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Cosa significa "cascare" in questo contesto?
Sto leggendo La Locandiera di Carlo Goldoni. La mia domanda è su questa frase pronunciata da Mirandolina, la locandiera, a proposito del Marchese di Forlipopoli, un nobile decaduto ospite della locanda: """ Che arsura! Non gliene cascano. """ Il significato di "arsura" nella frase precedente l'ho trovato nel vocabolario Treccani: """ ant., scherz. Estrema povertà, assoluta mancanza di denaro """ Infatti, il Treccani riporta questa frase di Goldoni come esempio di questa accezione del vocabolo "arsura". Quello che non capisco bene è il senso di "cascare" in questo contesto. Significa che non gli "cascano" i denari perché è senza un soldo?
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[ { "score": "3", "ownerid": "1901", "text": "Cercando su Google ho trovato questa frase:\n\n> .. quando parla direttamente ai suoi interlocutori Mirandolina è sempre educata e garbata, ed usa un linguaggio di impeccabile proprietà; ma quando parla fra sé manifesta la sua vera natura, la sua sostanziale volgarità di piccola borghese attaccata al denaro ( ad esempio nel monologo della scena IX dell'atto I usa espressioni gergali tipo “Mi piace l'arrosto e del fumo non so che farne”, mentre nel dialogo con il marchese spiantato dice “Che arsura! Non gliene cascano”)..\n\nQuindi direi che \"non gliene cascano\" si riferisca proprio ai soldi!\n(!) aggiunta personale: più che cascargli i soldi, credo sia cascarle i soldi. Molto probabilmente significa che il marchese non dà neanche qualche moneta a Mirandolina.", "is_selected": true } ]
Qual è il significato di "tosto" in questo contesto?
Nella versione in italiano dell'episodio La resurrezione di Lazzaro di Mistero buffo, di Dario Fo, ho letto: """ Ah, guarda, quello è Gesú... quello piccolo... Come è giovane... guarda, non ha neanche la barba... com'è delicato... pare un ragazzino. Io me lo immaginavo piú tosto, con una gran testa di capelli... con delle pallettone (indica le orecchie), una crestona tremenda, con dei denti, delle manone, che quando cominciava a benedire: PAA!... troncava in quattro i fedeli! Che giovane che è!... """ Ho cercato il vocabolo "tosto" in alcuni dizionari ma, tra le differenti accezioni che ho trovato, non so a quale corrisponde l'uso che si fa nel passaggio precedente. Me lo potreste spiegare?
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[ { "score": "5", "ownerid": "1782", "text": "DIrei che in questa frase tosto significa risoluto ed energico, in contrapposizione alla figura imberbe e delicata che sorprende il personaggio che sta parlando.\nUn altro significato, più negativo, dell'aggettivo tosto rivolto a persone è testardo, ostinato, ma non mi pare la giusta interpretazione in questo contesto.", "is_selected": true }, { "score": "2", "ownerid": "4259", "text": "Anch'io direi che qui \"tosto\" è da collegarsi all'aspetto virile e forte che può dare una barba folta. Nel periodo prima, infatti, fa intendere che non avendo la barba è \"delicato\"", "is_selected": false } ]
Perché i segnaposto da scrivania si chiamano cavalieri?
Ho sentito diverse volte chiamare i segnaposto da scrivania "cavalieri". Ho consultato alcuni vocabolari, ma non ho mai trovato la definizione di questo significato. Cercando su Google "Cavalieri da scrivania" escono diversi risultati, quindi è evidentemente un modo di dire di uso comune. Qualcuno conosce il motivo e/o l'origine per i quali i segnaposto da scrivania vengono chiamati cavalieri?
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[ { "score": "2", "ownerid": "2136", "text": "La parola non mi suona nuova. L'ho usata e sentita usare tante volte, partecipando a presentazioni di libri e convegni. Digitando cavaliere significato dizionario su Google, si possono leggere molti significati della parola \"cavaliere\". L'ultima definizione, quella che potrebbe esserci utile, è: «11. Cartoncino posto all'interno della custodia trasparente di una cassetta di registrazione, che reca l'intestazione e i titoli contenuti nella stessa».\nIl cavaliere è quell'oggetto in plastica trasparente nel quale si può inserire un cartoncino o un foglio con il nome del relatore di un convegno o di una conferenza, in modo che chi vi assiste lo possa vedere. Direi che più che \"da scrivania\", i cavalieri sono oggetti per \"tavoli da convegno o conferenza\".", "is_selected": true } ]
Difference between "farsi prendere da X" and "lasciarsi prendere da X".
""" Ci siamo fatti prendere dall'entusiasmo. {vs}: Ci siamo lasciati prendere dall'entusiasmo. """ In French, I'd use the verb "laisser" (as in: "on s'est laissé emporter par X") to express the idea of "be at the mercy of X" or "X has got the better of someone". I wonder how these two verbs compare in Italian in this specific context?
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[ { "score": "3", "ownerid": "4310", "text": "They are equivalents but \"farsi prendere\" is generally associated to a positive mood / thing word, instead \"lasciarsi prendere\" is generally associated to a negative one.\nSo basically \"entusiasmo\" is more often used with \"farsi prendere\" while \"tristezza\" (sadness) is more often used with \"lasciarsi prendere\".\n\"Farsi prendere\" detects also a will to look for the state (you do something that leads you to the mood / things ) while \"lasciarsi prendere\" it's like \"fall in X\", so it's like something that happens itself and you follow.\nMore or less the difference is like between \"I'm in love\" (farsi prendere) and \"I fell in love\" (lasciarsi andare all'amore): they both can be translated in italian as \"Sono innamorato\"", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "4182", "text": "Italian causative verbs (they cause something else to happen) constructions are made up of two parts: the key verb fare or lasciare, followed by an infinitive.\n\nlasciare+infinitive (+prep.) has the nuance «non impedire che», «permettere»;\nfare+infinitive (+prep.) has generally a stronger meaning.\n\nSee also Treccani.\nFrom Skytte, La sintassi dell'infinito in italiano moderno,\n\n> Sebbene il francese laisser probabilmente dimostri una tendenza più evidente verso la dualità, è applicabile anche all'italiano la caratteristica proposta da Dubois: «Ces deux verbes représentent the transformation factitive, the verbe faire étant la forme positive du factitif (faire que) et laisser la forma négative (not faire que → laisser) \". Si differenziano [fare e lasciare] tra loro nel seguente modo: fare indica l'inizio del processo (il soggetto partecipa attivamente): fare+inf è verbo perfettivo; lasciare indica invece lo stato (il soggetto partecipa passivamente): lasciare+inf è verbo imperfettivo.\n\nIn English:\n\n> Although the French laisser probably shows a more evident tendency towards duality, the characteristic proposed by Dubois is also applicable to Italian: «These two verbs represent the factitive transformation, the verb faire being the positive form of the factitive (faire que) and laisser the negative form (non faire que → laisser)» They differentiate [fare and lasciare] among them in the following way: fare indicates the beginning of the process (the subject participates actively): fare+inf. is a perfective verb; lasciare instead indicates the state (the subject participates passively): lasciare+inf. is imperfective verb.\n", "is_selected": false } ]
Is "Cafeé und Thée Logia" partly Italian?
There has been a discussion of the phrase "Cafeé und Thée Logia" seen in a C18(?) picture on the German Language Stack Exchange. None of the words is a modern spelling in any language except und which is German for "and". So far we have got: Cafeé looks more like French café than Italian caffè but the Académie française derives café from Italian caveé, caffé. Cafeé looks half way in between. Und is German for "and". Thée looks like the French thé but this seems to have been the early spelling in Italian as the Italian tè comes from French. The second e is unexplained. Loggia is Italian from Latin, and is usually spelt with gg, at least in Latin, Italian, French and German: """ Wikidata item English: loggia, French: loggia, German: Loggia, Loggien, Afrikaans: Loggia, Belarusian: Лоджыя, Belarusian: Лёджыя, Bulgarian: Лоджия, Catalan: loggia, Czech: lodžie, Loggie, Danish: Loggia, Emiliano-Romagnolo: Lóśa, Esperanto: loĝio, Spanish: logia, loggia, Estonian: Lodža, Loggia, Basque: Logia, Loggia, Finnish: Loggia, Gan (Traditional): Loggia, Galician: Loggia, Hebrew: לוג'יה, Hungarian: Loggia, Armenian: Լոջիա, Ido: Lojio, Italian: loggia, logge, Japanese: ロッジア, 開廊, 涼み廊下, 涼み廊, Georgian: ლოჯია, Kyrgyz: Лоджия, Latin: Loggia, Norwegian Bokmål: loggia, Dutch: loggia, Polish: Loggia, Portuguese: lógia, logia, loggia, Romanian: Logie, Russian: Лоджия, Slovak: Lodžia, Loggia, Slovenian: Loža, Swedish: Loggia, Ukrainian: Лоджія, Chinese: 涼廊, """ Can someone with a knowledge of old spellings in Italian please say if these are valid Italian spellings and, if so, from when? And if eé is valid, what is the é for?
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[ { "score": "4", "ownerid": "37", "text": "The only occurrence I could find of a spelling similar to cafeé in an Italian text is caveè, in a report by 16th-century cardinal and ambassador Gianfrancesco Morosini, as quoted in Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato raccolte, annotate ed edite da Eugenio Alberi (1855). Speaking about Turks after his mission in Constantinople, he wrote in 1585:\n\n> Quasi di continuo stanno a sedere, e per trattenimento usano di bere pubblicamente, così nelle botteghe come anco per le strade, non solo uomini bassi ma ancora de' più principali, un'acqua negra bollente quanto possono sofferire, che si cava d'una semente che chiaman Caveè, la quale dicono che ha virtù di far stare l'uomo svegliato.\n\nMore or less: They, both high- and low-class men, continuously drink in bars and streets a boiling-hot black water obtained by a seed they call Caveè, which they say keeps men awake.\nThe 19th-century editor annotates that it is the first time an Italian writer mentions coffee, using its Turkish name, “cahveh” (apparently, the modern Turkish spelling is kahve).\nSo, technically, at least an Italian writer (almost) used that spelling to designate coffee. It seems, however, that it was just a tentative first version that didn't take root, while subsequently only versions more similar to caffè or café were used. For instance, the authoritative dictionary of the Accademia della Crusca includes caffè since its third edition, published in 1691 (where it appears in the Giunte, Addenda, while in subsequent editions caffè appears as a normal lemma).\nAs for tea, the spelling of its name is quite uncertain even in modern Italian, so I assume some leeway may be possible for past centuries, where orthography was still in progress. Nowadays vocabularies record two or three spellings (Treccani, for instance, takes tè as its lemma, and lists as “less common” spellings the and thè). I can find the version Theè in late-17th-century text:\n\n> Si parla finalmente della Beuanda del Theè, e si espongono le sue Virtú singolari; Si mostra, che i tartari Orientali la beuanda del Theè formano col'latte, e sale ...\n\n(They talk about Theè drink and its singular virtues; Oriental Tartars make it with milk and salt.)\nAgain, I can't find other occurrences (other ones in Google Books turn out to be other languages, among which Latin, or artefacts due to OCR). Crusca records just tè (giving the as its Latin form) only from its fourth edition (1729-1738). (Earlier lemmas refer to homographs.) \nFinally, I can't find anything for logia, and my instinct suggests me that it is a misspelling (or local, not widespread spelling) by either a foreigner or a Northern Italian, but I can't find a definite answer.", "is_selected": false } ]
Suffisso diminutivo "-occhio" nelle parole come "pinocchio", "ranocchio/a", ecc. in italiano moderno.
Recentemente mi sono interessato all'etimologia delle parole che finiscono con -occhio, come pinocchio e ranocchio/a. Prendiamo ranocchio/a, per esempio. Nel vocabolario Treccani è scrito: """ ranòcchia s. f. [lat. *ranŭcŭla, dim. di rana «rana»]. – Lo stesso che ranocchio. """ Poi, nella spiegazione di ranocchio si può leggere: """ ranòcchio s. m. [variante di ranocchia]. – 1. Nome pop. (insieme con la forma femm. ranocchia) della rana comune [...] Dim. ranocchiétto, ranocchino; accr., raro, ranocchióne; pegg. ranocchiàccio. """ Secondo me, ne segue che questa parola non ha più una sfumatura diminutiva in italiano moderno (per lo meno, varie forme diminutive di ranocchio sono elencate, e sovrapporre due diminutivi mi pare un po' eccessivo). Ciononostante, ho trovato questa informazione nel La formazione delle parole in italiano a cura di Maria Grossmann e Franz Rainer: """ Il suffisso occhio, poco produttivo, aveva un valore diminutivo in latino, ma ora presenta la stessa ambiguità di otto, con esiti ora diminutivi, come in pinocchio, ranocchio, pisocchio “pisolino”... (https://books.google.ru/books?id=ITchAAAAQBAJ&printsec=frontcover#v=onepage&q=ranocchio&f=false) """ Vorrei sapere se in italiano moderno parole di questo tipo si intendono e si percepiscono come diminutive (pinocchio - "a small pine", ranocchio/a - "a small frog, froggy", ecc.).
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[ { "score": "3", "ownerid": "1818", "text": "Dall'eccellente Rohlfs, Grammatica storica dell'italiano e dei suoi dialetti, paragrafo 1046\n\n> -occhio. Deriva da -ŭculus, che in latino aveva un valore diminuitivo (genuculum, verruculus, ranucula). In italiano oramai questo significato generalmente è andato perduto: ginocchio, ranocchio (in Toscana è subentrato a rana), finocchio, pinocchio 'seme del pino', pidocchio, pannocchia 'spiga del granturco', conocchia, santocchio 'uomo bigotto', batacchio 'battaglio della campana', capocchia 'testa di spillo'.\n\nA questo segue una lunga lista di voci regionali e toponimi che ho omesso per brevità.\nConcordo con Rohlfs e con DaG nei commenti che il senso diminutivo di -occhio è andato quasi completamente perduto.", "is_selected": true }, { "score": "0", "ownerid": "5226", "text": "Come già scritto da Denis Nardin, in latino: -ulus o -culus come suffisso a un nome ne forma il diminutivo: \n\nCon probabilità anche in marmocchio, etimologia però non condivisa ma che se corretta conserverebbe la sfumatura diminutiva.", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "diecione"?
Nel libro Cronaca familiare, di Vasco Pratolini, ho letto: """ La nonna si mordeva le labbra ogni volta che l’episodio le veniva rinfacciato, si riprometteva di pagare il debito del babbo con i suoi risparmi: guadagnava una lira l’ora nei suoi mezzo-servizio. Io giocavo con i miei amici, per la strada, di soldi e diecioni: trecento lire era una somma che veniva da ridere a pensarci, tanto mi pareva enorme. Cenavamo, la nonna ed io, a caffè e latte, spendevamo, tutti e due, una lira. """ Sapreste spiegarmi cosa significa "diecione"? Ho cercato questo vocabolo in parecchi dizionari, ma non l'ho trovato.
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[ { "score": "4", "ownerid": "1243", "text": "Si tratta di una moneta:\n\n> nell'uso toscano: moneta da dieci centesimi, più grande del diecino, coniata fino ai primi decenni del XX secolo\n\nTratto da Diario Sentimentale sempre di Vasco Pratolini:\n\n> Ciascun giocatore è fornito di diecioni, i due soldi d'anteguerra, molti dei quali del tempo di re Umberto, affilati dall'uso o, in seguito a magistrali arrotature sulla pietra, lustri e levigati.\n", "is_selected": true } ]
Nessuno ha più fiducia in lui.
I think """ nessuno ha più fiducia in lui """ can be translated as """ nobody trusts him anymore """ but also as """ there is nobody that trusts him more (... than she does) """ Is that correct? How can I distinguish between them?
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[ { "score": "5", "ownerid": "1818", "text": "Both translations are correct. Although a more natural version of the second translation might be\n\n> No one trusts him more [than her]\n\nAs usual in these matters, the correct translation depends from context. Think about the English sentence I missed him, which can be translated in Italian as L'ho mancato [con un sasso] and Mi è mancato. How do you distinguish the two meanings in English?\n\nThe OP asks if I can give a small addendum that clarifies the meaning. I cannot think of something 100% foolproof but you can certainly nudge the interpretation one way or the other. For example\n\n> Ormai nessuno ha più fiducia in lui.\n\nSuggests the translation No one trusts him anymore, since ormai implies a different status from the past. On the other hand\n\n> Nessuno ha più fiducia in lui di così\n\nMeans, literally, No one trusts him more than so, thus making it clear that it is a comparison.", "is_selected": true }, { "score": "-1", "ownerid": "2870", "text": "It seems to me,\nNessuno ha più fiducia in lui di lei\nmight be translated as: no one trusts him more than they trust her, whereas\nNessuno ha più fiduci in lui che lei\nwould imply that no one trusts him more than she trusts him.\nBut it is a bit awkward.", "is_selected": false } ]
Cosa sono gli "zezzilli"?
Nel romanzo Vita di Melania G. Mazzucco ho letto: """ Il bambino si chiamava Senjeley Pshimaqua come il marito circasso che era morto di tubercolosi tanto tempo prima, e non cresceva perché anche se se lo teneva attaccato agli zezzilli per ore, finché le facevano male, non tirava nemmeno una goccia, in quanto il latte lei non ce l’aveva. """ Potreste spiegarmi il significato di "zezzillo"? Non ho trovato questo vocabolo su nessuno dei dizionari che ho consultato. Immagino si tratti di un termine di origine regionale. Dovete sapere che i protagonisti di questo romanzo sono emigrati italiani a New York, provenienti da Minturno e, a quanto pare, il dialetto minturnese deriva dalla lingua napoletana.
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[ { "score": "3", "ownerid": "", "text": "Gli zezzilli sono i capezzoli, come si può capire anche dal testo del brano. \n(Fonte del link: Vocabolario etimologico odierno napoletano-italiano di D. Erwin e P. Bello)", "is_selected": true } ]
Cosa significa "sverso"?
Nel romanzo Non so niente di te di Paola Mastrocola, pubblicato da Einaudi, ho letto (il corsivo è mio): """ Avessero potuto, l'avrebbero fatta in briciole quella loro figlia, che era cosí da quando era nata: musona, indispettita, critica, scettica, cinica. Che brutto carattere. Sempre sversa col mondo intero. Sempre a criticare. """ La mia domanda è sulla parola "sversa" nel brano precedente. Ha qualcosa a che vedere col verbo "sversare"? O si tratta anche questo di un vocabolo di origine dialettale? Nella lista di termini dialettali piemontesi trovata da @Josh61 appare "svers" col significato di "sconvolto", ma non so se questo significato abbia molto senso in questo contesto. Qualcuno sa dirmi cosa significa esattamente?
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[ { "score": "6", "ownerid": "37", "text": "Vedo che è assente da molti dizionari, ma c'è per esempio sul Devoto-Oli (cartaceo, edizione 1990): «Stravolto, in subbuglio: Sentite, Braida, io ho l'anima sversa perché oggi... (Fenoglio) [tratto da sversato]», il che pare confermare quel repertorio di termini piemontesi.\nSversato, a sua volta, è dato come «Goffo» o «Sgarbato, sguaiato, sgraziato».\nPersonalmente (Italia centrale) ho sentito di rado il termine e non lo uso, ma mi avrebbe dato più l'idea di significare “di malumore, scontroso, contrariato” o simili, che sembra anche più pertinente nel brano citato.", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "2025", "text": "\"Sversa\" è, come intuito da Charo, un vocabolo di origine dialettale piemontese. In Piemonte è un aggettivo molto comune, che indica uno stato d'animo temporaneo. Si può rendere con \"musona, di malumore, contrariata\". Ma è essenziale capire che si tratta di una condizione passeggera. Non a caso nel testo di Matrocola è preceduta da \"sempre\". In Piemonte non si descrive una persona dicendo che \"è sversa\". Si dice che \"oggi è sversa\", o \"è spesso sversa\", o \"è sempre sversa\". ", "is_selected": true }, { "score": "2", "ownerid": "707", "text": "Come ha spiegato @enrico nella sua risposta, il Grande dizionario della lingua italiana riporta \"sverso\" come termine proveniente dal piemontese \"svers\". Ecco la definizione di questo aggettivo che dà questo vocabolario:\n\n> Ṣvèrso, agg. Region. Profondamente turbato, addo­lorato, o anche seccato, infastidito. Fenoglio, 2-220: Io ho l’anima sversa perché oggi m’è venuta una donna dei Bragioli a portarmi le robiole e gliene ho pagate dodici e adesso ho visto che erano solo undici. = Dal piemont. svers propr. ‘rovesciato’.\n", "is_selected": false }, { "score": "2", "ownerid": "1438", "text": "La risposta di DaG è corretta: anzi in Toscana (Firenze, Pisa, Livorno) è proprio presente il termine inversato, nel significato di \"contrariato, scontroso\", da \"verso\" nel significato di direzione.\nC'è però una ambiguità perché il sostantivo sverso è proprio collegato al verbo sversare (anche se in genere si usa il termine sversamento): sverso di liquidi inquinanti, non è consentito lo sverso....", "is_selected": false } ]
"Il tram" e "la tranvia" sono la stessa cosa?
Nel romanzo La Storia, di Elsa Morante, ho letto: """ Non ho potuto controllare l’ubicazione precisa di quell’osteria. Però qualcuno, in passato, m’accennava che per arrivarci bisognava prendere una tranvia suburbana, se non forse la cremagliera, su per il fianco della montagna. """ In questo brano, il vocabolo "tranvia" ha attirato la mia attenzione perché non lo conoscevo. Mi sono chiesta subito se fosse la stessa cosa di "tram". Ho cercato questo termine in alcuni dizionari ma, con le definizioni che ho trovato, non riesco a capire se si tratta o meno di un "tram". Me lo potreste spiegare? Per esempio, alla voce "tranvia" del dizionario dei sinonimi e contrari Treccani, non si trova "tram" come sinonimo e, alla voce "tram", non appare "tranvia".
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[ { "score": "4", "ownerid": "2876", "text": "Prendo da Wikipedia il significato letterale di \"tranvia\":\n\n> Con il termine tranvia (o tramvia, traduzione dall'originale termine inglese TramWay), si intende l'infrastruttura di trasporto terrestre, idonea alla circolazione di tram sia per il trasporto di persone che di merci.[...] Di base le differenze tra tranvia e ferrovia sono poche; si differenziano invece profondamente per il metodo di circolazione dei convogli che, nel caso della tranvia, si svolge essenzialmente a vista (e ciò comporta che le velocità raggiunte non sono mai elevate) mentre nel caso dei convogli ferroviari richiede sistemi di sicurezza e di blocco, segnali e procedure restrittive.\n\nSi tratta quindi di una rete di trasporto locale (a livello di comune o provincia) a via guidata (di solito su binari) in cui si procede lentamente. Al giorno d'oggi di solito si identifica con la rete urbana dei tram; ma esistono o sono esistite in passato realtà in cui non è o non era esattamente così.\nNel caso in questione credo si possa parlare di una metonìmia in cui viene scambiato il mezzo da prendere (il tram o altro materiale rotabile: si parla di cremagliera, il che mi fa pensare a un piccolo treno) con l'infrastruttura (la tranvia); sarebbe analogo dire \"prendo la ferrovia\" per indicare che mi sposto in treno.\nCredo che al giorno d'oggi sia un'espressione considerata obsoleta, ed è molto più comune dire \"prendo il tram\".\nDa notare però che viene utilizzata comunemente l'espressione \"prendere l'autostrada\".", "is_selected": true } ]
What does Star Pons mean?
In the poster what does Star Pons mean in English?
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[ { "score": "3", "ownerid": "2163", "text": "Star Pons are a specific breed of Polish Lowland Sheepdogs. If you search online for \"Star Pons\" you will find several websites devoted to the breed. The logo and poster are in the style of the Star Wars movie poster. Therefore, the logo on the poster is an English-language play on words.\nNothing to do with the Italian Language, by the way, so doubtful it should be on this forum, but hope this helps.", "is_selected": true } ]
Cos'è un "elmetto retato"?
Nel romanzo La goccia che scava, di Francesco Luti, ho letto la frase seguente: """ E intorno a quella zona il via vai di camionette con soldati di diverse nazionalità con gli elmetti retati a pattugliare in quel Campo di Marte del 1944, 'terra di nessuno', delicato confine tra zona operativa tedesca e alleata. """ Le diverse accezioni dell'aggettivo "retato" le ho trovate sul Grande dizionario della lingua italiana. Tuttavia, non riesco a capire cos'è un "elmetto retato", anche se immagino si tratti di qualche tipo di elmetto militare. Quindi, la mia domanda è: potreste spiegarmi il significato di "elmetto retato"?
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[ { "score": "3", "ownerid": "2876", "text": "Sono abbastanza certo che significhi che l'elmetto era avvolto da una rete, come questo - da quel che so la rete serve a migliorare il cammuffamento, infilando per es. delle foglie.", "is_selected": true } ]
L'origine del water!
""" Il termine "water", è l'abbreviazione (pronunciata all'italiana) dell'inglese water-closet (letteralmente: stanzino dell'acqua). Il termine viene usato dall'inizio degli anni 60 e diventa sempre più popolare dagli anni 80 come risulta da Ngram (tazza del water). """ L'adozione e l'uso di anglicismi è un fatto comune per la lingua italiana, ma in particolare per questo termine mi chiedo come mai abbiamo adottato il corrispettivo inglese. Forse perché i primi bagni erano importati dall'Inghilterra o per qualche altro motivo?
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[ { "score": "3", "ownerid": "707", "text": "Non è un granché, ma ho trovato questo articolo secondo il quale molte lingue usano forestierismi per designare il \"water\" per un meccanismo simile all'eufemismo. Ad esempio, la Wikipedia afferma che il termine \"water closet\" è stato coniato in Inghilterra intorno al 1870, ma adesso gli inglesi usano il vocabolo d'origine francese \"toilet\" e non più WC.\nSembra che l'origine dell'articolo sia il giornale spagnolo ABC.", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "sondare" in questo brano?
Nel libro autobiografico Un grande avvenire dietro le spalle di Vittorio Gassman ho letto: """ Cercai di illustrarti i meccanismi della mia psicologia, ma probabilmente il mio inglese non era sufficiente per sondare le sottigliezze della mia irrequietudine, la biologica inadeguatezza a tenere una rotta ferma nei sentimenti e nei comportamenti. """ Il mio dubbio è sul significato del verbo "sondare" in questa frase. Nel vocabolario Treccani ho trovato questa accezione: """ 2. fig. Cercare di conoscere in anticipo, senza manifestare interamente i proprî intendimenti, la disponibilità, le intenzioni, le reazioni di una o più persone relativamente a una data proposta o iniziativa: ho sondato le intenzioni di tuo padre; il presidente incaricato di formare il governo ha sondato i segretarî dei partiti di maggioranza; s. l’opinione pubblica su un tema; prima di chiedere il permesso bisogna che sondi gli umori del capufficio. """ Tuttavia, dal contesto, questo verbo nel brano precedente sembra piuttosto riferirsi a qualcosa simile a "esprimersi": se non è così, non posso capire cosa c'entra che Gassman sapesse o no l'inglese. Per questa ragione vi chiedo: sapreste spiegarmi cosa significa "sondare" nel testo sopra citato?
