10362_11341_000000 tanto d'ogni laudato esser la prima di dio la madre ancor quaggiù dovea tanto piacque al signor di porre in cima questa fanciulla ebrea 10362_11341_000001 qual angolo ti raccogliea nascente quando il tuo re dai perfidi tratto a morir sul colle imporporò le zolle del suo sublime altar 10362_11341_000002 un estranio giovinetto si posò sul monumento era folgore l'aspetto era neve il vestimento alla mesta che richiese die risposta quel cortese è risorto non è qui 10362_11341_000003 come vittima innanzi all'altar non lo seppe il superbo romano ma fé stima il deliro potente che giovasse col sangue innocente la sua vil sicurtade comprar 10362_11341_000004 anco ogni giorno se ne parla e tanto secol vi corse sopra anche ogni giorno se ne parla e plora in mille parti d'ogni tuo contento teco la terra si rallegra ancora come di fresco evento 10362_11341_000005 oh spavento lo stuol de' beffardi baldo insulta a quel volto divino ove intender non osan gli sguardi gl'incolpabili figli del ciel 10362_11341_000006 come la luce rapida piove di cosa in cosa e i color vari suscita dovunque si riposa tal risonò molteplice la voce dello spiro l'arabo il parto il siro in suo sermon l'udì 10362_11341_000007 quei che siede sui cerchi divini e d'adamo si fece figliolo né sdegnò coi fratelli tapini il funesto retaggio partir 10362_11341_000008 tempra de' baldi giovani il confidente ingegno reggi il viril proposito ad infallibil segno adorna le canizie di liete voglie sante brilla nel guardo errante di chi sperando muor 10362_11341_000009 la resurrezione è risorto or come a morte la sua preda fu ritolta come ha vinte l'altre porte com'è salvo un'altra volta quei che giacque in forza altrui 10362_11341_000010 e tu degnasti assumere questa creata argilla qual merto suo qual grazia a tanto onor sortilla se in suo consiglio ascoso vince il perdon pietoso immensamente egli è 10362_11341_000011 non s'aspetti di squilla il richiamo nol concede il mestissimo rito qual di donna che piange il marito è la veste del vedovo altar 10362_11341_000012 dalle magioni eteree sgorga una fonte e scende e nel borron de' triboli vivida si distende stillano mele i tronchi dove copriano i bronchi ivi germoglia il fior 10362_11341_000013 senza indugiar cercarono l'albergo poveretto que' fortunati e videro siccome a lor fu detto videro in panni avvolto in un presepe accolto vagire il re del ciel 10362_11341_000014 oh figlio oh tu cui genera l'eterno eterno seco qual ti può dir de' secoli tu cominciasti meco tu sei del vasto empiro non ti comprende il giro la tua parola il fé 10362_11341_000015 il natale qual masso che dal vertice di lunga erta montana abbandonato all'impeto di rumorosa frana per lo scheggiato calle precipitando a valle batte sul fondo e sta 10362_11341_000016 oggi egli è nato ad efrata vaticinato ostello ascese un'alma vergine la gloria d'israello grave di tal portato da cui promise è nato donde era atteso uscì 10362_11341_000017 il nome di maria tacita un giorno a non so qual pendice salia d'un fabbro nazaren la sposa salia non vista alla magion felice d'una pregnante annosa 10362_11341_000018 oh gran padre per lui che s'immola cessi alfine quell'ira tremenda e dei ciechi l'insana parola volgi in meglio pietoso signor 10362_11341_000019 là dove cadde immobile giace in sua lenta mole né per mutar di secoli fia che riveda il sole della sua cima antica se una virtude amica in alto non trarrà 10362_11341_000020 egli è il giusto che i vili han trafitto ma tacente ma senza tenzone egli è il giusto e di tutti il delitto 10362_11341_000021 sì quel sangue sovr'essi discenda ma sia pioggia di mite lavacro tutti errammo di tutti quel sacrosanto sangue cancelli l'error 10362_11341_000022 che parola si diffuse tra i sopiti d'israele il signor le porte ha schiuse il signor l'emmanuele oh sopiti in aspettando è finito il vostro bando egli è desso il redentor 10362_11341_000023 oh prole d'israello o nell'estremo caduta o da sì lunga ira contrita non è costei che in onor tanto avemo di vostra fede uscita 10362_11341_000024 oh beati a lor più bello spunta il sol dei giorni santi ma che fia di chi rubello torse ahi stolto i passi erranti nel sentier che a morte guida nel signor chi si confida col signor risorgerà 10362_11341_000025 la repulsa al suo prego sommesso l'abbandono del padre sostenne oh spavento l'orribile amplesso d'un amico spergiuro soffrì 10362_11341_000026 ai mirabili veggenti che narrarono il futuro come il padre ai figli intenti narra i casi che già furo si mostrò quel sommo sole che parlando in lor parole alla terra iddio giurò 10362_11341_000027 oh fratelli il santo rito sol di gaudio oggi ragiona oggi è giorno di convito oggi esulta ogni persona non è madre che sia schiva della spoglia più festiva i suoi bamboli vestir 10362_11341_000028 su nel ciel in sua doglia raccolto giunse il suono di un prego esecrato i celesti copersero il volto disse iddio qual chiedete sarà 10362_11341_000029 volle l'onte e nell'anima il duolo e l'angosce di morte sentire e il terror che seconda il fallire ei che mai non conobbe il fallir 10362_11341_000030 l'allegro inno seguirono tornando al firmamento tra le varcate nuvole allontanossi e lento il suon sacrato ascese finché più nulla intese la compagnia fedel 10362_11341_000031 la pentecoste madre dei santi immagine della città superna del sangue incorruttibile conservatrice eterna tu che da tanti secoli soffri combatti e preghi 10362_11341_000032 quando l'anima tornata dalla squallida vallea al divino che tacea sorgi disse io son con te 10362_11341_000033 te quando sorge e quando cade il die e quando il sole a mezzo corso il parte saluta il bronzo che le turpe pie invita ad onorarte 10362_11341_000034 quando su te lo spirito rinnovator discese e l'inconsunta fiaccola nella tua destra accese quando segnal de popoli ti collocò sul monte e nei tuoi labbri il fonte della parola aprì 10362_11341_000035 spira de' nostri bamboli nell'ineffabil riso spargi la casta porpora alle donzelle in viso manda alle ascose vergini le pure gioie ascose consacra delle spose il verecondo amor 10362_11341_000036 compagna del suo gemito conscia dei suoi misteri tu della sua vittoria figlia immortal dov'eri in tuo terror sol vigile sol nell'oblio secura stavi in riposte mura fino a quel sacro dì 10362_11341_000037 oh vergine oh signora oh tutta santa che bei nomi ti serba ogni loquela più di un popol superbo esser si vanta in tua gentil tutela 10362_11341_000038 qual mai tra i nati all'odio quale era mai persona che al santo inaccessibile potesse dir perdona far novo patto eterno 10362_11341_000039 cresce serbato al santo quel che nel sen vi sta perché baciando i pargoli la schiava ancor sospira e il sen che nutre i liberi invidiando mira 10362_11341_000040 sia frugal del ricco il pasto ogni mensa abbia i suoi doni e il tesor negato al fasto di superbe imbandigioni scorra amico all'umil tetto faccia il desco poveretto più ridente oggi apparir 10362_11341_000041 gli uccisori esultanti sul monte di dio l'ira già grande minaccia già dall'ardue vedette s'affaccia quasi accenni tra poco verrò 10362_11341_000042 e tu madre che immota vedesti un tal figlio morir sulla croce per noi prega o regina de mesti che il possiamo in sua gloria veder 10362_11341_000043 il signor sul suo capo versò egli è il santo il predetto sansone che morendo francheggia israele che volente alla sposa infedele la fortissima chioma lasciò 10362_11341_000044 per te sollevi il povero al ciel che è suo le ciglia volga i lamenti in giubilo pensando a cui somiglia cui fu donato in copia doni con volto amico con quel tacer pudico che accetto il don ti fa 10362_11341_000045 deh con che scherno udito avria i lontani presagi allor l'età superba oh tardo nostro consiglio oh degl'intenti umani anti veder bugiardo 10362_11341_000046 e quel sangue dai padri imprecato sulla misera prole ancor cade che mutata d'etade in etade scosso ancor dal suo capo non l'ha 10362_11341_000047 che i dolori onde il secolo atroce fa dei buoni più tristo l'esiglio misti al santo patir del suo figlio ci sian pegno d'eterno goder fine del componimento secondo 10362_11341_000048 deh a lei volgete finalmente i preghi ch'ella vi salvi ella che salva i suoi e non sia gente né tribù che neghi lieta cantar con noi 10362_11341_000049 via co' pali disadorni lo squallor della viola l'oro usato a splender torni sacerdote in bianca stola esci ai grandi ministeri tra la luce de' doppieri il risorto ad annunziar 10362_11341_000050 nelle paure della veglia bruna te noma il fanciulletto a te tremante quando ingrossa ruggendo la fortuna ricorre il navigante 10362_11341_000051 quando aggeo quando isaia mal levaro al mondo intero che il bramato un dì verria quando assorto in suo pensiero lesse i giorni numerati e degli anni ancor non nati daniel si ricordò 10362_11341_000052 lunge il grido e la tempesta de' tripudi inverecondi l'allegrezza non è questa di che i giusti son giocondi ma pacata in suo contegno ma celeste come segno della gioia che verrà 10362_11341_000053 dall'altar si mosse un grido godi oh donna alma del cielo godi il dio cui fosti nido a vestirsi il nostro velo è risorto come il disse per noi prega egli prescrisse che sia legge il tuo pregar 10362_11341_000054 pria di lui nel regno eterno che mortal sarebbe asceso a rapirvi al muto inferno vecchi padri egli è disceso il sospir del tempo antico il terror dell'inimico il promesso vincitor 10362_11341_000055 e intorno a lui per l'ampia notte calati a stuolo mille celesti strinsero il fiammeggiante volo e accesi in dolce zelo come si canta in cielo a dio gloria cantar 10362_11341_000056 la mira madre in poveri panni il figliol compose e nell'umil presepio soavemente il pose e l'adorò beata innanzi al dio prostrata che il puro sen l'aprì 10362_11341_000057 noi testimoni che alla tua parola ubbidiente l'avvenir rispose noi serbati all'amor nati alla scola delle celesti cose a noi sappiamo oh maria che ei solo attenne l'alta promessa che da te s'udia ei che in cor la ti pose 10362_11341_000058 tal si giaceva il misero figliuol del fallo primo dal dì che un'ineffabile ira promessa all'imo d'ogni malor gravollo donde il superbo collo più non potea levar 10362_11341_000059 a noi solenne è il nome tuo maria a noi madre di dio quel nome sona salve beata che s'agguagli ad esso qual fu mai nome di mortal persona o che gli vegna appresso 10362_11341_000060 noi t'imploriam ne' languidi pensier dell'infelice scendi piacevol alito aura consolatrice scendi bufera ai tumidi pensier del violento vi ispira uno sgomento che insegna la pietà 10362_11341_000061 la femminetta nel tuo sen regale la sua spregiata lacrima depone e a te beata della sua immortale alma gli affanni espone a te che i preghi ascolti e le querele 10362_11341_000062 dormi oh fanciul non piangere dormi oh fanciul celeste sovra il tuo capo stridere non osin le tempeste use sull'empia terra come cavalli in guerra correr davanti a te 10362_11341_000063 ecco appena sul letto nefando quell'afflitto depose la fronte e un altissimo grido levando il supremo sospiro mandò 10362_11341_000064 non è davide il ceppo suo con lei era il pensier de' vostri antichi vati quando annunziaro i verginal trofei sopra l'inferno alzati 10362_11341_000065 dormi oh celeste i popoli chi nato sia non sanno ma il dì verrà che nobile retaggio tuo saranno che in quell'umil riposo che nella polve ascoso conosceranno il re 10362_11341_000066 e allor che dalle tenebre la diva spoglia uscita mise il potente anelito della seconda vita e quando in man recandosi il prezzo del perdono da questa polve al trono del genitor salì 10362_11341_000067 chi è costui che davanti all'eterno spunterà come tallo da nuda terra lunge da fonte vital questo fiacco pasciuto di scherno che la faccia si copre d'un velo come fosse un percosso dal cielo il novissimo d'ogni mortal 10362_11341_000068 adorator degl'idoli sparso per ogni lido volgi lo sguardo a solima odi quel santo grido stanca del vile ossequio la terra a lui ritorni 10362_11341_000069 l'angel del cielo agli uomini nunzio di tanta sorte non de' potenti volgesi alle vegliate porte ma tra i pastor devoti al duro mondo ignoti subito in luce appar 5537_3829_000000 benone aggiunse don gesualdo quand'è così scrivete pure che offro sei onze e quindici a salma pazzo assassino nemico di dio si udì gridare mastro nunzio nella folla dell'altra sala successe un parapiglia 5537_3829_000001 lisciandosi la barba scarsa senza badare ai segni che gli faceva da lontano don filippo e lasciò cadere la sua offerta coll'aria addormentata di un che non gliene importa nulla del denaro cinque onze e sei dico io 5537_3829_000002 ha più di tremila capi di bestiame sulle spalle e va bene anche questa don gesualdo qui ha danari da spendere lui pure vuol fare le sue speculazioni sugli affitti benissimo 5537_3829_000003 voi don gesualdo le farete questo regalo a vostra moglie eh che ne dite bianca guardava timidamente ora lei ora il marito rannicchiata in un cantuccio del canapè 5537_3829_000004 bianca disse di sì chinando il capo ubbidiente sia per non detto non ne parliamo più ho fatto il mio dovere da buona zia per cercare di mettervi d'accordo anche oggi laggiù al municipio avete visto quello che vi feci dire dal canonico lupi 5537_3829_000005 e lasciamoli morire disse la signora sganci alzandosi già il mondo non finirà per questo come la nipote s'era alzata anch'essa dal canapè mortificata da tutti quei discorsi colle braccia incrociate sul ventre 5537_3829_000006 la parola del barone disse infine don filippo la parola del barone rubiera val più delle vostre doppie don don don filippo interrompe l'altro 5537_3829_000007 anche coi tuoi fratelli bianca quel che non ho fatto per indurli don diego specialmente ch'è così ostinato una disgrazia un gastigo di dio 5537_3829_000008 tutte le angherie per la costruzione delle nuove strade fanno venire i concorrenti sin da caltagirone e da lentini di là almeno non ci capita addosso qualche altro parente ha detto il barone mèndola colla sua stessa bocca nella farmacia 5537_3829_000009 nossignore rispose ad alta voce costui non ho di queste sciocchezze fo i miei interessi e nulla più nel pubblico che assisteva all'asta corse un mormorìo 5537_3829_000010 anche il mestolo un quarto d'ora e di dare il gambetto a tutti quei pezzi grossi che non era riuscito ad ingraziarsi neppure sposando una di loro senza dote e senza nulla tanto meglio 5537_3829_000011 ve lo dico perché siete un amico e perché a far quello che dico io ci vogliono molti capitali in mano e un cuore grande quanto il piano di santa margherita caro notaro 5537_3829_000012 solo don gesualdo rimaneva seduto al suo posto come un sasso accanto al sacchetto di doppie a un certo punto dalla baraonda 5537_3829_000013 ma giunto sulla soglia tornò indietro a precipizio colla schiuma alla bocca quasi fuori di sé gridando quattro e quindici e si fermò ansante dinanzi alla scrivania dei giurati fulminando il suo contraddittore cogli occhi accesi 5537_3829_000014 il canonico spalancò gli occhi e tornò docile a vedere quel che stava macchinando quel diavolo di mastro don gesualdo il notaro prudente seppe dominarsi prima degli altri e tornò indietro col sorriso sulle labbra e le tabacchiera in mano lui pure 5537_3829_000015 andò prima a dare un'occhiata allo scartafaccio del segretario e poi si mise a battere le mani viva la pace viva la concordia se ve l'ho sempre detto guardate cosa mi scrive vostra zia donna marianna sganci disse il canonico commosso porgendo la lettera aperta a don gesualdo 5537_3829_000016 le terre del comune che da quarant'anni erano nella sua famiglia e il prezzo a cui erano salite la gente si affacciava sugli usci per vedere passare mastro don gesualdo 5537_3829_000017 zia come potrei donna mariannina s'interrompe ma abbiamo detto di non parlarne più lui però si duole di non poter venire a fare il suo dovere 5537_3829_000018 il notaro e peperito spinsero fuori dell'uscio il baronello che strepitava agitando le braccia in aria dall'altro canto il canonico convulso si gettò su don gesualdo stringendoglisi addosso sedendogli quasi sulle ginocchia 5537_3829_000019 glielo dico qui in faccia a lei ma quanto al resto lasciamo andare dite bene lasciamo andare apposta son venuta a parlare con bianca perché so che le volete bene adesso siete marito e moglie come vuol dio anch'essa è la padrona 5537_3829_000020 colle braccia al collo scongiurandolo sottovoce in aria disperata con parole di fuoco ficcandoglisi nell'orecchio scuotendolo pei petti della giacca quasi volesse strapazzarlo per fargli sentir ragione una pazzia dove andiamo caro don gesualdo 5537_3829_000021 se le volete tutte ve le faremo pagare il doppio ed ecco sfumato subito metà del guadagno senza contare i rischi le malannate 5537_3829_000022 donna mariannina continuò ridendo e fissando gli occhi addosso è vero bianca che il mondo non lo lascerai finire tu bianca tornò a farsi rossa evviva mi congratulo 5537_3829_000023 che diavolo volete farne circa cinquecento salme di terre don gesualdo si strinse nelle spalle caro notaro forse che voglio ficcare il naso nei vostri libracci io 5537_3829_000024 donna mariannina in gala era seduta sul canapè di seta sotto lo specchio grande nella bella sala gialla nipote mio l'avete fatta grossa 5537_3829_000025 caspita al figlio del re non gliela tagliano la testa se mai non temete che non ve la tagliano la testa già se è come avete detto dovrebbero tagliarla a un paese intero 5537_3829_000026 una setta capite tavuso mettiamo al posto di margarone e tutti quanti colle mani in pasta ogni villano che vuole il suo pezzo di terra pesci grossi e minutaglia tutti insieme dicono che vi è pure il figlio del re nientemeno il duca di calabria 5537_3829_000027 si discorreva della gabella delle terre disse don gesualdo tranquillamente tirando su una presa così per discorrere ah ah 5537_3829_000028 bianca cominciò allora a balbettare oh signore iddio cosa pensate di fare un padre di famiglia il canonico indeciso la guardava turbato quasi sentisse il laccio al collo don gesualdo per rassicurarlo soggiunse 5537_3829_000029 sissignore a sei onze la salma scrivete la mia offerta segretario alto gridò alto gridò il notaro levando tutte e due le mani in aria per la legalità dell'offerta fo le mie riserve e si precipitò sul baronello 5537_3829_000030 il canonico andava scaldandosi maggiormente di mano in mano rivolto a mastro don gesualdo bel guadagno avete fatto a imparentarvi con loro 5537_3829_000031 fingendo di soffiarsi il naso sicuro chi garantisce per voi la legge dice mi garantisco da me rispose don gesualdo posando sulla scrivania un sacco di doppie che cavò fuori dalla cacciatora a quel suono tutti spalancarono gli occhi don filippo ammutolì 5537_3829_000032 nella folla che pigiavasi all'uscio nacque un tafferuglio mastro nunzio motta voleva entrare a ogni costo e andare a mettere le mani addosso al suo figliuolo che buttava così i denari burgio stentava a frenarlo 5537_3829_000033 io non vo niente affatto rispose finalmente margarone adirato la legge dice non c'è più concorrenza non trovo garanzia devo consultare i miei colleghi e si mise a raccogliere gli scartafacci in fretta e in furia 5537_3829_000034 so fare non dubitate e spiegò meglio la sua idea cavar le castagne dal fuoco con le zampe del gatto tirar l'acqua al suo mulino e se capitava d'acchiappare 5537_3829_000035 dicendo che avete le mani lunghe e volete acchiappare quanta terra si vede cogli occhi per affamare la gente quella bestia di ciolla va predicando per conto loro vogliono scatenarci contro anche i villani a voi e a me caro mio dicono che io tengo il sacco 5537_3829_000036 donna marianna diventava di cento colori e si mordeva le labbra per non spifferare il fatto suo don gesualdo invece se la rideva tranquillamente sdraiato sul suo bel canapè soffice e a un certo punto gli chiuse anche la bocca colla mano al canonico 5537_3829_000037 colle braccia sul ventre e il fazzoletto di seta in testa che s'era messo in fretta onde ricevere la zia aprì la bocca per rispondere a qualche cosa messa in soggezione da donna mariannina la quale continuava a sollecitarla eh che ne dici adesso sono anche affari tuoi 5537_3829_000038 ora arrischio anche la pelle a sentir voi e che ne ho avuto eh ditelo voi fine del capitolo primo 5537_3829_000039 il notaro per primo rimase sbalordito indi fece una giravolta e s'allontanò canterellando don ninì scappò via senza dir nulla il barone stavolta finse di calcarsi il cappello in capo per davvero lo stesso canonico saltò su inviperito 5537_3829_000040 guardami quel che sono e non quel che fui dice il proverbio ma il comune vuole la sua garanzia pensateci bene sono circa cinquecento salme fanno fanno e si mise gli occhiali scrivendo cifre sopra cifre 5537_3829_000041 il barone diventò a un tratto come un cencio lavato si soffiò il naso calcò il cappello in testa e poi infilò l'uscio sbraitando ah quand'è così giacch'è un puntiglio una personalità buongiorno a chi resta 5537_3829_000042 canonico canonico lupi questi si spinse avanti a gomitate va bene disse dopo di aver letto dite alla signora sganci che va bene e la servo subito barabba corse a fare la stessa imbasciata nell'altra sala 5537_3829_000043 quasi lo soffocavano dalla ressa il canonico si buscò uno strappo alla zimarra mentre il barone stendeva le braccia per leggere il biglietto 5537_3829_000044 don gesualdo qui non stiamo per scherzare avete i denari non dico di no ma è una bella somma per uno che sino a ieri l'altro portava i sassi sulle spalle sia detto senza offendervi onestamente 5537_3829_000045 non temete canonico ho fatto i miei conti non mi scaldo la testa io don filippo margarone suonava il campanello da cinque minuti per avere un bicchier d'acqua i suoi colleghi s'asciugavano il sudore anch'essi trafelati 5537_3829_000046 che volete farci rispose don gesualdo non tutti i negozi riescono bene anch'io se avessi saputo non parlo per la moglie che ho presa no non me ne pento buona interessata ubbidiente 5537_3829_000047 sissignore è la padrona ma io sono il marito vuol dire che ho sbagliato disse la sganci punta dal vivo no non avete sbagliato vossignoria è che bianca non se ne intende poveretta è vero bianca che non te ne intendi di' 5537_3829_000048 non parlo per te sai non me ne pento di quel che ho fatto non è stata colpa tua tutti i negozi non riescono a un modo poi se capita di fare il bene nel tempo stesso 5537_3829_000049 come che discorsi cosa vuol dire torniamo da capo di nuovo s'era levato un putiferio non siamo più amici non siamo parenti ma don gesualdo s'ostinava peggio di un mulo 5537_3829_000050 appunto bisogna aiutarsi per non andare in fondo al cesto caro canonico bisogna tenersi a galla se non vogliamo che i villani si servano colle sue mani chi conosco 5537_3829_000051 e fattosi al balcone agitò il foglio in aria come una bandiera bianca mentre la signora sganci dal balcone rispondeva con cenni del capo pace pace siete tutti in famiglia 5537_3829_000052 l'altro rimase a bocca aperta che scherzate o non sapete che voglia dire rivoluzione quel che hanno fatto in francia capite ma voi non leggete la storia 5537_3829_000053 margarone balbettava stralunato chi garantisce pel barone rubiera chi garantisce a un tratto mutò tono volgendola in burla chi garantisce pel baron rubiera ah ah 5537_3829_000054 poi vedendo che il notaro diventava verde dalla bile volle offrirgli una presa lui vi spiego il mistero in due parole giacché vedo che mi parlate col cuore in mano 5537_3829_000055 il pretesto lo trovo io fra otto giorni si riapre sul prezzo di prima si fa un'offerta sola io no e nemmeno loro il canonico lupi 5537_3829_000056 sentite c'è quell'affare della cauzione il ponte se n'è andato salute a noi c'è modo d'accomodare quell'affare della cauzione adesso no ripigliò don gesualdo sembrava una pietra murata l'affare del ponte una miseria in confronto 5537_3829_000057 avete suscitato l'inferno in tutto il parentado sicuro la moglie del cugino zacco è venuta a farmi vedere i lividori sembra ammattito il barone prende a sfogarsi con chi gli capita ed anche la cugina rubiera dice ch'è un proditorio 5537_3829_000058 don gesualdo ch'era stato ad ascoltare con tanto d'occhi aperti scappò a dire s'è così ci sto anch'io non cerco altro a me lo dite con quella faccia mi avete fatto una bella paura santo dio 5537_3829_000059 il barone zacco corse a gettarsi lui pure nelle loro braccia coi lucciconi agli occhi maledetto il diavolo non sono di bronzo che sciocchezza il notaro sopraggiunse in quel punto 5537_3829_000060 che tomo siete voi la mia mezzeria ci sarà sempre don gesualdo rassicurò il canonico con un cenno del capo e disse a margarone signor don filippo andiamo avanti 5537_3829_000061 donna mariannina rimase a bocca aperta lei pure un istante poscia divenne rossa come un gallo ah dite di no scusatemi io non c'entro ero venuta a parlarne con mia nipote perché non vorrei liti e questioni fra parenti 5537_3829_000062 non li ha guadagnati lui col suo lavoro tutti quanti erano in piedi vociando si udiva canali strillare più forte degli altri per chetare don ninì rubiera 5537_3829_000063 e con tutti questi altri padroni miei a dire ciascuno le sue ragioni a fare il suo interesse don filippo posò gli occhiali sullo scartafaccio volse un'occhiata stupefatta ai suoi colleghi a destra e a sinistra e tacque 5537_3829_000064 già i figliuoli sono un gran legame speriamo almeno che abbiano ad esser felici e contenti loro giacché io volete che ve la dica eh canonico come in punto di morte mi sono ammazzato a lavorare mi sono ammazzato a far la roba 5537_3829_000065 guardate un po' signori miei a che s'era arrivati fresco come un bicchier d'acqua quel mastro don gesualdo che se ne andava a casa colle mani in tasca in tasca aveva più denari che capelli in testa 5537_3829_000066 i giurati si agitavan sulle loro sedie quasi avessero la colica il canonico lupi si alzò di botto e corse a dire una parola all'orecchio di don gesualdo passandogli un braccio al collo 5537_3829_000067 a quell'uscita rimasero tutti a bocca aperta don filippo apriva e chiudeva la sua senza trovar parola infine rispose l'offerta del barone rubiera eh eh 5537_3829_000068 non posso uscir di casa don gesualdo scrollava le spalle ah i villani ne riparleremo poi quando verrà l'inverno voi che paura avete 5537_3829_000069 io vi lascio solo com'è vero dio ma don gesualdo si ostinava col suo risolino sciocco il solo che non perdesse la testa in quella baraonda siete una bestia gli disse sempre ridendo 5537_3829_000070 portatelo fuori portatelo via strillò don filippo alzandosi a metà alcuni battevano le mani ma don ninì ostinavasi pallido come la sua camicia adesso 5537_3829_000071 credete che non abbia fatto i miei conti in questo tempo saremo lì a veder quel che bolle in pentola bisogna mettersi vicino al mestolo con un po' di giudizio col denaro so io quello che dico 5537_3829_000072 si sono pure messi d'accordo per vendere il grano a rotta di collo e far cascare i prezzi una camorra il baronello rubiera ha detto che non gliene importa di perdervi cento onze 5537_3829_000073 don ninì sbuffava peggio di un toro infuriato peperito aveva chiamato con un cenno il canonico lupi e s'erano messi a confabulare sottovoce chinati sulla scrivania agitando il capo come due galline che beccano nello stesso tegame 5537_3829_000074 replicò don gesualdo tirando un'altra presa offro cinque onze e quindici tarì a salma per la gabella delle terre comunali continuate l'asta signor don filippo 5537_3829_000075 ch'era nell'altra stanza irruppe nella sala mastro nunzio motta stralunato tremante di collera coi capelli bianchi irti sul capo rimorchiandosi dietro il genero burgio che tentava di trattenerlo per la manica della giacca come un pazzo 5537_3829_000076 il canonico ch'era stato ad ascoltare a bocca aperta si strinse al socio con entusiasmo appena rimasero soli che botta eh don gesualdo 5537_3829_000077 signor barone quando volete buttare il denaro dalla finestra andate a giuocare a carte giuocatevi il denaro di tasca vostra soltanto 5537_3829_000078 tutti gli altri concorrenti si erano tirati indietro sgomenti cacciando fuori tanto di lingua allora si alzò in piedi il baronello rubiera detto ru 5537_3829_000079 la disgrazia volle così ma voi non ci avete colpa don gesualdo e neppure voi mastro nunzio è giusto che non li perdiate accomoderemo la cosa 5537_3829_000080 gli affamati i nullatenenti ebbene cos'ero io vent'anni fa ma adesso no adesso avete da perdere cristiano santo sapete com'è oggi vogliono le terre del comune e domani poi vorranno anche le vostre e le mie grazie grazie tanto non ho dato l'anima al diavolo tanti anni per 5537_3829_000081 voi signor barone zacco vi rincresce di lasciare le terre che sono da quarant'anni della vostra famiglia e va bene la baronessa rubiera adesso vuole la sua parte anche lei 5537_3829_000082 allora mi pianto anch'io se volete rompervi le corna il balcone è lì bell'e aperto vi offrono dei buoni patti vi stendon le mani 5537_3829_000083 don gesualdo invece più calmo riprese il suo denaro e il taccuino zeppo di cifre io sarò sempre qua signor don filippo quando aprite di nuovo l'asta 5537_3829_000084 a quelle parole cessarono le risate e don filippo ricominciò a tartagliare la gente si affollava sull'uscio come ad un teatro il canonico che sembrava più pallido sotto la barba di quattro giorni tirava il suo compagno pel vestito 5537_3829_000085 e gli altri pure signora donna mariannina rispose il canonico con una risatina fu un'epidemia no no posso assicurarvelo in fede mio la rubiera poveretta e anche suo figlio lo sento sempre che si lagna 5537_3829_000086 il canonico cominciava a capacitarsi cogli occhi e la bocca di traverso pensieroso e appoggiava anche lui il discorso del socio non si voleva torcere un pelo a nessuno se si arrivava ad afferrare il mestolo un po' di tempo quante cose si farebbero 5537_3829_000087 sissignore chi garantisce pel barone rubiera il notaro si gettò su don ninì che sembrava volesse fare un massacro peperito dimenavasi come l'avessero schiaffeggiato lo stesso canonico allibì 5537_3829_000088 lasciamo stare queste sciocchezze e parliamo di cose serie interruppe il canonico che s'era riannuvolato in viso c'è un casa del diavolo cercano di aizzarvi contro tutto il paese 5537_3829_000089 caro don nunzio vi rammentate la fornace del gesso vicino a fontanarossa il vecchio burbero fece una spallata per levarsi d'addosso la manaccia del barone zacco e rispose sgarbatamente 5537_3829_000090 lupus in fabula esclamò costui entrando come in casa propria col cappello in testa il mantello ondeggiante dietro fregandosi le mani sparlavate di me eh