLANDS, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DES PAYS-BAS: Vorbehaltlich der Annahme, Subject to acceptance, Sous réserve d'acceptation. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS NORWEGEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF NORWAY, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE NORVÈGE: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS SCHWEDEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF SWEDEN, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE SUÈDE: FÜR DIE REGIERUNG DES VEREINIGTEN KÖNIGREICHS GROSSBRITANNIEN UND NORDIRLAND, FOR THE GOVERNMENT OF THE UNITED KINGDOM OF GREAT BRITAIN AND NORTHERN IRELAND, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME-UNI DE GRANDE-BRETAGNE ET D'IRLANDE DU NORD: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE EUROPÄISCHE WIRTSCHAFTSGEMEINSCHAFT, FOR THE EUROPEAN ECONOMIC COMMUNITY, POUR LA COMMUNAUTÉ ÉCONOMIQUE EUROPÉENNE: Vorbehaltlich der Annahme, Subject to acceptance, Sous réserve d'acceptation. ALLEGATO DESCRIZIONE DELLE ZONE DI CUI ALL'ARTICOLO 6 DEL PRESENTE ACCORDO Le zone, eccetto le zone cosiddette di responsabilità comune, sono delimitate dalle linee che uniscono i seguenti punti: >PIC FILE= "T0026030"> Le zone cosiddette di responsabilità comune sono delimitate come segue: 1. Belgio, Francia e Regno Unito La regione marina situata fra i paralleli 51°32' N e 51°06' N. 2. Francia e Regno Unito La Manica a sud-ovest del parallelo 51°06' N fino ad una linea che unisce i punti 49°52' N 07°44' O e 48°27' N 06°25' O. 3. Danimarca e Svezia La regione dello Skagerrak situata fra i seguenti punti: >PIC FILE= "T0026031">
Accordo di Bonn concernente la lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose, compreso l’inquinamento atmosferico provocato dalla navigazione QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un sistema di cooperazione tra le parti contraenti a favore della lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose. La decisione 84/358/CEE conclude l’accordo a nome della Comunità economica europea (attualmente Unione europea). Nel 2019 le parti contraenti hanno approvato l’adesione della Spagna e l’estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo all’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi come disciplinato nell’allegato VI della convenzione internazionale dell’organizzazione marittima internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (convenzione MARPOL). La decisione (UE) 2021/176 attesta la conclusione da parte dell’Unione europea relativa all’estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo e all’adesione della Spagna. PUNTI CHIAVE Parti contraenti Le parti contraenti dell’accordo di Bonn, la cui modifica più recente risale al 2021, sono i governi di Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia, nonché l’Unione europea (Unione). Tratti di mare contemplati dall’accordo L’accordo riguarda il grande Mare del Nord e i suoi accessi più estesi: si tratta di uno dei tratti marittimi più trafficati al mondo. Dall’adesione della Spagna all’accordo, comprende:il Mare del Nord propriamente detto, a sud della latitudine 61° 0' 00,00" N; lo Skagerrak, il cui limite meridionale è determinato a est del capo di Skagen dalla latitudine 57° 44' 43,00" N; il golfo di Guascogna, delimitato a sud e a ovest dalla linea definita nella parte I dell’allegato dell’accordo; le altre acque, che comprendono il Mare d’Irlanda, il Mar Celtico, il Mare Malin, il grande Minch, il piccolo Minch, una parte del Mare di Norvegia e parti dell’Atlantico nordorientale, delimitate a ovest e a nord dalla linea definita nella parte II dell’allegato dell’accordo.Ambito di applicazione Sviluppandosi sulla scia di un accordo precedente sottoscritto nel 1969, che verteva sull’inquinamento provocato da sversamenti di petrolio greggio, l’accordo di Bonn del 1984 si concentrava altresì sugli sversamenti di altre sostanze pericolose responsabili dell’inquinamento o che minacciavano di inquinare le acque nella regione del Mare del Nord. Nel 2019, le parti contraenti hanno convenuto di modificare l’accordo affinché contemplasse la cooperazione sul monitoraggio in conformità ai requisiti dell’allegato VI della convenzione MARPOL. L’allegato VI introduce limiti più severi riguardo al tenore di zolfo delle emissioni di ossido di zolfo nelle regioni di controllo, tra cui il Mare del Nord. La direttiva (UE) 2016/802 relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi incorpora le modifiche principali presenti nel diritto internazionale in materia di prevenzione dell’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi nel diritto dell’Unione (si veda la sintesi). Settori di attività Le parti contraenti concordano:sulla cooperazione attiva reciproca; sull’elaborazione e sulla definizione congiunte delle linee guida riguardo agli aspetti pratici, operativi e tecnici di un’azione congiunta; sulla condivisione di informazioni concernentil’organizzazione nazionale che si occupa del tipo di inquinamento preso in esame dall’accordo;l’autorità competente responsabile della ricezione e della trasmissione di relazioni di tale inquinamento e di trattare le questioni riguardanti le misure di assistenza reciproca;i mezzi nazionali che si potrebbero mettere a disposizione nel quadro dell’assistenza internazionale al fine di far fronte all’inquinamento o di prevenirlo;i nuovi metodi di prevenzione di tale inquinamento e di nuove misure efficaci per contrastarlo;i principali incidenti ambientali di questo tipo a cui hanno fatto fronte.Comunicazione degli incidenti e assistenza reciprocaLe parti contraenti concordano di fornire l’una all’altra segnalazioni di qualsiasi incidente o della presenza nella regione del Mare del Nord di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che potrebbero costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di un’altra parte contraente. Le parti contraenti hanno predisposto un formulario tipo per la segnalazione di incidenti ambientali. Una parte che si trova ad affrontare un incidente ambientale può richiedere l’assistenza delle altre parti. In linea generale, la parte contraente richiedente rimborsa alle parti che le prestano assistenza i costi di qualsiasi azione intrapresa.Attuazione Le parti contraenti attuano l’accordo tramite:il costante monitoraggio delle proprie zone di responsabilità al fine di rilevare la presenza di minacce di inquinamento marino, compreso il coordinamento del monitoraggio aereo e satellitare; l’allerta reciproca su qualsiasi minaccia; l’adozione di approcci operativi comuni affinché possano fare affidamento le une sulle altre per raggiungere gli standard necessari di prevenzione e ripulitura; il sostegno reciproco, ove richiesto, nelle operazioni di risposta; la condivisione di attività di ricerca e sviluppo; l’esecuzione di esercitazioni congiunte.Bilancio e segretariato Ciascuna parte contraente contribuisce in ragione del 2,5 % alle spese annuali derivanti dall’accordo e il saldo delle spese è ripartito tra le parti contraenti (diverse dall’Unione), in proporzione al loro prodotto nazionale lordo. Il segretariato dell’accordo ha sede a Londra. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo di Bonn del 1984 è entrato in vigore il 28 giugno 1984. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:A proposito dell’accordo di Bonn (sito web dell’accordo di Bonn). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo di Bonn) (GU L 188 del 16.7.1984, pag. 9). Decisione 84/358/CEE del Consiglio del 28 giugno 1984 relativa alla conclusione dell’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (GU L 188 del 16.7.1984, pag. 7). Decisione (UE) 2021/176 del Consiglio del 5 febbraio 2021 relativa alla conclusione degli emendamenti dell’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo di Bonn) in merito all’estensione dell’ambito di applicazione di tale accordo e l’adesione del Regno di Spagna a detto accordo (GU L 54 del 16.2.2021, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva (UE) 2016/802 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 58).
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese Gazzetta ufficiale n. L 006 del 11/01/2000 pag. 0040 - 0045 ACCORDOdi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cineseLA COMUNITÀ EUROPEA in seguito denominata "la Comunità",da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE,dall'altra,in seguito denominati "le parti",VISTO l'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese stipulato nel 1985,CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per lo sviluppo economico e sociale delle parti;CONSIDERATA la cooperazione scientifica e tecnologica in atto tra la Comunità e la Cina;CONSIDERATO che la Comunità europea e la Cina stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche, incluse attività di dimostrazione, in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizione di reciprocità;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di ampliare e rafforzare le attività di cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERATO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica si colloca nel contesto della cooperazione globale tra la Cina e la Comunità,CONVENGONO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", qualunque attività che le parti intraprendono o finanziano ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto di ricerche congiunte e qualsiasi altro dato ritenuto necessario dai partecipanti alle attività di cooperazione, incluse, se del caso, le parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca congiunta", ricerca, sviluppo tecnologico o dimostrazione attuata con o senza il finanziamento di una delle parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che della Cina e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle parti, che attuino programmi di ricerca scientifica. Se il finanziamento è erogato da una sola parte, la designazione spetta alla parte finanziatrice e ai partecipanti al progetto;e) "partecipante" o "organismo di ricerca", qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o qualunque altro soggetto giuridico o impresa avente sede nella Comunità o in Cina, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLe attività di cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) l'accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese dalle parti;c) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) una tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 4Settori di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può avere per oggetto tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, in seguito denominate "RST", comprese nella prima azione del programma quadro e descritte all'articolo 130 G del trattato che istituisce la Comunità europea nonché tutte le attività di RST analoghe intraprese in Cina nei corrispondenti settori scientifici e tecnologici.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione della Cina, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Modalità delle attività di cooperazionea) Nell'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, le parti favoriscono nella massima misura possibile l'adesione di partecipanti alle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:- partecipazione di organismi di ricerca cinesi a progetti di RST previsti dalla prima azione del programma quadro e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti cinesi intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle norme e alle procedure applicabili in ciascuna delle parti;- collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di RST delle parti;- visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico;- organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività;- azioni concertate;- scambi o condivisione di attrezzature e materiali;- scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo;- qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo e ritenuta conforme alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.I progetti congiunti di RST sono attuati dopo che i partecipanti hanno elaborato un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6Coordinamento e agevolazione delle attività di cooperazionea) Il coordinamento e la promozione delle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo sono di competenza del Ministero della scienza e della tecnologia, per conto della Cina, e dei servizi della Commissione delle Comunità europee in veste di organi esecutivi delle parti, per conto della Comunità.b) Gli organi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione nel campo della RST (in seguito denominato "comitato direttivo") a cui è affidata la gestione del presente accordo. Il comitato direttivo è formato da un numero pari di rappresentanti per ciascuna parte; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge, tra l'altro, le seguenti funzioni:1) promuove e controlla le varie attività di cooperazione menzionate all'articolo 4 nonché le attività eventualmente intraprese a titolo di cooperazione nel campo della RST ai fini dello sviluppo;2) indica anno per anno, tra i possibili settori di cooperazione ai sensi dell'articolo 5, lettera b), primo trattino, quali sono i settori e i sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;3) propone ai sensi dell'articolo 5, lettera b), secondo trattino, ai ricercatori di entrambe le parti le collaborazioni nei progetti da loro attuati che possono essere reciprocamente vantaggiose e complementari;4) formula raccomandazioni ai sensi dell'articolo 5, lettera b), settimo trattino;5) consiglia alle parti metodi per valorizzare e rafforzare la cooperazione coerenti con i principi stabiliti dal presente accordo;6) esamina l'efficienza e l'applicazione dell'accordo;7) compila ogni anno una relazione destinata alle parti sullo stato della cooperazione intrapresa in virtù del presente accordo, sul livello raggiunto dalla stessa e sui suoi risultati. Tale relazione è inviata alla Commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica del 1985 tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese.d) Il comitato direttivo si riunisce normalmente una volta all'anno, preferibilmente prima della riunione della Commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese del 1985, nelle date concordate tra le parti. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità e in Cina. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.e) I costi del comitato direttivo e le spese effettuate a suo nome sono a carico della parte a cui i membri si riferiscono. I costi diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno direttamente connessi con le riunioni del comitato direttivo sono a carico della parte ospitante.Articolo 7Finanziamentoa) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, delle politiche e dei programmi applicabili nelle parti. I costi sostenuti dai partecipanti alle attività di cooperazione non possono comportare trasferimenti di fondi da una parte all'altra.b) Qualora determinati programmi di cooperazione di una parte prevedano il finanziamento di partecipanti dell'altra parte, qualsiasi sovvenzione, contributo finanziario o di altro tipo erogato da una parte ai partecipanti dell'altra parte a favore di tali attività deve essere esentato da imposte, tasse e dazi doganali conformemente alla legge applicabile nel territorio di ciascuna parte.Articolo 8Circolazione del personale e delle apparecchiatureCiascuna delle parti adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle leggi vigenti nel territorio di ciascuna parte, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal territorio del personale, del materiale, delle informazioni e delle apparecchiature impiegati in attività di cooperazione individuate dalle parti in conformità del presente accordo.Articolo 9Divulgazione e utilizzazione di informazioniPer quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nel contesto della partecipazione a progetti comunitari di RST, gli organismi di ricerca aventi sede in Cina, che partecipano a progetti comunitari di RST, sono tenuti ad osservare le norme sulla diffusione dei risultati della ricerca derivanti da programmi specifici comunitari di RST e le disposizioni dell'allegato al presente accordo.Per quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nell'ambito della partecipazione ad attività di cooperazione, gli organismi di ricerca aventi sede nella Comunità, che partecipano a progetti cinesi di RST, hanno gli stessi diritti ed obblighi spettanti agli organismi di ricerca cinesi, fermo restando l'obbligo di osservare le disposizioni dell'allegato al presente accordo.L'allegato sulla proprietà intellettuale forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10Ambito d'applicazione territorialeIl presente accordo si applica nei territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso indicate, e nel territorio della Repubblica popolare cinese, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio atmosferico, o in territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia e composizione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato su accordo delle parti (proroga tacita) dopo una valutazione effettuata nel penultimo anno di ogni quinquennio.c) L'accordo può essere consensualmente modificato dalle parti. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modificazione dell'accordo.d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati la validità e la durata dei contratti stipulati nel suo contesto, nonché i diritti e gli obblighi attribuiti a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sarà composta consensualmente tra le parti.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999, in duplice copia, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, ciascun testo facente ugualmente fede.Per il Consiglio dell'Unione europea>PIC FILE= "L_2000006IT.004201.EPS">Per il Governo della Repubblica popolare cinese>PIC FILE= "L_2000006IT.004202.EPS">ALLEGATOPROPRIETÀ INTELLETTUALEI diritti di proprietà intellettuale sorti o conferiti in virtù del presente accordo sono attribuiti secondo le disposizioni del presente allegato.I. ApplicabilitàIl presente allegato si applica alla ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le parti.II. Titolarità, attribuzione ed esercizio dei diritti1. Agli effetti del presente allegato, la definizione di "proprietà intellettuale" è quella data dall'articolo 2, lettera c), dell'accordo.2. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle parti e ai partecipanti. Ciascuna delle parti provvede affinché l'altra parte e i partecipanti dell'altra parte ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma del presente allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte e i suoi cittadini che è disciplinata dalle norme e procedure previste dall'ordinamento di ciascuna parte.3. Le parti si attengono inoltre ai seguenti principi che devono essere riportati nei contratti conclusi in base al presente accordo:a) protezione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale. Ciascuna parte si impegna a notificare all'altra e/o ad assicurare che i propri partecipanti notifichino alle proprie controparti entro un termine ragionevole qualunque diritto di proprietà intellettuale sorto nel contesto del presente accordo e a provvedere tempestivamente alla protezione di tale diritto.b) Sfruttamento effettivo dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti.c) Trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell'altra parte rispetto al trattamento accordato ai propri partecipanti.d) Protezione delle informazioni commerciali riservate.4. I partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia che determina la titolarità e l'uso, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e delle invenzioni od opere oggetto di proprietà intellettuale che dovessero essere create nell'ambito della ricerca congiunta. Il piano di gestione della tecnologia deve essere approvato dal dipartimento o agenzia che eroga i fondi della parte finanziatrice della ricerca, prima della conclusione dei contratti specifici di cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo, ai quali deve essere allegato. Il piano di gestione della tecnologia deve essere elaborato nell'osservanza della legislazione vigente in ciascuna delle parti, tenendo conto delle finalità della ricerca congiunta, del relativo finanziamento e degli altri contributi delle parti e dei partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o per campi di applicazione, del trasferimento di dati, beni o servizi soggetti a controlli di esportazione, dei requisiti prescritti dalle leggi applicabili e di ogni altro fattore che i partecipanti ritengano rilevante. Il piano di gestione della tecnologia definisce anche i diritti e gli obblighi in materia di proprietà intellettuale per quanto riguarda le ricerche condotte da ricercatori ospiti (cioè ricercatori che non provengono dalle parti né sono partecipanti).Il piano di gestione della tecnologia è un accordo specifico sottoscritto dai partecipanti al fine di regolare l'attuazione della ricerca congiunta ed i rispettivi diritti ed obblighi.Normalmente, per quanto riguarda la proprietà intellettuale il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l'altro, i seguenti aspetti: la titolarità, la tutela e l'oggetto dei diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, di sfruttamento e di divulgazione, inclusa la pubblicazione in comune, i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le.procedure di composizione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può definire anche il regime delle informazioni preliminari o di base, delle licenze e degli elaborati.5. Se nel corso della ricerca congiunta sono ottenute informazioni o sorgono diritti di proprietà intellettuale non contemplati dal piano di gestione della tecnologia, la titolarità di tali informazioni o diritti è attribuita, con il consenso di entrambe le parti, in conformità dei principi stabiliti dal piano di gestione della tecnologia. In caso di disaccordo, la titolarità di tali informazioni o diritti spetta in comune a tutti i partecipanti alla ricerca congiunta che ha dato origine alle informazioni o ai diritti. Ciascun partecipante a cui si applica la presente disposizione ha diritto di sfruttare economicamente tali informazioni e diritti di proprietà intellettuale senza limiti geografici.6. Ciascuna parte provvede affinché siano attribuiti all'altra parte ed ai partecipanti di questa i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti in virtù del presente accordo.7. Compatibilmente con il mantenimento della concorrenza nei settori in cui opererà il presente accordo, ciascuna parte fa il possibile per assicurare che i diritti acquistati in base al presente accordo e ai contratti stipulati nel suo contesto siano esercitati in modo da promuovere i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, rivelate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell'accordo e ii) l'adozione e l'applicazione di norme tecniche internazionali.8. La cessazione o la denuncia dell'accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi attribuiti a norma del presente allegato.III. Opere oggetto di diritto d'autore e letteratura scientificaAi diritti d'autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica la disciplina della convenzione di Berna (atto di Parigi 1971). II diritto d'autore può avere per oggetto soltanto espressioni e non idee, procedure, metodi operativi o concetti matematici in quanto tali. Le limitazioni o le deroghe ai diritti di esclusiva sono ammesse solo in casi speciali e non possono impedire il normale sfruttamento dell'opera né pregiudicare la posizione del titolare del diritto.Salvo diverse disposizioni del piano di gestione della tecnologia e quanto previsto alla sezione II, i risultati della ricerca sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Fermo restando tale principio generale, si applicano le seguenti disposizioni:1) In caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un organismo pubblico di una parte di riviste, articoli, relazioni o libri di carattere scientifico o tecnico, inclusi video o software, che siano frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, l'altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.2) Le parti assicurano che le opere di letteratura scientifica frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo e pubblicate da editori indipendenti abbiano la più ampia diffusione possibile.3) Ogni riproduzione destinata al pubblico di un'opera tutelata da diritto d'autore, prodotta a norma delle presenti disposizioni deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Deve inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.IV. Invenzioni, scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologiciLe invenzioni, le scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologici creati nell'ambito di attività di cooperazione svolte direttamente dalle parti sono di proprietà delle parti stesse, salvo diverso accordo tra le parti.V. Informazioni esclusiveA. Informazioni esclusive documentali1. Ciascuna delle parti e, se del caso, le agenzie e i partecipanti di questa devono indicare quanto prima possibile, preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia, le informazioni esclusive che esse intendono mantenere segrete con riferimento all'accordo, sulla base, tra l'altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono,b) valore economico effettivo o potenziale delle informazioni in virtù della loro segretezza,c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che esse devono essere state oggetto delle precauzioni richieste dalle circostanze e poste in essere dal loro legittimo detentore per mantenerne la segretezza.Le parti e i loro partecipanti possono convenire in taluni casi che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo devono essere tenute segrete.2. Ciascuna parte identifica o assicura che i propri partecipanti identifichino chiaramente le informazioni esclusive, per esempio mediante apposito timbro o menzione. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceve informazioni esclusive ai sensi dell'accordo si impegna ad osservare l'obbligo del segreto. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni esclusive comunicate a norma dell'accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a propri funzionari e dipendenti e ad altri dipartimenti ed agenzie che le fanno capo, specificamente autorizzati ai fini della ricerca congiunta in corso, sempreché la rivelazione delle informazioni esclusive avvenga in base ad un contratto in cui è fatto obbligo di mantenerle segrete ed esse siano riconoscibili come tali, nella maniera sopra indicata.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni esclusive, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del punto 3. Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesto ed ottenuto il consenso scritto per una più ampia divulgazione delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale consenso nei limiti consentiti dalla propria legislazione e dalle proprie politiche.B. Informazioni esclusive non documentaliAlle informazioni esclusive non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni indette ai sensi dell'accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di strutture o l'esecuzione di progetti congiunti, le parti ed i loro partecipanti applicano le disposizioni previste dal presente accordo per le informazioni documentali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all'atto della comunicazione delle stesse.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l'osservanza delle disposizioni dell'accordo per quanto riguarda l'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni esclusive. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull'obbligo del segreto contenute nelle sezioni A e B, ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso.
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione e la Cina QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale per la cooperazione tra la Comunità europea, oggi Unione Europea (Unione), e Cina, mirando al supporto, allo sviluppo e all’agevolazione della ricerca cooperative e attività di sviluppo nei settori della scienza e della tecnologia di interesse comune. Con decisione, il Consiglio dell’Unione Europea approvò la conclusione dell’accordo a nome della Comunità europea. PUNTI CHIAVE Le attività svolte secondo l’accordo sono basate su un numero di principi:vantaggio reciproco; accesso reciproco alle attività; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione L’accordo copre tutte le aree di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione. Attività Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:la partecipazione degli enti di ricerca cinesi nella ricerca, nello sviluppo tecnologico e la dimostrazione di progetti sotto il programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione, e la reciproca partecipazione degli enti di ricerca in l’Unione; gli sforzi di ricerca, di sviluppo tecnologico e progetti dimostrativi; visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico; l’organizzazione congiunta di seminari scientifici, conferenze, convegni e laboratori, e partecipazione degli esperti in queste attività; azioni concertate; lo scambio e la condivisione di materiali e attrezzature; lo scambio di informazioni sulle pratiche, leggi, norme e programmi relative alla cooperazione secondo questo accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è stato firmato il 22 dicembre 1998 ed è entrato in vigore il 14 dicembre 1999 per un periodo iniziale di 5 anni. È stato rinnovato dopo la valutazione nel corso del quarto anno di ogni periodo successivo di cinque anni. È stato rinnovato tacitamento recentemente nel 2019 per un periodo addizionale di 5 anni. CONTESTO La cooperazione tra Cina e l’Unione sono rafforzate nel 2012 con la firma di una dichiarazione comune istituendo un dialogo di cooperazione e innovazione di alto livello tra EU-Cina. Relazioni tra l’Unione e la Cina sono più ampiamente governate dal 2013 UE-Cina 2020 agenda strategica per cooperazione. Per ulteriori informazioni, si veda:Cina e l’Unione Europea (Servizio di azione esterna dell’Unione europea)Per ulteriori informazioni sulla cooperazione di ricerca e innovazione con la Cina, vedi:Cina (Commissione Europea) DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione del consiglio 2000/16/CE, del 2 dicembre 1999, concludendo l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese (GU L 6 del 11.1.2000, pag. 39). Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese (GU L 6 del 11.1.2000, pag. 40). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 2).
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31993L0011
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Direttiva 93/11/CEE della Commissione, del 15 marzo 1993, concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale Gazzetta ufficiale n. L 093 del 17/04/1993 pag. 0037 - 0038 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 12 pag. 0167 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 12 pag. 0167 DIRETTIVA 93/11/CEE DELLA COMMISSIONE del 15 marzo 1993 concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturaleLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 89/109/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari (1), in particolare l'articolo 3, considerando che le norme comunitarie previste dalla presente direttiva sono non solo necessarie, ma indispensabili al raggiungimento degli obiettivi del mercato interno, i quali non possono essere attuati a livello dei singoli Stati membri, e che d'altra parte la loro realizzazione a livello comunitario è gia prevista dalla direttiva 89/109/CEE; considerando che è dimostrata la possibilità di liberazione, da tettarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale, di N-nitrosammine e di sostanze che possono trasfomarsi in N-nitrosammine (sostanze N-nitrosabili); considerando che il comitato scientifico dell'alimentazione umana ha espresso il parere secondo cui le N-nitrosammine e le sostanze N-nitrosabili possono creare rischi per la salute umana a causa della loro tossicità ed è pertanto raccomandabile che la migrazione di dette sostanze attraverso gli oggetti soprammenzionati sia tenuta sotto i limiti di rilevamento di un metodo sufficientemente sensibile; considerando che secondo l'articolo 2 della direttiva 89/109/CEE i materiali e gli oggetti allo stato di prodotti finiti non devono cedere i loro costituenti ai prodotti alimentari in quantità tali da costituire un pericolo per la salute umana; considerando che per le tettarelle tale obiettivo può essere adeguatamente raggiunto con una direttiva specifica, ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 89/109/CEE; considerando che l'impiego di succhiotti può determinare lo stesso tipo di rischio e che pertanto è opportuno adottare le medesime disposizioni anche per tali oggetti; considerando che è necessario agire immediatamente e che perciò la presente direttiva si limita a stabilire norme specifiche relative alla liberazione delle nitrosammine e sostanze N-nitrosabili da terrarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale, rinviando ad una direttiva più generale, riguardante gli elastomeri e la gomma naturale, la soluzione di altri problemi relativi alle tettarelle ed ai succhiotti; considerando che con la presente direttiva è opportuno stabilire le norme di base e i criteri generali per determinare la liberazione di N-nitrosammine e sostanze N-nitrosabili, rinviando la definizione di un metodo di analisi dettagliato; considerando che il metodo di analisi riportato negli allegati è adottato come provvedimento temporaneo sino a che siano disponibili altri risultati sulla validità di questo metodo e su possibili metodi alternativi; considerando che la Commissione si è impegnata a promuovere ulteriori ricerche sui metodi di analisi per rivedere la metodologia proposta e a prendere in considerazione la definizione di tolleranze analitiche alla luce di tali ricerche; considerando che le misure previste in questa direttiva sono conformi al parere del comitato permanente per i prodotti alimentari, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva è una direttiva specifica ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 89/109/CEE. Essa riguarda la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili, da tettarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale. Articolo 2 Le tettarelle e i succhiotti di cui all'articolo 1 non devono liberare, alla prova di migrazione con il liquido simulante la saliva alle condizioni specificate nell'allegato I, nessuna N-nitrosammina o sostanza N-nitrosabile rilevabile con un metodo convalidato conforme ai criteri di cui all'allegato II ed idoneo a rilevare le seguenti quantità: - 0,01 mg del totale delle N-nitrosammine liberate/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale), - 0,1 mg del totale di sostanze N-nitrosabili/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale). Articolo 3 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva a decorrere dal 1° aprile 1994. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Gli Stati membri: - permettono, a decorrere dal 1° aprile 1994, la vendita e l'uso di succhiotti e tettarelle rispondenti al disposto della presente direttiva; - essi vietano, a partire dal 1° aprile 1995, la vendita e l'uso di succhiotti e tettarelle non rispondenti al disposto della presente direttiva. 2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 15 marzo 1993. Per la Commissione Martin BANGEMANN Membro della Commissione ALLEGATO I NORME DI BASE PER ACCERTARE LA LIBERAZIONE DI N-NITROSAMMINE E DI SOSTANZE N-NITROSABILI 1. Liquido per la prova di liberazione (soluzione di saliva per la prova) Per preparare il liquido per la prova di cessione, disciogliere 4,2 g di bicarbonato di sodio (NaHCO3), 0,5 mg di cloruro di sodio (NaCl), 0,2 g di carbonato di potassio (K2CO3) e 30,0 mg di nitrito di sodio (NaNO2) in un litro di acqua distillata o di acque di qualità equivalente. Il pH della soluzione deve essere pari a 9. 2. Condizioni di prova Immersione di campioni di materiale ottenuto a partire da un numero adeguato di succhiotti o tettarelle nel liquido della prova di liberazione per una durata di 24 ore ad una temperatura di 40 °C (± 2 °C). ALLEGATO II CRITERI APPLICABILI AL METODO DI DETERMINAZIONE DELLA LIBERAZIONE DI N-NITROSAMMINE E DI SOSTANZE N-NITROSABILI 1. La liberazione delle N-nitrosammine è determinata in un'aliquota di ciascuna soluzione ottenuta secondo l'allegato I. Le N-nitrosammine vengono estratte da una aliquota servendosi di diclorometano (DCM) non contenente nitrosammine e sono determinate per via gascromatografica. 2. La liberazione di sostanze N-nitrosabili è determinata in un'altra aliquota ciascuna soluzione ottenuta secondo l'allegato I. Le sostanze nitrosabili sono trasformate in nitrosammine per acidificazione di un aliquota con acido cloridrico. Quindi le nitrosammine sono estratte dalla soluzione mediante DCM e determinate per via gascromatografica.