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[ { "score": "1", "ownerid": "1842", "text": "Se prendiamo sondare come esplorare, rilevare, esaminare, in quel contesto sta esplorando sé stesso con lei quando le dà le spiegazioni in inglese. Forse se pensi alla coppia come una singola entità, e lui passa da \"interprete\", il suo modo di scrivere il passaggio diventa un poco più semplice.", "is_selected": true } ]
Sono già passati quarant'anni vs Quarant'anni sono già passati - subject-verb vs verb-subject.
Is there any difference in meaning and usage between subject-verb order and verb-subject order in Italian? Examples: "Quarant'anni sono già passati" vs "Sono già passati quarant'anni" "Tre ore sono già passate" vs "Sono già passate tre ore" It seems to me that both orders mean the same, but the verb-subject order is more usual with the passing of time periods in Italian (unlike English).
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[ { "score": "2", "ownerid": "37", "text": "TL;DR: The first phrasings are so unidiomatic to be ungrammatical, unless specifically meant for a reason.\nMore precisely, we have here a construction with a so-called “unaccusative” verb. You can see more about them in the linked article, but the gist is that in Italian there are two classes of intransitive verbs, the “unergative” ones, where the subject is an actual subject (lavorare, camminare, ridere, dormire...) and the “unaccusative” ones, where the grammatical subject is a person or object to which something just happens, so to say (arrivare, cadere, scoppiare, sparire...).\nAmong the tests to distinguish them, there is the auxiliary verb used: avere for the unergative verbs (Mario ha dormito), essere for unaccusative ones (Mario è arrivato).\nThis said, one of the properties of unaccusative verbs is that they\n\n> hanno il soggetto dopo il verbo in costruzioni non marcate, come si osserva in (5) a.-c. ..., proprietà generalmente non condivisa dal soggetto dei verbi inergativi (5 d.): (5) a. sono arrivati i libri b. sono partiti tutti c. è morto il bisnonno d. * hanno dormito i bambini\n\nthat is, unless we are explicitly, almost emphatically, talking about the books, everybody, or the great-grandfather, the usual construction is the one with the subject after the verb.\nSo, in our examples, the phrasing “Quarant'anni sono già passati” would be used if quarant'anni were our actual topic. Say, I'm saying that forty years would be a nice interval to wait for something, and you interject: “Quarant'anni sono già passati”. But in almost any other context, by far the most usual phrasing is “Sono già passati quarant'anni”.", "is_selected": false } ]
L'espressione "mangiare di qualità" per indicare "cibi di qualità" è comune in italiano?
Camminando per Barcellona, ho letto la scritta "mangiare di qualità" su un camion. Subito mi sono chiesta se si trattasse di un'espressione genuinamente italiana o se fosse piuttosto un calco dal catalano. Nella mia lingua (infatti dovrei dire in "una delle mie lingue"), "menjar" può essere sia l'infinito del verbo "mangiare", sia un sostantivo molto comune per indicare "cibo". Come sostantivo viene adoperato di solito nel modo che gli anglosassoni chiamano "uncountable", quindi non facciamo il plurale "menjars". Cioè, l'espressione catalana "menjar de qualitat" potrebbe essere tradotta come "cibo di qualità" o "cibi di qualità". Poi ho scoperto che si trattava di un camion di questa azienda di Sant Boi de Llobregat, una cittadina vicina a Barcellona (sul suo sito web, tra i nomi dei prodotti scritti in italiano perlomeno stona quello del caffè scritto "cafe"). Beh... perlomeno potete vedere come i prodotti alimentari italiani godano di prestigio. Il mio dubbio è sorto dal fatto che io conoscevo il termine italiano "mangiare" soltanto come verbo. Cercando sul dizionario Treccani, però, ho scoperto che può anche essere un sostantivo e che si può dire, per esempio, "dovresti evitare i mangiari troppo pesanti" o "un mangiare raffinato". Quindi, immagino che l'espressione "mangiare di qualità" sia perfettamente naturale e comune in italiano per indicare "cibi di qualità". È così?
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[ { "score": "1", "ownerid": "3447", "text": "\"Mangiare\" come sostantivo è usato - ecco per esempio una semplice ricerca per \"il mangiare che fa bene\" - ma è abbastanza \"rustico\". \nDetto questo, gli slogan pubblicitari seguono una logica propria, una ditta potrebbe sceglierlo proprio perché rustico. Ma concordo con l'OP, in questo caso trattasi probabilmente di un \"catalanismo\".", "is_selected": false } ]
Which pronoun for formal second person plural?
What would be the formal equivalents of: ``` Dove vi siete conosciuti? Stavo parlando con voi. ``` I read everywhere that ``` Loro ``` as plural formal 'you' is restricted only to very formal written work. What would be the spoken equivalent, and which verb conjugation would that pronoun take?
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[ { "score": "7", "ownerid": "1990", "text": "Short answer: it's really uncommon to use \n```\nloro\n```\n in this case. You may want to use \n```\nvoi\n```\n even in a formal conversation. \nWhy? I don't really know. Perhaps, because \n```\nvoi\n```\n was used in the past for the \n```\nplurale maestatis\n```\n, hence it already contains this formal meaning. \nHowever, even if it's uncommon, you could use loro: \n\n```\nStavo parlando con loro\n```\n \n\n```\nDove si sono conosciuti loro?\n```\n \nBut, believe me, the person to whom you are talking will probably not understand. He'll look around and then ask you \"loro chi?\" :) ", "is_selected": true }, { "score": "1", "ownerid": "2222", "text": "In modern Italian language \"voi\" means you (plural). The pronoun \"loro\" means they and is used even as honorific plural form.\nHowever in northern Italy old people used \"voi\" as honorific form when they talked to their parents.", "is_selected": false } ]
When can we use "sparare" as transitive verb?
Some phrases that I saw in the book “Il continente selvaggio” (original title “Savage continent", Keith Lowe) pushed me to some reflections, not historical, but related to the Italian language. This doesn't sound correct. Although the erroneous transitive use of the verb "sparare" (to shoot) is deeply rooted in southern Italy I think everyone agrees with the fact that you cannot say "sparare un uomo" instead of "sparare a un uomo" (but I suppose that in case of execution saying "fucilare un uomo" or "un uomo è stato fucilato" is completely legitimate). However, if you ask yourself what is the exact rule to follow, things do not seem so simple because on the site of the Accademia della Crusca there is written the following (I translate in the ugly english of the app badly corrected by me, please forgive me I'm not mother tongue). Il verbo sparare può essere sia transitivo, quindi reggere un argomento diretto, sia intransitivo e reggere quindi un argomento introdotto da preposizione. La distribuzione di questi due diversi usi è in relazione alle diverse sfumature di significato. In particolare sparare con il significato di 'azionare un'arma da fuoco' è normalmente intransitivo e richiede che sia indicato contro chi o che cosa si rivolge l'azione con un argomento introdotto da preposizione ("sparare a qualcuno", "sparare contro qualcuno"); nei significati di 'far partire uno o più colpi con un'arma da fuoco' o 'scagliare, lanciare' è invece transitivo e può reggere un argomento diretto che però deve essere contraddistinto dal tratto di non essere animato (quindi ad esempio "sparare una fucilata", "sparare un colpo"). The verb to shoot can be both transitive, thus supporting a direct argument, both intransitive and therefore supporting a topic introduced by preposition. The distribution of these two different uses is related to the different shades of meaning. In particular firing with the meaning of 'firing a firearm' is normally intransitive and requires that it be indicated against whom or what the action is aimed at with an argument introduced by the preposition ("sparare a qualcuno", "sparare contro qualcuno") in the meanings of ‘got off a shot with a firearm' or 'hurling, throwing' is instead transitive and can hold a direct argument which must however be distinguished by the trait of not being animated (so for example "sparare una fucilata", "sparare un colpo"). This seems to me incorrect. Really the animated or inanimate nature of the object launched and / or the target has to do with the correctness of the transitive or non-transitive use of the verb "sparare"? Rather, what counts is the fact that the verb "sparare" refers to the target (no transitive use) or what is launched (yes transitive). That is, if I'm the one who presses the button that starts the cannon shooting the stuntman I can legitimately say "ho sparato un uomo". And what about the reflective use of the verb "sparare". In the sentence "si è sparato" (he shot himself) he is both the subject and the direct object, and the verb "sparare" is used in a transitive way even if the argument to which the verb refers is animated (the men who committed suicide), or at least it is animated when the action of pressing the trigger is taken (the subject will become non-animated very soon :-)). The rule set out by the Treccani website seems to me to be more correct. Nell'italiano standard l'uso di sparare transitivo rispetto al bersaglio (sparare qualcuno; è stato sparato dalla camorra) non è ammesso; è ammesso l'uso transitivo soltanto con l'oggetto interno (sparare un colpo, sparare un proiettile; anch'essa in usi figurati: la sparò così grossa che nessuno gli credette). Insomma, si spara a qualcuno, non si spara qualcuno. L'uso transitivo non ammesso nell'italiano sorvegliato è tuttavia diffuso nell'italiano regionale di alcune regioni centromeridionali (tipico il caso dell'italiano parlato in Campania).. In the standard Italian the use transitive of sparare with respect to the target (sparare qualcuno; è stato sparato dalla camorra) is not allowed; transitive use is allowed only with the internal object (sparare un colpo, sparare un proiettile; even in figurative use: la sparò così grossa che nessuno gli credette). In short, "si spara a qualcuno", not "si spara qualcuno". However, the transitive use not admitted in the supervised Italian is widespread in the regional Italian of some central-southern regions (typical of the Italian spoken in Campania). But this seems to contradict the Accademia della Crusca (which speaks about a non-animated direct object). Was the academy wrong or did I misunderstand what they wrote?
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[ { "score": "1", "ownerid": "", "text": "In effetti le frasi del libro che citi sono scorrette: infatti solo i verbi nella forma transitiva possono avere la forma passiva. \nLa frasi nella forma corretta sono: \n\n> “i soldati americani spararono ai tedeschi catturati”; “la polizia sparò su due manifestanti, uccidendoli ”.\n\nIn entrambe le frasi il verbo sparare è intransitivo, dunque non più essere volto nella forma passiva.\nPer quanto riguarda il dubbio sull’uso transitivo del verbo, ho trovato questa REGOLA sul Dizionario Garzanti, che non fa alcun riferimento al fatto che ciò che viene sparato sia o no animato: \n\n> “il verbo sparare può avere come complemento oggetto solo ciò che viene sparato (colpo, proiettile), non il bersaglio a cui si spara; solo nell’Italia meridionale si usano espressioni come “lo hanno sparato”, che però appartengono appunto ad un uso regionale, non italiano”\n\nPer chi avesse poca dimestichezza con l’italiano, aggiungo un breve appunto sull’utilizzo del verbo:\nsparare\n/spa·rà·re/ \ntransitivo\n
“Far partire uno o più colpi d'arma da fuoco, esplodere”\n- sparare un colpo di fucile, di cannone;\n- sparare una revolverata;\n- sparare cartucce a pallettoni; \n+ a, contro, su:\n- sparare una schioppettata alla selvaggina;\n- sparare una raffica di mitra contro l'ambasciata, sulla folla; \n\nanche transitivo pronominale: spararsi un colpo alla tempia; \n\n+ su:\n- sparare neve su una pista da sci

 \n“Tirare con violenza, sferrare”\n+ a, in, su:\n- sparare calci;\n- gli ha sparato un pugno (in faccia, sul grugno).
\nintransitivo\n
“Tirare con un'arma da fuoco, fare fuoco”\n+ a, contro, su:\n- non so sparare;\n- sparare al nemico, a una lepre;\n- sparare alla testa, al petto;\n- sparare contro la polizia, sulla folla; \n+ con:\n- sparare con il fucile
 \n\n```\n* è stato accertato che la pistola ha sparato\" * Sparare a salve; * Sparare a vista, senza alcun preavviso. * Sparare a zero; * Sparare nel mucchio (tirare colpi di arma da fuoco a caso oppure, in senso figurato, attaccare un insieme di persone in modo indiscriminato con l'obiettivo di screditarlo o infangarlo).\n```\n\nriflessivo\n
“Tirarsi un colpo d'arma da fuoco”\n+ a, in, su:\n- spararsi per la disperazione;\n- spararsi al cuore, in testa, sul petto; \n+ con:\n- si è sparato con un vecchio fucile. \nSpero di essere stata di aiuto.", "is_selected": true } ]
Che differenza c'è fra "vestito" e "abito" in italiano?
Literally, both words mean dress in Italian. So what's the actual difference? Does "vestito" refers to all sorts of garments? Please explain. Thank you
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[ { "score": "14", "ownerid": "3649", "text": "“Vestito” and “abito” are more or less synonyms, but not quite: the former can be used also in colloquial situations, while the latter can’t and tends to be used in more formal contexts.\nThe difference, however, is subtle, and I’ll try to illustrate it with an example. Imagine a couple going to a soirée: we are speaking, here, of a formal context, and indeed the invitation card probably bore the remark “È richiesto l’abito scuro” to indicate that a formal dressing was required. It would be unthinkable that the word vestito were used in this context, because in an invitation card a formal language must be used. But imagine now that, before they go out, the wife questions her husband’s choice of his suit by saying “Che razza di vestito ti sei messo?” (“What sort of suit did you put on?”): here, the word abito wound sound absolutely unnatural, and a native speaker would never use it, because in this case the word is used in a familiar context. Note that the man’s suit, in itsels, remains the same (and is, in itself, a formal dress): what changes, and what matters, is the nature of the communicative context (formal vs. colloquial) in which it is mentioned.", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "1581", "text": "I agree on the other answer but also would remark that vestito has in my opinion also a more wide and general meaning of \"garment\" or just \"clothing\" which abito does not really have and rather sticks to just \"dress\". This is probably the point the question author was mentioning as well. ", "is_selected": false }, { "score": "-1", "ownerid": "3708", "text": "I agree with GuM and I have upvoted his/her answer. However tent is also right. The point is subtle indeed, as in opinion the singular plural play a role. By vestiti, one generally means clothes.\nAn example - as I am a scientist not a linguist I lack of proper nomenclature :\n- Although there is a specific word for it (guardaroba), a closet wallet containing clothes can be referred to as \"armadio dei vestiti\", and this is so independently by the actual content. It can be full of abiti da sera, yet it contains clothes.\nMoreover, to dress up, to put the clothes on is \"vestire\" (mi vesto, due minuti e sono pronto = give me two minutes, I put my clothes on and I am ready). ", "is_selected": false } ]
Perché, poiché, etc.
Is there any significant difference between “perché” and “poiché”? I’ve seen both used where “because” was the best English translation. There were a couple of other words used the same way, but I can’t remember them now.
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[ { "score": "8", "ownerid": "497", "text": "As you can read here, there is a subtle difference regarding the syntax:\n\n> [\"poiché\" si adopera] per introdurre una prop. causale che precede la principale: poiché la pensi così, lascio decidere a te (quando invece la propr. causale segue la principale si preferisce «perché»: lascio decidere a te perché so come la pensi\n\nI'll try to translate it:\n\n> [\"poiché\" is used] to introduce a \"because clause\" before the main sentence: poiché la pensi così, lascio decidere a te (instead, if the main sentence comes first, \"perché\" is preferable: lascio decidere a te perché so come la pensi\n", "is_selected": true }, { "score": "2", "ownerid": "14", "text": "As stated in the Treccani page linked above, \"perché\" can also be a synonym of \"affinché\", meaning \"in order to\". The syntax is similar to English:\n\"Perché tu possa finire il progetto, ti servirà almeno una settimana.\" means \"In order to complete the project, you'll need at least a week\". \nThe reversed form with the main sentence put first is also correct. ", "is_selected": false } ]
"Cappella Paolina del Quirinale in Roma": perché si usa "in" e non "a"?
Oggi ho messo la radio (RAI Radio 3 classica). Ritrasmettevano una "registrazione effettuata presso la cappella Paolina del Quirinale in Roma": hanno detto proprio così. L'uso della preposizione "in" ha attirato la mia attenzione: mi sono chiesta: perché usano "in" e non "a"? Poi ho ricercato "Quirinale in Roma" su Google e mi sono apparse parecchie occorrenze. Si trova su siti web di natura molto diversa: annunci di eBay, informazioni turistiche, pubblicità di restoranti, informazioni culturali, Wikipedia, ecc. Questa domanda riporta quello che spiega l'Italiano di Serianni riguardo diversi usi delle preposizioni "in" e "a". Tuttavia, per me non è niente chiaro che l'utilizzo che se ne fa in questa espressione corrisponda a nessuno di quegli usi. In una risposta a quella domanda si è anche menzionato che nel linguaggio burocratico si può usare "in" invece di "a" con i nomi di città. Tuttavia, non mi sembra che il linguaggio usato in tutti quelli siti web e nel programma di radio appartenga al registro burocratico. Sapreste spiegarmi per quale ragione si usa la preposizione "in" in questa locuzione?
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[ { "score": "4", "ownerid": "70", "text": "La questione è abbastanza semplice. Nessuno direbbe in Roma chiacchierando con amici. Al contrario, potrebbe dire in Alba perché dalle parti di Alba così è l'uso per Alba, non per altre città, così com'era per Adria.1\nPerché non ad Alba o ad Adria? Semplice: la “d” eufonica è toscana. In altre zone d'Italia sembra frequente l'uso di in invece di a, ma queste non rappresentano usi tali da parlare di alternanza, solo di uso locale.\nLa preposizione di stato in luogo in questi casi è a, per la vasta maggioranza dei parlanti.\nBene, perché mai l'annunciatrice radiofonica dice la cappella Paolina del Quirinale in Roma? Linguaggio aulico, latineggiante.\nIn latino la preposizione è indiscutibilmente in, mentre ad indica moto a luogo. Si può usare in italiano? Certo, e ci sono molti esempi. Targhe accanto alle porte che dicono “Pinco Pallino, notaio in Vattelapesca” (o magari notaro se il signor, pardon, dottor Pallino è molto aulico e pomposo) sono la norma.\nPerché Serianni non lo dice? O, perbacco! Lo dice eccome!\n\n> a) L'uso di in con i nomi di città era abbastanza diffuso anticamente: «mandare in Pisa» (Novellino), «va en Arezzo» (Guittone d'Arezzo), «se mai torni en Siena» (Cecco Angiolieri), «per mandarvi la figliuola in Granata», «in Messina tornati» (Boccaccio; esempi citati in ROHLFS 1966-69: 807). Ancora nell'Ottocento, il Manzoni preferisce «in Milano» a «a Milano»: «andavano in giro facce, che in Milano non s'erano mai vedute» (I Promessi Sposi, XVI 55).\n\nLa chiave è “anticamente”: “diffuso anticamente” non significa che oggi sia “proibito”. Invece, significa che chi lo adopera vuole dare una patina di “linguaggio nobile” al suo parlato (o scritto, come nel caso del pomposo dottor Pallino).\n\n1 Almeno lo era al tempo di Fenoglio, per Alba, o dei miei genitori, per Adria. L'influsso dell'italiano sulla lingua locale può aver modificato l'uso.", "is_selected": true } ]
Sono venuto a vedere se stai/stavi bene.
I have read the following sentence in an Italian learning tool: """ "Sono venuto a vedere se stai bene" """ Wouldn't the correct be "Sono venuto a vedere se stavi bene", since "sono venuto" is a past tense?
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[ { "score": "-1", "ownerid": "6017", "text": "\n> \"Sono venuto a vedere se stai bene\"\n\nWhile speaking, a person doesn't think too much about what grammar says, and often the speaker makes errors. Often these errors become so frequent that dictionaries, after some time, record them as correct. First of all, hence, as this phrase sounds normal, it is normal and so it is correct (this idea is debatable, but not totally wrong).\nBut in this case there is something more because, as already explained in comments, this phrase contains two distinct concepts: 1) \"Sono venuto (a vedere)\", 2) \"Se stai/stavi bene\". The first part:\n1) Sono venuto a vedere... (I came here to see/check...)\nuses the past because the action is already terminated. Because of this, it's simply more natural to use the past than to use the present, which instead would be used, for example, in a immediately preceding telephone call: \"Allora vengo a vedere\" (then I come to see). The choice is up to the speaker.\nNext:\n2) (a vedere) ...se stai bene (...whether you are fine)\nis just the motivation of the visit, a totally separate concept which does not need to match with the previous one. But note that the speaker could also say\n2) ...se hai mangiato (...whether you did eat something)\nor even use the future. Maybe (this is true for me, for example), the speaker uses the past because in its mind it connects the care about the other person with the act of moving on to the other person. With the two ideas connected, at the time of the visit both are placed in the past:\n\"Sono venuto a vedere se stavi bene\": that past \"stavi\" can be there because, in the mind of the speaker, the time of the decision to visit is back in the past.\nConsider also that the imperfect can be used to add courtesy (Imperfetto di cortesia: https://it.wikipedia.org/wiki/Indicativo_imperfetto#Imperfetto_di_modestia_o_di_cortesia); a speaker can choose to not use the imperfect just to avoid the courtesy.", "is_selected": false } ]
teacher in Italian: insegnante, istruttore, maestro, professore.
I have translated teacher into Italian. There is: insegnante, istruttore, maestro, professore. I am studying the diffeence between them. Which one of them is a high school teacher? How about art school teacher? How about instructor in car driving? Is one of them a hypernym? hypothesis: professore is a teacher at a university Thank you.
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[ { "score": "3", "ownerid": "3068", "text": "All those translations are correct, but they heavily depend on the situation you are using them. Teacher is, by definition, someone who teaches, and all those four words in Italian refer to someone who are giving you a lesson about something. The first one, insegnante, is probably the one with a broader meaning, it can be applied to your salsa instructor or your high school teacher, but also to your driving instructor. Literally, it means \"someone who teaches\". Istruttore instead is linked with professional instructors, again your salsa instructor is okay, your guitar teacher too, and if you do rock climbing and someone is teaching you, that's an istruttore as well, it is the literal translation of instructor, and it applies in the same context. However you wouldn't call a teacher or a university professor \"istruttore\".\nMaestro and Professore deserve a different paragraph. Traditionally, they are both linked with school teaching, Maestro with junior and elementary schools, while Professore is used from middle school to the university. However, Maestro has become synonym of \"Top\" in a discipline, originally it was used for orchestra directors as they were the best among the musicians, but nowadays it is used in a broader range of cases, including junior and elementary schools.", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "3083", "text": "Maestro / Maestra : childhood or elementary school.\nProfessore / Professoressa: from middle school to university.\nIstruttore : proper for a non-scholastic course, or a course held in a university but not included in any syllabus (like an extracurricular activity).\nMoreover, a \"maestro/a\" is also referred to a musician or music professor, as well as ballet dancers/instructors.\nI've also heard usage of \"maestro\" in some sports contexts, such as Judo or Karate, but I don't exactly know how proper or common this is.\nThe important thing is just to not refer to a \"professore\" as a \"maestro\": that is generally considered rude.", "is_selected": false } ]
Is the preposition repeated when there are two prepositional complements?
Is the preposition repeated when there are two prepositional complements in Italian? Example L'inglese è utile nella diplomazia e il turismo. L'inglese è utile nella diplomazia e nel turismo.
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[ { "score": "2", "ownerid": "4057", "text": "You have to repeat the preposition if it is articulated as in your exemple:\n\nL'inglese è utile nella diplomazia e nel turismo.\n\nThe repetition is optional if the preposition is simple:\n\nL'inglese è parlato in Inghilterra e Scozia\nL'inglese è parlato in Inghilterra e in Scozia\n\nOmitting the repetition is more common in this case (exemple), but repeating it, you put a stronger separation between the elements of the list, sometime giving a different nuance of meaning or helping avoiding ambiguities\n\nL'inglese non è parlato nelle province di Pesaro e Urbino e di Monza e Brianza\n\nTechnically speaking, I think that if you don't repeat the preposition it counts as a single complement (not sure though, please correct me if I'm wrong), but I guess it was not the goal of the question.", "is_selected": false } ]
What does "mossette" translate to in English.
What does "mossette" mean? It's not listed in the dictionaries I looked up. I'm guessing there's no appropriate English translation? Example sentences: tra mossette e gridolini fissa gli spettatori con stupore. I primi gridolini, certe mossette piene di grazia di Ninnì lo facevano impazzire dalla gioja. È cosa ben diversa, dunque, dal vedere Elliott Gould, stessa classe anagrafica, dibattersi tra mossette d'altri tempi in Mulaney.
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[ { "score": "4", "ownerid": "37", "text": "The suffix -etto (-etta for the feminine) is often used in Italian, appending it to a noun, to denote a smaller, and often nicer and cuter, version of the object or creature denoted by that noun. It's called a diminutivo or a vezzeggiativo of the original noun.\nSo, a casetta is a small, possibly nice, house (casa); a pescetto is a small pesce, if Chiara is a child, or a close friend of yours, you might possibly call her Chiaretta, and so on. Note that this process is not automatic: not all nouns admit this suffix (for instance, a small cat, gatto, is never called a *gattetto, possibly for euphonic reasons).\nDictionaries tend not to register regular derivations of this kind (or other ones that are used similarly: -ino, -one and so on) or to just list them quickly at the end of the main lemma if they are often used in that form (as is the case for mossetta under mossa), unless the new word has actually an autonomous meaning. For instance, libretto, while literally meaning “small book” (and being occasionally used in this sense), has as its main meaning that of a “libretto” (English), the text of an opera.\nSo, in our case, a mossetta is simply a small, cute, perhaps simpering move. How to exactly translate it into English is beyond the scope of Italian.SE.\nFor more (in Italian) about this phenomenon in the Italian language, see the articles “alterazione”, “vezzeggiativi” and “diminutivo” in Treccani's Enciclopedia dell'italiano.", "is_selected": true } ]
Significato di "buse".
Nel romanzo La luna e i falò, di Cesare Pavese, ho letto: """ Ma questo era niente rispetto alla vita che faceva adesso quel Cinto. Suo padre gli era sempre addosso, lo sorvegliava dalla vigna, le due donne lo chiamavano, lo maledicevano, volevano che invece di fermarsi dal Piola tornasse a casa con l’erba, con pannocchie di meliga, con pelli di coniglio, con buse. """ Non capisco il significato di "buse" in questo brano e, nei dizionari che ho consultato, non ho trovato né "busa" né "buse". Forse si tratta di un termine di uso regionale. Sapreste spiegarmi cosa sono queste (o questi) "buse"?