mi sussurravano le orecchie 5537_3829_000091 gli andarono in quel momento gli occhi su bianca che stava rincantucciata sul canapè smorta in viso dalla paura guardando or questo or quello e non osava aprir bocca 5537_3829_000092 padrone padronissimo io non sono in collera con nessuno dico bene che diavolo oramai siete parenti e tirando pel vestito il baronello li strinse entrambi in un amplesso costringendoli quasi a baciarsi 5537_3829_000093 canali corse a prendere per forza mastro nunzio burgio e persino santo motta scamiciato e li spinse nelle braccia dei nuovi parenti 5537_3829_000094 signor don filippo sono il padre sì o no comando io sì o no se mio figlio gesualdo è matto se vuol rovinarci tutti c'è la forza signor don filippo mandate a chiamare don liccio papa 5537_3829_000095 senza perdere la sua bella calma ho qui dei testimoni per metter tutto nel verbale va bene si metterà tutto nel verbale scrivete che il baronello rubiera ha fatto l'offerta per incarico di sua madre 5537_3829_000096 oh bella questa è grossa e molti al pari di lui si tenevano i fianchi dalle risate sissignore replicò don gesualdo imperturbabile chi garantisce per lui la roba è di sua madre 5537_3829_000097 pazienza serviranno per chi verrà dopo di noi se dio vuole e batteva affettuosamente sulla spalla della moglie amorevole e sorridente mentre pensava 5537_3829_000098 no no disse don gesualdo non me ne importa me ne importa a me rivoluzione vuol dire rivoltare il cesto e quelli ch'erano sotto salire a galla 5537_3829_000099 il barone zacco avvilito se ne stava colle spalle al muro e il cappello sulla nuca il notaro era sceso a precipizio facendo gli scalini a quattro a quattro onde correre dalla baronessa per le scale era un via vai di curiosi 5537_3829_000100 ora che avete questa bella casa dovete fare un bel battesimo con tutti i parenti d'amore e d'accordo se no per chi li avete spesi tanti denari 5537_3829_000101 don gesualdo non voleva darla vinta ai suoi nemici ma dentro si rodeva perché davvero non gli servivano a gran cosa tutti quei denari spesi eh eh rispose con quel certo buonumore che voleva sfoggiare allora 5537_3829_000102 sottomano in voce di falsetto il banditore replicò l'ultima offerta per le terre del comune a sei onze la salma uno due un momento signori miei interruppe don gesualdo chi garantisce quest'ultima offerta 5537_3829_000103 rientrarono nuovamente in processione il barone zacco facendosi vento col cappello il canonico e canalis ragionando fra loro due a bassa voce 5537_3829_000104 il baronello rubiera scattò su come una molla con tutto il sangue al viso non l'avrebbero tenuto neppure le catene a sei onze balbettò fuori di sé fo l'offerta a sei onze a salma 5537_3829_000105 volse in giro un'occhiata da cospiratore e abbassò la voce una proposta seria e fece un'altra pausa significativa prima di tutto i denari della cauzione una bella somma 5537_3829_000106 una bella dote bianca ebbe un'ondata di sangue al viso indi divenne smonta come un cencio ma non si mosse né disse verbo il canonico rispose lui invece masticando ancora l'amaro 5537_3829_000107 voi dovreste farne una interruppe don gesualdo parlare con chi ha le mani in questa faccenda e dire che vogliamo esserci anche noi eh che dite un sacerdote lasciate stare canonico poi se vi è il figlio del re potete esserci anche voi 5537_3829_000108 don gesualdo tirò su una presa seguitando a fare tranquillamente i suoi conti nel taccuino che teneva aperto sulle ginocchia indi alzò il capo e ribatté con voce calma cinque onze 5537_3829_000109 solamente una piccola senseria per me e il canonico e il rimanente lo dividete fra voi tre alla buona d'amore e d'accordo vi piace siamo intesi 5537_3829_000110 margarone suonò il campanello per intimar silenzio va bene va benissimo ma intanto la legge dice come seguitava a tartagliare quella faccia gialla di canali gli suggerì la risposta 5537_3829_000111 il notaro si volse di qua e di là come cercasse per terra e si calcò il cappello in capo definitivamente e volse le spalle salute a chi rimane ce ne andiamo non abbiamo più nulla da fare 5537_3829_000112 voi piuttosto buonalana avete la cera di chi ha preso il terno al lotto il terno al lotto mi fate il contropelo anche un povero diavolo che s'arrabatta da mattina a sera 5537_3829_000113 un momento interruppe don gesualdo la candela è ancora accesa vediamo prima se hanno scritto l'ultima mia offerta come 5537_3829_000114 pur di farne perdere mille a don gesualdo che ha i magazzini pieni al marito di sua cugina vergogna ce n'ho venti salme anch'io capite vossignoria una birbonata 5537_3829_000115 conchiuse canali infervorato pazzie ragazzate un po' di sangue alla testa la giornata calda un puntiglio sciocco un malinteso ora tutto è finito andiamo via non facciamo ridere il paese e il notaro cercava di condurli a spasso tutti quanti 5537_3829_000116 com'è vero dio io l'ho fatto e io lo disfo urlava il vecchio motta inferocito largo largo si udì in mezzo alla folla giungeva don giuseppe barabba agitando un biglietto in aria 5537_3829_000117 il notaro era riuscito a cacciare il baronello contro il muro mentre costui in mezzo al baccano vomitava becco cuor contento redentore 5537_3829_000118 don gesualdo scrollava il capo sogghignando come a dire nossignore andate a rotta di collo voialtri soltanto seguitava a ripetere forse che io voglio cacciare il naso nei vostri scartafacci 5537_3829_000119 sissignore siamo parenti ma qui siamo venuti per la gabella delle terre comunali e io ho fatto l'offerta di sei onze e quindici tarì a salma 5537_3829_000120 non la spuntate no si son dati d'intesa tra di loro a sei onze e quindici la salma ultima offerta don gesualdo don gesualdo gridò il notaro quasi stesse per crollare la sala 5537_3829_000121 tre onze e quindici uno due quattro onze replicò don gesualdo impassibile il barone zacco si alzò rosso come se gli pigliasse un accidente annaspò alquanto per cercare il cappello e fece per andarsene 5537_3829_000122 intanto che il canonico parlava sottovoce a mastro don gesualdo il notaro da lontano cominciò a far dei segni don filippo si chinò all'orecchio di canali 5537_3829_000123 so quello che fanno rispose ridendo mastro don gesualdo ci ho pensato portando i sassi sulle spalle ah signor don filippo non sapete che soddisfazione essere arrivato fin qui faccia a faccia con vossignoria 5537_3829_000124 che paura ho per mio non sapete che a palermo hanno fatto la rivoluzione andò a chiudere l'uscio in punta di piedi e tornò cupo nero in viso 5537_3829_000125 rispose il canonico e si mise a guardare in aria la zia sganci osservava lei pure i mobili nuovi voltando la testa di qua e di là belli belli me l'aveva detto la cugina cirmena peccato che non mi sentissi bene la sera del matrimonio 5537_3829_000126 bianca tornò a guardare il marito e tacque imbarazzata ma egli la tolse d'impiccio io dico di no rispose semplicemente ah ah dite così 5537_3829_000127 quand'è così don gesualdo state a sentire discorriamola fra di noi il puntiglio non conta e nemmeno l'amicizia badiamo agli interessi a ogni frase piegava il capo ancora a destra e ora a sinistra con un fare cadenzato che doveva essere molto persuasivo 5537_3829_000128 lasciate stare queste son chiacchiere che non vanno al mulino ciascuno fa il suo interesse dico per rispondere a donna mariannina volete sentirne un'altra eh la più bella 5537_3829_000129 ah così si tratta in questa maniera va bene va benone ne discorreremo poi signor don filippo un memoriale a sua maestà il canonico col mantello sul braccio come un oratore romano perorava la causa dell'amico minaccioso 5537_3829_000130 lasciateci l'osso don gesualdo tappateci la bocca abbiamo denti e sappiamo mordere andremo a rotta di collo noialtri e voi pure 5537_3829_000131 signori miei strillò il barone zacco rientrando infuriato signori miei guardate un po' a che siam giunti cinque e quindici 5537_3829_000132 poi quando la zia sganci se ne fu andata prese a brontolare contro bianca che non si era messo il vestito buono per ricevere la zia allora a che serve aver la roba diranno che ti tengo come una serva bel gusto spendere i denari per non goderne né noi né gli altri 5537_3829_000133 nossignore rispose don gesualdo le terre le piglio tutte io mentre gli altri erano contenti e approvavano coi cenni del capo l'occhiata trionfante che il notaro tornava a volgere intorno quella risposta cadde come una secchia d'acqua 5537_3829_000134 a me che le avevo proposto l'affare si è messa d'accordo cogli avversari tutti contrari i parenti della moglie schierati contro il marito uno scandalo che non s'è mai visto hanno bandito un nuovo appalto per il ponte onde fargli perdere la cauzione a questo disgraziato 5537_3829_000135 no no mia moglie non sa cosa dice parla per soverchia affezione poveretta poscia mentre accompagnava il suo socio in anticamera soggiunse lo vedete comincia ad affezionarmisi 5537_3829_000136 dividete le terre fra voi tre senza liti senza puntigli senza farvi la guerra a vantaggio altrui a vantaggio di chi poi del comune vuol dire di nessuno mandiamo a monte l'asta 5537_3829_000137 gente che arrivava ogni momento attratta dal baccano che udivasi nel palazzo di città santo motta dalla piazza additava il balcone vociando a chi non voleva saperle le prodezze del fratello s'era affacciata persino donna arianna sganci coll'ombrellino mettendosi la mano dinanzi agli occhi 5537_3829_000138 pure che se i suoi figliuoli avessero avuto la stessa sorte erano proprio denari buttati via tante fatiche i guadagni stessi sempre con quel bel risultato 5537_3829_000139 era tanta la commozione che le mani del canonico tremavano sugli scartafacci il cavaliere lo prese per un braccio e andarono a raggiungere il notaro e il baronello che disputavano animatissimi in un canto della sala 5537_3829_000140 il canonico abbracciava anche comare speranza e il suo bambino avrebbero pianto gli stessi sassi per parte di moglie siete cugini è vero aggiunse don ninì tuttora un po' rosso in viso siamo cresciuti insieme con bianca come fratello e sorella 5537_3829_000141 io mi chiamo mastro nunzio signor barone non ho i fumi di mio figlio e perché poi a vantaggio di chi vi fate la guerra chi ne gode di tanto denaro buttato via 5537_3829_000142 villano testa di corno don filippo in mezzo a quel trambusto fu costretto a sedere di nuovo sul seggiolone sbuffando vuotò di un fiato il bicchiere d'acqua e suonò il campanello 5537_3829_000143 e dava da fare ai primi signori del paese nell'anticamera aspettava don giuseppe barabba in livrea signor don gesualdo c'è di là la mia padrona a farvi visita sissignore 5537_3829_000144 piglierò in affitto le terre del comune e quelle della contea pure tutte quante capite signor notaro allora comando ai prezzi e all'annata capite 6121_4125_000000 uscito dalla casa del chiarenza e sbarazzatosi con una furiosa scrollata di spalle del trigona che voleva dimostrargli tutto dolente la sua buona intenzione don mattia scala si recò prima in casa d'un suo amico avvocato 6121_4125_000001 ma già è inutile che stia a farvi il conto impazzireste per dirvi caro don mattia non me lo dite più per carità caro don mattia proruppe lo scala irritato di quell'interminabile discorso che non veniva a capo di nulla 6121_4125_000002 si riportò col pensiero al balcone della sua prossima cascina rivide il limite della sua angusta terra pensò che gli occhi suoi ora avrebbero dovuto arrestarsi là senza più scavalcare quel muro di cinta e spaziar lo sguardo nella terra accanto 6121_4125_000003 la coscienza della propria infamità non gl'ispirava ora che odio odio cupo e duro contro tutti e segnatamente contro il suo antico benefattore sua prima vittima non sapeva ancora che cosa lo scala volesse da lui ma era risoluto a non concedergli nulla 6121_4125_000004 dall'alto della giumenta lo scala lanciò uno sguardo d'odio a tutto quello zolfo che cigolava e scricchiolava continuamente agli urti ai sobbalzi dei carri senza molle 6121_4125_000005 legatemi bene legatemi bene non dubiti gli rispondeva sorridendo l'ingegnere adesso non ci scappa più firmato alla fine e registrato il contratto di cessione don mattia scala uscì come un pazzo dallo studio notarile corse al fondaco all'uscita del paese 6121_4125_000006 prove prove materiali del furto non ne avevo per mandarti in galera e dunque zitto me ne sono andato là in quei tre palmi di terra mentre qua tutto il paese a una voce t'accusava ti gridava ladro giuda non io non io 6121_4125_000007 ecco fatto bestia era infine che capiva e il pretore serio serio accigliato col testone calvo rosso sudato aveva fatto ripetuti segni di approvazione alla rara perspicacia del giovine medico tanto carino 6121_4125_000008 avete bisogno di far altri rilievi lassù domandò don mattia cupo impetuoso eh no guardate rispose l'ingegnere indicando la grande carta geologica appesa alla parete ov'era tracciato per cura del 6121_4125_000009 per lui per lui egli aveva trovato la forza di rialzarsi dalla miseria in cui lo aveva gettato il chiarenza quel ladro infame che ora gli toglieva la campagna 6121_4125_000010 lo interruppe a questo punto il chiarenza riponendosi gli occhiali sul naso già l'ho mossa oggi stesso protestando le cambiali a firma di vostro cugino scadute da un pezzo le mani avanti 6121_4125_000011 aspettate ripeté il trigona non vi disperate vediamo di rimediarla quanto intendevate di dare voi a filippino per la terra io gridò lo scala fermandosi di botto con le mani sul petto 6121_4125_000012 diciotto mila lire io contanti son circa sei ettari di terra tre salme giuste con la nostra misura sei mila lire a salma contanti dio sa quel che ho penato per metterle insieme e ora ora mi vedo sfuggir l'affare la terra sotto i piedi la terra che già consideravo mia 6121_4125_000013 lo scala si voltò alzò la mano a un violento gesto di minaccia e rispose guardandolo fieramente negli occhi ti brucio capitolo sette 6121_4125_000014 forse egli dall'alto di quello stradone non avrebbe mai più riveduto la collina come ora la vedeva fra vent'anni quelli che sarebbero venuti dopo di lui da quel punto dello stradone avrebbero veduto là un colle calvo arsiccio livido sforacchiato dalle zolfare 6121_4125_000015 subito ah domani domani stesso io ne parlerò al consiglio d'amministrazione intanto se volete qua ora possiamo stendere insieme la proposta che sarà senza dubbio accettata se voi non ponete avanti altri patti ho bisogno di legarmi subito scattò lo scala tutto tutto distrutto è vero sarà tutto distrutto lassù 6121_4125_000016 lo scala prima d'andarsene raccomandò di nuovo allo scelzi di sbrigar la faccenda con la massima sollecitudine a tamburo battente e legatemi bene ma dovettero passar due giorni per la deliberazione del consiglio della società delle zolfare per la scrittura dell'atto presso il notaio per la registrazione dell'atto stesso 6121_4125_000017 tita malata di tisi si sentiva forse mancare il respiro anche a causa probabilmente di quel fazzoletto che il povero don filippino le aveva legato al collo forse un po' troppo stretto o perché se lo fosse stretto lei stessa tentando di slegarselo 6121_4125_000018 una brezza lieve si levò salendo la luna e allora le foglie di tutti quegli alberi come se avessero sentito la loro condanna di morte si scossero quasi in un brivido lungo che si ripercosse su la schiena di don mattia scala curvo su la giumenta bianca 6121_4125_000019 dopo altre inutili rimostranze convennero di recarsi quel giorno stesso con le dodicimila lire in mano dal chiarenza per tentare un accordo capitolo sei 6121_4125_000020 e come aspettando di giorno in giorno che quella maledetta bestiaccia morisse per pigliar possesso avesse speso nel podere in più stagioni col consenso del lo cicero stesso beninteso 6121_4125_000021 e il mio denaro scattò allora lo scala il fondo del lo cìcero non valeva più di diciottomila lire ma ora io ne ho spese più di seimila dunque facendolo stimare onestamente tu non potresti averlo per meno di ventiquattromila 6121_4125_000022 destando una certa meraviglia mista di dileggio o di commiserazione negli abitanti del paese per i quali quella casa non era altro che una cupa decrepita stamberga 6121_4125_000023 ho poi come sapete caro don mattia nove figliuoli maschi che debbono andare a scuola bestie una più dell'altro ma vanno a scuola debbo dunque per forza stare in città 6121_4125_000024 avrebbe fatto bene anche a lui dicevano gli si sarebbe forse schiarita un po' la faccia che da quando era entrato in quella casa gli era diventata dello stesso colore però soggiungevano 6121_4125_000025 il municipio secondo i soci di questo circolo avrebbero dovuto provvedere a quello sconcio obbligando il chiarenza a dare almeno un intonaco decente alla sua casa 6121_4125_000026 basta sotterrato il cugino fucilata la scimmia saro trigona si mise a disposizione di don mattia scala caro don mattia discorriamo c'era poco da discorrere lo scala con quel suo fare a scatti gli espose brevemente il suo accordo col lo cìcero 6121_4125_000027 registrazione di imagine novelle per un anno il fumo terza parte capitolo cinque niente né un rigo di testamento né un appunto pur che fosse in qualche registro o in qualche pezzetto di carta volante 6121_4125_000028 approvando col capo serio serio come il pretore chiarissimo e io dal canto mio caro don mattia son disposto a rispettare l'accordo fo il sensale e voi lo sapete tempacci 6121_4125_000029 e si sentì come in prigione quasi più senz'aria senza più libertà in quel campicello suo col suo nemico che sarebbe venuto ad abitare là no no distruzione distruzione né io né lui 6121_4125_000030 tenendo in mano il suo pezzolone a dadi rossi e neri l'emblema della sua sfortunata prudenza lo scala e il trigona entrarono nella sala del banco era anch'essa quasi buia con una sola finestra ferrata che dava su un angusto vicoletto 6121_4125_000031 lo scelzi era uno di quegli ingegneri che passando ogni mattina per la via mulattiera innanzi al cancello della villa per recarsi alle zolfare della vallata lo avevano con maggior insistenza sollecitato per la cessione del suolo quante volte lo scala per chiasso non lo aveva minacciato di chiamare i cani per farlo scappare 6121_4125_000032 ci sono i registri parlano chiaro lascia stare i registri gridò lo scala facendosi avanti qua ora si tratta dei miei denari quelli spesi da me nel podere e che ne so io fece il chiarenza stringendosi nelle spalle e chiudendo gli occhi chi ve li ha fatti spendere 6121_4125_000033 e invece ingrato l'aveva fatta fucilare proprio così fu-ci-la-re il giorno dopo nonostante che il giovane medico venuto in campagna insieme col pretore avesse trovato una graziosa spiegazione del delitto incosciente della bestia 6121_4125_000034 quantunque di domenica lo scelzi non ricevesse per affari si affrettò a lasciar passare nello studio l'insolito visitatore voi don mattia qual buon vento lo scala con le enormi sopracciglia aggrottate si piantò di fronte al giovine ingegnere sorridente lo guardò negli occhi e rispose 6121_4125_000035 vestiti tutti su per giù allo stesso modo con un greve abito di panno turchino scuro scarponi di cuoio grezzo imbullettati ai piedi in capo una berretta nera a calza con la nappina in punta alcuni portavano gli orecchini tutti essendo domenica rasi di fresco 6121_4125_000036 aveva in quel momento gli occhiali a staffa rialzati su la fronte stretta rugosa e guardava innanzi a sé con gli occhi torbidi quasi spenti sotto le grosse palpebre gravi evidentemente si sforzava di dominare l'intera agitazione e di apparir calmo di fronte allo scala 6121_4125_000037 no no ruggì tra i denti al pensiero del chiarenza né io né lui e spronò la giumenta come per volar là a distruggere d'un colpo la campagna che non poteva più esser sua 6121_4125_000038 per collocare una partita di zolfo ci vuol la mano di dio la senseria se ne va in francobolli e in telegrammi questo per dirvi che io con la mia professione non potrei attendere alla campagna di cui non so proprio che farmi 6121_4125_000039 brucino e guardò attorno gli alberi con la gola stretta d'angoscia quegli olivi centenari dal grigio poderoso tronco stravolto immobili come assorti in un sogno misterioso nel chiarore lunare immaginò come tutte quelle foglie ora vive si sarebbero aggricciate ai primi fiati agri della zolfara aperta lì 6121_4125_000040 saro trigona si levò in piedi per troncare quella discussione dichiarando ma dodicimila non bastano caro don mattia gliene debbo più di venti a quel boia figuratevi ventimila lire esclamò lo scala trasecolando 6121_4125_000041 vedo che vi sta molto a cuore quella terra e volentieri ve la lascerei per farvi piacere se non mi trovassi in queste condizioni di salute vedete come sto i medici mi hanno consigliato riposo e aria di campagna 6121_4125_000042 tu tino làbiso che ne dici eh può essere è vero che bestia che bestia che bestia e don mattia si calcava fin sopra gli occhi con le mani afferrate alla tesa e pestava i piedi dalla rabbia 6121_4125_000043 sì come se la scimmia non gliel'avesse regalata lui apposta si sfogava a dire lo scala di nascosto avrebbe dovuto farle coniare una medaglia d'oro a quella scimmia 6121_4125_000044 don mattia ne convenne e cangiando tono e maniera parlò al chiarenza del suo lungo amore per quella campagna contigua soggiungendo che non avrebbe saputo acconciarsi mai a vedersela tolta dopo tanti stenti durati per essa 6121_4125_000045 ma che mal'annata quella che verrà gli rispose lo scala quando avrete aperto la zolfara sospettò allora lo scelzi che don mattia scala avesse ricevuto tristi notizie dal figliuolo scomparso 6121_4125_000046 dima chiarenza con gli occhi bassi si pose una mano dietro le reni per tirarsi su piano piano dal seggiolone di cuoio col volto atteggiato di spasimo ma saro trigona lo costrinse a rimaner seduto e subito col suo solito opprimente garbuglio di frasi cominciò a esporre allo scala lo scopo della visita 6121_4125_000047 per esporgli il caso di cui era vittima e domandargli se potendo agire giudiziariamente per il riconoscimento del suo credito sarebbe riuscito a impedire al chiarenza di pigliare possesso del podere l'avvocato non comprese nulla in principio 6121_4125_000048 del corpo delle miniere tutto il campo minerale della regione fissò col dito un punto nella carta e aggiunse è qui non c'è bisogno d'altro e allora possiamo contrattare subito 6121_4125_000049 anche lui disgraziato borbottò don mattia guardando i contadini in attesa stupiti come il servo della presenza di lui in quella casa poco dopo dall'espressione dei loro volti lo scala poté facilmente argomentare chi fra essi veniva a saldare il suo debito 6121_4125_000050 non io perché quel boja come voi dite benissimo della mia firma non ha mai voluto saperne e allora don filippino domandò lo scala coprendosi il volto con le mani come per non vedere le parole che gli uscivano di bocca 6121_4125_000051 son pronto ah benissimo cedete non cedo voglio contrattare sentiamo i patti e non li sapete esclamò lo scelsi ve li ho ripetuti tante volte 6121_4125_000052 dima chiarenza esclamò subito lo scala scattando in piedi pallidissimo scaraventò il cappello per terra si passò furiosamente una mano sui capelli poi rimanendo con la mano dietro la nuca sbarrando gli occhi e appuntando l'indice dell'altra mano come un'arma verso il trigona 6121_4125_000053 bene rispose calmissimo il chiarenza siccome il trigona me ne deve venticinquemila vuol dire che io prendendomi il podere vengo a perdercene mille oltre gl'interessi dunque venticinque esclamò allora don mattia rivolto al trigona con gli occhi sbarrati 6121_4125_000054 il sole la investiva con gli ultimi raggi lo scala vi fissò gli occhi e strinse nel pugno le briglie fino a farsi male gli parve che il sole salutasse per l'ultima volta il verde della collina 6121_4125_000055 diciottomila se la buon'anima me l'avesse lasciato subito il possesso del fondo ma più di seimila già ce l'ho spese e questo è conto che si può far subito sul luogo ho i testimoni quest'anno stesso ho piantato due migliaia di vitigni americani spaventosi e poi 6121_4125_000056 né io né lui lo brucio scrivete non vi curate di quello che dico lo scelzi sedette innanzi alla scrivania e si mise a scrivere la proposta esponendo prima man mano i patti vantaggiosi tante volte già respinti sdegnosamente dallo scala che ora invece cupo accigliato annuiva col capo a ognuno 6121_4125_000057 l'avallo sospirò il trigona tentennando il capo amaramente don mattia si mise a girar per la stanza esclamando con le mani per aria rovinato rovinato rovinato 6121_4125_000058 si contentasse dunque il chiarenza per il momento del denaro ch'egli aveva con sé avrebbe avuto il resto fino all'ultimo centesimo da lui non più dal trigona 6121_4125_000059 stesa finalmente la proposta l'ingegnere scelzi non seppe resistere al desiderio di conoscere il perché di quella risoluzione improvvisa inattesa mal'annata 6121_4125_000060 non è ancora un mese che mi è toccato a pagare novemila lire a un negoziante di licata per differenza di prezzo su una partita di zolfo lasciatemi stare furono le ultime cambiali che mi avallò il povero filippino dio l'abbia in gloria 6121_4125_000061 due giorni tremendi per don mattia scala non mangiò non dormì fu come in un continuo delirio andando di qua e di là dietro allo scelzi a cui ripeteva di continuo 6121_4125_000062 il quale dal canto suo doveva obbligarsi di non muovere nessuna azione giudiziaria contro l'eredità lo cìcero aspettando piano piano figliuolo 6121_4125_000063 carichi di zolfo i quali dalle lontane zolfare della vallata di là dalla collina che ancora non si scorgeva si recavano lenti e pesanti alla stazione ferroviaria sotto il paese 6121_4125_000064 come una bocca d'inferno poi sarebbero cadute poi gli alberi nudi si sarebbero anneriti poi sarebbero morti attossicati dal fumo dei forni l'accetta lì allora legna da ardere tutti quegli alberi 6121_4125_000065 e che avete mangiato denari voi e i vostri figliuoli il trigona trasse un lunghissimo sospiro e battendo una mano sul braccio dello scala disse e le mie disgrazie don mattia 6121_4125_000066 aspettate gli disse don mattia prima d'andarsene sapreste per caso indicarmi dove sta di casa l'ingegnere scelzi della società delle zolfare di comitini l'avvocato gl'indicò la via e il numero della casa e don mattia scala ormai deciso vi andò difilato 6121_4125_000067 saro trigona cercò d'interporsi facendo balenare al chiarenza le dodicimila lire contanti che don mattia aveva nel portafogli il denaro è denaro 6121_4125_000068 dove nel venire tre giorni addietro aveva lasciato la giumenta cavalcò e via il sole era al tramonto per lo stradone polveroso don mattia s'imbatté in una lunga fila di carri 6121_4125_000069 non si vedeva che zolfo dappertutto in quel paese lo zolfo era anche nell'aria che si respirava e tagliava il respiro e bruciava gli occhi finalmente a una svolta dello stradone apparve la collina tutta verde 6121_4125_000070 e non bastava il danno toccava per giunta a don mattia scala le beffe degli amici eh già perché infatti nocio butera per esempio avrebbe facilmente immaginato che don filippino lo cìcero sarebbe morto a quel modo ucciso dalla scimmia 6121_4125_000071 per non apparire pentito d'una colpa ch'egli aveva sempre sdegnosamente negata rappresentando lo scala come un pazzo questi che da anni e anni non lo aveva più riveduto neanche da lontano rimase dapprima stupito a mirarlo 6121_4125_000072 caro don mattia caro don mattia basta concludiamo ho già perso troppo tempo con la scimmia e con don filippino ecco riprese il trigona senza scomporsi 6121_4125_000073 e vola aggiunse subito il chiarenza il meglio impiego del denaro oggi è sulle terre sappiatelo caro mio le cambiali armi da guerra a doppio taglio la rendita sale e scende la terra invece è là che non si muove 6121_4125_000074 saro trigona finché il cugino non fu sotterrato dopo gli accertamenti del medico e del pretore non gli volle dare ascolto protestando che la disgrazia non gli consentiva di parlare d'affari 6121_4125_000075 don mattia scala ripeté su tutte le furie al chiarenza il suo accordo col lo cìcero male soggiunse richiudendo gli occhi il chiarenza per la pena che gli costava la calma che voleva dimostrare ma quasi non tirava più fiato 6121_4125_000076 volendo essere giusti gliel'aveva recata in dote la moglie quella casa ed egli proferendo il sì sacramentale s'era forse obbligato a rispettare la doppia antichità don mattia scala e saro trigona trovarono nella vasta anticamera quasi buia una ventina di contadini 6121_4125_000077 soggiunse lo scala le campagne dico le campagne tutte distrutte è vero eh fece lo scelzi stringendosi nelle spalle questo cerco questo voglio esclamò allora don mattia battendo un pugno sulla scrivania qua ingegnere scrivete scrivete 6121_4125_000078 tenendo anche ferma la stima di ventiquattromila lire come se quelle seimila lui non ce le avesse spese e anche fino al saldo delle venticinquemila se voleva cioè dell'intero debito del trigona che posso dirti di più 6121_4125_000079 lo stradone era fiancheggiato da due interminabili siepi di fichidindia le cui pale per il continuo transito di quei carri erano tutte impolverate di zolfo alla loro vista la nausea di don mattia si accrebbe 6121_4125_000080 la casa di dima chiarenza sorgeva sulla piazza principale del paese era una casa antica a due piani annerita dal tempo innanzi alla quale solevano fermarsi con le loro macchinette fotografiche i forestieri inglesi e tedeschi che si recavano a vedere le zolfare 6121_4125_000081 che il lo cìcero non poteva più vendere a nessuno il podere perché aveva firmato a me tante cambiali per un valore che sorpassava quello del podere stesso e così riprese lo scala tu ti approfitterai anche del mio denaro 6121_4125_000082 perché il chiarenza lo avrebbe senza misericordia spogliato di tutto e buttato in mezzo a una strada a un tratto l'uscio del banco si aprì e tino làbiso col volto infocato quasi paonazzo con gli occhi lustri come se avesse pianto scappò via senza veder nessuno 6121_4125_000083 che guastava l'armonia della piazza col palazzo comunale di fronte stuccato e lucido che pareva di marmo e maestoso anche con quel loggiato a otto colonne la matrice di qua il palazzo della banca commerciale di là che aveva a pianterreno uno splendido caffè da una parte dall'altra il circolo di compagnia 6121_4125_000084 anche la terra ora vuoi levarmi la terra dove io ho buttato il sangue mio ma perché perché così feroce contro di me che t'ho fatto io non ho nemmeno fiatato dopo il tuo tradimento da giuda avevo da pensare alla moglie che mi moriva per causa tua al figlio scomparso per causa tua 6121_4125_000085 