Liberazione di N-nitrosammine dalle tettarelle di gomma naturale La legislazione comunitaria armonizza le disposizioni relative alla liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale. ATTO Direttiva 93/11/CEE della Commissione, del 15 marzo 1993, concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale. SINTESI La presente direttiva è una misura specifica ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1935/2004 relativo ai materiali destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. I succhiotti e le tettarelle di elastomero o di gomma naturale possono liberare N-nitrosammine e sostanze che possono trasformarsi in N-nitrosammine (sostanze N-nitrosabili), che possono creare rischi per la salute umana a causa della loro tossicità. Pertanto, la migrazione di dette sostanze non deve superare i seguenti limiti: 0,01 mg del totale delle N-nitrosammine liberate/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale); 0,1 mg del totale di sostanze N-nitrosabili/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale). Tali limiti devono essere controllati mediante una prova, alle condizioni specificate nell'allegato della presente direttiva. L'allegato descrive altresì il metodo di analisi da utilizzare. I succhiotti e le tettarelle non conformi alla presente direttiva sono vietati a partire dal 1° aprile 1995. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 93/11/CEE 24.3.1993 1.4.1994 GU L 93 del 17.4.1993 See also Sito della DG "Salute e consumatori" (EN).
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DECISIONE 2008/976/GAI DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 2008 relativa alla Rete giudiziaria europea IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare gli articoli 31 e 34, paragrafo 2, lettera c), vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica italiana, del Granducato di Lussemburgo, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Polonia, della Repubblica portoghese, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica slovacca e del Regno di Svezia, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Con l’azione comune 98/428/GAI (2), il Consiglio ha istituito la Rete giudiziaria europea, che ha dimostrato la propria utilità nell’agevolare la cooperazione giudiziaria in materia penale. (2) Conformemente all’articolo 6 della convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea (3), l’assistenza giudiziaria si svolge attraverso contatti diretti tra le competenti autorità giudiziarie. Tale decentralizzazione dell’assistenza giudiziaria reciproca è ormai ampiamente attuata. (3) Il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali è in corso di progressiva attuazione. Esso non solo conferma il principio dei contatti diretti tra autorità giudiziarie competenti, ma accelera anche le procedure e le rende interamente giudiziarie. (4) L’impatto di queste modifiche della cooperazione giudiziaria si è ulteriormente accresciuto con l’allargamento dell’Unione europea nel 2004 e nel 2007. A causa di tale evoluzione la Rete giudiziaria europea è ancor più necessaria che all’epoca della sua istituzione e dovrebbe essere pertanto potenziata. (5) Con la decisione 2002/187/GAI (4), il Consiglio ha istituito l’Eurojust per migliorare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri. La decisione 2002/187/GAI prevede che l’Eurojust debba intrattenere con la Rete giudiziaria europea rapporti privilegiati basati sulla concertazione e sulla complementarietà. (6) Cinque anni di coesistenza dell’Eurojust e della Rete giudiziaria europea hanno dimostrato sia la necessità di mantenere le due strutture sia il bisogno di chiarirne i rapporti. (7) Nella presente decisione nulla dovrebbe essere interpretato in modo tale da incidere sull’indipendenza di cui godono i punti di contatto ai sensi della legislazione nazionale. (8) Occorre rafforzare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell’Unione europea e rendere a tal fine possibile che i punti di contatto della Rete giudiziaria europea e dell’Eurojust comunichino direttamente e con maggior efficacia, ogniqualvolta necessario, attraverso una connessione di telecomunicazioni protetta. (9) L’azione comune 98/428/GAI dovrebbe quindi essere abrogata e sostituita dalla presente decisione, DECIDE: Articolo1 Istituzione La rete di punti di contatto giudiziari, in prosieguo denominata «Rete giudiziaria europea», istituita tra gli Stati membri in applicazione dell’azione comune 98/428/GAI, continua a operare conformemente al disposto della presente decisione. Articolo 2 Composizione 1. La Rete giudiziaria europea è composta, tenuto conto delle norme costituzionali, delle tradizioni giuridiche e della struttura interna di ciascuno Stato membro, delle autorità centrali responsabili della cooperazione giudiziaria internazionale, dalle autorità giudiziarie o da altre autorità competenti con responsabilità specifiche nell’ambito della cooperazione internazionale. 2. Vengono istituiti uno o più punti di contatto per ciascuno Stato membro in funzione delle sue norme interne e della ripartizione interna delle competenze, facendo in modo di comprendere effettivamente l’intero territorio nazionale. 3. Ciascuno Stato membro designa, tra i punti di contatto, un corrispondente nazionale per la Rete giudiziaria europea. 4. Ciascuno Stato membro designa un corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea. 5. Ciascuno Stato membro si adopera affinché i propri punti di contatto abbiano funzioni attinenti alla cooperazione giudiziaria in materia penale e una conoscenza sufficiente di una lingua dell’Unione europea diversa dalla lingua nazionale, tenuto conto della necessità di consentire la comunicazione con i punti di contatto degli altri Stati membri. 6. I magistrati di collegamento di cui all’azione comune 96/277/GAI del Consiglio, del 22 aprile 1996, relativa ad un quadro di scambio di magistrati di collegamento diretto a migliorare la cooperazione giudiziaria fra gli Stati membri dell’Unione europea (5), qualora siano stati designati in uno Stato membro e abbiano funzioni analoghe a quelle attribuite dall’articolo 4 della presente decisione ai punti di contatto, sono associati alla Rete giudiziaria europea e alla rete protetta di telecomunicazioni, conformemente all’articolo 9 della presente decisione, dallo Stato membro che li designa di volta in volta, secondo le modalità stabilite da quest’ultimo. 7. La Commissione designa un punto di contatto per i settori di sua competenza. 8. La Rete giudiziaria europea dispone di un segretariato responsabile della gestione della Rete. Articolo 3 Modalità di funzionamento della Rete La Rete giudiziaria europea opera in particolare nei tre modi seguenti: a) facilita l’istituzione di adeguati contatti tra i punti di contatto dei vari Stati membri per assolvere i compiti di cui all’articolo 4; b) organizza riunioni periodiche tra i rappresentanti degli Stati membri secondo le modalità di cui agli articoli 5 e 6; c) fornisce costantemente alcune informazioni di base aggiornate in permanenza, in particolare attraverso un’adeguata rete di telecomunicazioni, secondo le modalità di cui agli articoli 7, 8 e 9. Articolo 4 Funzioni dei punti di contatto 1. I punti di contatto sono intermediari attivi che hanno il compito di agevolare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, soprattutto nelle azioni contro le forme di criminalità grave. Essi sono a disposizione delle autorità giudiziarie locali e delle altre autorità competenti del loro Stato membro, nonché dei punti di contatto e delle autorità giudiziarie locali e altre autorità competenti degli altri Stati membri, per consentire loro di stabilire i contatti diretti più appropriati. Ove necessario e in base ad un accordo tra le amministrazioni interessate, essi possono spostarsi per incontrare i punti di contatto degli altri Stati membri. 2. I punti di contatto forniscono alle autorità giudiziarie locali dei rispettivi Stati membri, nonché ai punti di contatto e alle autorità giudiziarie locali degli altri Stati membri le informazioni giuridiche e pratiche necessarie per consentire loro di approntare efficacemente le richieste di cooperazione giudiziaria ovvero per migliorare quest’ultima in generale. 3. Al loro rispettivo livello, i punti di contatto partecipano a e promuovono l’organizzazione di sessioni di formazione sulla cooperazione giudiziaria destinate alle autorità competenti del proprio Stato membro, se del caso in cooperazione con la Rete europea di formazione giudiziaria. 4. In particolare, il corrispondente nazionale, oltre ai suoi compiti in qualità di punto di contatto di cui ai paragrafi da 1 a 3: a) è responsabile, nel proprio Stato membro, delle questioni relative al funzionamento interno della Rete, incluso il coordinamento delle richieste di informazioni e delle risposte fornite dalle autorità nazionali competenti; b) è il principale responsabile dei contatti con il segretariato della Rete giudiziaria europea, inclusa la partecipazione alle riunioni di cui all’articolo 6; c) su richiesta, formula un parere sulla designazione di nuovi punti di contatto. 5. Il corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea, che potrebbe anche essere il punto di contatto di cui ai paragrafi da 1 a 4, garantisce che le informazioni relative al proprio Stato membro e citate all’articolo 7 siano fornite e aggiornate conformemente all’articolo 8. Articolo 5 Scopi e luoghi delle riunioni plenarie dei punti di contatto 1. Gli scopi delle riunioni plenarie della Rete giudiziaria europea, a cui sono invitati almeno tre punti di contatto per Stato membro, sono: a) permettere ai punti di contatto di conoscersi e scambiarsi esperienze, in particolare riguardo al funzionamento della Rete; b) istituire una sede di dibattito sui problemi pratici e giuridici riscontrati dagli Stati membri nell’ambito della cooperazione giudiziaria, soprattutto in ordine all’applicazione delle misure adottate dall’Unione europea. 2. L’esperienza pertinente, maturata nell’ambito della Rete giudiziaria europea, è trasmessa al Consiglio e alla Commissione e serve da base per le discussioni su eventuali modificazioni normative e miglioramenti pratici nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale. 3. Le riunioni di cui al paragrafo 1 sono organizzate regolarmente e almeno tre volte all’anno. Una volta all’anno la riunione può svolgersi presso la sede del Consiglio a Bruxelles o presso la sede dell’Eurojust all’Aia. Due punti di contatto per Stato membro sono invitati alle riunioni organizzate presso le sedi del Consiglio e dell’Eurojust. Altre riunioni possono essere convocate negli Stati membri, per consentire l’incontro dei punti di contatto di tutti gli Stati membri con le autorità dello Stato membro ospitante che non fanno parte dei punti di contatto e la visita di organismi specifici di detto Stato membro, aventi responsabilità nel quadro della cooperazione giudiziaria internazionale o della lotta contro determinate forme di criminalità grave. I punti di contatto partecipano a tali riunioni a proprie spese. Articolo 6 Riunioni dei corrispondenti 1. I corrispondenti nazionali della Rete giudiziaria europea si riuniscono su base ad hoc almeno una volta all’anno e ogniqualvolta i membri lo ritengano opportuno, su richiesta del corrispondente nazionale dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio, che tiene altresì conto del desiderio manifestato dagli Stati membri di far riunire i corrispondenti. In queste riunioni si discutono in particolare questioni amministrative relative alla Rete. 2. I corrispondenti incaricati degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea si riuniscono su base ad hoc almeno una volta all’anno e ogniqualvolta i membri lo ritengano opportuno, su richiesta del corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. Nelle riunioni sono discusse le questioni di cui all’articolo 4, paragrafo 5. Articolo 7 Contenuto delle informazioni diffuse nell’ambito della Rete giudiziaria europea Il segretariato della Rete giudiziaria europea mette a disposizione dei punti di contatto e delle competenti autorità giudiziarie le seguenti informazioni: a) dati completi sui punti di contatto di ciascuno Stato membro compresa, se necessario, l’indicazione delle relative competenze a livello interno; b) uno strumento informatico in grado di consentire all’autorità richiedente o emittente di uno Stato membro di individuare l’autorità di un altro Stato membro competente a ricevere e dar corso alla sua richiesta di cooperazione giudiziaria, ed alle decisioni in merito, anche per quanto riguarda gli strumenti che applicano il principio del riconoscimento reciproco; c) informazioni giuridiche e pratiche concise sui sistemi giudiziari e procedurali degli Stati membri; d) testi degli strumenti giuridici pertinenti e, per quanto riguarda le convenzioni in vigore, testo delle dichiarazioni e riserve. Articolo 8 Aggiornamento delle informazioni 1. Le informazioni diffuse nell’ambito della Rete giudiziaria europea sono costantemente aggiornate. 2. Spetta a ciascuno Stato membro verificare l’esattezza delle informazioni contenute nel sistema e avvisare il segretariato della Rete giudiziaria europea non appena un dato che riguarda uno dei quattro punti di cui all’articolo 7 debba essere modificato. Articolo 9 Strumenti di telecomunicazione 1. Il segretariato della Rete giudiziaria europea garantisce che le informazioni di cui all’articolo 7 siano rese disponibili su un sito web costantemente aggiornato. 2. La rete protetta di telecomunicazioni è istituita per le attività operative dei punti di contatto della Rete giudiziaria europea. L’istituzione della rete protetta di telecomunicazioni è a carico del bilancio generale dell’Unione europea. L’istituzione della connessione di telecomunicazioni protetta rende possibile la circolazione dei dati e delle richieste di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri. 3. La rete protetta di telecomunicazioni di cui al paragrafo 2 può essere utilizzata per le loro attività operative anche dai corrispondenti nazionali dell’Eurojust, dai corrispondenti nazionali dell’Eurojust in materia di terrorismo, dai membri nazionali dell’Eurojust e dai magistrati di collegamento da essa designati. Può essere collegata al sistema automatico di gestione dei fascicoli dell’Eurojust di cui all’articolo 16 della decisione 2002/187/GAI. 4. Le disposizioni del presente articolo lasciano impregiudicati i contatti diretti tra autorità giudiziarie competenti previsti dagli strumenti di cooperazione giudiziaria, quali l’articolo 6 della convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea. Articolo 10 Rapporti tra la Rete giudiziaria europea e l’Eurojust La Rete giudiziaria europea e l’Eurojust intrattengono rapporti privilegiati tra di loro basati sulla concertazione e sulla complementarietà, in particolare tra i punti di contatto di uno Stato membro, il membro nazionale dell’Eurojust dello stesso Stato membro e i corrispondenti nazionali della Rete giudiziaria europea e dell’Eurojust. Al fine di garantire una cooperazione efficace, sono adottate le seguenti misure: a) la Rete giudiziaria europea mette a disposizione dell’Eurojust le informazioni centralizzate di cui all’articolo 7 e la rete protetta di telecomunicazioni istituita ai sensi dell’articolo 9; b) i punti di contatto della Rete giudiziaria europea informano, caso per caso, i rispettivi membri nazionali di tutti i fascicoli che ritengono possano essere trattati più efficacemente dall’Eurojust; c) i membri nazionali dell’Eurojust possono partecipare alle riunioni della Rete giudiziaria europea su invito di quest’ultima. Articolo 11 Bilancio Per consentire alla Rete giudiziaria europea di assolvere i propri compiti, il bilancio dell’Eurojust include una parte relativa alle attività del segretariato della Rete giudiziaria europea. Articolo 12 Applicazione territoriale Il Regno Unito notifica per iscritto al presidente del Consiglio la data a partire dalla quale desidera applicare la presente decisione alle isole Normanne e all’isola di Man. Il Consiglio adotta una decisione su tale richiesta. Articolo 13 Valutazione del funzionamento della Rete giudiziaria europea 1. Ogni due anni dal 24 dicembre 2008, la Rete giudiziaria europea riferisce al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione in merito alle sue attività e alla sua gestione. 2. Nella relazione di cui al paragrafo 1, la Rete giudiziaria europea può anche indicare problemi di politica anticrimine nell’Unione europea eventualmente venuti alla luce grazie all’attività della Rete giudiziaria europea e può inoltre formulare proposte intese a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale. 3. La Rete giudiziaria europea può altresì fornire qualsiasi relazione o informazione sul proprio funzionamento eventualmente richiesta dal Consiglio. 4. Ogni quattro anni dal 24 dicembre 2008, il Consiglio procede alla valutazione del funzionamento della Rete giudiziaria europea sulla base di una relazione stabilita dalla Commissione in collaborazione con la rete stessa. Articolo 14 Abrogazione dell’azione comune 98/428/GAI L’azione comune 98/428/GAI è abrogata. Articolo 15 Decorrenza degli effetti Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 16 dicembre 2008. Per il Consiglio La presidente R. BACHELOT-NARQUIN (1) Parere del 2 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 191 del 7.7.1998, pag. 4. (3) GU C 197 del 12.7.2000, pag. 3. (4) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1. (5) GU L 105 del 27.4.1996, pag. 1.