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[ { "score": "3", "ownerid": "1243", "text": "La busa come correttamente indicato nei commenti è un termine di origine piemontese che indica gli escrementi della mucca. \nIn questo dizionario di piemontese si può trovare:\n\n> busa - \\ b'[ue]z& \\ sost. f. escremento di mucca, cavallo, ecc. . Al plurale \"buse\".\n", "is_selected": true }, { "score": "2", "ownerid": "707", "text": "Ecco la definizione di \"busa\" che si può leggere sul Grande dizionario della lingua italiana:\n\n> Busa, sf. Dial. Sterco bovino. Jahier, 91: Le vacche non buttano neanche abbastanza buse per contentare tutti i ragazzi che le raccattano e se le bisticciano calde ancora. Pavese, 5-87: Le due donne lo chiamavano, lo maledicevano, volevano che invece di fermarsi dal Piola tornasse a casa con l’erba, con pannocchie di meliga, con pelli di coniglio, con buse. = Voce piemontese: busa-, cfr. fr. antico bouse (XII secolo), provenz. bose, di etimo sconosciuto.\n\nQuindi, secondo questo dizionario, si tratta di un termine di origine dialettale piemontese col significato di \"sterco bovino\".", "is_selected": false } ]
Preposition after abitare?
I asked someone if they lived in a certain dormitory on campus called “bob hall” by saying “Tu abiti bob hall?”. I’m wondering if it would’ve been more correct to say “Tu abiti in bob hall” or if they're equivalent...
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[ { "score": "2", "ownerid": "1782", "text": "You can use the transitive form of the verb abitare when you refer the abode of a person, his home, or his dwelling place, so if someone lived for a long time in a dormitory room, you could say \"abiti la stanza 31 di bob hall\". Otherwise it would be better to use the intransitive form, with the preposition a, for instance \"abiti a bob hall?\" or \"abiti al bob hall?\".\nIf you ask someone “Tu abiti bob hall?” you give the impression of asking them if they use the whole dormitory as their own home.", "is_selected": true } ]
Differenze di uso tra "i fili" e "le fila".
Il vocabolario Treccani afferma che il plurale di "il filo" è "i fili", ma, con valore collettivo e in locuzioni particolari, è anche "le fila". Potreste spiegarmi quali sono le principali differenze di uso tra "i fili" e "le fila"?
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[ { "score": "3", "ownerid": "521", "text": "Ciao,\n\n> “Le fila del partito.” D’onde viene questo strano plurale? Vediamo. Esiste un sostantivo femminile singolare la fila, serie di persone o cose più o meno allineate una dietro l’altra, che ha un plurale regolare le file. Diciamo perciò che davanti ai negozi si formano lunghe file (oggi è più in uso code), e che i militari rompono le file (oppure le righe), cioè rompono il loro allineamento. Esiste poi un secondo sostantivo, ma di genere maschile, il filo, propriamente il prodotto della filatura (un filo di lana, di cotone). Ecco il colpevole! Filo ha due plurali: uno regolare maschile, i fili, e uno irregolare femminile, le fila. Perché mai? Perché il nome d’origine, in latino, è neutro: filum singolare, fila plurale, e accanto al nostro plurale regolare fili è sopravvissuta anche la forma originale latina fila. La quale, mancando in italiano il genere neutro, si è rifugiata nel femminile. Ciò premesso, il plurale più comune è quello regolare, i fili: “i fili del telegrafo”, “tre fili di perle”. Il plurale femminile le fila è d’uso più limitato: si incontra in senso collettivo, per indicare molti fili presi insieme: abbiamo così “le fila dell’ordito”, e diciamo che il formaggio fuso “fa le fila”; ma più spesso lo incontriamo in frasi figurate, come “le fila della congiura”, “le fila del partito”, “tenere in pugno le fila del movimento”.\n\nQuesta definizione è la più facilmente comprensibile a mio parere.\nTi rimando alla fonte della mia risposta: Fonte Corriere della Sera", "is_selected": true } ]
Cosa significa "piantare le persone su due piedi"?
Nel romanzo La ragazza di Bube di Carlo Cassola ho letto: """ Il padre si era opposto che lei andasse a servizio: gli pareva una cosa contraria ai suoi principi. «Mia figlia non deve far la serva a nessuno» diceva. E anche quando Mara era tornata a casa per Natale, aveva insistito perchè non ripartisse. «Sì, e gli lascio tutta la mia roba» ribatté Mara. «Che c'entra: la roba, ci vado io a riprenderla.» «Ma non si può piantare una famiglia così su due piedi.» """ Non capisco il senso dell'espressione "piantare una famiglia così su due piedi" nel brano precedente. Si tratta di un modo di dire? L'ho cercato nel Dizionario dei Modi di Dire Hoepli, ma non l'ho trovato. Mi potreste spiegare qual è il suo significato?
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[ { "score": "6", "ownerid": "2136", "text": "Su due piedi significa \"all'improvviso, immediatamente\", mentre piantare significa \"lasciare, abbandonare\" (di solito, si usa quando un uomo o una donna interrompono una relazione sentimentale). La frase significa che Mara non può interrompere il lavoro presso quella famiglia all'improvviso, senza avvisare per tempo, semplicemente non tornando lì come invece vorrebbe suo padre.", "is_selected": true } ]
Meaning of "Oggi ricordiamo le vittime degli eserciti".
I have read the following sentence in an Italian language learning tool: """ Oggi ricordiamo le vittime degli eserciti. """ This sentence seems ambiguous to me. May this possibly refer to the victims in the armies and to the victims caused by the armies' acts?
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[ { "score": "5", "ownerid": "4360", "text": "It is ambiguous indeed. This is why context is, as always, of paramount importance.\nFor example, in \n\n> 25 Aprile: commemorazione al Cimitero di Guerra degli Alleati a Trenno Nel 70esimo della Liberazione, sabato 25 aprile 2015, i Radicali - come ogni anno - si sono ritrovati al Cimitero di Guerra degli Alleati al Parco di Trenno per la commemorazione delle vittime degli eserciti anglo-americani, che hanno partecipato alla guerra di liberazione dal fascismo e dall'occupazione nazista in Italia. “\n\nthe reference is clearly to the victims among the British and American soldiers.\nIn another context, this structure can be used to mean victims caused by the armies' actions.\n\n> AI trattamenti degradanti si somma il terrore della guerra. Di restare cioè vittime degli eserciti contrapposti senza nessun governo o organizzazione internazionale in grado né di raggiungerli né tantomeno di evacuarli.\n\nI agree with @egreg's comment: I would hardly use this sentence. To avoid misunderstandings, I would use \"vittime presso gli eserciti\" in the former case, and \"vittime civili\" in the latter case.", "is_selected": true } ]
Cosa significa "disciogliere" in questo brano?
Nel romanzo Artemisia, di Anna Banti, ho letto: """ Dapprima non ci furono parole, ma, nello sguardo d'Orazio, quella luce gioviale di quando discorreva di pittura o gliene mostravano, specchio di una attività desiderosa e felice. Erano anni che la figliola non la ritrovava e fu un raggio di sole che le distese la mano chiusa sul lapis, illuminò il foglio, disciolse le sue membra umiliate. """ È chiaro che l'autrice fa un uso figurato del verbo "disciogliere", associato probabilmente a un certo senso di liberazione (accezione 1 del vocabolario Treccani). Tuttavia, non capisco molto bene qual è il significato di "disciogliere le membra umiliate" nel brano precedente. Rilassare le membra in tensione? Liberare del senso di colpa e dell'umiliazione?
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[ { "score": "2", "ownerid": "2136", "text": "Non ricordo la parte precedente al brano che citi. Mi sembra che qui l'immagine usata da Anna Banti cominci da \"fu un raggio di sole\". Immagina un paesaggio invernale, un campo coperto di neve che, appena il sole comincia a scaldare di più l'aria, si scioglie e torna a muoversi, dopo una lunga immobilità. Questo l'effetto dello sguardo di Orazio: un calore che fa dimenticare una dolorosa e tesa immobilità.", "is_selected": true } ]
What is a more neutral phrase for "certe cose"?
I am trying to say in Italian the following sentence. """ Nothing would change between us, even if you do or say some things. """ The sentence I came with is the following. """ Niente cambierebbe tra noi, neppure se facessi o dicessi certe cose. """ Truly, in the English sentence something would be too generic; in the Italian sentence, certe cose seems too specific, as if I am talking of a strict set of things (e.g. sexual things). I thought of using the following sentence, but it seems suggesting that person is willing or tempted to do things I could forgive, but I am not suggesting that. """ Ci sono cose che potresti fare e che non cambierebbero quello che c'è tra noi. """ Which is the more neutral way of saying what I am trying to say?
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[ { "score": "4", "ownerid": "", "text": "The sentence \"nothing would change between us, even if you do or say some things\" does not sound correct in English unless you complete it by mentioning what these things are or the receiver of your message already knows what you are talking about (or you are convinced they are supposed to know). Otherwise a more sensible way to say it would be \"nothing will change between us, whatever you do or say.\"\nEven grammatically, it does not sound OK and it would be better as \"nothing would change between us, even if you did or said some things….\"\nNote that you need the ellipsis in the writing; in fact the sentence is (intentionally?) incomplete.\nIn Italian it can be expressed as Kyriakos Kyritsis suggested.\n\n> Niente/nulla cambierebbe tra noi, qualunque cosa tu facessi o dicessi.\n\n\n> Nente/nulla cambierà tra noi, qualunque cosa tu faccia o dica.\n\nIf you believe the receiver of your message should know what things you are talking about, you can say the following or equivalently as in Sklivvz answer, but it will sound weird; it could be a sexual reference or a mafia-style message. Do not say it unless you think you have very good reasons to do so.\n\n> Niente/nulla cambierebbe tra noi, persino/nemmeno se tu facessi o dicessi certe cose….\n\nEDIT There are several other alternatives:\n\n«Non puoi farci niente, niente cambierà tra di noi»\n«Non c'è niente da fare, niente cambierà tra di noi»\n«Nonostante i tuoi sforzi, niente cambierà tra di noi»\n«Nonostante tutto ciò che potresti dire o fare, niente cambierà tra di noi»\n«Nonostante ciò che dici o fai, niente cambierà tra di noi»\n«Per quanto tu dica o faccia, niente cambierà tra di noi»\n«Per quanto tu possa dire o fare, niente cambierà tra di noi»\n«Non c'è niente che tu possa dire o fare, niente cambierà tra di noi»\n\nAs a last resort you can even try:\n\n«È il destino, ormai niente cambierà tra di noi»\n", "is_selected": true }, { "score": "0", "ownerid": "18", "text": "It's a bit of an awkward sentence even in English, and grammatically incorrect, but typically an Italian would say:\n\n> Non cambierebbe nulla fra noi, nemmeno se facessi o dicessi delle cose.\n\nOr, if you want to keep the grammatical error:\n\n> Non cambierebbe nulla fra noi, nemmeno se fai o dici delle cose.\n\n\"Delle\" in this context is not a \"preposizione articolata\", but an \"articolo partitivo\" indicating an unknown quantity.", "is_selected": false }, { "score": "-1", "ownerid": "375", "text": "The nuance you are looking for is lost in translation.\nYou don't want to be too specific, but if you aren't, the phrase will be understood as an indirect sexual reference.", "is_selected": false }, { "score": "-1", "ownerid": "377", "text": "\n> Non esiste nulla che potresti dire o (che potresti) fare per cambiare le cose tra noi. Non puoi dire o fare nulla per cambiare le cose tra noi.\n", "is_selected": false } ]
Differenza tra dispiace e spiace.
La mia madrelingua è l'inglese. Mentre imparavo italiano a scuola, avevo sempre sentito "mi dispiace." Un giorno ho visto in un dizionario che "spiace" significa lo stesso che "dispiace." A me "mi spiace" suona più bello, ma è usato in pratica? Ha un altro significato? Qual è più comune?
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[ { "score": "11", "ownerid": "95", "text": "Io userei \"mi spiace\" solo in un contesto formale (\"mi spiace, ma non è possibile cambiare modalità di pagamento dopo aver chiuso la transazione\") mentre \"mi dispiace\" può essere usato in ogni contesto. Però ho appena consultato il De Mauro e non dà nessuna differenza pratica negli usi.", "is_selected": false }, { "score": "6", "ownerid": "4182", "text": "Cito testualmente dalla Crusca\n\n> In italiano non son poche le parole, specie verbi, in cui i prefissi s- e dis- si fanno concorrenza negli stessi valori, sia in quello negativo, prevalente: sviare e disviare, staccare e distaccare (che nascono da attaccare), stendere e distendere, smettere e dismettere (con senso un po' diverso), smembrare e dismembrare, sdegnare e disdegnare, ecc.; sia in quello intensivo, come in scacciare e discacciare. In genere la forma con dis- è più letteraria e rara (sgombrare/disgombrare, scoprire/discoprire), e la si trova in scrittori ad alto tasso di espressività come Dante o Montale. Ma spiacere e dispiacere hanno avuto una storia parallela e pienamente intercambiabile è il loro uso, almeno nei modi finiti del verbo. In quelli infiniti (rispondo così ad altra domanda) non coincidono precisamente e spiacente vale dispiaciuto, perché il participio passato dell'uno e quello presente dell'altro sono poco usati (non si dice quasi mai “sono spiaciuto” né “sono dispiacente”, ma “sono spiacente” o “sono dispiaciuto”).\n", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "388", "text": "in un contesto più \"amichevole\" è utilizzato \"mi spiace\", nel caso più \"formale\" dispiace. \nMa non c'è alcuna differenza fra i due, quindi se ti piace il verbo spiacere puoi usarlo senza problemi.", "is_selected": false } ]
Qual è l'uso di "sì" in questa frase?
Nel racconto La conchiglia di Marisa Madieri ho letto (uso l'ortografia della casa editrice Einaudi, che ha pubblicato la versione che ho letto): """ «Mio padre li avrebbe legati assieme, sí da formare una semplice e solida imbarcazione per la pesca.» """ Non capisco bene come viene usato il vocabolo "sì" in questa frase. Me lo potreste spiegare?
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[ { "score": "12", "ownerid": "37", "text": "“Sì” è, in questo caso, la forma abbreviata di “così”, e quindi in questa frase ha il senso di “in modo da”. In Dante e altri scrittori classici si trova spesso; oggi è un po' ricercato, a parte nella frase fatta “fare sì che” cioè, appunto, “fare in modo che”.", "is_selected": true } ]
Come posso dire "forget about it" in italiano?
Come posso dire "forget about it" quando voglio dire a una persona di non pensare più ad una situazione perché ho già risolto?
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[ { "score": "5", "ownerid": "1243", "text": "Letteralmente la traduzione è dimenticalo.\nPuoi dire in alternativa scordatelo, dimenticatelo, lascia perdere oppure semplicemente non pensarci più.", "is_selected": true } ]
Una persona che vuol subdolamente troncare e sopire si dice ….
Qual è l'attributo per qualificare chi vuole troncare e sopire senza darlo a vedere, in modo subdolamente manipolatorio? "Subdolamente sfuggente", "subdolamente evitante": in una parola? Forse solo "evitante"? Per chiarire sto pensando ad una situazione in cui l'obiettivo è quello di evitare un argomento, una domanda, al fine di imporre ad esempio un determinato status quo all'interlocutore, impedirgli di considerare le alternative, inibirgli l'opportunità di far emergere i propri punti di vista o di far valere i propri diritti, di relazionarsi alla pari, imponendogli cioè un rapporto di dominanza. Esempio estremo: un educatore che risponde alle domande di un bambino solo se le risposte sono funzionali a rinforzare nel bambino un'opinione soggettiva dell'educatore stesso, ignorando ed evitando tutto ciò che invece farebbe nascere nel bambino direttamente o indirettamente dubbi o ipotesi alternative. Una vera e propria strategia di manipolazione. Lo stesso può accadere in politica o persino nell'ambito di una comunità scientifica laddove ad esempio vi siano interessi economici a mantenere uno status quo ed evitare il formarsi di opinioni alternative. È possibile - ma non ne sono certo - che in inglese la parola giusta sia "devious" che suona anche bene perché dà l'idea dell'intento di deviare per ingannare. In italiano? @donnadulcinea, @DaG, forse in questo caso potrebbe essere necessario usare più aggettivi insieme: «una persona subdola, evasiva, manipolativa»? Aggiornamento tardivo: tornando su questa domanda a mente fredda, penso proprio che non c'è una parola per qualificare il comportamento descritto sù. Forse si può solo arricchire la descrizione con una lista di parole che ne completino il quadro: un plagiatore, un manipolatore subdolo e passivo, sfuggente ed evasivo ma allo stesso tempo ingannevole e indirettamente coercitivo, insidioso e tendenzioso, capzioso, fraudolento.
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[ { "score": "8", "ownerid": "445", "text": "Io suggerirei \n```\nEvasivo\n```\n, anche se non forza quella leggera sfumatura manipolatoria di cui parli.\n\n```\nEvasivo: Che tende a non affrontare direttamente un problema, una questione: mostrarsi e.; parlare in modo e.\n```\n\nForse \n```\nElusivo\n```\n rende meglio l'intenzione di evitare, ma direi in maniera più celata che subdola. Non necessariamente manipolatoria.\n\n```\nda Elusione: Capacità di evitare, di sottrarsi a qlco. con furbizia e abilità || e. fiscale, comportamento del contribuente che, approfittando della complessità delle norme fiscali, riesce a sottrarsi alla tassazione senza cadere nell'illegalità\n```\n", "is_selected": true }, { "score": "3", "ownerid": "37", "text": "In realtà “subdolo” è definito dal Treccani come «Detto di persona che tende a dissimulare le proprie intenzioni e a comportarsi in modo falso e coperto, allo scopo di trarre in inganno e di conseguire un fine nascosto», e quindi sembra abbastanza affine all'intento manipolatore descritto nella domanda.", "is_selected": false } ]
An Italian table, is it in fact Arabic?
The other day I stumbled upon the Arabic word طاولة "tawila". It occurred to me that it in fact sounds quite close to Italian "tavolo". Is this just coincidental or was the word loaned in either direction at some point in time?
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[ { "score": "11", "ownerid": "1818", "text": "It is true that the Italian word tavola comes from the Latin tabŭla of uncertain origin. But the Etymological Dictionary of Latin by Michiel de Vaan can help shed some light into that uncertainty, and at least show that a Semitic origin is unlikely.\nAccording to de Vaan, it comes from an original Proto-Italic form, either *taf or *taþla. It has an attested cognate tafle in Umbrian (\"instrument for transporting the sacrificial fire\").\nIf the Proto-Italic form was *taþla, it is probably coming from a root *ta- plus an instrumental suffix *-dʰlo, with the root coming a from s-less *steh₂- (the origin of the Latin stāre, to stand) as in the Proto-Tocharian and Proto-Celtic *tā- (which also means \"to stand\").\nSo, in brief the etymology of tabŭla is likely Indoeuropean, cognate of stāre (cfr. stābilis). Even if this hypothesis is not correct, it will still come from Proto-Italic and so a Semitic loan is very unlikely (especially since the possible Proto-Italic roots look very different from the Arabic word).\n\nAs Charo said in the comments it seems that the borrowing went in the other direction\n\n> According to Hans Wehr's 4th edition of Dictionary of Modern Written Arabic the Arabic word طاولة comes from the Italian \"tavola\" -- Charo\n", "is_selected": true } ]
Conditional mood for volere vs piacere.
I have just read the following sentence in an Italian learning tool: """ Lui vorrebbe diventare dottore. """ It is translated as "He would like to become a doctor". What is the difference between the sentence above and "Gli piacerebbe diventare dottore"? I guess that it may depend whether the goal is planned/feasible/reachable soon or not, but I am not sure.
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[ { "score": "4", "ownerid": "70", "text": "The sentences “vorrei diventare dottore” and “mi piacerebbe diventare dottore” are essentially equivalent, although the latter would more likely be “mi piacerebbe fare il dottore”.\nHowever, “vorrei” and “mi piacerebbe” are not generally equivalent: you should never translate “I'd like some tea, please” into\n\n> *mi piacerebbe del tè, per favore\n\nthat can unfortunately be found in cheap translations. It should be “(vorrei) del tè, grazie”; the verb can be omitted.\nOne could actually state that there is a tiny difference between “mi piacerebbe andare in Spagna” and “vorrei andare in Spagna”: the former might mean a vague desire, whereas the latter could show a stronger intention. However, in this context the difference would be so tiny that nobody could perceive it. Let's imagine a dialogue:\n\n> — Mi piacerebbe andare in Spagna. — E quando vorresti andarci?\n\nI don't think anybody would reply with “E quando ti piacerebbe andarci?” that would sound like the “tea” example above. Another dialogue:\n\n> — Vorrei andare in Spagna. — In che stagione ti piacerebbe andarci?\n\nSuch a reply could emphasize the fact that there are large seasonal differences in Spain, asking what season the person would like the most. All in all, these are nuances.\nThe “tea” example shows that Italian politeness rules are very different from the English. For Italian, the conditional of volere is normally understood as a polite form.", "is_selected": false } ]
"Se ti farebbe comodo" o "Se ti facesse comodo"?
Ho scritto: "Se ti farebbe comodo utlizzarlo scrivimi". Ora ho questo dubbio, è scorretto ed andrebbe invece usato "Se ti facesse comodo utlizzarlo scrivimi"? Quella più corretta, anche se troppo lunga e per questo non mi piace, penso sia "Se ti potrebbe far comodo utlizzarlo scrivimi". Qualcuno potrebbe illuminarmi?
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[ { "score": "4", "ownerid": "707", "text": "Si tratta di un costrutto condizionale in cui si vuole esprimere \"se accade o accadesse una certa condizione, allora scrivimi\".\nSul portale Lingua e Scuola della casa editrice Zanichelli si può trovare una spiegazione al dubbio formulato dall'OP:\n\n> Comunque incominciamo col ribadire che la costruzione corretta è: se + congiuntivo, condizionale: se tu fossi più buono, ne sarei felice con le varianti se + futuro, futuro: se sarai buono ne sarò felice se + presente, presente: se sei buono ne sono felice In nessun caso in frasi condizionali di questo tipo la congiunzione se può essere seguita dal condizionale: se saresti buono è sbagliato qualunque sia il modo e il tempo che segue. Invece ‘se’ può essere seguito dal condizionale nei significati 7 e 8 dello Zingarelli: 7 Introduce una prop. dubitativa, semplice o disgiuntiva, con il v. al congtv., all’indic. o all’inf.: vedi se puoi aiutarmi; guarda in libreria se è uscito qualche nuovo libro; tenta se ce la fai o no; vedrò se sia il caso di aiutarlo o se invece sia meglio che si arrangi. 8 Introduce una prop. interr. indiretta semplice o disgiuntiva con il v. al congtv., all’indic. o all’inf.: non so se potrò partire; dimmi se intendi continuare così; domandagli se accetta o no; non so se scrivere o telefonare; non so se sarei capace di mentire | Con ellissi del v.: chiedigli quando è in casa, se al mattino o al pomeriggio; dimmi cosa scegli, se il cinema o il teatro | (enfat.) In espressioni escl. o interr. con ellissi della prop. principale: se sono stanco?, certo che lo sono!; se ha pazienza?, moltissima!; se è ricco!, altro che! | In prop. escl., con valore affermativo; per es. in: *‘Lo conoscete voi Brighella?’ ... ‘Oh, se lo conosco!’ *(C. Goldoni). Ad esempio nel significato 7 si può dire: vedi se potrebbe aiutarmi (e qui potremo senz’altro aggiungere un esempio) Nel significato 8: domandagli se accetterebbe o no (sottinteso: qualora glielo proponessimo).\n\nÈ da sottolineare il fatto che\n\n> in nessun caso in frasi condizionali di questo tipo la congiunzione se può essere seguita dal condizionale\n\nCioè, non si dice *se ti farebbe comodo utlizzarlo né *se ti potrebbe far comodo utlizzarlo. Nel caso in studio, come indicato da @Hachi nel suo commento, si dovrebbe dire\n\n> se ti facesse comodo utilizzarlo, scrivimi!\n\noppure\n\n> se ti potesse far comodo utilizzarlo, scrivimi!\n\nusando il congiuntivo e non il condizionale.\nMa anche semplicemente, come si vede nella spiegazione sopra citata, si può fare il costrutto condizionale con la struttura \"se + presente indicativo, ...\" (nel caso in studio si adopera l'imperativo): usando il congiuntivo al posto del presente indicativo si aggiunge una sfumatura di incertezza sulla condizione che appare nella frase:\n\n> Se ti fa comodo utilizzarlo, scrivimi!\n", "is_selected": false } ]
Should I greet ciao or buongiorno when greeted by buongiorno?
I'm now in Italy and found that a clerk sometimes use buongiorno when I entered the bar. I always use ciao when I greet, but I wonder whether it is OK to greet by ciao or should use buongiorno when I first get a greeting. Also, should I use it apart according to the situation, for example depending on the age of the clerk and me, the type of shop (cheap bar, more upper-scale restaurants, or luxury brand, etc...), etc...?
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[ { "score": "5", "ownerid": "1243", "text": "You use ciao in an informal situation, with your friends and with someone you know. \nYou use buongiorno in formal situations , when you first meet someone. It is considered a polite and respectful greet, used especially with older people. \nObviously this form can be used instead of ciao but never do the opposite or you could be considered rude. ", "is_selected": true } ]
Differenze tra gli aggettivi "professionale" e "professionista" per qualificare una persona.
Ho guardato alle voci "professionista" e "professionale" del vocabolario Treccani. Tuttavia, non mi è chiara la differenza tra questi due vocaboli quando sono adoperati come aggettivi per qualificare una persona che svolge una determinata professione. Per esempio, se una donna lavora come tradutrice, cosa dovrei dire? È una tradutrice professionale. È una tradutrice professionista. C'è qualche differenza di uso o di significato tra queste due frasi? Il vocabolario Treccani indica che l'aggettivo "professionale" usato per qualificare persone è "non comune": """ c. non com. Di persona che, nell’esercizio del proprio mestiere, attività o professione, mostra particolare preparazione, serietà ed efficienza """ Quindi, devo capire che "professionale" di solito non si usa o non si dovrebbe usare per qualificare una persona? In ogni caso, ricercando su Google espressioni come "fotografo professionale" o "nuotatore professionale" si trovano parecchie occorrenze, ma forse si tratta di siti web non affidabili, non so. Ho visto che il Treccani fa una definizione molto simile del termine "professionista", ma in questo caso si tratta di un "uso comune": """ c. Nell’uso com., chi svolge la propria attività lavorativa, qualunque essa sia, con particolare abilità e competenza: quel calzolaio è un vero p.; anche in funzione di attributo: il furto è stato certamente opera di ladri p. """
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[ { "score": "6", "ownerid": "3065", "text": "Professionista: chi svolge una attività come professione, come sua attività primaria e che da essa trae guadagno; si contrappone quindi a dilettante.\nProfessionale: aggettivo che significa \"relativo alla professione\", ma che può assumere il senso \"di persona che, nell’esercizio di una attività, mostra particolare preparazione, serietà ed efficienza\" (liberamente tratto da Treccani.it)\nQuindi se una donna lavora come traduttrice, sicuramente è una traduttrice professionista;\nse svolge il suo lavoro in maniera svogliata e imprecisa, non è professionale;\nse lo fa con particolare serietà, è professionale;\nse una persona fa il traduttore per diletto, non è un professionista, ma se svolge la sua attivtà con serietà ed efficienza, è un traduttore professionale.", "is_selected": true } ]
Acqua fredda o ...?