parecchie migliaja di lire che dovevano per conseguenza detrarsi dalla somma convenuta chiaro eh chiarissimo rispose il trigona che aveva ascoltato con molta attenzione il racconto dello scala 6121_4125_000086 dima chiarenza ascoltò con gli occhi chiusi impassibile il discorso appassionato dello scala poi gli disse assumendo anche lui un altro tono più funebre e più grave sentite don mattia 6121_4125_000087 ebbene forse era saltata sul letto per indicare al padrone dove si sentiva mancare il respiro lì al collo e gliel'aveva preso con le mani poi nell'oppressura non riuscendo a tirare il fiato esasperata forse s'era messa a scavare con le unghie lì nella gola del padrone 6121_4125_000088 non lo avrebbe riconosciuto ridotto in quello stato se lo avesse incontrato per strada il castigo di dio pensò e aggrottò le ciglia comprendendo subito che così ridotto quell'uomo doveva credere d'aver già scontato il delitto e di non dovergli più perciò nessuna riparazione 6121_4125_000089 mentre don mattia si sfogava così saro trigona si toccava le dita accigliato per farsi i conti diciottomila oh dunque si dice piano lo interruppe lo scala 6121_4125_000090 male vedo che voi al solito non sapete trattare gli affari e me lo rinfacci tu gridò lo scala tu non rinfaccio nulla ma santo dio avreste dovuto almeno sapere prima di spendere codesti denari che voi dite 6121_4125_000091 e dove sarò io allora pensò provando un senso di vuoto che subito lo richiamò al pensiero del figlio lontano sperduto randagio per il mondo se pure era ancor vivo un impeto di commozione lo vinse e gli occhi gli s'empirono di lagrime 6121_4125_000092 era già sera quando pervenne ai piedi della collina dove girarla per un tratto prima d'imboccar la via mulattiera ma era sorta la luna e pareva che a mano a mano raggiornasse i grilli tutto intorno 6121_4125_000093 voi aggiunse voi da quel boia da quell'assassino che mi ha mangiato vivo quanto avete preso aspettate vi dirò rispose il trigona con calma dolente ponendo innanzi una mano 6121_4125_000094 chi recava soltanto una parte della somma tolta in prestito e aveva già negli occhi la preghiera che avrebbe rivolta all'usuraio perché avesse pazienza per il resto fino al mese venturo chi non portava nulla e pareva schiacciato sotto la minaccia della fame 6121_4125_000095 sopraffatto dalla concitazione con cui lo scala aveva parlato si provò a calmarlo ma invano insomma prove documenti ne avete non ho un corno e allora andate a farvi benedire che volete da me 6121_4125_000096 non dir così proruppe lo scala indignato e furente tu pensi agli eredi non hai figli tu pensi ai nipoti giusto ora non ci hai mai pensato 6121_4125_000097 di franco voglio nuocerti come t'ho sempre nociuto ah non t'è bastato d'avermi distrutta la casa d'avermi quasi uccisa la moglie e messo in fuga per disperazione l'unico figlio non t'è bastato d'avermi ridotto là misero in ricompensa del bene ricevuto 6121_4125_000098 veniamo a noi c'è un guaio c'è eh caro don mattia purtroppo guaio grosso nove figliuoli dicevamo e voi non sapete non potete farvi un'idea di quanto mi costino di scarpe soltanto 6121_4125_000099 sapeva che alcuni mesi addietro egli aveva rivolto una supplica a roma perché per mezzo degli agenti consolari fossero fatte ricerche dovunque ma non volle toccar quel tasto doloroso 6121_4125_000100 lo scelzi lo guardò meravigliato conosceva da un pezzo l'indole strana e impulsiva dello scala ma non ricordava d'averlo mai veduto così ma i danni del fumo disse saranno previsti nel contratto e compensati lo so non me n'importa 6121_4125_000101 questi si agitò su la seggiola come su un arnese di tortura balbettando ma co come ecco figliuolo ve lo faccio vedere rispose senza scomporsi il chiarenza ponendosi di nuovo la mano dietro le reni e tirandosi su con pena 6121_4125_000102 ah tutte quelle campagne sarebbero scomparse tra breve neppure un filo d'erba sarebbe più cresciuto lassù e lui lui sarebbe stato il devastatore della verde collina 6121_4125_000103 mentre ora con un lieve sacrificio prendendomi quella terra posso riavere subito il mio e provvedere alla mia salute voglio lasciar tutto in regola io ai miei eredi 6121_4125_000104 salutavano freneticamente quell'alba lunare attraversando le campagne lo scala si sentì pungere da un acuto rimorso pensando ai proprietarii di quelle terre tutti suoi amici i quali in quel momento non sospettavano certo il tradimento ch'egli aveva fatto loro 6121_4125_000105 ah esclamò lo scala fremente te ne verresti là dunque accanto a me per altro riprese il chiarenza voi ora non mi dareste neanche la metà di quanto io debbo avere chissà dunque fino a quando dovrei aspettare per esser pagato 6121_4125_000106 no gridò pronto rabbiosamente il chiarenza torvo stravolto e allora né io né tu e lo scala si avviò per uscire che farete domandò il chiarenza rimanendo seduto e aprendo le labbra a un ghigno squallido 6121_4125_000107 di pieno giorno il chiarenza doveva tenere su la scrivania il lume acceso riparato da un mantino verde seduto su un vecchio seggiolone di cuojo innanzi alla scrivania il cui palchetto a casellario era pieno zeppo di carte il chiarenza teneva su le spalle uno scialletto in capo una papalina 6121_4125_000108 e un paio di mezzi guanti di lana alle mani orribilmente deformate dall'artritide quantunque non avesse ancora quarant'anni ne mostrava più di cinquanta la faccia gialla itterica i capelli grigi fitti aridi che gli si allungavano come a un malato sulle tempie 4712_5281_000000 nannina sua vicina di letto uscita il giorno avanti dall'ospedale le aveva mostrato appena rientrata in corsia dopo la lezione là nella sala in fondo 4712_5281_000001 le ordinò il professore che stava a capo d'un tavolino su cui era stesa una specie d'imbottita eccomi sissignore 4712_5281_000002 la passione la aveva accecata quando alla fine il fallo non s'era più potuto nascondere 4712_5281_000003 una povera creaturina innocente che va a finire all'ospizio dei trovatelli la òsimo a dir vero lo aveva scontato amaramente anche lei il suo fallo 4712_5281_000004 riccardo barni parlava con la giovine studentessa e non s'accorse in prima di lei che smarrita fra tanti giovani 4712_5281_000005 ed ecco fremeva d'impazienza ora aspettando l'arrivo degli studenti giunsero alla fine verso le dieci 4712_5281_000006 e lo aveva tolto difatti dopo il tentato suicidio riccardo era partito per firenze lei salvata per miracolo 4712_5281_000007 cacciata via sì proprio cacciata via poteva dire senz'alcuna misericordia senz'alcun riguardo neanche per il suo stato 4712_5281_000008 d'una sorte comune a troppe ragazze non aveva destato né una particolare pietà né un particolar timore per quell'oscura minaccia 4712_5281_000009 si conflisse uno stiletto puntato contro la parete là nel bel mezzo del segno che la rivale ignara le aveva tracciato 4712_5281_000010 aveva detto sorridendo la prima volta che non le restava ormai più altro che morire vittima come era però 4712_5281_000011 per quella caposala come per tutte le suore infermiere era una vecchia conoscenza raffaella òsimo 4712_5281_000012 scoppiò in singhiozzi il professore seccato la rimandò nella corsia ordinando alla caposala d'introdurre un'altra inferma meno isterica e meno scema di quella 4712_5281_000013 ella soffiava penosamente per le nari il fiato trattenuto quanto durò quel supplizio 4712_5281_000014 ch'era un bell'uomo alto di statura tutto raso con gli occhiali d'oro e gli disse indicando la studentessa straniera se me lo facesse disegnare da lei 4712_5281_000015 s'affrettò a ubbidire raffaella ma siccome stentava a tirarsi su a sedere sul tavolino sorrise di nuovo e disse non ci arrivo 4712_5281_000016 raffaella osimo serrò gli occhi per vergogna di quel suo misero seno esposto agli sguardi di tanti giovani là attorno al tavolino 4712_5281_000017 aveva tremato dapprima raffaella al pensiero che potesse toccare anche a lei ah così caduta così derelitta come ricomparirgli davanti lì 4712_5281_000018 la bionda studentessa seguì istintivamente quello sguardo aveva già notato l'improvviso turbamento del barni ora s'accorse ch'egli s'era ritirato là e si turbò anche lei vivamente 4712_5281_000019 dove si tenevano le lezioni di semeiotica la caposala la guardò male 4712_5281_000020 raffaella si stese sul tavolino e guardò la studentessa che si sollevava la veletta sulla fronte ah com'era bella bianca e delicata con gli occhi celesti dolci dolci 4712_5281_000021 o era sicurissimo riccardo che il padre avrebbe condisceso di buona voglia ma aveva appena diciannove anni era ancora studente di liceo non si sentiva il coraggio di far quella dichiarazione ai genitori 4712_5281_000022 due mesi circa dopo il parto era ritornata all'ospedale più di là che di qua con tre pasticche di sublimato in corpo 4712_5281_000023 li aveva seguiti con lo sguardo fino in fondo alla corsia poi era rimasta con gli occhi sbarrati levata su un gomito nannina la sua vicina di letto s'era messa a ridere 4712_5281_000024 raffaella rispose senza schiuder gli occhi ma con le palpebre che le fervevano nervosamente trentadue giorni son quasi guarita 4712_5281_000025 si sa che tutte le sedotte e le tradite minacciano il suicidio non bisogna darsi a credere tante cose 4712_5281_000026 ti mangeranno che vuoi che ti facciano le aveva risposto quella tocca a te toccherà anche alle altre tanto tu domani andrai via 4712_5281_000027 ed egli era sempre là presso la finestra perché non lo richiamava il professore perché non lo invitava a vedere il cuore di lei 4712_5281_000028 la avrebbe egli cercata con gli occhi almeno attraversando la corsia ma no no che importava più a lei ormai 4712_5281_000029 valessero a vincere l'opposizione che forse il barone avrebbe fatta al figliuolo maggiore riccardo quando questi come già le aveva promesso gli avrebbe dichiarato l'amore che sentiva per lei 4712_5281_000030 pallida come una morta convulsa in tutto il misero corpicino sorridente con gli occhi sfavillanti e i capelli che le cascavano da tutte le parti entrò nella sala 4712_5281_000031 per certi falli quando la bellezza sia sparita né compatimento né commiserazione certo i compagni di riccardo 4712_5281_000032 come seppe che nella mattinata gli studenti di medicina sarebbero ritornati all'ospedale raffaella òsimo pregò la caposala d'introdurla nella sala di primario 4712_5281_000033 che il groppo che le stringeva il cuore scioglieva né si allentava per quelle esortazioni nessuna cosa più la invogliava a sperare nella vita 4712_5281_000034 le volevano bene in quella corsia e avevano carità e sofferenza di lei per la timida e sorridente grazia della sua bontà pur così sconsolata 4712_5281_000035 l'altro giorno intanto dal suo lettino raffaella òsimo aveva veduto passare per la corsia gli studenti di medicina che facevano il corso di semejotica 4712_5281_000036 ma anche la disperazione in lei non si manifestava né con fosche maniere né con lacrime 4712_5281_000037 lei lavorava il barni si prendeva il merito della carità ma che glien'importava allora 4712_5281_000038 nuovo scoppio di risa degli studenti sorrise anche il professore perché ti vergogni nossignore ma sarei più contenta 4712_5281_000039 più piccoli del barone e anche un po' come dama di compagnia della baronessa senza stipendio beninteso 4712_5281_000040 c'era riccardo e come l'altro giorno accanto alla studentessa straniera si guardavano e si sorridevano 4712_5281_000041 riconosceva che s'era illusa che il vero inganno le era venuto dall'inesperienza dall'appassionata e credula sua natura 4712_5281_000042 più che dal giovine a cui s'era abbandonata e che non avrebbe potuto mai esser suo ma rassegnarsi no non poteva 4712_5281_000043 e fra questi studenti aveva riveduto dopo circa due anni riccardo con accanto una giovinetta che doveva essere una studentessa anche lei bionda bella straniera all'aspetto 4712_5281_000044 òsimo alzò le spalle e disse sorridendo voi portatemi e non ve ne curate 4712_5281_000045 alla voce del professore il barni si voltò e vide raffaella che lo fissava avvampata ora in volto 4712_5281_000046 e mentivano perché ai miseri ai vinti sorge spontaneo dal petto oppresso il bisogno di mentire ma lei non mentiva 4712_5281_000047 lo cercava con gli occhi e non sentiva il medico primario libero docente di semejotica che le diceva qua qua qua qua figliuola 4712_5281_000048 di tratto in tratto come la studentessa sospendeva un po' la percussione per segnare sotto il dito medio una breve lineetta con il lapis intinto in un bicchier d'acqua che uno studente lì presso reggeva 4712_5281_000049 diventò pallidissimo gli s'intorbidò la vista insomma gridò il professore qua 4712_5281_000050 era una povera cucitrice adesso tradita come tante altre abbandonata come tante altre ma un giorno sì anche le altre è vero dicevano allo stesso modo ma un giorno 4712_5281_000051 pagato senza dubbio dalla fazione avversaria del barone barni di cui egli era segretario zelante e fedele 4712_5281_000052 che quelle sue cure amorose cioè quei suoi servizi senz'alcun compenso dopo il sacrificio del padre 4712_5281_000053 non sarebbe stata una vendetta né lei del resto voleva vendicarsi quando però dopo circa mezz'ora nannina era ritornata al suo lettuccio 4712_5281_000054 aveva sofferto tanto prima lo strazio di vedersi ucciso il padre proditoriamente poi la caduta irreparabile di tutte le sue aspirazioni 4712_5281_000055 giovinetta ancora lei certamente avrebbe preso la patente di maestra se il padre che la manteneva con tanto amore agli studi 4712_5281_000056 raffaella òsimo però lo aveva detto e lo aveva fatto invano allora le buone suore assistenti s'eran provate a confortarla con la fede 4712_5281_000057 si guardò attorno sorrise nervosamente e domandò che debbo fare qua qua qua stendetevi qua 4712_5281_000058 ecco che si liberava dalla mantella prendeva il lapis demografico che il professore le porgeva e si chinava su lei per scoprirle con mani non ben sicure il seno 4712_5281_000059 ma guarda un po' che sfacciata e che ti figuri che ti faranno là dentro come a nannina rispose la osimo no 4712_5281_000060 e le aveva spiegato che cosa le avevano fatto di là e mostrato il corpo tutto segnato raffaella improvvisamente avevo cangiato idea 4712_5281_000061 così era venuta a roma in uno stato incerto la trattavano come se fosse della famiglia ma figurava intanto come istitutrice dei figliuoli 4712_5281_000062 s'era messa a far la giovine di sarta per mantenere sé e la zia era passato un anno riccardo era tornato a roma ma ella non aveva nemmen tentato di rivederlo 4712_5281_000063 e ci vuoi andare concluse quella per me ti servo ma bada che il segno non te lo levi più per molti giorni neppure col sapone 4712_5281_000064 vendendola così misera lo avrebbero deriso come con quella lucertolina t'eri messo 4712_5281_000065 che se per gli altri la sua storia non aveva nulla di particolare non era per ciò men dolorosa per lei 4712_5281_000066 e il barni aveva ceduto ma a patto che il figliuolo non ne avesse saputo nulla e le avesse credute già fuori di roma 4712_5281_000067 meglio aspettare qualche anno ora aspettando ma lì possibile nella stessa casa sempre vicina fra tante lusinghe dopo tante promesse con tanti giuramenti 4712_5281_000068 che la sua bionda compagna tracciava man mano su quello squallido senso così ridotto per lui ecco finalmente la percussione era finita 4712_5281_000069 raffaella sentì ridere tutti gli studenti e si riscosse vie più smarrita vide che riccardo si ritraeva in fondo alla sala verso la finestra 4712_5281_000070 e dal modo con cui la guardava ah raffaella non potevo ingannarsi appariva chiaramente che n'era innamorato e come gli sorrideva lei pendendo quasi dagli occhi di lui 4712_5281_000071 già due altre volte era sta lì all'ospedale la prima volta per eh benedette ragazze si lasciano infinocchiare e poi chi ci va di mezzo 4712_5281_000072 sentì posarsi una mano fredda sul cuore batte troppo disse subito con spiccato accento esotico la signorina ritraendo la mano quant'è che siete all'ospedale domandò il professore 4712_5281_000073 e si volse a guardare verso la finestra là in fondo ove riccardo s'era rincantucciato con le spalle volte alla sala 4712_5281_000074 non avrebbe alzato nemmeno il capo per farsi scorgere egli non doveva più vederla le bastava di avergli fatto conoscere come s'era ridotta per lui 4712_5281_000075 che hai veduto nulla e aveva sorriso anche lei riabbandonandosi sul letto perché il cuore le batteva come volesse balzare dal seno 4712_5281_000076 fallitole il proposito violento s'era fitto in capo di lasciarsi morire a poco a poco la zia un bel giorno aveva perduto la pazienza e se n'era ritornata in calabria 4712_5281_000077 vuoi farti vedere dagli studenti sì per favore prendete me ma lo sai che sembri una lucertola lo so non me n'importa prendete me 4712_5281_000078 ora c'era per l'anemia da un mese a forza d'iniezioni di ferro s'era già rimessa e tra pochi giorni sarebbe uscita dall'ospedale 4712_5281_000079 gli occhi però neri bellissimi le brillavano di nuovo acuti e in quel lettuccio il suo corpo di ragazzina minuscolo non pareva nemmeno tra le pieghe delle coperte 4712_5281_000080 ella aveva fatto come faceva anche adesso ascoltava attenta sorrideva diceva di sì ma si capiva 4712_5281_000081 ma il professore la chiamò su dunque a lei signorina orlitz contentiamo la paziente 4712_5281_000082 lavorava con tutto il cuore per acquistarsi la benevolenza paterna di chi la ospitava con una speranza segreta 4712_5281_000083 non fosse venuto a mancare così di colpo laggiù in calabria assassinato non per odio diretto ma durante le elezioni politiche per mano d'un sicario rimasto ignoto 4712_5281_000084 non le si cancellasse dal seno uscita dall'ospedale innanzi a un piccolo specchio nella sua povera cameretta 4712_5281_000085 era venuta poi la caposala a invitare nannina a vestirsi perché il professore la voleva di là per la lezione agli studenti e che debbono farmi avevo domandato nannina 4712_5281_000086 ma la zia aveva scongiurato il barone di aspettare almeno con la nipote si fosse prima liberata a roma per non affrontar lo scandalo in un piccolo paese 4712_5281_000087 il barni aveva scritto a una vecchia zia di lei perché fosse venuta subito a riprendersela e a portarsela via laggiù in calabria promettendo un assegno 4712_5281_000088 strinse i denti e si provò ad aprire gli occhi li richiuse subito facendo un violento sforzo su se stessa per contenersi 4712_5281_000089 palpitazione troppo andiamo faccia la percussione ingiunse allora il professore ai primi picchi raffaella piegò da un lato la testa 4712_5281_000090 le era tornato in volto un po' di colore ma era ancor tanto magra tutta occhi e tutta capelli 4712_5281_000091 eletto deputato il barni sapendola anche orfana di madre e sola per farsi bello d'un atto di carità di fronte agli elettori la aveva accolta in casa 4712_5281_000092 prese con le mani tremanti la rimboccatura del lenzuolo e se la tirò sul volto come se fosse morta per tre giorni raffaella òsimo vigilò con attenta cura che il segno del cuore 4712_5281_000093 uno studente la aiutò a montare seduta prima di stendersi guardò il professore 3129_529_000000 pur mo venieno i tuo pensier tra' miei con simile atto e con simile faccia sì che d'intrambi un sol consiglio fei 3129_529_000001 taciti soli sanza compagnia n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo come frati minor vanno per via volt'era in su la favola d'isopo lo mio pensier per la presente rissa dov'el parlò della rana e del topo 3129_529_000002 il muso innanzi caccia e gli orecchi ritira per la testa come face le corna la lumaccia e la lingua ch'avea unita e presta prima a parlar si fende e la forcuta nell'altro si richiude e 'l fummo resta 3129_529_000003 però che giace tutto spezzato al fondo l'arco sesto e se l'andare avanti pur vi piace andatevene su per questa grotta presso è un altro scoglio che via face 3129_529_000004 quando fuor giunti assai con l'occhio bieco mi rimiraron sanza far parola poi si volsero in sé e dicean seco costui par vivo all'atto della gola e se son morti per qual privilegio vanno scoperti della grave stola 3129_529_000005 ahi pistoia pistoia ché non stanzi d'incenerarti sì che più non duri poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi 3129_529_000006 quel s'attuffo e tornò su convolto ma i demon che del ponte avean coperchio gridar qui non ha loco il santo volto qui si nuota altrimenti che nel serchio però se tu non vuo' di nostri graffi non far sopra la pegola soverchio 3129_529_000007 maremma non credo io che tante n'abbia quante bisce egli avea su per la groppa infin ove comincia nostra labbia 3129_529_000008 poscia passò di là dal co del ponte e com'el giunse in su la ripa sesta mestier li fu d'aver sicura fronte con quel furore e con quella tempesta ch'escono i cani addosso al poverello che di subito chiese ove s'arresta 3129_529_000009 frati godenti fummo e bolognesi io catalano e questi loderingo nomati e da tua terra insieme presi come suole esser tolto un uomo solingo per conservar sua pace e fummo tali ch'ancor si pare intorno dal gardingo 3129_529_000010 che se quello in serpente e quella in fonte converte poetando io non lo 'nvidio ché due nature mai a fronte a fronte non trasmuto si ch'amendue le forme a cambiar lor matera fosser pronte 3129_529_000011 ch'io non scorgessi ben puccio sciancato ed era quel che sol di tre compagni che venner prima non era mutato l'altr'era quel che tu gaville piagni fine canto venticinquesimo 3129_529_000012 co' piè di mezzo li avvinse la pancia e cogli ante lor le braccia prese poi li addentò e l'una e l'altra guancia il diretani alle cosce distese e miseli la coda tra ambedue e dietro per le ren su la ritese 3129_529_000013 cagnazzo a cotal motto levò il muso crollando 'l capo e disse odi malizia ch'elli ha pensata per gittarsi giuso ond'ei ch'avea lacciuoli a gran divizia rispuose malizioso son io troppo quand'io procuro a mia maggior tristizia 3129_529_000014 sovra le spalle dietro da la coppa con l'ali aperte gli giaceva un draco e quello affuoca qualunque s'intoppa lo mio maestro disse questi è caco che sotto 'l sasso di monte aventino di sangue fece spesse volte laco 3129_529_000015 e se non fosse che da quel precinto più che dall'altro era la costa corta non so di lui ma io sarei ben vinto ma perché malebolge inver la porta del bassissimo pozzo tutta pende lo sito di ciascuna valle porta 3129_529_000016 già mi sentia tutti arricciar li peli della paura e stava indietro intento quand'io dissi maestro se non celi te e me tostamente 3129_529_000017 del nostro ponte disse oh malebranche ecco degli anzian di santa zita mettetel sotto ch'i' torno per anche a quella terra che n'è ben fornita 3129_529_000018 ogne primaio aspetto ivi era casso due e nessun l'immagine perversa parea e tal sen gio con lento passo 3129_529_000019 ch'io 'l vidi uomo di sangue e di crucci e 'l peccator che 'ntese non s'infinse ma drizzò verso me l'animo e 'l volto e di trista vergogna si dipinse 3129_529_000020 attraversato e nudo nella via come tu vedi ed è mestier ch'el senta qualunque passa come pesa pria e a tal modo il socero si stenta in questa fossa e gli altri dal concilio fu per gli giudei mala sementa 3129_529_000021 e un'altra e le braccia e rilegollo ribadendo se stessa sì dinanzi che non potea con esse dare un crollo 3129_529_000022 noi discendemmo il ponte dalla testa dove s'aggiugne con l'ottava ripa e poi mi fu la bolgia manifesta e vidivi entro terribile stipa di serpenti e di sì diversa mena che la memoria il sangue ancor mi scipa 3129_529_000023 veggendo il mondo aver cangiata faccia in poco d'ora e prende suo vincastro e fuor le pecorelle a pascer caccia 3129_529_000024 ed ecco a un ch'era da nostra proda s'avventò un serpente che 'l trafisse là dove 'l collo e le spade s'annoda né o si tosto mai né i si scrisse com'el s'accese e arse e cener tutto convenne che cascando divenisse 3129_529_000025 allor gli fu l'orgoglio sì caduto che si lasciò cascar l'uncino a' piedi e disse agli altri omai non sia feruto e 'l duca mio a me oh tu che siedi tra li scheggion del ponte quatto quatto sicuramente omai a me ti riedi 3129_529_000026 alichin non si tenne e divin toppo agli altri disse a lui se tu ti cali io non ti verrò dietro di gualoppo ma batterò sovra la pece l'ali lascisi 'l collo e sia la ripa scudo a veder se tu sol più di noi vali 3129_529_000027 come ramarro sotto la gran fersa dei dì canicular cangiando sepe folgore par se la via attraversa sì pareva venendo verso lepe degli altri due un serpentello acceso livido e nero come gran di pepe 3129_529_000028 cosi mi fece sbigottir lo mastro quand'io li vidi si turbar la fronte e così tosto al mal giunse lo 'mpiastro che come noi venimmo al guasto ponte lo duca a me si volse con quel piglio dolce ch'io vidi prima a pie' del monte le braccia aperse 3129_529_000029 ristetti e vidi due mostrar gran fretta dell'animo col viso d'esser meco ma tardavali il carco e la via stretta 3129_529_000030 lo buon maestro acciò che non si paia che tu ci sia mi disse giù t'acquatta dopo uno scheggio che alcun schermo t'aia e per nulla offension che mi sia fatta non temer tu ch'i' ho le cose conte perché l'altra volta fui a tal baratta 3129_529_000031 ma quel demonio che tenea sermone col duca mio si volse tutto presto e disse posa posa scarmiglione poi disse a noi più oltre andar per questo iscoglio non si può 3129_529_000032 abbaglia ma dentro tutte piombo e gravi tanto che federigo le mettea di paglia oh in etterno faticoso manto noi ci volgemmo ancor pur a man manca con loro insieme intenti al tristo pianto 3129_529_000033 io cominciai oh frati i vostri mali ma più non dissi ch'a l'occhio mi corse un crucifisso in terra con tre pali quando mi vide tutto si distorse soffiando nella barba con sospiri 3129_529_000034 tal era il peccator levato poscia oh potenza di dio quant'è severa che cotai colpi per vendetta croscia lo duca il domandò poi chi ello era per ch'ei rispuosi io piovvi di toscana poco tempo è in questa gola fiera 3129_529_000035 allor mi volsi come l'uom cui tarda di veder quel che li convien fuggire e cui paura subito gagliarda che per veder non indugia il partire e vidi dietro a noi un diavol nero correndo su per lo scoglio venire 3129_529_000036 barbariccia con gli altri suoi dolente quattro ne fé volar da l'altra costa con tutt'i raffi e assai prestamente di qua di là discesero a la posta 3129_529_000037 e poi che fu a terra sì distrutto la polver si raccolse per sé stessa e 'n quel medesmo ritornò di butto così per li gran savi si confessa che la fenice more e poi rinasce quando al cinquecentesimo anno appressa 3129_529_000038 più che tu non speri s'appressa un sasso che della gran cerchia si move e varca tutti i vallon feri salvo che 'n questo è rotto e nol coperchia montar potrete su per la ruina che giace in costa e nel fondo scoperchia 3129_529_000039 omai convien che tu così ti spoltre disse 'l maestro ché seggendo in piuma in fama non si vien né sotto coltre sanza la qual chi sua vita consuma cotal vestigio in terra di sé lascia qual fummo in aere e in acqua la schiuma 3129_529_000040 lo duca dunque ordì negli altri rii conosci tu alcun che sia latino sotto la pece e quelli i' mi partii 3129_529_000041 non corse mai sì tosto acqua per doccia a volger ruota di molin terragno quand'ella più verso le pale s'approccia come 'l maestro mio per quel vivagno portandosene me sovra 'l suo petto come suo figlio non come compagno 3129_529_000042 io vidi entrar le braccia per l'ascelle e i due pie' de la fiera ch'eran corti tanto allungar quanto accorciavan quelle poscia li pie' di retro insieme attorti diventaron lo membro che l'uom cela e 'l misero del suo n'avea due porti 3129_529_000043 deh sanza scorta andianci soli se tu sa' ir ch'i' per me non la cheggio se tu se' sì accorto come suoli non vedi tu che digrignando i denti e con le ciglia ne minaccian duoli ed elli a me 3129_529_000044 parlando andava per non parer fievole onde una voce uscì de l'altro fosso a parole formar disconvenevole non so che disse ancor che sovra il dosso fossi dell'arco già che varca quivi ma chi parlava ad ire parea mosso 3129_529_000045 ma l'altro fu bene sparvier grifagno ad artigliar ben lui e amendue cadder nel mezzo del bogliente stagno lo caldo sghermitor subito fue ma però di levarsi era neente si avieno inviscate l'ali sue 3129_529_000046 io era volto in giù ma gli occhi vivi non poteano ire al fondo per lo scuro per ch'io maestro fa' che tu arrivi da l'altro cinghio e dismontiam lo muro 3129_529_000047 e 'l frate catalan ch'a ciò s'accorse mi disse quel confitto che tu miri consigliò i farisei che convenia porre un uom per lo popolo a' martiri 3129_529_000048 ma per lo peso quella gente stanca venia sì pian che noi eravam nuovi di compagnia ad ogne mover d'anca per ch'io al duca mio fa' che tu trovi alcun ch'al fatto o al nome si conosca e gli occhi sì andando intorno movi 3129_529_000049 non va co' suoi fratei per un cammino per lo furto che frodolente fece del grande armento ch'elli ebbe a vicino onde cessar le sue opere biece sotto la mazza d'ercule che forse gliene die cento e non sentì le diece 3129_529_000050 tragge marte vapor di val di magra ch'è di torbidi nuvoli involuto e con tempesta impetuosa e agra sovra campo picen fia combattuto ond'ei repente spezzerà la nebbia si ch'ogne bianco ne sarà feruto e detto l'ho perche doler ti debbia 3129_529_000051 mentre che sì parlava ed el trascorse e tre spiriti venner sotto noi de' quali né io né 'l duca mio s'accorse se non quando gridar chi siete voi perché nostra novella si ristette e intendemmo pur ad essi poi 3129_529_000052 quando con trombe e quando con campane con tamburi e con cenni di castella e con cose nostrali e con istrane né già con sì diversa cennamella cavalier vidi muover né pedoni né nave a segno di terra o di stella 3129_529_000053 di che ciascun di colpa fu compunto ma quei più che cagion fu del difetto però si mosse e gridò tu se' giunto ma poco i valse che l'ali al sospetto non potero avanzar 3129_529_000054 e però leva su vinci l'ambascia con l'animo che vince ogne battaglia se col suo grave corpo non s'accascia più lunga scala convien che si saglia non basta da costoro esser partito se tu m'intendi o far sì che ti vaglia 3129_529_000055 le gambe con le cosce seco stesse s'appiccar sì che 'n poco la giuntura non facea segno alcuno che si paresse togliea la coda fessa la figura che si perdeva là e la sua pelle si facea molle e quella di là dura 3129_529_000056 tra questa cruda e tristissima copia correan genti nude e spaventate sanza sperar pertugio o elitropia con serpi le man dietro avean legate quelle ficcavan per la ren la coda e 