Rete giudiziaria europea: cooperazione per la lotta alla criminalità La presente decisione reca le disposizioni per la continuazione della rete giudiziaria europea, abrogando al contempo l’azione comune 98/428/GAI che l’aveva istituita. ATTO Decisione 2008/976/GAI del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa alla rete giudiziaria europea. SINTESI La presente decisione reca le disposizioni per la continuazione della rete giudiziaria europea, abrogando al contempo l’azione comune 98/428/GAI che l’aveva istituita. CHE COSA FA LA PRESENTE DECISIONE? La presente decisione estende le funzioni della rete giudiziaria europea, stabilisce uno strumento di telecomunicazioni (canale di comunicazione protetto) e chiarisce il rapporto fra la rete ed Eurojust. PUNTI CHIAVE Composizione della rete giudiziaria europea La rete giudiziaria europea sarà composta da uno o più punti di contatto per ogni paese dell’Unione europea (UE). Nella delegazione di ciascun paese vengono nominati un corrispondente nazionale e un corrispondente incaricato degli aspetti tecnici, che si occupa del nuovo canale di telecomunicazioni. I punti di contatto lavorano alla cooperazione giudiziaria in questioni penali e devono avere abilità linguistiche per poter comunicare meglio con le loro controparti. Qualsiasi magistrato di collegamento già nominato deve essere collegato alla rete giudiziaria europea. Anche la Commissione europea è rappresentata; la rete giudiziaria europea è amministrata da una segreteria. Funzioni La rete giudiziaria europea opera per semplificare la comunicazione fra i punti di contatto, organizzando riunioni ed emettendo informazioni di base. I punti di contatto facilitano la cooperazione giudiziaria fra paesi dell’UE, soprattutto in azioni di lotta a reati gravi, e consentono una corretta comunicazione e condivisione delle informazioni con i punti di contatto e le autorità giudiziarie negli altri paesi dell’Unione. Inoltre, i punti di contatto promuovono e partecipano all’organizzazione di sessioni di formazione, lavorando con la rete europea di formazione giudiziaria, se del caso. Almeno tre volte all’anno si tengono riunioni plenarie della rete giudiziaria europea, cui sono invitati almeno tre punti di contatto da ogni paese e che forniscono una sede di dibattito sulle questioni di cooperazione giudiziaria, soprattutto in relazione con la legislazione dell’UE. Le discussioni servono come base per possibili iniziative legislative e miglioramenti nella cooperazione internazionale. I corrispondenti nazionali e quelli incaricati degli aspetti tecnici si incontrano separatamente almeno una volta all’anno. Segreteria La segreteria fornisce ai punti di contatto informazioni aggiornate sui sistemi giudiziari e procedurali nazionali e testi giuridici rilevanti attraverso un sito web. Inoltre, stabilisce un canale protetto di telecomunicazioni per la comunicazione dei dati e le richieste di cooperazione giudiziaria. La segreteria è finanziata da Eurojust, un’organizzazione complementare che gode di una relazione privilegiata con la rete giudiziaria europea che si basa sulla consultazione e la condivisione di informazioni. Responsabilità Ogni due anni la rete giudiziaria europea presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio dell’UE e alla Commissione sulle sue attività, mentre ogni quattro anni il Consiglio dell’UE svolge una valutazione operativa della Rete sulla base di una relazione congiunta prodotta dalla Rete e dalla Commissione. CONTESTO Il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali è in corso di progressiva attuazione, con un sempre maggiore contatto diretto fra autorità giudiziarie. A causa di tali cambiamenti e dell’allargamento dell’UE nel 2004 e nel 2007, la rete giudiziaria europea è diventata sempre più importante. Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet della rete giudiziaria europea. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? A decorrere dal 24 dicembre 2008. TERMINI CHIAVE Eurojust: l’unità di cooperazione giudiziaria dell’UE. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Decisione 2008/976/GAI 24.12.2008 - GU L 348 del 24.12.2008, pag. 130-134 ATTI COLLEGATI Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, sulla creazione di una rete di cooperazione legislativa dei ministeri della giustizia degli Stati membri dell’Unione europea (GU C 326 del 20.12.2008, pag. 1-2)
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2000/604/CE: Decisione del Consiglio, del 29 settembre 2000, sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica Gazzetta ufficiale n. L 257 del 11/10/2000 pag. 0028 - 0031 Decisione del Consigliodel 29 settembre 2000sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica(2000/604/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 209,visto il parere della Commissione,considerando quanto segue:(1) Il comitato di politica economica (in prosieguo: "il comitato") è stato istituito con la decisione 74/122/CEE del Consiglio(1).(2) Tale comitato ha esercitato tutte le funzioni sinora attribuite al comitato per la politica di congiuntura istituito con decisione del Consiglio del 9 marzo 1960 relativa al coordinamento delle politiche della congiuntura degli Stati membri(2), al comitato per la politica di bilancio istituito con decisione del Consiglio dell'8 maggio 1964 relativa alla collaborazione tra i servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri nel settore della politica di bilancio(3), nonché al comitato di politica economica a medio termine istituito con decisione del Consiglio del 15 aprile 1964 relativa alla creazione di un comitato di politica economica a medio termine(4).(3) Il comitato è previsto dall'articolo 272 del trattato.(4) Lo statuto del comitato dovrebbe rispecchiare il nuovo quadro istituzionale creato dall'ingresso nella terza fase dell'unione economica e monetaria. Sembra opportuno mantenere la struttura di base del comitato apportando al contempo le modifiche necessarie per migliorarne il funzionamento e descriverne i compiti con maggiore precisione.(5) I compiti assegnati al comitato non pregiudicano il diritto della Commissione di formulare raccomandazioni o esprimere pareri su materie contemplate dal trattato.(6) L'introduzione dell'euro aumenta la necessità di uno stretto coordinamento delle politiche economiche e di una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri. Secondo la risoluzione del Consiglio europeo del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'unione economica e monetaria(5), un coordinamento rafforzato delle politiche economiche dovrebbe includere la sorveglianza rigorosa degli sviluppi macroeconomici negli Stati membri e delle politiche strutturali degli Stati membri nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, nonché delle tendenze dei costi e dei prezzi, soprattutto laddove influiscono sulle possibilità di conseguire una crescita sostenibile e non inflazionistica e la creazione di posti di lavoro.(7) Gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la procedura di sorveglianza multilaterale previsti dall'articolo 99 del trattato sono al centro del coordinamento della politica economica. Fatti salvi i compiti del comitato economico e finanziario, il comitato dovrebbe fornire sostegno alla formulazione degli indirizzi e contribuire alla procedura di sorveglianza multilaterale nei settori indicati nella presente decisione.(8) Il Consiglio europeo di Cardiff del 16 giugno 1998 ha accolto positivamente la decisione del Consiglio Ecofin e dei ministri riuniti in tale Consiglio il 1o maggio 1998(6) di definire una procedura snella che rispetti pienamente il principio di sussidiarietà per controllare i progressi della riforma economica.(9) La risoluzione del Consiglio europeo del 3 e 4 giugno 1999 ha avviato un processo di dialogo macroeconomico a livello comunitario. Tale dialogo macroeconomico mira al miglioramento dell'interazione tra evoluzione salariale e politiche macroeconomiche. Il Consiglio europeo ha concluso che il dialogo macroeconomico a livello tecnico dovrebbe svolgersi in seno ad un gruppo di lavoro istituito nell'ambito del comitato in collaborazione con il comitato per l'occupazione ed il mercato del lavoro, con la partecipazione di rappresentanti di entrambi i comitati (compresa la Banca centrale europea), della Commissione e del Gruppo macroeconomico del dialogo sociale. Il comitato dovrebbe in particolare organizzare i contributi dei rappresentanti dei governi al dialogo a questo livello.(10) La risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997, sulla crescita e l'occupazione(7), ha esortato ad un migliore coordinamento delle politiche economiche per integrare la procedura prevista nel nuovo titolo del trattato sull'occupazione e ha chiesto che il comitato per l'occupazione collabori strettamente con il comitato.(11) Il trattato prevede l'istituzione di un comitato economico e finanziario. I compiti del comitato economico e finanziario sono stabiliti nell'articolo 114, paragrafo 2, del trattato. Lo statuto del comitato economico e finanziario è stato adottato con decisione del Consiglio del 31 dicembre 1998(8). Il comitato dovrebbe lavorare in stretta cooperazione con il comitato economico e finanziario quando assiste il Consiglio.(12) Il trattato prevede l'istituzione di un comitato per l'occupazione. È parimenti richiesta una stretta cooperazione con il comitato.(13) La descrizione dei compiti del CPE lascia impregiudicata l'eventuale futura normativa di diritto derivato relativa alla procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 99, paragrafo 5, del trattato.(14) Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea dovrebbero essere adeguatamente rappresentati in sede di CPE e dovrebbero nominare ciascuno quattro membri.(15) I membri del CPE dovrebbero essere nominati a titolo personale e guidati, nell'esercizio delle loro funzioni, dagli interessi generali della Comunità.(16) Il presidente del CPE dovrebbe essere eletto per un periodo di due anni. Di norma, tale mandato non dovrebbe essere rinnovabile, ma dovrebbe poter essere prorogato in assenza di altre candidature alla presidenza.(17) La nomina a membri del CPE di funzionari della Banca centrale europea e delle banche centrali nazionali è effettuata fatto salvo il disposto dell'articolo 108 del trattato,DECIDE:Articolo 1È adottato lo statuto del comitato di politica economica di cui all'articolo 272 del trattato (il "comitato").Il testo dello statuto figura nell'allegato.Articolo 2La decisione 74/122/CEE è abrogata.Articolo 3La presente decisione ha efficacia il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 29 settembre 2000.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Fabius(1) GU L 63 del 5.3.1974, pag. 21.(2) GU 31 del 9.5.1960, pag. 764/60.(3) GU 77 del 21.5.1964, pag. 1205/64.(4) GU 64 del 22.4.1964, pag. 1031/64.(5) GU C 35 del 2.2.1998, pag. 1.(6) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 28.(7) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 3.(8) GU L 5 del 9.1.1999, pag. 71.ALLEGATOStatuto del comitato di politica economicaPARTE ICOMPITI DEL COMITATOArticolo 11. Fatti salvi gli articoli 114 e 207 del trattato, il comitato di politica economica, (in appresso "il comitato"), contribuisce alla preparazione dei lavori del Consiglio in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e assiste la Commissione e il Consiglio.2. Il comitato contribuisce alla preparazione dei lavori del Consiglio fornendo analisi economiche, pareri sulle metodologie e progetti di formulazione di raccomandazioni politiche, con particolare riferimento alle politiche strutturali per il miglioramento del potenziale di crescita e dell'occupazione nella Comunità. In questo contesto esso si occupa in particolare:- del funzionamento dei mercati dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro, ivi compresa l'evoluzione dei salari, della produttività, dell'occupazione e della competitività,- del ruolo e dell'efficienza del settore pubblico e della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche,- delle implicazioni sul piano generale di politiche specifiche quali quelle dell'ambiente, della ricerca e sviluppo e della coesione sociale.3. Nei settori summenzionati, il comitato, fatti salvi gli articoli 114 e 207 del trattato, fornisce sostegno ai lavori del Consiglio, in particolare per quanto riguarda la formulazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche e contribuisce alla procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 99, paragrafo 3, del trattato. In questo ambito, il comitato effettua revisioni periodiche per paese incentrate in particolare sulle riforme strutturali negli Stati membri.4. Fatti salvi gli articoli 130 e 207 del trattato, il comitato contribuisce ai lavori del Consiglio che si riferiscono al titolo "Occupazione" del trattato.5. Il comitato assiste il comitato economico e finanziario in particolare nel compito di seguire regolarmente l'evoluzione macroeconomica a breve e a medio termine negli Stati membri e nella Comunità, fornendo analisi e pareri principalmente su problemi metodologici riguardanti l'interazione tra politiche strutturali e politiche macroeconomiche e l'evoluzione dei salari negli Stati membri e nella Comunità.6. Il comitato costituisce il quadro in cui ha luogo, a livello tecnico, il dialogo macroeconomico tra rappresentanti del comitato (compresa la Banca centrale europea), il comitato economico e finanziario, il comitato per l'occupazione, la Commissione e le parti sociali.7. Il comitato è consultato dalla Commissione in merito al tasso massimo di aumento delle spese non obbligatorie del bilancio generale dell'Unione europea, come previsto dall'articolo 272 del trattato.Articolo 2Il comitato formula pareri su richiesta del Consiglio, della Commissione o del comitato economico e finanziario, oppure di propria iniziativa.Articolo 3Nell'adempimento dei suoi compiti il comitato opera in stretto rapporto con il comitato economico e finanziario quando riferisce al Consiglio. Nel contribuire alla preparazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche, il comitato riferisce al comitato economico e finanziario. Esso coordina i suoi lavori con il comitato per l'occupazione e altri comitati e gruppi di lavoro per preparare i lavori del Consiglio nei settori di competenza di tali comitati e gruppi.PARTE IICOMPOSIZIONEArticolo 41. Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea nominano ciascuno 4 membri del comitato.2. I membri del comitato sono scelti tra funzionari di alto livello e di comprovata esperienza in materia di formulazione della politica economica e strutturale.Articolo 5Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri del comitato sono guidati dagli interessi generali della Comunità.PARTE IIIPRESIDENTE E SEGRETARIATOArticolo 61. Il comitato elegge tra i suoi membri, a maggioranza dei medesimi, un presidente e fino a tre vicepresidenti per un periodo di due anni. Di norma, il mandato non è rinnovabile.2. Il presidente delega il suo diritto di voto ad un altro membro della sua delegazione.Articolo 7In caso di impedimento nello svolgimento delle sue funzioni, il presidente è sostituito da uno dei vicepresidenti del comitato.Articolo 81. Il comitato è assistito da un segretariato diretto da un segretario. Il segretario e il personale del segretariato necessario per svolgere i compiti del segretariato sono forniti dalla Commissione. Il segretario è nominato dalla Commissione previa consultazione del comitato. Il segretario e il personale del segretariato agiscono su istruzioni del comitato quando esplicano le loro funzioni per il comitato.2. Le spese del comitato sono comprese nelle previsioni della Commissione.PARTE IVPROCEDURAArticolo 9Ove si richieda una votazione, i pareri o le relazioni sono adottati alla maggioranza dei membri. Ciascun membro del comitato dispone di un voto. Tuttavia, in caso di pareri od opinioni su questioni per le quali il Consiglio può in seguito adottare una decisione, i membri delle banche centrali e la Commissione possono partecipare pienamente alle discussioni, ma non prendono parte alla votazione. Il comitato riferisce altresì in merito a opinioni dissenzienti o minoritarie espresse nel corso dei lavori.Articolo 10Di norma soltanto i membri possono prendere la parola durante le riunioni del comitato. In circostanze eccezionali il presidente può approvare disposizioni alternative.Articolo 11Il comitato può affidare l'esame di questioni specifiche a sottocomitati o a gruppi di lavoro. In tal caso la presidenza di tali gruppi è assunta da un membro del comitato, nominato dal comitato stesso.Articolo 12Il comitato, i sottocomitati e i gruppi di lavoro possono farsi assistere da esperti.Articolo 13Il comitato è convocato dal presidente per iniziativa propria o a richiesta del Consiglio, della Commissione o di almeno cinque membri del comitato.Articolo 141. Di norma il presidente rappresenta il comitato. In particolare il presidente può essere autorizzato dal comitato a riferire sui lavori e a rilasciare osservazioni orali su pareri e comunicazioni preparati dal comitato.2. Spetta al presidente del comitato mantenere i rapporti del comitato con il Parlamento europeo che, ove opportuno, è informato dei lavori del comitato.Articolo 151. Salvo decisione diversa, i lavori del comitato sono coperti dal segreto d'ufficio. Ciò vale anche per i lavori dei sottocomitati e gruppi di lavoro.2. Le relazioni o i pareri elaborati dal comitato sono resi disponibili al pubblico dopo essere stati trasmessi ai destinatari, a meno che non esistano motivi imperativi per mantenerli segreti.Articolo 16Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Il Comitato di politica economica dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Conferma i compiti, la composizione, l’organizzazione e il funzionamento del Comitato economico e politico dell’Unione europea (UE), un comitato creato nel 1974. Questa decisione ha fatto seguito all’entrata dell’UE nella fase finale dell’unione economica e monetaria, quando i tassi di cambio sono stati fissati irrevocabilmente ed è stata introdotta la moneta unica, l’euro, sui mercati dei cambi e per i pagamenti elettronici. È stata poi modificata nel 2003 per tener conto dell’allargamento dell’UE previsto nel 2004. PUNTI CHIAVE Il lavoro del comitato Il comitato è stato istituito per: contribuire al lavoro del Consiglio (e in particolare quello dei ministri dell’economia e degli affari economici dell’Unione europea, Ecofin) sul coordinamento delle politiche economiche e dei bilanci dell’UE e dei suoi paesi; assistere la Commissione europea; preparare una parte del lavoro dell’Eurogruppo. Il comitato: svolge analisi economiche; fornisce pareri sulle metodologie; prepara il lavoro del Consiglio sul semestre europeo, tra cui la formulazione di raccomandazioni politiche nei confronti dei paesi dell’UE sulla base di progetti della Commissione; formula raccomandazioni politiche, come gli orientamenti di massima per le politiche economiche, destinati a favorire la creazione di posti di lavoro e il potenziale di crescita dell’UE; contribuisce alla sorveglianza multilaterale delle politiche economiche nazionali attraverso una revisione regolare delle riforme strutturali dei paesi dell’UE; fornisce pareri politici in merito alla parte del piano di investimenti per l’Europa che mira ad eliminare gli ostacoli normativi agli investimenti sia a livello nazionale che a livello UE. In particolare, il comitato si concentra sui seguenti aspetti: il funzionamento dei mercati dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro dell’UE, compresi gli sviluppi in merito a salari, produttività, occupazione e competitività ; il ruolo e l’efficienza del settore pubblico e la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche; le implicazioni economiche di determinate politiche, come quelle relative all’ambiente, alla ricerca e sviluppo e alla coesione sociale. Il comitato sostiene il lavoro del Comitato economico e finanziario. Ciò comporta, tra l’altro, il monitoraggio degli sviluppi macroeconomici a breve e medio termine sia a livello dell’UE che a livello nazionale. Fornisce analisi e pareri sull’interazione tra le politiche strutturali e macroeconomiche e sull’evoluzione dei salari. Funge anche da forum per le discussioni macroeconomiche tecniche con la Banca centrale europea (BCE), il Comitato economico e finanziario, il Comitato per l’occupazione, la Commissione e le parti sociali. Composizione e funzionamento Ci sono due rappresentanti per ciascun paese dell’UE e due ciascuno dalla Commissione e dalla BCE. Quando il comitato si riunisce nella sua forma «Eurogruppo», comprende i rappresentanti della Commissione, della BCE e di quei paesi la cui moneta è l’euro. Il presidente viene eletto ogni due anni e il lavoro del comitato è supportato da un segretariato. Le riunioni sono riservate, ma le relazioni e i pareri sono in linea di principio accessibili al pubblico. Qualora i pareri o le relazioni del comitato siano sottoposti a votazione, devono essere adottati dalla maggioranza dei membri. Il comitato deve segnalare anche le opinioni dissenzienti o minoritarie espresse nel corso dei lavori. Se le relazioni riguardano questioni su cui il Consiglio potrà successivamente prendere una decisione, i membri delle banche centrali e della Commissione non possono partecipare alla votazione. Il comitato ha istituito diversi gruppi di lavoro che esaminano questioni specifiche: invecchiamento demografico e sostenibilità , metodologia di valutazione delle riforme strutturali, margini di potenziale produttivo, energia e cambiamenti climatici. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a partire dal 12 ottobre 2000. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: «Il CPE» sul sito Internet dell’Unione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2000/604/CE del Consiglio, del 29 settembre 2000, sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica (GU L 257 dell’11.10.2000, pag. 28-31) Le modifiche successive alla decisione 2000/604/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
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93/704/CE: Decisione del Consiglio, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali Gazzetta ufficiale n. L 329 del 30/12/1993 pag. 0063 - 0065 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 5 pag. 0069 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 5 pag. 0069 DECISIONE DEL CONSIGLIO del 30 novembre 1993 relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (93/704/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 213, vista la proposta della Commissione (1), considerando che il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulle misure comuni volte a ridurre gli incidenti stradali (2); considerando che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, il 21 giugno 1991, hanno adottato una risoluzione con la quale veniva chiesto alla Commissione di elaborare ed attuare un programma comunitario di misure concrete destinate a realizzare nuove iniziative comuni e a ravvicinare gli esperimenti attualmente effettuati a livello nazionale nei vari settori d'azione e di ricerca interessati per quanto riguarda la lotta contro gli incidenti stradali e le conseguenze per le vittime di tali incidenti (3); considerando che la creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali è una delle priorità stabilite dal Gruppo di lavoro ad alto livello dei rappresentanti dei governi degli Stati membri; considerando che nel Libro bianco sullo sviluppo futuro della politica comune dei trasporti e nella comunicazione su un programma d'azione in materia di sicurezza stradale la Commissione indica che, viste le notevoli differenze tra i livelli di sicurezza stradale dei diversi Stati membri, un primo obiettivo in questo campo deve essere quello di promuovere lo scambio di informazioni e di esperienze creando una banca di dati comunitaria; considerando che gli Stati membri raccolgono i dati relativi agli incidenti stradali avvenuti sul loro territorio e riuniscono tali informazioni in archivi informatizzati, ma che non esiste attualmente una base comune che consenta di accedere ai vari archivi né di utilizzare i dati raccolti; considerando che una banca di dati creata e gestita a livello comunitario consente di identificare e di quantificare i problemi, di valutare l'efficacia delle misure adottate e di determinare la pertinenza di un'azione comunitaria; considerando che la creazione e la gestione di tale banca di dati non possono essere assicurate dagli Stati membri singolarmente e che pertanto la Comunità, nel rispetto del principio della sussidiarietà, interviene soltanto nella misura necessaria per garantire, da una parte, un raggruppamento dei dati contenuti negli archivi statistici degli Stati membri e, dall'altra, uno stretto coordinamento tra Stati membri nell'ottica del buon funzionamento di una banca di dati comunitaria; considerando che occorre prevedere le modalità di trasmissione alla Commissione dei dati statistici esistenti negli Stati membri e, in particolare, stabilire la periodicità, il termine e la natura del supporto di trasmissione; considerando che l'analisi dei problemi di sicurezza stradale deve concentrarsi in via prioritaria sugli incidenti che provocano lesioni corporali, escludendo gli incidenti che provocano danno alle cose, ma che le informazioni relative all'identificazione delle persone non sono necessarie al fine di tali analisi; considerando che occorre che la Commissione prenda disposizioni per garantire la protezione dei dati statistici coperti dal segreto, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. Gli Stati membri elaborano statistiche sugli incidenti stradali che abbiano provocato lesioni corporali, avvenuti nel loro territorio. 2. Ai fini della presente decisione, per incidente che abbia provocato lesioni corporali si intende qualsiasi urto implicante almeno un veicolo in marcia, circolante su una strada pubblica regolarmente aperta alla circolazione, che abbia comportato il ferimento e/o la morte di uno o più utenti della strada. Articolo 2 1. I dati sugli incidenti comportanti lesioni corporali avvenuti nel corso di un anno, contenuti negli archivi informatizzati al più alto grado di centralizzazione esistente, sono comunicati dagli Stati membri, a livello di unità statistica, all'Istituto statistico delle Comunità europee, in appresso denominato ISCE. Nell'ambito della presente decisione l'unità statistica è l'incidente comportante lesioni corporali. 2. I dati di cui al paragrafo 1 sono comunicati per la prima volta entro il 31 marzo 1994 per gli anni 1991 e 1992 e, successivamente, entro nove mesi dalla fine dell'anno di riferimento considerato. 3. Nell'ipotesi in cui siano coperti dal segreto statistico a norma di disposizioni nazionali i dati di cui al paragrafo 1 sono parimenti trasmessi all'ISCE, che li gestisce conformemente al regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 (1). 4. La Commissione, agendo secondo la procedura di cui all'articolo 5, fissa gli elementi che non devono essere inclusi negli archivi trasmessi. Articolo 3 1. Nella misura del possibile, la trasmissione dei dati viene effettuata su un supporto di lettura la cui natura e il cui formato sono proposti dalla Commissione. 2. Gli Stati membri che apportino correzioni ai dati statistici successivamente alla trasmissione dell'archivio all'ISCE inviano a quest'ultimo una copia completa dell'archivio aggiornato. 3. Gli Stati membri che intendano modificare la forma o il contenuto del loro archivio ne informano preventivamente la Commissione. Gli Stati membri che sono indotti a modificare archivi già trasmessi all'ISCE inviano a quest'ultimo le nuove versioni dei medesimi. 4. Ciascuno Stato membro è responsabile della qualità dei dati statistici che fornisce. 5. La Commissione è responsabile del trattamento dei dati ricevuti. Articolo 4 1. La Commissione è responsabile della divulgazione dei dati ricevuti. Le modalità di accesso alle statistiche sugli incidenti stradali che abbiano provocato lesioni corporali, centralizzate dalla Commissione, le eventuali pubblicazioni, nonché ogni elemento utile al buon funzionamento della banca di dati comunitaria che riunisce dette statistiche sono stabiliti dalla Commissione che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 5. 2. La Commissione esamina, con gli Stati membri, i problemi di ordine metodologico e tecnico sollevati dall'elaborazione e dalla trasmissione delle statistiche o dal metodo di raccolta, per trovare soluzioni che consentano di rendere progressivamente i dati quanto più possibile omogenei e comparabili tra gli Stati membri. In base a tale esame, la Commissione presenterà al Consiglio le eventuali proposte appropriate. Articolo 5 1. Quando si fa riferimento alla procedura prevista nel presente articolo, la Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (2). 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato, entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame, formula il suo parere sul progetto, eventualmente procedendo a votazione. Il parere è iscritto a verbale; inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri a verbale. La Commissione tiene in massima considerazione il parere formulato dal comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere. Articolo 6 Tre anni dopo la messa in applicazione della presente decisione la Commissione presenta al Consiglio: a) una relazione di valutazione sui risultati conseguiti relativamente alla realizzazione delle azioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 e sull'opportunità di continuare tali azioni; b) gli orientamenti emergenti da detta relazione per l'eventuale proseguimento dell'azione prevista dalla presente decisione. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 1993. Per il Consiglio Il Presidente G. COËME (1) GU n. C 225 del 20. 8. 1993, pag. 6. (2) GU n. C 68 del 24. 3. 1986, pag. 35. (3) GU n. C 178 del 9. 7. 1991, pag. 1. (4) GU n. L 151 del 15. 6. 1990, pag. 1. (5) GU n. L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47.