A volte succede che mi manca un adeguato vocabolario per esprimere i fatti della vita quotidiana. Quando si è in un bar, un ristorante, una trattoria o qualche altro locale di ristorazione e si vuol ordinare dell'acqua per bere, quale aggettivo o espressione si deve usare per indicare che si vorrebbe l'acqua a temperatura ambiente?
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[ { "score": "12", "ownerid": "37", "text": "“A temperatura ambiente”! Credo che sia il modo più diffuso; ho anche sentito, per sottolineare la richiesta, “non di frigo”.", "is_selected": true }, { "score": "3", "ownerid": "", "text": "Propongo, come opzione alternativa, \"acqua (naturale / frizzante) non fredda\". ", "is_selected": false } ]
Why does "congiuntivo imperfetto" come from Latin subjunctive pluperfect instead of subjunctive imperfect?
If I understand correctly, congiuntivo imperfetto is the imperfect tense of subjunctive mood. Judging by conjugation table (ending in -sse), I suppose it comes from Latin subjunctive pluperfect table. Then in Latin, pluperfect is like past perfect and not past continuous (in English), and I think it's closer to congiuntivo traspassato, as is currently formed with "avessi + participio passato". So why is the pluperfect table picked instead of the imperfect table (which would have turned cantessi into cantarè)? For the record, Spanish retained both tables (it has subjuntivo imperfecto 1 and subjuntivo imperfecto 2) Can anyone tell me what is the history behind this?
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[ { "score": "9", "ownerid": "1818", "text": "Great question! This answer is going to be heavily based in the discussion in chapter 7 of\n\n> Alkire, Ti, and Carol Rosen. Romance languages: A historical introduction. Cambridge University Press, 2010\n\n\nThe verbal tense system went through a reorganization in the passage from Latin to Romance. Of the original categories (roughly speaking pairs of mood and tense) only four survive with only regular sound changes (present indicative present, perfect indicative, imperfect indicative and present subjunctive), while other forms were repurposed (e.g. imperfect subjunctive) or replaced with completely new forms (e.g. indicative future, most of the perfectum family, the whole conditional mood).\nThis often happens when, after regular sound changes, the \"old\" forms cannot be distinguished anymore from other verbal forms (e.g. the indicative future cantābit becomes identical to the perfect cantāvit after the regular sound change turning intervocalic b into v, and so it had to go). This is exactly the case of the subjunctive imperfect.\nThe imperfect subjunctive of the verb canto has the form cantāret. After regular sound changes, in most of the persons the verb becomes indistinguishable from the infinitive cantāre. Indeed, except from Sardinian that has mantained it, the only reflex of Latin's imperfect subjunctive is in Portuguese inflected infinitive forms!\nTo fill in this vacuum, the speakers coopted two verbal forms: the pluperfect subjunctive and the pluperfect indicative. These tenses were in the process of being muscled out of their niche by the synthetic perfect (i.e. the perfect formed by an auxiliary verb followed by the past particle) and were ready to find a new home in the infectum system. We have early indications that this started out as a competition between the pluperfect and the imperfect when expressing potential future-in-the-past, as a reported speech equivalent of the future perfect cantā(ve)rit, thus introducing a perfectiveness distinction into reported speech. Here's an example from the first century BC:\n\n> sēque parātōs quaecumque imperāsset [instead of the usual imperāret], et libentī animō factūrōs pollicentur (De bello africano, 33) they pledged themselves ready and willing to do whatever he commanded (lit. 'he would have had commanded'; direct speech quaecumque imperāverit faciēmus 'whatever is [lit. will have been] commanded')\n\nItalian (as most of the other Romance languages) decided to use exclusively the perfect subjunctive for this job and went through a relatively aggressive push of regularization, eliminating the trace of the perfectum stem from all the verbs but three: essere, stare and dare (imperfect subjunctive fosse, stesse and desse). For example, today we say mettesse and not *misesse from mīsisset. This is similar to the situation for the indicative perfect (passato remoto) for which however more verbs retained their original strong stem.\n\nAs a slight digression I would like to say a couple of words about Spanish, since you name it in the question (however, I do not really speak Spanish so I'm going to trust my source for the examples). You say that Spanish has retained the Latin imperfect subjunctive, but that is not the case. It is true that Spanish has two forms, but the other comes from the Latin pluperfect indicative, not from the imperfect subjunctive. For example cantāret would give *cantare (that later presumably becomes *cantar) and not the current form cantara, coming from the pluperfect indicative cantārat. It's not 100% clear to me why Spanish retained both forms (as far as I know it is the only Romance language to do so), but that would probably be a question for Spanish.SE (or possibly Linguistics.SE), so I'll have to stop here.", "is_selected": true } ]
Significato di "muina".
Nel romanzo Mille anni che sto qui, di Mariolina Venezia, ho letto (grassetto mio): """ Ma per la prima volta in vita sua, insieme a quella sensazione lo aveva preso un pensiero, una specie di presentimento, che comunque fossero andate le cose, avesse anche evitato le trappole del malocchio, i sortilegi, l’invidia, le guerre e le malattie infettive, prima o poi sarebbe morto, e non c’era modo di sfuggire al fatto che quel suo corpaccione che sembrava tagliato nell’olivo sarebbe diventato molliccio e si sarebbe sfatto come i torsoli delle pannocchie e gli altri residui che buttavano nelle pozze per concimare la terra. La muina in basso mescolandosi a quei pensieri gli faceva girare la testa. """ Per situare il contesto di questo brano, cito un passaggio precedente: """ Ma la notte della vigilia di San Giovanni un caldo prematuro e soffocante aveva fatto cuocere il sangue nelle vene di don Francesco. Arrivavano fino a loro, attutite, le canzoni che cantavano per strada. """ Quindi, tutto questo accadeva durante la notte della vigilia della festa di San Giovanni. Don Francesco era nella sua camera da letto e aveva i pensieri descritti nel primo passo citato. Immagino che questa "muina" sia qualcosa correlata ai festeggiamenti che si stavano facendo per strada, "in basso" (perché la stanza dove si trovava don Francesco non era al piano terra). Non ho trovato il termine "muina" su nessuno dei dizionari che ho consultato. Immagino si tratti di qualche sorta di regionalismo o dialettalismo. Sapreste spiegarmi cosa significa?
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[ { "score": "3", "ownerid": "707", "text": "Comincio col dire che, senza il commento di @DaG, non sarei stata in grado di trovare questa risposta. \nCome ipotizzato nel commento di @DaG, a quanto pare, il termine \"muìna\" è una variante di \"ammuìna\". \nQuesto dizionario etimologico di meridionalismi dell'Università di Nizza indica che \"muìna\" è riportato sul volume II del Vocabolario siciliano di Giorgio Piccitto col significato di \n\n> sentore di rabbia popolare che tende a esplodere\n\nL'autore di questo vocabolario (Arnaldo Moroldo), però, mette in correlazione questo vocabolo con \"ammoìno\" o \"ammuìno\", riportati sul volume I del Vocabolario siciliano di Giorgio Piccitto con queste accezioni:\n\n> confusione, disordine; trambusto, baraonda; chiasso, frastuono, pandemonio 2 baruffa, tafferuglio 3 festicciola piuttosto animata 4 ammutinamento, cfr. ammuina e ammuinari 2.\n\nE, per \"ammuinari 2\", dà:\n\n> ammutinarsi...3 affollarsi, far ressa...\n\nQuesta fonte registra altre varianti del termine riportate da Gerhard Rohlfs nel Nuovo Dizionario dialettale della Calabria.\nAnche questo Dizionario dialettale \netimologico di Mormanno riporta \"muìna\" col significato di\n\n> confusione chiassosa.\n\nIl vocabolo \"ammuìna\" o \"ammoìna\" è registrato da parecchi dizionari della lingua italiana, come il Treccani, lo Zingarelli, il Grande dizionario della lingua italiana, il Garzanti e il Battisti-Alessio (secondo quanto si spiega qui). Sul vocabolario Treccani, per esempio, viene definito come\n\n> Vocìo, chiasso, fracasso, confusione: fare ammuina\n\ne altri vocabolari riportano definizioni simili.\nNel contesto del testo citato nella domanda, possiamo concludere che \"muina\" significa qualcosa come vocìo, trambusto, baraonda, chiasso... prodotti da una festicciola popolare \"piuttosto animata\", con l'aggiunta di una sfumatura di confusione causata da una folla.\nUn'altra possibile interpretazione, secondo la definizione di \"muìna\" del Piccitto, sarebbe che si trattase della sensazione di una certa esplosione di un senso di rabbia popolare. Tuttavia, dato l'ambiente festivo descritto nel testo, che continua parlando di risate, di bagliori di fiamme (dai falò tipici della notte di San Giovanni), di braci e di occhi di ragazze che brillavano nell’ombra, di \"cafoni festanti\", questa interpretazione mi sembra poco plausibile. ", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "ventura" in questo contesto?
Questa frase, tratta dal romanzo Artemisia di Anna Banti, descrive quello che pensano della pittrice nella Corte di Inghilterra: """ Donna bizzarra, più di ventura che virtuosa, e se non fosse stato suo padre, mai l'avremmo chiamata da queste bande. """ Ho cercato il significato di "ventura" in alcuni dizionari e ho visto che significa "sorte", "fortuna", "destino". Tuttavia non capisco il senso di questo vocabolo nella frase precedente. Me lo potreste spiegare?
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707
[ { "score": "2", "ownerid": "1799", "text": "Virtuosa potrebbe essere letto come persona dotata di virtù con doti morali. \nDi ventura in questo contesto potrebbe essere nell'accezione di mercenaria, persona che agisce solo per tornaconto personale non badando a questioni etiche o ideologiche, quindi senza grandi virtù.\nParlando di Corte di Inghilterra, probabilmente si vuole mettere in evidenza che la pittrice era stata presa in considerazione solo in virtù del padre (forse persona stimata), dal momento che lei non brillava per particolari doti morali apprezzate generalmente a corte.", "is_selected": true }, { "score": "2", "ownerid": "37", "text": "Il senso generale di “ventura”, come si diceva, è quello di “sorte”, “destino”. Di qui ha però assunto accezioni specifiche in locuzioni specifiche.\nNell'italiano contemporaneo si usa quasi solo nella locuzione “andare alla ventura”, cioè affidarsi al caso, e per i “capitani di ventura”, che più che al caso si affidavano a chi pagava di più. E a pensarci, anche “fortuna” – che nell'accezione classica poteva essere positiva o negativa e in quella moderna è quasi solo positiva – ha un senso relativo al successo economico (“ha gudagnato una fortuna”).\nIl richiamo a questi mercenari può far pensare che a quel personaggio di Artemisia si attribuiscano interessi materiali e quasi meschini (non a caso, “mercenaria” si dice anche di una prostituta). \nQuesta interpretazione è coerente con una delle interpretazioni dell'enigmatico verso 61 del II canto dell'Inferno, in cui Beatrice definisce Dante «l'amico mio, e non della ventura». Una delle letture più accreditate è appunto che Dante perseguisse la dottrina delle cose divine (personificata da Beatrice) di per sé e non ambendo a ricompense o vantaggi.\nQuindi queste considerazioni, insieme alla contrapposizione alla virtù, fanno pensare che chi parla considera la pittrice nella migliore delle ipotesi poco costante nelle sue intenzioni, e nella peggiore attaccata a bassi interessi materiali.", "is_selected": false } ]
Proper usage of the noun "elenco".
Is "elenco" specifically for a phone book type list and "lista" referring to every other kind of list? I have found it in the dictionary as just list and only one (by Langenscheidt) referring to a phone book. Thanks!
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[ { "score": "4", "ownerid": "2038", "text": "Elenco can be any type of list. \nExample: \nElenco dei libri necessari = list of needed books \nFammi un elenco di quello che ti serve = Make a list (for me) of what you need", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "2175", "text": "'Elenco' derives from 'elencare' = 'to list', therefore yes 'elenco' is a list of things, things to buy, tasks to do, places, places to visit, names, people, phone numbers, emails and so on.\nSome of those cases (e.g. things to buy or shopping list) are so rarely used till the point that some people may refer to them as wrong or deprecated as they would use 'lista' = 'list' but still is not wrong to use them as someone listed them and therefore 'elencato'.\nHope I didn't confused you, but as you noticed Italian is kind of strange language ;)", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "1657", "text": "I would add that you should use \"elenco\" also for long lists, for instance one 30 pages long. There you simply could not use \"lista\", which is really for short lists. Like in \"La Lista del Giorno\" once used for menus (foreign word, once not encouraged). So, to sum it up in a practical and easy way, I would suggest \"elenco\" for long and short lists; \"lista\" for short lists only.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "1842", "text": "In a phonebook sense elenco translates as directory. As you probably saw in that one dictionary a phone book should be \"elenco telefonico\" (directory of phone suscribers). For us calling the phonebook as just elenco is a bit like when an English person refers to a list of phone extensions as just \"directory\".\nLike for the English directory an elenco should follow a certain ordering system but more often than not we use the word in the same way we use lista", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "2222", "text": "Elenco is a synonym of lista, but it has a nuance in meaning; if you has an ordered list of items, \"elenco\" seems to me more meaningful than simply using \"lista\".", "is_selected": false }, { "score": "-1", "ownerid": "1990", "text": "Senza nessuna fonte e senza pretese, mi invento quanto segue. \nLa lista è semplice e non organizzata. \nDi fatto un elenco è qualcosa a metà tra una lista è un dizionario, con una struttura organizzata. Una sorta di dizionario semplificato: nome -> numero, suddiviso per lettere: A, B, C...\nPer questo anche in inglese, l'elenco telefonico, non è \n```\nlist\n```\n ma \n```\ndirectory\n```\n, perché la directory è una struttura organizzata. \nForse l'inglese è più preciso in tal senso, infatti le parole non si interscambiano come succede in italiano. \n\n```\nList of items\n```\n non è mai \n```\ndirectory of items\n```\n. Anche in italiano dovrebbe essere così, ma è cosi solo in un senso: la struttura organizzata in italiano non la chiami lista. Quindi non hai la \"lista telefonica\", ma la \"lista delle telefonate\", organizzata solo in sequenza, ma senza indici. ;) ", "is_selected": false } ]
“dei ‘Promessi Sposi’”, “di ‘I Promessi Sposi’” o “de ‘I Promessi Sposi’”?
Visto che nei commenti a un'altra domanda era emerso questo dubbio, ne faccio una domanda a sé. Quando si menziona un titolo che comprende un articolo (per esempio I Promessi Sposi) preceduto da una preposizione, e in particolare da “di”, che fare: lasciare “di” seguita dal titolo immutato: “l'autore di ‘I Promessi Sposi’”; modificare “di” in “de”: “l'autore de ‘I Promessi Sposi’”; ricorrere a una preposizione articolata: “l'autore dei ‘Promessi Sposi’”?
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[ { "score": "6", "ownerid": "37", "text": "Serianni, nel suo Italiano (ed. Garzanti) risponde in modo molto chiaro esattamente a questo dubbio (in una scheda a p. 578):\n\n> Di fronte a un titolo o a un nome di città o di ditta cominciante con un articolo (I Promessi Sposi, La Spezia, Ristorante Il Caminetto ecc.) ci si può trovare in dubbio ogni volta che la sequenza sia preceduta da una preposizione. Nella lingua parlata (e anche in quella scritta, almeno in tutti i casi in cui non sorgano equivoci) la soluzione più semplice è anche la più raccomandabile: la preposizione si fonde con l'articolo iniziale («La stesura dei “Promessi Sposi”», «Sono partita dalla Spezia questa mattina», «Abbiamo cenato al “Caminetto”»). Nei casi in cui sia necessario rispettare l'integrità della denominazione si hanno varie alternative, nessuna priva di inconvenienti: §1. Adoperare la preposizione semplice, così come si farebbe davanti a un cognome (di Lo Surdo): di “I Promessi Sposi”, a “Il Caminetto” (inconveniente: creare delle sequenze che non esistono, né sono mai esistite, nella lingua parlata); §2. Scindere la preposizione articolata nelle sue componenti: de “I Promessi Sposi”, da La Spezia, appoggiandosi all'esistenza nell'italiano antico e poetico di forme scisse delle preposizioni articolate (inconveniente: non si riesce ad evitare del tutto la controindicazione del punto 1 [a “Il Caminetto”]) e comunque si dà vita a forme puramente artificiali, estranee all'italiano di oggi); §3. Ricorrere a un aggettivo o a un'apposizione che separi preposizione e denominazione: del romanzo “I Promessi Sposi”, al ristorante “Il Caminetto” (inconveniente: in diversi casi la soluzione ha il sapore dell'espediente e comunque non riesce a risolvere tutti i casi: con La Spezia, ad esempio, non potrei dire * dalla città La Spezia perché sarei obbligato a usare la preposizione di ricadendo in pieno nel nostro piccolo problema).\n\nAnche a p. 133, parlando in generale degli articoli, si parla del problema, sottolineando l'artificialità delle forme con “de” e “ne” (anche perché etimologicamente la “e” deriva da quello che poi è diventato l'articolo) e concludendo che\n\n> L'uso consigliato (e seguìto) da questa Grammatica è quello di fondere sempre preposizione e articolo iniziale (almeno per i titoli), così come si fa parlando: «il protagonista del Santo di Fogazzaro», «un articolo sulla Gazzetta di Parma», «il Moravia degli Indifferenti».\n\nQuindi il succo è che sia meglio usare sempre le preposizioni articolate, tranne i rari casi in cui sia indispensabile citare l'articolo a sé (poniamo, in un confronto fra I Promessi Sposi e un altro libro intitolato Promessi Sposi), nel quale si ricorrerà a malincuore a una delle tre soluzioni di cui sopra.", "is_selected": true } ]
Qual è il significato di "virgolettato" in questo testo?
Nel libro I migliori anni della nostra vita di Ernesto Ferrero ho letto: """ Alto, imponente come un corazziere, il gran cranio cilindrico virgolettato da radi ciuffi di ricci alle orecchie, bocca carnosa, occhiali dalla pesante montatura nera, Malcolm Skey compare in via Biancamano all’inizio degli anni settanta. """ Non sono sicura di aver capito il senso di "virgolettato" in questo brano. È chiaro che se ne fa un uso figurato, ma tutti i significati figurati che ho trovato nei dizionari fanno riferimento a parole. Vuol dire "messo in evidenza"?
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[ { "score": "3", "ownerid": "2080", "text": "Neanch'io sono riuscito a trovare riferimenti al significato esteso, ma in analogia con il contesto discorsivo dovrebbe poter significare \"messo in risalto\", \"messo in evidenza\".\nIn questo caso però è un'immagine puramente visiva, con i ciuffi di ricci che fanno le veci delle virgolette. Grazie a @Benedetta per questa foto che dissipa ogni dubbio: ", "is_selected": true } ]
Sulla pronuncia del nome di Natalia Ginzburg.
Ho sempre avuto il dubbio su come pronunciare il nome dell'autrice del Lessico famigliare: dovrei dire Natalìa oppure Natàlia? Per influenza delle mie lingue, che hanno una pronuncia diversa tra di loro di questo nome, ma coincidono nella posizione dell'accento tonico, anche in italiano avevo sempre messo l'accento sulla seconda "a", pronunciando Natàlia, ma non sono sicura se con o senza dittongo in "ia". Ho chiaramente presente, però, che, in un corso della Scuola ufficiale di lingue di Barcellona, un fiorentino esperto di letteratura ci disse a proposito di Natalia Ginzburg che la pronuncia standard in italiano fosse Natàlia (sulla presenza o no del dittongo non mi ricordo bene). Il problema è che, in una recente discussione sul Lessico famigliare, un'italiana, anche lei esperta di letteratura, ha affermato che gli italiani pronunciano questo nome nella forma Natàlia (mi pare che con dittongo su "ia", ma non ne sono del tutto sicura). Ho cercato il nome "Natalia" sul Dizionario d’ortografia e di pronunzia della RAI, ed ecco quello che sono riuscita a trovare: A dire il vero, la spiegazione del DOP non è del tutto chiara: per qualche ragione a volte si preferisce la pronuncia "alla russa"? E poi la voce "Natalio" con cui si dovrebbe confrontare non si trova. Come pronunciate o avete sentito pronunciare voi questo nome? Potreste aiutarmi a risolvere il mio dubbio?
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[ { "score": "7", "ownerid": "37", "text": "Io ho sempre sentito e detto “Natalìa Ginzburg”, ma questo non vorrebbe dire molto.\nQuello che direi faccia testo è che lo pronunciano con l'accento sulla “i”:\n\nil critico letterario Giulio Ferroni;\nil regista Luciano Salce in presenza della Ginzburg stessa;\nla scrittrice Sandra Petrignani, autrice di un libro sulla Ginzburg;\nil conduttore Luigi Silori, ancora una volta alla presenza della scrittrice;\nma soprattutto Carlo Ginzburg, grande storico e figlio di Natalia Ginzburg.\n", "is_selected": true }, { "score": "1", "ownerid": "6246", "text": "Ciao Charo,\nTi rispondo perché purtroppo non ho i 50 punti necessari per aggiungere il commento.\nTi lascio un link inerente ai nomi, in cui oltre alla pronuncia puoi trovare moltissime informazioni.\nhttps://www.behindthename.com/name/natalia\nAd ogni modo, il nome Natalìa è il femminile Natàle. La definizione del dizionario Zingarelli di Natàle è la seguente:\n\n```\nNatàle\n```\n, 25 dicembre, \n```\nNatalìa\n```\n, 25 dicembre\n● Originariamente nome attribuito a persona, maschio (Natale) o femmina (Natalìa, al diminutivo Natalina), nata il giorno di Natale, cioè espressamente nel dīe(m) natāle(m) di Gesù.\nIn Italia si tende a mettere l'accento sulla \n```\nè\n```\n. Il nome è molto più diffuso in Spagna ed abbiamo avuto una presentatrice famosa di origini spagnole che tutti conoscono, che ho sempre sentito pronunciare Natàlia Estrada.\n", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "6995", "text": "Ciao! Io sono italiana e mi chiamo Natàlia. In Italia entrambe le pronunce (Natàlia e Natalìa) sono possibili. Nei paesi dell'est e in quelli di lingua spagnola, trovi la pronuncia Natàlia. In ogni caso il nome viene dall'aggettivo latino \"natalis\", che significa \"della nascita/relativo alla nascita\" e fa riferimento alla nascita del Signore (Natale appunto). La versione maschile del nome è \"Natale\" (e non \"Natalio\").", "is_selected": false } ]
Uso e significato della costruzione "salvo" + infinito.
Su una guida turistica di Riga ho letto questa frase in riferimento alla cattedrale ortodossa: """ Costruita alla fine del XIX secolo, questa chiesa in mattoni gialli venne convertita in planetario durante l'occupazione, salvo tornare alla sua funzione originaria nel 1990, seppur con gran parte dei suoi ornamenti andati distrutti. """ Non riesco a capire qual è il ruolo di "salvo" in un costrutto del tipo "salvo" + infinito come quello che appare nel brano sopra citato. Ne ho trovato un altro esempio sul Grande dizionario della lingua italiana: """ Cara Tina, gra­zie di tutto, anche da parte di Anselm, che in questo momento sog­giorna al Kaiserin Hotel di Feldafing, in Baviera, presso il Lago di Stamberg, dove riposa, fa lunghe passeggiate nei boschi e di tanto in tanto gioca a golf, salvo poi recuperare i grammi persi nel ristorante dell’hotel stesso, gestito dal bravo e gentile Herr Tino (lo giuro, Tina, Herr Tino a Feldafing esiste davvero, e da lui si mangia la Wiener Schnitzel migliore del mondo). """ Ho cercato alla voce "salvo" sul vocabolario Treccani (l'entrata "salvo" sul Grande dizionario della lingua italiana non si legge bene), ma non ho trovato nessuna spiegazione su questa struttura. Potreste spiegarmi qual è il senso e come si usa "salvo" in construzioni del tipo "salvo" + infinito?
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[ { "score": "2", "ownerid": "5487", "text": "Nel caso del periodo costruito sopra, l'accezione del termine \"salvo\" implica una restrizione, o la fine di una condizione reggente o principale.\n\"Salvo tornare...\" nel periodo implica che fino al verificarsi dell'evento \"raggiungere l'anno 1990\" la funzione era la precedente. \nLa chiesa era stata trasformata in planetario fino a che, nel 1990, è stata riportata alla precedente funzione di chiesa. ", "is_selected": false } ]
Movies to help to brush up on conversational Italian skills?
What are some good Italian language movies I could watch to help me brush up on my conversational Italian language skills? For example, ones that have scenes of checking in at a hotel, ordering food at restaurants, navigating the railway system and airports, making bank transactions, etc.? Like an Italian version of Planes, Trains, & Automobiles? There's got to be some Italian films about tourists in Italy.
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[ { "score": "1", "ownerid": "8736", "text": "Se vuoi qualche film di viaggio italiano puoi vedere:\nQuo vado (2013) Checco Zalone\nRiusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968) Ettore Scola\nPuerto Escondido (1992) Gabriele Salvatores\nBasilicata coast to coast (2010) Rocco Papaleo\nNon si tratta di turisti, ma di italiani che viaggiano, i primi tre all'estero.\nI primi due in particolare vale la pena vederli, come film in sé.\nSono tutti del genere commedia.", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "1818", "text": "This might be a silly idea, but if you want to watch a movie in Italian similar to Planes, Trains and Automobiles, why don't you watch the Italian dubbed version?\nMost movies have an Italian dub, because in Italy it is very uncommon to watch subtitled movies.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "4615", "text": "There are so many films to see my friend in order to brush up your conversational skills. Here are some films I recommend:\n\nSenza nessuna pietà (2014)\nL'uomo che ama (2016)\nMine Vaganti (bello)\nTerra Ferma\nIo sono l'amore (elegante)\nFuocoammare\nL'estate addosso\nBenvenuti al Sud (commedia)\nBenvenuti al Nord (commedia)\nL'industriale (mi piace molto)\nLa tenerezza\nGianni e le donne\nBenvenuto Presidente!\nIl comformista\nPalio\n", "is_selected": true } ]
'Sia ... sia' e 'sia ... che'.