'l capo ed eran dinanzi aggroppate 3129_529_000057 per ch'io mi mossi e a lui venni ratto e i diavoli si fecer tutti avanti sì ch'io temetti ch'ei tenesser patto così vid'io già temer li fanti ch'uscivan patteggiati di caprona veggendo sé tra nemici cotanti 3129_529_000058 irato calcabrina de la buffa volando dietro gli tenne invaghito che quei campasse per aver la zuffa e come 'l barattier fu disparito così volse gli artigli al suo compagno e fu con lui sopra 'l fosso ghermito 3129_529_000059 taccia lucano ormai là dove tocca del misero sabello e di nasidio e attenda a udir quel ch'or si scocca taccia di cadmo e d'aretusa ovidio 3129_529_000060 che prende il figlio e fugge e non s'arresta avendo più di lui che di se cura tanto che solo una camiscia vesta e giù dal collo de la ripa dura supin si diede a la pendente roccia che l'un de' lati a l'altra bolgia tura 3129_529_000061 credi tu malacoda qui vedermi esser venuto disse il mio maestro sicuro già da tutti i vostri schermi senza voler divino e fato destro lascia andar ché nel cielo è voluto ch'io mostri altrui questo cammin silvestro 3129_529_000062 la giù trovammo una gente dipinta che giva intorno assai con lenti passi piangendo e nel sembiante stanca e vinta 3129_529_000063 elli 'l serpente e quei lui riguardava l'un per la piaga e l'altro per la bocca fummavan forte e 'l fummo si scontrava 3129_529_000064 già le notti al mezzo di sen vanno quando la brina in su la terra assempra l'immagine di sua sorella bianca ma poco dura alla sua penna tempra 3129_529_000065 e un che 'ntese la parola tosca di retro a noi gridò tenete i piedi voi che correte sì per l'aura fosca forse ch'avrai da me quel che tu chiedi onde il duca si volse e disse aspetta e poi secondo il suo passo procedi 3129_529_000066 vita bestial mi piacque e non umana sì come a mul ch'i' fui son vanni fucci bestia e pistoia mi fu degna tana e io al duca dilli che non mucci e domanda che colpa qua giù 'l pinse 3129_529_000067 vasel d'ogne froda ch'ebbe i nemici di suo donno in mano e fè sì lor che ciascun se ne loda danar si tolse e lasciolli di piano sì com'e' dice e negli altri offici anche barattier fu non picciol ma sovrano 3129_529_000068 e qual è quel che cade e non sa como per forza di demon ch'a terra li tira o d'altra oppilazion che lega l'omo quando si leva che 'ntorno si mira tutto smarrito de la grande angoscia ch'elli ha sofferta e guardando sospira 3129_529_000069 non vo che tu paventi lasciali digrignar pur a lor senno che fanno ciò per gli lessi dolenti per l'argine sinistro volta dienno ma prima avea ciascun la lingua stretta coi denti 3129_529_000070 levami allor mostrandomi fornito meglio di lena ch'i' non mi sentia e dissi va' ch'i' son forte e ardito su per lo scoglio prendemmo la via ch'era ronchioso stretto e malagevole ed erto più assai che quel di pria 3129_529_000071 così vid'io la settima zavorra mutare e trasmutare e qui mi scusi la novità se fior la penna abborra e avvegna che gli occhi miei confusi fossero alquanto e l'animo smagato non poter quei fuggirsi tanto chiusi 3129_529_000072 usa con esso donno michel zanche di logodoro e a dir di sardigna le lingue lor non si sentono stanche omè vedete l'altro che digrigna i direi anche ma i temo ch'ello non s'apparecchi a grattarmi la tigna 3129_529_000073 lo duca stette un poco a testa china poi disse mal contava la bisogna colui che i peccator di qua uncina e l frate io udi' gia dire a bologna del diavol vizi assai 3129_529_000074 appena fuoro i pie' suoi giunti al letto del fondo giù che furon in sul colle sovresso noi ma non gli era sospetto che l'alta provedenza che lor volle porre ministri de la fossa quinta poder di partirs'indi a tutti tolle 3129_529_000075 verso lor duca per cenno ed elli avea del cul fatto trombetta fine canto ventunesimo canto ventiduesimo 3129_529_000076 ciò che non corse indietro e si ritenne di quel soverchio fé naso alla faccia e le labbra ingrossò quanto convenne quel che giacea 3129_529_000077 e come all'orlo dell'acqua d'un fosso stanno i ranocchi pur col muso fuori sì che celano i piedi e l'altro grosso si stavan d'ogne parte i peccatori ma come s'appressava barbariccia così si ritraean sotto i bollori 3129_529_000078 tutti gridaron vada malacoda per ch'un si mosse e gli altri stetter fermi e venne a lui dicendo che gli approda 3129_529_000079 che com'i' odo quinci e non intendo così giù veggio e neente affiguro altra risposta disse non ti rendo se non lo far che la dimanda onesta sì de seguir con l'opera tacendo 3129_529_000080 ma perché di tal vista tu non godi se mai sarai di fuor da luoghi bui apri gli orecchi al mio annunzio e odi pistoia in pria d'i neri si dimagra poi fiorenza rinova gente e modi 3129_529_000081 già non compie di tal consiglio rendere ch'io li vidi venir con l'ali tese non molto lungi per volerne prendere lo duca mio di subito mi prese come la madre ch'al rumore è desta e vede presso a sé le fiamme accese 3129_529_000082 che l'una costa surge e l'altra scende noi pur venimmo al fine in su la punta onde l'ultima pietra si scoscende la lena m'era del polmon sì munta quand'io fui su ch'i non potea più oltre anzi m'assisi ne la prima giunta 3129_529_000083 oh tu che leggi udirai nuovo ludo ciascun dall'altra costa agli occhi volse quel prima ch'a ciò fare era più crudo lo navarrese ben suo tempo colse fermò le piante a terra e in un punto saltò e dal proposto lor si sciolse 3129_529_000084 poi disser me o tosco ch'al collegio de l'ipocriti tristi se venuto dir chi tu se non avere in dispregio e io a loro i' fui nato e cresciuto sovra l bel fiume d'arno a la gran villa e son col corpo ch'i' ho sempre avuto 3129_529_000085 i' vedea lei ma non vedea in essa mai che le bolle che 'l bollor levava e gonfiar tutta e riseder compressa mentre io laggiù fisamente mirava lo duca mio dicendo guarda guarda mi trasse a sé del loco dove io stava 3129_529_000086 già eran lì due capi un divenuti quando n'apparver due figure miste in una faccia ov'eran due perduti fersi le braccia due di quattro liste le cosce con le gambe e 'l ventre e 'l casso divenner membra che non fuor mai viste 3129_529_000087 così di ponte in ponte altro parlando che la mia comedia cantar non cura venimmo e tenavamo il colmo quando restammo per veder l'altra fessura di malebolge e gli altri pianti vani e vidila mirabilmente oscura 3129_529_000088 ier più oltre cinqu'ore che quest'otta mille dugento con sessanta sei anni compie' quel che vi la via fu rotta io mando verso là di questi miei e riguardar s'alcun se ne sciorina gite con lor che non saranno rei 3129_529_000089 poi disse più mi duol che tu m'hai colto nella miseria dove tu mi vedi che quando fui dell'altra vita tolto io non posso negar quel che tu chiedi in giù son messo tanto perch'io fui ladro alla sagrestia d'i begli arredi e falsamente già fu apposto altrui 3129_529_000090 e il gran proposto volto a farfarello che stralunava gli occhi per fedire disse fatti 'n costà malvagio uccello se volete voi vedere o udire ricominciò lo spaurato appresso toschi o lombardi io ne farò venire 3129_529_000091 io vidi già cavalier muover campo e cominciare stormo e far lor mostra e talvolta partir per loro scampo corridor vidi per la terra vostra o aretini e vidi gir gualdane fedir torneamenti e correr giostra 3129_529_000092 io non li conoscea ma ei seguette come suol seguitar per alcun caso che l'un nomar un altro convenette 3129_529_000093 e io maestro mio fa' se tu puoi che tu sappi chi è lo sciagurato venuto a mal degli avversari suoi lo duca mio gli accostò al lato 3129_529_000094 l'un si levò e l'altro cadde giuso non torcendo però le lucerne empie sotto le quai ciascun cambiava muso quel ch'era dritto il trasse ver le tempie e di troppa matera ch'in la venne uscir li orecchi de le gote scempie 3129_529_000095 come procede innanzi da l'ardore per lo papiro suso un color bruno che non è nero ancora e 'l bianco more li altri due li riguardavano e ciascuno gridava omé agnel come ti muti vedi che già non se né due né uno 3129_529_000096 ogn'uom v'è barattier fuor che bonturo del no per li denar vi si fa ita là giù 'l buttò e per lo scoglio duro si volse e mai non fu mastino sciolto con tanta fretta a seguitar lo furo 875_529_000000 mostrava l'altro la contraria cura con una spada lucida ed aguta tal che di qua dal rio mi fé paura poi vidi quattro in umile paruta e di retro da tutti un vecchio solo venir dormendo con la faccia arguta 875_529_000001 e la faccia del sol nascere ombrata sicché per temperanza di vapori l'occhio la sostenea lunga fiata così dentro una nuvola di fiori che dalle mani angeliche saliva e ricadeva in giù dentro e di fori 875_529_000002 quai fossi attraversati o quai catene trovasti perché del passare innanzi dovessiti così spogliar la spene e quali agevolezze o quali avanzi nella fronte delli altri si mostraro perché dovessi lor passeggiare anzi 875_529_000003 sì come luce luce in ciel seconda vennero appresso lor quattro animali coronati ciascun di verde fronda ognuno era pennuto di sei ali le penne piene d'occhi e gli occhi d'argo se fosser vivi sarebber cotali 875_529_000004 tutti cantavan benedicte tue nelle figlie d'adamo e benedetta sieno in etterno le bellezze tue poscia che i fiori e l'altre fresche erbette a rimpetto di me dall'altra sponda libere fuor da quelle genti elette 875_529_000005 li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte ma veggendomi in esso i trassi a l'erba tanta vergogna mi gravo la fronte cosi la madre al figlio par superba com'ella parve a me perche d'amaro sente il sapor de la pietade acerba 875_529_000006 tre passi ci facea il fiume lontani ma elesponto la ve' passò serse ancora freno a tutti orgogli umani più odio da leandro non sofferse per mareggiare intra sesto ed abido che quel da me perch'allor non s'aperse voi siete nuovi e forse perch'io rido cominciò ella 875_529_000007 ond'ella io dicerò come procede per sua cagion ciò ch'ammirar ti face e purgherò la nebbia che ti fiede lo sommo ben che solo esso a sé piace fe' l'uom buono e a bene e questo loco diede per arr'a lui d'etterna pace 875_529_000008 prega matelda che 'l ti dica e qui rispose come fa chi da colpa si dislega la bella donna questo e altre cose dette li son per me e son sicura che l'acqua di leté non gliel nascose e beatrice 875_529_000009 perché non t'attenti a domandarmi omai venendo meco come a color che troppo reverenti dinanzi a suo maggior parlando sono che non traggon la voce viva ai denti avvenne a me che sanza intero suono incominciai 875_529_000010 onde la mia risposta e con più cura che m'intenda colui che di là piagne perché sia colpa e duol d'una misura non pur per ovra delle rote magne che drizzan ciascun seme ad alcun fine secondo che le stelle son compagne 875_529_000011 oh luce oh gloria della gente umana che acqua è questa che qui si dispiega da un principio e se da sé lontana per cotal priego detto mi fu 875_529_000012 che 'l te ne porti dentro a te per quello che si reca il bordon di palma cinto e io sì come cera da suggello che la figura impressa non trasmuta segnato e or da voi lo mio cervello 875_529_000013 poco più oltre sette alberi d'oro falsava nel parere il lungo tratto del mezzo ch'era ancor tra noi e loro ma quand'i fui sì presso di lor fatto che l'obietto comun che 'l senso inganna 875_529_000014 rompendo della scorza non che dei fiori e de le foglie nove e ferì il carro di tutta sua forza ond'el piegò come nave in fortuna vinta dall'onda or da pioggia or da orza 875_529_000015 canto trentesimosecondo tanto era agli occhi miei fissi ed attenti a disbramarsi la decenne sete che gli altri sensi m'eran tutti spenti ed essi quinci e quindi avean parete di non caler così lo santo riso a sé traeli con l'antica 875_529_000016 dorme lo 'ngegno tuo se non estima per singolar cagione esser eccelsa lei tanto è sì travolta nella cima e se stati non fossero acqua d'elsa li pensier vani intorno alla tua mente e il piacer loro un piramo alla gelsa 875_529_000017 poi liquefatta in se stessa trapela pur che la terra che perde ombra spiri si che par foco fonder la candela così fui sanza lagrime e sospiri anzi 'l cantar di quei che notan sempre dietro a le note degli etterni giri 875_529_000018 tratto m'avea nel fiume infin la gola e tirandosi me dietro sen giva sovresso l'acqua lieve come scola quando fui presso a la beata riva asperges me sì dolcemente udissi che nol so rimembrar non ch'io lo scriva la bella donna nelle braccia aprissi 875_529_000019 io mi rivolsi d'ammirazion pieno al buon virgilio ed esso mi rispuose con vista carca di stupor non meno indi rendei l'aspetto all'alte cose che si movieno incontr'a noi sì tardi che foran vinte da novelle spose 875_529_000020 l'altre tre si fero avanti danzando al loro angelico caribo volgi beatrice volgi gli occhi santi era la sua canzone al tuo fedele che per vederti ha mossi passi tanti 875_529_000021 il dolce suon per canti era già inteso oh sacrosante vergini se fami freddi o vigilie mai per voi soffersi cagion mi sprona ch'io mercé vi chiami or convien che elicona per me versi e uranie m'aiuti col suo coro forti cose a pensar mettere in versi 875_529_000022 come anima gentil che non fa scusa ma fa sua voglia della voglia altrui tosto che è per segno fuor dischiusa così poi che da essa preso fui la bella donna mossesi e a stazio donnescamente disse vien con lui 875_529_000023 abbracciommi la testa e mi sommerse ove convenne ch'io l'acqua inghiottissi indi mi tolse e bagnato m'offerse dentro alla danza delle quattro belle e ciascuna del braccio mi coperse 875_529_000024 per sua difalta qui dimorò poco per sua difalta in pianto ed in affanno cambiò onesto riso e dolce gioco perché il turbar che sotto da sé fanno l'essalazion dell'acqua e della terra che quanto posson dietro al calor vanno all'uomo non facesse alcuna guerra 875_529_000025 e l'altra terra secondo ch'è degna per sé e per suo ciel concepe è figlia di diverse virtù diverse legna non parrebbe di là poi maraviglia udito questo quanto alcuna pianta senza seme palese vi s'appiglia 875_529_000026 questi ostendali indietro eran maggiori che la mia vista e quanto a mio avviso diece passi distavan quei di fori sotto così bel cielo com'io diviso ventiquattro seniori a due a due coronati venian di fiordaliso 875_529_000027 in su la sponda del carro a sinistra quando poi volsi al suon del nome mio che di necessità qui si registra vidi la donna che pria m'appario velata sotto l'angelica festa drizzar gli occhi ver me di qua dal rio 875_529_000028 se letè si passasse e tal vivanda fosse gustata sanza alcuno scotto di pentimento che lagrime spanda fine del canto trentesimo 875_529_000029 tosto che fu là dove l'erbe sono bagnate già da l'onde del bel fiume di levar gli occhi suoi mi fece dono non credo che splendesse tanto lume sotto le ciglia a venere 875_529_000030 e beatrice sospirosa e pia quelle ascoltava sì fatta che poco più a la croce si cambiò maria ma poi che l'altre vergini dier loco a lei di dir levata dritta in pè rispuose colorata come foco modicum et non videbitis me 875_529_000031 ritornaro alla parola dalla quale furon maggior sonni rotti e videro scemata loro scuola così di moisé come d'elia e al maestro suo cangiata stola tal tornai io e vidi quella pia sovra me starsi che conducitrice fu de' miei passi lungo il fiume pria 875_529_000032 ma virgilio n'avea lasciati scemi di sé virgilio dolcissimo patre virgilio a cui per mia salute die'mi ne quantunque perdeo l'antica matre valse a le guance nette di rugiada che lagrimando non tornasser atre 875_529_000033 tuttavia perché mo vergogna porte del tuo errore e perché altra volta udendo le serene sie più forte pon giù il seme del piangere ed ascolta si udirai come in contraria parte mover dovieti mia carne sepolta 875_529_000034 ed ecco un lustro subito trascorse da tutte parti per la gran foresta tal che di balenar mi mise in forse ma perché il balenar come vien resta e quel durando più e più splendeva nel mio pensier dicea che cosa è questa 875_529_000035 questo monte salia verso al ciel tanto e libero n'è d'indi ove si serra or perché in circuito tutto quanto l'aere si volge con la prima volta 875_529_000036 né l'impetrare ispirazion mi valse con le quali e in sogno e altrimenti lo rivocai sì poco a lui ne calse tanto giù cadde che tutti argomenti a la salute sua eran già corti 875_529_000037 poscia vidi avventarsi ne la cuna del triunfal veiculo una volpe che d'ogne pasto buon parea digiuna ma riprendendo lei di laide colpe la donna mia la volse in tanta futa quanto sofferser l'ossa sanza polpe 875_529_000038 guardaci ben ben son ben son beatrice come degnasti d'accedere al monte non sapei tu che qui è l'uom felice 875_529_000039 non scese mai con sì veloce moto foco di spessa nube quando piove da quel confin che più va remoto com'io vidi calar l'uccel di giove per l'alber giù 875_529_000040 di sospetto pieno e d'ira crudo disciolse il mostro e trassel per la selva tanto che sol di lei mi fece scudo a la puttana e a la nova belva fine del canto trentesimo secondo 875_529_000041 men che di rose e più che di viole colore aprendo s'innovò la pianta che prima avea le ramore sì sole io non lo 'ntesi né qui non si canta l'inno che quella gente allor cantaro né la nota soffersi tutta quanta s'io potessi ritrar come assonnaro gli occhi spietati udendo di sì lingua 875_529_000042 la donna mi sgridò perché pur ardi si ne l'aspetto de le vive luci e ciò che vien di retro a lor non guardi genti vid'io allor come a lor duci venire appresso vestite di bianco e tal candor di qua già mai non fuci 875_529_000043 vago già di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva ch'agli occhi temperava il novo giorno sanza piu aspettar lasciai la riva prendendo la campagna lento lento su per lo suol che d'ogne parte auliva 875_529_000044 ma poi ch'al poco il viso riformossi io dico al poco per rispetto al molto sensibile onde a forza mi rimossi vidi in sul braccio destro esser rivolto lo glorioso esercito e tornarsi col sole e con le sette fiamme al volto 875_529_000045 tutti dicean benedictus qui venis e fior gittando e di sopra e dintorno manibus oh date lilia plenis io vidi già nel cominciar del giorno la parte oriental tutta rosata e l'altro ciel di bel sereno adorno 875_529_000046 e tu che sei dinanzi e mi pregasti di' s'altro vuoli udir ch'i' venni presta ad ogne tua question tanto che basti l'acqua diss'io e 'l suon de la foresta impugnan dentro a me novella fede di cosa ch'io udì contraria a questa 875_529_000047 ma esce di fontana salda e certa che tanto dal voler di dio riprende quant'ella versa da due parti aperta da questa parte con virtù discende che toglie altrui memoria del peccato da l'altra d'ogne ben fatto la rende 875_529_000048 quel del sol che sviando fu combusto per l'orazion della terra devota quando fu giove arcanamente giusto tre donne in giro dalla destra rota venian danzando 875_529_000049 tal qual di ramo in ramo si raccoglie per la pineta in sul lito di chiassi quand'eolo scilocco fuor discioglie già m'avean trasportato i lenti passi dentro alla selva antica tanto ch'io non potea rivedere ond'io mi intrassi ed ecco per andarmi tolse un rio 875_529_000050 come le nostre piante quando casca giù la gran luce mischiata con quella che raggia dietro alla celeste lasca turgide fansi e poi si rinovella di suo color ciascuna pria che 'l sole giunga li suoi corsier sotto altra stella 875_529_000051 tu mi fai rimembrar dove e qual era proserpina nel tempo che perdette la madre lei ed ella primavera come si volge con le piante strette a terra ed intra a sé donna che balli 875_529_000052 quando per forza mi fu volto il viso ver la sinistra mia da quelle dee perch'io udii da loro un troppo fiso e la disposizion che a veder è negli occhi pur testé dal sol percossi sanza la vista alquanto esser mi fee 875_529_000053 ma per larghezza di grazie divine che sì alti vapori hanno a lor piova che nostre viste là non van vicine questi fu tal nella sua vita nova virtualmente ch'ogne abito destro fatto averebbe in lui mirabil prova 875_529_000054 fui io a lui men cara e men gradita e volse i passi suoi per via non vera imagini di ben seguendo false che nulla promession rendono intera 875_529_000055 madonna mia bisogna voi conoscete e ciò ch'ad essa è buono ed ella a me da tema e da vergogna voglio che tu omai ti disviluppe sì che non parli più com'om che sogna sappi che il vaso che il serpente ruppe fu e non è 875_529_000056 tu nota e sì come da me son porte così queste parole segna a' vivi del viver che è un correre alla morte e aggi a mente quando tu le scrivi di non celar qual hai vista la pianta ch'è or due volte dirubata quivi 875_529_000057 e vidi le fiammelle andar davanti lasciando dietro a sé l'aere dipinto e di tratti pennelli avean sembiante sì che lì sopra rimanea distinto di sette liste tutte in quei colori onde fa l'arco il sole e delia il cinto 875_529_000058 beato se' grifon che non discindi col becco d'esto legno dolce al gusto poscia che mal si torce il ventre quindi così dintorno all'alba riusci gridaron gli altri 875_529_000059 e quando per la barba il viso chiese ben conobbi il velen de l'argomento e come la mia faccia si distese posarsi quelle prime creature da loro aspersion l'occhio comprese 875_529_000060 e le mie luci ancor poco sicure vider beatrice volta in su la fera ch'è sola una persona in due nature sotto 'l suo velo e oltre la rivera vincer pariemi più sé stessa antica vincer che l'altre qui quand'ella c'era 875_529_000061 novo augelletto due o tre aspetta ma dinanzi dagli occhi d'i pennuti rete si spiega indarno o si saetta quali fanciulli vergognando muti con gli occhi a terra stannosi ascoltando a sé riconoscendo e ripentuti tal mi stav'io ed ella disse 875_529_000062 ch'al collo d'un grifon tirato venne esso tendeva in su l'una e l'altra ale tra la mezzana e le tre a tre liste sì ch'a nulla fendendo facea male 875_529_000063 che non paresse aver la mente ingombra tentando a render te qual tu paresti là dove armonizzando il ciel t'adombra quando nell'aere aperto ti solvesti fine del canto trentesimoprimo 875_529_000064 come sotto gli scudi per salvarsi volgesi schiera e sé gira col segno prima che possa tutta in sé mutarsi quella milizia del celeste regno che procedeva tutta trapassonne prima che piegasse il carro il primo legno 875_529_000065 pensa lettor s'io ma maravigliava quando vedea la cosa in sé star queta e nell'idolo suo si trasmutava mentre che piena di stupore e lieta l'anima mia gustava di quel cibo che saziando di sé di sé asseta se dimostrando di più altro tribolo negli atti 875_529_000066 e baciavansi insieme alcuna volta ma perchè l'occhio cupido e vagante a me rivolse quel feroce drudo la flagellò dal capo infin le piante poi 875_529_000067 di penter sì mi punse ivi l'ortica che di tutte altre cose qual mi torse più nel suo amor più mi si fè nemica tanta riconoscenza il cor mi morse ch'io caddi vinto e quale allora femmi salsi colei che la cagion mi porse 875_529_000068 sovra candido vel cinta d'uliva donna m'apparve sotto verde manto vestita di color di fiamma viva e lo spirito mio che già cotanto tempo era stato che alla sua presenza non era di stupor tremando affranto 875_529_000069 e or parean da la bianca tratte or da la rossa e dal canto di questa l'altre toglien l'andare e tarde e ratte da la sinistra quattro facean festa in porpore vestite dietro al modo d'una di lor ch'avea tre occhi in testa 875_529_000070 ella pur ferma in su la detta coscia del carro stando a le sustanze pie volse le sue parole così poscia voi vigilate ne l'etterno die sì che notte né sonno a voi non fura passo che faccia il secol per sue vie 875_529_000071 così sen giva e non credo che fosse lo decimo suo passo in terra posto quando con gli occhi gli occhi mi percosse e con tranquillo aspetto vien più tosto mi disse tanto che s'io parlo teco ad ascoltarmi tu sie ben disposto sì com'io fui com'io dovea seco dissemi frate 875_529_000072 così cantando cominciaro e poi al petto del grifon seco menarmi ove beatrice stava volta a noi disser fa che le viste non risparmi posto t'avem dinanzi agli smeraldi ond'amor già ti trasse le sue armi 875_529_000073 mille disiri più che di fiamma calda strinsermi li occhi agli occhi rilucenti che pur sopra 'l grifon stavan saldi come in lo specchio il sol non altrimenti la doppia fiera dentro vi raggiava or con altri or con altri reggimenti 875_529_000074 ed ella se tacessi o se negassi ciò che confessi non fora men nota la colpa tua da tal giudice sassi ma quando scoppia della propria gota l'accusa del peccato in nostra corte rivolge sé contra il taglio la rota 875_529_000075 confusione e paura insieme miste mi pinsero un tal sì fuor de la bocca al quale intender fuor mestier le viste come balestro frange quando scocca da troppa tesa la sua corda e l'arco e con men foga l'asta il segno tocca 875_529_000076 la gente verace venuta prima tra il grifone ed esso al carro volse sé come a sua pace e un di loro quasi da ciel messo veni sponsa de libano cantando gridò tre volte e tutti gli altri appresso 875_529_000077 trasformato così 'l dificio santo mise fuor teste per le parti sue tre sovra 'l temo e una in ciascun canto le prime eran cornute come bue ma le quattro un sol corno avean per fronte simile mostro visto ancor non fue 875_529_000078 poi quando il cor virtù di fuor rendemmi la donna ch'io avea trovata sola sopra me vidi e dicea tiemmi tiemmi 875_529_000079 s'io avessi lettor più lungo spazio da scrivere i' pur cantere' in parte lo dolce ber che mai non m'avria sazio ma perché piene son tutte le carte ordite a questa cantica seconda non mi lascia più ir lo fren dell'arte 875_529_000080 tanto salivan che non eran viste le membra d'oro avea quant'era uccello e bianche l'altre di vermiglio miste non che roma di carro così bello rallegrasse affricano o vero augusto ma quel del sol saria pover con ello 875_529_000081 sicura quasi rocca in alto monte seder sovra esso una puttana sciolta m'apparse con le ciglia intorno pronte e come perché non li fosse tolta vidi di costa a lei dritto un gigante 875_529_000082 appresso tutto il pertrattato nodo vidi due vecchi in abito dispari ma pari in atto ed onesto e sodo l'un si mostrava alcun de' famigliari di quel sommo ipocrate che natura all'animali fè ch'ell'ha più cari 875_529_000083 ma tanto più maligno e più silvestro si fa 'l terren col mal seme e non colto quant'elli ha più di buon vigor terrestro alcun tempo il sostenni col mio volto mostrando gli occhi giovanetti a lui meco il menava in dritta parte volto 875_529_000084 poi parve a me che la terra s'aprisse tr'ambo le ruote e vidi uscirne un drago che per lo carro su la coda fisse e come vespa che ritragge l'ago a sé traendo la coda maligna trasse del fondo e gissen vago vago 875_529_000085 però trascorro a quando mi svegliai e dico ch'un splendor mi squarciò il velo del sonno e un chiamar surgi che fai quali a veder de' fioretti del melo che del suo pome gli angeli fa ghiotti e perpetue nozze fa nel cielo pietro e giovanni e iacopo condotti e vinti 875_529_000086 e quando il carro a me fu a rimpetto un tuon s'udì e quelle genti degne parvero aver l'andar più interdetto fermandosi ivi con le prime insegne 875_529_000087 e una melodia dolce correva per l'aere luminoso onde buon zelo mi fè riprender l'ardimento d'eva che là dove ubidia la terra e 'l cielo femmina sola e pur testé formata non sofferse di star sotto alcun velo 875_529_000088 ti dovevi per lo primo strale de le cose fallaci levar suso di retro a me che non era più tale non ti dovea gravar le penne in giuso ad aspettar più colpi o pargoletta o altra vanita con sì breve uso 875_529_000089 dopo la tratta d'un sospiro amaro a pena ebbi la voce che rispuose e le labbra a fatica la formaro piangendo dissi le presenti cose col falso lor piacer volser miei passi tosto che 'l vostro viso si nascose 875_529_000090 non perdea per distanza alcun suo atto la virtù ch'a ragion discorso ammanna sì com'elli eran candelabri apprese e ne le voci del cantare osanna di sopra fiammeggiava il bello arnese più chiaro assai che luna per sereno di mezza notte nel suo mezzo mese 875_529_000091 noi siam qui ninfe e nel ciel siam stelle pria che beatrice discendesse al mondo fummo ordinate a lei per sue ancelle merrenti agli occhi suoi ma nel giocondo lume che dentro aguzzeranno i tuoi le tre di là che miran più profondo 875_529_000092 poi cerchiaro una pianta dispogliata di foglie e d'altra fronda in ciascun ramo la coma sua che tanto si dilata più quanto più e su fora da l'indi ne' boschi lor per altezza ammirata 875_529_000093 volsimi alla sinistra col respitto col quale il fantolin corre alla mamma quando ha paura o quando egli è afflitto per dicere a virgilio men che dramma di sangue m'è rimaso che non tremi conosco i segni dell'antica fiamma 875_529_000094 e l'animal binato sì si conserva il seme d'ogne giusto e volto al temo ch'elli avea tirato trasselo al pie' della vedova frasca e quel di lei a lei lasciò legato 875_529_000095 era la mia virtù tanto confusa che la voce si mosse e pria si spense che dalli organi suoi fosse dischiusa poco sofferse poi disse che pense rispondi a me che le memorie triste in te non sono ancor dall'acqua offense 875_529_000096 a descriver lor forme più non spargo rime lettor ch'altra spesa mi strigne tanto ch'a questa non posso esser largo ma leggi ezechiel che li dipigne come li vide da la fredda parte venir con vento e con nube e con igne 875_529_000097 e questi sette col primaio stuolo erano abituati ma di gigli d'intorno al capo non facean brolo anzi di rose e d'altri fior vermigli giurato avria poco lontano aspetto che tutti ardesser di sopra da cigli 875_529_000098 e saper dei che la campagna santa dove tu se' d'ogne semenza è piena e frutto ha in sé che di là non si schianta l'acqua che vedi non surge di vena che ristori vapor che gel converta come fiume ch'acquista e perde lena 875_529_000099 un'aura dolce sanza mutamento avere in sé mi feria per la fronte non di più colpo che soave vento per cui le fronde tremolando pronte tutte quante piegavano a la parte u' la prim'ombra gitta il santo monte 875_529_000100 mai non t'appresentò natura o arte piacer quanto le belle membra in ch'io rinchiusa fui e che so 'n terra sparte e se 'l sommo piacer sì ti fallio per la mia morte qual cosa mortale dovea poi trarre te nel suo disio 875_529_000101 e veggi vostra via da la divina distar cotanto quanto si discorda da terra il ciel che più alto festina ond'io rispuosi lei non mi ricorda ch'i' straniasse me già mai da voi ne honne coscienza che rimorda 875_529_000102 allor si mosse contra 'l fiume andando su per la riva e io pari di lei picciol passo con picciol seguitando non eran cento tra i suoi passi e i miei quando