Sicurezza stradale: Banca dati comunitaria sugli incidenti stradali QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa istituisce CARE — la banca dati dell’Unione europea sugli incidenti stradali. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE devono:elaborare statistiche sugli incidenti stradali che abbiano coinvolto almeno un veicolo e che abbiano comportato il ferimento o la morte, avvenuti nel loro territorio; Comunicare tali dati ogni anno alla Commissione europea (Eurostat) La Commissione europea deve garantire che i dati ricevuti siano diffusi e che la banca dati funzioni correttamente e, inoltre, decide le condizioni per l’accesso alle statistiche e a qualsiasi pubblicazione, in collaborazione con il gruppo di lavoro di esperti di CARE. La Commissione, dopo tre anni di attuazione della presente decisione, doveva preparare una relazione per il Consiglio sui risultati ottenuti e sugli indicatori risultanti per il proseguimento delle attività. Le conclusioni della relazione sono state generalmente positive. Sono stati suggeriti alcuni miglioramenti quali:armonizzare i dati degli incidenti; fornire nuove informazioni per completare le analisi internazionali comparative; migliorare la cooperazione tra i paesi dell’UE, poiché ciò riveste un ruolo essenziale nella gestione e nella qualità dei dati, oltre che nello sviluppo di una politica di accesso e applicazione per gli utenti di CARE. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? È applicata a partire dal 22 dicembre 1993. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Sicurezza stradale (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione del Consiglio (CEE) n. 93/704/CE, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (GU L 329 del 30.12.1993, pag. 63). Le successive modifiche alla decisione 93/704/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione sui progressi del progetto e sulle sue future prospettive — CARE: Banca dati comunitaria sugli incidenti stradali —Decisione del Consiglio del 30 novembre 1993 (93/704/CE) [COM(97) 238 final, del 26.5.1997].
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REGOLAMENTO (UE) 2017/1130 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 14 giugno 2017 che definisce le caratteristiche dei pescherecci (rifusione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione della proposta ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio (3) ha subito sostanziali modifiche (4). Poiché si rendono necessarie nuove modifiche, a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione. (2) Nel contesto della politica comune della pesca, si fa riferimento alle caratteristiche dei pescherecci quali la lunghezza, la larghezza, la stazza, la data di entrata in servizio e la potenza del motore. (3) È della massima importanza utilizzare norme identiche per determinare le caratteristiche dei pescherecci al fine di uniformare le condizioni di esercizio di detta attività nell'Unione. Tali norme dovrebbero essere in linea con le norme della politica comune della pesca. (4) È opportuno che le definizioni stabilite nel presente regolamento tengano conto delle iniziative prese da organizzazioni internazionali specializzate. (5) Di conseguenza, è opportuno tener conto della convenzione delle Nazioni Unite sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche dell'alto mare, firmata a Ginevra il 29 aprile 1958, della convenzione internazionale sulla misurazione della stazza delle navi firmata il 23 giugno 1969 a Londra («convenzione del 1969») e della convenzione internazionale sulla sicurezza dei pescherecci, firmata il 2 aprile 1977 a Torremolinos. (6) Per i pescherecci di lunghezza fuori tutto inferiore a 15 m la metodologia esposta nell'allegato I della convenzione del 1969 appare, talvolta, inadeguata. Per tali pescherecci si rende pertanto opportuna una definizione più semplice della stazza lorda. (7) L'Organizzazione internazionale per l'unificazione (ISO) ha messo a punto norme per i motori a combustione interna che sono ampiamente applicate negli Stati membri. (8) Al fine di adattare al progresso tecnico il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO che stabilisce i requisiti per la determinazione della potenza continua del motore, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardo all'adozione delle necessarie modifiche al riferimento alla pertinente norma internazionale ISO. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016 (5). In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Disposizioni di carattere generale Le definizioni delle caratteristiche dei pescherecci stabilite nel presente regolamento si applicano a tutta la normativa dell'Unione concernente la pesca. Articolo 2 Lunghezza 1. Per lunghezza di una nave si intende la lunghezza fuori tutto, ovvero la distanza, misurata in linea retta, tra il punto estremo anteriore della prua e il punto estremo posteriore della poppa. Ai fini della presente definizione: a) la prua comprende l'ossatura stagna dello scafo, il castello di prua, la ruota di prora e la murata, ove esista, ma non i bompressi e il parapetto; b) la poppa comprende l'ossatura stagna dello scafo, l'arcaccia, il casseretto, lo scivolo di poppa e la murata, ma non il parapetto, il buttafuori, l'apparato motore di propulsione, i timoni con l'apparecchio di governo, le scale d'immersione e le piattaforme. La lunghezza fuori tutto va misurata in metri con approssimazione ai due decimali. 2. Quando la normativa dell'Unione fa riferimento alla lunghezza tra le perpendicolari, quest'ultima equivale alla distanza misurata fra la perpendicolare anteriore e la perpendicolare posteriore quali sono definite dalla convenzione internazionale sulla sicurezza dei pescherecci. La lunghezza tra le perpendicolari va misurata in metri con approssimazione ai due decimali. Articolo 3 Larghezza La larghezza di una nave corrisponde alla larghezza massima quale definita nell'allegato I della Convenzione internazionale della misurazione della stazza delle navi («convenzione del 1969»). La larghezza fuori tutto va misurata in metri con approssimazione ai due decimali. Articolo 4 Stazza 1. La stazza lorda dei pescherecci aventi una lunghezza fuori tutto pari o superiore a 15 m dev'essere misurata conformemente all'allegato I della convenzione del 1969. 2. La stazza lorda dei pescherecci aventi una lunghezza fuori tutto inferiore a 15 m deve essere misurata secondo la formula esposta nell'allegato I del presente regolamento. 3. Quando la normativa dell'Unione fa riferimento alla stazza netta, quest'ultima è definita come indicato nell'allegato I della convenzione del 1969. Articolo 5 Potenza del motore 1. Per potenza del motore si intende la potenza massima continua ottenibile al volano di ciascun motore e che può essere applicata alla propulsione della nave per via meccanica, elettrica, idraulica o in altro modo. Tuttavia, quando un riduttore è integrato nel motore, la potenza è misurata alla flangia dell'apparato di trasmissione del riduttore. Non sarà fatta alcuna deduzione per le macchine ausiliarie azionate dal motore. L'unità di potenza del motore è espressa in kilowatt (kW). 2. La potenza continua del motore è determinata conformemente ai requisiti fissati dall'Organizzazione internazionale per l'unificazione nel quadro delle norme internazionali raccomandate ISO 3046/1, seconda edizione, ottobre 1981. 3. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 7 riguardo alla modifica al paragrafo 2 del presente articolo al fine di adattare al progresso ternico il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO. Articolo 6 Data di entrata in servizio La data di entrata in servizio corrisponde alla data del primo rilascio di un certificato ufficiale di sicurezza. In deroga al primo comma, la data di entrata in servizio corrisponde alla data della prima iscrizione in un registro ufficiale dei pescherecci: a) qualora non sia stato rilasciato alcun certificato ufficiale di sicurezza; o b) per i pescherecci entrati in servizio prima del 1o dicembre 1986. Articolo 7 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 5, paragrafo 3 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 20 luglio 2017. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui all'articolo 5, paragrafo 3, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Prima dell'adozione dell'atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016. 5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 6. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo sia il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 8 Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 2930/86 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III. Articolo 9 Disposizioni finali Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 14 giugno 2017 Per il Parlamento europeo Il presidente A. TAJANI Per il Consiglio Il presidente H. DALLI (1) GU C 34 del 2.2.2017, pag. 140. (2) Posizione del Parlamento europeo del 4 aprile 2017 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 16 maggio 2017. (3) Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio, del 22 settembre 1986, che definisce le caratteristiche dei pescherecci (GU L 274 del 25.9.1986, pag. 1). (4) Cfr. allegato II. (5) GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1. ALLEGATO I PESCHERECCI DI NUOVA COSTRUZIONE DI LUNGHEZZA FUORI TUTTO INFERIORE A 15 METRI La stazza lorda dei pescherecci di nuova costruzione la cui lunghezza fuori tutto è inferiore a 15 metri è definita secondo la seguente formula: GT = K1 · V dove: K1 = 0,2 + 0,02 log10 V e V rappresenta il volume, ottenuto come segue: V = a1 (Loa · B1 · T1) dove: Loa = lunghezza fuori tutto (articolo 2 del presente regolamento) B1 = larghezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969 T1 = altezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969 a1 = funzione di Loa PESCHERECCI DI LUNGHEZZA FUORI TUTTO INFERIORE A 15 METRI GIÀ IN SERVIZIO IL 1O GENNAIO 1995 La stazza lorda dei pescherecci già in servizio il 1o gennaio 1995 la cui lunghezza fuori tutto è inferiore a 15 metri è così definita: GT = K1 · V dove: V rappresenta il volume, ottenuto come segue: V = a2 (Loa · B1 · T1) dove: Loa = lunghezza fuori tutto (articolo 2 del presente regolamento) B1 = larghezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969 T1 = altezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969 a2 = funzione di Loa Le funzioni a1 e a2 devono essere determinate in base a un'analisi statistica di un insieme di campioni rappresentativi delle flotte degli Stati membri. Esse devono essere specificate, unitamente alle definizioni delle dimensione B1 e T1, e alle norme dettagliate per l'applicazione delle formule, in una decisione della Commissione. ALLEGATO II REGOLAMENTO ABROGATO E SUA MODIFICA Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio (GU L 274 del 25.9.1986, pag. 1) Regolamento (CE) n. 3259/94 del Consiglio (GU L 339 del 29.12.1994, pag. 11) ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 2930/86 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, paragrafo 1, lettera a) — Articolo 4, paragrafo 1, lettera b) Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1, lettera c) Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 1, lettera d) — Articolo 4, paragrafo 1, lettera e) — Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 3 Articolo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 — Articolo 7 — Articolo 8 Articolo 7, paragrafo 1 Articolo 9 Articolo 7, paragrafo 2 — Allegato Allegato I — Allegato II — Allegato III
Caratteristiche dei pescherecci dell’UE QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento definisce le caratteristiche tecniche dei pescherecci dell’UE. Esso modifica e abroga il regolamento (CEE) n. 2930/86 in linea con l’impegno dell’UE di semplificare e chiarire il diritto comunitario. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce le norme per la lunghezza, l’ampiezza, la stazza, la potenza del motore e la data di messa in servizio dei pescherecci nell’UE. Tali definizioni sono in linea con quelle contenute nelle seguenti convenzioni internazionali:la Convenzione internazionale concernente la pesca e la conservazione delle risorse biologiche d’alto maredel 1958; la Convenzione internazionale sulla stazzatura delle navidel 1969; la Convenzione internazionale sulla sicurezza della navi da pescadel 1977. Lunghezza dell’imbarcazione — la lunghezza complessiva, definita come la distanza in linea retta tra il punto più avanzato dell’arco e quello più avanzato della poppa. La lunghezza complessiva è misurata in metri con una precisione di due cifre decimali. Ampiezza dell’imbarcazione — l’ampiezza massima come definita nell’Allegato I della convenzione internazionale sulla stazzatura delle navi. L’ampiezza complessiva è misurata in metri con una precisione di due cifre decimali. La stazza lorda di pescherecci di lunghezza complessiva pari o superiore a 15 metri viene definita come specificato nell’Allegato I della convenzione internazionale sulla stazzatura delle navi. La stazza lorda di pescherecci di lunghezza complessiva inferiore a 15 metri viene definita ai sensi della formula specificata nell’Allegato I del presente regolamento. La potenza del motore è il totale della potenza massima continua che può essere ottenuta al comando del volano di ciascun motore e che può essere applicata alla propulsione dell’imbarcazione mediante mezzi meccanici, elettrici, idraulici o di altra natura. Tuttavia, quando al motore è incorporato un cambio, la potenza viene misurata sulla flangia di uscita del cambio. Nessuna detrazione può essere fatta sulle macchine ausiliarie azionate dal motore. L’unità in cui viene espressa la potenza del motore è il chilowatt (kW). La potenza costante del motore è determinata in conformità ai requisiti adottati dall’Organizzazione internazionale per la standardizzazione definita nella norma internazionale ISO 3046/1, seconda edizione, ottobre 1981. La Commissione europea può adottare atti delegati per adeguare il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO che stabilisce i requisiti per la determinazione della potenza continua del motore sulle basi del progresso tecnico. La data di messa in servizio è la data del primo rilascio di un certificato ufficiale di sicurezza. Tuttavia, potrebbe anche essere la data della prima iscrizione in un registro ufficiale dei pescherecci:se un certificato di sicurezza ufficiale non viene rilasciato; o: nel caso di pescherecci entrati in servizio prima del 1 dicembre 1986. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal giovedì 20 luglio 2017. Il Regolamento (UE) 2017/1130 ha modificato e sostituito il Regolamento (CCE) N. 2930/86 (e le sue successive modifiche). CONTESTO GENERALE Poiché la legislazione UE che disciplina le caratteristiche delle navi da pesca è stata modificata varie volte, per motivi di chiarezza le norme sono state riformulate per garantire che le attività di pesca nell’UE possano essere svolte in condizioni uniformi. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2017/1130 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 che definisce le caratteristiche dei pescherecci (riformulazione) (GU L 169, 30.6.2017, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento del Consiglio (CEE) N. 2930/86 del 22 settembre 1986 che definisce le caratteristiche dei pescherecci (GU L 274, 25.9.1986, pag. 1). Le successive modifiche al Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale
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31990L0428