Qual è la struttura sintattica più propria, 'sia ... sia' o 'sia ... che'? Se sono entrambe appropriate, ci sono ragioni per scegliere l'una piuttosto che l'altra? C'è un'infinità di casi possibili, ma al fine di esemplificare, considerate questo dialogo: """ Giulietta: 'A me piacciono le pere, ma non le mele.' Rosalinda: 'A me, invece, piacciono sia le pere [sia]/[che] le mele.' """ Anche se non saprei spiegare il perché, ho l'impressione che Rosalinda dovrebbe usare 'che', quantomeno per contrastare meglio i suoi diversi gusti — le piacciono le pere che a Giulietta, al contrario, non piacciono — circa le pere.
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[ { "score": "12", "ownerid": "223", "text": "Sono corrette entrambe; diciamo che l'utilizzo del \"sia...sia\" è tradizionalmente più corretto in quanto l'uso del \"sia...che\" è entrato in auge dalla metà dell'Ottocento; prima, addirittura, il \"sia\" veniva coniugato (\"siano...siano\", \"fosse...fosse\") (Della Valle, Valeria, and Giuseppe Patota. Il salvaitaliano. Vol. 20. Sperling & Kupfer, 2000. pp.172-172). Alcuni sostengono che in particolari casi sia anche più univoca in quanto il \"sia\" ha molto spesso un valore coordinativo-aggiuntivo mentre il \"che\" può essere utilizzato come pronome oltre che come congiunzione. Per esempio:\n\n> I forum vengono utilizzati sia dagli italiani che hanno una lingua complicata e che non hanno una buona istruzione che dai giapponesi che hanno una scrittura molto difficile.\n\nL'uso del \"sia\" potrebbe chiarire maggiormente il costrutto.\n\n> I forum vengono utilizzati sia dagli italiani che hanno una lingua complicata e che non hanno una buona istruzione sia dai giapponesi che hanno una scrittura molto difficile.\n\nIn realtà anche in questi casi mi sembra che il senso si riesca a carpire in entrambe le versioni, soprattutto se ci aiutiamo con le virgole! ", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "341", "text": "Sono entrambi corretti, come dice G M.\nIo personalmente preferisco il \"sia.. sia\" perché lascia spazio ad aggiunte, mentre se uso il \"sia... che\" tipicamente dovrei terminare l'elenco ed ulteriori aggiunte stonerebbero. ", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "6019", "text": "Non vedo differenze a parte la solita vecchia battaglia \"prescrittivo\" vs. \"descrittivo\". Oserei addirittura ipotizzare che con una ricerca mirata su Google si otterrebbero più \"hits\" di \"sia ... che\" rispetto all'altra forma.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "6017", "text": "Si pensi alla frase \"mangerei una mela: sia essa matura, sia essa acerba.\". Dato che si esprimono due ipotesi, non possono essere entrambe vere, e il congiuntivo aiuta a indicarlo.\nContraendo la frase, salta fuori \"mangerei una mela: sia matura, sia acerba.\". Oppure \"amo le mele, siano esse rosse o siano verdi\": se contratta ancor più, perdendo il plurale, diventa \"amo le mele, sia rosse sia verdi\".\nSe però, invece di una più o meno legittima abbreviazione, si usa un meccanismo diverso (che non so definire) e si dice \"amo le mele, sia rosse che verdi\", si genera un anacoluto. Per me quella particella \"che\" è inspiegabile, o spiegabile forse dicendo che è una congiunzione buona per tutte le stagioni.\nCredo che il ragionamento sopra possa essere una spiegazione del fatto che la locuzione \"sia... sia...\" è ritenuta più corretta, o per lo meno più tradizionale, rispetto a \"sia... che...\".", "is_selected": false } ]
Quotation of Vincenzo Galilei.
I have a question on Italian language, how it has been used some 400 years ago and how it is translated today. There is a quote, frequently attributed to Vincenzo Galilei, that says in English something close to """ It appears to me that those who rely simply on the weight of authority to prove any assertion, without searching out the arguments to support it, act absurdly. I wish to question freely and to answer freely without any sort of adulation. That well becomes any who are sincere in the search for truth. """ Beside looking extensively, I have never been able to locate the place where Vincenzo Galilei really said that. It seems that most quotations that present a source point to page 3 of Galileo, by John Joseph Fahie. Which in turn point (up the page a bit) to two publications by Vincenzo: Dialogo della Musica Antica et della Moderna Discorso intorno alle opere di Gioseffo Zarlino Most people that quote it nowadays, have not idea where it comes from, and there is even some people, maybe young or naïve, that wrongly attribute it to Galileo himself, as on can see here. The question is: Did Vincenzo Galilei really said that and where? Added on Sep 10, 2020: Dava Sobel, the author of Galileo's daugther, that got translated into Italian as La figlia di Galileo told me today that the issue showed up during the translation of her book to Italian by Roberta Zuppet, and she passed me the text that was used by Zuppet: """ "Mi pare che faccino cosa ridicola…quelli che per prova di qual si sia conclusione loro, vogliono, che si creda senz’altro, alla semplice autorità; senza addurre di esse ragioni che valide siano….Voglio in oltre, che mi concediate, essermi lecito alla libera interrogarvi, e rispondervi senz’alcuna sorta d'adulatione, come veramente conviene tra quelli che cercano la verità delle cose." """ I would expect that anyone translating such text would look for the original text, instead of translating it twice.
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[ { "score": "1", "ownerid": "6606", "text": "The answer has been found by @DaG after some chasing, and it is located on the last six lines of page 2 of Vincenzo Galilei, Dialogo della Musica Antica et della Moderna, reproduced here:\n\nThanks also goes do Dava Sobel that included the quotation on her book (Galileo's Daughter) and then the text was picked up by her translator (Roberta Zuppet) who then produced the original Italian text for the citation changed a bit to modern Italian, which in turn -- I conjecture -- made the search easier.\nThe attribution by Stankova and Rikes here is incorrect.", "is_selected": false } ]
Come posso tradurre questo uso figurato dello spagnolo "farsa" ("sham" in inglese)?
Sul vocabolario Treccani ho trovato che "farsa" si usa oggi per indicare in modo spregiativo """ qualunque commedia, teatrale o cinematografica che, priva di valore artistico, si proponga il solo scopo di eccitare il facile riso di spettatori non raffinati """ e anche in senso figurato per """ Cosa non seria, buffonata """ La parola "farsa" esiste anche in castigliano e in catalano e si può usare per riferirsi a un certo tipo di spettacolo teatrale satirico (senza intenzionalità spregiativa), ma è vero che nell'attualità si usa di più in modo spregiativo con un senso simile alla prima definizione del Treccani qui riportata. Tuttavia, come si può vedere nell'accezione numero 2 del Diccionario de la lengua española della Real Academia Española, in spagnolo e anche in catalano si usa molto questo vocabolo in senso figurato per definire un'azione fatta per fingere o apparire, cioè, con una finalità ingannevole, anche qui con una forte connotazione spregiativa e spesso di giudizio di ipocresia. Per esempio, qualcuno fa di nascosto una determinata azione. Altre persone se n'accorgono, ma non hanno idea su chi sia l'autore o l'autrice di questi fatti. Allora (o persino prima che se ne renda conto nessuno) il vero autore scrive qualcosa giudicando come assolutamente riprovevoli questi fatti, mostrando una grande indignazione per quello accaduto e augurandosi che l'autore si faccia manifesto ben presto e lo fa semplicemente per apparire di avere delle convinzioni completamente diverse da quelle che ha veramente (non per paura di essere punito per l'azione fatta perché non si tratta di un'azione che vada punita) e così guadagnarsi la simpatia di altre persone. In catalano o in castigliano questo atteggiamento verrebbe qualificato come una "farsa". Altri esempi potrebbero essere quando una persona finge di essere gravemente malata per non andare al lavoro o quando si fanno delle elezioni per simulare l'essere democratici, ma in realtà quelli che saranno i vincitori di queste elezioni sono stati decisi precedentemente. La mia domanda è: posso usare "farsa" in italiano con questo significato? Il fatto che questa accezione non appaia esplicitamente sul Treccani mi fa sospettare che forse ci sia un termine o espressione migliore per riferisi a questo concetto. Se è così, me lo potreste indicare? Per fare la domanda più concreta, in riferimento agli esempi precedenti, in spagnolo si potrebbe formulare una frase come """ Todo ha sido una farsa """ che, tradotta in italiano, magari sarebbe """ Tutto è stato ________? _______. """ Quale parola o espressione potrei usare in questa frase come traduzione? E, se non si trattasse di una buona scelta per fare la traduzione, come potrei tradurre in italiano la frase che ho scritto in castigliano? (magari perdendo qualche sfumatura: so che le traduzioni "perfette" spesso non esistono). #Aggiornamento: Ecco un esempio tratto dal romanzo Conversación en La Catedral di Mario Vargas Llosa (grassetto mio): """ Los enemigos del régimen se estaban aprovechando de este pretexto para decir que las elecciones fueron una farsa. """ Questo libro è stato tradotto in italiano col titolo Conversazione nella cattedrale da Enrico Cicogna (magari qualcuno riesce a trovare questa traduzione). Inoltre, si è fatto la proposta di cercare di spiegare il significato in inglese in modo che si possa capire meglio. Credo che una buona traduzione di questo uso figurato di "farsa" sia l'inglese "sham", che, per esempio, sul Collins Dictionary viene definito così: """ COUNTABLE NOUN [usually singular] Something that is a sham is not real or is not really what it seems to be. [disapproval] The government's promises were exposed as a hollow sham. Many of the world's leaders have already denounced this election as a sham. ...sham marriages. """ Anche il dizionario Merriam-Webster riporta """ sham applies to fraudulent imitation of a real thing or action """ e dà questo esempio """ condemned the election as a sham """ In questo modo, io tradurrei la frase di Vargas Llosa così: """ The enemies of the government were taking advantage of that pretext to say that the elections were a sham. """ Come esprimireste "the elections were a sham" in italiano?
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[ { "score": "2", "ownerid": "6017", "text": "\n> La mia domanda è: posso usare \"farsa\" in italiano con questo significato?\n\nSì: usando \"farsa\" si aggiunge un giudizio negativo, simile per esempio a \"buffonata\".\nUn termine più neutro è \"messinscena\", che indica appunto una scena, montata ad arte per mostrare qualcosa che, probabilmente, non è reale.\nAllargando un poco il discorso, è possibile usare altre parole o perifrasi, come a esempio \"fare un teatrino\", \"inscenare\", \"simulare\"; per descrivere le elezioni fittizie riportate nella domanda, si potrebbe anche dire \"elezioni finte\" o \"false elezioni\".", "is_selected": false }, { "score": "2", "ownerid": "6813", "text": "Aggiungo una proposta di traduzione per\n\n> Los enemigos del régimen se estaban aprovechando de este pretexto para decir que las elecciones fueron una farsa.\n\nCon questa versione in italiano\n\n> I nemici del regime si stavano avvantaggiando di questo pretesto per dire che si trattava di elezioni farsa.\n\n'Elezioni farsa' è una traduzione sulla falsariga di espressioni che sono assolutamente comuni in italiano e nel linguaggio giornalistico in particolare, come \"processo farsa\" (https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_farsa), ed esattamente con la stessa accezione riportata dalla RAE per lo spagnolo.\nQui alcuni esempi presi dai quotidiani:\n\n> Maduro: se perdo, lascio. L'opposizione: elezioni farsa, non votate\n\nhttps://www.avvenire.it/mondo/pagine/maduro-se-perdo-stavolta-me-ne-vado-guaid-boicotta-gi-deciso-il-risultato\n\n> Lo votano due venezuelani su 10. Maduro festeggia le elezioni farsa\n\nhttps://www.ilgiornale.it/news/politica/votano-due-venezuelani-su-10-maduro-festeggia-elezioni-farsa-1908257.html\n\n> Algeria al voto tra proteste e boicottaggi: \"Elezioni farsa\"\n\nhttps://www.repubblica.it/esteri/2019/12/12/news/algeria_al_voto_tra_proteste_e_boicottagi_elezioni_farsa_-243245452/", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "1243", "text": "Il termine farsa, come hai potuto leggere su Treccani, non ha connotazione tale da sottintendere una finalità ingannevole in senso spregiativo e sicuramente non si adatta alla situazione descritta nel tuo esempio.\nSicuramente è valido il suggerimento di @DaG per quanto riguarda il termine messinscena, ma io ritengo più appropriato il termine dissimulazione, derivato da dissimulare:\n\n> dissimulare v. tr. [dal lat. dissimulare, propr. «render dissimile», comp. di dis- e simulare: v. simulare] (io dissìmulo, ecc.). – Nascondere il proprio pensiero, o i sentimenti, i propositi, ecc., in modo che altri non se ne accorga, spesso anzi fingendo il contrario: d. l’odio, il sospetto, la propria ansia; non riuscii a d. la sorpresa, il disappunto; è molto abile nel d. le proprie intenzioni; anche assol.: sa d. con molta arte. Più genericam. (ma solo in frasi di tono ricercato), nascondere, celare: non ti dissimulo che ho forti timori; cercai di dissimulargli la verità; non mi dissimulo le difficoltà dell’impresa.\n\nAncora da Google:\n\n> dissimulazione /dis·si·mu·la·zió·ne/ sostantivo femminile Comportamento, abituale o occasionale, diretto a celare il proprio pensiero o le proprie intenzioni o anche ad allontanare da sé ogni sospetto.\n\nC'è poi disponibile anche un'opera di Torquato Accetto intitolata Della dissimulazione onesta (1641) in cui viene descritto cos'è la dissimulazione:\n\n> Da poi che ho conchiuso quanto conviene il dissimulare, dirò piú distinto il suo significato. La dissimulazione è una industria di non far veder le cose come sono. Si simula quello che non è, si dissimula quello ch’è.\n\nAnche Francesco di Bartolo da Buti, commentando l'Inferno di Dante afferma:\n\n> Simulazione è fingere vero quello che non è vero; dissimulazione è negare quello che è vero; e quando la falsità si commette in fatti, sempre queste due compagne sono con essa, et ancora à alcuna volta la bugia per sua compagnia per lo spergiuro; ma quando si commette in detti, che è bugia, possono essere insieme, et ancora può essere pur l’una.\n", "is_selected": false } ]
Is this translation accurate?
I just received a message from the Italian embassy (i am Italian but was born and live in Greece, and do not speak Italian), which i was expecting, to go pick my new passport, for which i had applied a week ago. but the translation of the message seems to talk about my daughter (no passport application for her) """ il passaporto di sua figlia e’ pronto """ translation """ your daughter's passport is ready """ Is the translation accurate, or does it translate some other way as well ? If the translation is accurate, how would i reply with """ Hopefully, the passport is for me and not my daughter. """
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[ { "score": "1", "ownerid": "6118", "text": "According to the comments: the translation of the Italian message is correct and there was an evident misunderstanding between you and the Italian embassy...\nYou can kindly reply something like:\n\n> Mi scusi, ci dev'essere stato un malinteso... il passaporto sarebbe dovuto spettare a me, il motivo è dovuto al cambio del mio stato civile. Ci sarebbe modo di porvi rimedio?\n\nThat in English means:\n\n> Excuse me, there must have been a misunderstanding... the passport should have belonged to me, the reason is due to the update of my marital status. Would there be any way to solve this issue?\n", "is_selected": true } ]
Come si dice "I was wrong about him" in italiano?
Questa è una frase che non ho sentito spesso in italiano, e non riesco a tradurla bene. Oppure quando si dice: "there is misunderstanding": esiste una frase tradotta direttamente? So che c'è "non ci siamo capiti", ma questo è leggermente diverso.
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[ { "score": "4", "ownerid": "1644", "text": "Gio's comment, \"Mi sono sbagliato su di lui\", is correct.\nOther possible forms are\n\n\"Mi ero fatto un'idea sbagliata su di lui\"\n\"Avevo (avuto) l'impressione sbagliata su di lui\"\n", "is_selected": false }, { "score": "2", "ownerid": "2926", "text": "Esiste anche una variante \"mi sbagliavo su di lui\". La scelta di questa o quella frase credo sia per lo più regionale.\nRiguardo alla tua seconda richiesta, ovvero \"there is misunderstanding\", in italiano c'è il corrispettivo (letterale) \"c'è stato un malinteso\".\nIn teoria la traduzione alla lettera dovrebbe essere \"c'è un malinteso\", ma sinceramente non credo di aver mai sentito la forma al presente.", "is_selected": false } ]
Come si dice speech delay.
Come si dice "speech delay" in italiano (che penso sia quando uno fa delle pause involontarie mentre parla)?
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[ { "score": "2", "ownerid": "1243", "text": "L'espressione speech delay viene tradotta in italiano con ritardo (o disturbo) del linguaggio quando le cause sono neurolopsichiche, cioè \n\n> Il ritardo semplice di linguaggio è l'assenza o il ritardo di acquisizione della verbalità espressiva in termini globali o in uno degli aspetti parziali fonematici, lessicali e/o morfosintattici\n\nQuindi si riferisce ad una patologia per cui la persona (o di solito un bambino) comincia a parlare tardi rispetto alla media. L'evoluzione è solitamente positiva ma i soggetti che ne hanno sofferto possono talvolta fare pause involontarie specie quando intrattengono un discorso.\nCome fatto correttamente notare da @DaG, quando le cause sono meccaniche si potrebbe tradurre con alalia oppure afemia, quando c'è un ritardo nello sviluppo o nell'uso dei meccanismi per la produzione orale.\nPer contro ci sono invece le pause volontarie, dette pause ad effetto, che fanno parte dell'arte oratoria e delle tecniche a supporto della recitazione.", "is_selected": false }, { "score": "2", "ownerid": "1644", "text": "Abarisone's answer is fully correct when referring to an individual's difficulties when speaking. \nFrom your question, you seem to be unsure of the context: if you are referring to a technical delay in telecommunications (such as the time that passes between when a word is uttered in a phone receiver and when it's heard on the phone at the other hand), then the correct term is \"Latenza\" (\"Latency\" in English).", "is_selected": false } ]
Esempio di subordinata causale attraverso la semplice giustapposizione.
Leggo sul mio libro di grammatica che nell'analisi del periodo, la subordinata causale può anche risultare dalla semplice giustapposizione tra frasi, senza un perchè che la introduce. Secondo voi questo potrebbe essere un esempio corretto? Il perchè non è esplicito, però se lo metto la frase ha perfettamente senso. Si tratta quindi di una subordinata causale? O sbaglio? Avete altri esempi che chiarificano questa cosa? "Oggi io e mio papà abbiamo fatto i mestieri. Non avevamo scelta, DOMANI VIENE LA NONNA A PRENDERE IL TÈ DA NOI." Oggi io e mio papà abbiamo fatto i mestieri. Non avevamo scelta, perchè DOMANI VIENE LA NONNA A PRENDERE IL TÈ DA NOI.
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[ { "score": "1", "ownerid": "707", "text": "Questo articolo dell'Enciclopedia dell'Italiano Treccani\ncontiene alcuni esempi di subordinate causali attraverso la giustapposizione di frasi:\n\n> Le relazioni tra frasi sono relazioni concettuali che collegano processi completi. Un esempio è la causa (➔ causalità, espressione della). Quando diciamo: (22) il fiume è straripato perché è piovuto a lungo consideriamo due processi entrambi saturi, completi (è piovuto a lungo; il fiume è straripato) e li colleghiamo con una relazione che ha un contenuto concettuale: la causa. [...] La seguente lista di forme esemplifica diverse strategie di espressione della causa, alcune grammaticali, altre testuali, caratterizzate da gradi diversi di codifica: (25) la neve si è sciolta perché il föhn ha soffiato tutta la notte (26) dopo che ha soffiato il föhn, la neve si è sciolta (27) il föhn ha soffiato tutta la notte e la neve si è sciolta (28) il föhn ha soffiato tutta la notte: la neve si è sciolta (29) il föhn ha soffiato tutta la notte; per questo la neve si è sciolta (30) il föhn ha soffiato tutta la notte: a causa di ciò, la neve si è sciolta Le frasi complesse (25) e (26) e la coordinazione (27) impongono ai processi atomici una struttura grammaticale unitaria. Gli esempi (28-30) sono giustapposizioni di frasi autonome: la relazione si instaura in regime di coerenza testuale. Solo (30) codifica in modo totale e univoco una relazione di causa, grazie alla presenza del nome causa. In (25), la congiunzione perché è compatibile anche con i motivi, e la causa è inferita. Lo stesso si può dire della locuzione anaforica per questo presente in (29). In (26) è codificata una relazione di successione temporale, e la causa è inferita. In (27) e (28) la causa è completamente inferita. È sullo sfondo di questo ventaglio di opzioni diverse che il periodo contenente una subordinata causale trova il suo posto.\n\nQuindi, nelle frasi (28), (29) e (30), la proposizione \"il föhn ha soffiato tutta la notte\" diventa una subordinata causale attraverso la giustapposizione.\nPrendendo il tuo esempio, possiamo costruire alcune frasi simili agli esempi precedenti per esprimere la causa:\n\nNon avevamo scelta perché domani viene la nonna a prendere il tè da noi.\nDomani viene la nonna a prendere il tè da noi; per questo non avevamo scelta.\nDomani viene la nonna a prendere il tè da noi: a causa di ciò, non avevamo scelta.\n\nSecondo me, la tua frase messa nel suo contesto è un esempio di quello che spiega l'Enciclopedia Treccani nel brano sopra citato: la relazione di causa \"si instaura in regime di coerenza testuale\".", "is_selected": false } ]
"figlie di" vs. "figli di".
Ciao, sono qui a chiedere spiegazioni circa un problema cui pensai mentre scrivevo questo: """ Sì, esiste un legame preciso fra "a" e "b", sono costruzioni culturali figlie della medesima propaganda. """ In realtà, per rendere l'idea che "a" e "b" fossero costruzioni culturali surrettizie, avrei voluto usare artefatti al posto costruzioni, poi ho notato che operando la sostituzione avrei dovuto usare 'figli' dopo - perché artefatti è maschile - e non 'figlie', ma desistetti perché 'figli della medesima propaganda' sembrava strano. È una mia impressione? o c'è una ragione per cui dovremmo preferire 'figlie di' lì, piuttosto che 'figli di'?
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[ { "score": "2", "ownerid": "227", "text": "É corretto che il genere cambi, la parola è il soggetto della frase subordinata.\n\n```\nArtefatto\n```\n è di genere maschile, quindi è corretto \n```\nfiglio/figli\n```\n.\n\n```\nCostruzione\n```\n è di genere femminile, quindi è corretto \n```\nfiglia/figlie\n```\n.\nForse un diverso uso della punteggiatura renderebbe la frase più chiara (riporto entrambe):\n\n> Sì, esiste un legame preciso fra \"a\" e \"b\": sono costruzioni culturali, [le quali sono] figlie della medesima propaganda. Sì, esiste un legame preciso fra \"a\" e \"b\": sono artefatti culturali, [i quali sono] figli della medesima propaganda.\n\nUn'altra possibilità è mantenere il genere di \"a\" e \"b\" a prescindere (questo potrebbe far suonare \"strana\" la frase in caso di discordanza).", "is_selected": false } ]
"Coda" e "fila" sono due cose diverse?
Vorrei sapere se c'è qualche differenza nell'uso tra "coda" e "fila". Diverse volte ho sentito le due forme. Secondo me, è la stessa cosa, però, quando leggo un testo come """ "La prima è che sei minuti è la durata media oltre la quale le persone cominciano a spazientirsi quando stanno in fila (non quella dopo cui abbandonano la coda)" """ non riesco a capire se "coda" è una cosa specifica o "coda" è usata, in questo caso, per evitare la ripetizione della parola "fila".
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[ { "score": "6", "ownerid": "1243", "text": "Nel contesto da te citato coda e fila possono essere considerati sinonimi.\nDalla definizione di fila per Treccani:\n\n> Disposizione di persone o cose poste una di seguito all'altra su una medesima linea; e le persone o le cose stesse così disposte\n\ndalla definizione di coda per Treccani:\n\n> c. Parte finale di una fila: la c. del treno; il vagone di c., l’ultimo; fanalino di c., che mostra, nel buio, dove finisce il treno (e per traslato scherz., l’ultimo in una graduatoria); la c. d’una colonna in marcia; gli uomini di c. (ma detto in contrapp. a capo, indica gli ultimi d’una gerarchia: i capi e le c.; non sono capo ma neanche c.); mettersi in c., fare la c., far la fila, mettersi in fila davanti a uno sportello, a un banco e sim., aspettando il proprio turno: fare la c. alla biglietteria della stazione.\n\nCome puoi vedere la coda sarebbe la parte finale della fila, anche se devo dire nuovamente che in questo contesto vengono usate nella maggior parte dei casi come sinonimi.", "is_selected": true } ]
A word whose meaning is "one whose diet includes fish but no other meat".
According to Merriam–Webster 'pescatarian' is a noun which means 'one whose diet includes fish but no other meat' and its derivation is 'probably from Italian pesce fish (from Latin piscis) + English vegetarian'. Question: Is there an Italian word which have the same meaning?
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[ { "score": "4", "ownerid": "1374", "text": "Pescatarian -> Pescetariano\nPescetarianism -> Pescetarianismo", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "1390", "text": "In italiano non esiste una parola che indica il solo consumo di pesce in una dieta; il termine \"pescetariano\" è arcaico e non comprensibile attualmente da nessuno. ", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "gli s'era fatto grazia del passato"?
Nel romanzo La ragazza di Bube di Carlo Cassola ho letto: """ Ah, e sai chi è un altro? Carlino. Anche lui, sempre con l'“Uomo Qualunque” in tasca... Ricordatene, Mara: se si azzarda a venir qui, sbattigli la porta in faccia. Io tipi come lui non ce li voglio per casa. Razza di mascalzone! Dopo che gli s'era fatto grazia del passato... """ Non capisco il senso dell'espressione "gli s'era fatto grazia del passato" in questo brano. Alla voce "grazia" nel vocabolario Treccani ho trovato """ fare grazia di una cosa, dispensare da un obbligo, da una seccatura o sim. """ Tuttavia, continuo a non capire la frase del brano sopra citato. Significa che gli si era perdonato il passato? Dovete sapere che la vicenda narrata nel libro accade giusto dopo la liberazione d'Italia in seguito alla Seconda guerra mondiale.
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[ { "score": "5", "ownerid": "", "text": "Fare o concedere la grazia è un'espressione che originariamente si usava in riferimento al potere assoluto dei Re o dei Papi, nel perdonare e quindi risparmiare la vita dei condannati a morte. Attualmente si usa in riferimento ai Capi di Stato o agli alti prelati più col significato di perdonare delle colpe gravi.\n\n> Atto di generosità, di pietà, di condiscendenza: concedere la grazia. Fare grazia, risparmiare la vita a un vinto Fare grazia a qualcuno di qualcosa, sollevarlo da un incarico gravoso, esonararlo.\n\n\nFare grazia del passato significa perdonare le colpe commesse in passato (non conosco il contesto, ma potrebbe essere usato anche in senso figurato).\n", "is_selected": true } ]
What does "idroscalo" mean?