le ripe igualmente dier volta per modo ch'a levante mi rendei 875_529_000103 l'una tanto rossa che a pena fora dentro al foco nota l'altr'era come se le carni e l'ossa fossero state di smeraldo fatte la terza parea neve testé mossa 875_529_000104 canto ventesimoprimo oh tu che se di là dal fiume sacro volgendo suo parlare a me per punta che pur per taglio m'era paruto acro ricominciò seguendo sanza cunta di' di' se questo è vero a tanta accusa tua confession conviene esser congiunta 875_529_000105 per grazia fa' a noi grazia che disvele a lui la bocca tua sì che discerna la seconda bellezza che tu cele oh isplendor di viva luce etterna che palido si fece sotto l'ombra sì di parnaso o bevve in sua cisterna 875_529_000106 e forse che la mia narrazion buia qual temi e spinge men ti persuade perch'a lor modo lo 'ntelletto attuia ma tosto fier li fatti le naiade che solveranno questo enigma forte sanza danno di pecore o di biade 875_529_000107 né ancor fu cosi nostra via molta quando la donna tutta a me si torse dicendo frate mio guarda ed ascolta 875_529_000108 fuor che mostrarli le perdute genti per questo visitai l'uscio dei morti e a colui che l'ha qua su condotto li prieghi miei piangendo furon porti alto fato di dio sarebbe rotto 875_529_000109 non però dal loro esser dritto sparte tanto che gli augelletti per le cime lasciasser d'operare ogni lor arte ma con piena letizia l'ore prime cantando ricevieno intra le foglie che tenevan bordone alle sue rime 875_529_000110 indi alle rote si tornar le donne e il grifon mosse il benedetto carco sì che però nulla penna crollonne la bella donna che mi trasse al varco e stazio ed io seguitavam la rota che fé l'orbita sua con minore arco 875_529_000111 e se tu ricordar non te ne puoi sorridendo rispuose or ti rammenta come bevesti di letè ancoi e se dal fummo foco s'argomenta cotesta oblivion chiaro conchiude colpa ne la tua voglia altrove attenta veramente oramai saranno nude le mie parole 875_529_000112 ma poi che intesi nelle dolci tempre lor compatire a me più che se detto avesser donna perché sì lo stempre lo gel che m'era intorno al cor ristretto spirito e acqua fessi e con angoscia della bocca e degli occhi uscì del petto 875_529_000113 dante perché virgilio se ne vada non pianger anco non pianger ancora che pianger ti conven per altra spada quasi ammiraglio che in poppa ed in prora viene a veder la gente che ministra per gli altri legni e a ben far l'incora 875_529_000114 e piede innanzi piede a pena mette volsesi in su i vermigli e in su i gialli fioretti verso me non altrimenti che vergine che gli occhi onesti avvalli e fece i prieghi miei esser contenti sì appressando se che 'l dolce suono veniva a me coi suoi intendimenti 875_529_000115 qualunque ruba quella o quella schianta con bestemmia di fatto offende a dio che solo a l'uso suo la creò santa per morder quella in pena e in disio cinquemila anni e piu l'anima prima bramò colui che il morso in sé punio 875_529_000116 gli occhi a cui pur vegghiar costò sì caro come pintor che con essempro pinga disegnerei com'io m'addormentai ma qual vuol sia che l'assonnar ben finga 875_529_000117 cantando come donna innamorata continuò col fin di sue parole beati quorum tecta sunt peccata e come ninfe che si givan sole per le salvatiche ombre disiando qual di veder qual di fuggir lo sole 875_529_000118 quando per udir se' dolente alza la barba e prenderai più doglia riguardando con men di resistenza si dibarba robusto cerro o vero al nostral vento o vero a quel de la terra di iarba ch'io non levai al suo comando il mento 875_529_000119 quel che rimase come da gramigna vivace terra dalla piuma offerta forse con intenzion sana e benigna si ricoperse e funne ricoperta e l'una e l'altra rota e 'l temo intanto che più tiene un sospir la bocca aperta 875_529_000120 e quali troverai nelle sue carte tali eran quivi salvo ch'a le penne giovanni e meco e da lui si diparte lo spazio dentro a lor quattro contenne un carro in su due rote triunfale 875_529_000121 è tutto in dubbio dissi ov'è beatrice ond'ella vedi lei sotto la fronda nova sedere in su la sua radice vedi la compagnia che la circonda gli altri dopo il grifon sen vanno suso con più dolce canzone e più profonda e se più fu lo suo parlar diffuso non so 875_529_000122 per tante circostanze solamente la giustizia di dio nell'interdetto conosceresti all'arbor moralmente ma perch'io veggio te ne lo 'ntelletto fatto di pietra ed impetrato tinto sì che t'abbaglia il lume del mio detto voglio anco e se non scritto almen dipinto 875_529_000123 ch'io veggo certamente e però il narro a darne tempo già stelle propinque secure d'ogn'intoppo e d'ogni sbarro nel quale un cinquecento diece e cinque messo di dio anciderà la fuia con quel gigante che con lei delinque 875_529_000124 qui fu innocente l'umana radice qui primavera sempre ed ogni frutto nettare è questo di che ciascun dice io mi rivolsi indietro allora tutto a' miei poeti e vidi che con riso udito avean l'ultimo costrutto 875_529_000125 sotto al qual se divota fosse stata avrei quelle ineffabili delizie sentite prima e più lunga fiata mentr'io m'andava tra tante primizie de l'etterno piacer tutto sospeso e disioso ancora a più letizie dinanzi a noi tal quale un foco acceso ci si fé l'aere sotto i verdi rami 875_529_000126 ma perché tanto sovra mia veduta vostra parola disiata vola che più la perde quanto più s'aiuta perché conoschi disse quella scola c'hai seguitata e veggi sua dottrina come può seguitar la mia parola 875_529_000127 l'acqua imprendea dal sinistro fianco e rendea me la mia sinistra costa s'io riguardava in lei come specchio anco quand'io da la mia riva ebbi tal posta che solo il fiume mi facea distante per veder meglio ai passi diedi sosta 875_529_000128 però in pro del mondo che mal vive al caldo tiene io gli occhi e quel che vedi ritornato di là fa che tu scrive così beatrice e io che tutto ai piedi dei suoi comandamenti era divoto la mente e gli occhi ov'ella volle diedi 875_529_000129 sì scoppiai io sott'esso grave carco fuori sgorgando lagrime e sospiri e la voce allentò per lo suo varco ond'ella a me per entro i miei disiri che ti menavano ad amar lo bene di qua dal qual non è a che s'aspiri 875_529_000130 deh bella donna che a' raggi d'amore ti scaldi s'i' vo credere a sembianti che soglion esser testimon del core vegnati in voglia di trarreti avanti diss'io a lei verso questa rivera tanto ch'io possa intender che tu canti 642_529_000000 la gente che per li sepolcri giace potrebbesi veder già sollevati tutt'i coperchi e nessun guardia face e quelli a me tutti saran serrati quando di iosafat qui torneranno coi corpi che lassù hanno lasciati 642_529_000001 udir non potti quello ch'a lor porse ma ei non stette là con essi guari che ciascun dentro a pruova si ricorse 642_529_000002 le sue permutazion non hanno triegue necessità la fa esser veloce sì spesso vien chi vicenda consegue 642_529_000003 che gran disio mi stringe di savere se 'l ciel li addolcia o lo 'nferno li attosca e quelli ei son tra l'anime più nere 642_529_000004 oh virtù somma che per li empi giri mi volvi cominciai com'a te piace parlami e soddisfammi ai miei disiri 642_529_000005 tutti gridavano a filippo argenti e 'l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co' denti 642_529_000006 e io ch'avea di riguardar disio la condizion che tal fortezza serra com'io fui dentro l'occhio intorno invio e veggio ad ogni man grande campagna piena di duolo e di tormento rio 642_529_000007 e io maestro tra questi cotali dovrei io ben riconoscere alcuni che furo immondi di cotesti mali ed elli a me vano pensiero aduni 642_529_000008 come le rane innanzi alla nemica biscia per l'acqua si dileguan tutte fin ch'a la terra ciascuna s'abbica 642_529_000009 per ch'una gente impera e l'altra langue seguendo lo giudicio di costei che è occulto come in erba l'angue 642_529_000010 fine del canto ottavo quel color che viltà di fuor mi pinse veggendo il duca mio tornare in volta piuttosto dentro il suo novo ristrinse 642_529_000011 corda non pinse mai da sé saetta che si corresse via per l'aere snella com'io vidi una nave piccioletta 642_529_000012 qui puose fine al lagrimabil suono e io a lui ancor vo' che m'insegni e che di più parlar mi facci dono 642_529_000013 quali dal vento le gonfiate vele caggiono avvolte poi che l'alber fiacca tal cadde a terra la fiera crudele 642_529_000014 e io a lui da me stesso non vegno colui ch'attende là per qui mi mena forse qui guido vostro ebbe a disdegno 642_529_000015 pien di spavento perché tremavano amendue le sponde non altrimenti fatto che d'un vento impetuoso per gli avversi ardori 642_529_000016 vostro saver non ha contasto a lei questa provvede giudica e persegue suo regno come il loro gli altri dei 642_529_000017 tutto che questa gente maledetta in vera perfezion già mai non vada di là più che di qua essere aspetta 642_529_000018 fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte sì che per due fiate li dispersi s'ei fur cacciati ei tornar d'ogne parte rispuos'io lui l'una e l'altra fiata ma i vostri non appreser ben quell'arte 642_529_000019 non fiere gli occhi suoi lo dolce lume quando s'accorse d'alcuna dimora ch'io facea dinanzi a la risposta supin ricadde e più non parve fora 642_529_000020 or ci attristiam ne la belletta negra quest'inno si gorgoglian ne la strozza che dir nol posson con parola integra 642_529_000021 alte terrà lungo tempo le fronti tenendo l'altra sotto gravi pesi come che di ciò pianga o che n'adonti 642_529_000022 or puoi veder figliuol la corta buffa de' ben che son commessi alla fortuna perché l'umana gente si rabbuffa ché tutto l'oro ch'è sotto la luna e che già fu di quest'anime stanche non poterebbe farne posare una 642_529_000023 non avea membro che tenesse fermo e l duca mio distese le sue spanne prese la terra e con piene le pugna la gittò dentro a le bramose canne 642_529_000024 colui lo cui saver tutto trascende fece il cieli e diè lor chi conduce sì ch'ogni parte ad ogni parte splende distribuendo igualmente la luce 642_529_000025 elle giacean per terra tutte quante fuor d'una ch'a seder si levò ratto ch'ella ci vide passarsi davante 642_529_000026 e altro disse ma non l'ho a mente però che l'occhio m'avea tutto tratto ver l'alta torre alla cima rovente 642_529_000027 però comprender puoi che tutta morta fia nostra conoscenza da quel punto che del futuro fia chiusa la porta 642_529_000028 quest'è colei ch'è tanto posta in croce pur da color che le dovrien dar lode dandole biasmo a torto e mala voce 642_529_000029 non sanza prima far grande aggirata venimmo in parte dove il nocchier forte usciteci gridò qui è l'entrata io vidi più di mille in su le porte da ciel piovuti che stizzosamente dicean 642_529_000030 in la palude va c'ha nome stige questo tristo ruscel quand'è disceso al piè de le maligne piagge grige e io 642_529_000031 così facevan quivi d'ogne parte salvo che 'l modo v'era più amaro che tra gli avelli fiamme erano sparte per le quali eran sì del tutto accesi che ferro più non chiede verun'arte 642_529_000032 se per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno mio figlio ov'è e perché non è teco 642_529_000033 lo buon maestro disse figlio or vedi l'anime di color cui vinse l'ira e anche vo' che tu per certo credi che sotto l'acqua è gente che sospira e fanno pullular quest'acqua al summo 642_529_000034 noi veggem come quei c'ha mala luce le cose disse che ne son lontano cotanto ancor ne splende il sommo duce 642_529_000035 dissemi qui con più di mille giaccio qua dentro è il secondo federico e 'l cardinale e degli altri mi taccio 642_529_000036 vid'io più di mille anime distrutte fuggir così dinnanzi ad un ch'al passo passava stige con le piante asciutte 642_529_000037 chi è costui che sanza morte va per lo regno de la morta gente e 'l savio mio maestro fece segno di voler lor parlar segretamente 642_529_000038 similmente a li splendor mondani ordinò general ministra e duce che permutasse a tempo li ben vani di gente in gente e d'uno in altro sangue oltre la difension d'i senni umani 642_529_000039 ma non cinquanta volte fia raccesa la faccia de la donna che qui regge che tu saprai quanto quell'arte pesa 642_529_000040 maestro mio or mi dimostra che gente è questa e se tutti fuor cherci questi chercuti alla sinistra nostra 642_529_000041 cerbero fiera crudele e diversa con tre gole caninamente latra sopra la gente che quivi è sommersa 642_529_000042 appresso mosse a man sinistra il piede lasciammo il muro e gimmo inver lo mezzo per un sentier ch'a una valle fiede che 'nfin là su facea spiacer suo olezzo 642_529_000043 con l'unghie si fendea ciascuna il petto battiensi a palme e gridavan sì alto ch'i' mi strinsi al poeta per sospetto 642_529_000044 col grande stuolo e io maestro già le sue meschite la entro certe nella valle cerno vermiglie come se di foco uscite fossero 642_529_000045 udirà quel ch'in etterno rimbomba sì trapassammo per sozza mistura dell'ombre e della pioggia a passi lenti toccando un poco la vita futura per ch'io dissi 642_529_000046 per due fiammette che ei vedemmo porre e un'altra da lungi render cenno tanto ch'a pena il potea l'occhio torre e io mi volsi al mar di tutto 'l senno dissi 642_529_000047 indi s'ascose e inver l'antico poeta volsi i passi ripensando a quel parlar che mi parea nemico 642_529_000048 e dimmi la cagion perc'ha la tanta discordia assalita e quelli a me dopo lunga tencione verranno al sangue e la parte selvaggia caccerà l'altra con molta offensione 642_529_000049 venir per l'acqua verso noi in quella sotto 'l governo d'un sol galeoto che gridava or se' giunta anima fella 642_529_000050 le sue parole e 'l modo della pena m'avean di costui già letto il nome però fu la risposta così piena di subito drizzato gridò come dicesti elli ebbe non viv'elli ancora 642_529_000051 maestro mio diss'io or mi di' anche questa fortuna di che tu mi tocche che è che i ben del mondo ha sì tra branche 642_529_000052 flegias flegias tu gridi a voto disse lo mio signore a questa volta più non ci avrai che sol passando il loto 642_529_000053 tosto che il duca e io nel legno fui segando se ne va l'antica prora dell'acqua più che non suol con altrui 642_529_000054 noi recidemmo il cerchio a l'altra riva sovr'una fonte che bolle e riversa per un fossato che da lei deriva 642_529_000055 aleppe cominciò pluto con la voce chioccia e quel savio gentil che tutto seppe disse per confortarmi non ti noccia la tua paura 642_529_000056 come l'occhio ti dice uh che s'aggira fitti nel limo dicon tristi fummo nell'aere dolce che dal sol s'allegra portando dentro accidioso fummo 642_529_000057 lo buon maestro disse omai figliuolo s'appressa la città c'ha nome dite coi gravi cittadin 642_529_000058 questo che dice e che risponde quell'altro foco e chi son quei che 'l fenno ed elli a me su per le sucide onde gia scorgere puoi quello che s'aspetta se 'l fummo del pantan nol ti nasconde 642_529_000059 al tornar della mente che si chiuse dinanzi alla pietà dei due cognati che di trestizia tutto mi confuse 642_529_000060 più non ti dico e più non ti rispondo li diritti occhi torse allora in biechi guardommi un poco e poi chinò la testa cadde con essa a par degli altri ciechi 642_529_000061 o tu che se per questo inferno tratto mi disse riconoscimi se sai tu fosti prima ch'io disfatto fatto 642_529_000062 e a me disse tu perch'io m'adiri non sbigottir ch'io vincerò la prova qual ch'a la difension dentro s'aggiri 642_529_000063 qual è colui che grande inganno ascolta che li sia fatto e poi se ne rammarca fecesi flegiàs nell'ira accolta 642_529_000064 dove in un punto furon dritte ratto tre furie infernal di sangue tinte che membra feminine avieno e atto con idre verdissime eran cinte serpentelli e ceraste avien per crine 642_529_000065 io ch'era d'ubidir disideroso non gliel celai ma tutto gliel'apersi ond'ei levò le ciglia un poco in suso poi disse 642_529_000066 rispuose vedi che son un che piango e io a lui con piangere e con lutto spirito maledetto ti rimani ch'i ti' conosco ancor sie lordo tutto 642_529_000067 ma qui m'attendi e lo spirto lasso conforta e ciba di speranza buona ch'i' non ti lascerò nel mondo basso 642_529_000068 grandine grossa acqua tinta e neve per l'aere tenebroso si riversa pute la terra che questo riceve 642_529_000069 noi pur giungemmo dentro a l'alte fosse che vallan quella terra sconsolata le mura mi parean che ferro fosse 642_529_000070 qual è quel cane ch'abbaiando agogna e si racqueta poi che 'l pasto morde ché solo a divorarlo intende e pugna cotai si fecer quelle facce lorde de lo demonio cerbero che 'ntrona l'anime sì ch'esser vorrebber sorde 642_529_000071 farinata e 'l tegghiaio che fuor si degni iacopo rusticucci arrigo e 'l mosca e gli altri ch'a ben far puoser l'ingegni dimmi ove sono e fa' ch'io li conosca 642_529_000072 che giova nelle fata dar di cozzo cerbero vostro se ben mi ricorda ne porta ancor pelato il mento e l gozzo 642_529_000073 e noi movemmo i piedi inver la terra sicuri appresso le parole sante dentro li 'ntrammo sanz'alcuna guerra 642_529_000074 questa lor tracotanza non è nova che già l'usaro a men secreta porta la qual sanza serrame ancor si trova 642_529_000075 ben m'accorsi ch'elli era da ciel messo e volsimi al maestro e quei fe' segno ch'i' stessi queto ed inchinassi ad esso 642_529_000076 ahi giustizia di dio tante chi stipa nove travaglie e pene quant'io viddi e perché nostra colpa sì ne scipa 642_529_000077 allor distese al legno ambo le mani perché il maestro accorto lo sospinse dicendo via costà con li altri cani lo collo poi con le braccia mi cinse baciommi il volto e disse 642_529_000078 giusti son due e non vi sono intesi superbia invidia e avarizia sono le tre faville c'hanno i cuori accesi 642_529_000079 io avea già il mio viso nel suo fitto ed el s'ergea col petto e con la fronte com'avesse l'inferno a gran dispitto e l'animose man del duca e pronte mi pinser tra le sepolture a lui dicendo le parole tue sien conte 642_529_000080 che tu qui rimarrai che mi hai scorta sì buia contrada pensa lettor se io mi sconfortai nel suon delle parole maladette che non credetti ritornarci mai 642_529_000081 la sconoscente vita che i' fe sozzi ad ogni conoscenza or li fa bruni in etterno verranno alli due cozzi questi resurgeranno del sepulcro col pugno chiuso e questi coi crin mozzi 642_529_000082 e io a lui l'angoscia che tu hai forse ti tira fuor de la mia mente sì che non par ch'i' ti vedessi mai ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolente loco se' messo e hai sì fatta pena che s'altra e maggio nulla è sì spiacente 642_529_000083 poi appresso convien che questa caggia infra tre soli e che l'altra sormonti con la forza di tal che testé piaggia 642_529_000084 e io anima trista non son sola che tutte queste a simil pena stanno per simil colpa e più non fé parola 642_529_000085 onde le fiere tempie erano avvinte e quei che ben conobbe le meschine della regina dell'eterno pianto guarda mi disse le feroci erine 642_529_000086 buon duca non tegno riposto a te mio cuor se non per dicer poco e tu m'hai non pur mo a ciò disposto oh tosco che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto 642_529_000087 quando sarai dinnanzi al dolce raggio di quella il cui bell'occhio tutto vede da lei saprai di tua vita il viaggio 642_529_000088 maestro esti tormenti crescerann'ei dopo la gran sentenza o fier minori o saran sì cocenti 642_529_000089 ella s'è beata e ciò non ode con l'altre prime creature lieta volve sua spera e beata si gode 642_529_000090 poi ch'ebbe sospirando il capo mosso a ciò non fui io sol disse né certo sanza cagion cogli altri sarei mosso ma fui io solo là dove sofferto fu per ciascun di torre via fiorenza colui che la difesi a viso aperto 642_529_000091 dopo ciò poco vid'io quello strazio far di costui alle fangose genti che dio ancor ne lodo e ne ringrazio 642_529_000092 ma quell'altro magnanimo a cui posta restato m'era non mutò aspetto né mosse collo né piegò sua costa e se continuando al primo detto s'elli han quell'arte disse male appresa ciò mi tormenta più che questo letto 642_529_000093 oh caro duca mio che più di sette volte m'hai sicurtà renduta e tratto d'alto periglio che incontra mi stette 642_529_000094 questa question fec'io e quei di rado incontra mi rispuose che di noi faccia il cammino alcun per qual io vado 642_529_000095 quivi il lasciammo che più non ne narro ma nell'orecchio mi percosse un duolo per ch'io avante l'occhio intento sbarro 642_529_000096 or discendiamo omai a maggior pieta già ogni stella cade che saliva quand'io mi mossi e 'l troppo star si vieta 642_529_000097 ond'io a lui lo strazio e 'l grande scempio che fece l'arbia colorata in rosso tal orazion fa far nel nostro tempio 642_529_000098 io li rispuosi ciacco il tuo affanno mi pesa sì ch'a lacrimar m'invita ma dimmi se tu sai a che verrà li cittadin della città partita s'alcun v'è giusto 642_529_000099 dal volto rimovea quell'aere grasso menando la sinistra innanzi spesso e sol di quell'angoscia parea lasso 642_529_000100 ahi quanto mi parea pien di disdegno venne a la porta e con una verghetta l'aperse che non v'ebbe alcun ritegno 642_529_000101 attento si fermò com'uom ch'ascolta che l'occhio nol potea menare a lunga per l'aere nero e per la nebbia folta 642_529_000102 che di mirare stavo inteso vidi genti fangose in quel pantano ignude tutte con sembiante offeso 642_529_000103 gli occhi mi sciolse e disse or drizza il nerbo del viso su per quella schiuma antica per indi ove quel fummo è più acerbo 642_529_000104 non mi lasciar diss'io così disfatto e se 'l passar più oltre ci è negato ritroviam l'orme nostre insieme ratto 642_529_000105 oh cacciati dal ciel gente dispetta cominciò elli in su l'orribil soglia ond'esta oltracotanza in voi s'alletta perché recalcitrate a quella voglia a cui non puote il fin mai esser mozzo e che più volte v'ha cresciuta doglia 642_529_000106 questi fuor cherchi che non han coperchio piloso al capo e papi e cardinali in cui usa avarizia il suo soperchio 642_529_000107 subitamente questo suono uscio d'una de l'arche però m'accostai temendo un poco più al duca mio ed el mi disse volgiti che fai vedi la farinata che s'è dritto da la cintola in su tutto 'l vedrai 642_529_000108 noi passavam su per l'ombre che adona la greve pioggia e ponevam le piante sopra lor vanità che par persona 642_529_000109 sì come ad arli ove rodano stagna sì com'a pola presso del carnaro ch'italia chiude e suoi termini bagna fanno i sepulcri tutt'il loco varo 642_529_000110 poi si rivolse per la strada lorda e non fé motto a noi ma fé sembiante d'omo cui altra cura stringa e morda che quella di colui che li è davante 642_529_000111 diverse colpe giù li grava al fondo se tanto scendi là i potrai vedere ma quando tu sarai nel dolce mondo priegoti ch'a la mente altrui mi rechi 642_529_000112 noi aggirammo a tondo quella strada parlando più assai ch'io non ridico venimmo al punto dove si digrada 642_529_000113 io sono al terzo cerchio de la piova etterna maledetta fredda e greve regola e qualità mai non l'è nova 642_529_000114 d'intorno mi guardò come talento avesse di veder s'altri era meco e poi che il sospecciar fu tutto spento piangendo disse 642_529_000115 quanti si tegnon or là su gran regi che qui staranno come porci in brago di sé lasciando orribili dispregi 642_529_000116 sovr'essa vedestù la scritta morta e già di qua da lei discende l'erta passando per li cerchi sanza scorta tal che per lui ne fia la terra aperta 642_529_000117 fine del canto settimo io dico seguitando ch'assai prima che noi fossimo al piè dell'alta torre gli occhi nostri n'andar suso alla cima 642_529_000118 e io maestro molto sarei vago di vederlo attuffare in questa broda prima che noi uscissimo dal lago ed elli a me avanti che la proda ti si lasci veder tu sarai sazio di tal disio convien che tu goda 642_529_000119 volgiti indietro e tien lo viso chiuso che se il gorgon si mostra e tu il vedessi nulla sarebbe del tornar mai suso così disse il maestro 642_529_000120 e già 'l maestro mio mi richiamava per ch'i' pregai lo spirto piu avaccio che mi dicesse chi con lu istava 642_529_000121 novi tormenti e novi tormentati mi veggio intorno come ch'io mi mova e ch'io mi volga e come che io guati 642_529_000122 i' vidi ben si com'ei ricoperse lo cominciar con l'altro che poi venne che fur parole a le prime diverse ma nondimen paura il suo dir dienne 642_529_000123 lo duca mio discese nella barca e poi mi fece entrare appresso lui e sol quand'io fui dentro parve carca 642_529_000124 poi si volgea ciascun quand'era giunto per lo suo mezzo cerchio all'altra giostra e io ch'avea lo cor quasi compunto dissi 642_529_000125 vero è ch'altra fiata quaggiù fui congiurato da quella eriton cruda che richiamava l'ombre a' corpi sui 642_529_000126 così tornavan per lo cerchio tetro da ogni mano all'opposito punto gridandosi anche loro ontoso metro 642_529_000127 suo cimitero di questa parte hanno con epicuro tutti suoi seguaci che l'anima col corpo morta fanno 642_529_000128 ed elli a me tutti quanti fuor guerci sì de la mente in la vita primaia che con misura nullo spendio ferci 642_529_000129 ed elli a me ritorna a tua scienza che vuol quanto la cosa è più perfetta più senta il bene e così la doglienza 642_529_000130 deh se riposi mai vostra semenza pregai io lui solvetemi quel nodo che qui ha inviluppata mia sentenza 642_529_000131 ed ei mi disse il foco etterno ch'entro l'affoca le dimostra rosse come tu vedi in questo basso inferno 642_529_000132 e io maestro quai son quelle genti che seppellite dentro da quell'arche si fan sentir con i sospir dolenti 642_529_000133 però a la domanda che mi faci quinc'entro satisfatto sarà tosto e al disio ancor che tu mi taci e io 642_529_000134 allor come di mia colpa compunto dissi or direte dunque a quel caduto che 'l suo nato e co' vivi ancor congiunto 642_529_000135 mentre noi corravam la morta gora dinanzi mi si fece un pien di fango e disse chi se' tu che vieni anzi ora e io a lui s'i' vegno non rimango ma tu chi se' che sì se' fatto brutto 642_529_000136 el par che voi veggiate se ben odo dinanzi quel che l tempo seco adduce e nel presente tenete altro modo 642_529_000137 qui vidi gente piu ch'altrove troppa e d'una parte e d'altra con grand'urli voltando pesi per forza di poppa 642_529_000138 come fa l'onda là sovra cariddi che si frange con quella in cui s'intoppa così convien che qui la gente riddi 642_529_000139 di poco era di me la carne nuda ch'ella mi fece intrar dentr'a quel muro per trarne un spirto del cerchio di giuda 642_529_000140 e quel signore che lì m'avea menato mi disse non temer che 'l nostro passo non ci può torre alcun da tal n'è dato 642_529_000141 ed elli a me qui son li eresiarche co' lor seguaci d'ogni setta e molto più che non credi son le tombe carche 642_529_000142 com'io al pie' de la sua tomba fui guardommi un poco e poi quasi sdegnoso mi dimandò chi fuor li maggior tui 642_529_000143 la mente tua conserva quel ch'udito hai contra te mi comandò quel saggio e ora attendi qui e drizzò 'l dito 642_529_000144 assai la voce lor chiaro l'abbaia quando vengono a' due punti del cerchio dove colpa contrari alli dispaia 642_529_000145 elli si mosse e poi così andando mi disse perché se' tu sì smarrito e io li sodisfeci al suo dimando 642_529_000146 alma sdegnosa benedetta colei che 'n te s'incinse quei fu al mondo persona orgogliosa bontà non è che sua memoria fregi così s'è l'ombra sua qui furiosa 642_529_000147 dell'un de' lati fanno all'altro schermo volgonsi spesso i miseri profani quando ci scorse cerbero il gran vermo le bocche aperse e mostrocci le sanne 642_529_000148 'l duca disse a me più non si desta di qua dal suon de l'angelica tromba quando verrà la nimica podesta ciascun rivederà la trista tomba ripiglierà sua carne e sua figura 642_529_000149 l'acqua era buia assai più che persa e noi in compagnia dell'onde bige intrammo giù per una via diversa 642_529_000150 mal dare e mal tenere lo mondo pulcro ha tolto loro e posti a questa zuffa qual ella sia parole non ci appulcro 642_529_000151 fine del canto nono ora sen va per un secreto calle tra 'l muro de la terra e li martiri lo mio maestro e io dopo le spalle 642_529_000152 gli occhi alla terra e le ciglia avea rase d'ogni baldanza e dicea ne' sospiri chi m'ha negate le dolenti case 642_529_000153 e se tu mai nel dolce mondo regge dimmi perché quel popol è sì empio incontr'a' miei in ciascuna sua legge 642_529_000154 allor chiusero un poco il gran disdegno e disser vien tu solo e quei sen vada che sì ardito intrò per questo regno sol si ritorni per la folle strada pruovi se sa 642_529_000155 queste si percotean non pur con mano ma con la testa e col petto e coi piedi troncandosi co' denti a brano a brano 642_529_000156 che fier la selva e sanz'alcuno rattento li rami schianta abbatte e porta fori dinanzi polveroso va superbo e fa fuggir le fiere e li pastori 642_529_000157 ed elli a me la tua città ch'è piena d'invidia sicché già trabocca il sacco seco mi tenne in la vita serena voi cittadini mi chiamaste ciacco per la dannosa colpa de la gola come tu vedi a la pioggia mi fiacco 642_529_000158 pur a noi converrà vincer la punga comincio el se non tal ne s'offerse oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga 642_529_000159 tutti di lor coperchi eran sospesi e fuor n'uscivan sì duri lamenti che ben parean di miseri e d'offesi 642_529_000160 piacciati di restare in questo loco la tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patria natio a la qual forse fui troppo molesto 642_529_000161 chiuser le porte que' nostri avversari nel petto al mio segnor che fuor rimase e rivolsesi a me con passi rari 642_529_000162 quivi trovammo pluto il gran nemico fine del canto sesto pape satan pape satan 642_529_000163 gli occhi ha vermigli la barba unta e atra e 'l ventre largo e unghiate le mani graffia li spiriti iscoia ed isquatra urlar li fa la pioggia come cani 642_529_000164 ch'avete li 'ntelletti sani mirate la dottrina che s'asconde sotto il velame dei versi strani e già venia su per le torbide onde un fracasso d'un suon 642_529_000165 perch'io traeva la parola tronca forse a peggior sentenzia che non tenne in questo fondo della trista conca discende mai alcun del primo grado che sol per pena ha la speranza cionca 642_529_000166 ed elli stessi mi volse e non si tenne a le mie mani che con le sue ancor non mi chiudessi oh voi 642_529_000167 che poder ch'elli abbia non ci torrà lo scender questa roccia poi si rivolse a quella infiata labbia e disse taci maledetto lupo consuma dentro te con la tua rabbia 642_529_000168 simile qui con simile è sepolto e i monimenti son più o men caldi e poi ch'a la man destra si fu volto passammo tra i martiri e gli alti spaldi 