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Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi Gazzetta ufficiale n. L 224 del 18/08/1990 pag. 0060 - 0061 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 33 pag. 0178 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 33 pag. 0178 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 26 giugno 1990 relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (90/428/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 42 e 43, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che gli equini figurano in quanto animali vivi nell'elenco di prodotti contenuti nell'allegato II del trattato; considerando che, per favorire uno sviluppo razionale della produzione di equini e l'aumento della produttività del settore, occorre stabilire a livello comunitario norme in materia di scambi intracomunitari di equini destinati a concorsi; considerando che l'allevamento dei cavalli, e in particolare dei cavalli da corsa, rientra generalmente nell'ambito delle attività agricole; che esso costituisce una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola; considerando che nella Comunità esistono disparità tra le norme che disciplinano l'accesso ai concorsi; che tali disparità possono costituire un ostacolo per gli scambi intracomunitari; considerando che gli scambi di equini destinati a concorsi e la partecipazione a tali concorsi possono essere compromessi dalle disparità esistenti nelle regolamentazioni concernenti la destinazione di una percentuale dell'importo delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dell'allevamento negli Stati membri; che l'instaurazione di un libero accesso ai concorsi presuppone l'armonizzazione di dette regolamentazioni; considerando che, in attesa di questa armonizzazione, conviene, soprattutto per mantenere ed incrementare la produttività nel settore, autorizzare gli Stati membri a riservare una percentuale delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dei loro allevamenti; che occorre tuttavia fissare un massimale per questa percentuale; considerando che è opportuno adottare le misure di applicazione in taluni settori di carattere tecnico; che è necessario, per l'attuazione delle misure previste, definire una procedura che instauri una cooperazione stretta ed efficace fra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato zootecnico permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, sono applicabili le definizioni contenute nell'articolo 2 della direttiva 90/427/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa alle norme zootecniche e genealogiche che disciplinano gli scambi intracomunitari di equini (4). Inoltre, si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura. Articolo 3 1. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fra equini registrati nello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini registrati in un altro Stato membro. 2. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni tra equini originari dello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini originari di un altro Stato membro. Articolo 4 1. Il disposto dell'articolo 3 concerne, in particolare: a) i criteri e in particolare i limiti, minimi o massimi, per l'iscrizione al concorso, b) la valutazione durante il concorso, c) le vincite o i proventi inerenti al concorso. 2. Tuttavia, - gli obblighi di cui all'articolo 3 lasciano impregiudicata la facoltà di organizzare: a) concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza; b) concorsi regionali, ai fini di una selezione degli equini; c) manifestazioni di carattere storico o tradizionale. Lo Stato membro che intende avvalersi di tale facoltà, ne informa preventivamente e in maniera generale, la Commissione; - gli Stati membri sono autorizzati a riservare, per ciascun concorso o tipo di concorso, tramite organismi ufficialmente abilitati o riconosciuti a tal fine, una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi di cui al paragrafo 1, lettera c) per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento. Tale percentuale non dovrà superare il 30 % nel 1991, il 25 % nel 1992 e il 20 % dal 1993. I criteri per la distribuzione di tali fondi nello Stato membro interessato vengono comunicati alla Commissione e agli altri Stati membri nell'ambito del comitato zootecnico permanente. Anteriormente al 31 dicembre 1992, il Consiglio riesaminerà le condizioni di applicazione di queste disposizioni in base ad una relazione della Commissione che tenga conto dei progressi di armonizzazione realizzati sull'insieme dei problemi sollevati dalle condizioni di allevamento dei cavalli da concorso, corredata di proposte appropriate sulle quali il Consiglio delibererà a maggioranza qualificata. 3. Le modalità generali di applicazione del presente articolo sono stabilite secondo la procedura indicata all'articolo 6. Articolo 5 1. In attesa delle decisioni da adottare a norma dell'articolo 4 della direttiva 90/427/CEE, nell'ipotesi in cui venga negata l'iscrizione a un concorso ad un equino registrato in uno Stato membro, i motivi del diniego devono essere comunicati per iscritto al proprietario o al suo mandatario. 2. Nel caso contemplato dal paragrafo 1, il proprietario o il suo mandatario ha il diritto di ottenere il parere di un esperto, alle condizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva 89/662/CEE (5) che sono applicabili mutatis mutandis. 3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione del presente articolo, secondo la procedura prevista all'articolo 6. Articolo 6 Nel caso in cui si fa riferimento alla procedura prevista al presente articolo, il Comitato zootecnico permanente, istituito con la decisione 77/505/CEE (6), delibera conformemente alle regole fissate nell'articolo 11 della direttiva 88/661/CEE (7). Articolo 7 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 1g luglio 1991. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 26 giugno 1990. Per il Consiglio Il Presidente M. O'KENNEDY (1) GU n. C 327 del 30. 12. 1989, pag. 61. (2) GU n. C 149 del 18. 6. 1990. (3) GU n. C 62 del 12. 3. 1990, pag. 46.(4) Vedi pagina 55 della presente Gazzetta ufficiale.(5) GU n. L 395 del 30. 12. 1989, pag. 13. (6) GU n. L 206 del 12. 8. 1977, pag. 11. (7) GU n. L 382 del 31. 12. 1988, pag. 16.
Norme sugli scambi di cavalli e asini destinati ai concorsi QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva stabilisce le norme relative agli scambi intracomunitari di equini, ovvero gli animali domestici delle specie equine (cavallo) o asinine (asino), o delle razze incrociate (muli e bardotti), destinati ai concorsi. Tali norme sono volte a superare gli ostacoli esistenti negli scambi di equini eliminando le disparità fra i paesi dell'UE per quanto riguarda le condizioni di partecipazione nei concorsi. PUNTI CHIAVE La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi nell'ambito dell'Unione europea (UE). Il tipo di concorso Si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura. La partecipazione ai concorsi Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fondate sul luogo di origine o di registrazione degli equini nell'UE. In altre parole, tutti gli equini dei paesi dell'UE vanno trattati alla stessa maniera per quanto riguarda: i criteri d'iscrizione al concorso; la valutazione durante il concorso; le vincite o i proventi inerenti al concorso. Tuttavia, tale obbligo lascia impregiudicata la facoltà di organizzare: concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza; concorsi regionali, ai fini di una selezione; manifestazioni di carattere storico o tradizionale. I paesi dell'UE sono autorizzati a riservare una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento nel paese in cui il concorso si svolge. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 17 luglio 1990. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o luglio 1991. CONTESTO Per ulteriori informazioni si consulti: «Informazione per gli Stati membri» sul sito Internet della Commissione europea DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (GU L 224 del 18.8.1990, pag. 60-61) Le successive modifiche alla direttiva 90/428/CEE sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Decisione 92/216/CEE della Commissione, del 26 marzo 1992, relativa alla raccolta di dati riguardanti i concorsi di equini di cui all'articolo 4, paragrafo 2 della direttiva 90/428/EEC (GU L 104 del 22.4.1992, pag. 77) Si veda la versione consolidata.
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32001D0887
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2001/887/GAI: Decisione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione Gazzetta ufficiale n. L 329 del 14/12/2001 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 6 dicembre 2001relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione(2001/887/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro(3), stabilisce che a decorrere dal 1o gennaio 2002 le banconote denominate in euro cominciano ad essere immesse in circolazione ed obbliga gli Stati membri partecipanti ad assicurare sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche in euro.(2) È opportuno integrare e potenziare il dispositivo di protezione dell'euro, varato con strumenti precedenti, mediante disposizioni che instaurino, relativamente alla repressione dei reati di falsificazione dell'euro, una cooperazione stretta fra le competenti autorità degli Stati membri, la Banca centrale europea, le banche centrali nazionali, l'Europol e l'Eurojust.(3) Il 29 maggio 2000 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2000/383/GAI relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro(4).(4) Il 28 giugno 2001 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(5) e il regolamento (CE) n. 1339/2001 che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(6),DECIDE:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente decisione valgono le seguenti definizioni:a) "banconote false" e "monete false", le banconote e le monete così definite dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1338/2001;b) "falsificazione e reati connessi con la falsificazione dell'euro", i comportamenti, in relazione all'euro, descritti agli articoli 3, 4 e 5 della decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio;c) "autorità competenti", le autorità designate dagli Stati membri, in particolare gli uffici centrali nazionali, ai fini dell'accentramento delle informazioni, dell'accertamento e del relativo perseguimento della falsificazione e dei reati connessi con la falsificazione dell'euro;d) "convenzione di Ginevra", la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, firmata a Ginevra il 20 aprile 1929, e relativo protocollo;e) "convenzione Europol", la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia(7).Articolo 2Perizie sulle banconote e sulle moneteGli Stati membri provvedono a che, nell'ambito dei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro:a) le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi (CNA) designato o istituito a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001; eb) le necessarie perizie sulle monete sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi delle monete (CNAC) designato o istituito a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001.Articolo 3Comunicazione degli esiti delle perizieGli Stati membri assicurano che gli esiti delle perizie compiute dai CNA e dai CNAC a norma dell'articolo 2 siano comunicati all'Europol ai sensi delle disposizioni della convenzione Europol.Articolo 4Obbligo di segnalazione1. Gli Stati membri assicurano che gli uffici centrali nazionali di cui all'articolo 12 della convenzione di Ginevra comunichino all'Europol, conformemente alla convenzione Europol, le informazioni da essi accentrate in merito ai procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro, comprese le informazioni ottenute da paesi terzi. Gli Stati membri e l'Europol cooperano per determinare quali informazioni devono essere comunicate. Le informazioni contengono, almeno, l'identificazione delle persone coinvolte, le circostanze in cui i reati sono stati scoperti, le circostanze del sequestro e i collegamenti con altri casi.2. Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro le competenti autorità degli Stati membri si avvalgono, se del caso, di tutti gli strumenti offerti dall'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e poi degli strumenti di cooperazione offerti dall'Eurojust quando sarà stato istituito, ai sensi delle disposizioni previste negli strumenti che istituiscono l'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e l'Eurojust.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Verwilghen(1) GU C 75 del 7.3.2001, pag. 1.(2) Parere espresso il 23 ottobre 2001 (Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1.(4) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1.(5) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.(6) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.(7) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 30 novembre 2000 (GU C 358 del 13.12.2000, pag. 2).
Protezione dell’euro dalle falsificazioni QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La presente decisione mira a garantire che, nell’ambito delle indagini sulla contraffazione dell’euro, siano eseguite analisi coerenti ed efficaci sulle banconote e monete contraffatte e che tali informazioni siano condivise fra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE In vista dell’introduzione dell’euro il 1o gennaio 2002, la decisione ha integrato una serie di norme esistenti sulla protezione dell’euro dalla falsificazione, nello specifico: la decisione quadro del Consiglio 2000/383/GAI, sostituita dalla direttiva 2014/62/UE,sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione; il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio che definisce altre misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione. Durante le investigazioni sulla falsificazione dell’euro, i paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che i Centri nazionali di analisi (CNA) svolgano le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false, mentre i Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) devono svolgere tali perizie per le monete sospettate di essere false. I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere i risultati di tali perizie all’Ufficio europeo di polizia (Europol). Gli uffici centrali nazionali dei paesi dell’UE responsabili delle investigazioni sulla falsificazione dell’euro e reati correlati hanno l’obbligo di comunicare all’Europol informazioni centralizzate sulle investigazioni, comprese le informazioni ottenute dai paesi extra UE. Dovrebbero essere inviate almeno le seguenti informazioni: l’identificazione delle persone coinvolte; la descrizione dei reati; le circostanze in cui i reati sono stati scoperti; le circostanze del sequestro; i collegamenti con altri casi. Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell’euro le competenti autorità dei paesi dell’UE dovranno avvalersi di tutti gli strumenti offerti dall’Eurojust. La decisione 2005/37/CE della Commissione istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE), il cui ruolo è quello di proteggere le monete dell’euro dalla falsificazione. A tal fine esso analizza e classifica le monete falsificate e assiste le autorità nazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è in vigore dal 14 dicembre 2001. CONTESTO Per ulteriori informazioni si consulti: Lotta alla falsificazione (Commissione europea); Misure antifalsificazione (Banca centrale europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2001/887/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell’euro dalla falsificazione (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 1-2) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6-10) Modifiche successive al regolamento (CE) n. 1338/2001 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73-74) Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (GU L 151 del 21.5.2014, pag. 1-8)
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32012D0443