A friend posted a picture of an "idroscalo" in Milan. The dictionary tells me that it means "seaplane base", which I understand is similar to a seaport. However, the photo was of a sculpture by a small lake. Are there other meanings of this word in common usage?
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[ { "score": "6", "ownerid": "132", "text": "The confusion is justified, Idroscalo actually means \"seaplanes base\"; and behind Milan's Idroscalo there's a somewhat interesting story.\nIn the late twenties seaplanes were quite important in civilian airlines, and were thought by many as the future of aviation for Italy, also due to its strategic position on the Mediterranean sea; thus, a seaplane base was deemed important for Milan, which already was one of the most important cities in the North of Italy.\nWorks for the Idroscalo started in 1928, and it's still quite clear from the elongated shape of the lake that it was originally intended as a landing strip for seaplanes (although the usage for sea sports was planned from the beginning).\n\nEven though (for once) the works for the actual digging finished quickly, the second part of the works (administrative buildings, hangars, ...) took much longer than expected (as always in Italy), and at the same time the lake started being used for sport events (rowing, swimming, ...).\nSo, while seaplanes usage started declining, the sport usage of the lake consolidated, especially after it hosted several important international rowing competitions. At the end, they finally gave up with the idea of an important seaport, and the Idroscalo was left for leisure and sports, as still is today.\nIncidentally, in the photo above you can also see that, below the Idroscalo, there's an actual airport (Milano Linate AKA Aeoroporto Forlanini, IATA code MIL), built to replace the older Taliedo aviation camp. They decided to place it here when the Idroscalo was still considered a future sailplane base (1934), to build an integrated planes and seaplanes hub. Fortunately, unlike the Idroscalo, the Forlanini Airport was actually completed, and is still in use today.\n\nSources:\n\nhttp://www.storiadimilano.it/citta/milanotecnica/volo/idroscalo.htm\nhttp://it.wikipedia.org/wiki/Idroscalo_di_Milano\nhttp://it.wikipedia.org/wiki/Aeroporto_di_Milano-Linate\nhttps://www.google.it/maps/place/Idroscalo/@45.4656801,9.2871047,14z/data=!4m2!3m1!1s0x4786c8a4a02b7faf:0x6ec0485fe79df6bc\n", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "703", "text": "Idroscalo is the name of an artificial lake outside Milan. You can find info about it here: Idroscalo site\nIt's located here: Link", "is_selected": true } ]
Is the expression "arco di Noè" (used in Sicily for "rainbow") related to "L'arca di Noè"?
Some Sicilian authors have used the expression "arco di Noè" to refer to rainbows. See, for instance, this tale by Giovanni Emanuele Bidera. In Sicilian, a rainbow is called archinuè / arch'i Nuè / arcu di Nuè, following the trend of many Romance languages naming it arc de [religious figure]. Is there any connection between this term and Noah's Ark (L'arca di Noè)? Or is the similarity just a coincidence?
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[ { "score": "3", "ownerid": "4183", "text": "Given its superficial similarity and that all examples of its use on Google Books appear to be from Sicilian authors, it seems that Arco di Noè clearly derives from the Sicilian arcu di Nuè.\nResearching a bit further, it seems another Sicilian term for rainbow is arcu di Nuvè.\nContrary to the claimed etymology on wiktionary (\"arcu\" + \"Nuè\"), the following Wikipedia pages claim that archinuè is in fact a contraction of this other term:\n\n> Archinuè (lu nomu veni a diri \"Arch'i Nuè\", cuntrazzioni di \"Arcu di Nuvè\") https://scn.wikipedia.org/wiki/Cantanti_e_gruppi_musicali_siciliani\n\n\n\n> Il nome deriva dalla parola siciliana Arch'i Nuè (forma contratta di Arcu di Nuè) che significa letteralmente \"arco di Noè\" (cioè l'arcobaleno). https://it.wikipedia.org/wiki/Archinuè\n\nSo it seems that the origin of the term may be unrelated, but the modern (contracted) form may have been influenced by either the phrase L'arca di Nuè2 or the rainbow (arco) sent by God as a symbol to Noah in Genesis 9:3\n\nArcu di Nuvè (Arc of Clouds?1)\n\n\narcunè\nArch'i Nuè 2\n\narchinuè\narcu di Nuè 2\n\n\n\n\nNotes:\n1. nuvulusu = cloudy 1 2\n2. Possible backformation by analogy with L'arca di Nuè.\n3. In many European languages, the term for rainbow is \"Arc of [religious figure]\". As per the comments above, the corrupted term name may have been influenced by Genesis 9, in which Noah is explicitly associated with a rainbow:\n\n> .יג אֶת-קַשְׁתִּי, נָתַתִּי בֶּעָנָן; וְהָיְתָה לְאוֹת בְּרִית, בֵּינִי וּבֵין הָאָרֶץ 13 I have set My bow in the cloud, and it shall be for a token of a covenant between Me and the earth. .יד וְהָיָה, בְּעַנְנִי עָנָן עַל-הָאָרֶץ, וְנִרְאֲתָה הַקֶּשֶׁת, בֶּעָנָן 14 And it shall come to pass, when I bring clouds over the earth, and the bow is seen in the cloud,\n\n\n\n> טז וְהָיְתָה הַקֶּשֶׁת, בֶּעָנָן; וּרְאִיתִיהָ, לִזְכֹּר בְּרִית עוֹלָם, בֵּין אֱלֹהִים, וּבֵין .כָּל-נֶפֶשׁ חַיָּה בְּכָל-בָּשָׂר אֲשֶׁר עַל-הָאָרֶץ 16 And the bow shall be in the cloud; and I will look upon it, that I may remember the everlasting covenant between God and every living creature of all flesh that is upon the earth.'\n\n Further, Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, Volume 2, by Giuseppe Pitrè (1889) claims on p55:\n\n> VI. L’ Arcobaleno. Arcu di Nuè; darc d’ Nuè (S. Fratello); arci ’i Diu (Naso). Quando il mondo era per finire, Dio creò l’arcu, e disse: “ Chi si vuol salvare, salisca su quest’ arco „. Coloro che salirono, si salvarono (Montevago). (Evidentemente, qui si confonde l’arcobaleno con l’arca, e si fa salire su quello coloro che salirono sull’area nel diluvio, secondo la Scrittura).\n", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "707", "text": "The book I nomi del mondo: santi, demoni, folletti e le parole perdute by Gian Luigi Beccaria, pointed out by @DaG, seems to suggest (unfortunately I can't read the whole page) that, in some languages, the naming of the word \"rainbow\" has its origin in Genesis 9, 2 and following. In the wording of this page:\n\n> 8 Then God said to Noah and to his sons with him: 9 “I now establish my covenant with you and with your descendants after you 10 and with every living creature that was with you —the birds, the livestock and all the wild animals, all those that came out of the ark with you— every living creature on earth. 11 I establish my covenant with you: Never again will all life be destroyed by the waters of a flood; never again will there be a flood to destroy the earth.” 12 And God said, “This is the sign of the covenant I am making between me and you and every living creature with you, a covenant for all generations to come: 13 I have set my rainbow in the clouds, and it will be the sign of the covenant between me and the earth. 14 Whenever I bring clouds over the earth and the rainbow appears in the clouds, 15 I will remember my covenant between me and you and all living creatures of every kind. Never again will the waters become a flood to destroy all life. 16 Whenever the rainbow appears in the clouds, I will see it and remember the everlasting covenant between God and all living creatures of every kind on the earth.” 17 So God said to Noah, “This is the sign of the covenant I have established between me and all life on the earth.”\n\nAccording to Beccaria's book, the rainbow established by God as a sign of the covenant made with Noah is the origin of the naming of the word \"rainbow\" in some languages: in Welsh, it's called “bwa cyfamod” wich can be literally translated as \"covenant bow\"; in a similar way, in French there exists the naming \"alliance du bon Dieu\". That also seems to be the origin of the expression \"arco di Noè\", used in Sicily, which is also present in Sardinia and in Marche.", "is_selected": false } ]
Why are the definitions of "fottere" so biased towards the man?
I came here to ask this question based on a question in the Spanish language stack based on the origin of the Spanish word joder (somewhat equivalent to fottere, though follar would be closer). In my answer there I learnt the Italian word fottere is quite an old one, but the surprise came when I looked up its meaning. You see, in Spanish the official defintion of joder is as follows: """ Poseer sexualmente a alguien. """ I found the equivalent definition here for fottere in Italian: """ Possedere qlcu. sessualmente. """ But I found that definition only in one dictionary online. In other three dictionaries the definition was: """ Possedere sessualmente una donna. """ So my question is why are the definitions of Italian fottere so biased towards the man possessing a woman? What happens when the woman takes the initiative, or even when two women make the sexual act? Can't a woman fottere a man or another woman? Is the word used in those cases or do you use another one?
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[ { "score": "5", "ownerid": "1243", "text": "The word fottere can be used for a man and also for a woman, grammatically gender doesn't matter.\nObviously the bias you noticed comes from history and tradition, when in the past (and somewhere also now usually) the man is considered stronger and the part that takes the initiative.\nPlease consider that the word fottere has other meanings in Italian:\n\n> fóttere v. tr. [lat. *fŭttĕre, class. fŭtuĕre] (io fótto, ecc.), volg. – Possedere sessualmente; avere rapporti sessuali con qualcuno: Dormirem tutti due senza pensieri; Perché ’l fotter a tutti sempre piace (Berni). Fig., ingannare (to trick), imbrogliare (to cheat) o anche sopraffare (to defeat), ridurre all’impotenza (to reduce to impotence, e sim. (cfr. l’analogo uso di fregare, buggerare e sim.): m’ha fottuto, quel cialtrone!; voleva farmi lo sgambetto, ma io l’ho fottuto (opp.: ma è restato fottuto lui); anche bocciare, vincere: all’esame lo hanno fottuto; il candidato è stato fottuto dai suoi nemici nel partito. Locuzioni: mandare qualcuno a farsi f., andare a farsi f., mandare, andare a quel paese; fottersene di qualcuno, di qualche cosa, infischiarsene, fregarsene. ◆ Part. pass. fottuto, anche come agg., senza un preciso sign. proprio ma usato come epiteto ingiurioso o come espressione di sfogo: sei un porco fottuto; avere una sfortuna fottuta; che caldo fottuto!; quel baron fottuto (v. barone2); non ce l’ho fatta, mondo fottuto!\n", "is_selected": true }, { "score": "5", "ownerid": "1438", "text": "Fottere comes from the Latin futuere, and it means penetrate vaginally.\nSo, originally, this could literally only be done by a man to a woman.\n\n> \"According to the classicist Holt N. Parker (1997), sexual categorization in ancient Rome was based on a fundamental distinction between sexual activity and passivity, with no special attention being paid to the homo/hetero distinction that is fundamental for modern Westerners. 'Active' sexuality in the Roman system meant using the penis to penetrate one of three bodily orifices.\n\n[Cameron, Language and Sexuality]\nNowadays I believe you would use, from less to more crude, fare (al)l'amore con, fare sesso con or scopare (con) - or any of dozens of synonyms - that are more or less gender neutral.\n\n> What happens when the woman takes the initiative\n\nI've heard distinctions made as to the initiating party by using the transitive or intransitive form of scopare, or even farsi scopare.", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "3649", "text": "According to this Online Italian Etymological Dictionary, the proper meaning of the word “fottere” is “to plant” (a seed, etc.); from this, the meaning of “having sexual intercourse” would have developed, but with an easily understandable connection with the idea of penetration. As a matter of fact, “fottere” (qualcuna/o) does not mean “to have sexual intercourse” (with somebody) in its broadest and most general sense, but, more specifically, “to penetrate” (somebody). This explains why, in cultures or in times still dominated by sexual stereotypes, the verb could be defined as “possedere sessualmente una donna”. Of course, it may be the case that “A fotta B” (in the sexual sense, cf. @abarisone’s answer for the meaning of fottere related to cheating) for all the four possible combinations of A’s and B’s genders, although it is likely, in the case of A being a female, that the use of some kind of device is implicitly understood.", "is_selected": false } ]
Cardo e Decumano.
""" In molte città moderne è ancora evidente la struttura a forma di croce, eredità del castrum, l’accampamento romano che si distingueva per la pianta ortogonale e le strade tra di loro perpendicolari chiamate Cardo e Decumano. È proprio a questa struttura che si ispira il disegno del Sito Espositivo di Expo Milano 2015. Semplice e intuitivo, il progetto gestisce in modo inedito la partecipazione dei Paesi e aiuta il visitatore a orientarsi all’interno dell’area tra esperienze, racconti, eventi e mostre da cui partire per assaporare i gusti delle tradizioni enogastronomiche del Pianeta. Un vero e proprio giro del mondo! """ Quali sono i termini contemporanei per riferirsi a queste grandi vie ancora presenti in molte nostre città? I termini romani sono ancora usati in contesti tecnici ad esempio?
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[ { "score": "3", "ownerid": "1395", "text": "I termini romani decumano e cardo (ma sarebbe piú coerente cardine) hanno connotazione tecnico-specialistica:\n\n> decumano TS stor. […] 3. s.m., strada che attraversava da est a ovest l’accampamento o la città romana cardo TS stor. negli accampamenti militari romani, la via principale che andava da nord a sud\n\nSono questi termini a designare le due grandi strade che caratterizzano molte città d’impianto romano. Non ci sono sinonimi; esiste soltanto la variante adattata di cardo, cardine.", "is_selected": true }, { "score": "-2", "ownerid": "1457", "text": "Non posso dire nulla sulla terminologia tecnica, ma non credo ci siano termini di uso comune che si riferiscano nello specifico a quelle vie. \nSono rimasti in italiano il sostantivo \n```\ncardine\n```\n e l'aggettivo \n```\ncardinale\n```\n. Il primo può indicare la base, il fondamento di qualcosa:\n\n> Il punto cardine della teoria\n\nma anche una delle due parti del meccanismo (cerniera) che pemette di aprire e chiudere una porta\n\n> ...portone di legno che si reggeva a malapena sui cardini arrugginiti...\n\nlink\nCardinale, come aggettivo, da non confondere con il sostantivo che indica i prelati della Chiesa, indica ciò che fa da cardine, che è principale:\n\n> i principi cardinali della teoria esposta\n\nNon sono quindi rimasti riferimenti architettonici specifici e non vi è più traccia del termine \n```\ndecumano\n```\n nell'uso comune.", "is_selected": false } ]
Is it correct to attach the superlative suffix to substantives? Like "in gambissima"?
I heard a few times the use of the suffix -issimo/issima with substantives and couldn't find an immediate appropriate translation, so I thought it must be metaphorical way of speaking. I don't remember many examples, but recently I stumbled upon the in gambissima expression. Is it grammatically correct to attach the suffix to substantives in some cases? Are there any other examples of this practice?
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[ { "score": "4", "ownerid": "70", "text": "In the past we had il campionissimo, that is, Fausto Coppi. He was so good in cycling that calling him campione was too reductive. Probably the term was coined under the influence of il generalissimo Franco (taken from Spanish, of course).\nSuch a usage of the superlative with nouns rather than adjectives has its roots in sport journalism, where people is often in search for astonishing words.\nThe phrase in gambissima is a joke for saying that someone is in gamba, that is, in good health (or, by extension, good in something) at a very high grade. So it is the superlative of an an adverb, which is not so uncommon, actually, for instance benissimo and malissimo.\nThus sta benissimo can become è in gambissima.", "is_selected": true } ]
A question about using Ne with passato prossimo.
In the sentence "Quanta cioccolata avete mangiato?" The answer will be "Ne abbiamo mangiate poca" or "Ne abbiamo mangiata poca"? Does mangiare get an E because of Ne or does it get an A because cioccolata is a singular feminine noun? Thanks!
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[ { "score": "2", "ownerid": "707", "text": "According to Treccani Encyclopedia, agreement in gender and number of past participle with direct object is compulsory when the pronominal particle \"ne\" is used as a partitive with the function of direct object\n\n> L’accordo del participio con l’oggetto è invece obbligatorio con ne usato come partitivo in funzione di oggetto\n\nand gives these examples:\n\n> di film, ne ho visti parecchi ho comprato delle mele e ne ho mangiate tre (Cordin 2001: 650).\n\nSo, according to this rule, you should say \n\n> Ne abbiamo mangiata poca\n\nbecause past participle \"mangiata\" must agree in gender and number with the direct object (which has been substituted by \"ne\") \"cioccolata\".", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "5680", "text": "The correct answer is definitely \"ne abbiamo mangiata poca\" as already said in comments. Here \"mangiata\" gets a final A because it refers to \"cioccolata\".", "is_selected": false } ]
Origine del detto "In guerra o in carestia ogni buco è galleria".
Ho sentito più volte colleghi e amici fare riferimento a questo detto in situazioni in cui bisogna fare buon viso a cattivo gioco. Ho anche trovato in rete alcune varianti con trincea al posto di buco (ed altre ancora più colorite) ma non sono riuscito a trovare una fonte che possa chiarire da dove deriva questo modo di dire. Qualcuno di voi sa per caso spiegarmelo?
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[ { "score": "4", "ownerid": "4647", "text": "Da me è molto diffusa la versione \"ogni buco è trincea\", spesso usata per definire situazioni in cui un uomo va a letto con una donna molto più brutta di lui.\nImmagino che la fonte risalga appunto ai tempi della prima Guerra Mondiale, una guerra di trincea, dove bisognava approfittare di ogni riparo per evitare di essere ammazzati dall'artiglieria nemica. La sfumatura \"sessuale\" penso sia nata in tempi più moderni.", "is_selected": false } ]
Uso e significato di "come un turbine".
Nel racconto Nichel dal libro Il sistema periodico, di Primo Levi, ho letto (grassetto mio): """ Sotto lo sguardo divertito e scettico di Alida, che, essendo ormai pomeriggio avanzato, guardava ostentatamente l’orologio da polso, mi misi al lavoro come un turbine. In un attimo, l’apparecchio fu montato, il termostato tarato a 800°C, il riduttore di pressione della bombola regolato, il flussimetro messo a posto. """ Il testo lo posso più o meno capire, ma l'espressione "come un turbine" ha attirato la mia attenzione. Una ricerca su Google di questa locuzione dà parecchie occorrenze. La mia domanda è: si tratta di qualche sorta di paragone usuale per indicare il fare qualcosa a grande velocità?
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[ { "score": "4", "ownerid": "6347", "text": "Turbine significa: vortice impetuoso del vento. Ad esempio piante sradicate dal turbine.\nQuesto termine trova spesso applicazioni in senso figurato, ad esempio:\n\n> (fig., scherz.) Movimento turbinoso: gettarsi nel turbine della danza.\n\n\n> (estens.) Forza tumultuosa, che rapisce, sconvolge, travolge: il turbine della vita, della guerra; essere preso nel turbine degli affari\n\n\n> (fig.) Moltitudine, quantità tumultuosa e travolgente: un turbine di gente affamata; un turbine di zanzare; un turbine di idee, di sentimenti contrastanti, di pensieri.\n\nCome un turbine, significa con forza, con impeto e velocità.\n(Fonte: dizionario Hoepli)\nGoogle Books “come un turbine”", "is_selected": true } ]
Qual è il significato di "momenti di reazione" in questo brano?
Nel libro Cronaca familiare, di Vasco Pratolini, ho letto: """ «In certi momenti di reazione sarei portato ad ammettere che mi sposai per fare dispetto a Enzina. Ma non sarebbe la verità. La verità è che avevo bisogno di un affetto. Lo cercai sposandomi. Piano piano, e con la miseria che avevamo patito insieme, mi ero veramente innamorato di mia moglie. Il nostro non era più soltanto un modo di tenersi per la mano... Non aver mai nessuno con cui espandersi, nessuno che ti sappia capire e che ti aiuti a farti coraggio...». """ Potreste spiegarmi il significato dell'espressione "momenti di reazione" in questo passaggio? Ho cercato il termine "reazione" in parecchi dizionari, ma non sono riuscita a trovare niente che abbia senso in questo contesto.
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[ { "score": "1", "ownerid": "1243", "text": "Il significato di reazione che a mio parere maggiormente si adatta al contesto da te indicato è il seguente:\n\n> 4 d. In psichiatria, sindrome di vario tipo: r. esogena, sindrome psicotica dovuta a un agente che non sia in rapporto né con la costituzione né con la disposizione del soggetto; r. psicogena, sindrome che insorge a seguito di un fatto realmente vissuto ricco di contenuto emotivo, in rapporto diretto, anche di tempo, con il fatto stesso (per es., lo stato depressivo che insorge dopo un grave lutto).\n\nNon sono un esperto in materia, ma direi che la reazione indicata dall'autore potrebbe essere quella psicogena, cioè in particolari momenti in cui ci si ritrova sotto pressione psicologica, ad esempio per contrattempi nella vita, si è portati a comportarsi ed avere atteggiamenti diversi dal normale.\nIn uno di questi momenti particolari l'autore sarebbe portato ad ammettere che \n\n> mi sposai per fare dispetto a Enzina. Ma non sarebbe la verità.\n", "is_selected": false } ]
Non sono sicuro/a + "che" o "se"?
Quando si deve usare "che" e quando "se" dopo la locuzione "non sono sicuro/a"? Per contestualizzare, si discuta quale sia la forma corretta fra le seguenti 1) e 2): """ 1) Non sono sicura che questa parola sia ben scritta. 2) Non sono sicura se questa parola sia ben scritta. """
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[ { "score": "6", "ownerid": "", "text": "In questo specifico caso userei la prima, mi sembra una proposizione subordinata oggettiva. Il secondo caso mi sembra invece un'interrogativa indiretta (qui il messaggio sarebbe «non sono sicura ma mi domando se sia così»).\nEntrambe comunque andrebbero bene, seppur con significati forse non del tutto equivalenti.\nDiverso sarebbe stato il caso in cui avessi usato il verbo sapere: avresti allora dovuto dire\n\n> «non so se questa parola sia ben scritta» (interrogativa indiretta);\n\nmentre invece sarebbe stato un errore dire\n\n> «non so che questa parola sia ben scritta».\n\nAvresti potuto dire però\n\n> «che questa parola sia ben scritta o meno, non lo so» (interrogativa indiretta disgiuntiva).\n\nSignificativamente, al positivo e con l'indicativo andrebbe bene:\n\n> «so che questa parola è ben scritta» (oggettiva).\n\nInvece al negativo e al tempo passato, puoi dire\n\n> «non sapevo che questa parola fosse ben scritta (ma adesso lo so)» (oggettiva).\n\nCome vedi, usando il verbo sapere, diventano più chiare le diverse sfumature.", "is_selected": true } ]
Significato e uso di "dare la larga".
Nel racconto Nichel dal libro Il sistema periodico, di Primo Levi, ho letto (grassetto mio): """ I ladri di tacchini erano loro due, lui e il cane. Alla domenica lui portava il cane in paese, girava per le cascine e gli faceva vedere quali erano i tacchini piú belli e meno custoditi; gli spiegava caso per caso la strategia migliore; poi tornavano alla miniera, e lui di notte gli dava la larga, e il cane arrivava invisibile, strisciando lungo i muri come un vero lupo, saltava il recinto del pollaio oppure scavava un passaggio sotto, accoppava in silenzio il tacchino e lo riportava al suo complice. """ Ho cercato alla voce "largo" di parecchi dizionari, ma non sono riuscita a trovare l'espressione "dare la larga". Cosa significa? Magari lasciare libero qualcuno (il cane in questo caso)? Si tratta di una locuzione poco comune? Se invece non è un'espressione insolita, si può anche usare per riferirsi a persone? Aggiornamento: Ho cercato nei romanzi di Beppe Fenoglio e ho trovato altri esempi di questa espressione nella Malora, in cui ho visto che è utilizzata anche per una persona (anche qui l'uso del grassetto è mio): """ Posammo carro e bestia a uno stallaggio dove Tobia era conosciuto e mangiammo su uno scalino, senza parlare come i frati; io mandavo giú la roba senza sentirci il gusto, forza che volevo correre a vedere Emilio nel suo nuovo stato, Tobia capí e mi diede la larga, a ritrovarci lí per quattr’ore. """ """ La famiglia diede la larga al cane che aveva un’affezione speciale per il padrone vecchio e i figli gli tennero dietro per esserci al caso che trovasse, ma il cane che stava legato tutto l’anno se li portò dietro fin passato Le Grazie solo per trovare una sua cagna. """ Può essere utile sapere che questo Tobia è il padrone di Agostino, l'io narrante, cioè, Agostino lavora per lui come contadino nella cascina del Pavaglione. Anche nel testo di questo spettacolo teatrale di Valerio Elampe e Alberto Canottiere, promotori del Laboratorio universitario teatrale di Alba, si legge (grassetto mio): """ PADRE. Il cane ha bisogno di un padrone. Il padrone lo lega stretto, e gli dà la larga che morda solo chi porta occasione. """ Quindi, si tratta di un'espressione di uso regionale?
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[ { "score": "2", "ownerid": "6017", "text": "Dare la larga (al cane) significa lasciarlo libero, concedergli la libertà. È un modo di dire più che altro da contadini, che tengono i cani legati nell'aia per fare la guardia e tenere \"alla larga\" gli animali selvatici (volpi e cinghiali soprattutto). Vita grama, quella del cane di cascina; ma, per rispetto e amore, ogni tanto il padrone gli concede qualche ora di libertà liberandolo dalla catena. Di solito il cane ritorna e, tanti anni fa, tornava di sicuro (per non morire di fame, oltre che per affetto).\nL'espressione può essere usata in modo figurato, anche se non è esattamente gentile, in ogni caso in cui si abbia il potere di concedere la libertà ad animali o persone.\n--- AGGIUNTA DOPO I COMMENTI ---\nCercando su Google (come ha fatto Charo) escono tre risultati:\n\nun testo sul teatro milanese, un po' fuori contesto, che dice che significa \"lasciare libertà di fare, di spendere\". Piemontese e milanese hanno qualche punto di contatto.\n\nUn Vocabolario Piemontese-Italiano del 1830 che recita \"scarcerare, sprigionare, far uscire di prigione, mettere in libertà\"\n\nUn dizionario multilingue che recita \"scarcerare, sprigionare, far uscire di prigione, mettere in libertà\" (guarda caso le stesse identiche parole, ma questo libro è precedente di 15 anni).\n\n\nPerò, il secondo ha un'altra accezione (più completo?) \"dè la larga, o larghè le bestie\", voce contadina, che significa condurre al pascolo le vacche i buoi eccetera (ma i cani non si fanno pascolare).\nIn entrambi i casi si tratta di pubblicazioni di 200 fa; occorre considerare che il Piemontese ormai è parlato molto più in campagna che in città.\nSi potrebbe dedurre che 1) l'espressione ormai sia specialmente contadina; 2) usarla nel contesto sbagliato risulti facilmente offensivo, o scherzoso se va bene; in ogni caso un po' di cameratismo sarebbe consigliabile per usarla riferita a persone: cioè, andare in Piemonte e chiedere a un ex detenuto se \"gli hanno dato la larga\" è poco prudente.\nUn ultimo pensiero, per inquadrare bene le cose, è che la locuzione \"dare la larga\" è la traduzione letterale di un modo di dire piemontese, analogamente al famoso e dibattuto \"solo più\", ma mentre Ngram viewer per quest'ultima locuzione trova alcuni risultati, per \"dare la larga\" o simili non ne trova.\nPer riassumere e rispondere a tutti i quesiti posti dalla richiedente:\n\n> \"dare la larga\". Cosa significa? Magari lasciare libero qualcuno (il cane in questo caso)?\n\nSì.\n\n> Si tratta di una locuzione poco comune?\n\nA livello di italiano standard è senz'altro poco comune. Restringendo il campo al contesto adatto, cioé la campagna piemontese, è comune per indicare il gesto di liberare un animale o (un po' meno) una persona.\n\n> Se invece non è un'espressione insolita, si può anche usare per riferirsi a persone?\n\nCome detto sopra, il fatto che l'espressione possa essere \"insolita\" dipende dal contesto. Diciamo che assumendo che non sia insolita, sicuramente non è solitamente rivolta alle persone.\n\n> Quindi, si tratta di un'espressione di uso regionale?\n\nSi può dire di sì, o anche dire che è un'espressione di derivazione dialettale.", "is_selected": false } ]
Accento delle parole straniere.