645_529_000000 se t'ammentassi come meleagro si consumò al consumar d'un stizzo non fora disse a te questo sì agro e se pensassi come al vostro guizzo guizza dentro a lo specchio vostra image ciò che par duro ti parrebbe vizzo 645_529_000001 anima fatta la virtute attiva qual d'una pianta in tanto differente che questa è in via e quella è già a riva tanto ovra poi che già si move e sente come spungo marino e indi imprende ad organar le posse ond'è semente 645_529_000002 però mi dì per dio che sì vi sfoglia non mi far dir mentr'io mi maraviglio che mal puo dir chi è pien d'altra voglia ed elli a me 645_529_000003 come poté trovar dentro al tuo seno loco avarizia tra cotanto senno di quanto per tua cura fosti pieno queste parole stazio mover fenno un poco a riso pria poscia rispuose 645_529_000004 oh frate issa vegg'io diss'elli il nodo che 'l notaro e guittone e me ritenne di qua dal dolce stil novo ch'i odo io veggio ben come le vostre penne di retro al dittator sen vanno strette che de le nostre certo non avvenne 645_529_000005 per ch'io divenni tal quando lo 'ntesi qual è colui che ne la fossa è messo in su le man commesse mi protesi guardando il foco e immaginando forte umani corpi già veduti accesi 645_529_000006 che andate pensando sì voi sol tre subita voce disse ond'io mi scossi come fan bestie spaventate e poltre drizzai la testa per veder chi fossi e giammai non si videro in fornace vetri o metalli sì lucenti e rossi com'io vidi un che dicea 645_529_000007 chi crederebbe che l'odor d'un pomo sì governasse generando brama e quel d'un'acqua non sappiendo como già era in ammirar che sì li affama per la cagione ancor non manifesta di lor magrezza e di lor trista squama 645_529_000008 quivi la ripa fiamma in fuor balestra e la cornice spira fiato in suso che la reflette e via da lei sequestra ond'ir ne convenia dal lato schiuso ad uno ad uno 645_529_000009 li due poeti a l'alber s'appressaro e una voce per entro le fronde gridò di questo cibo avrete caro poi disse più pensava maria onde fosser le nozze orrevoli e intere ch'a la sua bocca ch'or per voi risponde 645_529_000010 e quando innanzi a noi intrato fue che li occhi miei si fero a lui seguaci come la mente alle parole sue parvemi i rami gravidi e vivaci d'un altro pomo e non molto lontani per esser pur allora volto in laci 645_529_000011 e quella faccia di là da lui più che l'altre trapunta ebbe la santa chiesa in le sue braccia dal torso fu e purga per digiuno l'anguille di bolsena e la vernaccia 645_529_000012 poi come grue ch'a le montagne rife volasser parte e parte inver l'arene queste del gel quelle del sole schife l'una gente sen va l'altra sen vene e tornan lagrimando a' primi canti e al gridar che piu lor si convene 645_529_000013 dritta salia la via per entro il sasso verso tal parte ch'io toglieva i raggi dinanzi a me del sol ch'era già basso e di pochi scaglion levammo i saggi che 'l sol corcar per l'ombra che si spense sentimmo dietro e io e li miei saggi 645_529_000014 quando mi vide star pur fermo e duro turbato un poco disse or vedi figlio tra beatrice e te è questo muro come al nome di tisbe aperse il ciglio piramo in su la morte 645_529_000015 ma già non fia il tornar mio tantosto ch'io non sia col voler prima a la riva però che 'l loco u' fui a viver posto di giorno in giorno più di ben si spolpa e a trista ruina par disposto 645_529_000016 non credo che così a buccia strema erisittone fosse fatto secco per digiunar quando più n'ebbe tema io dicea fra me stesso pensando ecco la gente che perdè ierusalemme quando maria nel figlio diè di becco 645_529_000017 poi volan più a fretta e vanno in filo così tutta la gente che li era volgendo il viso raffrettò suo passo e per magrezza e per voler leggera 645_529_000018 cosi fer molti antichi di guittone di grido in grido pur lui dando pregio finché l'ha vinto il ver con più persone or se tu hai sì ampio privilegio che licito ti sia l'andare al chiostro nel quale è cristo abate del collegio 645_529_000019 quinci su vo per non esser più cieco donna è di sopra che m'acquista grazia per che' l mortal per vostro mondo reco ma se la vostra maggior voglia sazia tosto divegna sì ch 'l ciel v'alberghi ch'è pien d'amore e più ampio si spazia 645_529_000020 e quale il mandrian che fori alberga lungo il pecuglio suo queto pernotta guardando perché fiera non lo sperga tali eravamo tutti e tre allotta io come capra ed ei come pastori fasciati quinci e quindi d'alta grotta 645_529_000021 ditemi acciò ch'ancor carte ne verghi chi siete voi e chi è quella turba che se ne va di retro a' vostri terghi non altrimenti stupido si turba lo montanaro e rimirando ammuta quando rozzo e salvatico s'inurba che ciascun'ombra fece in sua paruta 645_529_000022 tu lasci tal vestigio per quel ch'i' odo in me e tanto chiaro che letè nol può torre né far bigio ma se le tue parole or ver giuraro dimmi che è cagion perché dimostri nel dire e nel guardar d'avermi caro 645_529_000023 e le romane antiche per lor bere contente furon d'acqua e daniello dispregiò cibo e acquistò savere lo secol primo quant'oro fu bello fé savorose con fame le ghiande e nettare con sete ogne ruscello 645_529_000024 femmina è nata e non porta ancor benda cominciò el che ti farà piacere la mia città come ch'om la riprenda tu te n'andrai con questo antivedere se nel mio mormorar prendesti errore dichiareranti ancor le cose vere 645_529_000025 e ivi s'accoglie l'uno e l'altro insieme l'un disposto a patire e l'altro a fare per lo perfetto loco onde si preme e giunto lui comincia ad operare coagulando prima e poi avviva ciò che per sua matera fé constare 645_529_000026 deh frate or fa' che più non mi ti celi vedi che non pur io ma questa gente tutta rimira là dove 'l sol veli per ch'io a lui se tu riduci a mente qual fosti meco e qual io teco fui ancor fia grave il memorar presente 645_529_000027 per ch'io te sovra te corono e mitrio fine del canto ventisettesimo fine 645_529_000028 prima che il primo passo lì trascorra sopragridar ciascuna s'affatica la nova gente soddoma e gomorra e l'altra ne la vacca entra parsife perché 'l torello a sua lussuria corra 645_529_000029 mele e locuste furon le vivande che nodriro il battista nel diserto per ch'elli è glorioso e tanto grande quanto per lo vangelio v'è aperto fine del canto ventiduesimo 645_529_000030 quivi convien che sanza lui rimagna virgilio è questi che così mi dice e addita'lo e quest'altro è quell'ombra per cui scosse dianzi ogne pendice lo vostro regno che da sé lo sgombra 645_529_000031 l'anella mia con suo pianger dirotto con suoi prieghi devoti e con sospiri tratto m'ha della costa ove s'aspetta e liberato m'ha degli altri giri 645_529_000032 fin ch'ella il percuote e lascia il corpo vilmente disfatto non hanno molto a volger quelle ruote e drizzò li occhi al ciel che ti fia chiaro ciò che 'l mio dir più dichiarar non puote 645_529_000033 ed ecco piangere e cantar s'udie labia mea domine per modo tal che diletto e doglia parturie oh dolce padre che è quel ch'i odo comincia io ed elli ombre che vanno forse di lor dover solvendo il nodo 645_529_000034 pon giù omai pon giù ogni temenza volgiti in qua e vieni entra sicuro e io pur fermo e contra coscienza 645_529_000035 indi m'han tratto su li suoi conforti salendo e rigirando la montagna che drizza voi che 'l mondo fece torti tanto dice di farmi sua compagna che io sarò là dove fia beatrice 645_529_000036 e mentre che di là per me si stette io li sovvenni e i lor diritti costumi fer dispregiare a me tutte altre sette e pria ch'io conducessi i greci a' fiumi di tebe poetando ebb'io battesmo ma per paura chiuso cristian fummi 645_529_000037 sì come i peregrin pensosi fanno giugnendo per cammin gente non nota che si volgono ad essa e non restanno così di retro a noi piuttosto mota venendo e trapassando ci ammirava d'anime turba tacita e devota 645_529_000038 il temporal foco e l'etterno veduto hai figlio e se' venuto in parte dov'io per me più oltre non discerno tratto t'ho qui con ingegno e con arte lo tuo piacere omai prendi per duce 645_529_000039 sì com'fui dentro in un bogliente vetro gittato mi sarei per rinfrescarmi tant'era ivi lo 'ncendio sanza metro lo dolce padre mio per confortarmi pur di beatrice ragionando andava dicendo gli occhi suoi già veder parmi 645_529_000040 e va per farsi onor del primo intoppo tal si partì da noi con maggior valchi e io rimasi in via con esso i due che fuor del mondo sì gran marescalchi 645_529_000041 fuor se' dell'erte vie fuor se' dell'arte vedi lo sol che 'n fronte ti riluce vedi l'erbette i fiori e gli arbuscelli che qui la terra sol da sé produce 645_529_000042 or sai i nostri atti e di che fummo rei se forse a nome vuo' saper chi semo tempo non è di dire e non saprei farotti ben di me volere scemo son guido guinizzelli e gia mi purgo per ben dolermi prima ch'a lo stremo 645_529_000043 amore acceso di virtù sempre altro accese pur che la fiamma sua paresse fore onde da l'ora che tra noi discese nel limbo de lo 'nferno giovenale che la tua affezion mi fé palese 645_529_000044 e qual più a gradire oltre si mette non vede più dall'uno all'altro stilo e quasi contentato si tacette come li augei che vernan lungo il nilo alcuna volta in aere fanno schiera 645_529_000045 molti altri mi nomò ad uno ad uno e del nomar parean tutti contenti sì ch'io però non vidi un atto bruno vidi per fame a voto usar li denti ubaldin dalla pila e bonifazio che pasturò col rocco molte genti 645_529_000046 poi si partì sì come ricreduta e noi venimmo al grande arbore adesso che tanti prieghi e lagrime rifiuta trapassate oltre sanza farvi presso legno è più su che fu morso da eva e questa pianta si levò da esso 645_529_000047 la gente che non vien con noi offese di ciò per ché gia cesar triunfando regina contra sé chiamar s'intese però si parton soddoma gridando rimproverando a sé com'hai udito e aiutan l'arsura vergognando 645_529_000048 e pria che 'n tutte le sue parti immense fosse orizzonte fatto d'uno aspetto e notte avesse tutte sue dispense ciascun di noi d'un grado fece letto che la natura del monte ci affranse la possa del salir più e il diletto 645_529_000049 io dico pena e dovria dir sollazzo che quella voglia alli alberi ci mena che menò cristo lieto a dire elì quando ne liberò con la sua vena e io a lui 645_529_000050 nostro peccato fu ermafrodito ma perché non servammo umana legge seguendo come bestie l'appetito in obbrobrio di noi per noi si legge quando partinci il nome di colei che s'imbestiò nelle mbestiate schegge 645_529_000051 già era l'angel dietro a noi rimaso l'angel che n'avea volti al sesto giro avendomi dal viso un colpo raso e quei c'hanno a giustizia lor disiro detto n'avea beati e le sue voci con sitiunt sanz'altro ciò forniro 645_529_000052 oh dolce frate che vuo' tu ch'io dica tempo futuro m'è gia nel cospetto cui non sarà quest'ora molto antica nel qual sarà in pergamo interdetto a le sfacciate donne fiorentine l'andar mostrando con le poppe il petto 645_529_000053 sangue perfetto che poi non si beve da l'assetate vene e si rimane quasi alimento che di mensa leve prende nel core a tutte membra umane virtute informativa come quello ch'a farsi quelle per le vene vane 645_529_000054 secondo che ci affiggono i disiri e gli altri affetti l'ombra si figura e quest'è la cagion di che tu miri e già venuto all'ultima tortura s'era per noi e volto alla man destra ed eravamo attenti ad altra cura 645_529_000055 così per entro loro schiera bruna s'ammusa l'una con l'altra formica forse a spiar lor via e lor fortuna tosto che parton l'accoglienza amica 645_529_000056 la mia sorella che tra bella e buona non so qual fosse più triunfa lieta nell'alto olimpo già di sua corona sì disse prima e poi 645_529_000057 però che quindi ha poscia sua paruta è chiamata ombra e quindi organa poi ciascun sentire infino alla veduta quindi parliamo e quindi ridiam noi quindi facciam le lagrime e i sospiri che per lo monte aver sentiti puoi 645_529_000058 e raccostansi a me come davanti essi medesmi che m'avean pregato attenti ad ascoltar ne' lor sembianti io che due volte avea visto lor grato incominciai 645_529_000059 ella sen va su forse più tarda che non farebbe per altrui cagione ma dimmi se tu sai dov'è piccarda dimmi s'io veggio da notar persona tra questa gente che sì mi riguarda 645_529_000060 tanto voler sopra voler mi venne de l'esser su ch'ad ogne passo poi al volo mi sentia crescer le penne come la scala tutta sotto noi fu corsa e fummo in su il grado superno in me ficcò virgilio li occhi suoi e disse 645_529_000061 forese da quel dì nel qual mutasti mondo a miglior vita cinq'anni non son volti infino a qui se prima fu la possa in te finita di peccar più che sovvenisse l'ora del buon dolor ch'a dio ne rimarita come se' tu qua su venuto ancora 645_529_000062 credi per certo che se dentro all'alvo di questa fiamma stessi ben mille anni non ti potrebbe far d'un capel calvo e se tu forse credi ch'io t'inganni fatti ver lei e fatti far credenza con le tue mani al lembo dei tuoi panni 645_529_000063 finitolo anco gridavano al bosco si tenne diana ed elice caccionne che di venere avea sentito il tosco indi al cantar tornavano indi donne gridavano e mariti che fuor casti come virtute e matrimonio imponne 645_529_000064 lo sol sen va soggiunse e vien la sera non v'arrestate ma studiate il passo mentre che l'occidente non si annera 645_529_000065 quest'è tal punto che più savio di te fé già errante sì che per sua dottrina fé disgiunto dall'anima il possibile intelletto perché da lui non vide organo assunto 645_529_000066 sì tra le frasche non so chi diceva perché virgilio e stazio e io ristretti oltre andavam dal lato che si leva ricordivi dicea 645_529_000067 ma dimmi il ver di te di chi son quelle due anime che là ti fanno scorta non rimaner che tu non mi favelle la faccia tua ch'io lagrimai già morta mi dà di pianger mo non minor doglia rispuos'io lui veggendola sì torta 645_529_000068 facesti come quei che va di notte che porta il lume dietro e sé non giova ma dopo sé fa le persone dotte quando dicesti secol si rinova torna giustizia e primo tempo umano e progenie scende da cielo nova 645_529_000069 se la veduta etterna li dislego rispuose stazio là dove tu sie discolpi me non potert'io far nego poi cominciò se le parole mie figlio la mente tua guarda e riceve lume ti fiero al come che tu die 645_529_000070 ma perché dentro a tuo voler t'adage ecco qui stazio e io lui chiamo e prego che sia or sanator de le tue piage 645_529_000071 e l'ombre che parean cose rimorte per le fosse delli occhi ammirazione traean di me di mio vivere accorte e io continuando al mio sermone dissi 645_529_000072 tacevansi ambedue già li poeti di novo attenti a riguardar dintorno liberi da saliri e da pareti e già le quattro ancelle eran del giorno rimase a dietro e la quinta era al temo drizzando pur in su l'ardente corno 645_529_000073 poscia più non si va se pria non morde anime sante il foco intrate in esso e al cantar di là non siate sorde ci disse come noi li fummo presso 645_529_000074 e riguardolla allor che il gelso divento vermiglio così la mia durezza fatta solla mi volsi al savio duca udendo il nome che nella mente sempre mi rampolla 645_529_000075 che ciò che trova attivo quivi tira in sua sustanzia e fassi un'alma sola che vive e sente e sé in sé rigira e perché meno ammiri la parola guarda il calor del sole che si fa vino giunto a l'omor che de la vite cola 645_529_000076 di bere e di mangiar n'accende cura l'odor ch'esce del pomo e dello sprazzo che si distende su per sua verdura e non pur una volta questo spazzo girando si rinfresca nostra pena 645_529_000077 e io più lieve che per l'altre foci m'andava sì che sanz'alcun labore seguiva in su gli spiriti veloci quando virgilio incominciò 645_529_000078 la tua dimanda tuo creder m'avvera esser ch'i' fossi avaro in l'altra vita forse per quella cerchia dov'io era or sappi ch'avarizia fu partita troppo da me e questa dismisura migliaia di lunari hanno punita 645_529_000079 ma poi che furon di stupore scarche lo qual ne li alti cuor tosto s'attuta beato te che de le nostre marche ricominciò colei che pria m'inchiese per morir meglio esperienza imbarche 645_529_000080 e la parola tua sopra toccata si consonava a nuovi predicanti ond'io a visitarli presi usata vennero poi parendo tanto santi che quando domizian li perseguette sanza mio lagrimar non fur lor pianti 645_529_000081 e questo modo credo che lor basti per tutto il tempo che 'l foco li abbruscia con tal cura conviene e con tai pasti che la piaga da sezzo si ricuscia fine del canto venticinquesimo 645_529_000082 e come abete in alto si digrada di ramo in ramo così quello in giuso cred'io perché persona su non vada dal lato onde 'l cammino nostro era chiuso cadea de l'alta roccia un liquor chiaro e si spandea per le foglie suso 645_529_000083 dimmi dov'è terrenzio nostro antico cecilio e plauto e varro se lo sai dimmi se son dannati e in qual vico costoro e persio e io e altri assai rispuose il duca mio siam con quel greco che le muse lattar più ch'altri mai 645_529_000084 summae deus clementiae nel seno al grande ardore allora udi' cantando che di volgermi fè caler non meno e vidi spirti per la fiamma andando per ch'io guardava a loro e a' miei passi compartendo la vista a quando a quando 645_529_000085 già per urlare avrian le bocche aperte che se l'antiveder qui non m'inganna prima fien triste che le guance impeli colui che mo si consola con nanna 645_529_000086 oh anime sicure d'aver quando che sia di pace stato non son rimase acerbe né mature le membra mie di là ma son qui meco col sangue suo e con le sue giunture 645_529_000087 e già per gli splendori antelucani che tanto a' pellegrin surgon più grati quanto tornando albergan men lontani le tenebre fuggian da tutti i lati e 'l sonno mio con esse ond'io levami veggendo i gran maestri già levati 645_529_000088 ogne tuo dir d'amor m'è caro cenno veramente più volte appaion cose che danno a dubitar falsa matera per le vere ragion che son nascose 645_529_000089 per te poeta fui per te cristiano ma perché veggi mei ciò ch'io disegno a colorare stenderò la mano già era 'l mondo tutto quanto pregno de la vera credenza seminata per i messaggi de l'etterno regno 645_529_000090 o tu che vai non per esser più tardo ma forse reverente agli altri dopo rispondi a me che 'n sete e 'n foco ardo né solo a me la tua risposta è uopo che tutti questi n'hanno maggior sete che d'acqua fredda indo o etiopo 645_529_000091 mia benvoglienza inverso te fu quale più strinse mai di non vista persona sì ch'or mi parran corte queste scale ma dimmi e come amico mi perdona se troppa sicurtà m'allarga il freno e come amico omai meco ragiona 645_529_000092 or si spiega figliuolo or si distende la virtù ch'è dal cor del generante dove natura a tutte membra intende ma come d'animal divegna fante non vedi tu ancor 645_529_000093 e io temea 'l foco quinci e quindi temeva cader giuso lo duca mio dicea per questo loco si vuol tenere agli occhi stretto il freno però ch'errar potrebbesi per poco 645_529_000094 lungamente mostrando paganesmo e questa tepidezza il quarto cerchio cerchiar mi fé più che 'l quarto centesmo tu dunque che levato hai il coperchio che m'ascondeva quanto bene io dico mentre che del salir avem soverchio 645_529_000095 io mi fei al mostrato innanzi un poco e dissi ch'al suo nome il mio disire apparecchiava grazioso loco el cominciò liberamente a dire 645_529_000096 apri alla verità che viene il petto e sappi che sì tosto come al feto l'articular del cerebro è perfetto lo motor primo a lui si volge lieto sovra tant'arte di natura e spira spirito novo di vertù repleto 645_529_000097 guidavaci una voce che cantava di là e noi attenti pur a lei venimmo fuor là ove si montava venite benedicti patris mei sonò dentro a un lume che lì era tal che mi vinse e guardar nol potei 645_529_000098 perché come fa l'uom che non s'affigge ma vassi alla via sua checché li appaia se di bisogno stimolo il trafigge così intrammo noi per la callaia uno innanzi altro prendendo la scala che per artezza i salitor dispaia 645_529_000099 quali si stanno ruminando manse le capre state rapide e proterve sovra le cime avante che sien pranse tacite all'ombra mentre che 'l sol ferve guardate dal pastor che 'n sulla verga poggiato s'è e lor di posa serve 645_529_000100 poi s'ascose nel foco che li affina fine del canto ventiseiesimo 645_529_000101 s'a voi piace montare in su qui si convien dar volta quinci si va chi vuole andar per pace l'aspetto suo m'avea la vista tolta per ch'io mi volsi dietro a miei dottori com'om che va secondo ch'elli ascolta 645_529_000102 vidi messer marchese ch'ebbe spazio già di bere a forlì con men secchezza e sì fu tal che non si sentì sazio ma come fa chi guarda e poi s'apprezza più d'un che d'altro fei a quel da lucca che più parea di me aver contezza el mormorava 645_529_000103 memoria intelligenza e volontade in atto molto più che prima agute sanza restarsi per se stessa cade mirabilmente all'una delle rive quivi conosce prima le sue strade 645_529_000104 feriami il sole in su l'omero destro che già raggiando tutto l'occidente mutava in bianco aspetto di cilestro e io facea con l'ombra più rovente parer la fiamma e pur a tanto indizio vidi molt'ombre andando poner mente 645_529_000105 parean l'occhiaie anella sanza gemme chi nel viso de li uomini legge omo ben avria quivi conosciuta l'emme 645_529_000106 e se non fosse ch'io drizzai mia cura quand'io intesi là dove tu chiame crucciato quasi a l'umana natura perché non reggi tu ohsacra fame de l'oro l'appetito de' mortali voltando sentirei le giostre grame 645_529_000107 canto ventiseiesimo mentre che sì per l'orlo uno innanzi altro ce n'andavamo e spesso il buon maestro diceami guarda giovi ch'io ti scaltro 645_529_000108 lo più che padre mi dicea figliuole vienne oramai che 'l tempo che n'è imposto più utilmente compartir si vuole io volsi 'l viso e 'l passo non men tosto appresso i savi che parlavan sie che l'andar mi facean di nullo costo 645_529_000109 canto ventitreesimo mentre che li occhi per la fronda verde ficcava io sì come far suole chi dietro agli uccellin sua vita perde 645_529_000110 qui non si vieta di nominar ciascun da ch'è sì munta nostra sembianza via per la dieta questi e mostrò col dito è bonagiunta bonagiunta da lucca 645_529_000111 elli givan dinanzi e io soletto di retro e ascoltava i lor sermoni ch'a poetar mi davano intelletto ma tosto ruppe le dolci ragioni un alber che trovammo in mezza strada con pomi a odorar soavi e buoni 645_529_000112 questa fu la cagion che diede inizio loro a parlar di me e cominciarsi a dir colui non par corpo fittizio poi verso me quanto potean farsi certi si fero sempre con riguardo di non uscir dove non fosser arsi 645_529_000113 d'i maladetti nei nuvoli formati che satolli teseo combatter co' doppi petti e degli ebrei ch'al ber si mostrar molli perché no i volle gedeon compagni quando inver' madian discese i colli 645_529_000114 canto ventisettesimo sì come quando i primi raggi vibra là dove il suo fattor lo sangue sparse cadendo ibero sotto l'alta libra e l'onde in gange da nona riarse 645_529_000115 tanto è a dio più cara e più diletta la vedovella mia che molto amai quanto in bene operare è più soletta che la barbagia di sardigna assai ne le femmine sue più è pudica che la barbagia dov'io la lasciai 645_529_000116 nel primo cinghio del carcere cieco spesse fiate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco euripide v'è nosco e antifonte simonide agatone e altri piue greci che già di lauro ornar la fronte 645_529_000117 che per lo mezzo del cammino acceso venne gente col viso incontro a questa la qual mi fece a rimirar sospeso lì veggio d'ogne parte farsi presta ciascun'ombra e basciarsi una con una sanza restar contente a brieve festa 645_529_000118 sì stava il sole onde 'l giorno sen giva come l'angel di dio lieto ci apparse fuor de la fiamma stava in su la riva e cantava beati mundo corde in voce assai più che la nostra viva 645_529_000119 non lasciò per l'andar che fosse ratto lo dolce padre mio ma disse scocca l'arco del dir che 'nfino al ferro hai tratto allor sicuramente apri' la bocca e cominciai come si può far magro là dove l'uopo di nodrir non tocca 645_529_000120 e sentì dir beati cui alluma tanto di grazia che l'amor del gusto nel petto lor troppo disir non fuma esuriendo sempre quanto è giusto fine del canto ventiquattresimo 645_529_000121 falli per me un dir d'un paternostro quanto bisogna a noi di questo mondo dove poter peccar non è più nostro poi forse per dar luogo altrui secondo che presso avea disparve per lo foco come per l'acqua il pesce andando al fondo 645_529_000122 sì accostati a l'un d'i due vivagni passammo udendo colpe della gola seguite già da' miseri guadagni poi rallargati per la strada sola ben mille passi e più ci portar oltre contemplando ciascun sanza parola 645_529_000123 così l'aere vicin quivi si mette e in quella forma che è in lui suggella virtualmente l'alma che ristette e simigliante poi alla fiammella che segue il foco là vunque si muta segue lo spirto sua forma novella 645_529_000124 ed ecco del profondo de la testa volse a me gli occhi un'ombra e guardò fiso poi gridò forte qual grazia m'è questa mai non l'avrei riconosciuto al viso ma ne la voce sua mi fu palese ciò che l'aspetto in sé avea conquiso 645_529_000125 e sappie che la colpa che rimbecca per dritta opposizione alcun peccato con esso insieme qui suo verde secca però s'io son tra quella gente stato che piange l'avarizia per purgarmi per lo contrario suo m'è incontrato 645_529_000126 ond'ei crollò la fronte e disse come volenci star di qua indi sorrise come al fanciul si fa ch'è vinto al pome poi dentro al foco innanzi mi si mise pregando stazio che venisse retro che pria per lunga strada ci divise 645_529_000127 dell'etterno consiglio cade vertù nell'acqua e nella pianta rimasa dietro ond'io sì m'assottiglio tutta esta gente che piangendo canta per seguitar la gola oltra misura in fame e in sete qui si rifà santa 645_529_000128 or quando tu cantasti le crude armi de la doppia trestizia di giocasta disse il cantor dei buccolici carmi per quel che clio teco gli tasta non par che ti facesse ancor fedele la fede sanza qual ben far non basta 645_529_000129 ne l'ora credo che de l'oriente prima raggiò nel monte citerea che di foco d'amor par sempre ardente giovane e bella in sogno mi parea donna vedere andar per una landa cogliendo fiori e cantando dicea 645_529_000130 canto venticinquesimo ora era onde il salir non volea storpio che il sole avea il cerchio di merigge lasciato al tauro e la notte a lo scorpio 645_529_000131 mentre che vegnan lieti li occhi belli che lagrimando a te venirmi fenno seder ti puoi e puoi andar tra elli non aspettar mio dir più né mio cenno libero dritto e sano e tuo arbitrio e fallo fora non fare a suo senno 645_529_000132 dinne com'è che fai di te parete al sol pur come tu non fossi ancora di morte intrato dentro dalla rete sì mi parlava un d'essi e io mi fora già manifesto s'io non fossi atteso ad altra novità ch'apparve allora 645_529_000133 poco parer potea lì del di fori ma per quel poco vedea io le stelle di lor solere e più chiare e maggiori sì ruminando e sì mirando in quelle mi prese il sonno il sonno che sovente anzi che il fatto sia sa le novelle 645_529_000134 negli occhi era ciascuna oscura e cava palida nella faccia e tanto scema che dall'ossa la pelle s'informava 645_529_000135 sappia qualunque il mio nome dimanda ch'i' mi son lia e vo movendo intorno le belle mani a farmi una ghirlanda per piacermi allo specchio qui m'addorno ma mia suora rachel mai non si smaga del suo miraglio e siede tutto giorno 645_529_000136 tu ti rimani omai che il tempo è caro in questo regno sì ch'io perdo troppo venendo teco sì a paro a paro qual esce alcuna volta di gualoppo lo cavalier di schiera che cavalchi 645_529_000137 e io a lui li dolci detti vostri che quanto durerà l'uso moderno faranno cari ancora i loro incostri oh frate disse questi ch'io ti cerno col dito e additò un spirto innanzi fu miglior fabbro del parlar materno 645_529_000138 allor m'accorso che troppo aprir l'ali potean le mani a spendere e pente'mi così di quel come de li altri mali quanti risurgeran coi crini scemi per ignoranza che di questa pecca toglie 'l penter vivendo e ne li estremi 645_529_000139 questa favilla tutta mi raccese mia conoscenza alla cangiata labbia e ravvisai la faccia di forese deh non contendere all'asciutta scabbia che mi scolora pregava la pelle né a difetto di carne ch'io abbia 645_529_000140 e come l'uom che di trottare è lasso lascia andar li compagni e sì passeggia fin che si sfoghi l'affollar del casso si lasciò trapassar la santa greggia forese e dietro meco sen veniva dicendo quando fia ch'io ti riveggia non so rispuos'io lui quant'io mi viva 645_529_000141 e quale il cicognin che leva l'ala per voglia di volare e non s'attenta d'abbandonar lo nido e giù la cala tal era io con voglia accesa e spenta di dimandar venendo infino a l'atto che fa colui ch'a dicer s'argomenta 645_529_000142 quel dolce pome che per tanti rami cercando va la cura de' mortali oggi porrà in pace le tue fami virgilio inverso me queste cotali parole usò e mai non furo strenne che fosser di piacere a queste iguali 645_529_000143 di quella vita mi volse costui che mi va innanzi l'altr'ier quando tonda vi si mostro la suora di colui e 'l sol mostrai costui per la profonda notte menato m'ha d'i veri morti con questa vera carne che 'l seconda 645_529_000144 e non so che gentucca sentiv'io là ov'el sentia la piaga de la giustizia che sì li pilucca o anima diss'io che par sì vaga di parlar meco fa sì ch'io t'intenda e te e me col tuo parlare appaga 645_529_000145 volsersi verso me le buone scorte e virgilio mi disse figliuol mio qui può esser tormento ma non morte ricorditi ricorditi e se io sovresso gerion ti guidai salvo che farò ora presso più a dio 645_529_000146 ma di s'i' veggio qui colui che fore trasse le nove rime cominciando donne ch'avete intelletto d'amore e io a lui i' mi son un che quando amor mi spira noto e a quel modo ch'e' ditta dentro vo significando 8613_7877_000000 prima giù poi su e avanti e indietro poi giù di nuovo e poi di nuovo su e su e su dove lo trascinavano nel subbuglio di pensieri e di sentimenti tra il guizzare d'immagini sinistre e l'affanno di quella corsa cieca a sbalzi a spintoni tra sassi sterpi 8613_7877_000001 i rami degli alberi sporgenti senza foglie dai muretti di cinta screpolati le alte siepi di fichi d'india polverose e qua e là i mucchi di brecciale che nessuno pensava di stendere su quello stradone tutto solchi e fosse 8613_7877_000002 niente vedere il cielo almeno e vederla lì fuori all'aperto con gli occhi la morte