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 23 luglio 2012 indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (2012/443/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 126, paragrafo 6, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede la possibilità di elaborare orientamenti di politica economica specifici concernenti gli Stati membri la cui moneta è l’euro. (2) Nella raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2012 della Spagna e nel parere sul programma di stabilità della Spagna 2012-2015 (1), il Consiglio ha raccomandato alla Spagna di adottare provvedimenti al fine di «attuare la riforma del settore finanziario, e in particolare completare la ristrutturazione del settore bancario affrontando il problema delle istituzioni deboli rimanenti, presentando una strategia generale per gestire efficacemente le attività preesistenti nei bilanci delle banche e definendo un orientamento chiaro per il finanziamento e l’uso degli strumenti di sostegno». (3) L’abbondante disponibilità di finanziamento esterno a basso costo ha alimentato in Spagna negli anni 2000 una domanda interna trainata dal credito e una bolla speculativa, che si sono concentrate soprattutto sul settore immobiliare. Lo scoppio della bolla edilizia e immobiliare e la conseguente recessione economica hanno prodotto effetti negativi sul settore bancario spagnolo. Pertanto, alle banche spagnole è ormai ampiamente precluso, a eccezione di pochi enti creditizi di grandi dimensioni e diversificati sul piano internazionale, un accesso a prezzi abbordabili ai mercati del finanziamento all’ingrosso; esse sono pertanto estremamente dipendenti dal rifinanziamento dell’Eurosistema. Inoltre, la loro capacità di contrarre prestiti è ormai considerevolmente limitata dagli effetti dei declassamenti del rating sulla disponibilità di garanzie reali. (4) La considerevole contrazione dell’economia registrata negli ultimi anni, che influisce molto negativamente su occupazione e disoccupazione, ha determinato un grave deterioramento della posizione di bilancio della Spagna. Secondo l’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012, preparato dai servizi della Commissione, le proiezioni indicano un disavanzo pubblico al 6,3 % del PIL nel 2012, rispetto al 5,3 % previsto nel programma di stabilità 2012 e nel progetto di legge finanziaria 2012. Nel 2011 il debito pubblico lordo è salito al 68,5 % del PIL e, stando all’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012 preparato dai servizi della Commissione, si prevede che, a politiche invariate, aumenti all’80,9 % del PIL nel 2012 e all’86,8 % nel 2013, superando quindi il valore di riferimento del trattato ogni anno. I rischi associati allo scenario macroeconomico e agli obiettivi di bilancio, così come a ulteriori misure di salvataggio finanziario, potranno concorrere a un ulteriore aumento del debito pubblico. Alla luce di tale evoluzione il 10 luglio 2012 il Consiglio ha rivolto alla Spagna una raccomandazione a norma della procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), volta a far cessare l’attuale situazione di disavanzo eccessivo entro il 2014. (5) Le autorità spagnole hanno adottato una serie di misure importanti per affrontare i problemi del settore bancario, fra cui: ripulitura dei bilanci delle banche, aumento dei requisiti patrimoniali minimi, ristrutturazione del settore delle casse di risparmio, innalzamento consistente degli obblighi di accantonamento per i prestiti connessi allo Sviluppo immobiliare (Real Estate Development — RED) e alle attività vincolate. Le misure si sono tuttavia rivelate insufficienti ad allentare la pressione dei mercati. (6) Nel febbraio 2011 le autorità spagnole hanno innalzato il requisito del coefficiente minimo di capitale («capital principal») all’8 % delle attività ponderate per il rischio delle banche, cui hanno concesso fino al settembre 2011 per conformarsi alla nuova regolamentazione. Per le banche più dipendenti dal finanziamento all’ingrosso e caratterizzate da un accesso limitato al mercato, il coefficiente minimo di capitale è stato portato al 10 %. Nel febbraio e nel maggio 2012 una nuova normativa ha imposto alle banche di costituire riserve e margini patrimoniali più consistenti per tutelarsi dalle eventuali perdite sui prestiti sia redditizi sia in sofferenza relativamente alle attività edilizie e immobiliari accumulate in passato. Il volume complessivo previsto di questi nuovi obblighi di copertura ammontava a circa 84 miliardi di EUR. (7) Fino all’aprile 2012 il contributo finanziario complessivo lordo dello Stato spagnolo (escluse le garanzie sulle emissioni di titoli) ammontava a circa 15 miliardi di EUR. Il sostegno finanziario è stato fornito attraverso il Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata (FROB), cui è stato conferito un capitale di 15 miliardi di EUR di cui 9 miliardi già versati. Lo Stato ha inoltre fornito garanzie alle emissioni di obbligazioni bancarie privilegiate per un importo intorno agli 86 miliardi di EUR (di cui garanzie in essere per circa 58 miliardi). Nonostante le capacità residue del FROB pari a tre volte la sua allocazione di capitale, le disponibilità del settore pubblico non saranno sufficienti a garantire un sostegno abbastanza ampio da permettere la richiesta ripulitura a livello sistemico nel settore bancario. (8) I timori relativi alla necessità di un’ulteriore ricapitalizzazione del settore bancario hanno contribuito ad aumentare le pressioni del mercato sui titoli di Stato spagnoli. I rendimenti dei titoli sovrani hanno raggiunto livelli abbondantemente superiori ai 500 punti base fra fine giugno e inizio luglio 2012, con conseguente aumento dei costi di finanziamento del settore sovrano spagnolo. L’aumento dell’onere per interessi rende più impegnativa la sfida del risanamento delle finanze pubbliche spagnole e della correzione del disavanzo eccessivo. La ristrutturazione completa e la ricapitalizzazione del settore bancario sono pertanto elementi importanti per l’alleggerimento della pressione sulle finanze pubbliche. (9) Il 25 giugno 2012 le autorità spagnole hanno chiesto ufficialmente assistenza finanziaria nel contesto del processo in corso di ristrutturazione e ricapitalizzazione del settore bancario del paese. L’assistenza è chiesta a titolo di assistenza finanziaria alla ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria. L’assistenza fornita è subordinata a condizioni specifiche al settore finanziario, come previsto nel memorandum d’intesa (MoU) negoziato tra il governo spagnolo e la Commissione, di concerto con la Banca centrale europea (BCE) e l’Autorità bancaria europea (ABE), con l’assistenza tecnica del Fondo monetario internazionale (FMI). Essa comprenderà sia una condizionalità specifica per le banche, in linea con le norme in materia di aiuti di Stato, sia una condizionalità orizzontale. Parallelamente, la Spagna dovrà conformarsi pienamente ai propri impegni e obblighi nel quadro della PDE e delle raccomandazioni, volte ad affrontare gli squilibri macroeconomici, formulate nell’ambito del Semestre europeo. (10) Il miglioramento della resilienza a lungo termine del settore bancario spagnolo è essenziale per mantenere la stabilità finanziaria in Spagna e contenere il contagio dello stress finanziario preservando le altre economie della zona euro e, quindi, per scongiurare effetti negativi sul buon funzionamento dell’economia e dell’Unione economica e monetaria. Le misure significative adottate finora per risolvere tali problemi non si sono rivelate del tutto adeguate. Sono pertanto necessarie ulteriori misure. La Spagna dovrebbe, in particolare, attuare altre misure specifiche per risolvere in modo efficace la questione delle attività accumulate in passato, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati, limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche e potenziare i meccanismi di individuazione dei rischi e gestione delle crisi. (11) Nell’ambito della strategia globale è fondamentale gestire efficacemente le attività accumulate in passato, imponendo una segregazione netta delle attività problematiche delle banche beneficiarie di sostegno mediante estromissione dai loro bilanci, in particolare per i prestiti connessi al comparto RED e per le attività vincolate. Tale segregazione fugherebbe gli ultimi dubbi sulla qualità dei bilanci delle banche, cui consentirebbe così di adempiere meglio la loro funzione di intermediazione finanziaria. (12) Un siffatto miglioramento della trasparenza dei bilanci delle banche può inoltre agevolare un ridimensionamento ordinato delle esposizioni delle banche nei confronti del settore immobiliare, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati e limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche. (13) La definizione di un quadro solido per il settore bancario spagnolo implica il potenziamento dei meccanismi di individuazione dei rischi e di gestione delle crisi. Una strategia efficace dovrebbe prevedere modifiche atte a rafforzare il quadro di regolamentazione e di vigilanza alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria. Occorre inoltre potenziare il governo societario in linea con le migliori pratiche internazionali, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. La Commissione, in consultazione con la BCE, l’ABE e l’FMI, ha convenuto con le autorità spagnole le condizioni specifiche di politica nel settore finanziario cui è collegata l’assistenza finanziaria. Tali condizioni figurano nel memorandum d’intesa (MoU) che dovrà essere firmato dalla Commissione europea e dalle autorità spagnole. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio in un accordo sullo strumento di assistenza finanziaria. La Spagna procede a una ricapitalizzazione adeguata e a una ristrutturazione profonda del suo sistema bancario. A tale scopo la Spagna sviluppa, coordinandosi con la Commissione europea e consultandosi con la BCE, una strategia per la struttura, il funzionamento e la sostenibilità economica futuri delle banche spagnole, che stabilirà in che modo garantire che siano in grado di operare senza ulteriore sostegno statale. Tale strategia sarà precisata ulteriormente nel MoU, in cui saranno ulteriormente elaborate le condizioni di politica contenute nella presente decisione. 2. Le componenti essenziali di tale strategia sono una revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo e il rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza nel settore bancario. 3. La revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo si articola nei tre elementi seguenti: a) individuazione del fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore bancario e, su tale base, una prova di stress sulle singole banche. In base ai risultati della prova di stress, le banche che necessitano di un apporto di capitale saranno divise in tre gruppi, ognuno dei quali sarà soggetto all’obbligo di presentare piani di ristrutturazione e risoluzione e tutte le misure complementari e successive, come previsto nel MoU; b) per le banche deboli, ricapitalizzazione, ristrutturazione e/o risoluzione ordinata della crisi in base a piani atti a colmare gli eventuali deficit di capitale individuati nella prova di stress. Tali piani si fonderanno sui principi di sostenibilità economica, riducendo al minimo i costi per i contribuenti (ripartizione degli oneri) e limitando le distorsioni della concorrenza. A tal fine la Spagna adotterà atti legislativi intesi a i) consentire l’attuazione di piani riguardanti i crediti subordinati, comprese forme obbligatorie di ripartizione degli oneri, ii) potenziare il quadro di risoluzione nel settore bancario in modo da integrare i pertinenti poteri del FROB e del Fondo di garanzia dei depositi (FGD) in materia di risoluzione e tenendo conto della proposta di regolamentazione dell’UE sulla gestione delle crisi e la risoluzione nel settore bancario, compresi strumenti speciali di risoluzione delle banche non economicamente sostenibili; c) per le banche beneficiarie di sostegno pubblico nel processo di ricapitalizzazione, segregazione delle attività e cessione delle attività deteriorate a una società di gestione patrimoniale esterna, per realizzare il loro valore a lungo termine. La Spagna, in stretta consultazione con la Commissione, la BCE e l’ABE, nonché avvalendosi dell’assistenza tecnica dell’FMI, metterà a punto un quadro legislativo globale per l’istituzione e il funzionamento della società di gestione patrimoniale, al fine di renderla pienamente operativa entro il novembre 2012. 4. Per definire un quadro solido nel settore bancario, la Spagna provvede inoltre al rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza e al potenziamento della governance. La strategia e la condizionalità, delineate con precisione nel MoU, comprendono tra l’altro le misure seguenti: a) gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad aumentare ad almeno il 9 % il coefficiente del capitale di base di classe 1 conformemente alla definizione di capitale di cui all’esercizio di ricapitalizzazione dell’ABE; b) a partire dal 1o gennaio 2013, gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad applicare la definizione di capitale contenuta nel regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation — CRR); c) è riveduto il quadro giuridico inerente al fondo perdite su crediti. Alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria, le autorità spagnole presentano, in particolare, proposte per rinnovare il quadro permanente del fondo perdite su crediti, tenendo conto sia delle misure temporanee introdotte negli ultimi mesi sia del quadro contabile dell’UE; d) è rafforzata ulteriormente l’autonomia operativa del Banco de España; in linea con le raccomandazioni e norme internazionali, i poteri di sanzionamento e di conferimento delle autorizzazioni nel settore bancario attualmente attribuiti al ministero dell’economia sono trasferiti al Banco de España; e) sono ulteriormente rafforzate le procedure di vigilanza del Banco de España sulla base di un audit interno; f) i dispositivi di governance delle agenzie della rete di sicurezza finanziaria (FROB e FGD) sono riveduti per evitare potenziali conflitti d’interesse; g) sono potenziate le norme sulla governance nel settore delle casse di risparmio e delle banche di proprietà delle casse di risparmio; h) è modificata la normativa sulla protezione dei consumatori e sui titoli al fine di limitare la vendita da parte delle banche di strumenti di debito subordinati (o di strumenti non coperti dall’FGD) a clienti al dettaglio non qualificati, ed è rafforzato il controllo di conformità da parte delle autorità; i) sono adottati provvedimenti per ridurre al minimo i costi per i contribuenti derivanti dalla ristrutturazione bancaria. Dopo l’attribuzione delle perdite agli azionisti, le autorità spagnole imporranno misure di ripartizione degli oneri ai detentori di capitale ibrido e di titoli di debito subordinato nelle banche che ricevono capitale pubblico; j) sono fissati massimali per i livelli di remunerazione dei membri dei consigli direttivi e di sorveglianza di tutte le banche che beneficiano di aiuti di Stato; k) è potenziato il registro pubblico dei crediti. 5. Le autorità forniscono alla Commissione, alla BCE, all’ABE e all’FMI, in condizioni di massima riservatezza, i dati necessari ai fini del controllo del settore bancario. 6. La Commissione, di concerto con la BCE e l’ABE, verifica a intervalli regolari, attraverso controlli in loco e relazioni periodiche elaborate dalle autorità spagnole, su base trimestrale, che siano soddisfatte le condizioni di politica cui è collegata l’assistenza finanziaria. Il monitoraggio delle attività del FROB nel contesto del programma avrà luogo a scadenze regolari. Articolo 2 Il Regno di Spagna è destinatario della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2012 Per il Consiglio La presidente C. ASHTON (1) GU C 219 del 24.7.2012, pag. 81.
Assistenza finanziaria alla Spagna QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Ha approvato un programma di assistenza finanziaria volto ad aiutare la Spagna a ricapitalizzare e ristrutturare il proprio settore bancario. PUNTI CHIAVE Il programma di assistenza finanziaria concordato dai ministri delle Finanze della zona euro a luglio 2012 prevedeva finanziamenti da parte dei paesi della zona euro alla Spagna fino a 100 miliardi di euro per 18 mesi. Quando il programma è terminato, a gennaio 2014, la Spagna aveva usato solo circa 38,9 miliardi di euro degli aiuti per ricapitalizzare le proprie banche e altri 2,5 miliardi di euro per capitalizzare la società spagnola di gestione patrimoniale, Sareb. In cambio degli aiuti la Spagna, in consultazione con la Banca centrale europea (BCE), l’Autorità bancaria europea (ABE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), doveva: individuare il fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore e una prova di stress sulle singole banche; ricapitalizzare, ristrutturare e/o effettuare una risoluzione ordinata delle banche deboli, riducendo al minimo i costi per i contribuenti; segregare le attività deteriorate delle banche beneficiarie di sostegno pubblico e cederle alla società di gestione patrimoniale Sareb; rafforzare i suoi quadri di regolamentazione e di vigilanza e potenziare la governance. Ogni tre mesi, la Commissione europea, la BCE e l’ABE hanno verificato che la Spagna rispettasse le condizioni cui gli aiuti erano subordinati. Dopo che la Spagna ha abbandonato il programma nel dicembre del 2013, la Commissione ha continuato a monitorare l’economia e il settore finanziario spagnoli nell’ambito delle misure di vigilanza successive al programma stabilite nel regolamento (UE) n. 472/2013. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 24 luglio 2012. CONTESTO Il 25 giugno 2012, il governo spagnolo ha richiesto assistenza finanziaria esterna a titolo del programma di assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF). I capi di Stato e di governo presenti al Vertice della zona euro del 29 giugno 2012 hanno concordato che l’assistenza sarebbe di conseguenza arrivata dal meccanismo europeo di stabilità (MES), ma senza ottenere le stesse priorità per il rimborso di altri prestiti MES. Il memorandum d’intesa è stato firmato il 23 luglio. La sua piena attuazione ha tenuto conto di tutte le altre considerazioni pertinenti contenute nella dichiarazione del Vertice della zona euro del 29 giugno 2012. Il funzionamento del programma è stato monitorato da vicino dalla Commissione e dalla BCE, parzialmente anche dall’ABE e dal FESF. È stato fortemente coinvolto anche l’FMI. Per ulteriori informazioni, si veda: «Il programma di aggiustamento del settore finanziario per la Spagna» (Commissione europea) «Vigilanza successiva al programma per la Spagna» (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2012/443/UE del Consiglio, del 23 luglio 2012, indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (GU L 202 del 28.7.2012, pagg. 17-20) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4) Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 407/2010 sono state integrate nel documento di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pagg. 1-10)
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