Da chi/come è deciso l'accento delle parole straniere o delle parole nuove? Domanda ispirata da La parola "Ebola" in italiano è sdrucciola o piana?
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[ { "score": "1", "ownerid": "1031", "text": "La massima autorità nel campo dello studio della lingua italiana è l'Accademia della Crusca, che fra i propri propositi ha proprio quello di catalogare i neologismi, fissandone le convenzioni morfografiche e fonetiche. Anche se non è un'istituzione ufficiale dello Stato italiano, la sua autorevolezza è di fatto indiscussa. Qui una breve descrizione su Wikipedia.", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "707", "text": "Secondo l'Enciclopedia Treccani:\n\n> «Oggi sono i mezzi di comunicazione di massa che hanno un ruolo decisivo nella stabilizzazione grafica e fonetica dei forestierismi, per i quali si tende ad approssimarsi il più possibile al modello alloglotto, talora anche nel caso di voci che già avevano assunto una forma adattata.»\n\nDunque, come è stato detto da @egreg, l'accento dei forestierismi è deciso dall'uso, ma sono principalmente i mezzi di comunicazione di massa quelli che stabiliscono tale uso. \nMi sembra curiosa l'affermazione «si tende ad approssimarsi il più possibile al modello alloglotto» perché nel caso precedentemente discusso del vocabolo «Ebola» non è stato così, come si può vedere da questo articolo.", "is_selected": false } ]
What's the difference among brutto tempo, cattivo tempo and maltempo?
Is there any difference between "brutto tempo", "cattivo tempo" and "maltempo"? Example: """ L'aereo ha avuto un ritardo per il cattivo tempo/brutto tempo/maltempo. """
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[ { "score": "2", "ownerid": "70", "text": "In standard Italian, brutto tempo is less formal than cattivo tempo and maltempo.\nThe Sabatini-Coletti dictionary sets the origin of maltempo in the 15th century, but the word has become more and more formal during the time.\nIn a written text you would quite likely find\n\n> L'aereo ha avuto un ritardo per il cattivo tempo/maltempo.\n\nrather than brutto tempo. In spoken (informal) language, brutto tempo would be used in most cases.\nAs Marcel Ferrari remarks in a comment, it can be different in other varieties of Italian, for example Swiss Italian, where it's rather frequent the inversion of formal registers with respect to standard Italian; another example is medicamento, which in standard Italian is formal for medicina (in the sense of medicinale).", "is_selected": true } ]
Agreement of past participle of verb after direct object pronouns in 1st/2nd person.
I am aware that the past participle of a verb which comes after a direct object pronoun in 3rd person must agree in gender and number with the pronoun. Is the same obligatory for 1st/2nd persons pronouns? Which sentences of the following pairs are correct? (individual of a group with at least one man) Ci hanno battuto. Ci hanno battuti. (woman speaking) Mi hanno battuto. Mi hanno battuta.
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[ { "score": "4", "ownerid": "707", "text": "According to this article by Accademia della Crusca both possibilities (that is, agreement and not agreement of past participle with the personal pronoun) are correct:\n\n> 2) accordo del participio d'un verbo composto con avere con l'oggetto anteposto, costituito da un pronome personale o relativo (\"ci ha ingannato\" - \"ci ha ingannati\", \"la casa che ho comprato\" - \"la casa che ho comprata\"); 3) accordo del participio di essere o di un verbo copulativo col soggetto o col nome del predicato ovvero col complemento predicativo (\"il suo discorso è stato, è risultato una sorpresa\" - \"è stata, è risultata una sorpresa\"); 4) accordo del participio d'un verbo pronominale col soggetto o col complemento oggetto, sia esso anteposto o posposto (\"la meta che ci siamo prefissati\" - \"che ci siamo prefissata\". La possibilità di scelta per i punti 2, 3 e 4 è esistita da sempre in italiano e le restrizioni di tanto in tanto indicate da qualche grammatico sono da considerarsi infondate. Anche in uno scrittore particolarmente sensibile al problema dell'omogeneità linguistica come Alessandro Manzoni si possono cogliere alternative: \"le cose che m'hanno fatto\" (I Promessi Sposi, cap. XXXV) - \"le ciarle che avrebbe fatte\" (cap. III), - [gli uomini] \"si riunivano in crocchi, senza essersi dati l'intesa\" (cap. XII) - \"altri passeggeri s'eran fatta una strada ne' campi\" (cap. XI) ecc.»\n\nYour question corresponds to point 2 in this explanation, which affirms that both possibilities (\"ci ha ingannato\" and \"ci ha ingannati\" in the examples of this article) are correct. That is, all the sentences in your question are correct and the choice between them it's up to you.", "is_selected": true } ]
Qual è il significato di "sbragare" in questo contesto?
Nella versione in italiano dell'episodio La nascita del giullare di Mistero buffo, di Dario Fo, ho letto: """ E poi corri nella piazza! Giullare sarai! Il padrone sbragherà, soldati, preti, notai sbiancheranno scoprendosi nudi come vermi! """ Ho cercato il verbo "sbragare" in parecchi dizionari, ma non ho saputo trovare niente che abbia senso in questo contesto. Quindi, sapreste spiegarmi cosa vuol dire "il padrone sbragherà" nel passaggio sopra citato?
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[ { "score": "1", "ownerid": "1243", "text": "Nel significato regionale di Treccani:\n\n> In senso fig., nella forma rifl., assumere e mantenere un atteggiamento trascurato, scomposto, sguaiato; determinando, sbracarsi dalle risa, dal ridere, ridere a crepapelle, non poterne più dal ridere.\n\nNel contesto da te citato ha il significato di arrabbiarsi, esagerare e andare su tutte le furie. ", "is_selected": false } ]
Significato di "ipotesto" in questo contesto.
Nel libro Parola di Dante di Luca Serianni ho letto (grassetto mio): """ Tra le più precoci citazioni di Dante ci sono tre luoghi del volgarizzamento dell’Eneide del senese Ciampolo di Meo degli Ugurgieri, probabilmente risalente agli anni 1315-1321; eccone uno, la descrizione di Cerbero (Eneide, VI 417-421), che è notoriamente l’ipotesto della rielaborazione dantesca, di cui Ciampolo cita puntualmente le parole: «Cerberus haec ingens latratu regna trifauci / personat» → «Cerbero, fera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra» (cfr. Inf., 6 13-14). """ Non sono sicura di capire cosa significhi "ipotesto" nel contesto del brano citato. Immagino abbia a che vedere con il fatto che Dante si sia basato sull'Eneide di Virgilio per fare la sua descrizione di Cerbero. Sul dizionario Hoepli ho trovato """ L'insieme del materiale testuale che sta alla base di un ipertesto. """ Tuttavia, questa accezione, così come quella di "ipertesto" nello stesso vocabolario, sembrano fare riferimento esclusivamente all'ambito dell'informatica. Potreste spiegarmi il significato di "ipotesto" in questo contesto?
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[ { "score": "2", "ownerid": "", "text": "TL;DR: Il termine ipotesto è tecnico; il termine ipertesto è usato nel dizionario con un significato tecnico che non è immediato ricondurre a quello comune di documento informatico con i collegamenti. Hai indovinato il significato.\n\nQuello che ho capito con una piccola ricerca (invito a verificare perché non sono uno studioso di letteratura):\nÈ gergo tecnico di una disciplina chiamata intertestualità; nello specifico, questa dualità fra ipertesto e ipotesto è intesa nel senso descritto da Gérard Genette in Palimpsestes: La Littérature au second dégré.\nCapitolo I:\n\n> J’ai délibérément différé la mention du quatrième type de transtextualité parce que c’est lui et lui seul qui nous occupera directement ici. C’est donc lui que je rebaptise désormais hypertextualité. J’entends par là toute relation unissant un texte B (que j’appellerai hypertexte ) à un texte antérieur A (que j’appellerai, bien sûr, hypotexte) sur lequel il se greffe d’une manière qui n’est pas celle du commentaire.\n\nCapitolo II:\n\n> J'appelle donc hypertexte tout texte dérivé d'un texte antérieur par transformation simple (nous dirons désormais transformation tout court) ou par transformation indirecte: nous dirons imitation.\n\nGenette definisce ipertestualità la situazione in cui un testo (ipertesto) deriva da un testo antecedente (ipotesto) tramite una trasformazione (semplice) o un'imitazione, e postula che deva essere una forma diversa dal commento letterario in senso stretto (che chiama metatestualità). Gli archetipi di queste due forme di ipertestualità, come spiega nel Capitolo I, sono:\n\nper la trasformazione, Ulisse di James Joyce, dove le vicende dell'Odissea sono trasportate a Dublino.\nper l'imitazione, Eneide di Virgilio, dove delle vicende vengono raccontate in modo da ricordare lo stile e i fatti dell'Odissea.\n\n\n> Ou plus brutalement : Joyce raconte l’histoire d’Ulysse d’une autre manière qu’Homère, Virgile raconte l’histoire d’Enée à la manière d’Homère; transformations symétriques et inverses.\n", "is_selected": true } ]
Che rapporto di intercambialità c'è tra bene/tanto e meglio/di più?
So che in alcune costruzioni frasali sono intercambiabili, come ad esempio qui: "Conosco di più/meglio la prima parte che la seconda" "Capisco tanto/bene quello che c'è scritto" Mi viene in mente il verbo "ricordare" nel uso suo transitivo e andando ad orecchio mi verrebbe da dire: "me lo ricordo bene quel dettaglio" ma non "me lo ricordo tanto quel dettaglio". Ora, sono sicuro che ci sia qualche regola per capire in quali casi siano intercambiabili e in quali no. Potreste darmi una dritta e chiarirmi la situazione?
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[ { "score": "1", "ownerid": "37", "text": "“Tanto” e “bene” raramente sono intercambiabili. \nTanto si riferisce a una quantità, e richiede un termine di paragone, eventualmente implicito (per esempio “Non ho mangiato tanto (quanto penseresti, quanto l'ultima volta etc.)”). Bene invece esprime una qualità. Lavorare o studiare tanto, per esempio, è molto diverso da farlo bene.\nLo stesso vale per “di più” (quantità) e “meglio” (qualità).\nCi saranno forse azioni o situazioni in cui qualità e quantità coincidono, ma non è la norma.\nPer quanto riguarda nello specifico gli esempi, conoscere una cosa più di un'altra è simile a conoscerla meglio, ma dà comunque l'idea che, per esempio, hai solo assimilato più dettagli. Quanto al secondo esempio, “Capisco tanto quello che c'è scritto” non suona molto idiomatico. Tendenzialmente, una cosa si può capire bene, a fondo, del tutto, completamente etc. Semmai, sembra che manchi qualcosa; per esempio, “Capisco tanto quello che c'è scritto che non ho bisogno di ripassarlo ulteriormente”.", "is_selected": false } ]
"Striscindovisi": quale verbo è e cosa significa?
Nel romanzo Con gli occhi chiusi di Federigo Tozzi ho letto (grassetto mio): """ Nelle ore di caldo asfissiante, quando la trattoria restava vuota, lo sguattero e il cuoco dormivano con il capo appoggiato sopra il ceppo, coprendosi con i loro grembiuli per via delle mosche che volavano su gli strofinacci untuosi; si fermavano, tutte accosto, intorno ad una goccia di brodo rimasta sopra la tavola; camminavano in su e in giù sopra i pezzi della carne, striscindovisi sopra. La marmittona di rame seguitava a bollire; un gatto, sotto la tavola, rosicchiava. Una cannella d'ottone, mal chiusa, sgocciolava con un sibilo incessante. Le due zangole battevano, sopra una parete, i riflessi trasparenti della loro acqua; che, di quando in quando, erano attraversati dall'ombra di una mosca. """ La mia domanda è su questo "striscindovisi" che appare nel brano sopra citato. Di quale verbo si tratta? "Striscire"? "Striscirsi"? Non ho trovato tali vocaboli su nessun dizionario, inclusi il Treccani e il Grande dizionario della lingua italiana (GDLI). E cosa significa? Magari "strisciarsi" (sui pezzi di carne)? Devo dire che molti dei termini che appaiono su questo libro li ho trovati soltanto sul GDLI, che cita nelle voci corrispondenti molti esempi di Tozzi, tra i quali molti di questo romanzo. Aggiungo anche che si tratta di un testo con molti toscanismi.
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[ { "score": "2", "ownerid": "928", "text": "A me di primo istinto verrebbe da dire che è un errore di stampa per strisciandovisi.", "is_selected": true } ]
Qual è il significato di "strafarsi" in questa frase?
Nel romanzo Pane e tempesta di Stefano Benni ho letto: """ Sei un poveraccio figlio di un suicida e con uno zio alcolizzato, lavori nel letamaio e ti strafai di stramonio e funghi allucinogeni, altro che gnomi. """ Ho trovato il significato di "strafare" in parecchi dizionari, ma non quello di "strafarsi". Per questa ragione vi chiedo: sapreste spiegarmi qual è il senso dell'espressione "ti strafai" nel passaggio precedente?
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[ { "score": "5", "ownerid": "2876", "text": "\"Fatto\" si usa come sinonimo di \"drogato\", \"sotto effetto di stupefacenti\"; \"strafatto\" si utilizza come accrescitivo per calcare il concetto.\n\"Strafarsi\" significa quindi essere drogati in maniera esagerata.", "is_selected": true } ]
'Da "attenzionare" a "sabotaggia" il passo è breve, ma la caduta rovinosa'.
Dopo che Davide Serra, Founder & CEO Algebris investments | Asset Manager focused Global Financials / Equity and Credit / UK-USA-Singapore, nonché noto consigliere economico, ha usato la parola 'sabotaggia', potrebbe questa diventare una parola di uso corrente? Ho notato che qualcuno ha commentato 'Da "attenzionare" a "sabotaggia" il passo è breve, ma la caduta rovinosa'. Cosa ne pensate?
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[ { "score": "9", "ownerid": "375", "text": "Il testo ha vari errori grammaticali (mancano articoli ed accenti, il doppio \"e\" suona malissimo), non credo che dovrebbe essere preso come spunto da nessuno per coniare parole nuove.\nAttenzionare mi sembra bruttissimo, però ha una funzione e un origine differenti a parer mio.\n- La forma verbale di \"attenzione\" non esiste, quidi attenzionare potrebbe colmare una necessità verbale.\n- Sabotaggio ha già una forma verbale corretta che è tra l'altro esteticamente migliore.\n- Sabotaggio-Sabotare viene dal francese Sabotage-saboter, la parola entrò nella lingua italiana circa 200 anni fa. Sembra improbabile una involuzione del lessico dopo tanto tempo.", "is_selected": false } ]
What's, if any, the hardest thing to learn in Italian for foreigners?
These days I was involved in a discussion with friends of mine who are studying Italian, and I realize that they are very confused on the use of pronouns in Italian, on the other side, they manage unexpectedly the use of verbs quite well. So I'd like to ask the friends of this site, possibly foreigners who are studying Italian, in your experience, the hardest thing to learn studying Italian is the use of: 1.verbs? 2.or pronouns? 3.or something else? Please explain the reason and list your mother tongue. Answers from Italian users are also warmly welcome, if they have experience to share on this subject with their foreign friends.
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[ { "score": "4", "ownerid": "998", "text": "I'm Italian, so it's likely that my opinion will be quite biased, but the use of the verbal forms, especially the subjunctive mood, seems to me one of the hardest things to learn. The nuances of verbal forms are also difficult for native speakers to learn. If you listen to not so well-educated italians speaking, chances are that you'll hear plenty of expressions like se io avrei, penso che è and so on and so forth. But even those who are very well-educated, in informal conversations, hardly get all the congiuntivi and condizionali right all the time.", "is_selected": false }, { "score": "2", "ownerid": "", "text": "I'm Italian. I guess the hardest part of our language are the verbs. Lots of forms, lots of exceptions. Some of them are hard even for the average Italian speaker. ", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "707", "text": "I'm not sure if it is the hardest thing, but an aspect which I find difficult to learn in Italian and in other languages is the correct use of prepositions, probably because such uses are quite different from a language to another.\nMy mother tongues are Catalan and Spanish.", "is_selected": false } ]
Cos'è una "pantàfeca"?
Nel romanzo Vita di Melania G. Mazzucco ho letto: """ Vita bianca come una pantàfeca s’affaccia dietro la tenda. Cosí, con lo stesso sguardo spiritato, l’ha vista quella notte. In piedi dietro al letto in fiamme, immobile – spettrale. """ Qualcuno di voi saprebbe spiegare il significato di "pantàfeca"? Non ho trovato questo termine su nessuno dei dizionari che ho consultato. Immagino si tratti di un vocabolo regionale, possibilmente correlato al napoletano.
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[ { "score": "3", "ownerid": "5487", "text": "È una figura spettrale bianca tipicamente usata nelle superstizioni regionali.\nQuesto è un link con una descrizione adeguata, anche se il nome è leggermente diverso. Ma il concetto è lo stesso.\nPandafeche", "is_selected": true } ]
"Ci" e "ne" con "capire".
Entrambe le versioni sono corrette? """ Sei bravo in matematica? No, non ci capisco niente. Sei bravo in matematica? No, non ne capisco niente. """ Una è migliore dell'altra?
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[ { "score": "4", "ownerid": "6856", "text": "A mio avviso, nell'esempio riportato sono entrambe versioni corrette, dal significato sostanzialmente uguale ma con una \"sfumatura\" differente:\n\nnon ci capisco niente può essere parafrasato con non capisco niente in un determinato/a ambito/situazione\nnon ne capisco niente può essere parafrasato con non capisco niente di un determinato argomento/oggetto\n\nPiù in generale, direi che una differenza c'è: non ci capisco niente può essere usato anche da solo, come esclamazione, sottointendendo la situazione o l'ambito in cui ci si trova in quel momento (\"Che confusione! Non ci capisco niente!\"), mentre non ne capisco niente è sempre accompagnato da una frase o complemento che specifica a cosa si riferisca quel \"ne\" (\"Non ne capisco niente, di fisica quantistica\", \"Ti piace il jazz? Non ne capisco niente\").", "is_selected": true }, { "score": "3", "ownerid": "707", "text": "Secondo il punto 4 della voce voce ci del vocabolario Treccani, la particella ci ha funzione di pronome dimostrativo in questo tipo di costrutti:\n\n> Con funzione di pron. dimostrativo, riferito a cosa, equivale a ciò, quello, preceduto da preposizione: «di ciò»: ci avrei molto piacere; «a ciò»: non ci credo; non ci posso far nulla; «su ciò»: ci puoi contare; «da ciò»: quanto conti di guadagnarci?; e spec., conservando ancora il suo valore fondamentale, «in ciò»: non ci capisco nulla; [...]\".\n\nQuindi, dovresti dire\n\n> No, non ci capisco niente,\n\nse vuoi esprimere \"non capisco niente in tutto quello che fa riferimento alla matematica, che ha a che vedere con la matematica\" come risposta alla domanda \"Sei bravo in matematica?\".\nTuttavia, nella voce ne del vocabolario Treccani si legge\n\n> Con valore più chiaramente pronominale, di ciò, di questo, di quello, in funzione di complementi diversi: non ne vedo la necessità; ne parlerò ai nostri soci; non saprei cosa farne; che cosa vuoi che ne faccia?; cercherò di farne a meno\n\ne anche\n\n> assai frequente in luogo di un genitivo partitivo: mi piacciono questi dolci, vorrei prenderne ancora; non ce ne sono più; non ne vedo altre\n\nQuindi, dovresti dire\n\n> No, non ne capisco niente\n\nse quello che vuoi esprimere è \"non capisco niente di tutto ciò che a che vedere con la matematica, di tutto quello che costituisce la matematica\". Cioè, ne sostituisce un genitivo partitivo, come nell'esempio \"non ce ne sono più\".\nPotresti usare anche un costrutto in cui ne ha valore genitivo partitivo dicendo, per esempio,\n\n> Ne capisco soltanto quello che ho imparato alla scuola elementare.\n\nE, come ha menzionato @DaG nel suo commento, la particella ne si può anche usare con il verbo capire in espressioni come\n\n> non ne capisco il senso / il motivo / l'urgenza\n\ne simili.\nSe invece vuoi usare il verbo intransitivo pronominale intendersi, allora dovresti usare la particella \"ne\":\n\n> Come intr. pron., intendersi (di qualche cosa), avere cognizione diretta, esperienza e competenza in una disciplina, una tecnica, un’arte, una professione, ecc.: intendersi di letteratura, di storia, di pittura, di musica, di politica, di motori, di stoffe; intendersi poco, molto; di codeste cose non m’intendo affatto; lascia fare a me che me n’intendo.\n\nCioè, potresti dire\n\n> Sei bravo in matematica? No, non me ne intendo affatto\n\nper esprimere \"non m'intendo affatto di matematica\".", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "imbastire" in questa frase? E qual è il soggetto e il complemento oggetto del verbo "imbastire" nella frase?
Leggendo la frase seguente nel romanzo Artemisia, di Anna Banti, mi sono venuti due dubbi: """ Per insidia che imbastisse la persuasione d'esser sospettata e giudicata male, Artemisia non poté, questa volta, che rispecchiarsi innocente. """ Il primo dubbio è sul significato di "imbastire" in questa frase. Ho cercato questo vocabolo in alcuni dizionari e ho visto che i significati figurati sono ideare la linea d'azione o la trama di qualcosa. Tuttavia, non capisco il senso di questo verbo nel brano precedente. Il secondo dubbio è quale sia il soggetto e quale il complemento oggetto del verbo "imbastire", aspetto che è necessario chiarire per poter capire la frase. Secondo me, il soggetto è "la persuasione d'esser sospettata e giudicata male" e il complemento oggetto è la "insidia". Cioè, la frase afferma che "la persuasione d'esser sospettata e giudicata male" imbastiva la "insidia". Tuttavia, nei commenti a una risposta a questa domanda si è affermato che non è così, che "la persuasione d'esser sospettata e giudicata male" sarebbe il complemento oggetto di "imbastire": si imbastiva la persuasione. Ho pensato che questa frase è come quando, ad esempio, si dice """ Il pane che compro io ... """ Quello che compro è "il pane" (complemento oggetto), ed "io" è il soggetto di "compro" che si scrive dopo il verbo per dargli più enfasi. Cioè, "io compro il pane". Nello stesso modo, nella frase del romanzo, "insidia" è il complemento oggetto e "la persuasione d'esser sospettata e giudicata male" è il soggetto del verbo "imbastire", scritto dopo il verbo per maggiore enfasi. Ho cercato di scrivere io stessa una frase ancor più simile a quella del testo, che penso sia venuta fuori un po' forzata: """ Per molti soldi che guadagnasse addesso Filippo, non poté pagare tutti i suoi debiti. """ Questa frase afferma che "Filippo guadagnava molti soldi", cioè "Filippo" è il soggetto del verbo "guadagnare" e invece "molti soldi" è il complemento oggetto. Potreste aiutarmi a chiarire i miei dubbi e così poter finalmente capire il significato della frase?
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[ { "score": "7", "ownerid": "1795", "text": "L'imbastitura è un particolare tipo di punto da cucito che si usa per fissare i margini della stoffa prima della cucitura vera e propria.\nIn senso figurato si usa in frasi come imbastire un discorso proprio per dare il senso di preparativo, predisposizione pur non definitiva.\nNel testo imbastire la persuasione d'esser sospettata significa semplicemente che il suo comportamento poteva portare a farla sospettare.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "707", "text": "Prima di tutto, vorrei ringraziare @N74: la sua risposta alla domanda mi ha fatto capire il senso di \"imbastire\" in questo contesto. Come ha detto @N74, in modo figurato questo verbo ha il significato di preparare, predisporre. \nTuttavia, la risposta di @N74 non chiarisce il mio secondo dubbio, cioè, quale sia il soggetto e quale il complemento oggetto del verbo \"imbastire\" nella frase citata. Come ho già spiegato nel testo della domanda, secondo me, il soggetto è \"la persuasione d'esser sospettata e giudicata male\" e il complemento oggetto è la \"insidia\". Se è così, penso che il significato della frase sia che la persuasione d'esser sospettata e giudicata male predisponeva o preparava Artemisia ad aspettarsi un'insidia.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "2136", "text": "La presenza del complemento oggetto non è necessaria né obbligatoria. Se dico: \"Ieri, mentre leggevo, mi ha telefonato un amico\", sto usando il verbo \"leggevo\" all'imperfetto, il soggetto è \"io\", il complemento oggetto manca, ma l'azione del verbo è comprensibile.\nSecondo me, nella frase \"Per insidia che imbastisse la persuasione d'essere sospettata o giudicata male\", \"Per insidia che\" è una congiunzione che introduce una costruzione di causa/ragione (per quale ragione Artemisia \"non poté che rispecchiarsi innocente\"?), mentre \"imbastisse\" è una forma passivante/impersonale senza il \"si\".", "is_selected": false } ]
Usare correttamente 'fatti curare'.
In Italia sento spesso dire «Fatti curare». È questa un'espressione alternativa di «abbi cura di te»?