senza che gli fosse inflitta a tradimento nel sonno questo almeno ah ecco zitto era lume di luna 8613_7877_000003 già così ma perché quando uno non ne può più che le ha proprio esaurite tutte nella disperazione le sue forze altro che questo gli può avvenire di buffo si può mettere come niente anche sotto la mira di un fucile 8613_7877_000004 ritornava come tutti i giorni a quell'ora dal suo podere quasi affacciato sul mare all'orlo dell'altipiano più stanca e più triste di lui la vecchia asinella s'affannava da un pezzo a superare le ultime pettate di quello stradone interminabile 8613_7877_000005 potevano buttarlo via come niente quel peso che non aveva più valore per nessuno di cui nessuno più si curava e invece no se lo tenevano addosso lo sopportavano rassegnati alla pena che da loro stessi si erano inflitta e non solo non se ne lagnavano ma veramente facevano di tutto per rendersela più gravosa con le cure che gli prodigavano 8613_7877_000006 che pareva spirasse dallo stesso squallore della prima luce del giorno s'insinuava livida quella luce appena appena di tra gli anfratti cretosi della grotta e gli alleviava l'incubo delle violenze sofferte che ora gli apparivano come sognate 8613_7877_000007 e allora allora non gli restava da augurarsi altro che a nessuno dei tre sorgesse il pentimento dello stupido atto compiuto invano e insieme il desiderio di cancellarlo per rimettersi sulla buona via 8613_7877_000008 quella vita pur essa miserabile l'aveva lasciata laggiù lontano lontano dove lo avevano catturato e qua ora c'era questo silenzio così alto e vano così smemorato quand'anche lo avessero lasciato andare non avrebbe avuto più la forza fors'anche neppure il desiderio di tornare laggiù a riprendersela quella sua vita 8613_7877_000009 gli avevano portato lassù tre fasci di paglia per fargliene una lettiera e anche un loro vecchio cappotto d'albagio perché si riparasse dal freddo poi pane e companatico ogni giorno se lo levavano di bocca lo levavano di bocca alle loro creature e alle loro mogli per darlo a lui 8613_7877_000010 presto o tardi a seconda che egli avrebbe voluto fare più o meno lunga la penitenza per lo sbaglio d'averlo catturato o che intendevano insomma che egli morisse da sé lassù di morte naturale intendevano questo 8613_7877_000011 in maniche di camicia il guarnotta quelle tre dita tozze che la moglie veniva a cacciargli nel gesto rabbioso quasi negli occhi gliele avrebbe volentieri addentate cane pacifico si contentava di lanciarle di traverso un'occhiataccia e la lasciava cantare 8613_7877_000012 devo patire io così perché voi avete sbagliato così ragionate ma no non ragionavano affatto loro stavano ad ascoltarlo impassibili con gli occhi fermi e vani 8613_7877_000013 e la sua mano se vi fissava gli occhi come se esistesse così solo per se stessa e quel sasso e quello sterpo in un isolamento spaventoso senonché avvertendo 8613_7877_000014 col cuore ridotto più arido e squallido della creta di quella grotta che gl'importava ormai di ritornare vivo là a quella vita di prima aveva veramente qualche ragione di rimpianto per tutte le cose che qua gli mancavano 8613_7877_000015 chissà che coltelli avevano in mano in quelle loro manacce scabre e cretose eccoli che rientravano a uno a uno sconfitti legno lasco disse manuzza una schifezza voi che sapete scrivere non ce n'avreste in tasca un'altra bell'e temperata per combinazione non ce l'ho figliuoli rispose il guarnotta 8613_7877_000016 parliamo sul serio ma dimmi un po' che ti pare che sono per la madonna un filo d'erba questo filo d'erba che qua si strappa così come niente toccami di carne sono per la madonna e un'anima ho che me l'ha data dio come a te che mi volete scannare mentre dormo no sta qua senti che te ne vai 8613_7877_000017 ed ecco perché lui se ne stava tutto il giorno in campagna solo tra gli alberi e con la distesa sterminata del mare sotto gli occhi come da un'infinita lontananza nel fruscio lungo e lieve di quegli alberi nel borboglio cupo e lento di quel mare s'era abituato a sentire la vanità di tutto e il tedio angoscioso della vita 8613_7877_000018 a cui da se stessi quei tre s'erano condannati il tenerlo ancora in vita morto com'era già per tutti restava vivo solo per essi vivo e con tutto il peso di quella vita inutile di cui egli ora in fondo si sentiva liberato 8613_7877_000019 dall'ombra dove si tenevano appostati dunque lo catturavano per ricatto figliuoli stringendogli più forte le braccia e scrollandolo gl'intimarono di nuovo di tacere ma almeno allentatemi un po' la benda mi serra troppo gli occhi non posso cammina 8613_7877_000020 e fa presto un disinganno a cangiarsi in pentimento e in voglia di ritrarsi da un cammino che cominci male per tirarsene indietro cancellandovi ogni orma dei primi passi la logica sì portava a commettere un delitto ma a volerlo scansare la stessa logica non li avrebbe portati ad avventurarsi per quel cammino in cerca d'altri delitti 8613_7877_000021 tremila onze più più anche più sì ma non a casa in contanti dovrei vendere case terre e vi pare che si possa così da un giorno all'altro e senza me vuol dire che se le faranno prestare 8613_7877_000022 aspettò rivolgendo in mente tutte le supposizioni intorno a ciò che avessero potuto decidere gli parve certo questo ch'era caduto in mano di tre stupidi novizi forse anzi senza dubbio al loro primo delitto ci s'erano buttati come ciechi senza considerare prima le sue condizioni di famiglia solo pensando ai suoi danari 8613_7877_000023 che stranezza i lumi i primi lumi accesi nella cittaduzza ancora illuminata a petrolio su in cima al colle lumi delle case lumi delle strade come li aveva intraveduti prima che lo assaltassero e come tante volte ritornando dal podere sempre a quell'ora li aveva intraveduti ecco nella strettura di quella benda che gli schiacciava gli occhi gli apparivano 8613_7877_000024 lo stradone era deserto se qualcuno ancora se ne incontrava il guarnotta era sicuro di riceverne il saluto perché tutti grazie a dio lo rispettavano deserto ormai come quello stradone era ai suoi occhi tutto il mondo e di cenere come quell'aria della prima sera la sua vita 8613_7877_000025 quanto poi a farli per terra i suoi bisogni poteva uscire dalla grotta la sera e farli all'aperto ma come davanti a te fate non vi guardo di fronte a quella durezza stupida e irremovibile si sarebbe messo a pestare i piedi come un bambino ma che erano macigni che erano 8613_7877_000026 cosa non difficile con loro visto che la buona intenzione di gettarsi alla perdizione l'avevano dimostrata catturandolo ma c'era da temere purtroppo del disinganno che avevano dovuto provare così a prima giunta toccando con mano un grosso sbaglio commesso appena incamminati sulla nuova via 8613_7877_000027 ma allora quei lumetti là esitanti come sprazzi di lucciole nella chiaria opalina della luna quelli di girgenti ma dunque oh dio dunque era proprio vicino e gli pareva che lo avessero fatto camminare tanto tanto allungò lo sguardo intorno quasi gli incutesse paura la speranza che quelli lo avessero lasciato lì e se ne fossero andati 8613_7877_000028 parlò delle stelle che dio aveva fatto e messo così lontane perché le bestie non sapessero ch'erano tanti mondi più grandi assai della terra e parlò della terra che soltanto le bestie non sanno che gira come una trottola e disse come per uno sfogo personale che in questo momento ci sono uomini che stanno a testa all'ingiù 8613_7877_000029 non ancora temperata e nell'altra mano per terra un rozzo foglietto di carta da lettere tutto brancicato con la busta in mezzo alleggerito senza volerlo sorrise 8613_7877_000030 che stranezza precisi proprio come se li avesse davanti e avesse gli occhi liberi andava così trascinato strappato incespicando con tanto terrore dentro e se li portava quei lumetti placidi e tristi davanti con sé con tutto il colle con tutta la cittaduzza situata lassù dove nessuno sapeva la violenza che in quel momento si faceva a lui 8613_7877_000031 non risposero più tornarono a guardarsi negli occhi e uscirono di nuovo dalla grotta carponi per tutta la giornata non le rivide più li udì un pezzo dapprima discutere fuori dalla grotta poi non udì più nulla 8613_7877_000032 ma è inutile v'assicuro avrei scritto se mi davate da scrivere ma a chi a mia moglie e a quei nipoti quei nipoti sono suoi e non miei capite e nessuno avrebbe risposto siatene pur certi avrebbero finto di non aver ricevuto la lettera minatoria e addio 8613_7877_000033 ma dov'erano andati gli altri due avevano lasciato a questo terzo l'incarico d'ucciderlo durante la notte e perché non subito che aspettava colui aspettava forse nella notte il ritorno degli altri due fu di nuovo tentato di parlare ma si trattenne tanto se avevano deciso così 8613_7877_000034 senz'altri parenti neppur lontani alla sua morte tutto il suo che non era poco sarebbe andato a lei e ai suoi nipoti zitta dunque almeno per prudenza ma già sì se avesse capito questo non sarebbe stata quella buona donna che era 8613_7877_000035 faccia a terra e dall'ombra si vide saltare addosso tre appostati con la faccia bendata armati di fucile uno abbrancò l'asina per la cavezza gli altri due in un batter d'occhio lo strapparono di sella giù a terra 8613_7877_000036 e ch'era proprio lui sì fillicò di grotte che le voleva sapere da tanto tempo quelle cose benché non se ne persuadesse bene e non gli paressero vere lo zodiaco la via lattea le nebulose 8613_7877_000037 no ecco confabulavano fuori della grotta la sua sorte non era dunque decisa ma il ricordo di ciò che gli era accaduto gli si rappresentava ora non già come d'una sciagura che gl'incombesse tuttavia e che gli suscitasse dentro qualche moto per tentare di liberarsene 8613_7877_000038 lì con la faccia nella rena con la rena che gli entrava nella bocca come a una bestia morta senza più curarsi del divieto che colui gli aveva fatto di parlare né della minaccia d'una schioppettata si mise allora a parlare a farneticare senza fine parlò della bella luna che ora addio sarebbe tramontata 8613_7877_000039 riconoscete d'aver sbagliato sì o no lo riconoscevano riconoscete di doverlo scontare questo sbaglio sì non uccidendolo aspettando da dio la sua morte e sforzandosi d'alleviargli per quanto potevano il martirio che gli davano 8613_7877_000040 tutto a volte e risvolte attorno al colle in cima al quale pareva s'addossassero fitte una sull'altra le decrepite case della cittaduzza a quell'ora i contadini erano ritornati tutti dalla campagna 8613_7877_000041 ma se volete danari non potete averli che da me e a patto di lasciarmi andare a casa che dite a casa voi fossimo matti scherzate e allora sospirò il guarnotta 8613_7877_000042 se riaverle là doveva essere a costo dell'amara noja di prima non si trascinava là in quella vita col peso addosso di un tedio insopportabile qua almeno ora stava sdrajato per terra e non si trascinava più 8613_7877_000043 violenze cieche da bruti al suo corpo che non si reggeva più caricato su le spalle ora dell'uno ora dell'altro buttato a terra e trascinato o sollevato per le mani e per i piedi dov'era adesso tese l'orecchio gli parve che fosse fuori un silenzio d'altura 8613_7877_000044 pensò che ora di là si sarebbero messi in tre a temperare quella matita e che forse a furia di potarla come un ramo d'albero non ne sarebbero venuti a capo già ma lui ne sorrideva e forse la sua vita in quel punto dipendeva dalla ridicola difficoltà che quei tre incontravano in quell'operazione per loro nuova forse stizziti di vedersi mancare in mano la matita a pezzo a pezzo 8613_7877_000045 ma non lo uccisero riconosciuto lo sbaglio né liberare lo vollero e neppure uccidere lo tennero lì ma come per sempre finché dio non avrebbe voluto si rimettevano a lui 8613_7877_000046 dovesse costargli di rimando una schioppettata ma neanche questa volta colui si mosse e allora egli esalò in un sospiro d'estrema stanchezza tutto l'orgasmo della disperazione e abbandonò per terra il peso morto della testa come se veramente non avesse più forza né voglia di sorreggerlo 8613_7877_000047 ma no ecco una gran tenerezza di pietà per sé gli risorse a un tratto e gli s'arruffò tutta dentro come in un brivido d'orrore appena vide entrare uno di quei tre carponi nella grotta col viso nascosto da un fazzoletto rosso forato all'altezza degli occhi gli guardò subito le mani no nessun'arma una matita nuova di quelle da un soldo 8613_7877_000048 per tutta la vita se a qualcuno per caso avveniva di ricordare davanti a loro il guarnotta e la sua scomparsa misteriosa un santo dicevano oh andò certo diritto in paradiso con tutte le scarpe quello perché il purgatorio erano certi d'averglielo dato loro là sulla montagna 8613_7877_000049 certo dovete aver fiducia pensate che io vado ogni giorno in campagna la mia vita è là tra voi e io sono stato sempre come un padre per voi avete sempre rispettato santo dio e ora pensate che vorrei espormi al rischio di una vendetta abbiate fiducia lasciatemi ritornare a casa e state sicuri che avrete il denaro 8613_7877_000050 e per un momento vi si sentì come sospeso ma non poteva muoversi giaceva per terra come una bestia morta mani e piedi legati e le membra gli pesavano quasi gli fossero diventate di piombo e anche la testa era ferito lo avevano lasciato lì per morto 8613_7877_000051 questo sì ma che dio e dio allora pezzi d'animali non m'ucciderà mica dio m'ucciderete voi così tenendomi qua morto di fame di sete di freddo legato come una bestia in questa grotta a dormire per terra a fare per terra qua stesso come una bestia i miei bisogni 8613_7877_000052 e mentre uno con un ginocchio sulle gambe gli legava i polsi l'altro gli annodava dietro la nuca un fazzoletto ripiegato a fascia passato sopra gli occhi ebbe appena il tempo di dire figliuoli a me 8613_7877_000053 e pure non precipitano nel cielo per ragioni che ogni cristiano che non sia più creta della creta cretaccia ma proprio di quella vile su cui dio santo ancora non ha soffiato dovrebbe almeno curarsi di sapere 8613_7877_000054 lasciami prendere una boccata d'aria gli disse allora qua si soffoca mi volete lasciare così ho sete colui si scrollò minacciosamente oh se volete restare costì 8613_7877_000055 se volete danari da loro non dovevate buttarvi in prima su me dovevate invece andare da loro e accordarvi tanto poniamo mille onze per ammazzarmi non ve l'avrebbero date nemmeno perché la mia morte la desiderano sì ma sono vecchio se la aspettano dunque da dio gratis e senza rimorsi tra quattro giorni 8613_7877_000056 a un certo punto fu tanta la stanchezza tanto lo stordimento di quel fazzoletto che gli serrava la testa che si sentì mancare e non comprese più nulla si ritrovò la mattina appresso in una grotta bassa come disfatto in un tanfo di mucido 8613_7877_000057 e allora meglio quest'uno qua a principio che poteva restar nascosto e senza traccia che tanti là allo scoperto e allo sbaraglio a costo di quest'uno potevano avere ancora speranza di salvarsi se non di fronte alla loro coscienza di fronte agli uomini 8613_7877_000058 forse però era appunto il riso in quella sua faccia da svanito che faceva tanto spavento alla buona donna e alla ragazzetta no carinella vieni qua vieni qua tieni te ne do un pezzetto mangia l'ha fatto mamma mamma brava e fratellini ne hai 8613_7877_000059 con che occhi erano rimaste a mirarlo madre e figlia dovevano essere passati già parecchi mesi dalla cattura e chissà come s'era ridotto la barba a cespugli sulle gote e sul mento sudicio strappato ma rideva per far loro buona accoglienza grato della visita e del regalo di quel buon pane buccellato 8613_7877_000060 avrebbe detto loro con calma ch'era pronto a dare tutto quello che volevano poco più gli restava da vivere e non valeva proprio la pena per un po' di danaro di quel danaro che non gli dava più nessuna gioia passare un momento come quello 8613_7877_000061 e tutti attendevano quieti e sicuri ai loro casi consueti a un certo punto avvertì anche l'affrettato zoccolare della sua asinella ah trascinavano via anche la sua vecchia asinella stanca 8613_7877_000062 attese fino a tanto che nella grotta non si fece buio allora al pensiero che quel silenzio e la stanchezza potessero su lui più della paura di cedere al sonno sentì dalla testa ai piedi un fremito di tutto il suo istinto bestiale che lo spingeva pur così con le mani e i piedi ancora legati a uscir fuori della grotta a forza di gomiti 8613_7877_000063 con un temperino già qua in punta temperino niente e manuzza ripeté giudizio giudizio sacramento giudizio sì manuzza mio ah gridò questi m'avete riconosciuto 8613_7877_000064 il guarnotta spiegò come e i tre allora dopo essersi guardati negli occhi uscirono dalla grotta nel vederli uscire così carponi come tre bestie non poté fare a meno di sorridere ancora una volta il guarnotta 8613_7877_000065 era giunto ormai a meno d'un chilometro dal paese dalla chiesetta dell'addolorata su in cima gli arrivavano lenti e blandi i rintocchi dell'avemaria allorché d'improvviso a una brusca svoltata dello stradone 8613_7877_000066 ah finché ti parlavo delle stelle senti che ti dico scannami qua a occhi aperti non mi scannare a tradimento nel sonno che dici non vuoi rispondere 8613_7877_000067 luna nuova sì e tante stelle che serata dov'era su una montagna che aria e che altro silenzio forse era il monte caltafaraci quello o il san benedetto e allora quello là il piano di consolida o il piano di clerici sì e quella là verso ponente doveva essere la montagna di carapezza 8613_7877_000068 ma che ne capiva povera bestiola avvertiva forse una furia insolita un'insolita violenza ma andava dove la portavano senza capir nulla se si fossero fermati un momento se l'avessero lasciato parlare 8613_7877_000069 abbi pazienza ti nascondi la faccia e lasci scoperto il braccio levati codesto fazzoletto e guardami negli occhi fai questo a me senza tante chiacchiere gridò manuzza strappandosi con ira il fazzoletto dalla faccia v'ho detto giudizio scrivete o v'ammazzo 8613_7877_000070 morto scansarono i ragazzi e li fecero andar via con le donne e lo piansero lo piansero inginocchiati tutti e tre intorno al cadavere e pregarono dio per lui e anche per loro poi lo seppellirono dentro la grotta 8613_7877_000071 mentre nella grotta entravano gli altri due anch'essi carponi e bendati uno gli s'appressò e gli sciolse le mani soltanto il primo disse giudizio scrivete gli parve di riconoscerlo alla voce ma sì manuzza detto così perché aveva un braccio più corto dell'altro oh e allora ma era proprio lui 8613_7877_000072 e pane faticato col sudore della fronte perché uno a turno restava lì di guardia e gli altri due andavano a lavorare e in quello ziretto là di terracotta c'era acqua da bere che dio solo sapeva che pena a trovarla per quelle terre assetate 8613_7877_000073 che tutti e tre invece risoluti a vivere fuori d'ogni legge a commettere altri delitti non dovessero intanto curarsi di cancellare ogni traccia di questo primo e di gravarsene inutilmente la coscienza perché riconosciuto lo sbaglio e risoluti a restare tre birbaccioni al bando potevano fargli salva la vita e lasciarlo andare senza curarsi della denunzia ma 8613_7877_000074 e solo per non morire così vi prometto e giuro sulla sant'anima di mio figlio che appena posso tra due tre giorni verrò io stesso a portarvi il danaro al posto che m'indicherete dopo averci denunziato 8613_7877_000075 vi sto guardando don vicè rientrate o vi sparo non fiatò come se volesse far nascere in colui il dubbio d'essersi ingannato rimase lì quatto a spiare ma colui ripeté vi sto guardando 8613_7877_000076 sentendolo parlare si svegliava in loro un'ingorda curiosità di sapere piena di meraviglie grugnite e di sbalordimenti bambineschi a cui egli a poco a poco cominciava a prender gusto come a una cosa viva che nascesse da lui da tutto ciò che in quei discorsi con loro traeva come nuovo anche per sé 8613_7877_000077 vi giuro di no vi giuro che non fiaterò con nessuno si tratta della vita ora ma quando sarete libero prima di andare a casa andrete a fare denunzia vi giuro di no 8613_7877_000078 quello era già andato a riaccoccolarsi sul greppo come un gufo per dimostrargli che di questo era inutile non voleva sentir parlare ma dopotutto che bestia anche lui non era meglio che lo uccidessero nel sonno se dovevano ucciderlo anzi più tardi se ancora non si fosse addormentato 8613_7877_000079 colui non si mosse il guarnotta attese un pezzo e ripeté con la stessa voce come se non fosse lui con gli occhi intenti a un dito che faceva segni sulla rena fillicò e un brivido questa volta gli corse la schiena perché s'immaginò che questa sua ostinazione di proferire il nome quasi senza volerlo 8613_7877_000080 ora convinti dello sbaglio commesso non sapevano più o non vedevano ancora come cavarsene del giuramento che non sarebbero stati denunziati nessuno dei tre si sarebbe fidato meno di tutti manuzza ch'era stato riconosciuto 8613_7877_000081 quindici anni addietro alla morte dell'unico figlio aveva giurato d'andar vestito sempre di nero dunque ma anche per la campagna ti faccio mettere il lutto al braccio negli abiti di fustagno e basterebbe la cravatta nera ormai dopo quindici anni 8613_7877_000082 l'ansito di quei tre per la violenza che commettevano gl'incuteva terrore per avere quell'ansito di belve doveva esser tremendo ciò che s'erano proposto di fare sopra di lui ma ucciderlo almeno subito forse non volevano se per mandato o per vendetta lo avrebbero ucciso là sullo stradone 8613_7877_000083 benissimo ma questo è per voi pezzi d'animali per il male che voi stessi riconoscete d'aver commesso ma io che c'entro io che male ho commesso io sono sì o no la vittima del vostro sbaglio e fate scontare anche a me che non c'entro il male che voi avete commesso 8613_7877_000084 c'erano le serve tre per due persone sole economia un abito nero all'anno ottanta novanta lire eh via avrebbe dovuto capire che non le conveniva far tanti discorsi seconda moglie e il figlio morto era del primo letto 8613_7877_000085 gli guardò il braccio manco lui sì e certo anche gli altri due avrebbe riconosciuti subito se si fossero tolta la benda conosceva tutta la cittadinanza disse allora io giudizio 8613_7877_000086 ci si può scrivere sopra col dito si fosse lasciato persuadere almeno a non portare l'abito nero di panno per la campagna gliene aveva ordinati tre apposta tre di fustagno 8613_7877_000087 tra quei ragazzi morì mentre scherzava con loro come un ragazzino anche lui mascherato con un fazzoletto rosso sui capelli lanosi i tre accorsero a raccoglierlo da terra appena lo videro cadere all'improvviso mentre rideva e faceva tanto ridere quei ragazzi 8613_7877_000088 a mano a mano che quanto gli era occorso non era poi per lui tutta quella sciagura che in principio per la rabbia dell'ingiustizia gli era apparsa cominciò anche ad accorgersi che davvero era una ben dura e grave punizione 8613_7877_000089 avrebbero per tutta la vita avvertito la mancanza quando fosse venuta loro a mancare fillicò un giorno portò su alla grotta la moglie che aveva un bimbo attaccato al petto e una ragazzetta per mano la ragazzetta recava al nonno una bella corona di pan buccellato 8613_7877_000090 se il guarnotta li guardava in quella loro immobilità e in quel silenzio e in quell'abbandono gli parevano oppressi come lui da una vana pena infinita e a crescere questo senso di vanità come se il silenzio si fosse fatto polvere non si sentiva neanche il rumore dei quattro zoccoli dell'asinella 8613_7877_000091 già per tutti là al suo podere lontano affacciato sul mare e nella città di cui nella notte vedeva i lumi egli era morto forse nessuno s'era mosso a far ricerche dopo la sua scomparsa misteriosa e seppur lo avevano ricercato lo avevano fatto senza impegno non premendo a nessuno di ritrovarlo 8613_7877_000092 le giornate gli passavano in quel silenzio d'altura quasi fuori del tempo vuote d'ogni senso e senza scopo in quella vacuità sospesa anche la stessa intimità della coscienza gli cessava guardava la sua spalla e la creta accanto della grotta come le sole cose che esistessero 8613_7877_000093 non si conoscevano e gli avevano portato anche un vecchio barbanera trovato chissà dove perché ingannasse l'ozio leggendo lui che aveva la bella fortuna di saper leggere che diceva che diceva quello stampato con tutte quelle lune e quella bilancia e quei pesci e quello scorpione 8613_7877_000094 ma sì sono pronto si rimise il guarnotta quand'avrete temperato la matita però se mi lasciate dire volete danari è vero figliuoli quanto tremila onze tremila non volete poco voi ce l'avete non facciamo storie 8613_7877_000095 dal suo animo ormai da tanti anni addormentato nella pena della sua incresciosa esistenza e sentiva sì che ormai cominciava ad essere una vita anche per lui quella una vita a cui aveva preso ad adattarsi caduta la rabbia davanti a una ineluttabilità che non gliela faceva più pensare precaria quantunque incerta strana e come sospesa nel vuoto 8613_7877_000096 strisciando come un verme per terra e dovette penar tanto a persuadere a quel suo istinto atterrito di fare quanto meno rumore fosse possibile perché poi tanto che sperava sporgendo il capo come una lucertola fuori della tana 8613_7877_000097 perché sissignori gli si erano affezionati tutti e tre come a qualche cosa che appartenesse a loro ma proprio a loro soltanto e a nessun altro più e dalla quale misteriosamente traevano una soddisfazione di cui seppur la loro coscienza non sentiva il bisogno 8613_7877_000098 se volevano ritornare sulla buona via pentiti allora per forza a impedire la denunzia di cui si tenevano certi dovevano assassinarlo ne seguiva che dio doveva dunque aiutarlo ad aprir loro la mente perché riconoscessero che nessun profitto si ricava a voler restare galantuomini 8613_7877_000099 chi vostra moglie e i vostri nipoti il guarnotta sorrise amaramente e provò a rizzarsi su un gomito volevo dirvi questo appunto rispose figliuoli miei avete sbagliato contate su mia moglie e sui suoi nipoti se volete ammazzarmi è un conto sono qua ammazzatemi e non se ne parla più 8613_7877_000100 tre eh povero fillicò già quattro figli portameli i maschietti voglio conoscerli la settimana ventura bravo ma speriamo che non ci arrivi 8613_7877_000101 sentendoli entrare carponi nella grotta avrebbe chiuso gli occhi per fingere di dormire ma già che occhi al buio poteva anche tenerli aperti bastava che non si movesse quando sarebbero venuti a cercargli la gola a tasto come a un pecoro disse buonanotte e si ritrasse 8613_7877_000102 a nettarsi le unghie attentamente con un fuscellino badando che non si spezzi e non si pieghi o a tastarsi in bocca sissignori i denti che gli sono rimasti tre incisivi e un canino solo e sissignori a pensare seriamente se sono tre o quattro i figliuoli del bottaio suo vicino di casa a cui da quindici giorni è morta la moglie 8613_7877_000103 la lasciava cantare non se ne stava forse tutto il santo giorno in quel suo podere al mare in paese non si faceva più vedere da nessuno da anni dunque che dunque ma dunque se non lo portava in campagna dove lo avrebbe portato il lutto per il figliuolo corpo di dio riflettere un poco almeno prima d'aprir bocca e lasciare andare 8613_7877_000104 ma che aspetti che aspettate si può sapere denari non ne avrete tenermi qua non potrete lasciarmi andare non volete volete ammazzarmi e ammazzami corpo di dio e non se ne parli più a chi diceva 8613_7877_000105 no sapeva di non potere e quasi non voleva la sciagura era compiuta come avvenuta da gran tempo quasi in un'altra vita in una vita che forse gli sarebbe premuto di salvare quando ancora le membra non gli pesavano così e non gli doleva tanto la testa ora non gl'importava più di nulla 8613_7877_000106 quanta di quella polvere dello stradone non si portava a casa ogni sera il guarnotta la moglie tenendo la giacca sospesa e discosta appena egli se la levava la mostrava in giro alle seggiole all'armadio al letto al cassettone come per darsi uno sfogo guardate guardate qua 8613_7877_000107 sarebbero rientrati a fargli la prova che se i loro coltelli non erano buoni da temperare una matita erano però buoni da scannarlo e aveva fatto male un errore imperdonabile aveva commesso a dichiarare a quel manuzza d'averlo riconosciuto ecco si bisticciavano di là sbuffavano bestemmiavano certo si passavano dall'uno all'altro quella povera matita da un soldo sempre più corta 8613_7877_000108 nelle dure facce cretose e qua la paglia e lì il cappotto e lo ziretto dell'acqua e il pane col sudore della fronte e venite a cacare all'aperto non si sacrificavano forse uno alla volta 8613_7877_000109 non poté più reggere e con una voce quasi involontaria vuota d'ogni intenzione quasi dovesse arrivare a colui come non proferita dalla sua bocca disse senza domandare fillicò 8613_7877_000110 a chi diceva s'erano rimessi a dio tutti e tre e come se parlasse alle pietre intanto morto di fame non era vero dormire per terra non era vero 8613_7877_000111 dev'essere a patto di non fiatare ho sete anch'io e sono digiuno come voi silenzio o vi faccio rientrare silenzio e quella luna che rivelava tanta vista di tranquilli piani e di monti e il sollievo di tutta quell'aria almeno e il sospiro lontano di quei lumetti là del suo paese 8613_7877_000112 pretendete sul serio che vi diano un centesimo un solo centesimo per la mia vita avete sbagliato la mia vita a me soltanto può premere non mi preme ve lo giuro ma certo morire così di mala morte non mi piacerebbe 8613_7877_000113 volse gli occhi al greppo dove colui stava seduto lo vide ricomposto nel primo atteggiamento chi era alla voce poc'anzi gli era parso uno di grotte grosso borgo tra le zolfare 8613_7877_000114 ci arrivò altroché lunga proprio lunga volle dio che fosse la punizione per più di altri due mesi la tirò morì di domenica una bella serata che lassù c'era ancora luce come se fosse giorno fillicò aveva condotto i suoi ragazzi a vedere il nonno e anche manuzza i suoi 8613_7877_000115 che fosse fillicò possibile buon uomo tutto d'un pezzo bestia da lavoro di poche parole se era lui veramente guai così taciturno e duro se era riuscito a smuoversi dalla bontà guai 8613_7877_000116 nero immobile accoccolato come un grosso gufo su un greppo cretoso della montagna uno dei tre rimasto a guardia si stagliava preciso nella chiara soffusione dell'albor lunare dormiva fece per sporgersi un po' ma subito lo sforzo gli s'allentò nelle braccia alla voce di colui che senza scomporsi gli diceva 8613_7877_000117 a star lì di guardia e a tenergli compagnia e lo facevano parlare delle stelle e delle cose della città e della campagna delle buone annate d'altri tempi quando c'era più religione e di certe malattie delle piante che prima quando c'era più religione 8613_7877_000118 nel cuore sì grazie tante e che non lo portava nel cuore ma voleva si vedesse anche fuori che lo vedessero gli alberi già o gli uccellini dell'aria perché infatti occhi per vederselo addosso lui non ne aveva e perché poi brontolava tanto la moglie doveva forse batterlo e spazzolarlo lei quell'abito ogni sera 8613_7877_000119 manuzza strappò di mano rabbiosamente il foglietto da lettere al compagno e ripeté senza tante chiacchiere v'ho detto scrivete la matita ah già bisogna temperarla come si tempera 8613_7877_000120 in mezzo a questo farnetichio si ritrovò d'improvviso che parlava davvero d'astronomia come un professore a colui che a poco a poco gli s'era accostato ch'era anzi venuto a sederglisi accanto lì presso l'entrata della grotta 10362_8906_000000 ma io non ci sono abituata soggiunse alice con voce carezzevole e mesta e poi pensò fra sè vorrei che coteste creaturine non s'offendessero così per nulla vi abituerete col tempo disse il bruco e rimettendosi la pipa in bocca rincominciò a pipare 10362_8906_000001 temo non potere spiegarmi disse alice perchè non sono più me stessa com'ella vede io non vedo rispose il bruco temo che non mi sarà dato di spiegarmi più chiaramente soggiunse alice con modo assai gentile 10362_8906_000002 chi siete voi disse il bruco questa domanda non invitava troppo a una conversazione alice rispose con un po' di timidezza 10362_8906_000003 risposi a tre domande e ormai ti può bastare non rompermi le scatole non voglio più parlare o credi che mi piacciano le sciocche tue questioni via smetti o per la scala ti mando ruzzoloni 10362_8906_000004 io non so di che cosa mai tu parli disse alice ho provato le radici degli alberi ho provato i poggetti ho provato le siepi continuò il colombo senza badare a lei ma i serpenti oh non c'è modo di contentarli 10362_8906_000005 alice rimase pensierosa riguardando al fungo e cercando di scoprire quali fossero i due lati di esso e perché era tondo come l'o di giotto non sapea trovarli ciò non di meno allungò quanto potea le braccia per circondare il fungo e ne ruppe due pezzettini all'orlo con ciascuna delle sue mani 10362_8906_000006 un dì studiai le leggi il babbo allor gli disse ed ebbi con mia moglie sempre querele e risse ciò dètte alle ganasce tal forza muscolare che ormai potrei con loca la moglie divorare 10362_8906_000007 quali cose non potete rammentare domandò il bruco ecco cercai una volta di ripetere rondinella pellegrina e m'uscì dalle labbra tutto diverso soggiunse alice assai mestamente ripetetemi guglielmo tu sei vecchio disse il bruco 10362_8906_000008 niente affatto rispose il bruco eh forse i suoi sentimenti saranno diversi da' miei replicò alice ma quanto a me mi parrebbe molto strano a voi disse il bruco con disprezzo chi siete voi 10362_8906_000009 perché disse il bruco era quella una domanda imbarazzante e perché alice non sapeva trovare una buona ragione e il bruco pareva di cattivo umore si voltò per andarsene 10362_8906_000010 ma importa moltissimo a me rispose subito alice pure ora non vado cercando uova e quando anche ne cercassi non vorrei delle tue crude non mi piacciono 10362_8906_000011 venite qui la richiamò il bruco ho alcunché d'importante a dirvi quelle parole promettevano qualche cosa ed alice ritornò indietro non andate in collera disse il bruco 10362_8906_000012 signor mio ho paura di sì rispose alice non posso più rammentarmi bene le cose come una volta e non posso conservare per dieci minuti la stessa statura 10362_8906_000013 e rincominciò a morsecchiare il pezzettino che aveva alla man destra e non osò di avvicinarsi alla casa se non quando si rimpiccolì tanto che avea nove pollici di altezza 10362_8906_000014 ma sì che ho gustato delle uova soggiunse alice la quale era una bambina assai veridica sai pure che le ragazzine mangiano quanto i serpenti non ci credo disse il colombo ma se pure è così esse sono una razza di serpenti ecco quello che potrei dire 10362_8906_000015 questa volta alice aspettò pazientemente che egli stesso riappiccicasse il discorso passati due o tre minuti il bruco levò la pipa di bocca sbadigliò un poco e si scosse tutto poi discese dal fungo e andò strisciando nell'erba dicendo soltanto queste parole 10362_8906_000016 oh non vado tanto pel sottile in quanto alla statura rispose in fretta alice soltanto non mi piace di mutar tanto spesso sa non so niente disse il bruco alice non fiatò giammai la poverina era stata tante volte contraddetta e stava lì lì per scoppiare 10362_8906_000017 non l'avete recitata bene disse il bruco temo di no rispose timidamente alice certo alcune parole sono scambiate male dal principio alla fine disse il bruco con accento risoluto e successe un silenzio per qualche minuto il bruco fu il primo a parlare di che statura vorreste essere domandò 10362_8906_000018 davvero io io non saprei dirlo ora so almeno chi ero quando mi levai questa mattina ma d'allora in poi temo essere stata scambiata più volte che cosa mi andate contando disse il bruco con voce austera spiegatevi meglio 10362_8906_000019 guglielmo tu sei vecchio soggiunse il suo figliuolo sei grosso e grasso e tondo che sembri un cedrïuolo eppur fai salti a ruota oh dimmi a quale scuola s'insegna a sfondar l'uscio con una caprïola 10362_8906_000020 quand'ero giovanetto rispose il vecchierello credea che questo giuoco sbalzasse il mio cervello ma ormai che son persuaso che in zucca non ho nulla col capo in giù men vado quando il cervel mi frulla 10362_8906_000021 guglielmo tu sei vecchio riprese il giovanetto la vista non ti regge e sai ti fa difetto e porti in equilibrio sul naso quell'anguilla oh qui la tua destrezza davver si mostra e brilla 10362_8906_000022 ed ora quale è l'uno e quale è l'altro disse fra sé e si mise a morsecchiare il pezzettino che aveva alla destra così per provarne l'effetto quando si sentì in un attimo un colpo violento sotto il mento aveva battuto sul piede 10362_8906_000023 il bruco ed alice si guardarono in faccia per qualche istante senza far motto finalmente il bruco staccò la pipa di bocca e le parlò con voce languida e sonnacchiosa 10362_8906_000024 alice incrociò le mani sul petto e cominciò guglielmo tu sei vecchio gli disse il giovanetto son bianchi i tuoi capelli e meriti rispetto eppur col capo in terra ti veggo camminare ma credi che convenga a un vecchio un tale andare 10362_8906_000025 e stava lì lì per tuffarsi fra le foglie quando si accorse che erano le cime degli alberi sotto i quali s'era smarrita e sentì un gemito acuto per cui si ritirò indietro in fretta un grosso colombo era volato verso di lei e le sbatteva le ali contro la faccia in modo furioso 10362_8906_000026 per qualche istante il bruco pipò senza dir nulla finalmente spiegò le braccia staccò la pipa di bocca e disse e così voi credete di essere stata tramutata 10362_8906_000027 come potrò farlo pagherei saperlo e così dicendo giunse senza avvedersene a una piazza che aveva nel mezzo una casettina alta quattro piedi circa chiunque sia che vi abiti pensò alice non converrebbe mai con questa mia statura andare a visitarli così all'improvviso farei loro una paura terribile 10362_8906_000028 perché io non so capirla neppur io dopo essere stata mutata di statura tante volte in un giorno ciò confonde davvero non è vero disse il bruco bene 10362_8906_000029 rispose il buon vecchino nella mia giovinezza studiai di conservare al corpo la sveltezza virtù di quest'unguento un franco per vasetto ne vuoi comprare un pajo garbato giovanetto 10362_8906_000030 ah respiro finalmente la mia testa è libera sclamò alice con gioia ma tosto la sua allegrezza si mutò in terrore quando si accorse che non poteva più trovare le spalle guardando in giù non potè vedere che un collo lungo lungo che s'elevava come uno stelo d'in mezzo a un campo di foglie verdeggianti che stavano lungi sotto a lei 10362_8906_000031 mi dispiace di vederti così angosciato disse alice la quale cominciava a capire il colombo e giusto quando avevo scelto l'albero più elevato della foresta continuò il colombo con un grido disperato e mi credea liberato finalmente da loro ecco che mi piovono giù dal cielo ih serpentaccio 10362_8906_000032 siete contenta ora domandò il bruco no davvero vorrei essere un pocolino più grande se non le dispiacesse rispose alice si figuri ho una ben meschina statura appena tre pollici 10362_8906_000033 e questo è tutto rispose alice inghiottendo il suo dispetto no disse il bruco alice pensò che poteva aspettare perché non aveva altro di meglio a fare e perché forse il bruco avrebbe potuto comunicarle alcun che d'importante 10362_8906_000034 questa idea era così nuova per alice che restò muta qualche minuto il colombo ne profittò per soggiungere tu vai occhiando le uova lo comprendo oh che importa a me che tu sia una fanciulla o un serpente 10362_8906_000035 ecco sono a metà del mio piano sono pure strane tutte queste trasformazioni non son mai certa di che addiventerò da un minuto all'altro ad ogni modo sono tornata alla mia giusta statura ora bisognerebbe pensare al modo di penetrare nell'ameno giardino 10362_8906_000036 io io sono una ragazzina rispose alice ma quasi dubitando di sé stessa poiché si rammentava l'innumerevole serie di trasformazioni che aveva passate in quel giorno 10362_8906_000037 alice era sempre più meravigliata e confusa ma pensò ch'era inutile parlare sino a che il colombo avesse finito come che fosse poca pena covar le uova disse il colombo mi abbisogna vegliare a causa dei serpenti e giorno e notte son tre settimane che non ho chiuso un occhio 10362_8906_000038 forse non se n'è ancora accorto disse alice ma quando ella sarà mutata in crisalide e ciò le accadrà un giorno e poi diverrà farfalla ciò le sembrerà un po' strano non è vero 10362_8906_000039 bella storiella disse il colombo con voce di profondo disprezzo ho veduto molte ragazzine in vita mia ma niuna con un collo simile no no tu sei un serpente e non serve negarlo scommetto che mi dirai che non hai mai gustato un uovo 10362_8906_000040 era tanto tempo che non aveva più avuto la sua statura naturale che da prima le parve strano ma vi si abituò in pochi minuti e rincominciò a parlare fra sè secondo il solito 10362_8906_000041 quel mutamento subitaneo la spaventò moltissimo ma non c'era tempo a perdere perchè spariva rapidamente così si mise subito a morsecchiare l'altro pezzettino il suo mento era talmente stretto al piede che a mala pena potette aprir la bocca finalmente riuscì a inghiottire un bocconcello del pezzettino della mano sinistra 10362_8906_000042 e ciò li ricondusse da capo al principio della conversazione alice si sentiva irritata alquanto veggendo che il bruco le rispondeva secco secco e s'impettorì come una matrona romana e dissegli gravemente perchè non comincia lei a dirmi chi è 10362_8906_000043 un lato vi farà crescere di più e l'altro vi farà diminuire un lato di che cosa l'altro lato di che cosa pensò alice fra sé del fungo disse il bruco come se alice l'avesse interrogato ad alta voce e subito disparve 10362_8906_000044 l'è una buona statura cotesta disse il bruco con voce dispettosa rizzandosi come un fuso mentre parlava egli era alto tre pollici per l'appuntino 10362_8906_000045 che cosa è mai quel campo verde disse alice e dove sono andate le mie spalle oh tapina me come va che non vi veggo più oh mie povere mani e andava movendole mentre parlava ma non sembrava che ne seguisse altro che un piccolo movimento fra le verdi foglie in lontananza 10362_8906_000046 dopo qualche istante si rammentò che aveva tuttavia nelle mani i due pezzettini di fungo e si mise all'opera con molta avvedutezza morsecchiando or l'uno or l'altro e così ora cresceva ed or diminuiva sinchè riuscì a riavere la sua statura naturale 10362_8906_000047 via dunque da me disse brontolando il colombo e si accovacciò nel nido alice s'appiattò il meglio che potea fra gli alberi perchè il suo collo s'intralciava fra i rami e spesso dovea fermarsi per sbrogliarsene 11247_8906_000000 avanziamo tutti d'un posto avanti e mentre parlava si mosse e il ghiro lo seguì la lepre marzolina occupò il posto del ghiro e alice prese contro voglia il posto della lepre marzolina 11247_8906_000001 cotesto costì mi secca mortalmente vorrei che la signorina ci raccontasse una storiella 11247_8906_000002 ma non potette far altro che ripetere l'osservazione fatta pur dianzi era del miglior burro che si potesse avere sapete 11247_8906_000003 alice intanto lo guardava con un poco di curiosità di sopra le spalle e disse che curioso oriuolo indica i giorni del mese e non già le ore del giorno 11247_8906_000004 non ho preso ancora nulla rispose alice tutta offesa così non posso prenderne di più vuoi dire che non ne può prender meno disse il cappellaio è molto più facile prendere più che nulla 11247_8906_000005 non m'è scappata neppure una parola di quello che dicevate raccontaci una novella disse la lepre marzolina di grazia ce ne dica una supplicò alice e fa' presto soggiunse il cappellaio 11247_8906_000006 mai più ci tornerò disse alice internandosi nella foresta è la più stupida società in mezzo a cui 11247_8906_000007 credo di potere indovinarlo soggiunse ad alta voce intende dire che potrà trovare la risposta domandò la lepre marzolina sicuramente rispose alice ebbene dica quel che intende 11247_8906_000008 con una mezza speranza che la richiamassero però l'ultima volta vide che le due birbe cercavano di tuffare il ghiro nel vaso da tè 11247_8906_000009 e vi prendevano il tè la lepre marzolina e il cappellaio un ghiro che dormiva profondamente stava fra loro ed essi se ne servivano come se fosse un guanciale 11247_8906_000010 ma punzecchiato dal cappellaio si risvegliò con un gemito e continuò che comincia con una t come una trappola un topo una topaia 11247_8906_000011 disse il cappellaio ebbene si può così trarre melazzo da un pozzo di melazzo eh stupidina questa risposta accrebbe talmente la confusione d'alice che ella permise al ghiro di continuare senza interromperlo più 11247_8906_000012 disse alice sdegnosamente come non fu punto civile da parte sua di sedersi qui senza essere invitata osservò la lepre marzolina non sapea che la tavola appartenesse a lei rispose alice 11247_8906_000013 poi si mise a morsecchiare il fungo ne avea conservato un pezzettino nella tasca sino a che ebbe un piede d'altezza 11247_8906_000014 il ghiro si mise a riflettere un poco e rispose era un pozzo di melazzo ma non s'è udito mai una cosa simile interruppe alice con voce sdegnosa 11247_8906_000015 e via via andò innanzi sino a che gli si dovettero dare de' pizzicotti per farlo tacere ebbene aveva appena finito di cantare la prima quartina disse il cappellaio 11247_8906_000016 capitolo sette un tè di matti sotto un albero in faccia alla casa c'era una tavola apparecchiata 11247_8906_000017 su corvi e su coccodrilli ma non era molto il cappellaio fu il primo a rompere il silenzio 11247_8906_000018 il solo cappellaio profittò di quel mutamento e alice si trovò peggio di prima perchè la lepre marzolina avea rovesciato il bricco del latte nel suo tondo 11247_8906_000019 è apparecchiata per più di tre dovrebbe farsi tagliare i capelli disse il cappellaio egli aveva osservato alice per qualche istante 11247_8906_000020 domandò alice il cappellaio scosse la testa mestamente e rispose io no ci siamo bisticciati nello scorso marzo proprio quando egli divenne matto 11247_8906_000021 terribilmente feroce esclamò alice d'allora in poi continuò mestamente il cappellaio non ha voluto più far quel che io gli chiedo segna sempre le sei 11247_8906_000022 non ce n'è punto replicò la lepre marzolina ma allora non è cortese invitandomi a bere quel che non ha 11247_8906_000023 la tavola era spaziosa pure i tre stavano aggruppati insieme a un angolo non c'è posto non c'è posto gridarono quando videro che alice si avvicinava 11247_8906_000024 proprio così rispose il cappellaio con un sospiro è sempre l'ora del tè e non abbiamo mai tempo di risciaquare le tazze 11247_8906_000025 vuole del vino disse la lepre marzolina col modo attraente alice guardò sulla tavola e vide che non c'era altro che tè non vedo vino osservò essa 11247_8906_000026 e così andate girando sempre intorno nei frattempi disse alice proprio così replicò il cappellaio a misura che le tazze hanno servito 11247_8906_000027 ma come fate quando venite a ricominciare da capo alice ardì domandare se mutassimo il discorso disse sbadigliando la lepre marzolina 11247_8906_000028 alice non voleva offender di nuovo il ghiro e disse con molta delicatezza non capisco bene da dove traevano il melazzo ella sa trarre l'acqua dal pozzo d'acqua non è vero 11247_8906_000029 giunto qui il ghiro si dette una scossetta e cominciò a cantare in mezzo al sonno teco il pane teco il pane aggiungerò 11247_8906_000030 giù di lì traversò il piccolo andito e poi si ritrovò finalmente nell'ameno giardino in mezzo ad aiuole lussureggianti di fiori ed a fontane fresche 11247_8906_000031 non si tratta di me ma di lui non so che ella si dica osservò alice sicuro nol sa 11247_8906_000032 vorrei che fosse bisbigliò la lepre marzolina sarebbe magnifica davvero disse alice pensierosa 11247_8906_000033 ho sentito qualche cosa che le rassomiglia rispose alice la va di questo verso continuò il cappellaio ti rivolgi a me fettata teco il pane aggiungerò 11247_8906_000034 che giorno del mese abbiamo disse volgendosi ad alice mentre prendeva l'oriuolo dal taschino 11247_8906_000035 se no ti raddormenterai prima di finirla c'erano una volta tre sorelle cominciò in gran fretta il ghiro 11247_8906_000036 appoggiando i gomiti su lui e discorrendo sopra il suo capo che disturbo pel ghiro pensò alice ma siccome dorme m'immagino che non ci farà attenzione 11247_8906_000037 no davvero si affrettò a rispondere alice perchè l'oriuolo segna lo stesso anno per molto tempo 11247_8906_000038 non la comprendo bene disse con molta delicatezza il ghiro è tornato a dormire disse il cappellaio e gli versò un poco di tè scottante sul naso 11247_8906_000039 nelle quistioni di mangiare e bere mangiavano melazzo rispose il ghiro dopo d'averci pensato su qualche istante 11247_8906_000040 non dovevi metterlo dentro col coltello del pane la lepre marzolina prese l'oriuolo e lo guardò mestamente poi lo tuffò nella sua tazza di tè e lo guardò di nuovo 11247_8906_000041 disse alice un po' severa ciò è molto sconvenevole il cappellaio spalancò enormemente gli occhi udendo quelle parole ma disse soltanto 11247_8906_000042 si trovò di nuovo nel lungo salone e presso al tavolino di cristallo questa volta farò meglio disse fra sé e prese la chiavettina d'oro ed aprì l'uscio che conduceva al giardino 11247_8906_000043 e lo guardava con un certo turbamento scuotendolo di tempo in tempo e appoggiandolo all'orecchio alice pensò un poco e rispose 11247_8906_000044 alice non seppe bene che rispondere ma preso una tazza di tè con pane e burro e rivolgendosi al ghiro gli domandò di nuovo perchè vivevano nel fondo del pozzo 11247_8906_000045 e si chiamavano elce clelia e tilla e dimoravano nel fondo d'un pozzo che cosa mangiavano domandò alice la quale prendeva sempre un vivo interesse 11247_8906_000046 ma credo che sarebbe bene di passar meglio il tempo che perderne proponendo indovinelli che non hanno senso se lei conoscesse il tempo come lo conosco io rispose il cappellaio non direbbe che noi ne perdiamo 11247_8906_000047 temo di non saper contarne alcuna rispose alice un poco intimorita allora il ghiro ce ne dirà una gridarono entrambi risvegliati ghiro e lo 11247_8906_000048 era del miglior burro rispose sommessamente la lepre marzolina sì ma devono esserci entrate anche delle miche di pane borbottò il cappellaio 11247_8906_000049 disse la lepre marzolina ecco riprese alice in fretta almeno almeno intendo quel che dico e ciò vale lo stesso capite 11247_8906_000050 imparavano a trarre continuò il ghiro sbadigliando e stropicciandosi gli occhi perché moriva di sonno e traevano cose d'ogni genere tutto quel che comincia con una t 11247_8906_000051 ma la lepre marzolina e il cappellaio vociarono st st e il ghiro continuò con voce burbera 11247_8906_000052 se non ha creanza finisca la novelletta da sé no la prego di continuare disse alice molto umilmente non la interromperò più forse ce ne sarà uno di quei pozzi 11247_8906_000053 alice cercò di figurarsi quella strana maniera di vivere ma ne restò confusa e continuò ma perchè vivevano nel fondo d'un pozzo prenda un po' più di tè disse la lepre marzolina con molta premura 11247_8906_000054 il ghiro scosse il capo con un moto d'impazienza e senza aprir gli occhi disse già già appunto quello che stavo per dire 11247_8906_000055 che cosa traevano domandò alice dimenticando che avea promesso di zittire del melazzo rispose il ghiro senza riflettere punto questa volta ho bisogno d'una tazza pulita interruppe il cappellaio 11247_8906_000056 perché no esclamò il cappellaio che forse il suo oriuolo le dice in che anno viviamo 11247_8906_000057 disse il cappellaio scuotendo il capo con un'aria di disprezzo scommetto che lei non ha mai parlato col tempo forse no rispose prudentemente alice ma so che debbo battere il tempo quando imparo la musica 11247_8906_000058 da due lati il ghiro aprì lentamente gli occhi e disse con voce debole e rauca non dormiva io 11247_8906_000059 mi piace ciò che prendo è lo stesso che prendo quel che mi piace sarebbe come dire aggiunse il ghiro che parea parlasse nel sonno respiro quando dormo 11247_8906_000060 le quattro del mese ritarda di due giorni osservò sospirando il cappellaio te lo dissi che il burro non avrebbe giovato al movimento soggiunse guardando rabbiosamente la lepre marzolina 11247_8906_000061 ciò che appunto accade al mio rispose il cappellaio alice provò un momento di grave imbarazzo le parea che l'osservazione del cappellaio non avesse senso di sorta eppure parlava correttamente 11247_8906_000062 perché un corvo è simile a un coccodrillo via ora sì che ci divertiremo pensò alice sono contenta che hanno cominciato a proporre degl'indovinelli 11247_8906_000063 un'idea luminosa colpì alice e domandò è questa forse la ragione per cui vi sono tante tazze apparecchiate 11247_8906_000064 perchè con una t domandò alice perchè no gridò la lepre marzolina alice zittì il ghiro intanto avea chiusi gli occhi e cominciava un sonnellino 11247_8906_000065 per esempio supponga che sieno le nove della mattina ch'è l'ora per le lezioni basterebbe ch'ella bisbigliasse una parolina al tempo e subito girerebbe la lancetta il tocco e mezzo l'ora del desinare 11247_8906_000066 ma non avrei fame a quell'ora capisce da principio forse no riprese il cappellaio ma lei potrebbe fermarlo sul tocco e mezzo quando vorrebbe ed ella fa così 11247_8906_000067 e con molta curiosità e furon quelle le prime parole che profferì ella non dovrebbe fare osservazioni che sanno di personalità 11247_8906_000068 ivi dovetti cantare tu che al ciel spiegasti l'ale oh mia testa soppressata conosce lei quest'aria 11247_8906_000069 non ne ho la minima idea rispose il cappellaio neppure io disse la lepre marzolina alice sospirò dalla noia e disse 11247_8906_000070 ed indicò col cucchiaino la lepre marzolina già fu al gran concerto dato dalla regina di cuori 11247_8906_000071 niente affatto lo stesso disse il cappellaio sarebbe come dire veggo quel che mangio è lo stesso di mangio quel che veggo sarebbe come dire soggiunse la lepre marzolina 11247_8906_000072 niuno ha domandato il suo parere soggiunse alice chi è che fa ora delle questioni personali domandò il cappellaio con aria di trionfo 11247_8906_000073 io mi sia trovata mentre parlava così osservò che un albero aveva un uscio pel quale s'entrava proprio dentro 11247_8906_000074 e uscì fuori il ghiro si addormentò in un attimo e niuno degli altri due notò che alice era uscita benchè ella si fosse rivoltata indietro una o due volte 11247_8906_000075 è lo stesso che dormo quando respiro e lo stesso per voi disse il cappellaio e qui la conversazione cadde e tutti sedettero muti per poco tempo mentre alice cercò di ricordarsi tutto quel che sapea 11247_8906_000076 uno e via rispose il ghiro sdegnosamente ciò non di meno pregato continuò e quelle tre sorelle imparavano a trarne 11247_8906_000077 c'è molto posto disse alice sdegnosa e si mise a sedere in un comodissimo seggiolone che stava ad una delle estremità della tavola 11247_8906_000078 ma non lo potevano osservò alice con garbo sarebbero cadute ammalate lo erano di fatto rispose il ghiro molto ammalate 11247_8906_000079 ancora indovinato l'indovinello disse il cappellaio rivolgendosi ad alice mi do per vinta rispose alice quale è la risposta 11247_9630_000000 là sotto tramontana ov'è il gran freddo e l'aer sempre in elemento freddo ti si converte sì che l'acqua è donna in quella parte per cagion del freddo 11247_9630_000001 né per altro desio viver gran tempo però vertù che sei prima che tempo prima che moto o che sensibil luce increscati di me così mal tempo 11247_9630_000002 entrale in core omai che n'è ben tempo sicché per te se n'esca fuora il freddo 11247_9630_000003 tal che con tutto quella mi sia pietra mi dà baldanza ov'ogni uom mi par freddo 11247_9630_000004 che mi fa non caler d'ogni altra donna così foss'ella più pietosa donna per me che chiamo di notte e di luce solo per lei servire e luogo e tempo 11247_9630_000005 ove non è tua luce perché negli occhi sì bella mi luce quando la miro ch'io la veggio in pietra o in altra parte ch'io volga mia luce dagli occhi suoi mi vien la dolce luce 11247_9630_000006 che m'esce poi per messo della luce là onde entrò la dispietata luci in lei s'accoglie d'ogni beltà luce così di tutta crudeltate il freddo le corre al core 11247_9630_000007 quando vedrò se mai fu bella donna nel mondo come questa acerba donna canzone io porto nella mente donna 11247_9630_000008 che suol dell'altre belle farsi donna e poi s'accorse ch'ella era mia donna per lo tuo raggio ch'al volto mi luce 11247_9630_000009 che non mi lascia aver com'altri tempo che se mi giunge lo tuo forte tempo in tale stato questa gentil pietra mi vedrà caricare in poca pietra per non levarmi se non dopo il tempo 11247_9630_000010 che ne potesse atar da questa pietra sicché la nomi venni col suo freddo colà dov'io sarò di morte freddo signor tu sai che per algente freddo l'acqua diventa cristallina pietra 11247_9630_000011 così dinanzi dal sembiante freddo mi ghiaccia il sangue sempre d'ogni tempo e quel pensier che più mi accorcia il tempo mi si converte tutto in corpo freddo 11247_9630_000012 come una donna che fosse fatta d'una bella pietra per man di quel che m'intagliasse in pietra ed io che son costante più che pietra in ubbidirti per beltà di donna 11247_9630_000013 d'ogni crudelità si fece donna sicché non par ch'ella abbia cuor di donna ma di qual fiera l'ha d'amor più freddo che per lo caldo tempo e per lo freddo mi fa sembianti pur 11247_9630_000014 porto nascoso il colpo della pietra con la qual mi feristi come pietra che t'avesse noiato lungo tempo talché mi giunse al cuore 11247_9630_000015 ov'io son pietra e mai non si scoperse alcuna pietra o da tertù di sole o da sua luce che tanta avesse né vertù né luce 10362_9630_000000 con quella su il numer delle trenta con noi ponesse il buono incantatore e quivi ragionar sempre d'amore e ciascuna di lor fosse contenta siccome io credo che sariamo noi 10362_9630_000001 perchè non ti ritemi rodermi cosi il core a scorza a scorza com'io di dire altrui chi ti dà forza che più mi trema il cor 10362_9630_000002 non trovo scudo ch'ella non mi spezzi né luogo che dal suo viso m'asconda ma come fior di fronda cosi della mia mente tien la cima cotanto del mio mal par che si prezzi quanto legno di mar che non lieva onda 10362_9630_000003 qualora io penso di lei in parte ove altri gli occhi induca per tema non traluca lo mio pensier di fuor sicché si scopra 10362_9630_000004 e i suoi begli occhi onde escon le faville che m'infìammano al cor ch'io porto anciso guarderei presso e fiso per vendicar lo fuggir che mi face e poi le renderei con amor pace 10362_9630_000005 sicché fortuna od altro tempo rio non ci potesse dare impedimento anzi vivendo sempre in noi talento di stare insieme crescesse il disio e monna vanna e monna bice poi 10362_9630_000006 scopra ch'io non fo della morte che ogni senso colli denti d'amor già si manduca ciò che nel pensier bruca la mia virtù si che n allenta l'opra elma percossi in terra e stammi sopra 10362_9630_000007 canzon vattene dritto a quella donna che m'ha ferito il core e che m'invola quello ond'io ho più gola dalle per lo cor d'una saetta che bello onor s'acquista in far vendetta 10362_9630_000008 lo peso che m'affonda è tal che nol potrebbe adeguar rima ahi angosciosa e dispietata lima che sordamente la mia vita scemi 10362_9630_000009 che tanto dà nel sol quanto nel rezzo questa scherana micidiale e latra ohimè perché non latra per me com'io per lei nel caldo borro che tosto griderei io vi soccorro 10362_9630_000010 oh madre di virtute luce eterna che partoriste quel frutto benegno che l'aspra morte sostenne sul legno per scampar noi dall'oscura caverna 10362_9630_000011 con quella spada ond'egli uccìse dido amore a cui io grido mercè chiamando ed umilmente il priego e quei d'ogni mercè par messo al niego 10362_9630_000012 allor mi surgon nella mente strida e il sangue che è per le vene disperso fuggendo corre verso lo cor che 'l chiama ond'io rimango bianco 10362_9630_000013 guido vorrei che tu e lapo ed io fossimo presi per incantamento e messi ad un vassel ch'ad ogni vento per mare andasse a voler vostro e mio 10362_9630_000014 s'io avessi le bionde trecce prese che fatte son per me scudiscio e ferza pigliandole anzi terza con esso passerei vespro e le squille 10362_9630_000015 deh non mi abbandonar sommo conforto che se mai feci al mondo alcun delito l'alma ne piange e il cor ne vien contrìto 10362_9630_000016 egli alza ad or ad or la mano e sfida la debole mia vita esto perverso che disteso e riverso mi tiene in terra d'ogni guizzo stanco 10362_9630_000017 tu sai che 'n te fu sempre la mia speme tu sai che 'n te fu sempre il mio diporto or mi soccorri oh infinito bene or mi soccorri ch'io son giunto al porto il qual passar per forza mi conviene 10362_9630_000018 elli mi fiede sotto il braccio manco sì forte che il dolor nel cor rimbalza allor dico s'egli alza un'altra volta morte m'avrà chiuso prima che 'l colpo sia disceso giuso 10362_9630_000019 e non sarei pietoso né cortese anzi farei come orso quando scherza e se amor me ne sferza io mi vendicherei di più di mille 10362_9630_000020 tu del ciel donna e del mondo superna deh prega dunque il tuo figliuol ben degno che mi conduca al suo celeste regno per quel valor che sempre ci governa