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[ { "score": "13", "ownerid": "591", "text": "No. In questo caso, curare si riferisce alla salute mentale: si dubita della sanità mentale, e quindi della capacità di fare ragionamenti corretti, dell'interlocutore. Non è un dubbio \"reale\"; viene usato solamente per insultare l'interlocutore e la sua tesi.\nL'espressione può essere usata anche in senso letterale, chiaramente in contesti appropriati, ma per evitare incompresioni userei qualcosa di meno ambiguo e potenzialmente offensivo.\nNon è possibile che sia un'espressione alternativa ad abbi cura di te, perché in italiano \"farsi curare\" significa solamente ricevere cure mediche.", "is_selected": false }, { "score": "5", "ownerid": "969", "text": "No. \"Fatti curare\" è generalmente usato in senso offensivo, nel senso che si crede che l'interlocutore abbia problemi mentali.", "is_selected": false } ]
Diverse sfumature di significato di "tacciare" e "accusare".
I due verbi afferiscono allo stesso significato e reggono anche la stessa preposizione (di). Tacciare è naturalmente meno frequente e più ricercato. Esistono contesti/esempi in cui i due verbi non possano essere scambiati perché non equivalenti? Se sì, dove, nella storia ed etimologia, si trova la radice della differenza?
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[ { "score": "4", "ownerid": "", "text": "L'etimolgia dei due termini è molto diversa ma il significato attuale è simile nel senso di attribuire una colpa o una responsabilità a qualcuno. Accusare a differenza di tacciare è il termine che viene usato in ambito legale, inoltre accusare ha altri significati : Manifestare e palesare. ( vedi sotto). \nTacciare:\n\n> Accusare, imputare di una colpa o di un vizio (si intende, in genere, d’imputazione non giudiziale): lo tacciarono a torto di tradimento; era tacciato di essere una spia.\n\nTacciare etimologia: \n\n> da tacia o tacca che, per l'influsso francese di tache, ha assunto il significato di macchia in senso metaforico ( pecca, colpa o accusa) da cui tacciare.\n\nAccusare: \n\n> Attribuire una colpa, muovere un’accusa: nelle note informative, il direttore lo accusava di eccessiva negligenza; in partic., chiamare una persona davanti ai giudici per rispondere di un fatto previsto dalla legge come reato: a. qualcuno d’aver rubato, di aver ucciso; fu accusato di omicidio, di furto, di peculato. Manifestare, dichiarare: a. un disturbo, un dolore al piede, ecc.; a. il ricevimento di una lettera (nell’uso burocr., a. ricevuta); per estens., a. il colpo, lasciare chiaramente intendere di essere stato colpito (in senso proprio o, più spesso, fig.). Con accezione partic., a. i proprî peccati, dichiararli in confessione.\n\nAccusare etimologia:\n\n> da causa o cagione. Accagionare ossia attribuire ad altri la cagione, la colpa.\n", "is_selected": true }, { "score": "2", "ownerid": "95", "text": "come già scritto, \"tacciare\" non può sostituire \"accusare\" in ambito legale. Nel linguaggio comune io sento una leggera differenza di significato: se taccio qualcuno può esserci una sfumatura scherzosa, mentre se lo accuso no.", "is_selected": false } ]
"Famigerato": quando ha assunto una valenza negativa?
Definizione del termine "famigerato": ``` famigerato agg. [dal lat. famigeratus, part. pass. di famigerare «render famoso», comp. di fama «fama» e tema di gerĕre «portare»]. ``` L'etimologia non ha certo un valore negativo (portare fama). Eppure il termine si utilizza esclusivamente per indicare qualcosa di "tristemente noto", o comunque dando una valenza ironica a qualcosa di famoso per qualcosa di spiacevole. Qualcuno sa quando nel tempo, e come si è imposta tale valenza negativa, in qualche modo contrapposta a quella puramente etimologica?
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[ { "score": "7", "ownerid": "37", "text": "Attenzione, non è che il senso negativo sia proprio contrapposto a quello etimologico.\nIn latino fama era una vox media, non specificamente positiva né negativa: indicava in origine una notizia, una voce, e di lì la notorietà che derivava dal fatto che si parlasse di qualcuno o qualcosa. Altri esempi di voces mediae sono fortuna in latino (un caso, una sorte generica, non necessariamente positiva) e “successo” in italiano antico (che indica un qualunque esito di un'azione).\nNel corso del tempo una vox media tende a cristallizzarsi con l'uso, a essere codificata dal senso generico verso una delle accezioni “qualitative” possibili.\n(Lo so, non è una risposta specifica su “famigerato”, ma spero possa essere d'aiuto.)", "is_selected": true }, { "score": "2", "ownerid": "1245", "text": "Dipende da come viene posta l'affermazione.\nSe l'interlocutore è a conoscenza dei fatti accaduti, ad esempio se si tratta di un evento \"buffo\", è implicito che stai dando un taglio ironico alla frase. \nEcco un banale esempio: \n\"Ti ricordi il famigerato forzuto del paese?\" \n(magari riferendosi ad un fatto di cronaca del paese noto a tutti e in questo caso tutti sanno che si sta alludendo ad una persona per nulla forzuta ma che si spacciava per tale)\nStesso discorso se ci si riferisce ad un evento triste, positivo etc.\nForse, dato il suono della parola stessa che è meno \"melodiosa\" di \"famoso\", si usa nella maggior parte dei casi in contesti negativi.. (ma è una mia personale opinione).\nUPDATE: Attira di più \"il famigerato assassino di Londra\" o \"il famoso assassino di Londra\"?\nhttp://www.treccani.it/vocabolario/famigerato/", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "466", "text": "Credo che abbia assunto connotati negativi nell'epoca storica del brigantaggio, dove alcuni criminali diventavano noti in vaste aree del territorio per la loro latitanza", "is_selected": false } ]
"Sono cinque giorni che sono sveglio." Vs. "Sono rimasto sveglio per cinque giorni.".
a) Sono cinque giorni che sono sveglio. b) Sono rimasto sveglio per cinque giorni. C'è qualcuno che coglie una differenza di enfasi fra a) e b)?
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[ { "score": "4", "ownerid": "", "text": "Le due frasi sono molto simili. Se proprio si vuole cercare una differenza, direi che la prima pone più l'accento sul momento in cui ho iniziato a stare sveglio (5 giorni fa) mentre la seconda più sulla durata senza dare indicazioni su quando questa cosa è iniziata (i 5 giorni di veglia potrebbero esserci stati il mese scorso e non ora).", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "1871", "text": "a) implica che lo stare sveglio continua ancora ora e forse continuerà nel futuro, il periodo non si è concluso;\nb) indica che sono stato sveglio nel passato, compreso il caso che il passato si sia concluso nel momento appena passato; il periodo si è comunque concluso.", "is_selected": false } ]
Significato e uso di "impernacchiato".
Nel romanzo Storia della bambina perduta di Elena Ferrante ho letto: """ Tagliava la testa ai ritratti, rideva Imma incredula, faceva impiccare i ritratti. E dopo quelle decapitazioni e impiccagioni Masaniello indossava un abito di seta azzurra ricamato d’argento, metteva al collo una catena d’oro, attaccava al cappello una spilla di diamanti e andava al Mercato. Ci andava così, mamma, tutto impernacchiato da marchese, duca e principe, lui che era plebeo, lui che era pescatore e non sapeva né leggere né scrivere. """ La mia domanda è sul termine "impernacchiato", che non ho trovato in nessuno dei dizionari che ho consultato. Dal contesto posso immaginare che significhi "vestito in modo elegante e ricercato". È così? Si tratta di un vocabolo di origine dialettale? Si usa solo in Campania?
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[ { "score": "3", "ownerid": "1243", "text": "In questo interessante sito che spiega l'etimologia del termine dialettale napoletano pereta ho trovato un altrettanto interessante passaggio che forse può rispondere alla tua domanda:\n\n> Pernacchio deriva da \"vernacchio\", da \"vernaculum\": cosa popolare, scurrile, dal sostantivo verna=schiavo nato nella casa dei padroni. La v mutò poi in p, e il vernacchio in pernacchio. Prima di andare avanti, una preghiera: non si confonda il pernacchio con la pernacchia. \"Pernacchia\" non significa scorreggia, come (in origine) il suo omologo maschile; ma nemmeno - come molti invece credono - vuol dire emissione oltraggiosa di aria dalla bocca. La pernacchia è una donna volgare, ma soprattutto \"curiosa\", nell'accezione napoletana del termine: una donna ridicola che, non sapendo di esserlo, e pensando al contrario di essere bella ed elegante, si agghinda in modo vistoso e originale, credendo così di far colpo.\n\nQuindi l'aggettivo impernacchiato/a (presente in molti dialetti del meridione, tipo il foggiano) indica una persona abbigliata con una ricercatezza tale che però ottiene esattamente il risultato opposto, cioè sembrare ridicola.", "is_selected": true }, { "score": "0", "ownerid": "2876", "text": "Premesso che \"pernacchia\" è un termine derivante dal napoletano (http://www.treccani.it/vocabolario/pernacchia/) che indica un suono derisorio (questo per intenderci: http://imalbum.aufeminin.com/album/D20130705/0_uplfrm_pernacchia_H161139_L.jpg), credo che in questo caso \"impernacchiato\" indichi sì che era vestito in modo elegante, ma è un'eleganza del tutto artificiosa ed esagerata con cui il personaggio si pavoneggia, e tale da suscitare ilarità. Forse possiamo dire \"addobbato come un albero di Natale\" o \"impettito come un pavone\" per rendere l'idea.", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "saltare sul banco" in questo contesto?
Nella versione in italiano dell'episodio La nascita del giullare di Mistero buffo, di Dario Fo, ho letto: """ Doveti credermi... datemi ascolto! Non è nemmeno per caso che son saltato sul banco a farvi far sghignazzi... No, e nemmeno è successo che mia madre, guardandomi bambino spaparanzato nella culla che ridevo a sganascio, abbia esclamato: «Ma che bella faccina simpatica... Allegria mi fai!, pagliacciolino ridente! Guarda, da grande ti faccio fare il giullare!» """ Non capisco cosa vuol dire l'espressione "saltare sul banco" in questo passaggio. Ho cercato il vocabolo "banco" su parecchi dizionari, ma nessuna delle accezioni che ho trovato sembra avere senso in questo contesto. Per questa ragione vi chiedo: sapreste spiegarmi il significato di "saltare sul banco" nel brano precedente?
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[ { "score": "2", "ownerid": "2876", "text": "\"Saltato sul banco\" in questo caso significa proprio \"messo a fare il saltimbanco\" (http://www.treccani.it/vocabolario/saltimbanco/ ); \nil narratore in questo brano ripercorre le origini della sua \"vocazione\", ammettendo che non è stato un caso se abbia scelto la professione di \"saltare sul banco\" (a fare il buffone), ma che nemmeno questa sua attitudine si sia manifestata fin dalla più tenera età come fosse una predestinazione.", "is_selected": true } ]
What is the term for Italian words that contain exactly the 5 vowels AEIOU?
I am looking for a term to indicate Italian words that contain exactly the 5 vowels (A,E,I,O,U), each one exactly once. The number of consonants is not important. What is the term for these words? Example: aiuole.
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[ { "score": "3", "ownerid": "2088", "text": "Il panvocalismo.\n(answered by Paolo Franchi)", "is_selected": false } ]
Can "andare" in present tense refer to the future?
Can the verb "andare" conjugated in the present tense be used to refer to the future? Example: Vado a prendere la macchina. (= I go get the car / I'm going to get the car) (present action). Could it also refer to plan of getting the car in the future, i.e. the speaker is not doing the action right now ?
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[ { "score": "4", "ownerid": "70", "text": "Yes, the present can be used instead of the future, but a time specification must be present:\n\n> Vado a prendere la macchina nuova Domani vado a prendere la macchina nuova\n\nIn the first case, without time specifications, the speaker is going to get the new car now. It can also be\n\n> Sto per andare a prendere la macchina nuova\n\nif the action will take place in a short time. All action verbs can be used in the same way:\n\n> Telefono a Maria (now) Domani telefono a Maria (tomorrow) Il mese prossimo telefono a Maria (next month)\n\nThe future need not be immediate, as the last example shows; even\n\n> L'anno prossimo vado in vacanza a Forlimpopoli\n\nwould be good. Similarly,\n\n> Corro a prenderlo (now) Fra un anno corro a prenderlo (irony implied)\n\nThe verb “andare”, though, has come under the sad fate of being used for “immediate action”, particularly in the fashionable jargon of TV programs on cooking:\n\n> vado a infornare, vado a impiattare, vado a versare\n\nwhere the speaker moves not farther than a few centimeters. Avoid it, if you're not a wannabe chef.", "is_selected": true } ]
Alternative a "portare il portatile"?
La parola "portatile" è pressoché l'unica traduzione italiana di "laptop", "notebook", ecc. Esistono delle alternative all'espressione "porto con me il portatile" che non risultino ripetitive del concetto (e del verbo) "portare"?
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[ { "score": "2", "ownerid": "928", "text": "Usare uno dei termini inglesi laptop, notebook o (genericamente) computer. Mi sembra che siano ampiamente diffusi e compresi, e solo i puristi più ortodossi storcerebbero il naso.", "is_selected": false }, { "score": "2", "ownerid": "37", "text": "Dipende dal contesto della frase. Se il portatile è stato menzionato prima, non suona male dire in seguito qualcosa come “...domani lo porto con me”. Se no, si può riformulare per esempio con “avrò con me il portatile” e simili.", "is_selected": true } ]
Qual è il significato di "tirare" in questo brano?
Sulle notizie di Euronews ho letto """ La mossa delle quattro nazioni arabe approfondisce ulteriormente la divisione tra i paesi del Golfo per il sostegno qatariota ai gruppi islamici. L’Arabia Saudita afferma che le truppe qatariote sarebbero state tirate dalla guerra in corso in Yemen. """ Non capisco il significato del verbo "tirare" nella frase precedente. L'ho cercato in alcuni dizionari, ma appaiono tantissime accezioni che non riesco a vedere a quale corrisponda. Significa che l'Arabia Saudita accusa il Qatar di aver inviato truppe in Yemen? Oppure l'accusa sarebbe invece di aver ritirato le truppe qatariote della guerra in Yemen?
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[ { "score": "5", "ownerid": "928", "text": "A me sembra che non abbia il minimo senso. Forse doveva essere ritirate, ma anche così non è spiegato sufficientemente bene che truppe siano e cosa abbiano a che fare con il resto della notizia.\nE anche approfondisce è un verbo che non mi suona completamente appropriato in quella frase.\nForse è una cattiva traduzione da un'altra lingua.", "is_selected": true } ]
Why "quest'anno" but "questo autunno"?
In my Rosetta Stone program, I have found the following two sentences: """ Non ha comprato nessun vestito nuovo quest'anno. Non abbiamo vinto nessuna partita questo autunno. """ Why does the former sentence use ``` quest' ``` while the latter uses ``` questo ``` to express ``` this ~ ``` ? This page says that you use ``` quest' ``` when used to modify a noun starting with a vowel. """ Quest’: Used with all singular nouns starting with a vowel Questo: Used with all other masculine singular nouns """
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[ { "score": "10", "ownerid": "70", "text": "The main difference between the elided form and the full one is that the former doesn't carry a tonic accent and the whole group is pronounced as if it were a single word; this applies also to truncation.\nThe hypothetical sentence\n\n> Non ha comprato nessun vestito nuovo questo anno.\n\nwould sound quite strange; a case where questo anno could be used is\n\n> In questo anno ho avuto difficoltà, ma penso di poterle superare\n\nwhere emphasis is on questo, because the missing elision forces to place a tonic accent on the word. On the other hand, a better form for the sentence would be\n\n> Quest’anno ho avuto difficoltà, ma penso di poterle superare\n\nand here questo anno would certainly cause eyebrow raising. The meaning of the two sentences is not exactly the same, but just by a nuance.\nI'd not use questo autunno in the sentence you report, but context would help: if the sentence is followed by something in opposition, then emphasis might very well go on questo.\nNote that in several cases the elision is not optional. For instance, “lo amico” is never used in current Italian (it used to be in ancient times) and it would seem talking like Vittorio Gassmann in L'armata Brancaleone, where a mock medieval language was spoken.\nElisions that were taught until rather recent times were gl’inglesi or l’estati, but they have been unused for several decades in spoken Italian.", "is_selected": false }, { "score": "7", "ownerid": "1377", "text": "In fact \"quest'\" and \"questo\" / \"questa\" are totally interchangable in case of the following word starting with a vowel, however the \"quest'\" form happens to be spellable with more ease due to its missing trailing vowel, which if present as in the \"questo\" / \"questa\" form would result in the speaker having to pronounce two consecutive vowels.\nSo the two sentences above may well be written in all these forms:\n\n```\nNon ha comprato nessun vestito nuovo quest'anno. Non ha comprato nessun vestito nuovo questo anno. Non abbiamo vinto nessuna partita quest'autunno. Non abbiamo vinto nessuna partita questo autunno.\n```\n\nHowever, as egreg pointed out in his answer and as nico pointed out in the comments to this answer, \"Non ha comprato nessun vestito nuovo questo anno.\" and \"Non abbiamo vinto nessuna partita questo autunno.\" (the former in particular) both sound pretty weird to hear, and you'd better drop the \"quest'\" form in favor of the \"questo\" / \"questa\" form in both of these cases.", "is_selected": true }, { "score": "3", "ownerid": "", "text": "Ngram, questo autunno vs quest'autunno, both are correct and commonly used.\nAd explained below, questo/a may be written and pronounced as quest' if the following word start with a vowel.\n\"Quest'ultimo\" si scrive con l'apostrofo o no? (Treccani online)\n\n> Sì, si scrive con l'apostrofo. Siamo di fronte a un caso di elisione, fenomeno che comporta la perdita della vocale terminale non accentata di una parola davanti alla vocale iniziale della parola successiva. Questo (aggettivo e pronome dimostrativo) può elidersi davanti a parola che comincia con vocale sia al maschile (quest'anno; quest'ermo colle; quest'uomo; quest'ultimo), sia al femminile (quest'ansia; quest'epoca; quest'isola). Al plurale, l'elisione è meno usata se non rara; è di sapore antiquatamente letterario se la vocale iniziale della parola seguente è diversa dalla marca del plurale con cui termina questo (quest'impegni è ancora plausibile - ed è normale nella realizzazione orale; quest'amiche è ormai disusato e suona affettato).\n", "is_selected": false } ]
Native Italian words still spelled with a 'j'?
There was a trend in the past of spelling semi-consonantal initial i ( ``` /j/ ``` ) with a j: """ jeri / ieri jod / iod, yod juta / iuta (loanword) jota / iota jato / iato jella / iella jena / iena jodio / iodio jonico / ionico jattanza / iattanza jettare, jettatura, jettatore / iettare, iettatura, iettatore """ and similarly inter-vocal i: """ aja / aia bujo / buio guajo / guaio notajo / notaio Savoja / Savoia alleluja / alleluia fidejussione / fideiussione pajo, paja / paio, paia ajola, ajuola / aiola, aiuola noja, annojare / noia, annoiare scojolo, scojattolo / scoiattolo """ and additionally replacing plural suffix -ii (of -io) (to distinguish homophones from plural -i (of -o)): """ varj / varij, varii, varî, vari genj / genii, genî, geni occhj / occhii, occhi viaggj / viaggii, viaggi studj ufficj principj beccaj """ but contemporarily, this orthography seems to have only been retained in a few proper nouns and latinisms: """ Jesi, Jonio, Jesolo, Ajaccio, Letojanni, l’Aja Jacopo, Jonio, Jole, Jannacci, Jolanda (Iolanda), Jago (Iago, Yago) Jacuzzi, Jovine, Jacobelli, Jacoviello, Jaja, Ojetti, Ajello, Scajola, Pistoj, Rejna Juventus, juventino (iuventino), juniores """ and transcription of regional languages' words: """ ajo (Romanesco, cognate with aglio) naja (from Friulian naie, Old Venetian naia) """ Apart from these proper nouns, are there any native Italian words still commonly spelled with a j? Sources • The Tuscan Master; Or a New and Easy Method of Acquiring a Perfect Knowledge of the Italian Language in a Short Time, Divided into Two Parts..., Dr. Marcello Guelfi Borzacchini • http://www.treccani.it/vocabolario/j-j/
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[ { "score": "4", "ownerid": "37", "text": "Apart from the vague suggestions I gave in the comments, perhaps the nearest to an actual answer is here. The digital version of Zingarelli dictionary allows some quite refined searches. It is mostly a vocabulary of contemporary use, not a historical one, so one of the requisites is satisfied by default.\nBy searching the the present (2018) edition for lemmas including a “j” (just lemmas, not inflexed forms) and asking for the century of first occurrence to be at most the 17th century, we get very little, and probably nothing that qualifies:\n\nbijou\ndagli (because of Roman variant “daje”)\nfideiussione (because of the variant form “fidejussione”; the same for “fideiussore”)\nfoglietta (a volume measure for wine and oil, because of Roman variant “fojetta”)\nj (as a lemma in itself)\njunior\nnavaja\nragià (because of variant form “rajah”)\n\nFor the sake of curiosity, adding the 18th century only yields “acajou”, “jacquerie” and “Tokaj”, while in the 19th century a first tide of foreign terms began, from “abat-jour” to “navajo” (with, in last alphabetical position a curious, Neapolitan “scetavajasse”).\nSo, much as I personally love the letter “j” and would use it everywhere, I guess the answer to your question is a firm no (give or take a wandering fidejussore).", "is_selected": true } ]
Sul significato di "dare corda".
Nel romanzo Lessico famigliare di Natalia Ginzburg ho letto (grassetto mio): """ Gino era serio, studioso, tranquillo; non picchiava nessuno dei suoi fratelli; andava bene in montagna. Era il prediletto di mio padre. Di lui, mio padre non diceva mai che era «un asino»; diceva però che «dava poco spago». Il dar corda, in casa nostra, si chiamava «dar spago». Gino, infatti, dava poco spago, perché leggeva sempre; e quando gli si parlava, rispondeva a monosillabi, senza alzare la testa dal libro. Se Alberto e Mario si picchiavano, non si muoveva e continuava a leggere; e mia madre doveva chiamarlo e scuoterlo, che venisse a dividerli. Leggendo, mangiava pane, adagio adagio, una pagnotta dopo l’altra; ne mangiava piú o meno un chilo, dopo il pranzo. – Gino! – gridava mio padre, – non dài spago! non racconti niente! e poi non mangiare tanto pane, farai l’indigestione! """ Ho trovato il significato della locuzione "dare corda" sul dizionario De Mauro: """ mostrarsi disponibile, incoraggiare: se gli dai corda non la finisce più di parlare """ Anche sul dizionario dei modi di dire Hoepli si legge questa definizione, che mi sembra abbastanza diversa da quella del De Mauro: """ dare corda (pop) Fig.: dare a qualcuno ampia libertà di dire o agire, convinti che le sue azioni gli si ritorceranno contro. Fare in modo che chi vuole danneggiarci o sta per commettere un'azione riprovevole si spinga abbastanza avanti da compromettersi e tradirsi. Il detto si ricollega alle esecuzioni capitali di un tempo, nella fattispecie al capestro, e dice integralmente: “dare abbastanza corda per impiccarsi”. """ Comunque, dal contesto del brano citato, ho l'impressione che "dare corda" possa avere delle sfumature non presenti nelle definizioni di questi due dizionari. Forse qualcosa come far vedere a una persona che ha trovato un ascoltatore con cui si può sentire a suo agio per parlare? È così?
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[ { "score": "3", "ownerid": "5623", "text": "\"Dare corda\" significa più o meno \"incoraggiare qualcuno a continuare dandogli o dandole attenzione\". Nel caso del testo che hai evidenziato, i genitori provano a parlare a Gino, ma lui legge e risponde solo a monosillabi, in questo senso non dà loro corda.\nSpesso ha una connotazione negativa rispetto all'oggetto della frase, ad esempio:\n\n> Se gli dai corda non finisce più di parlare.\n\nTradotto, \"If you encourage him, he'll never stop talking\", che si usa per dire \"se lo incoraggi a continuare prestandogli attenzione, non finisce più di parlare\" (perciò ignoralo, così smette). È comune dire \"non dargli/darle corda\" nel senso di \"non incoraggiarlo/a\", per esempio:\n\n> Se i tuoi compagni di classe ti prendono in giro, non dar loro corda.\n\nChe si può tradurre più o meno come \"If your classmates mock you, don't engage with them/ don't give them an excuse to keep doing it\".\nSi può anche usare nel senso dato da Hoepli, anche se onestamente lo vedo più raramente. Il significato è lo stesso, ma la connotazione è leggermente diversa: si può \"dare corda\" a qualcuno volontariamente per indurlo o indurla a continuare a parlare, per esempio ecco una frase che potresti incontrare in un poliziesco:\n\n> Se dopo un bicchiere o due comincia a parlare, dagli corda, potrebbe dire qualcosa di interessante.\n\nTradotto: \"If he starts talking after a glass or two, keep him going, he might say something interesting\". In questo caso \"dare corda\" significa, più o meno, \"fingere interesse affinché qualcuno continui a parlare\".\nInfine, in quest'ultimo significato la \"finzione di interesse\" non deve avere per forza lo scopo di indurre chi parla a dire qualcosa di compromettente, può anche essere semplicemente per cortesia:\n\n> Se il nonno comincia a parlare per l'ennesima volta del calcio, dagli corda, gli fa piacere parlare con qualcuno.\n\nTradotto: \"If grandpa starts talking about soccer again, humour him, he likes having someone to talk to\".\nIn questo senso si usa anche l'espressione \"dammi corda!\", ad esempio:\n\n> Avanti, dammi corda!\n\nche significa \"so che non ti interessa quello che sto dicendo, ma almeno fai finta per un po'\", potremmo tradurlo come \"Come on, humour me!\". Credo sia questo il significato nel testo che hai evidenziato:\n\n> Gino - non dài spago!\n\nsignifica \"Gino - non fai nemmeno lo sforzo di parlare con noi!\".", "is_selected": true }, { "score": "1", "ownerid": "6856", "text": "Che io sappia, le espressioni \"dare corda\" (assecondare qualcuno) e \"tirare (troppo) la corda\" (abusare della pazienza o disponibilità di qualcuno) derivano entrambe dal mondo contadino, con riferimento agli animali legati:\n\npiù dai corda, nel senso di allungare la corda a cui è legato, più l'animale ha libertà di movimento (quindi stai assecondando la volontà dell'animale)\npiù l'animale tira la corda a cui è legato, più il contadino fatica a trattenerlo (quindi l'animale sta abusando della libertà di movimento che gli è concessa... almeno dal punto di vista del contadino)\n\nPer quanto riguarda l'interpretazione data dal dizionario Hoepli di \"dare abbastanza corda per impiccarsi\" potrebbe sì fare riferimento alle esecuzioni ma potrebbe anche far sempre riferimento al mondo contadino: nuovamente, l'animale alla corda, lasciato libero di muoversi senza freni, prima o poi finirebbe con l'aggrovigliarsi/impiccarsi da solo se la corda fosse abbastanza lunga.\nL'espressione è anche usata nel suo senso letterale di \"allungare il tratto di corda a disposizione di chi vi è legato\", nell'ambito dell'alpinismo.", "is_selected": false } ]